15 Ottobre 2024

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Pianificavano attacchi in Italia. Due blitz anti Isis: 12 arresti, tra cui famiglia italiana convertita

Maria Giulia Sergio l'italiana convertita all'Islam e foreign fighter in Siria al servizio dell'Isis
Maria Giulia Sergio l’italiana convertita all’Islam e foreign fighter in Siria al servizio dell’Isis

Due blitz anti Isis stamane in Italia. A Roma due cittadini maghrebini sono stati arrestati all’alba dai carabinieri del Ros con l’accusa di terrorismo internazionale. Un terzo indagato è già in carcere in Marocco per reati di terrorismo. Al centro delle indagini della procura di Roma una cellula di matrice qaedista che “si proponeva anche – sottolineano gli investigatori – la pianificazione ed esecuzioni di atti terroristici in Italia e in Nord Africa”.

La presunta cellula terroristica romana nel mirino dei carabinieri del Ros è risultata dedita al proselitismo, all’indottrinamento e all’addestramento attraverso un sito internet creato e gestito dagli stessi indagati.

Intanto un blitz della Polizia ha portato nelle province di Milano, Bergamo e Grosseto e in una cittadina dell’Albania all’arresto di 10 persone appartenenti a due gruppi famigliari e ritenute pronte a partire per combattere in Siria. Si tratta di 4 cittadini italiani, 5 albanesi e un cittadino canadese. Sono tutti accusati a vario titolo di presunta associazione con finalità di terrorismo.

Gli arrestati dell'operazione antiterrorismo effettuata tra l'Italia e l'Albania
Gli arrestati dell’operazione antiterrorismo effettuata tra l’Italia e l’Albania (Ansa/Porta)

L’inchiesta antiterrorismo denominata  “Martese” condotta dalla Digos della Polizia di Stato ha riguardato due famiglie, una composta da italiani convertiti da qualche anno all’Islam e determinati secondo le indagini a partire per la Siria, l’altra formata da cittadini di nazionalità albanese residenti nella provincia grossetana.

Il legame tra i due nuclei familiari è rappresentato dal matrimonio tra una ragazza italiana e un albanese, che dopo le nozze del settembre scorso avrebbero deciso di partire assieme per combattere in Siria. Gli arrestati sono dunque 4 italiani, un canadese e 5 albanesi, accusati a vario titolo di associazione con finalità di terrorismo.

Tra questi il padre, la madre e la sorella di Maria Giulia Sergio detta “Fatima”, 28 anni, originaria di Torre del Greco, convertita all’Islam nel 2009 partita da tempo come presunta foreign fighter in Siria e già nota alle forze di sicurezza italiane. La famiglia della ragazza vive a Inzago, nel Milanese.

Miliziani dell'Isis smantellata cellula in Italia - Blitz antiterrorismo anti isis“Le attività tecniche degli investigatori”, spiega una nota della Polizia, “hanno consentito di ricostruire il percorso seguito dalla giovane coppia per raggiungere la Siria. Attraverso l’intercettazione dell’utenza, in uso a un coordinatore dell’organizzazione dei foreign fighters dello Stato Islamico, è stato possibile ricostruire l’attività di smistamento degli stranieri che da varie parti del mondo partono per raggiungere il Califfato.

Intanto l’Europa dichiara guerra alla propaganda dell’Isis sul web: al via la task force di Europol per dare la caccia agli estremisti impegnati nel reclutamento on-line di combattenti e mogli della jihad da inviare in Siria e Iraq. Lo annuncia il coordinatore antiterrorismo Ue Gilles de Kerchove.

Disastro aereo in Indonesia. Cargo precipita su villaggio. 113 morti

Disastro aereo a Meidan, Indonesia – Sono almeno 113 i morti nell’incidente aereo che ha coinvolto un C-130 precipitato a Maden, in Indonesia. Lo riferisce il comandante dell’aeronautica Agus Dwi Putranto, citato da Russia Today.

Si tratta delle 113 persone che si trovavano a bordo dell’aereo. Non è ancora noto il bilancio di eventuali vittime a terra ma le autorità temono che il numero tenda a salire.

Un team di soccorritori è sul posto mentre i pompieri sono al lavoro per spegnere le fiamme che si sono propagate a case e negozi

Media locali, “C-130 aveva chiesto di tornare alla base”
L’aereo è precipitato poco dopo il decollo dall’aeroporto Polonia alle 11.48 locali. Secondo media indonesiani, prima di precipitare, il pilota avrebbe chiesto alla torre di controllo di poter “tornare alla base”. Non è ancora chiara la dinamica del disastro. Le autorità stanno cercando di incrociare tutti i dati sul radar, mentre uomini della sicurezza stanno cercando le scatole nere, oltre naturalmente a ricercare eventuali superstiti.

“Sembra che non ci siano sopravvissuti”, ha detto a Metro Tv il maresciallo dell’aeronautica Agus Supriatna nella città di Medan, a Sumatra, aggiungendo che tra le 113 persone a bordo c’erano familiari dei militari.

L’incidente del C-130B Hercules, entrato in servizio mezzo secolo fa, riporta l’attenzione sulla sicurezza aerea dell’Indonesia e sui suoi velivoli datati.

In un ospedale vicino un funzionario, che ha chiesto di restare anonimo, ha detto che finora sono stati portati lì 55 cadaveri. Dopo l’incidente funzionari hanno detto che sul velivolo c’erano 12 persone di equipaggio.

L’Hercules era in viaggio dalla base aerea di Medan a Tanjung Pinang a Sumatra. Secondo i media, il pilota aveva chiesto di tornare indietro per via di problemi tecnici.

Sul disastro aereo in Indonesia molti sono i testimoni oculari: “Ci è passato sopra alcune volte, davvero basso”, ha detto Elfrida Efi, receptionist al Golden Eleven Hotel.

“C’erano fuoco e fumo nero. La terza volta si è schiantato sul tetto dell’hotel ed è esploso”, ha aggiunto parlando al telefono con Reuters.

Secondo l’Aviation Safety Network, nell’ultimo decennio ci sono stati dieci incidenti mortali che hanno coinvolto velivoli delle forze armate o della polizia indonesiane.

Lo scorso dicembre persero la vita tutte le 162 persone a bordo di un volo dell’Air Asia da Surabaya, in Indonesia, a Singapore.

Istat, disoccupazione al 12,4%. Il Jobs Act non decolla

Istat, disoccupazione al 12,4%. Il Jobs Act non decollaDisoccupazione a maggio resta invariata al 12,4% rispetto al mese precedente. Lo rileva l’Istat dopo il calo registrato ad aprile. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è diminuito dell’1,8% (59 mila persone in meno) e il tasso di disoccupazione di 0,2 punti percentuali.

A maggio ci sono 63 mila occupati in meno rispetto ad aprile (-0,3%), dice l’Istat che segnala anche un aumento sostanzialmente della stessa entità (+60 mila persone) rispetto all’anno precedente. Il tasso di occupazione, pari al 55,9%, cala nell’ultimo mese di 0,1 punti percentuali ma aumenta nell’ultimo anno di 0,3 punti.

”Il calo degli occupati di maggio – osservano dall’istituto di statistica – segue l’aumento molto consistente di aprile” e la sintesi degli ultimi tre mesi resta positiva con un leggero aumento del tasso di occupazione di 0,1 punti. Le politiche del governo e, in particolare il Jobs act, ”sembrano aver avuto effetto su aprile ma non su maggio. L’andamento dell’occupazione oscilla e bisogna vedere come si consoliderà nei prossimi mesi”, concludono i ricercatori.

Il tasso di disoccupazione giovanile cala al 41,5% a maggio. L’Istat evidenza una diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente. Ci sono 20 mila ragazzi in meno in cerca di lavoro. Anche per le donne il tasso di disoccupazione è in discesa al 12,7% (0,2 punti in meno da aprile).

Dopo quattro mesi di cali, a maggio tornano ad aumentare gli inattivi con 36 mila persone in più che non hanno lavoro e non lo cercano in un mese (+0,3%) secondo gli ultimi dati Istat. Il tasso di inattività, pari al 36%, aumenta di 0,1 punti percentuali da aprile. Su base annua, invece, gli inattivi diminuiscono dello 0,9% (-135 mila) e il tasso di inattività di 0,2 punti. Il peso degli inattivi ha un ruolo determinante sul calo della disoccupazione dei giovani e delle donne.

Ue-19: disoccupazione stabile, a maggio resta a 11,1% – Tasso di disoccupazione all’11,1% a maggio, nella zona euro: stabile rispetto al mese precedente, e in calo rispetto al 2014, quando era a 11,6%. Si tratta del tasso più basso registrato nell’eurozona da marzo 2012. Lo comunica Eurostat. Nella Ue-28 è a 9,6%. Anche in Italia il tasso di disoccupazione resta stabile rispetto al mese precedente al 12,4%, in lieve calo rispetto al 12,6% del maggio 2014. Il tasso più basso si registra in Germania (4,7%) ed il più alto in Grecia (25,6%, marzo 2015) e Spagna (22,5%).

Inflazione giugno stabile allo 0,1% – L’inflazione a giugno è ferma allo 0,1%, lo stesso livello di maggio. Lo rileva l’Istat nelle stime preliminari. Anche su base mensile c’è un aumento dell’indice dei prezzi al consumo dello 0,1% e della stessa entità è anche l’inflazione acquisita per il 2015. Al netto di alimentari non lavorati e energia ”l’inflazione di fondo” è 0,6%.

Eu-19: Eurostat, inflazione rallenta, 0,2% a giugno – Il tasso d’inflazione dell’Eurozona a giugno scende. Secondo la stima flash di Eurostat è allo 0,2%, mentre a maggio era a 0,3%. Guardando alle componenti dell’inflazione, Eurostat indica: alimentazione, alcool e tabacco col tasso annuale più elevato a giugno (1,2%, stabile rispetto a maggio), seguito dai servizi (1% contro l’1,3% di maggio), beni industriali non energetici (0,4% contro lo 0,2% di maggio) e l’energia (-5,1%, contro 4,8% a maggio)

La riforma Jobs Act pare vada a rilento. Per molti economisti a molti lavoratori verrebbe riconvertito il contratto di lavoro e questo viene calcolato come nuovo posto di lavoro.

Isis, Maroni come Essid: "Se serve chiudere le moschee"

Musulmani raccolti in preghiera in una moschea - Maroni vuole la chiusura dei centri di culto islamico in LombardiaMILANO – Il governatore della Lombardia Roberto Maroni, vuole percorrere la stessa strada intrapresa dal primo ministro della Tunisia Habib Essid che, all’indomani della strage di Sousse, ha chiuso ottanta moschee dove le autorità hanno accertato che si “spargevano veleni e si predicava l’odio” contro gli “infedeli” occidentali.

Secondo il presidente Maroni quella del governo tunisino è “una strada da seguire” e “se serve, bisogna chiudere le moschee”. Maroni, a margine all’udienza della Corte dei Conti per la parificazione del bilancio della Regione Lombardia, ha spiegato che “la Tunisia non è certo un paese contro l’Islam” e “speriamo che il ministero dell’Interno (Alfano, ndr) non si faccia prendere da ideologismi”.

Solo a Milano ci sono circa 100mila musulmani che pregano in 15 tra sale, magazzini e capannoni. Tra cui le tre più grandi aree dove il venerdi la comunità islamica si reca per pregare: il Palasharp di Segrate, che già ospita temporaneamente il venerdì la comunità del Centro islamico di viale Jenner, gli ex bagni fascisti di via Esterle (ora una carrozzeria abbandonata) e l’area di via Marignano, vicino San Donato milaneese. Il comune aveva indetto un bando per la costruzione di tre luoghi di culto.

In Lombardia sono oltre 120 le sale di preghiera che sono frequentate da migliaia di musulmani. I timori del governatore sono che tra questi luoghi di culto possano “insidiarsi” potenziali fedeli al jihad, adepti del Califfato.

Il capogruppo del Patto civico in Regione Lombardia, Lucia Castellano respinge l’idea del governatore Maroni: “Negare la libertà di culto violando uno dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione non garantisce più sicurezza, al contrario”: così ha commentato la posizione del governatore .

Dal centrosinistra regionale è stata criticata anche la difesa da parte della Giunta delle legge regionale sui nuovi luoghi di culto, la cosiddetta “legge antimoschee” impugnata dal Governo nei mesi scorsi. “A differenza di quanto vogliono far credere, non fa nulla per combattere l’abusivismo e anzi, per come è scritta, incentiva il proliferare di situazioni opache”, ha rimarcato il consigliere regionale del Pd Jacopo Scandella.

Grexit crea panico in Europa. Merkel: "Sarà la fine dell'Ue".

il parlamento Greco ha deciso il referendum sul GrexitGrexit crea panico in Europa. Il referendum indetto da Alexis Tsipras sta facendo tremare il vecchio continente.

E una vittoria del premier greco sarebbe “la fine dell’Europa” ha detto la cancelliera Angela Merkel. La trattativa è degenerata. Il parlamento greco ha approvato la consultazione referendaria per il 5 luglio e la Troika non dorme sonni tranquilli per l’esito che potrebbe cambiare la storia dell’eurozona.

Sono molti i leader europei e mondiali sollecitati ad un intervento di dissuasione nei confronti di colui che ha “osato” sfidare i “padroni dell’euro”. Ma Tsipras lo aveva detto chiaro che “quello imposto da Ue, Bce e Fmi è un peso insopportabile per i greci”. Risultato di questa giornata concitata è la chiusura in rosso di quasi tutte le Borse. Bruciati quasi 300 miliardi di euro, quando per salvare la Grecia ne bastavano appena due.

La trattativa è degenerata perché, ad avviso di molti, la Troika ha tirato troppo la corda per poi alla fine spezzarla. Per sintetizzarla banalmente quello di Fmi, Bce e Ue è stato comportamento paragonabile alla persecuzione che subiscono  gli indebitati con i loro usurai.

Il premier greco Alexiti Tsipras parla alla Nazione Greca su Grexit
Il premier greco Alexiti Tsipras parla alla Nazione

Questa volta hanno trovato però “l’osso duro” che potrebbe rovinare i “sogni dorati” di quanti bivaccano e si arricchiscono in questo sistema basato sulla finanza deviata, fatto di austerity per i poveri greci (e non solo) e di sconfinate ricchezze per pochi oligarchi che siedono ai piani alti del triangolo centro europeo il quale teme effetti di emulazione a catena che li porterebbe a perdere il totale controllo sul castello di banconote che si sono costruiti in modo artificioso, senza la volontà dei popoli sovrani.

L’opposizione a oltranza alle richieste di Tsipras che, va ricordato, vince le elezioni con lo slogan “basta austerity”, è stata percepita come uno schiaffo alla volontà popolare. Un po’ per dire: “I popoli europei possono votare contro di noi, ma poi dovranno allinearsi alle nostre direttive e alle nostre posizioni”, è il messaggio monotono dell’Ue. Quindi a che serve votare, ci si chiede? Il fatto di rendere vano il voto anti-austerity ha fatto infuriare i greci. Da qui la mossa coraggiosa del premier che ha avuto l’ardire di dire no ai potenti della Troika.

LE REAZIONI Merkel, Europa deve trovare un compromesso “Se fallisce l’euro fallisce l’Europa”, ha detto Angela Merkel, parlando in occasione dei 70 anni della Cdu. “L’Europa deve essere in grado di trovare un compromesso di fronte ad ogni sfida”. Dobbiamo constatare che una volontà per un compromesso del genere non c’era. Per questo è stato indetto il referendum. Se dopo il referendum il governo greco chiedesse di trattare non rifiuteremo le trattative”, ha sottolineato la cancelliera tedesca.

Renzi: “Questo è derby tra euro e dracma” “Il referendum greco non sarà un derby tra la Commissione europea e Tsipras, ma un derby dell’euro contro la dracma. Questa è la scelta”, scrive su Twitter il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

N€IN all'Ue dei Banchieri e della Finanza speculativa. Grexit fa tremare i potenti
N€IN all’Ue dei Banchieri e della Finanza speculativa. Grexit fa tremare i potenti

Padoan: “esposizione Italia è di 35,9 miliari” “L’esposizione dell’Italia nei confronti della Grecia è di “35,9 miliardi”. Lo dice il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Su Twitter il ministro scrive che “circolano dati sbagliati su esposizione diretta Italia verso la Grecia: tra prestiti bilaterali e garanzie (calcoli aggiornati ESM) è 35,9 miliardi”.

Obama parla con Hollande, rilancio trattative Per evitare il Grexit il presidente americano, Barack Obama, ha avuto un colloquio telefonico con il presidente francese, Francois Hollande, sulla Grecia. I due leader si sono detti d’accordo sulla necessità di rilanciare le negoziazioni. Lo afferma il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest. Obama ha parlato di recente già in varie occasioni con la cancelliera tedesca Angela Merkel e Hollande. Colloqui durante i quali – afferma Earnest – Obama ha messo in evidenza l’importanza di sviluppare un pacchetto di riforme e finanziamenti che consenta alla Grecia di ”tornare alla crescita e alla sostenibilita’ del debito”. La Casa Bianca ha sottolineato che “l’economia Ue, non è forte come vorremmo”.

Tusk, con campagna “no” meno spazio per negoziato “Ogni governo ha il diritto di indire un referendum, che noi rispettiamo, e non è mio diritto interferire”, ma se “il governo fa campagna per un forte “no”, il risultato di un tale referendum lascia ancora meno spazio per il negoziato”. Così sulla crisi greca il presidente Ue Donald Tusk al termine del vertice Ue-Cina sul Grexit.

Eurogruppo vuole riparare errori sulle trattative La conferenza dei capigruppo Ue ha approvato a larghissima maggioranza, astensione del solo Ppe, la richiesta avanzata da Gianni Pittella (S&D) a Jean Claude Juncker, di tenere nelle prossime ore un Eurosummit straordinario, evidentemente per cercare di parare i contraccolpi del Grexit.

Presidente dell’Europarlamento Martin Schulz per il “Si”

“Chiedo al popolo greco di votare sì al referendum: si tratta di un piano che pone basi serie per lo sviluppo”. Dopo Juncker, anche il Presidente dell’Europarlamento Martin Schulz si schiera a favore del si. “Sono pronto a spendermi perchè la Grecia rimanga nell’Ue”, ha concluso.

CINA PER UN ACCORDO

La Cina “ha interesse” che la Grecia rimanga nell’Eurozona. In sostanza no al Grexit, ha detto il premier cinese Li Kequiang durante la sua visita a Bruxelles. “Chiediamo ai creditori internazionali di raggiungere un accordo con Atene”. “Abbiamo piena fiducia nell’Ue” e “la Cina è pronta a giocare un ruolo costruttivo”.

I timori di un Grexit allarmano i mercati e tutto lo schieramento della Troika, che ha oleato e messo in moto la macchina della propaganda, soprattutto attraverso i media di regime, per ottenere un risultato che avrebbe ottenuto se solo avesse avuto orecchie per ascoltare il grido dei greci. Angela Merkel ne sa qualcosa e si spiega così il silenzio di queste settimane rotto oggi per dire una grande ovvietà: che se Tsipras vince è finita l’Europa. In realtà finisce questa Ue che ha stretto troppo il cappio al collo dei popoli. E forse è meglio che finisca: sia l’Ue dei burocrati sia la moneta unica che sta affamando i cittadini.

Gli stati membri tornino alle monete nazionali e ricomincino dal 1999, data di entrata in vigore della moneta che doveva salvarci ma ci ha fatto precipitare in un baratro. L’Italia nel ’92, sotto attacco speculativo (Soros), per salvaguardarsi svalutò la lira del 30 percento, fece stampare 100miliardi di lire e messe in circolazione e triplicò la crescita. Di quale baratro parlano. Gli stessi Usa e il Giappone a fronte della crisi hanno stampato moneta e messo liquidità nei loro paesi. Risultato? Che gli Usa, da cui è stata generata la crisi nel 2007, crescono oggi al ritmo del 6 percento l’anno. Il Giappone pure. L’euro zona è sotto zero, uno zombie che cammina, eccetto gli azionisti di maggioranza come la Germania.

Strage Tunisia, la Polizia arresta 7 complici di Seifeddine Rezgui

Poliziotti presidiano armati le spiagge dei resort turistici dopo la strage di Seifeddine Rezgui
Poliziotti presidiano armati le spiagge dei resort turistici (Ansa/Epa)

Non era solo Seifeddine Rezgui quando ha compiuto la strage sulla spiaggia di Sousse ma avrebbe dei complici.

La polizia ha arrestato sette persone perché sospettate di appartenere ad una cellula terroristica legate al giovane studente che ha trucidato 38 persone a colpi di kalashnikov.

Tra gli arrestati, che al momento vengono interrogati dalla polizia, due sono stati arrestati a Sousse, uno a Tunisi e un altro a Kasserine, nell’entroterra tunisino centro occidentale. Gli altri sono stati fermati ieri.

Il ministro dell’Interno tunisino Najem Gharsalli ha detto che “abbiamo cominciato ad arrestare un primo gruppo, il cui numero è rilevante, di una rete che sta dietro a questo criminale terrorista”.

Seifeddine Rezgui avrebbe fatto in passato l’animatore in alcuni villaggi della zona e potrebbe aver lavorato pure all’Hotel Riu Imperial Marhaba di Sousse, uno dei due resort presi di mira dal terrorista. Lo ha lasciato intendere il ministro del turismo di Tunisi spiegando che questo potrebbe essere il motivo per cui sapeva come muoversi nella struttura. La direzione dell’hotel ha però escluso che sia mai stato impiegato alle sue dipendenze. Secondo le prime ricostruzioni – confermate anche da un video su Youtube del 2010 – era un amante della break-dance, un tipo di ballo acrobatico inventato in Occidente ma molto diffuso tra molti giovani in tutto il mondo.

Una cosa sembrerebbe accertata rispetto alle prime informazioni: e cioè “l’attentatore dell’Hotel Riu Imperial non era solo e non è arrivato dal mare, bensì con un’utilitaria”. Lo ha affermato questa mattina il ministro del turismo tunisino Selma Elloumi Rekik a Radio Montecarlo affermando che gli inquirenti sono al lavoro per tentare di scoprire la dinamica esatta dell’accaduto.

Intanto a collaborare alle indagini anche 16 ufficiali di Scotland Yard. Anche la Francia darà il suo contributo. Il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, quello inglese Theresa May e quello tedesco Thomas de Maizière, saranno in Tunisia per una visita ufficiale. I ministri si recheranno insieme sui luoghi dell’attentato, all’hotel Riu Imperial Marhaba di Sousse, per rendere omaggio alle vittime e poi terranno una riunione di lavoro congiunta alla quale seguirà una conferenza stampa. Lo rende noto un comunicato dell’ambasciata di Francia in Tunisia.

Nel frattempo prosegue incessante la “fuga” di turisti dalla Tunisia. Molte di queste persone hanno già finito il periodo di vacanza e in molte dichiarazioni hanno affermato che ritorneranno in Tunisia. Sulle spiagge ma anche nelle locaalità turistiche del paese c’è massima allerta con un dispiegamento di uomini armati che sorvegliano le aree frequentate dagli stranieri. Ieri il primo ministro Hessid aveva chiuso 80 moschee dove si “predicava l’odio contro gli occidentali”.

Solar Impulse 2 è partito dal Giappone diretto alle Hawaii

Il velivolo Solar Impulse 2 in un volo sperimentale
Il velivolo Solar Impulse 2 in un volo sperimentale

Solar Impulse 2, il velivolo ultraleggero ad ala alta, decolla e vola verso le Hawaii per la più lunga tratta della circumnavigazione della Terra: l’innovativo velivolo progettato in Svizzera, ha lasciato in piena notte Nagoya (intorno alle 3:00 locali, le 20:00 di domenica in Italia) allo scopo di coprire circa 7.900 km in cinque notti e cinque giorni con la sola energia solare.

Il pilota svizzero Andre Borschberg, grazie al meteo favorevole, ha ripreso il viaggio al secondo tentativo partendo dalla città nel Giappone centrale dove era atterrato il primo giugno per sfuggire al maltempo.

Solar Impulse ha superato “il punto di non ritorno” ed è diretto alle Hawaii nella lunga traversata sull’oceano Pacifico di 120 ore: lo riferisce il team svizzero al lavoro sull’ambizioso progetto in una mail, assicurando che l’avveniristico velivolo è in condizione di proseguire il volo.

Dopo la riuscita del decollo da Nagoya, a 5 giorni dal nulla di fatto del primo tentativo, il pilota Andre Borschberg aveva spiegato a Tokyo che “si sarebbe mantenuto in forma” facendo yoga e dormendo 20 minuti per volta, di regola di notte.

Solar Impulse 2 è il progetto di un velivolo ultraleggero quadrimotore ad ala alta, progettato e realizzato in Svizzera, presso il Politecnico Federale di Losanna. Il velivolo Solar Impulse 2, ha la possibilità di volare senza combustibile in quanto alimentato ad energia solare.

La rotta approssimativa del Solar Impulse 2 da Nagoya in Giappone fino alle Isole Hawaii
La rotta approssimativa del Solar Impulse 2 da Nagoya in Giappone fino alle Isole Hawaii

Lo scopo finale del progetto è quello di dimostrare la possibilità di circumnavigare il globo terracqueo qualche settimana alla velocità di circa 70 chilometri orari.  Il velivolo è costruito in fibra di carbonio ed è monoposto. Pesa 2.300 kg, con una lunghezza di 22 metri e un’apertura alare di 72 metri.

I promotori del progetto Solar Impulse 2 sono Bertrand Piccard, André Borschberg, Luigino Torrigiani e Brian Jones.

Grecia verso la libertà dall'Ue e dall'euro, ma la troika ricatta. Chiuse le banche

Il premier greco Alexis Tsipras
Alexis Tsipras

La Grecia si avvia al referendum del 5 luglio, nonostante le pressioni esterne affinché Atene “si rimetta in riga”. Sul rischio default il premier Tsipras aveva dichiarato che “sopravviviamo lo stesso”. La grande paura della troika è che le iniziative di Atene potranno avere effetti emulativi tra gli altri stati membri. Silenzio per ora dalla Germania di Angela Merkel, una delle maggiori responsabili del piano di austerità imposta ad Atene. Se esce Atene dall’eurozona sarà una sconfitta epocale per Berlino (che ha quote di maggioranza nella troika) e una grande vittoria per la democrazia, quella di cui tanto parlano i detrattori di Tsipras.

La banca centrale ellenica ha suggerito al premier Alexis Tsipras di chiudere banche e borsa fino al giorno dopo della consultazione popolare e di questo, Tsipras accusa la Bce decisa a togliere ossigeno al popolo greco che, alle strette, potrebbero essere indotti a votare “Si” al referendum. Ma “né l’Eurotower né altri, spiega il premier “fermeranno il processo del referendum. Se i partner dell’Eurozona vogliono – afferma ancora Tsipras – possono dare alla Bce la libertà di ripristinare la liquidità delle banche anche stanotte stessa”.

“Le recenti decisioni di Bce ed Eurogruppo hanno un solo obiettivo: tentare di soffocare la volonta’ del popolo greco”. scrive Tsipras su Twitter sottolineando che “non ci riusciranno: accadrà l’esatto opposto. Il popolo greco resisterà con ancor più caparbietà”. In sintesi, Atene non teme nessuno.

“I tentativi di cancellare il processo democratico – ha ribadito il capo del governo ellenico – sono un insulto e una vergogna per le tradizione democratiche in Europa”, ha detto invitando la popolazione alla calma e sottolineando che “i depositi dei greci sono al sicuro”.

I bancomat riapriranno già nelle prossime ore con il limite di ritiro massimo fissato a 60 euro per i greci (esclusi quanti intendono prelevare la pensione) e gli stranieri o i possessori di carte di credito di Paesi stranieri.

Domenica sera nuovo intervento del ministro del Tesoro statunitense, Jack Lew, in un vicenda interna all’Eurozona. Lew ha reso noto di aver chiamato in serata il premier ellenico Alexis Tsipras per dirgli che è nell’interesse della Grecia, dell’Europa e dell’economia globale trovare una soluzione che riporti Atene sulla strada delle riforme e della ripresa. In definitiva Lew ha invitato la Grecia ad allinearsi alle posizioni rigide della troika. Invito rispedito al mittente.

“La decisione di respingere la richiesta greca “per una breve estensione del programma”, ha rilevato Tsipras, “è un atto senza precedenti per gli standard europei e mette in questione il diritto di un popolo sovrano di decidere”.

Intanto la Bce ha fatto sapere che manterrà la fornitura di liquidità di emergenza (Ela) alle banche greche al livello attuale, quello deciso venerdi’ 26 giugno. Lo riferisce una nota della Bce, aggiungendo di stare operando con la Banca centrale greca per conservare la stabilità finanziaria. Il Consiglio direttivo si dice pronto a riconsiderare la sua decisione.

Campania, slitta la prima seduta. Strategie per salvare De Luca

Vincenzo De Luca al giuramento da viceministro nel 2013
Vincenzo De Luca al giuramento da viceministro nel 2013 (Ansa/Lami)

Sono ore di frenetiche per Vincenzo De Luca, fatte di strategie e raffinati ragionamenti legali. Dopo la sospensione del governo, per effetto della legge Severino, il governatore della Campania “sollecita” e ottiene lo slittamento della prima seduta del consiglio regionale convocato dal consigliere anziano Rosetta D’Amelio per lunedi 29 luglio.

Il motivo è pura tattica procedurale per dare a De Luca i tempi di preparare un ricorso al giudice ordinario. Non può più farlo al Tar (Cassazione dixit), tribunale amministrativo che già lo aveva rimesso in sella alla guifa del comune di Salerno.

Con forme diverse lo scrive la stessa D’Amelio, ma la sostanza è quella. Il rinvio della prima seduta è stata deciso “per consentire gli opportuni approfondimenti sugli effetti del Dpcm”, acronimo di “Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministi” che ha stabilito la sospensione del neo eletto presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, in particolare il quarto degli adempimenti preliminari previsti dall’ordine del giorno della prima seduta del Consiglio con l’esposizione del programma di governo da parte del presidente della Giunta. Alla comunicazione del rinvio della seduta di domani, scrive D’Amelio, “seguirà nuova convocazione nei termini previsti dall’articolo 34 dello Statuto e dall’articolo 4 del regolamento interno”.

La seduta dovrebbe tenersi quindi entro il 12 luglio, in quanto il regolamento interno del Consiglio prevede che la prima seduta dopo le elezioni regionali si debba tenere “non oltre il ventesimo giorno dalla data della proclamazione degli eletti”, avvenuta lo scorso 22 giugno e alla quale o stesso De Luca non ha presenziato.

Secondo il Fatto Quotidiano “la decisione di annullare l’assemblea regionale, presa da De Luca e dai suoi più stretti collaboratori, arriva dopo una riunione fiume tra lo stesso De Luca, il deputato Pd e avvocato Fulvio Bonavitacola, l’avvocato amministrativista Giuseppe Abbamonte presso lo studio di quest’ultimo, uno dei professionisti più importanti e apprezzati del mondo forense napoletano”. Tutti intenti a cercare la strada legale e procedurale per non fare cadere il neo governatore. Lo spettro di un ritorno alle urne sarebbe per il Pd di Renzi “catastrofico” sul piano della credibilità.

Sel e M5S già da domattina saranno sulle barricate politiche di palazzo Santa Lucia. La situazione, secondo taluni sarebbe diventata grottesca “Valeva la pena non candidarlo piuttosto che trovare escamotage per ripescarlo”, affermano fonti di Forza Italia.

Verso rilanciato dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle: “La Campania – spiega – non ha un governo da un mese perché il Pd ha deciso di candidare un condannato per abuso d’ufficio che non può fare il presidente. Li avevamo avvisati sul fatto che la Campania sarebbe piombata nel caos istituzionale ed ora Renzi si prenda la sue responsabilità. Questo modo di amministrare la cosa pubblica da banditi è la vera causa dello stato del Paese. Andiamo subito a votare!”, coclude l’esponente del M5S.

Calabria, Oliverio: “Non mi dimetto. Farò giunta di rottura”. Fuori Guccione e Ciconte?

Il governatore della Regione Calabria Mario Oliverio
Mario Oliverio

Dopo la bufera giudiziaria che ha investito in pieno la Regione Calabria, con l’inchiesta “Erga omnes” in cui è stato arrestato l’assessore Nino De Gaetano e sono stati indagati altri due assessori (Guccione e Ciconte) per la rimborsopoli della scorsa legislatura, il governatore Mario Oliverio è deciso a un radicale cambiamento con la volontà di varare una nuova giunta dove “ci saranno forze che non hanno avuto nel passato responsabilità politiche e di governo”.

Un passaggio significativo, questo, perché, a meno di diversa interpretazione, vorrebbe dire che oltre a De Gaetano, che si è dimesso dopo l’arresto, nella nuova squadra di governo non dovrebbero rientrare né l’attuale assessore al Lavoro, Carlo Guccione né il dimissionario vicepresidente della Giunta, Enzo Ciconte (entrambi freschi di “responsabilità di governo”. Guccione fu anche segretario regionale dei Ds, sebbene, va detto, è stato il consigliere più votato in Calabria). 

IL NODO DIMISSIONI DI GUCCIONE
Se non arriveranno le dimissioni di Guccione, il presidente ha fatto intendere che procederà lo stesso a formare un’altra squadra. Non sarà lui a chiedergli le dimissioni: “I gesti sono sempre riconducibili all’autonomia e alla valutazione dei singoli”, afferma Oliverio che è “costretto dalle circostanze” a formare una giunta “di alto profilo e in netta discontinuità col passato”, assicura.

GOVERNATORE GARANTISTA
Fonti di palazzo Alemanni
riferiscono a Secondo Piano News che il presidente è orientato a mantenere la linea garantista espressa finora. Ergo, chi è indagato nell’inchiesta potrebbe non rischiare, altrimenti potrebbero porsi altre questioni come quella del presidente del Consiglio Antonio Scalzo, anche lui indagato e con altre grane giudiziarie. “Se un criterio deve essere adottato  – viene riferito – deve valere per tutti, non soltanto per la giunta”. Va da sè che anche il premier Renzi, a proposito dei cinque sottosegretari indagati del suo governo disse in modo netto “che io non caccio nessuno per semplice un avviso di garanzia”. Il nuovo esecutivo sarà presentato “subito dopo l’entrata in vigore delle norme che hanno modificato lo statuto, tra domenica e lunedi” della prossima settimana.

OLIVERIO: “FARO’ SQUADRA DI ALTO PROFILO”. SETTE ASSESSORI DI CUI TRE DONNE
Le modifiche allo statuto varate nei mesi scorsi in doppia lettura dal Consiglio regionale calabrese consentiranno a Oliverio di nominare sette assessori, anche tutti esterni, con almeno tre donne. Tutti gli assessori, come riferisce Oliverio, “non dovranno aver avuto in passato responsabilità politiche e di governo”, quindi nessuna chance dovrebbero avere papabili come Maria Francesca Corigliano e Maria Carmela Lanzetta, la prima ex assessore provinciale di Oliverio alla Provincia, la seconda ex ministro del governo Renzi. Da considerare che per la Lanzetta, che disse no a Oliverio per il caso De Gaetano, potrebbe proprio esserci il veto del governatore. Anche se, con Oliverio in questa fase indebolito, è Roma che dovrebbe mettere l’ultima parola.

“NON MI DIMETTO, NON SONO COINVOLTO”
Sulle dimissioni avanzate dal Movimento 5 Stelle e da altre sigle che gli chiedevano un passo indietro, il governatore – del tutto estraneo all’inchiesta – replica: “Non capisco dove stanno le ragioni rispetto alla richiesta delle mie dimissioni. Sono stato eletto appena sei mesi fa con un largo consenso e non sono stato nemmeno lambito da questo ciclone giudiziario”, ha detto Oliverio in una intervista al Tgr Rai Calabria.

“NO A SPECULAZIONI”
Il presidente calabrese attacca quanti in questi giorni hanno tentano di speculare sulla vicenda giudiziaria. “Non capisco, – ha spiegato – se non per un fatto strumentale e meschino, chi utilizza una vicenda seria strumentalmente, cercando di sollevare polveroni”.

Carlo Guccione e Mario Oliverio
Carlo Guccione e Mario Oliverio dopo la vittoria alle scorse regionali

“NEL PD CALABRESE” TROPPA SETE DI “POTERE”
Poi l’affondo sul Pd calabrese dove, ad avviso di Oliverio, “ci sono forze che continuano ad avere una visione animata da equilibri di potere e da un posto in giunta. All’interno del Pd vedo che ci sono forze che si muovono senza pesare e valutare quello che è il difficile passaggio per la Calabria, non solo per quello che è emerso in questa vicenda giudiziaria, ma anche per la complessità della situazione che non si riesce a percepire. Bisogna chiudere con questa stagione”.

GUERINI: “NUOVA GIUNTA ISPIRATA DA RINNOVAMENTO”
A chiedere un “forte rinnovamento” nel nuovo esecutivo è il vicesegretario nazionale del Pd Lorenzo Guerini che nel definire “grave la situazione in Calabria”, auspica “di giungere in tempi brevi alla formazione di una nuova giunta regionale che sia fortemente ispirata a criteri di forte rinnovamento. Il Pd calabrese – ha detto Guerini – deve essere unito in questo passaggio, sostenendo insieme al presidente Oliverio il processo di cambiamento che è necessario attuare”.

L’INCHIESTA “ERGA OMNES”
L’inchiesta “Erga omnes”, coordinata dalla procura di Reggio Calabria ha portato a due arresti, (l’assessore De Gaetano (Pd) e Luigi Fedele, ex consigliere del Pdl nella scorsa legislatura); una richiesta d arresto al palazzo Madama per il senatore Giovanni Bilardi e cinque divieti di dimora per un totale di 32 indagati accusati a vario titolo di presunto peculato e falso. L’inchiesta si concentra sulle “spese pazze” accertate dalle Fiamme gialle nel triennio 2010/2012. Indagati anche cinque parlamentari. De Gaetano si è subito dimesso da assessore mentre il vicepresidente della Giunta Oliverio, Enzo Ciconte, è pronto a lasciare: “Sono pronto a rimettere nelle mani del presidente Oliverio le deleghe”.

Grecia, la forza di Tsipras: "Referendum". Troika teme emulazione Ue.

Alexis Tsipras indice un referendum in Grecia
Il premier greco Alexis Tsipras

Sarà referendum in Grecia. La troika non molla la presa su Atene. Dopo settimane di stallo e mezzi accordi, Alexis Tsipras ha annunciato che si sono rotte tutte le intese con l’Eurogruppo. In parlamento ha annunciato che i greci saranno chiamati domenica 5 luglio a votare il referendum sulla proposta dei creditori. “Votate no”.

Il premier ellenico ha dichiarato di essere stato costretto a indire il referendum in Grecia perché i partner dell’Eurogruppo hanno presentato un ultimatum che è contro i valori europei per cui “siamo obbligati a rispondere sentendo la volontà del popolo sovrano”. Di fronte alle “minacce” della troika che parla di “default” lui risponde sereno: “Sopravviviamo comunque”.

TSIPRAS: “CHIAMO IL POPOLO SOVRANO. CI HANNO CHIESTO SACRIFICI INSOPPORTABILI”
Il Premier: Referendum in Grecia: “Ci hanno chiesto di accettare pesi insopportabili che avrebbero aggravato la situazione del mercato del lavoro e aumentato le tasse”, ha detto Tsipras. Per il premier l’obiettivo di alcuni dei partner Ue è “l’umiliazione dell’intero popolo greco”. Tsipras ha aggiunto che chiederà “un’estensione di pochi giorni del programma di salvataggio della troika (Bce-Ue-Fmi), che scade il 30 giugno, per poter arrivare senza problemi a tenere il referendum del 5 luglio”. Il capo del governo greco ha stigmatizzato che le “proposte (dell’Eurogruppo), che chiaramente violano i trattati europei e il diritto base al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità dimostrano il proposito che alcuni dei partner e delle istituzioni non vogliono un accordo fattibile per tute le parti, ma la possibilità di umiliare un intero popolo”.

I RICATTI DELLA TROIKA CHE TEME EFFETTI EMULATIVI. “LA VOLONTA’ POPOLARE NON VALE NULLA” 
Le pressioni della troika sulla Grecia sono cominciate all’indomani delle elezioni vinte da Alexis Tsipras, consultazioni vinte con la promessa che metteva fine alle politiche di austerity Ue che hanno fatto piombare la Grecia nel caos e in una delle crisi più gravi della sua storia. Pressioni spinte dal timore che la “resistenza greca”, se fruttuosa, possa avere effetti moltiplicatori, cioè indurre altri paesi forti della volontà popolare, a compiere analoghe scelte. Da qui il tira e molla della troika, fatto anche di ricatti, per costringere Atene e altri paesi a passare sotto le maglie del triangolo centro europeo. In sostanza, è il messaggio di Ue Bce e Fmi, qualsiasi volontà popolare contraria alle nostre politiche sarà vana e inutile. Con il Referendum in Grecia sarà invece nuovamente il popolo sovrano a giudicare e decidere se restare nell’euro o tornare alla dracma.

EFFETTI A CATENA E LE “INTIMIDAZIONI” DELLA TROIKA
La troika teme un inarrestabile effetto a catena che metterebbe in crisi serissima il sistema di potere e controllo finanziario sui paesi membri. “Se perdiamo Atene, perderemo la Spagna di Podemos, la Polonia di Duda e tantissimi altri paesi”, è il loro ragionamento. Sara la fine dell’Ue e del disegno economico e finanziario della troika, di conseguenza dei trattati internazionali varati da politici influenzati (e molto spesso corrotti) senza che vi sia mai stata una consultazione popolare chiara e trasparente. Referendum da cui gli oligarchi finanziari temevano ferme bocciature.

DRAGHI: “COMPRENDO LA VOLONTA’ REFERENDARIA” 
Tornando agli sviluppi di oggi, il capo negoziatore greco, Euclides Tsakalotos, ha annunciato che Tsipras ha parlato con il presidente della Bce Mario Draghi il quale – secondo Tsakalotos – “ha dimostrato comprensione per la scelta del referendum indetto il 5 luglio sul piano dei creditori”. Nonostante la mossa a sorpresa, Bruxelles ha confermato l’appuntamento dei ministri delle Finanze dell’Eurogruppo. L’Euro Working Group, l’organismo tecnico presieduto da Thomas Wieser e al quale partecipano i direttori del Tesoro dei 19 paesi della moneta unica, si è subito messo al lavoro il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem si è già detto sorpreso negativamente dalla scelta di Atene.

BRUXELLES PREOCCUPATA 
“E’ una situazione molto triste – ha detto Dijsselbloem prima dell’inizio della riunione straordinaria, la quarta della settimana – perchéè abbiamo lasciato la porta aperta alla Grecia. Oggi – ha aggiunto – discuteremo anche con il ministro greco delle conseguenze che potranno esserci”, sebbene questo per il governo greco sembra più un tentativo di dissuasione che altro, in quanto nessuno ha finora spiegato quali “drammatici effetti” potranno esserci se Tsipras uscisse “vincitore” da questo braccio di ferro.

FMI RICORDA ACCORDI “POSITIVI” CON IRLANDA E PORTOGALLO, IGNORANDO EFFETTI DEVASTANTI PER IL FUTURO. 
Fondo monetario, Bce e Commissione europea “sono uniti” e hanno sempre dimostrato “flessibilità” nel negoziato con la Grecia, con l’obiettivo della stabilità finanziaria, ha ribadito il direttore generale del Fmi Christine Lagarde prima dell’Eurogruppo a Bruxelles, ricordando il “successo” dei casi Irlanda e Portogallo. Progetti finanziari stabiliti dalla troika, va detto, i cui effetti devastanti i popoli di quei paesi li sentiranno tra qualche anno.

IL FALLIMENTO DEL PROGETTO UE. EUROPA A CRESCITA ZERO E DISOCCUPAZIONE ALLE STELLE
Lagarde sostiene che da un lato Atene deve fare “riforme strutturali importanti e consolidare il bilancio per consentire crescita e creazione di occupazione, dall’altro i partner europei devono dare sostegno finanziario e agire sul debito”, ha detto Lagarde dimenticando di dire che l’unico paese in grado di “dare sostegno” è il paese che detiene la maggioranza di azioni in questa Ue: la Germania. Una teoria che finora ha portato al collasso l’Ue, con crescita zero e disoccupazione alle stelle con gli stati membri imbrigliati da regole stabilite di pochi oligarchi finanziari. Da parte sua il commissario Ue agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici ha sottolineato che “la posizione della Commissione europea – ha detto – è sempre stata chiara: vogliamo mantenere la Grecia nell’Euro e per questo abbiamo sempre lavorato”.

STAMPA DI REGIME TRASMETTE CODE A BANCOMAT GRECI PER CREARE PANICO. MA IL VERO BANCOMAT E’ QUELLO UE DOVE ATTINGONO BANCHIERI E APPARATI FINANZARI.
Su molti media di regime appaiono le immagini di greci in coda ai bancomat a prelevare contante. In vista del referendum della Grecia è forte il tentativo di influenzare negativamente la popolazione di un paese che secondo i burocrati e tecnocrati Ue rischierebbe un presunto default finanziario. Le stesse cose avevano detto prima di entrare nell’euro, che la moneta unica sarebbe stata utile a tutti e tutti sarebbero stati meglio. Non è stato così.

La Gran Bretagna, ad esempio è nell’Ue ma non ha voluto adottare l’euro (sebbene abbia quote azionarie nella Bce, che come le vecchie banche centrali è un istituto privato). Altri paesi la stessa cosa. Non sembra si vedano in giro a chiedere l’elemosina. Le pressioni saranno ancora più forti nei prossimi giorni con sondaggi a sfavore. Ma sarà sempre la volontà popolare a prevalere sulle posizioni di un manipolo di faccedieri corrotti e finanzieri senza scrupoli che utilizzano l’Europa come il vero Bancomat Ue per i propri interessi personali.

Tunisia, Essid chiude 80 moschee. Molte le vittime inglesi. Paese teme crollo turismo

Il premier della Tunisia Habib Essid
Il premier della Tunisia Habib Essid

A ventiquattrore dal brutale attacco in Tunisia, dove un terrorista dell’Isis ha trucidato 38 turisti sulla spiaggia di Sousse, arriva la prima reazione del primo ministro Habib Essid che ha annunciato un giro di vite sulla sicurezza.

CHIUSE 80 MOSCHEE DOVE SI INCITA ALL’ODIO
Essid ha riferito che saranno chiuse circa ottanta moschee ritenute centri di culto dove “si predica l’odio e si incita alla violenza”. Fuori ogni controllo da parte delle autorità tunisine. Essid ha anche promesso di agire contro i partiti i gruppi “che agiscono fuori della Costituzione”.

ESSID: “PAESE E’ IN PERICOLO”
“Il paese è in pericolo, il governo è in pericolo”, ha detto ancora Essid chiamando tutti a dare un forte contributo: “Senza la collaborazione di tutti, e una dimostrazione di unità, non possiamo vincere questa guerra”, contro l’Isis e il califfato

Un turista depone dei fiori su una sdraio dove è stato ucciso un uomo
Un turista depone dei fiori su una sdraio dove è stato ucciso un uomo

Il premier ha anche sottolineato che i riservisti dell’esercito sarebbero stati distribuiti nei siti archeologici e nei resort, luoghi affollati di turisti stranieri. “Tutte le moschee chiuderanno entro una settimana”, ha assicurato Essid in una conferenza stampa a Tunisi. Alcune di queste “continuano a diffondere la loro propaganda di odio e veleno e a promuovere il terrorismo”.

Qualche polemica circa la sicurezza è stata avanzata da qualche esponente politico locale e da molti cittadini che si chiedno come mai le misure di sicurezza invocate oggi dal premier non siano state attuate già da marzo, dalla strage al museo del Bardo.

Secondo le autorità tuisine la maggior parte delle vittime nell’attacco terroristico di ieri sulla spiaggia di Sousse erano cittadini britannici.

ECCO IL CARNEFICE CHE HA UCCISO I TURISTI
L’uomo armato è stato ucciso. E ‘stato identificato come Seifeddine Rezgui, uno studente incensurato e non precedentemente noto alle autorità, hanno detto i funzionari.

L'attentatore di Sousse in Tunisia Seifeddine Rezgui. Sotto mentre viene ripreso sulla spiaggia con le armi.
L’attentatore di Sousse in Tunisia Seifeddine Rezgui. In basso mentre viene ripreso sulla spiaggia con le armi.

Un insospettabile che frequentava una delle moschee chiuse da Hessid. Le autorità sono state comunque oggetto di critiche sul fatto di non aver monitorato prima i centri religiosi dopo il Bardo.

Otto britannici, un belga e un tedesco sono al momento le vittime identificate. C’è anche un cittadino irlandese tra i 38 morti. In un primo momento si è pensato che tra le vittime ci fossero anche tunisini e francesi. Per ora non ci sono conferme. Almeno 36 persone sono rimaste ferite.

La mappa dell'attacco jiadhista di venersi 26 giugno 2015
La mappa dell’attacco jiadhista di venersi 26 giugno 2015

Quello di Sousse è stato il secondo più grande attacco contro turisti in Tunisia da marzo, quando i miliziani del Califfato hanno ucciso 22 persone, per lo più stranieri, al Museo del Bardo a Tunisi.

Molti turisti alloggiati negli alberghi colpiti stanno già lasciando il paese o sono in attesa per i voli organizzati. Altri invece proseguiranno il loro soggiorno come da programma. sono state molte del disdette verso le mete del nord Africa, Tunisia in particolare.

In coda per lasciare la Tunisia
In coda in aeroporto per lasciare la Tunisia

Il più grosso dei problemi per il governo della Tunisia è ora come riacquistare credibilità sul piano dell’attrazione turistica dopo due violentissimi attacchi terroristici. L’industria del turismo è una delle più proficue fonti di reddito del paese.

Secondo il ministero del turismo, nel 2014 sono giunti nel paese a trascorrere le vacanze 6,1 milioni di turisti, gran parte dei quali occidentali. Il comparto vale il 15,2% Pil nazionale , mentre i lavoratori nel settore è di 473.000 unità, il 13,8% del totale degli occupati.

Milano, ore di attesa per l'Apple Watch. Da ieri in Italia

Apple Watch, da 27 giugno in vendita in ItaliaMILANO – L’Apple Watch è in Italia. Diverse decine di persone sono già in coda all’Apple store del centro commerciale il Fiordaliso a Rozzano, alle porte di Milano, per acquistare l’Apple watch.

Ore di attesa per portarsi a casa l’ultimo prodotto di Cupertino che ha rivoluzionato la concezione dell’orologio.

L’orologio “intelligente” della casa californiana è in vendita da oggi anche in Italia a partire da 419 euro. Un prezzo un po’ più caro rispetto al resto d’Europa, ma solo perché il fisco del Belpaese “pesa” di più. Già prima che il negozio aprisse, alle 9, si era creata una lunga coda. La Apple ha previsto tre diverse versioni per il suo “smartwatch”, per andare incontro alle diverse esigenze dei consumatori: l’Apple watch sport, adatto al fitness e all’attività sportiva; l’Apple watch, la versione da passeggio; l’Apple watch edition, con scocca in oro e finiture pregiate.

Oltre che in Italia, da oggi lo smartwatch è in vendita in Messico, Spagna, Corea del Sud, Singapore, Svizzera e Taiwan. Mentre già da aprile erano partite le vendite sui mercati di Usa, Australia, Canada, Cina, Francia, Germania, Hong Kong, Giappone e Regno Unito. Per ritirare l’Apple watch in negozio era obbligatorio prenotarlo online. Il primo ad aggiudicarselo, al Fiordaliso di Rozzano, è stato Marco, 39 anni, in coda dalle 2.30 di questa notte.

“Ho preso il modello base. Non porto l’orologio da 15 anni. “Proviamo, mi sono detto, ‘se ne prenderò uno prenderò quello di Apple che è l’orologio del futuro'”, ha raccontato. Subito dopo è stato il turno di Ilario, 26 anni: “L’ho preso perché è un accessorio utile per l’iPhone. Sono un appassionato di tecnologia e ritengo la Apple un’ottima marca”.

Altro attacco Isis a turisti in Tunisia: 38 morti. Kamikaze in Kuwait e Somalia, mentre l’Onu dorme

L'attacco dell'Isis sulla spiaggia di Sousse in Tunisia
L’attacco dell’Isis sulla spiaggia di Sousse in Tunisia

Un attacco concentrico di terrore senza pietà. Sono sempre loro, i terroristi islamici dell’Isis o le milizie islamiche somale di al- Shabaab.

Vittime innocenti, turisti occidentali in mete non esclusive ma modeste oppure musulmani che non aderiscono al loro disegno criminale. Dopo l’attacco di stamane in Francia, in giornata altri tre attentati di massa: uno in Kuwait, l’altro in Tunisia, l’altro ancora in Somalia. Tutto accade sotto lo sguardo esamine delle Nazioni Unite, un organismo elefantiaco che sembra peggio dell’Ue in tema di decisioni. E il Califfato coi suoi affiliati commette i suoi crimini efferati in modo indisturbato.

ATTACCO AI TURISTI A SOUSSE: 37 MORTI
A Sousse, sulla costa centro-orientale, almeno due terroristi hanno attaccato due alberghi frequentati soprattutto da turisti europei: si parla di almeno 37 vittime, tra cui diversi turisti e l’attentatore. Secondo le autorità, l’assalto è stato condotto da almeno due terroristi, uno dei quali, armato di kalashnikov, che è stato ucciso dalle forze di polizia in uno scontro a fuoco avvenuto sulla spiaggia.L’altro è stato catturato poco dopo. Gli hotel finiti nel mirino sono l’Hotel Riu Imperial e il Port el Kantaoui. I terroristi sono arrivati sulla spiaggia su un gommone.

GUARDA IL  VIDEO DELL’ORRORE DELL’ISIS  »» Qui il post

I turisti terrorizzati hanno raccontato di essersi barricati per sfuggire alla furia jihadista. L’attacco sarebbe di matrice jihadista secondo la polizia. Già nei giorni scorsi lo Stato islamico aveva lanciato un appello ad aumentare gli attentati nel mese di Ramadan, e oggi che è il secondo venerdi l’azione si è quadruplicata con la barbarie in Francia, Kuwait e Somalia.

Il ministero dell’Interno tunisino conferma che i morti sono soprattutto turisti che sono in via di identificazione, anche se le radio locali affermano che le vittime sono soprattutto tedesche e britanniche. La zona, infatti, è molto frequentata da turisti provenienti dalla Gran Bretagna.

Su Instagram sono comparse subito alcune foto di un uomo fra i 60 e i 70 anni, in costume da bagno, che giace in una pozza di sangue sulla spiaggia. Ma vi sono altre foto che testimoniano la carneficina a opera dei criminali islamici.
David Schofield, in vacanza nel resort, ha raccontato di aver udito “una forte esplosione” mentre si trovava a bordo piscina. A quel punto, gli ospiti della struttura hanno cominciato a fuggire verso l’hotel. “Dicevano che c’erano uomini sulla spiaggia che sparavano. Non sapevamo cosa fare”, ha riferito. Il bilancio drammatico della strage di Sousse è a momento di 37 morti e alcuni feriti.

attacco alla Mosche a Kuwait city
Feriti nella strage alla Moschea shiita di Kuwait City

KUWAIT CITY, KAMIKAZE IN MOSCHEA: 13 MORTI
L’altro attentato contro una moschea sciita a Kuwait City al Imam al Sadiq, durante la preghiera del venerdì, dove sono state uccise 13 persone. L’attentato kamikaze è stato rivendicato dall’Isis. Secondo quanto riferiscono testimoni oculari all’inviato dell’emittente televisiva panaraba al Jazeera, un uomo è entrato nella moschea con indosso una cintura esplosiva e si è fatto saltare in aria al grido di “Allah è grande”.

Attacco kamikaze di al-Shabaabin Somalia
Attacco kamikaze di al-Shabaabin Somalia

AUTOBOMBA DI AL-SHABAAB FA STRAGE IN SOMALIA: 30 MORTI 
Trenta persone sono morte in un attentato kamikaze contro una base militare dell’Unione africana nel sud della Somalia. A rivendicare l’attacco, compiuto con un’autobomba, sono stati miliziani somali di al-Shabaab. L’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia ha confermato su Twitter di aver subito l’attacco, ma non ha fornito ulteriori dettagli.

L’attacco è iniziato con un attentato kamikaze all’ingresso della base militare, seguito poi dall’assalto di decine di combattenti con mitragliatrici e lanciagranate. I miliziani somali di al-Shabaab avevano annunciato che, durante il mese sacro di Ramadan, avrebbero intensificato gli attacchi contro i militari e il governo di Mogadiscio.

 

Francia, esplosione in fabbrica. Un dipendente decapita il titolare e sventola drappi dell'Isis

mappa Francia Europa Lione Saint-Quentin-Fallavier - attacco terroristico in FranciaSaint-Quentin-Fallavier (Francia) – Un uomo con in mano dei drappi neri dell’Isis ha fatto irruzione un impianto di gas industriale a Saint-Quentin-Fallavier e ha aperto bombole di gas provocando una forte esplosione. Poco dopo all’interno del complesso industriale è stato ritrovato un corpo decapitato sulla recinzione l’impianto con vicino scritte in arabo. Vi sarebbero anche alcuni feriti in seguito all’esplosione.

FERMATO UNO DEGLI ATTENTATORI. AVEVA DRAPPI DELL’ISIS
L’attacco è avvenuto poco prima delle 10 di mattina a Saint-Quentin-Fallavier, a 30km chilometri da Lione nel dipartimento dell’Isère. Il presunto attentatore è stato tratto in arresto e si è qualificato come un uomo dell’Isis, mostrando appunto i drappi islamisti in mano. Solo alle 12:30 il presidente Hollande ha detto che l’uomo è stato identificato.

Si tratta di un dipendente dell’ impianto di gas industriale Air Products, a Saint-Quentin-Fallavier, nel dipartimento dell’Isère. Il suo nome è Yassin Salhi, già noto alle forze di sicurezza francesi. E’ stato catturato mentre mostrava una bandiera dell’Isis. Il presunto assassino ha ucciso il suo datore di lavoro e lo ha decapitato.

Anche la moglie di Salhi è stata fermata dalla polizia. Lo riferiscono fonti giudiziarie citate da media francesi, precisando che non ci sono ancora accuse a carico della donna. Oltre alla coppia, la polizia avrebbe fermato un’altra persona.

In mattinata le forze di sicurezza francesi erano sulle tracce di un uomo a bordo di un veicolo che transitava nei pressi della fabbrica prima dell’attentato. L’auto, andava avanti e indietro proprio di fronte l’impianto teatro dell’attentato. Lo scrive il sito del quotidiano francese Le Daphine. Secondo una fonte dei servizi segreti, “c’erano segnali nelle ultime settimane di un possibile attentato di questa natura sul territorio nazionale”.

Polizia davanti alla fabrica
Polizia davanti alla fabrica

MINISTRO DELL’INTERNO SUL POSTO
Sul luogo dell’attentato, si stanno recando il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve e anche il ministro degli Esteri, Laurent Fabius. Sul posto c’è già il prefetto del dipartimento d’Isere. I dipendenti dell’impianto, sotto choc, sono stati trasferiti in una palestra in un comune vicino.

FRANCIA SOTTO CHOC DOPO CHARLIE HEBDO
La Francia è sotto choc. L’attentato di stamane è stato compiuto a nemmeno quattro mesi dall’attacco alla redazione di Charlie Ebdo dove furono trucidate 13 persone dai terroristi islamici.

HOLLANDE RIENTRA DA BRUXELLES PER SEGUIRE SVILUPPI
Il presidente francese, Francois Hollande, rientrarà nel primo pomeriggio a Parigi, per seguire personalmente dall’Eliseo gli sviluppi dopo l’attentato di stampo jihadista nel dipartimento dell’Isere. Lo rende noto l’Eliseo. Hollande sta partecipando al summit europeo di Bruxelles (dove ha appena visto il premier greco Alexis Tsipras, insieme al cancelliere tedesco Angela Merhel, sulla crisi greca). ma rimane in contatto permanente con il ministro dell’interno,. Bernard Cazeneuve e i servizi segreti.

La fabbrica dove è avvenuto l'attentato jiadhista
La fabbrica francese dove è avvenuto l’attentato jiadhista

GOVERNO: “MATRICE JIHADISTA”
Gli inquirenti sembrano non avere dubbi che la matrice dell’attacco sia quella terroristica jiadhista, sia perché l’uomo si è rivelato, ma anche per le modalità di esecuzione dell’uomo decapitato.

Ne è convinto il presidente francese Hollande che ha detto: che si tratta di “un attentato di natura terroristica: lo testimonia un’iscrizione trovata sul corpo della vittima. Non abbiamo dubbi che volessero far saltare l’intero complesso industriale”.

 

Migranti, accordicchio dell'Ue. 40mila profughi in due anni. Ma nessuno affronta la causa Libia

vertice ue migranti renzi cameron merkel hollande gettyBRUXELLES – Un accordicchio potremmo definirlo quello raggiunto stanotte a Bruxelles. Tutti “buonisti”, ma alla fine i profughi nessuno li vorrebbe a casa propria. La mezza intesa, è stata raggiunta alle tre di notte. I capi di Stato e di governo dell’Ue hanno si sono mezzi accordati sulla redistribuzione dei migranti.  “I leader – ha annunciato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk – hanno deciso che 40mila persone saranno redistribuite da Italia e Grecia negli altri Paesi nei prossimi due anni.

I ministri degli Interni finalizzeranno lo schema entro la fine di luglio”. Un piccolo “passo avanti”, ha detto il premier Renzi. Nessuno ha spiegato cosa si farà delle altre centinaia di migliaia di profughi che intanto arriveranno in questi due anni. Poiché il problema si ripresenta. Mentre ne collochi 40mila, dopo due anni saranno 200mila. Ecco perché quello di stanotte non è un accordo di lunga gittata, ma una intesa temporanea per “piazzare” i rifugiati e accontetare in qualche modo l’Italia che pressava su questo punto. Nel vertice nessuno ha affrontato come risolvere il problema alla radice: cosa fare con la Libia da cui partono quotidianamente migliaia di profughi e i migranti economici irregolari (i clandestini, ndr)? L’Ue non sa da dove cominciare e soprattutto come affrontare il problema.  E come sempre il cerino resta in mano all’Italia, paese di frontiera.

40 mila rifugiati spalmati in due anni. Altri 20mila attualmente nei campi profughi fuori dall’Europa saranno ricollocati, per un totale di 60mila persone. All’intesa si è arrivati dopo una serata di negoziati e trattative durante le quali “le emozioni sono state fortissime”, ha raccontato una fonte europea, e gli scontri anche “violenti”, tra chi era fovorevole alle quote e chi invece come Francia, Inghilterra, Ungheria e altri hanno manifestato contrarietà.

Matteo Renzi al termine del vertice Ue
Matteo Renzi al termine del vertice Ue

Al punto che, mentre i toni si facevano più alti e concitati, i leader hanno interrotto le discussioni e hanno chiesto al premier britannico David Cameron di intervenire e di spiegare il suo piano per rinegoziare il rapporto con Bruxelles in vista della permanenza della Gran Bretagna nell’Ue.

Durissimo il premier Matteo Renzi, che ai leader ha detto: “Se non siete d’accordo sui 40mila, non siete degni di chiamarvi Europa. Se questa è la vostra idea di Europa, tenetevela. O c’è la solidarietà o non ci fate perdere tempo”.
Forteèstato lo scontro anche tra Tusk, che insisteva per inserire nelle conclusioni il principio della volontarietà nella redistribuzione dei migranti, e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che ha difeso a spada tratta la sua proposta.

In tarda serata è stata messa sul tavolo una nuova bozza, che però è stata respinta, fino all’approvazione del documento secondo cui i Paesi membri “decideranno per consenso” sulla redistribuzione dei migranti. Da questa potrebbero essere escluse Ungheria e Bulgaria.

L’accordo sulla redistribuzione dei migranti raggiunto nella notte a Bruxelles comunque rappresenta “un primo passo per poter dire che finalmente la politica dell’immigrazione è europea, ma c’è ancora moltissimo da fare” ha detto Renzi, lasciando il palazzo del Consiglio europeo dopo le tre di notte, al termine della prima giornata del vertice.

“Sin dal primo giorno abbiamo detto che poteva essere più ambizioso”, ha ricordato il presidente del Consiglio, ma “è un fatto positivo” che si sia riconosciuto che “il problema non è solo dell’Italia o della Grecia, ma di tutta l’Europa”.

Toccherà adesso a Commissione e Consiglio “decidere quali Paesi e con quali quote” redistribuire i migranti, ha spiegato, ribadendo quanto già detto ai suoi colleghi: “Se di fronte ad un piccolo numero come 40mila richiedenti asilo non ci fosse stata la solidarietà, sarebbe stata una presa in giro nei confronti dell’Europa di cui siamo stati fondatori con altri cinque Paesi con un ideale di libertà, democrazia e di valori condivisi, non è pensabile che l’Europa sia la patria dell’egoismo”.

Ancora, secondo Renzi, l’accordo raggiunto “non è la soluzione del problema, ma la discussione oggi non era sui numeri, ma su un’espressione, la redistribuzione volontaria, e sono molto felice che questa non ci sia nel testo”. “Nei prossimi mesi decideremo la redistribuzione, ma questo è un primo passo”, ha insistito.

Renzi ha anche commentato l’esito della riunione di ieri con regioni e comuni. “Sarebbe inaccettabile – ha rimarcato – se, a fronte di un tentativo da parte del governo di coinvolgere tutti in nome della difesa dell’Italia e degli italiani, ci fosse chi strumentalizza questa battaglia”.

“L’Italia ha il problema dell’immigrazione che va affrontato e gestito sulla base degli impegni che ci siamo presi anche a livello nazionale – ha ricordato Renzi – Ci sono tutte le condizioni per non trasformare questo problema in un dramma. E per questo nei prossimi 15 giorni ci rivedremo con le regioni e con i comuni”. “Ovviamente c’è chi preferisce fare polemica, ma dal mio punto di vista l’obiettivo è di cercare di dare una mano all’Italia e agli italiani”, ha sottolineato il presidente del Consiglio italiano.

Rimborsopoli, blitz in Calabria. Arrestato l'assessore Pd De Gaetano e Fedele ex Pdl. Richiesta d'arresto al Senato per Bilardi (Ncd)

La Giunta della Regione Calabria - Da sinistra De Gaetano, Guccione, Oliverio e Ciconte - Tre sono indagati nell'inchiesta rimborsopoli
La Giunta della Regione Calabria – Da sinistra De Gaetano, Guccione, Oliverio e Ciconte

REGGIO CALABRIA – Rimborsopolibufera giudiziaria sulla Regione Calabria. E’ di 3 arresti domiciliari e 5 divieti di dimora il bilancio dell’operazione “Erga Omnes” condotta dalla Guardia di Finanza sotto il coordinamento della Procura di Reggio Calabria sui falsi rimborsi a palazzo Campanella negli ultimi anni. Le indagini si concentrano sulla gestione dei fondi destinati ai gruppi consiliari regionali negli anni 2010/2011/2012.

Ai domiciliari sono finiti l’attuale assessore regionale calabrese ai trasporti e lavori pubblici, Nino De Gaetano (Pd), l’ex presidente del Consiglio regionale Luigi Fedele (Ncd) mentre è stata avanzata a palazzo Madama una richiesta di arresto per il senatore Ncd, Giovanni Bilardi, ex consigliere regionale della Calabria nella nona legislatura, quella nel mirino della procura. Le accuse sono di peculato e falso.

Il gip oltre alle 3 ordinanze di custodia cautelare, ha emesso cinque ordinanze di divieto di dimora in Calabria, tra cui quattro politici: Nicola Adamo (ex capogruppo del Pd nella scorsa legislatura); Alfonso Dattolo (ex assessore regionale all’Urbanistica, Udc); Pasquale Tripodi (ex consigliere regionale Udc) e Giovanni Nucera (FI).

Da sinistra De Gaetano, Fedele e Bilardi
Da sinistra i tre politici Giunta nel mirino della procura di Reggio Calabria De Gaetano, Fedele e Bilardi

In tutto sono 31 le persone indagate a vario titolo, tra cui anche l’attuale presidente del Consiglio regionale Antonio Scalzo e, fra gli altri, l’attuale assessore al Lavoro Carlo Guccione e il vicepresidente della giunta Oliverio, Enzo Ciconte. A Guccione e Ciconte sono stati sequestrati rispettivamente 26mila euro e 69mila euro.

Indagati cinque parlamentari calabresi, tutti ex consiglieri regionali nella nona legislatura: Oltre a Bilardi, su cui pende una richiesta di arresto gli altri sono Pietro Aiello (Ncd), Demetrio Battaglia (Pd) Ferdinando Aiello (Pd) e Bruno Censore (Pd). I politici sono tutti destinatari di decreti di sequestro di presunti fondi provenienti dai rimborsi.

L’inchiesta nasce nel 2010, su una denuncia dell’ex consigliere regionale Aurelio Chizzoniti che mise nei guai gli ex suoi colleghi Antonio Rappoccio e il suo ex capogruppo, Giulio Serra, di “”Insieme per la Calabria”, entrambi rinviati a giudizio dalla Procura generale di Reggio Calabria per presunta truffa e peculato. Poi l’inchiesta si è allargata a macchia d’olio in concomitanza con gli scandali “rimborsopoli” registrati in molti consigli regionali d’Italia. Dopo i casi Serra e Rappoccio, la Gdf comincia a fare perquisizioni anche nell’astronave calabrese acquisendo in tutti i gruppi consiliari fascicoli, documenti e fatture in merito ai rimborsi delle aggregazioni consiliari.

Le Fiamme gialle scopriranno che molti degli arrestati e indagati attingevano ai fondi dei gruppi per presunti interessi personali. Secondo l’accusa, le persone sotto inchiesta avrebbero acquistato bene e servizi che nulla avevano a che fare con la mission istituzionale dei gruppi: dal pagamento di cartelle di Equitalia, all’acquisto di gratta e vinci, a viaggi personali, a televisori, cambio, pneumatici, leasing di auto e tanto altro, tra cui anche semplici caffé e gomme da masticare.

DE GAETANO: “MI DIMETTO DA ASSESSORE E DA PD”
L’assessore De Gaetano, ha fatto sapere di esserci già dimesso da assessore regionale e autosospeso dallo stesso Partito democratico, soggetto in cui approdò da Rifondazione comunista. Nella giunta Loiero ricoprì l’incarico di assessore al Lavoro.

IL GIP: SISTEMA “ISPIRATO A UN ESERCIZIO TRACOTANTE DEL POTERE”
L’inchiesta della procura reggina “Erga Omnes” sulla Rimborsopoli calabrese ha fatto emergere “una gestione gravemente omissiva in punto di controlli successivi sui titoli di spesa, sia nel caso di anticipazione di fondi che di riconoscimento postumo della legittimità della spesa mediante rimborso, deliberatamente funzionale a rendere possibile, perpetuandolo, un sistema di utilizzazione di fondi pubblici a destinazione vincolata, secondo schemi collaudati nel nostro Paese, ispirato a un esercizio tracotante del potere, che tradisce anche sicurezza di impunità”.

E’ quanto scrive nel provvedimento di 850 pagine il Gip del tribunale di Reggio Calabria Olga Tarzia.
“L’omesso controllo dei capi gruppo – aggiunge – era deliberatamente ispirato a una logica di compiacente e colpevole condivisione di certi metodi di sfruttamento parassitario di cospicue disponibilità finanziarie di natura pubblica che, senza alcun pudore, ma semmai con spregiuducato disprezzo delle regole, sono state utilizzate per finanziare spese personalissime con una scandalosa tracotanza, mentre le funzioni legislative e quindi costituzionali esercitate avrebbero dovuto ricordare agli odierni indagati, in ogni momento, che la vita pubblica esige rigore e correttezza, tanto più che si tratta di soggetti che possono contare su cospicue indennità di funzione che ne assicurano indipendenza e prestigio sociale”.

LA POLEMICA DE GAETANO LANZETTA OLIVERIO
L’esponente politico era già entrato in una violento alterco politico in gennaio, quando l’attuale governatore Mario Oliverio decise di nominarlo assessore, nonostante De Gaetano , pur non essendo indagato, venne citato in una informativa della polizia nell’ambito di una inchiesta che portò alla sbarra il presunto clan mafioso Tegano di Reggio Calabria. Lo scontro è avvenuto con la dimissionaria ministra degli affari regionali Maria Carmela Lanzetta. “Licenziata” senza tanti complimenti da ministro,  venne “dirottata” da Matteo Renzi (d’intesa con Oliverio), a fare l’assessore in Calabria. Lei con un comunicato accettò “l’incarico prestigioso”.

LA PARABOLA DI DE GAETANO, CITATO PER MAFIA MA ARRESTATO PER RIMBORSI FALSI
Dopo qualche ora, prima con una nota di palazzo Chigi attribuita a Graziano Delrio, poi con una personale di Lanzetta, venne sancita “l’incompatibilità” dell’ex ministro con la presenza di Antonino De Gaetano nella giunta Oliverio, i cui contorni erano poco chiari in merito all’inchiesta per mafia. Lei tornò a fare la farmacista e lui fece l’assessore.  La parabola è che a distanza di cinque mesi De Gaetano viene arrestato, ma non nell’inchiesta per mafia, da cui risulta estraneo, bensì perché avrebbe speso oltre 400mila euro di fondi del suo gruppo Federazione della sinistra nella scorsa legislatura.

Estraneo il governatore della regione Mario Oliverio. All’epoca dei fatti non era consigliere regionale. Per lui si annunciano comunque ore e giorni difficili.

Il blitz di stamane, mette in bilico l’assetto politico della giunta regionale targata Oliverio. Il governatore è estraneo all’inchiesta, ma la sua maggioranza potrebbe subire pesanti contraccolpi politici. Le critiche maggiori potrebbero venire proprio dal suo partito che già gli rimproveravano di aver cominciato con “passo lento” la legislatura. Oliverio ha nominato finora 3 assessori su 7: allo stato attuale uno dei tre è arrestato e gli altri due sono indagati. Dei restanti 4 ne ha annunciato la nomina a luglio, ossia a sette mesi dalla proclamazione e a oltre tre dalla seconda lettura dello statuto regionale. In serata è arrivato l’annuncio dell’assessore al Bilancio Ciconte di “rimettere nelle mani di Oliverio le deleghe”. Nelle ultime ore sono circolate voci sull’ipotesi che il presidente Oliverio possa procedere ad un azzeramento totale della giunta per presentarne una nuova di zecca agli inizi di luglio. Secondo lo statuto, il governatore può procedere alla nomina anche di soli assessori esterni. In tutto sette.

LEGISLATURA MINATA DALLA GIUSTIZIA E DALLA CONSULTA
Una legislatura, questa, che è minata oltre che dalle indagini giudiziarie anche dalla Consulta per il caso dell’esclusione di Wanda Ferro, competitor diretta di Oliverio alle regionali dello scorso novembre. Dopo il ricorso dell’esponente di Forza Italia al Tar della Calabria, che si è espresso rimandando il caso da dirimere alla Corte Costituzionale, non è escluso che la Suprema Corte arrivi ad annullare addirittura le elezioni per via di una legge elettorale varata (a settembre 2014) da un consiglio in prorogatio dopo le dimissioni dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti. Una legge elettorale ritenuta “illegittima” e varata da un Consiglio politicamente pasticcione, come si rivelò quello della nona legislatura e come ha certificato il tribunale amministrativo calabrese nel ritenere che quella legge non poteva essere approvata da un consiglio preposto alla sola ordinaria amministrazione.

Si del Senato al maxiemendamento di Riforma della Scuola

I ministri Boschi e Giannini al Senato per la Riforma della Scuola
I ministri Boschi e Giannini al Senato

La Riforma della Scuola viene approvata al Senato – Il governo incassa dall’aula di palazzo Madama la fiducia sul maxiemendamento che sostituisce interamente il Ddl di riforma della scuola con 159 sì, 112 no e nessun astenuto.

“Ce l’abbiamo fatta” commenta la ministra Stefania Giannini in un  messaggio inviato al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, appena uscita dall’aula del Senato che aveva approvato la fiducia sulla riforma della scuola.

Quattro i senatori del Partito democratico che non hanno partecipato al voto: Corradino Mineo, Walter Tocci, Roberto Ruta e Felice Casson, quest’ultimo assente. Tra le proteste ora il provvedimento passa alla Camera dove è atteso in aula il 7 luglio prossimo.

Riforma della Scuola. Abbraccio liberatorio tra Faraone e Giannini
Riforma della Scuola. Abbraccio liberatorio tra Faraone e Giannini

A porre la fiducia sul maxiemendamento era stata la ministra per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme Maria Elena Boschi ha posto la questione di fiducia su un maxiemendamento al disegno di legge di riforma della scuola, intervenendo nell’assemblea del Senato. Il presidente Pietro Grasso ha quindi sospeso l’assemblea e convocato immediatamente la conferenza dei capigruppo, che deciderà i tempi delle votazioni in aula.

Il maxiemendamento del Governo dovrebbe ricalcare la proposta di sintesi che era stata presentata dai relatori, Francesca Puglisi del Pd e Franco Conte di Ap, in commissione Istruzione al Senato. Il testo sarebbe frutto di un lavoro di sintesi degli oltre 2mila emendamenti presentati in commissione da tutte le forze parlamentari, comprese le opposizioni.

SCARICA IL MAXIEMENDAMENTO APPROVATO AL SENATO

La giornata. Appena la ministra Maria Elena Boschi ha posto nell’aula del Senato la questione di fiducia, i senatori del Movimento 5 Stelle hanno protestato con un’azione simbolica che metteva in scena il funerale della scuola pubblica. I parlamentari pentastellati hanno acceso dei lumini elettrici, simbolo usato anche dagli insegnanti nei flash mob e nelle proteste, proprio in segno di solidarietà con gli insegnanti e di continuità con il loro messaggio.

“Oggi è un giorno di lutto. Renzi uccide la scuola pubblica”. Così Bruno Marton, capogruppo del M5s al Senato. “Il nostro dolore – aggiunge – è il dolore del mondo della scuola”.

Una manifestante incatenata in dissenso per la riforma della Scuola
Una manifestante incatenata in dissenso per la riforma della Scuola (Benvegnù-Guaitoli-lannutti)

Proteste anche da parte della Lega dove i senatori, dopo aver ribadito il loro no, hanno alzato dei fogli con la scritta “Ministro commissariato. Chi comanda??? Faraone!!!”. La parola è poi passata al Movimento 5 Stelle. I senatori pentastellati continuano la protesta di questa mattina che simulava il funerale della scuola pubblica.

Mancano riferimenti a personale Ata
“Nel rinnovato testo di riforma mancano riferimenti al prezioso operato del personale non docente, che permette il regolare funzionamento dei nostri 8.400 istituti autonomi e inspiegabile è la mancanza di 40mila unità di personale Ata, con oltre 36 mesi di servizio svolto, nel piano di 150mila assunzioni, poi ridotte a 100mila”. Lo dice in una nota l’Anief, Associazione nazionale insegnanti e formatori, chiedendo l’autorizzazione di almeno 22.261 immissioni in ruolo specifiche per gli Ata.

Riforma della Scuola . proteste dai banchi del Senato
Proteste dai banchi del Senato

“Come si fa a parlare di rilancio di istruzione pubblica, ignorando una delle parti fondamentali?” domanda il presidente Marcello Pacifico. “Il paradosso – continua – è che ad avviare la causa giudiziaria europea è stata proprio una denuncia per tutelare il personale Ata della scuola: grazie alla conseguente sentenza della Corte di Lussemburgo sull’abuso di precariato, entro 10 mesi il Governo italiano stabilizzerà 150mila docenti dimenticando però, dal piano straordinario di immissioni in ruolo, proprio la categoria da cui era partito il maxi-ricorso”. Eppure, conclude il presidente Anief, “la presenza stabile del personale non docente nella scuola risulta fondamentale, ai fini didattici ed organizzativi, tanto che senza il loro lavoro il nostro sistema di istruzione non potrebbe funzionare”.

Le reazioni
 “Il sì dei senatori del Nuovo centrodestra alla fiducia sul disegno di legge sulla scuola consentirà l’introduzione della cosiddetta ideologia gender nelle scuole italiane”. Lo dice in una nota il senatore Mario Mauro, presidente dei Popolari per l’Italia.

“La discussione generale svoltasi ieri – spiega – ha chiarito in modo inequivocabile che attraverso il comma 16 del maxiemendamento su cui il governo ha posto la fiducia viene introdotta nelle scuole italiane la cosiddetta ideologia del gender contro cui il partito del segretario Alfano si era apparentemente speso nella piazza delFamily Day pochi giorni fa”. “Fin troppo facile prendere in piazza gli applausi di famiglie e militanti cattolici e incassare in Aula il dividendo della subalternità culturale al renzismo e al Partito democratico”, conclude.

“La fiducia era l’ultimo strumento rimasto per accelerare l’approvazione della legge, che è una buona legge. Oggi è una bella giornata per la scuola italiana”. Così Andrea Marcucci, senatore del Pd e presidente della commissione Istruzione del Senato. Ai giornalisti che gli chiedevano delle proteste delle opposizioni, ha risposto: “Evidentemente le opposizioni non hanno letto attentamente il testo proposto dai relatori”. E sulle prossime assunzioni degli insegnanti, ha chiarito: “In termini giuridici saranno tutti assunti entro settembre”.

“E’ una grande riforma di centrodestra che abbiamo approvato governando col centrosinistra”. Così Renato Schifani, capogruppo di Ap al Senato, parlando con i giornalisti in sala stampa. “E’ una grandissima svolta – chiarisce – che il Paese attendeva da tempo”.

“Se la fiducia sul maxi-emendamento al disegno di legge scuola serve a garantire la stabilizzazione di tantissimi insegnanti che vivono da anni il dramma della precarietà, siamo ben disponibili a votarla”. Lo afferma in una nota Angelo Antonio D’Agostino, deputato di Scelta Civica.

“Soprattutto – continua – vogliamo che la scuola assuma finalmente i connotati di un’istituzione moderna, meritocratica, capace di preparare bene i nostri giovani e di inserirli al meglio nel contesto europeo e internazionale. La fiducia, aggiunge D’Agostino, “non è uno strumento che ci piace, così come non ci piace l’ostruzionismo. Preferiamo il confronto parlamentare aperto, anche serrato, purché sia rispettoso dei ruoli di maggioranza e opposizione. Un confronto che – chiude D’Agostino – auspichiamo sia sempre più frequente anche tra le forze di maggioranza”.

“La legge sulla scuola che il Senato sta per approvare ha un indubbio precedente, la riforma di Luigi Berlinguer del 1999. Inutile cercare altre paternità”. Lo dice in una nota la senatrice Laura Cantini della direzione Pd che replica al capogruppo di Ap Renato Schifani.

Fischi in aula-. Fischi e contestazioni invece senatori di Sel, che hanno anche indossato delle magliette con le scritte ‘Stabilizzare tutti i precari’, ‘No alla scuola di classe’ e ‘Libertà di insegnamento’.

La Lega vota contro la fiducia. “La Lega vota contro, vota no a questa fiducia. Non tanto perché è una fiducia che non daremo mai a questo governo, ma a questo provvedimento, che è la vasellina che state dando agli studenti e ai professori italiani”

Sel vota no a fiducia: Ddl crea frattura politica-cittadini”I senatori di Sel voteranno contro la fiducia a questo governo, che era scontata, ma soprattutto contro questo ddl, che riteniamo pessimo e che ancora una volta creerà una grande frattura tra la politica e i cittadini”.

L'Isis avanza. Ecco il video con l'orrore della sua propaganda

Orrore Isis – Avanza con inumana crudeltà la propaganda dell’Isis. Gli uomini del Califfato hanno ucciso in modo orribile sedici persone. E’ successo a Ninive, in Iraq. Uomini prima interrogati, umiliati, vilipesi, torturati e alla fine trucidati con la leggerezza che si ha con i manichini.

Tutto documentato nel video che vi mostriamo con molte scene tagliate per la sua indicibile violenza e crudeltà.
Se ne sconsiglia comunque la visione ad un pubblico non adulto e sensibile.

Una carneficina choccante che va oltre ogni immaginazione. I criminali dell’Isis avevano abituato l’Occidente ai “tagliagole”. Ma qui si va oltre e con mezzi, armi e tecnologie all’avanguardia.

RINCHIUSI IN GABBIA E ANNEGATI IN PISCINA
Cinque di questi uomini condannati a morte, in tuta arancione, sono stati ammanettati rinchiusi in una gabbia di ferro appesa a delle catenee poi calati vivi in una piscina profonda quanto basta per qualche minuto.

Telecamere subacquee piazzate ai bordi della gabbia intanto registravano le enormi sofferenze degli uomini senza via di scampo. Al ritiro della gabbia si vede che i cinque uomini sono morti tutti annegati.

Nella clip ad alta risoluzione, con la celebre bandiera nera dell’organizzazione islamica, si vede un solo “condannato” che respira ancora, ma vicino a lui, c’è un miliziano che controlla che esali l’ultimo dei suoi respiri terreni.

LE ESECUZIONE NEL DESERTO
Altra sei uomini nel deserto iracheno, anche loro in tuta arancione, ammanettati e legati l’uno all’altro con una corda elettrica. Attorno al collo il carnefice ha piazzato microcariche esplosive fatte detonare a distanza. Quasi tutti decapitati. Il cameramen filma i corpi trucidati e le teste mozzate degli “infedeli” con tanto di commenti e sorrisi.

Orrore Isis, Isis Horror - miliziani dell'Isis conducono i prigionieri in auto
Eccoli i terroristi a viso scoperto che conducono all’auto i quattro uomini per poi bruciarli vivi

GLI “INFEDELI” BRUCIATI VIVI 
Nel video di propaganda, che sembra autentico, al di là degli effetti speciali di After effects che pure ci sono, si notano quattro prigionieri accompagnati dai terroristi dell’Isis (o Isil o Daesh) a viso scoperto. Gli “infedeli” vengono rinchiusi in un auto ammanettati al bracciolo di sicurezza posti sulle portiere.

A una decina di metri di distanza un terrorista con un bazooka preme il grilletto e l’auto viene perforata prendendo fuoco. Si odono le urla degli uomini che moriranno bruciati vivi tra mille indicibili sofferenze. Orrore puro.

LA MAPPA DEI TERRORISTI DELL’ISIS

Milano impazzisce per la notte delle Lanterne in Darsena

la notte delle Lanterne in Darsena a Milano
la notte delle Lanterne in Darsena a Milano (Twitter)

MILANO – E’ stato sicuramente un evento riuscito, almeno sul piano mediatico, quello della notte delle Lanterne in Darsena a Milano. Migliaia di persone si sono accalcate sulle cinture murarie dei navigli per assistere allo spettacolo. Almeno cinquantamila persone. Un afflusso non previsto che ha creato enormi disagi. Il day after è stato un po’ polemico. C’è chi parla di flop e c’è invece chi si dice divertito dalla serata organizzata dall’Unione buddhista italiana e da Urbanzen Bpeace.

Gli organizzatori avevano previsto che i partecipanti scrivessero sulla carta biodegrabile delle lanterne un loro pensiero di pace, prima di appoggiarle sull’acqua per illuminare tutto il canale. Così è stato, in parte. Perché intanto la gente era tantissima, oltre ogni aspettativa (si parla appunto di oltre 50 mila persone) e poi non tutti avevano con sé una lanterna. Conclusione: poche lanterne in acqua e tantissima gente.

Che ce ne fosse stata tanta di gente le avvisaglie si erano avute sul canale social della Notte delle Lanterne. Il giorno dopo sulla bacheca Facebook ci sono i numeri che dicono di 82mila persone che hanno partecipato.

la notte delle Lanterne in Darsena a Milano
La gente a bordo Darsena rilascia in acqua le lanterne (Twitter)

Inutile parlare dei disagi al traffico in zona Navigli. La presenza dei vigili è stata si può dire inutile, col comune che aveva ricevuto comunicazione per qualche centinaio di presenze. La questura aveva autorizzato la manifestazione per un 150 persone. Moltissimi automobilisti sono rimasti imbottigliati nel traffico. Trasporti pubblici in tilt così come impossibile era poter comunicare via telefono tanto le linee erano intasate.

Un simpatico fuori programma che ha divertito molto è stato il tutto in acqua di due ragazze (vestite) che ha scatenato la folla.

E’ dovuta intervenire la polizia che le ha prima fatte uscire e poi ha caricato le ragazze sul gommone di servizio per portarle probabilmente al comando. Le ragazze non ci hanno pensato due volte e sono salite a bordo tra gli applausi della gente e i sorrisi dei poliziotti. Flop o non flop, a Milano ancora ne ne parla. Certo è che nemmeno gli organizzatori si aspettavano un afflusso di gente così.

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