15 Ottobre 2024

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Ferrari, è morto dopo 9 mesi di coma Jules Bianchi

Jules BianchI crashJules Bianchi è non ce l’ha fatta. Dopo nove mesi di coma il suo cuore ha cessato di battere.

Il pilota, lo scorso ottobre, si era schiantato con la sua Ferrari contro un trattore parcheggiato vicino a guard rail della pista durante il Gran Premio di Formula 1 del Giappone. Le sue condizioni sono apparse subito disperate.

Il pilota francese di casa Ferrari è spirato questa notte all’ospedale di Nizza, dove era stato ricoverato subito dopo il drammatico incidente.

L’annuncio della morte è stata dato dai familiari. Jules Bianchi, giovanissimo, avrebbe compiuto 26 anni il prossimo mese di agosto. Era in stato di incoscienza dal 5 ottobre scorso, quando ebbe l’incidente nel circuito di Suzuka, Giappone.

LA FAMIGLIA
“Ha lottato fino alla fine, come ha sempre fatto, ma oggi la sua battaglia e’ arrivata alla fine”, ha fatto sapere la famiglia in un comunicato pubblicato su Facebook nella notte. “Il nostro dolore e’ immenso e indescrivibile”.

CORDOGLIO DA TUTTO IL MONDO
Devastati da questa enorme perdita i colleghi e tutto il team della “rossa”. In tutto il mondo sportivo la notizia ha provocato commozione. Anche i team delle altre scuderie hanno fatto giungere alla famiglia e a Maranello il loro cordoglio e la loro vicinanza. I tifosi della Ferrari sono sconvolti.

IL VIDEO DELL’INCIDENTE

Nella sua carriera Jules Bianchi ha disputato 34 Gran premi ottenendo 2 punti nel mondiale.

Lunedi scorso, dopo tanti mesi di coma, il padre del giovane pilota aveva detto di essere “meno ottimista” sulla possibilità che il figlio potesse riprendersi. Jules Bianchi aveva iniziato la sua attività nel team Marussia nel 2013, gareggiando 34 gran premi.

E la stessa Marussia, che oggi si chiama Manor F1, ha scritto un post su Facebook per dire che “siamo devastati dalla perdita di Jules dopo una cosi dura battaglia. è un privilegio per noi averlo avuto nel nostro team”.

“La Ferrari perde un grandissimo pilota”, si legge su molti post sui Social. “Un giovane che prometteva bene” e “aveva dimostrato in pista di essere destinato a segnare la storia della Formula 1”.

Caso De Luca, i giudici discutono ma non decidono

Il tribunale di NapoliL’udienza per Vincenzo De Luca ieri c’è stata ed è durata quasi sei ore. Ma i giudici della prima sezione di Napoli, gli stessi che “riabilitarono” Luigi De Magistris, si sono riservati di decidere nei prossimi giorni. Probabilmente entro la prossima settimana si saprà se il governatore potrà restare in sella oppure se a guidare l’esecutivo dovrà essere il vicepresidente Fulvio Bonavitacola.

L’udienza di venerdi era stata fissata il due luglio, quando i giudici nell’accogliere il ricorso di sospensiva avanzato dai legali di De Luca, rinviarono al 17 luglio l’udienza collegiale per entrare nel merito della vicenda. Il collegio, presieduto da Umberto Antico e composto dai giudici Raffaele Sdito e da Anna Scognamiglio, potrebbe decidere per la conferma della sentenza emessa a inizio mese oppure per la revoca.

La questione è molto complessa. Se il collegio difensivo di De Luca riuscirà a prevalere, anche sulla scorta delle motivazioni con cui la stessa sezione reintegrò il sindaco di Napoli, si potrà esultare, altrimenti si dovrà attendere novembre per l’altro ricorso presentato dagli avvocati del governatore.

In favore della revoca, da quanto appreso, ci sono la pubblica accusa che rimane sulle sue posizioni e l’avvocatura dello Stato. Sul fronte politico, invece, De Luca avrà contro i grillini del M5S, Sinistra ecologià e libertà e il movimento  in difesa dei cittadini.

Per la revoca, oltre a loro, ci sarebbe un gruppo di ex consiglieri regionali vicini a Forza Italia che respingono l’idea di due pesi e due misure, e hanno chiesto tramite il loro avvocato l’applicazione della legge, ossia lo stesso trattamento riservato al loro leader Silvio Berlusconi che proprio sotto la Severino fu fatto decadere da senatore della Repubblica con tutte le conseguenze politiche e giudiziarie scaturite (quasi un anno ai servizi sociali e il suo movimento ormai in declino)

Bisognerà quindi attendere la prossima settimana per sapere come andrà questa lunga storia iniziata sin da quando De Luca era sindaco di Salerno, proseguita con le primarie e la sua vittoria alle regionali. Finora De Luca ha sempre vinto. Dovesse andargli male, può consolarsi di aver salvato la legislatura (con grande sollievo per i consiglieri regionali). A esercitare le funzioni sarà il suo vice e a lui, a De Luca, toccherà fare il “governatore ombra”.

Migranti, Scontri a Roma e Treviso. Arresti e feriti

Protesta anti migranti a Roma
Protesta anti migranti a Roma

Sconti a Roma è nel Trevigiano. Esplode la rabbia dei residenti contro l’arrivo dei migranti e ci sono stati momenti di alta tensione tra cittadini e forze dell’Ordine.

Al momento il bilancio è di due arresti e 15 agenti feriti. Autobus partiti dalla Sicilia e non solo, con a bordo un centinaio di profughi sbarcati nelle scorse settimane sulle coste siciliane e calabresi, sono giunti a Roma nord e destinati nella ex scuola Socrate, ma ad attenderli c’erano un centinaio di residenti che si sono ribellati: “Non li vogliamo qui”, hanno scandito.

I bus coi migranti sono stati accolti con insulti e lanci di oggetti; bottiglie vuote all’indirizzo dei pullman e della polizia che li ha scortati in tenuta antisommossa.

La polizia ha forzato il blocco dei residenti di Casale San Nicola mentre i cittadini hanno lanciato contro le forze dell’ordine sedie e ombrelloni. La polizia ha risposto con manganelli.

Pullman di migranti scortato dalla Polizia (foto Laura Bogliolo)
Pullman di migranti scortato dalla Polizia (foto Laura Bogliolo)

Sono stati allestiti dei blocchi stradali. Durante le cariche fuori dall’ex Scuola Socrate a Casale di San Nicola all’arrivo del pullman dei rifugiati, alcuni manifestanti hanno lanciato sassi contro le forze dell’ordine che hanno forzato il blocco stradale.

Il prefetto di Roma Franco Gabrielli ha fatto sapere che i blocchi stradali verranno rimossi. “Abbiamo inviato 19 persone – ha detto Gabrielli – che devono soggiornare a Casale San Nicola e c’è un blocco stradale di cittadini che non permette che entrino. Ora sono sui mezzi ma entreranno nel centro perché rimuoveremo il blocco. Non faremo passi indietro”, ha detto il prefetto di Roma.

Sulla struttura di Casale San Nicola ha spiegato ancora Gabrielli “c’era un bando e una commissione ha ritenuto che la cooperativa avesse i requisiti necessari: ci è arrivato il carteggio ed è corretto. Se c’è gente che non è d’accordo… se passasse questo principio sarebbe finita”, ha concluso il prefetto.

Stesso copione nel Trevigiano dove un centinaio di migranti sono arrivati due giorni fa in un residence di Quinto di Treviso e i residenti si sono da subito ribellati. Anche qui alta tensione con la polizia. Ignoti hanno bruciato anche dei materassi per strada. Ma in serata è stato deciso che gli immigrati andranno via. Lo riferisce lo stesso sindaco citando una comunicazione della Prefettura. I residenti hanno accolto con entusiasmo la decisione delle istituzioni

protesta anti migranti a Roma Nord foto Laura Bogliolo
Protesta anti migranti a Roma Nord (foto Laura Bogliolo)

I migranti, ha spiegato il sindaco di Quinto Mauro Dal Zilio, saranno condotti nell’ex caserma Serena, situata al confine tra Casier e Treviso. Si tratta di una struttura vuota, non utilizzata dai militari e dotata di tutte le condizioni per poter accogliere i profughi.

A Quinto di Treviso si è recato anche il presidente della Regione Veneto Luca Zaia che ha usato parole molto dure: “Questo presidio – ha detto Zaia – va chiuso urgentemente e gli immigrati devono andarsene”. “Mettere un centinaio di persone immigrate – ha aggiunto – che non sanno nulla del Veneto e noi non sappiamo chi sono, metterli in un condominio accanto a famiglie con bambini piccoli vuol dire non avere assolutamente cognizione di cosa significa”. In Veneto, per Zaia, sarebbe in atte un processo di “africanizzazione”.

“Tra i residenti serpeggia la preoccupazione per il possibile crollo del valore delle loro case, per i possibili problemi di ordine pubblico e sicurezza. Ma in serata, è arrivata chiara l’indicazione della Prefettura di Treviso destinata forse ad aggiungere un nuovo capitolo alla vicenda”.

Immancabili le reazioni sul fronte politico. Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri evita di inserirsi direttamente nello scontro tra fazioni, ma su Twitter scrive: “Basta clandestini, basta degrado il paese è stanco, il governo reintroduca il reato di immigrazione clandestina”.

Il segretario della Lega Matteo Salvini ha annunciato per sabato prossimo un sopralluogo a Quinzo. Dichiarandosi contrario a ogni forma di violenza, come aveva fatto lo stesso Zaia, e chiedendo la rimozione del prefetto Salvini ha detto: “Oggi a Genova un uomo si è ucciso appena prima che gli notificassero lo sfratto e noi ospitiamo profughi in albergo. E’ evidente che questo sistema non può reggere”, ha affermato.

La parlamentare del Pd Floriana Casellato ha invitato il ministro Angelino Alfano a recarsi a Treviso perché la gestione dei profughi sarebbe ormai fuori controllo “sia sul piano dell’ordine pubblico sia su quello dell’accoglienza”. La dem Alessandra Moretti, leader dell’opposizione nel Consiglio del Veneto, ha condannato gli atti di violenza e criticato il governatore che ha anche parlato di “dichiarazione di guerra” in riferimento al prefetto di Treviso.

Anniversario MH17, è scarica barile tra Mosca e Kiev

Mh17 caduto in Ucraina, I rottami e l'area del crash sono bruciati - Anniversario mh17Erano le 10.31 del 17 luglio 2014, quando il Boeing 777 MH17 della Malysia con 298 passeggeri a bordo lasciò la pista dell’aeroporto internazionale di Amsterdam per volare fino a Kuala Lampur, in Malesia.

Dopo aver volato per circa 2 ore e 50 minuti lasciandosi alle spalle 2.443 chilometri sui 10.237 complessivi, alle 13.21, a 10 mila metri di altezza sui cieli caldi di Hrabove a circa 60 chilometri da Donetsk, Ucraina sud orientale, il jet malese MH17 scompare dai radar.

Venne abbattuto da un missile “terra aria”, si raccontò, con tutto il suo carico umano. Ad un anno esatto dal disastro proseguono ancora oggi le polemiche con accuse incrociate tra Kiev e Mosca.

L’area dov’è caduto l’MH17 è controllata dai ribelli filorussi. In un prmo momento si parlava di un missile dei separatisti, ma poi sono spuntate versioni diverse, altre testimonianze che attribuiscono le presunte responsabilità al governo di Kiev. Ma ad un anno di distanza da quella enorme tragedia non ci sono ancora responsabili.

Secondo il presidente ucraino Petro Poroshenko, la tragedia dell’aereo MH17 abbattuto un anno fa nel Donbass è stata causata dai separatisti con “armi altamente tecnologiche” che “possono essere finite nelle mani” dei miliziani “solo dalla Russia”. “Gli assassini – scrive Poroshenko – devono sapere che la punizione non può essere evitata”.

Secondo il portavoce del comitato investigativo russo, Vladimir Markin, l’aereo della Malaysia Airlines abbattuto in Ucraina orientale è stato colpito da un missile aria-aria non di fabbricazione russa.

GLI ULTIMI ISTANTI DEI PASSEGGERI E LA POSSIBILE RICOSTRUZIONE

Una versione che contrasta con quella raccontata pochi mesi fa da alcuni testimoni, secondo cui ad abbattere il Boeing MH17 della Malaysia Airlines sarebbe stato un missile lanciato da una zona controllata dai ribelli filorussi che il Cremlino è accusato di armare. E anche secondo i paesi occidentali la catastrofe fu probabilmente provocata da un missile fornito dalla Russia.

“Abbiamo informazioni – ha detto Markin -, anche basate sui risultati di test, secondo cui l’aereo è stato abbattuto da un missile aria-aria. Inoltre – ha proseguito – gli esperti ritengono che il tipo di razzo sia stato identificato e che questo missile non sia prodotto in Russia”.

Nel primo anniversario della tragedia del volo MH17 nel Donbass, il quotidiano australiano THe Daily Telegraph diffonde in esclusiva online un video choc in cui si vedono i miliziani separatisti appena arrivati tra le macerie ancora fumanti del Boeing della Malaysia Airlines e apparentemente sorpresi che si tratti di un aereo civile perché – scrive la testata di Sydney – “credevano di aver abbattuto un caccia” ucraino. Il video sarebbe arrivato da Donetsk e mostra alcuni ribelli frugare tra i bagagli delle vittime.

QUESTO IL VIDEO CHOC DEL THe Daily Telegraph

Secondo il portavoce del comitato investigativo di Mosca, “tutto ciò conferma ancora una volta” le parole dell’ex meccanico dell’aeronautica militare ucraina Ievgheni Agapov, che la Russia definisce “un testimone” della tragedia del MH17, e secondo cui un caccia Sukhoi Su-25 ucraino pilotato dal capitano Voloshin è decollato nel pomeriggio del 17 luglio e tornato alla base senza munizioni. Il militare avrebbe quindi detto ai suoi compagni che “l’aereo era comparso al momento e nel posto sbagliati”.

Il presidente Vladimir Putin nel corso di una telefonata con il premier olandese Mark Rutte, ha affermato che è “prematuro e controproducente” istituire un tribunale internazionale per individuare e giudicare i possibili responsabili dell’abbattimento dell’aereo MH17 della Malaysia Airlines avvenuto il 17 luglio dello scorso anno nel Donbass. Mark Rutte. La Malesia – sostenuta da Australia, Olanda, Belgio e Ucraina – ha proposto la scorsa settimana al Consiglio di sicurezza Onu un tribunale internazionale sulla tragedia in cui morirono 298 persone.

Regione Campania, venerdi 17 è il giorno di Vincenzo De Luca

Vincenzo De Luca - Venerdi 17 il suo destino è appeso al filo della decisione del giudice di Napoli
Vincenzo De Luca

Venerdi 17 luglio porterà bene a Vincenzo De Luca? Domani dovrebbe riunirsi di nuovo la sezione civile del tribunale di Napoli per decidere sul futuro del governatore.

Agli inizi di luglio il giudice decise per la sospensiva chiesta dai difensori; sentenza che ha salvato la legislatura e consentito al presidente De Luca di varare il 6 luglio scorso, in anticipo sull’insediamento del Consiglio regionale, la sua giunta e il suo vice, Fulvio Bonavitacola.

Quella di domani, a meno di qualche rinvio e superstizioni a parte sul Venerdi 17, è una seduta collegiale per decidere se confermare, modificare o revocare la sospensiva della sospensione della Severino. Nel caso di revoca, si tratta di lasciare a casa il governatore della Regione Campania.

L’ex sindaco di Salerno potrà comunque dormire sonni tranquilli fino a novembre, quando, sempre Napoli, dovrà esprimersi su un secondo ricorso fatto dai legali di De Luca.

Sonni tranquilli, perché in questo caso potrebbe subentrare come presidente facente funzioni, Fulvio Bonavitacola, deputato del Pd, dal 6 luglio vicepresidente della Regione Campania con deleghe all’ambiente e all’urbanistica.

Bonavitacola è un fedelissimo nonché anche avvocato di De Luca e insieme hanno studiato tutte le mosse per giungere a questi risultati. La strategia difensiva è stata finora un successo, ma bisognerà attendere le prossime ore per sapere se la sezione collegiale del giudice Cioffi confermerà la “vittoria” del 2 luglio o manda in ferie anticipate lo “sceriffo”.

Naturalmente nello staff di De Luca sono tutti fiduciosi di una sentenza di conferma. In tal caso De Luca potrà finalmente mettere mani al programma presentato agli elettori e realizzare gli obiettivi che si è dato. Lui è già operativo, sin dalla sua elezione, convinto che porterà le leggi al suo cospetto e non il contrario. Gira in lungo e in largo e approva decreti, firma atti e nomine.

A Napoli, tra i suoi elettori e simpatizzanti incrociano le dita e fanno gli scongiuri. Venerdi 17, un giorno come tanti altri? “Macché!, non usciamo manco di casa”, dice qualcuno. Loro credono ciecamente sia nella Smorfia napoletana (il Venerdi 17 è dato come “sfortuna, “disgrazia” e altre dicerie) che nella superstizione classica di campani e meridionali.

Su Lucia Borsellino "Mettiamoci una Crocetta sopra"

Da destra Lucia Borsellino Matteo Tutino e Rosari Crocetta
Da sinistra Lucia Borsellino, Matteo Tutino e Rosario Crocetta (Ansa)

“Mettiamoci una Crocetta sopra”. E’ questo il titolo dell’inchiesta che il settimanale l’Espresso in edicola ha dedicato al caso dell’ormai famosa intercettazione tra Matteo Tutino e Rosario Crocetta (“Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori, come suo padre”) che ha scatenato un terremoto politico in Sicilia costringendo il governatore ad autospendersi dalla guida della regione a cui, molto probabilmente, seguiranno le dimissioni.

Appena giovedi il settimanale dirama l’anticipazione, sono state ore molto concitate a Palermo. Con il governatore che si difende e dice: “Mai sentita quella frase”. Poi tutta una serie di reazioni contro Crocetta tra cui quella del sottosegretario renziano Davide Faraone che su twitter ha chiesto la testa del presidente siciliano. Nel tardo pomeriggio arriva la precisazione della procura di Palermo che con il Procuratore Francesco Lo Voi ha smentito l’Espresso:  “Agli atti dell’ufficio – affermava ieri il magistrato – non risulta trascritta alcuna telefonata del tenore di quella pubblicata dalla stampa tra il governatore Crocetta e il dottor Matteo Tutino”.

L’ESPRESSO: TUTTO VERO, INTERCETTAZIONE SONO PARTE DI ATTI SECRETATI.
Intercettazione invece “vera”, replica l’Espresso che gela per la seconda volta Crocetta e mette in imbarazzo il procuratore di Palermo.  La conversazione intercettata tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino – conferma L’Espresso – risale al 2013 e fa parte dei fascicoli segretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo”.

Un vero e proprio giallo su cui, prima della conferma dell’Espresso, avevamo tentato di dare una possibile lettura delle diverse posizioni. Da dove spuntano queste intercettazione se agli atti, come afferma il procuratore, non risultano? Almeno “di quel tenore”. Che significa? Potrebbe voler dire tante cose.

La prima (meno probabile) è che l’Espresso, nel tentativo di fare lo scoop, ha ingigantito una frase, magari estrapolandola fuori “dai contesti”, e ricostruito il senso che è emerso oggi su tutti i media nazionali. Ora, i giornali tendono sempre un po’ ad alzare i decibel di una notizia, ma stravolgerne completamente il senso non è né da l’Espresso né da molti media italiani. Bisognerà a questo punto leggere cosa esce domani in edicola.

La seconda, (improbabile) è che i giornalisti dell’Espresso (ragioniamo sempre sulla scorta delle parole di Lo Voi) abbiano ricevuto da loro fonti copia di atti “taroccati” non conformi agli originali. I giornalisti hanno ritenuto attendibili i documenti che hanno pubblicato, facendo così lo scoop. Atti che avevano, presumibilmente, lo scopo di delegittimare Rosario Crocetta e costringerlo alle dimissioni.

La terza (molto probabile) una fuga di notizie dal Tribunale di atti coperti da segreto istruttorio, per esempio file audio non ancora trascritti o stralci trascritti e fatti giungere al settimanale prima che alla procura. Questo spiegherebbe che queste trascrizioni non risultano ufficialmente alla procura. Ma appare comunque strano. Se fosse coperto da segreto i pm avrebbero dovuto informare Lo Voi? Perlomeno metterlo in condizioni di sapere. Imbarazzo, anche perché Lo Voi è uscito pubblicamente con una nota ed è stato a sua volta smentito dal settimanale.

Ma qual’era la storia che ha pubblicata da l’Espresso. Lucia Borsellino, la figlia di Paolo, assassinato dalla mafia nel ’92 in via D’Amelio a Palermo, “va fermata, va fatta fuori come suo padre”.  Sarebbe questa la frase choc pronunciata dal medico Matteo Tutino mentre parla al telefono con il governatore della Sicilia Rosario Crocetta e che gli investigatori hanno captato in una intercettazione pubblicata in esclusiva dal settimanale l’Espresso.

CROCETTA SI AUTOSOSPENDE
Una frase che ha generato uno tzunami nella Regione Sicilia con conseguenze politiche pesanti. La prima è quella che il presidente in carica Rosario Crocetta si è autosospeso da governatore. Ma sono in tanti a chiedergli le dimissioni, a cominciare dal sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, fedelissimo di Renzi in Sicilia che in un twitt non usa mezzi termini: “Inevitabili dimissioni Crocetta e nuove elezioni. Quelle parole su Lucia Borsellino (sono) una vergogna inaccettabile. #Sicilia”.

CHI E’ MATTEO TUTINO
Matteo Tutino, primario di chirurgia maxillo-facciale all’ospedale Villa Sofia di Palermo,  medico e amico personale del governatore, definito il mago delle plastiche facciali, è stato arrestato lo scorso 29 giugno con le accuse presunte di truffa, peculato, abuso d’ufficio e falso.

L'ex primario Matteo Tutino, oggi ai domiciliari "Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori come suo padre"
L’ex primario Matteo Tutino, oggi ai domiciliari

LA TELEFONATA CHOK
Gli investigatori, che indagano su un giro di presunti raggiri a danno del Ssn, si sarebbero trovati mesi fa ad ascoltare una conversazione tra il chirurgo e Rosario Crocetta, governatore del centrosinistra alla Regione Sicilia. Tutino si lascia andare nella conversazione, certo di non essere intercettato. Dall’altro capo del telefono, secondo i documenti in possesso dell’Espresso, il presidente Crocetta che ascolta le parole di Tutino su Lucia Borsellino, figlia di Paolo ed ex assessore alla Sanità della giunta siciliana che si è dimessa proprio il giorno dell’arresto di Tutino: “Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori come suo padre”, dice il medico al comandante in capo della Regione Sicilia.

CROCETTA ASCOLTA E TACE 
Una frase pesantissima che rievoca un passato macabro e getta un’ombra sinistra sulla politica siciliana e non solo. Una frase, se vera, che avrebbe dovuto imporre a Crocetta quantomeno l’indignazione, di chiudere immediatamente la conversazione, ma invece la telefonata prosegue con Crocetta che ascolta e tace, tace e ascolta le parole del suo medico, che secondo quanto rivela l’Espresso lo telefona anche il giorno del blitz: “Mi stanno arrestando”

IL GOVERNATORE: “IO NON HO SENTITO QUELLA FRASE”
Lui, il governatore, in una prima dichiarazione a caldo ha detto che quella macabra frase non l’ha sentita. All’Ansa riferisce: “Non ho sentito la frase su Lucia, forse c’era zona d’ombra, non so spiegarlo; tant’è che io al telefono non replico. Ora mi sento male. Se avessi sentito quella frase, non so… avrei provato a raggiungere Tutino per massacrarlo di botte, forse avrei chiamato subito i magistrati. Non so… sono sconvolto. Provo un orrore profondo”.

Ma poi all’evidenza delle registrazioni e alle pressioni giunte dai più alti livelli politici e istituzionali del Paese, ha sentito la necessità di autosospendersi, un gesto che con molta probabilità porterà alle sue dimissioni e allo scioglimento anticipato dell’assemblea siciliana.

LA REAZIONE DI LUCIA BORSELLINO: “MI VERGOGNO PER LORO”
“Non posso che sentirmi intimamente offesa e provare un senso di vergogna per loro”. E’ questo il commento di Lucia Borsellino all’Ansa sulla frase choc pronunciata, e intercettata, dal medico Matteo Tutino mentre parla al telefono con il governatore della Sicilia Rosario Crocetta: “Va fermata e va fatta fuori come suo padre”. Alla domanda se a questo punto sia cambiato il suo giudizio su Rosario Crocetta, Lucia Borsellino afferma: “Preferisco non dire più nulla, un altro commento è superfluo”.

L’ex assessore alla Sanità siciliana aggiunge: “Non rinnego nulla, ho fatto quello che potevo in un contesto, evidentemente, poco edificante”, ancora Lucia Borsellino alla domanda se l’inchiesta sul medico personale del governatore Rosario Crocetta e quanto sta emergendo come la frase shock pronunciata dal medico Tutino cancellino il lavoro svolto in tre anni da assessore regionale alla Salute, ruolo da cui si è dimessa proprio dopo l’arresto del chirurgo. “Durante il mio lavoro – conclude – ho incontrato tante difficoltà”. Un commento che lascia trapelare la sua amarezza di lavorare in una terra dove gli atteggiamenti mafiosi o para tali, non si sono affatto cambiati, anzi.

Intanto, mentre il governatore Crocetta si è autosospeso,  l’avvocato Daniele Livreri, difensore di Matteo Tutino in una nota afferma che “Il mio assistito, con il quale ho parlato, nega nel modo più assoluto di avere mai pronunciato quella frase su Lucia Borsellino”. Quale sarà la verità?

Plutone, monti ghiacciati nelle foto di New Horizons

Plutone e Caronte in paragone a Terra e Luna
Plutone e Caronte in paragone a Terra e Luna

Plutone mostra montagne ghiacciate, rocce, canyon. E’ questo quello che si vede a distanza ravvicinata da immagini trasmesse dalla sonda spaziale scattate al pianeta “nano”, ai confini estremi del sistema solare. Dalle foto inviate dalla sonda New Horizons la vista è abbastanza nitida per capire la sua morfologia, almeno in superficie.

La sonda, era arrivata al “fly by” – il sorvolo a 12mila chilometri di distanza da Plutone – il 14 luglio scorso (ore 13.49 in Italia) e ha avuto modo di esplorare il piccolo e sconosciuto pianeta con dei sistemi sofisticati elaborati dalla Nasa. Le immagini sono uniche e straordinarie per un pianeta distante dalla Terra oltre 5 miliardi di chilometri.

La Nasa, nel diffondere le prime istantanee di Plutone ha affermato che quella di “New Horizons è una vera missione di esplorazione che ci mostra perché la ricerca scientifica di base è così importante”, ha dichiarato John Grunsfeld, associato di “Science Mission Directorate” della NASA a Washington.

“La missione ha avuto nove anni di tempo per realizzare aspettative su ciò che vorremmo vedere durante l’avvicinamento a Plutone e Caronte. Oggi, abbiamo fatto il “primo prelievo” del tesoro scientifico e posso dire che supera di gran lunga le nostre aspettative”.

“Home Run!”, Ha detto Alan Stern, ricercatore principale di New Horizons presso il “Southwest Research Institute” (SwRI) di Boulder, Colorado. “New Horizons sta già dando risultati sorprendenti, inaspettati. I dati sembrano assolutamente stupendi”.

Plutone. Montagne ghiacciate alte 3.500 metri (Nasa)
Plutone. Montagne ghiacciate alte 3.500 metri (Nasa)

Una nuova immagine di primo piano di una regione equatoriale vicino alla base del “cuore” brillante di Plutone, mostra sulla linea dell’equatore una catena montuosa con cime ghiacciatee alte all’incirca 3.500 metri.

Le montagne di Plutone probabilmente sono “giovani”, cioè formatesi non più di 100 milioni di anni fa riespetto agli oltre 4 miliardi di anni di quelle dei pianeti del sistema solare, calcolano gli scienziati.

“Questa è una delle superfici più giovani che abbiamo mai visto nel sistema solare”, ha detto Jeff Moore, esperso di geologia e geofisica del New Horizons Imaging Team (GGI) presso l’Ames Research Center della NASA a Moffett Field, in California.

A differenza delle lune ghiacciate di pianeti giganti, Plutone non può essere riscaldata da interazioni gravitazionali con un corpo planetario molto più grande.

La nuova vista di Caronte, il satellite di Plutone, rivela un terreno giovane e vario. Gli scienziati sono sorpresi dalla apparente mancanza di crateri. Un corridoio di scogliere e crepe che si estendono per circa 600 miglia (1000 km) dicono di una diffusa fratturazione della crosta di Caronte, probabilmente il risultato di processi geologici interni.
L’immagine mostra anche un canyon stimata in 4-6 miglia (7-9 chilometri) di profondità. Nella regione polare settentrionale di Caronte.

New Horizons ha anche osservato i “membri” più piccoli del sistema di Plutone, che comprende altre quattro lune: Nix, Hydra, Styx e Kerberos. Una nuova immagine fornisce l’anteprima ben visibile di Hydra, che rivela la sua apparente forma irregolare e le sue dimensioni, stimate in circa 27 miglia di diametro (43 chilometri).

La carta d'identità di Plutone (Ansa/Centimetri)
La carta d’identità di Plutone (Ansa/Centimetri)

Le osservazioni degli scienziati che hanno ispezionato le straordinarie immagini di New Horizons indicano anche la superficie di Hydra, probabilmente ricoperta di ghiaccio. Immagini future rivelaranno ulteriori indizi sulla formazione di questo micro satellite. Dati spettroscopici da strumenti “Ralph” del New Horizons “rivelano un’abbondanza di ghiaccio di metano, ma con forti divari tra le regioni attraverso la superficie ghiacciata di Plutone.

Alexis Tsipras, artefice della sua ascesa e del suo declino

Il primo ministro greco Alexis Tsipras
RIMASTO SOLO Il primo ministro greco Alexis Tsipras (Ansa/Ap)

Alexis Tsipras si è salvato, ma è rimasto solo, quasi eclissato dalle sue decisioni che hanno spinto il popolo ha voltargli le spalle. Il pacchetto di riforme di austerity è stato approvato dal Parlamento greco prima di mezzanotte con 229 voti a favore su 300. I voti contrari sono stati 64 (tra cui l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoukakis e la presidente dell’assemblea Zoe Konstantopolou) e gli astenuti sei.

In soccorso al primo ministro sono andati i partiti di opposizione filoeuropeisti. Determinanti i voti di Nea Dimokratia, Pasok e To Potami, che hanno votato “Si”, come il partito di destra Anel del ministro della Difesa Kammenos. Su 149 deputati di Syriza, 40 hanno espresso voto contrario.

Adesso si apre la strada al “bailout”, il “salvataggio” della Grecia con un mega prestito di 86 miliardi di euro. Erano questi i patti presi con l’Eurogruppo e fin qui il premier può “vantarsi” di averli rispettati anche se rimane del tutto isolato sia nel suo partito, Syriza, che nel suo governo che nelle ultime ore ha perso importanti pezzi proprio per non condividere le responsabilità sulle “folli” misure di austerità accettate dopo aver vinto un referendum in cui si affermava il contrario.  “Non sono misure che ci piacciono, ma siamo costretti ad accettarle”, ha detto il premier in Parlamento.

Il parlamento greco durante il voto del 15 luglio 2015
Il parlamento greco durante il voto del 15 luglio 2015 (Epa)

E’ molto probabile che si apra la strada a elezioni anticipate, sebbene il portavoce del governo Gabriel Sakellaridis, ha dichiarato che non è una ipotesi per ora sul campo, viste le ampie divisioni nel partito di maggioranza di cui a cominciare dallo stesso Tsipras si è consapevoli.

Il piano che il primo ministro ha portato a Bruxelles prevede profonde riforme “lacrime e sangue” in cambio di prestiti per 86 miliardi di euro. Saranno toccate le pensioni, vi saranno tagli significativi alla spesa pubblica, aumento dell’Iva e della tassazione e il via libera alle privatizzazioni.

Un pacchetto che il partito di sinistra, Syriza, nella sua maggioranza, ha respinto con fermezza. “Non possiamo tradire la volontà popolare”, espressa con il “No” alle precedenti misure che erano “di gran lunga migliori” del piano proposto dal capo del governo.

L'eclissi di Tsipras dopo il voto del Parlameno greco?
L’eclissi di Tsipras dopo il voto del Parlameno greco?

In piazza Syntagma ieri ci sono stati violenti scontri tra manifestanti e forze dell’Ordine, giovani scesi in piazza per ribadire il loro Oxi al Parlamento, ma questa volta con la violenza. Il Day after non promette nulla di buono per Alexis Tsipras, il piccolo e coraggioso “Davide” che sconfisse, con la Democrazia, i “Golia” della Finanza ma poi ha ceduto alle pressioni dell’Eurogruppo col risultato di “fare peggio” e aumentare il peso della zavorra con cui i greci saranno costretti a navigare per i prossimi anni.

Una zavorra grande quanto la “sconfitta politica” che Tsipras si porta dietro. Adesso dovrà fare i conti sia col popolo greco, stretto in una “morsa mortale”, sia con il suo partito che di fatto lo ha già “sfiduciato”. La leadership che aveva rafforzato enormemente dopo la consultazione referendaria si è repentinamente indebolita, fino a eclissarsi. In poche ore è stato artefice della sua ascesa e del suo declino…

Napoli, Cesare Cuozzo stermina la famiglia e poi si uccide. Muore Anna Daniele sorella dell'assessore

Carabinieri all'esterno del palazzo dove sono stati trovati senza vita i corpi Cesare Cuozzo, la moglie Anna Daniele e il loro figlio. Ipotesi omicidio suicidio
Carabinieri all’esterno del palazzo dove sono stati trovati i corpi di Cesare Cuozzo, la moglie Anna Daniele e il loro figlio. Ipotesi omicidio suicidio (Ansa/Fusco)

Da qualche giorno non davano notizia di loro, tanto che i parenti della famiglia di Cesare Cuozzo, di Napoli, si sono preoccupati e hanno dato l’allarme.

I Carabinieri, arrivati a casa hanno fatto aprire la porta blindata da un fabbro e hanno fatto la macabra scoperta. Tre cadaveri. Si tratta dell’intera famiglia di Cesare Cuozzo, 53 anni, ex bidello; della moglie, Anna Daniele, di 51 anni, e del loro figlio, Nicola Cuozzo, di circa 18 anni.

La scoperta è stata fatta in serata in un appartamento di Napoli, in via ammiraglio Aubry, a due passi dal porto partenopeo.

Al momento non è dato sapere con certezza se si sia trattato di omicidio suicidio. Gli inquirenti non escludono che possa essere questa la pista della morte dell’intera famiglia di Cesare Cuozzo.

Secondo una primissima ipotesi, l’uomo potrebbe aver prima ucciso i congiunti e poi essersi suicidato. In casa – da quanto si è appreso – gli inquirenti hanno rinvenuto dei farmaci e una pistola, che – secondo la ricostruzione fatta sulla base dei primi elementi – potrebbe essere l’arma con la quale l’uomo ha ucciso la moglie e il figlio e poi si è poi tolta la vita.

Stando agli elementi raccolti finora dagli investigatori, l’uomo non risulta possessore di armi. Sul posto stanno operando i Carabinieri della Sezione investigazioni scientifiche, del Nucleo investigativo di Napoli e della Compagnia di Poggioreale.

Anna Daniele, la moglie di Cesare Cuozzo, trovata uccisa in casa probabilmente dal marito, è la sorella dell’assessore alla cultura del Comune di Napoli, Nino Daniele. Lo si apprende da fonti dell’amministrazione comunale di Napoli.

I PRECEDENTI
Quella di oggi a Napoli è l’ennesima tragedia nel Napoletano. Il mese di maggio il “più caldo”. Il 5 maggio scorso il maresciallo dei Carabinieri, Alfredo Palumbo, ha ucciso la moglie Consuelo Molese, il figlio e poi si è suicidato. Passano appena dieci giorni che un infermiere del Cardarelli, Giulio Murolo, ha fatto strage uccidendo 4 persone per la biancheria stesa dei vicini. Il 19 maggio, ad Afragola, Marco Castiello, pensionato di 76, per futili motivi spara all’impazzata e ferisce 6 persone sfiorando la strage.

Ucciso a Roma l'orafo Giancarlo Nocchia. Caccia ai killer

Le forze dell'Ordine davanti al negozio di Giancarlo Nocchia
I militari dell’Arma davanti al laboratorio di Giancarlo Nocchia

Un gioielliere di 70 anni, Giancarlo Nocchia, è stato ammazzato nel suo negozio a seguito di una rapina. E’ successo nel pomeriggio in via dei Gracchi, a Roma, nel quartiere Prati.

L’uomo è stato rinvenuto a terra con la testa fracassata da un oggetto contundente e segni di violenza sul viso e sul corpo. Il corpo senza vita è stato rinvenuto dopo che alcuni negozianti vicini, allertati da un giovane che ha trovato sul marciapiede dei gioielli, si sono insospettiti e sono entrati nel locale di Nocchia, facendo la triste scoperta.

Da una prima ricostruzione sembra che i banditi abbiano svaligiato tutto. La gioielleria è stata messa a sotto sopra e le vetrine espositive erano svuotate dei preziosi. Sembra, ad avviso dei vicini, che non siano stati sparati colpi di pistola.

Non era la prima volta che i banditi prendesssero di mira il suo negozio di preziosi. Probabilmente, al rifiuto di essere rapinato per l’ennesima ha reagito e nella reazione ha scatenato la furia omicida dei killer. Lo hanno prima massacrato di botte e poi con un oggetto pesante gli hanno procurato profonde ferite alla testa. Da ciò che si apprende a commettere la rapina non sarebbe stato un solo uomo ma più persone. Forse due o tre.

Ucciso Nocchia l'orafo professionista delle pietre presiose
alcune delle straordinarie creazioni dell’orafo Giancarlo Nocchia, ucciso in una rapina (da gioiellerianocchia.it )

Non è dato sapere se i banditi fossero entrati a viso scoperto o meno. In ogni caso le forze dell’Ordine (Carabinieri e Polizia) starebbero già acquisendo le registrazioni delle telecamere di video sorveglianza dal negozio di Nocchia, dalla Bnl, banca di fronte al laboratorio, in tutta le strade nella zona e delle principali arterie di Prati, il quartiere giudiziario della Capitale che è zeppo di telecamere. Non è da escludere che i banditi siano fuggiti a bordo di una moto per evitare il caotico traffico di Roma e guadagnare tempo.

Roma è blindata. In tutta la Capitale è caccia aperta ai killer. Posti di blocco sono stati ordinati per tutto il Gra e su molte strade che portano fuori la Capitale a tutte le latitudini. Gli investigatori, insieme alla Scientifica, giunti subito sul posto, hanno circoscritto l’area e cominciato a fare i rilievi e a procedere con gli interrogatori dei vicini di Nocchia.

“Quando sono entrato nel suo negozio era sdraiato a terra dietro al bancone”, racconta Giorgio, un amico di Giancarlo Nocchia, il primo a dare l’allarme dopo essere entrato nella gioielleria insieme ad altri due conoscenti della vittima. “Sono sconvolto”, dice ancora Giorgio, titolare di un bar vicino alla gioielleria. E” stato ucciso come un animale. Ci conoscevamo da 30 anni. Giancarlo era un amico di mio padre e mi ha visto crescere”.

Inquirenti al lavoro sul luogo dove l'orafo Giancarlo Nocchia è stato ucciso durante una rapina
Inquirenti al lavoro sul luogo dove l’orafo Giancarlo Nocchia è stato ucciso durante una rapina (Ansa Percossi)

“Giancarlo era molto attento, diffidente, mi meraviglia che abbia aperto a qualcuno. In passato aveva subito altre rapine: tre negli ultimi anni”. A parlare all’Ansa è Paolo, uno dei fratelli del gioielliere ucciso durante una rapina oggi pomeriggio a Roma. “L’ho visto l’ultima volta sabato – aggiunge Paolo, arrivato sul posto insieme ad altri parenti – sono sconvolto, non riesco a capire come sia possibile che l’abbiano ucciso così”.

Quello di Nocchia è un laboratorio artigianale che produce opere d’arte. Era stimato è ben voluto d tutti proprio per il suo attaccamento al lavoro e la sua professionalità. Sul suo sito si legge che Nocchia era un “uomo di cultura artistica. Attraverso anni di esperienze ha acquisito una profonda conoscenza tecnica delle proprietà dei metalli e della loro lavorazione, che gli consentono di dare ai suoi oggetti creati, una sensibilità plastica ed un meraviglioso equilibrio architettonico.competente nel mondo delle pietre preziose”. E’ morto così, Giancarlo Nocchia, dopo l’ennesima rapina a opera di banditi senza scrupoli.

Scontri ad Atene. Feriti e arresti. Si ribella il popolo "Oxi". Premier: "Pronto dimettermi".

Scontri ad Atene tra polizia e manifestanti
Scontri ad Atene (Ansa)

E’ di oltre trenta arresti e alcuni feriti il bilancio provvisorio degli scontri ad Atene avvenuti tra manifestanti e polizia nella piazza Syntagma. I fronti sono arrivati allo scontro fisico con lanci di molotov e lacrimogeni che hanno procurato ustioni agli agenti di polizia.

La ribellione è scattata proprio nel momento in cui il Parlamento greco è chiamato ad approvare le misure “lacrime e sangue” imposte dall’Eurogruppo e accettate dal primo ministro Alexis Tisipras che è pronto a “lasciare” se non porta a casa il pacchetto di riforme.

Il premier Tsipras è sotto assedio. Ed è bufera non solo in piazza ma anche attorno al suo esecutivo. Dopo Varoufakis si è dimessa anche la vice Nantia Valavani che in una missiva al primo ministro esprime forti dubbi sul nuovo accordo raggiunto tra Atene e i creditori internazionali della Grecia sostenendo che con esso la Germania intende “umiliare completamente il governo e il paese”.  “E’ un piano insostenibile”, dice la donna. Ma il primo ministro avverte: “O il parlamento vota il pacchetto di riforme o mi dimetto”. Il clima si fa pesante ad Atene

E non finisce qui, perché si è dimesso anche il Segretario Generale del Ministero dell’Economia, delle Infrastrutture, Marina e Turismo Manos Manousakis. In una lettera riportata dal sito iEfimerida.gr, indirizzata al premier Alexis Tispras ed al ministro dell’Economia Giorgos Stathakis, il responsabile afferma che “la politica del governo espressa nel disegno di legge “Disposizioni urgenti per il negoziato e la conclusione di un accordo con l’Esm” rende impossibile la mia permanenza in questa posizione”.

Scontri ad AteneEd è scontro anche in Syriza, il partito di Tsipras. Spaccato a metà, con l’altra che si è schierata contro il premier dopo “l’intesa cappio” sottoscritta all’Eurogruppo. 109 membri del comitato centrale del partito su 201, riporta il quotidiano online Kathimerini, si sono detti contro l’accordo stipulato dal premier Alexis Tsipras con l’eurozona.

Ieri il capo del governo ellenico era andato in Tv per spiegare che l’accordo “era il migliore possibile”, sebbene in molti, appunto, gli contestano che il piano sia di gran lunga peggiore a quello per cui è stato indetto un referendum popolare. E nel Paese crescono i malumori verso Tsipras.

Adesso tocca al Parlamento greco varare “le riforme e in fretta”. Le prime vanno approvate dal Parlamento entro la mezzanotte di oggi e dopo che ieri la giornata è stata caratterizzata da frenetiche consultazioni con i suoi e con gli (ex) oppositori di To Potami, Pasok e Nea Demokratia, dovrebbe avere i numeri per assorbire la spaccatura con l’ala radicale di Syriza.

La Grecia deve dimostrare da subito di essere “affidabile”, poiché non è automatico, fa sapere il Finantial Times che pubblica tre pagine in cui spiega che il Fondo guidato da Lagarde potrebbe non concedere il prestito.

Nelle pagine del quotidiano finanziario si parla di un debito greco alle stelle e che sale troppo velocemente, nonché di obiettivi sul fronte dell’avanzo primario che Atene non potrà mai raggiungere.
Il Fondo spiega che le recenti turbolenze nell’economia greca porteranno il debito di Atene a sfiorare il 200% sul pil nell’arco dei prossimi due anni, mentre all’inizio della crisi dell’Eurozona era al 127%.

Alexis Tsipras
Il premier greco Alexis Tsipras

Tornando a Tsipras, la cui immagine dopo l’accordo “capestro” è precipitata dalle “stelle alle stalle” dopo lo strepitoso successo al referendum, a chi lo incalza con le domande ha spiegato che “la reazione al referendum non onora l’Europa” perché gli europei sono stati “vendicativi” ma se anche l’accordo è “molto duro” darà alla Grecia tre anni ed è “migliore”, a suo avviso, di quello rifiutato il 25 giugno perché “prevede la crescita”.

Il premier parla direttamente ai greci per rivendicare l’autonomia e la scelta di dare tre anni di “tranquillità” alla Grecia. “Non tagliamo gli stipendi e neanche le pensioni – assicura il premier – anche se indirettamente con le tasse e l’aumento dell’Iva”, ha fatto capire che dei tagli vi saranno.

Secondo Kathimerini, il principale quotidiano greco, dal testo mancherebbe l’eliminazione delle baby pensioni. In tv Tsipras sostiene però che saranno cancellate.
Il quotidiano scrive che nella ‘lenzuolata’ non ci sono perché prima è necessario un pronunciamento della Corte Costituzionale, che a giugno ha già bocciato la riforma delle pensioni fatta nel 2012 per il secondo piano di salvataggio. Il dubbio è se non sia un modo per riavvicinare l’ala radicale di Syriza, di cui non è chiara la consistenza.

Scontri ad AteneIl fronte del “no” oggi si farà comunque sentire. E’ annunciata una raffica di scioperi: si fermeranno gli statali, la metro starà ferma dalle 5 alle 9 e poi forse di nuovo in giornata, le farmacie hanno annunciato una serrata contro le ventilate liberalizzazioni. Finora le proteste sono state sempre ordinate. Ma per misura precauzionale attorno a piazza Syntagma sono spuntati agenti in tenuta antisommossa come qualche hanno fa, a difesa del palazzo presidenziale.

Tsipras ringrazia per “l’appoggio di Francia, Italia e Cipro” all’eurogruppo, e risponde alle parole dure dell’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis che ha accusato l’ultimo euro summit di aver portato avanti un colpo di stato coi carri armati come quello dei Colonnelli nel 1967 in Grecia. Invece dei tank – aveva detto Varoufakis – adesso lo hanno fatto con banche e finanza al posto dei tank”.

“Yanis Varoufakis – replica Tsipras – ha commesso evidenti errori durante il negoziato, benché al principio sia stato capace d’imprimere un buon ritmo: mi assumo la responsabilità”. “Essere un eccellente studioso – è l’affondo del premier – non significa necessariamente essere un buon politico”.

Roma, si dimette Nieri, vice di Marino: "Impraticabilità di campo"

Luigi Nieri con Ignazio Marino
Luigi Nieri con Ignazio Marino

Luigi Nieri si è dimesso. Nel giro di poche ore rassegnano le dimissioni due vicesindaci Pd-Sel nelle due più grosse città italiane: Roma e Milano.

La vice di Giuliano Pisapia, Ada Lucia De Cesaris, come scritto martedì, ha lasciato l’incarico perché è “venuto meno il rapporto di fiducia con la maggioranza del Consiglio comunale”.

La De Cesaris abbandona dopo che la sua maggioranza ha approvato un emendamento a favore di un’area per cani al parco Trapezio, di cui lei ha sempre detto che quella era una area inquinata, non idonea a uno sgambatoio per cani. Ma la sua maggioranza nella seuta del 13 luglio ha approvato l’emendamento con 20 voti a favore. Scintille. Prende carta e penna e si dimette.

NIERI: “IO NEL TRITACARNE MEDIATICO”
Nella stessa giornata anche il vicesindaco di Roma, Luigi Nieri, spalla di Ignazio Marino, ha fatto un passo indietro. Diverse le motivazioni con la collega milanese. “Il tritacarne mediatico – spiega  Nieri – vomita ogni giorno articoli riportando intercettazioni riciclate da oltre 6 mesi, sbattute sulle prime pagine di quotidiani nazionali e caricate dalla superficialità di titoli che cercano di far passare per nuove cose vecchie di totale irrilevanza penale e giudiziaria”.

NON INDAGATO MA E’ CITATO DA COMMISSIONE PREFETTIZIA
Nieri è citato nella relazione dei commissari prefettizi che hanno spulciato da cima a fondo il Campidoglio per valutare lo scioglimento del comune dopo le due mega inchieste di Mafia Capitale che hanno travolto la politica capitolina. Gli uomini del prefetto Gabrielli hanno evidenziato il rapporto tra Nieri e le cooperative sociali che fanno capo al ras Salvatore Buzzi e, fra l’altro, sono emerse dagli atti alcune intercettazioni tra i due. Intercettazioni pubblicate sui media che lo hanno imbarazzato. Nieri non è indagato, ma lascia per non compromettere la giunta Marino. Da considerare che la commissione prefettizia di Gabrielli ha detto che il comune non può essere sciolto per mafia, “nonostante la giunta fosse “inquinata”.

“NON POSSO PIU’ TOLLERARE DI ESSERE USATO CONTRO LA GIUNTA MARINO”
“Il mio passo indietro, che nessuno mi ha chiesto di fare, – spiega in un comunicato Nieri – ha alla base l’amore per Roma e la convinzione che l’amministrazione Marino vada difesa a tutti i costi. Proprio per queste ragioni non posso più tollerare che la mia persona sia usata, in maniera volgare e oscena, come strumento per attaccare Roma e un’amministrazione che ha fatto battaglie di cui la sinistra italiana può andare fiera”.

“LASCIO PER IMPRATICABILITA’ DI CAMPO”
Io non ci sto. Lascio per impraticabilità di campo, perché non intendo prestarmi neanche per un giorno di più a questo gioco al massacro”, spiega l’ormai ex vicesindaco di Sel. “Se avessi pensato soltanto a me, – aggiunge – avrei continuato senza farmi scalfire da nulla. Ho le spalle larghe. Ma ormai è evidente che certi poteri, certe realtà che hanno sempre avuto interessi sulla città, condizionandone le scelte, poteri che io ho incessantemente combattuto, sin da ragazzo, hanno fatto di me il bersaglio perenne di attacchi che non si sono limitati a colpire la mia persona, mai, e sottolineo mai, sfiorata dalle indagini di “Mafia Capitale”, portate avanti con serietà e rigore dalla Procura della Repubblica, che infatti non mi ha mai indagato, ma si sono spinti oltre per tentare di inquinare l’immagine dell’intera amministrazione di Roma e anche quella del mio partito, Sel, mai coinvolto in alcuna inchiesta giudiziaria”.

LA REAZIONE DEL SINDACO MARINO
“Luigi Nieri è una persona leale e di specchiata onestà, un gentiluomo dai comportamenti inappuntabili. Da quando due anni fa abbiamo iniziato la nostra comune esperienza in Campidoglio, gli attacchi pretestuosi quanto violenti, le polemiche artificiose nei confronti di Luigi Nieri non sono mai mancati, fino a raggiungere una intensità umanamente difficile da sopportare – spiega Marino – Luigi ora mi ha comunicato la sua decisione di volersi sentire libero, per rispondere con tutta la forza necessaria alla continua delegittimazione di cui è bersaglio”. “Inoltre, nonostante i dossier delicati affrontati Luigi non è mai stato coinvolto nelle indagini che in questi mesi hanno toccato l’amministrazione”, conclude il sindaco.

IL PRIMO CITTADINO PERDE PEZZI E PENSA A UN RIMPASTO
Ignazio Marino perde altri “pezzi da 90” nella sua amministrazione che gli impongono ora un rimpasto in giunta. Le dimissioni di Nieri sono seguite quelle del segretario generale del Campidoglio Liborio Iudicello. L’inchiesta Mafia Capitale “dimissionò forzatamente” l’assessore alla Casa Daniele Ozzimo, il presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti e altri consiglieri finiti in manette per l’indagine della Procura di Roma. Aveva annunciato le dimissioni anche l’assessore alla mobilità Guido Improta, ex sottosegretario del governo Monti a Infrastrutture e Trasporti.

Sondaggio Piepoli: Centrosinistra al 37% contro Centrodestra al 34,5%

Sondaggio politico Piepoli 13 luglio 2015 - Sondaggio Piepoli per l'Ansa
Sondaggio politico Piepoli 13 luglio 2015 (Ansa)

Se si dovesse votare oggi, secondo un sondaggio Piepoli, che ha condotto una indagine per l’Ansa, il Centrosinistra sarebbe in testa con il 37 percento, mentre il Centrodestra recupera di poco e si attesta al 34,5% (compreso Alfano).

Secondo le rilevazioni dell’Istituto, il Partito democratico in tre settimane ha perso 3 punti percentuali, uno a settimana. Il Pd di Matteo Renzi, nonostante il calo, resta comunque saldo al 32,5% mentre il Movimento 5 Stelle di Grillo recuperando uno 0,5 si consolida come secondo partito al 24,5 percento. Secondo Piepoli al calo del Pd corrisponde l’aumento dei grillini, facendo intuire che ci sarebbe un travaso di voti daa una forza all’altra.

Se Pd e M5S sono sul podio nelle intenzioni di voto, il bronzo va alla Lega di Matteo Salvini che resta il terzo partito italiano con il 16,5%, un risultato che consente al Carroccio di avere la leadership del Centrodestra, con Forza Italia che resta stabile all’11 percento, Fratelli d’Italia di Giordia Meloni fermi al 4 e Area popolare (Ncd-Udc) al 2,5%. Un altro 0,5 nella coalizione a destra confluisce nella categoria “Altri” di quella coalizione.

A sinistra fermi al 3,5 percento Sinistra Ecologia e Libertà (Sel), con un 1 percento di movimenti e sigle non classificate.  Cresce di uno 0,5 la truppa dei partiti fuori da quelli citati: 4%.

Il sondaggio è stato condotto su su campione di 500 casi rappresentativi della popolazione italiana maschi e femmine dai 18 anni in su, segmentato per sesso, età, Grandi Ripartizioni Geografiche e Ampiezza Centri proporzionalmente all’universo della popolazione italiana. Il documento della ricerca è pubblicato sul sito www.agcom.it e/o www.sondaggipoliticoelettorali.it.

Questo il prospetto di sintesi del sondaggio Piepoli per l’Ansa con le variazioni.

– Pd 32,5% (-1,0).
– Sel 3,5% ( = ).
– Altri centrosinistra 1,0% ( = ).
– Fi 11,0% ( = ).
– Ncd-Udc 2,5% ( = ).
– Fdi-An 4,0% ( = ).
– Lega Nord 16,5% ( = ).
– Altri centrodestra 0,5% ( = ).
– M5s 24,5% (+0,5).
– Altri partiti 4,0% (+0,5)*.

Omicidio a Messina, ucciso per una frenata. Arrestato assassino

Il presunto omicida Roberto Mangano
Il presunto omicida Roberto Mangano

Omicidio a Messina domenica pomeriggio. Erano da poco passate le 18 quando un uomo, Salvatore La Fauci, esce di casa per fare due passi. Arrivato in strada, comincia ad attraversarla e “costringe” un automobilista a frenare di colpo per farlo passare.

Sembrava finita li, e invece l’uomo a bordo della vettura, arrabbiato per quella brusca frenata, comincia a inveire contro La Fauci e da una parola all’altra tra i due, scende dall’auto armato verosimilmente di un coltello tascabile e aggredisce l’uomo accoltellandolo al torace e lasciandolo a terra.

E’ successo nel tardo pomeriggio di domenica sul viale San Martino, a Provinciale, un quartiere a tre chilometri dal centro di Messina. Trasportato in ospedale, Salvatore La Fauci, 55 anni, è morto in serata al Policlinico di Messina.

L’aggressore, come se nulla fosse accaduto, dopo il fatto si è recato in un bar vicino per lavarsi le mani insanguinate e poi è fuggito buttando via l’arma. Braccato dalla polizia, sulla scorta di diverse testimonianze che ne hanno consentito l’identificazione, ieri sera si è costituito in Questura. Si tratta di Roberto Mangano, vent’anni, incensurato, presunto autore dell’omicidio.

Già nella serata di ieri le forze dell’Ordine in base ai tanti testimoni e anche grazie alle immagini dei sistemi di videosorveglianza lo hanno cercato sia nella sua abitazione che a casa della fidanzata, oltre che nei luoghi che abitualmente frequenta, prima che Mangano si consegnasse alla Polizia. In un primo momento sembra che il diverbio tra i due fosse nato per parcheggio.

Su disposizione del pm Anna Maria Arena, il presunto assassino è stato accompagnato nel carcere di Messina-Gazzi. Dovrà ora rispondere del reato di omicidio aggravato. Un omicidio che ha scosso la comunità messinese per un movente tanto futile quanto assurdo.

Milano, si dimette vicesindaco De Cesaris per un'area Pet

Ada Lucia De Cesaris con il sindaco di Milano Giuliano Pisapia
Ada Lucia De Cesaris con il sindaco di Milano Giuliano Pisapia

Ada Lucia De Cesaris, assessore e vicesindaco della giunta Pisapia a Milano ha lasciato l’incarico e si è dimessa. “Ostacoli insormontabili” e assenza “di fiducia con una parte della maggioranza in consiglio”, sono il cuore della motivazione.

Le dimissioni della De Cesaris sono un fulmine a ciel sereno, inaspettate da tutti, anche dallo stesso Giuliano Pisapia. Nei mesi scorsi c’era un malcontento carsico, che probabilmente più volte l’esponente politico ha cercato di manifestare al sindaco, ma il problema è nato da un progressivo sfilacciamento del rapporto di fiducia con la maggioranza di centrosinistra che sostiene il sindaco.

“Si tratta – spiega De Cesaris – di una decisione presa dopo approfondite riflessioni sugli ultimi mesi di lavoro, che hanno messo in evidenza difficoltà non più sormontabili nella prosecuzione della mia attività amministrativa”.

“Soprattutto in vista delle importanti scelte che attendono la giunta in quest’ultima fase del proprio mandato, che richiedono una grande coesione e la massima condivisione politica possibile, ho ritenuto opportuno rimettere le deleghe”. L’ormai ex vicesindaco aveva anche quelle all’Urbanistica, all’Edilizia privata e all’Agricoltura.

Penso – sottolinea De Cesaris – di aver svolto e portato a compimento il mandato per il quale sono stata nominata. Un mandato che ha comportato sfide impegnative ed il raggiungimento di importanti risultati, per i quali voglio ringraziare tutti i miei collaboratori e i lavoratori della pubblica amministrazione, che con impegno, cordialità ed affetto hanno condiviso con me progetti, battaglie ed obiettivi. Voglio inoltre ringraziare il sindaco Giuliano Pisapia, che mi ha offerto un’occasione straordinaria e che ha fatto di Milano una città in grado di volare, al centro dell’attenzione internazionale”, ha concluso De Cesaris.

Nell’ultimo consiglio di lunedi 13, la De Cesaris aveva ventilato le dimissioni sulla questione di uno sgambatoio per cani. Lei era contraria alla realizzazione in quanto l’area si presume fosse inquinata. Aveva espresso il suo dissenso per un emendamento a favore, ma la sua maggioranza a palazzo Marino ha comunque approvato l’atto consiliare che autorizza la realizzazione. Da qui le dimissioni destinate a fare rumore.

New Horizons s’inchina a Plutone. Houston: Missione compiuta

La sonda New Horizon sorvola Plutone (Epa/Nasa)
La sonda New Horizon sorvola Plutone (Epa/Nasa)

New Horizons è su Plutone. E’ arrivata puntuale a sorvolare il pianeta “nano”. L’evento storico nell’esplorazione spaziale è stato salutato da un lungo applauso nel centro di controllo della Nasa: “Missione compiuta”, hanno detto a Houston.

La sonda New Horizons ha impiegato 9 anni, girovagando nello Spazio alla ricerca del “nano”, il pianeta alla periferia estrema del sistema solare. New Horizons, la sonda spaziale sviluppata dalla Nasa e lanciata il 19 gennaio 2006 da Cape Canaveral, è arrivata alle 13.49 ora italiana a “sbirciare” il piccolo e lontanissmo pianeta nonché il suo satellite Caronte, molto più piccolo della nostra Luna.

Un “fly by”, una sorta di “inchino” che New Horizons farà a Plutone, pianeta scoperto nel 1930, che ricorderemo sulle mappe dell’Universo, come l’ultimo pianeta del Sistema solare. Un evento epocale che lascerà il segno nella storia della Nasa. Google ha dedicato alla storica missione un doodle.

Dal Pianeta Terra , astrofili e non solo, hanno puntato i telescopi sul pianetino per catturare le immagini più belle. “E’ di gran lunga l’evento più condiviso sui social network dagli astrofili che in questi giorni si sono organizzati per fotografare Plutone approfittando del periodo favorevole per le riprese fotografiche, perché alla Terra il pianetino è al massimo della sua visibilità” ha spiegato Paolo Volpini, dell’Unione Astrofili Italiani (Uai).

“E’ un evento molto affascinante per astrofili e pubblico perché – aggiunge Volpini – è la prima volta che una sonda visita questo oggetto posto alla periferia del Sistema Solare”.

sistema solare con Plutone - New HorizonsLa sonda lungo tutti questi anni ha viaggiato a una velocità media di 16 chilometri al secondo. Il “fly by” sarà a una velocità di 11 chilometri al secondo, sorvolando Plutone a circa 10mila chilometri di distanza.

Simulazione computerizzata del passaggio di New Horizon su Plutone (fonte: Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute (JHUAPL/SwRI)
Simulazione computerizzata del passaggio di New Horizon su Plutone (fonte: Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute (JHUAPL/SwRI)

Un viaggio straordinario con cui la sonda New Horizons ha avuto modo di guardare da “vicino” tutti i Pianeti del Sistema solare fino al pianeta “nano”, che dista dal Sole quanto è in orbita ravvicinata 30 volte tanto di quanto dista la Terra.
L’obiettivo primario della Nasa è esaminare la geologia globale e la morfologia di Plutone e Caronte, mappare le composizioni chimiche delle superfici del pianeta “nano” e del suo Satellite e descrivere l’atmosfera “non ionizzata” di Plutone.

VIDEO DEL LANCIO DELLA SONDA NEW HORIZONS

 

La sonda invierà immagini sulla Terra spettacolari, soprattutto quelle parti di “cuore bianco” che sono state viste nei giorni scorsi. Ma non solo. La missione prevede anche l’esplorazione della fascia di “Kuiper” dopo aver passato Plutone. Alla Nasa sono tutti davvero entusiasti per questa storica missione.

Vertenza Ansa, appello per la più grande Agenzia d'Italia

Vertenza Ansa firmatari appello
Alcuni degli intellettuali e registi italiani che hanno firmato l’appello per l’Ansa

Prosegue la vertenza Ansa. “Il mondo politico-istituzionale e gli editori esaminino la vertenza in corso e le prospettive di rilancio dell’Ansa, con un senso di responsabilità che vada anche oltre le operazioni contabili, perché sono in gioco non soltanto tanti posti di lavoro, ma soprattutto un pezzo della nostra democrazia”.

E’ questo l’appello che molti intellettuali italiani, attori, scrittori, showman, registi hanno sottoscritto a sostegno della vertenza che vede impegnata la più grande agenzia di stampa multimediale italiana a opporsi al piano di riorganizzazione aziendale che prevede il ricorso ad ammortizzatori sociali per la gestione di esuberi per 65 giornalisti e 35 poligrafici.

Tra i primi firmatari dell’appello pro Ansa ci sono Giuseppe Tornatore, Andrea Camilleri, Paolo Conte, Gino Paoli, Eduard Limonov, Dacia Maraini, Reinhold Messner, Paolo Virzì, Roberto Saviano e Gabriele Salvatores, Carmine Abate, Gianni Amelio, Renzo Arbore, Pupi Avati, Carlo Verdone, Massimo Cacciari e tanti altri e in queste ore cresce in modo esponenziale il numero degli aderenti. Ha firmare l’appello, anche l’ex presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov.

Lo slogan scelto per la campagna di sensibilizzazione è: “Se è una notizia è Ansa…”, poche parole che racchiudono il senso dell’affidabilità, della serietà e dell’autorevolezza maturata dall’Agenzia in 70 anni di storia d’informazione, ma anche di cultura, italiana e internazionale. Per dire, che se una notizia ha il marchio dell’Ansa i lettori possono stare tranquilli di avere davanti a una notizia vera, imparziale e più volte verificata. Laddove accade un fatto, sia esso di cronaca nera o giudiziaria, di politica, di costume, di spettacolo o di sport l’Ansa è là, puntuale a raccontare i fatti coi suoi cronisti, a immortalare i fatti coi suoi fotografi e tutta la sua rete di professionisti e fonti autorevoli.

Una vignetta di Forattini solo per Ansa.it - Vertenza Ansa
Una vignetta di Forattini solo per Ansa.it

La metamorfosi che ha colpito l’editoria nell’era globalizzata e digitalizzata sta inducendo le aziende a rigidi piani di ridimensionamento. Una crisi che ha già colpito grandi e piccoli giornali, grandi e piccole realtà editoriali, agenzie di stampa del calibro dell’Ansa che si è opposta e sta protestando anche con scioperi consistenti. Una settimana senza informazione a giugno, che ha significato per molti una settimana di “democrazia sospesa”, perché un ridimensionamento degli organi di informazione significa indebolire la democrazia.

Solidarietà all’Ansa è arrivata all’unanimità anche dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, dalla Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e da Jim Boumelha, presidente dell’International Federation of Journalists (IFJ), il Sindacato mondiale dei giornalisti. “In un mondo di opinioni, io sto con la notizia”, è la motivazione di Gino Paoli.

Questo l’appello
“L’Ansa, la principale agenzia giornalistica italiana, – è l’incipit dell’appello – è colpita da un piano aziendale di tagli che minerebbe alla radice il suo ruolo storico di dorsale dell’informazione italiana. L’Ansa è l’unica agenzia nazionale con uffici in tutte le regioni del Paese e con una rete internazionale. Una testata che ha contribuito a garantire per 70 anni la libertà di informazione, a garanzia della democrazia nel nostro Paese. L’Ansa è oggi una delle più importanti agenzie sul piano internazionale e lo dimostrano i recenti scoop di portata mondiale, come le dimissioni di Papa Benedetto XVI o la cattura di Muammar Gheddafi.

Sergio Staino  solo per Ansa.it
Sergio Staino solo per Ansa.it

Un’Ansa più piccola di fronte alla crescente complessità dell’attualità in cui viviamo e alla rapida evoluzione multimediale del settore significherebbe indebolire l’informazione nel nostro Paese: con minori possibilità di espressione per tutti, ridotte capacità di informazione e minori mezzi per raccontare l’Italia all’estero.

Negli ultimi anni all’Ansa è già stato pagato ripetutamente un duro prezzo con la fuoriuscita di un centinaio di giornalisti e di una cinquantina di poligrafici, senza che questo sia stato compensato con adeguate misure di sviluppo. L’Ansa è un patrimonio del Paese, non solo degli editori, ed è giunto il momento che questo venga riconosciuto anche immaginando un nuovo assetto proprietario dell’agenzia che ne salvaguardi il ruolo di garanzia per tutti.

Invitiamo quindi il mondo politico-istituzionale e gli editori ad esaminare la vertenza in corso e le prospettive di rilancio dell’Ansa, con un senso di responsabilità che vada anche oltre le operazioni contabili, perché sono in gioco non soltanto tanti posti di lavoro, ma soprattutto un pezzo della nostra democrazia. E perché si possa continuare a dire: “Se è una notizia è Ansa”. Si chiude così l’appello che è oggetto di tantissime sottoscrizioni anche di lettori e molta gente comune.

Secondo Piano News sottoscrive l’appello e si associa alla solidarietà affinché la vertenza Ansa possa concludersi positivamente per giornalisti e poligrafici.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria, Luca Lotti nei giorni scorsi ha convocato le parti della vertenza Ansa. Il 13 luglio ha incontrato il comitato di redazione martedi il direttore dell’agenzia ed i vertici aziendali.

Bomba al Consolato del Cairo: "Identificati 3 terroristi dell'Isis"

Autobomba contro consolato italiano al Cairo
Autobomba contro consolato italiano al Cairo (Epa/Str)

La tv araba Al Arabiya nella sua edizione di pochi minuti fa ha riferito che le forze di sicurezza egiziane hanno identificato i tre presunti attentatori che hanno agito contro il consolato italiano al Cairo.

Si “tratterebbe di tre elementi del gruppo di Ansar Beit el Maqdes, attivo nel Sinai”. Le stesse fonti hanno anche fornito i loro nomi: “Tarek Abdel Sattar e Hussein Barakat Hussein Mabrouk, originari di Bani Suef in Alto Egitto e Hussein Samir Bassiouni di Fayoum a sud del Cairo”.

Com’è noto, qualche giorno fa un’automobile imbottita con 450 chili di tritolo è esplosa la mattina presto a Il Cairo, la capitale egiziana. L’attacco è poi stato rivendicato dalle milizie del Califfato: “invitiamo tutti i musulmani a stare lontato da questi covi, che sono luoghi legittimi” da colpire.

Le foto segnaletiche dei presunti autori dell'attentato al consolato italiano al Cairo
Le foto segnaletiche dei presunti autori dell’attentato al consolato italiano al Cairo

La svolta nelle indagini nelle scorse ore dove le forze di sicurezza hanno identificato i tre possibili attentatori. In Egitto vi sono due gruppi organici all’Isis: uno fa riferimento alla “Provincia del Sinai”, l’altro “Junda al-Khilafah nella terra del Kinana”, tutti ben finanziati e armati. Secondo le forze di sicurezza internazionali sarebbero molto pericolosi.

“L’attentato al consolato italiano al Cairo è un fatto grave, un probabile avvertimento, non qualcosa rivolto particolarmente contro gli italiani, ma contro l’impegno comune nella lotta al terrorismo”, ha detto il ministro degli esteri Paolo Gentiloni giunto al Cairo.

Caserta, parla Pezzella dopo la strage a Trentola: "Furgone rumoroso"

Carabinieri presidiano la via Carducci a Trentola Ducenta dove Luciano Pezzella ha commesso la strage
Carabinieri presidiano la via Carducci a Trentola Ducenta dove Luciano Pezzella ha commesso la strage (Ansa/Abbate)

Lo sgomento è tanto nel Casertano dopo la strage a Trentola Ducenta, dove Luciano Pezzella, agente della Polizia penitenziaria, ha ucciso 4 persone per la sosta “rumorosa” di un camioncino della frutta.

Resta lo sconcerto tra i 18mila abitanti che popolano il paese tra Aversa e Casal di Principe. Monta la “rabbia” per il movente “assurdo”, “futile”. Per niente.  Nel lungo interrogatorio reso ai Carabinieri del reparto territoriale di Aversa, Luciano Pezzella, presunto autore della strage ha spiegato il suo folle gesto: ”Quel furgone mi dava fastidio, faceva rumore”. Tanto rumore da fargli scattare la molla del’ira, del raptus omicida.

Poi ancora: “Ho ucciso i Verde e Pinestro per difendermi da un’aggressione. Sono stato minacciato e avevo paura che potesse accadermi qualcosa”, ha detto Pezzella ai Carabinieri.

Li ha trucidati senza esitazione, senza pietà per quel camioncino di frutta e verdura di proprietà di Franco Pinestro, la quarta vittima dopo la famiglia Verdi, perché il mezzo rumoroso a Pezzella “dava fastidio”, era “rumoroso”.

Così ha preso la pistola d’ordinanza che gli agenti si portano dietro anche dopo il servizio, è ha fatto una “mattanza”, come ha detto lui stesso. Ha scaricato tutto il caricatore sui corpi del capofamiglia Michele Verde, della moglie Enza e del figlio 31enne Pietro. Antonella, la fidanzata di quest’ultimo e il secondo figlio di Enza e Michele sono scampati miracolosamente alla strage. I

Il giovane era al bar, la ragazza al piano superiore dell’edificio invitata da Pietro a rimanerci. Un terzo figlio era a Varese, in Lombardia sceso subito dopo a casa sua dopo che è stato avvisato dai Carabinieri. Un ragazzo che stava tentando la fortuna al Nord per realizzare anche il suo sogno di metter su famiglia. Doveva sposarsi, ma le nozze sono state annullate.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, che hanno sentito molti vicini, testimoni, anche oculari, la mattanza sarebbe avvenuta dopo il piccolo imprenditore di frutta, Franco Pinestro, ha parcheggiato il suo furgoncino in via Carducci a Trentola Ducenta davanti casa dei Verde e a pochi metri dell’ingresso dell’abitazione dell’agente della Polizia penitenziaria.  Pezzella nell’interrogatorio ha raccontato ai Carabinieri di “aver litigato con Pinestro perché quel furgone parcheggiato nei pressi di casa mia dava fastidio e faceva tanto rumore; gli ho chiesto di spostarlo, lui mi ha minacciato insieme al mio vicino Michele Verde, a quel punto ho avuto paura per mia incolumità ed ero esasperato, sono andato a prendere la mia pistola e ho sparato a Pinestro alle gambe, poi anche agli altri”.

Lo ha sparato quando lui la vittima era dentro il furgone. Ha tentato di accelerare per evitare che la follia omicida di Pezzella potesse rincorrerlo e colpirlo ancora ed è andato a sbattere contro un muretto di cinta. Portato in ospedale è morto “dissanguato”, diranno i medici.  Dopo aver aperto il fuoco contro Pinestra, l’assassino avrebbe fatto irruzione dentro casa Verde e lì ha freddato, ad altezza d’uomo, Michele, Enza e Pietro, centrati al petto e alle spalle. L’autopsia chiarirà nei dettagli la dinamica della strage.

Pinestro era andato a Trentola Ducenta non per vendere pesche e altra frutta di stagione ai Verde, ma era andato là a comprare delle cassette vuote di legno per la frutta che le vittime avevano in deposito. Per caricarsi le cassette Pinestro era partito presto da San Marcellino. Aveva una compagna è un figlio di otto anni. A casa, il piccolo imprenditore ortofrutticolo non è potuto più tornare a riabbracciare la sua famiglia.

Gli investigatori del Reparto Operativo dell’Arma di Aversa stanno cercando inoltre di capire se nel recente passato le liti tra Pezzella e i Verde fossero sfociate in denunce; secondo testimoni più volte Pezzella aveva già litigato con i vicini per i tanti furgoni che sostavano a pochi metri da casa sua nelle prime ore della mattina.

Pezzella dopo il fermo operato dalle forze dell’Ordine è stato portato nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere con l’accusa di omicidio volontario. l’arresto dovrà essere convalidato dal Gip del Tribunale di Napoli Nord.

Intesa Ue sulla Grecia. Esultano i mercati. Varoufakis contro Tsipras

Merkel, Hollande e Tsipras Ansa Ap
Merkel, Hollande e Tsipras (Ansa/Ap)

Duro attacco dell’ex ministro delle Finanze della Grecia Yanis Varoufakis al premier Alexis Tsipras. In una intervista a  NewsStatesman, Varoukakis ha spiegato che lui aveva “un piano per il dopo referendum” della Grecia. Ma “non è sono stato appoggiato dal capo del governo, anzi Alexis Tsipras ha deciso, malgrado il “No” ulteriori concessioni” all’Eurogruppo e ha accettato il fatto che qualsiasi fosse stata la posizione dei creditori, lui non li avrebbe sfidati”.

Varoufakis affonda anche sull’Eurogruppo: “E totalmente soggiogato dalla Germania”, spiega nell’intervista. “E’ un’orchestra diretta dal ministro Schauble. E l’Eurogruppo – prosegue – non è previsto da alcun trattato, ma ha il grande potere di determinare la vita degli europei, di decidere su questioni quasi di vita o di morte”.

L’attacco dell’ex ministro “senza cravatta”, da sempre inviso all’Eurogruppo, è arrivato dopo l’accordo raggiunto sulla Grecia. A seguito del diktat della Germania alla Grecia che imponeva tre giorni per le riforme o fuori dall’eurozona, nella notte ta domenica e lunedi è stato raggiunto l’accordo sul salvataggio su Atene.
Una circostanza che qualche ministro greco ha definito “umiliante” e che vanifica del tutto il referendum sul “no” al primo negoziato. E’ prevalsa la linea dura di Angela Merkel che non ha fatto sconti al capo del governo ellenico.

Caustico Beppe Grillo sull’accordo: “La strategia dell’eurogruppo, quella del terrore: colpirne uno per educarne 19 #ThisIsACoup, questo è un colpo di Stato”. Così su twitter il leader del M5S.

“La democrazia è sospesa”, scrive Grillo sul suo blog. “L’umiliazione della Grecia è un monito per tutti i Paesi che vogliono il riconoscimento della loro sovranità”, . “Una settimana per spezzare le reni alla Grecia. Varoufakis si dimette (viene rimosso?) dalla guida del suo ministero. L’ingerenza degli USA. La proposta di Tsipras uguale per il 95% a quella bocciata dai greci. Il voto del referendum greco calpestato. La Grecia umiliata dalla Germania. Tsipras che si toglie la giacca davanti a Merkel e Hollande: “Prendete pure questa”. Tsipras spinto alle dimissioni per un nuovo governo di “unità nazionale” gradito alla Troika”, si legge nell’articolo dell’ex comico.

Ci sono volute 17 ore di negoziazione, tra scontri e veti incrociati, ma alla fine è stata “trovata l’intesa all’unanimità sulla Grecia e i creditori”. L’ultimatum di Berlino ha provocato scintille anche con Parigi che ha tenuto un atteggiamento più soft. In seguito all’annuncio del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che ieri mattina aveva rinviato il summit a 28 poi svoltosi nella notte, i mercati hanno festeggiato con le borse che non temono più l’effetto Atene e hanno ripreso slancio nelle principali piazze del mondo. Anche lo Spread Btp-Bund va giù a 117,4 punti base.

“Laccordo è stato raggiunto all’unanimità, – ha detto Tusk su Twitter, “ora è tutto pronto per andare a programma Esm con riforme serie e sostegno finanziario”. L’Esm o Mes,il meccanismo di stabilità europeo che ora potrà concedere il prestito alla Grecia in cambio di un rigidissimo piano di austerità. 

Un piano imposto dalla Troika, tornata intanto a prendere le redini del negoziato e che non lascia scampo alla Grecia né a Tsipras stretto con le spalle al muro: “Prendere o lasciare”, è stato il messaggio lanciato e recepito dal premier greco costretto a varare riforme impossibili e ad accettare la svendita del suo paese con le privatizzazioni in cambio del mega prestito del fondo salvastati.

La cancelliera Angela Merkel
La cancelliera Angela Merkel (Ansa/Epa)

Dal canto suo Angea Merkel ha spiegato che “l’accordo raggiunto all’unanimità sulla Grecia ha più vantaggi che svantaggi”.  Quindi questo sarà l’accordo definitivo, non sarà più possibile tornare indietro.  Questione chiusa. “Sulla Grecia – ha detto la cancelliera tedesca – è stato approvato il piano A e non c’è nessun bisogno di un piano B” perché “il terzo programma per il salvataggio della Grecia avrà un importo di 82-86 miliardi di euro”, ha spiegato Merkel. La cancelliera tedesca Angela Merkel ritiene che la fiducia tra i partner dell’Eurozona “potrà essere ristabilita” se quanto concordato sarà applicato nei tempi e nei modi stabiliti.

Da destra Jeroen Dijsselbloem ,Donald Tusk e Jean-Claude Juncker
Da destra Jeroen Dijsselbloem ,Donald Tusk e Jean-Claude Juncker

Lo stesso presidente della Commissione europea Juncker saluta l’accordo come positivo.“Abbiamo evitato la Grexit, obiettivo per il quale ci siamo sempre battuti”, ha spiegato Jean Claude Juncker al termine della maratona del Vertice Ue. “Non credo sia un accordo umiliate per i greci, e non credo che altri europei perderanno la faccia, è un tipico accordo europeo”.

Da sinistra Donald Tusk , Jean-Claude Juncker  e Jeroen Dijsselbloem (Ansa/Epa)
Da sinistra Donald Tusk , Jean-Claude Juncker e Jeroen Dijsselbloem (Ansa/Epa)

Accordo che il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ritiene utile perché prevede la creazione di un fondo che “privatizzerà asset di Stato per realizzare profitti, e servirà ad abbattere il debito e alla ricapitalizzazione delle banche”. Ora il parlamento greco deve fare le riforme molto rapidamente. “C’è ancora molto da fare”, ha sottolineato Dijessebloem.

Ad Atene non tutti esultano per questo accordo, Syriza, il partito del premier, rimane diviso mentre Tsipras dovrà spiegare alla sua maggioranza e al paese questo piano che non fa intravedere un futuro roseo per il mondo ellenico. Esultano i mercati piangerà il popolo greco.

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