15 Ottobre 2024

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Esplosione fabbrica a Modugno. Una strage: 9 i morti

La fabbrica di fuochi pirotecnici saltata in aria a Modugno, Bari, a seguito dell'esplosione  (Ansa/Turi)
La fabbrica di fuochi pirotecnici saltata in aria a Modugno, Bari, a seguito dell’esplosione (Ansa/Turi)

Una vera e propria strage quella di Modugno. Salgono a 9 le vittime accertate, 2 ancora i feriti gravi nel bilancio della violenta e tragica esplosione di venerdi mattina nella fabbrica di fuochi d’artificio Bruscella, alle porte di Modugno, Bari.

Da quanto riferito, i morti accertati finora sarebbero 6 italiani, 2 indiani e un cittadino albanese. Si tratta di Giuseppe Pellegrino, Vincenzo Armenise, Michele Pellicani, Vincenzo De Chirico, Nigah Kumar, Banga Harbaajan e Merja Samir. Ultimo Riccardo Postiglione, che era appeso da due giorni tra la vita e la morte.

Muore anche il titolare della ditta. Si tratta di Michele Bruscella, prima ricoverato insieme al parente Michele tra Brindisi e Napoli. Resta in condizioni critiche Antonio Pertino, ricoverato al Centro grandi ustionati del Policlinico di Bari .

L’esplosione è avvenuta nella tarda mattinata di venerdì nella fabbrica di fuochi pirotecnici Bruscella, che da quanto appreso aveva alle dipendenze oltre una decina di persone.

Ignote ancora le cause della scintilla che ha provocato la fortissima esplosione vicino a Modugno. Da una prima ricostruzione sembra che sia stato un furgone carico di fuochi a fare da miccia all’intero stabilimento. Esploso il furgone, è saltato in aria tutto. Un boato fortissimo, sentita a chilometri di distanza dall’azienda. Poi morte e distruzione. Probabilmente, anche il forte caldo di questi giorni avrà contribuito a fare da detonatore.

La fabbrica di fuochi pirotecnici saltata in aria a Modugno, Bari, a seguito dell'esplosione  (Ansa/Turi)
La fabbrica di fuochi pirotecnici saltata in aria a Modugno, Bari, a seguito dell’esplosione (Ansa/Turi)

La fabbrica è andata interamente distrutta e i Vigili del Fuoco stanno faticando non poco nello spegnimento dei diversi focolai che si sono generati, con rischi elevati di ulteriori esplosioni. Sul posto oltre ai Pompieri, anche due canadair che a rotazione stanno gettando tonnellate d’acqua sull’area interessata. A fuoco anche un boschetto che circondata la fabbrica, situata a Modugno, vicino Bitritto, fuori dal centro abitato.

Il procuratore di Bari, Giuseppe Volpe si è immediatamente recato sul posto, insieme a tutte le Forze dell’Ordine, Polizia e Carabinieri. Il magistrato ha detto che “ci vorranno almeno 24 ore affinché i vigili del fuoco possano accedere in sicurezza nella struttura che è crollata. Solo allora – ha aggiunto – si potrà fare un bilancio delle vittime che ad ora appare tragicamente alto”.

La fabbrica di fuochi pirotecnici saltata in aria a Modugno, Bari, a seguito dell'esplosione  (Ansa/Turi)
Macerie dell’azienda Bruscella a Modugno, Bari, dopo l’esplosione (Ansa/Turi)

Dalle prime risultanze, alcuni operai della fabbrica di fuochi d’artificio Bruscella stavano caricando il furgone di pirotecnici quando all’improvviso, per cause ancora da accertare, il mezzo è saltato in aria sbalzando violentemente le persone che vi stavano lavorando vicino.  I primi testimoni raccontano “una scena apocalittica”.

I Carabinieri presidiano la fabbrica Bruscella a Modugno
I Carabinieri presidiano la fabbrica Bruscella a Modugno

A distanza di 24 ore dalla tragedia, si lavora ancora per spegnere il fuoco, dopo si provvederà a scavare tra le macerie della fabbrica Bruscella di Modugno per cercare altre persone eventualmente coinvolte. I due feriti più gravi, i cui corpi sono semi carbonizzati, sono stati trasportati al Centro grandi ustionati di Bari. Uno di questi è in condizioni gravissime. Ustioni sul 100 per cento del povero corpo. E’ tenuto in coma farmacologico.

Intanto, il sindaco di Modugno, Nicola Magrone, ha proclamato due giorni di lutto cittadino. Uno per domenica 26 luglio, l’altro per il giorno dei funerali delle vittime. [Last update 25/07/2015 ore 13:56]

Migranti, gommone si ribalta in mare. Superstiti: "40 morti"

Lo sbarco dei superstiti al porto di Augusta
Lo sbarco dei superstiti al porto di Augusta

La strage di migranti nel Mare Nostrum continua. Secondo alcune testimonianze di superstiti di un naufragio a largo delle coste libiche, una quarantina di migranti sarebbero annegati in seguito all’affondamento di un gommone avvenuto mercoledi mattina davanti la Libia. Tra loro donne e bambini. I superstiti che hanno riferito questo ennesimo dramma, sono approdati giovedi pomeriggio ad Augusta dalla nave militare tedesca Holstein che ha soccorso complessivamente 283 profughi. I morti potrebbero essere molti di più secondo alcuni.

I superstiti del naufragio, una ottantina in tutto, sono stati raccolti da una nave mercantile prima di essere affidati alla nave militare tedesca Holstein, che ha soccorso diverse imbarcazioni nel canale di Sicilia.

Agli operatori dell’organizzazione umanitaria Save the children hanno raccontato che erano circa 120 su un gommone fatiscente partito dalla Libia che a un certo punto avrebbe cominciato a imbarcare acqua perché si è sgonfiato. Una quarantina di migranti, tra i quali donne e bambini, sarebbero annegati dopo essere finiti in mare.

Le testimonianze dei sopravvissuti vengono ritenute attendibili dall’organizzazione umanitaria. “Abbiamo parlato con diversi di loro – spiega Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save the children – e le versioni sono concordi. Ho davanti a me un ragazzo in lacrime perchè ha perduto il fratello”.

“Le vittime sarebbero tutte originarie di paesi dell’area sub sahariana”. Tra i 283 migranti sbarcati ad Augusta vi sono profughi provenienti da Somalia, Eritrea, ma anche Benin e Mali. Le operazioni di identificazione sulla banchina sono in corso. Non è stato ancora deciso dove saranno trasferiti.

Il leader della Lega Matteo Salvini è subito intervenuto su Twitter per evidenziare che la responsabilità di queste morti sono da attribuire al governo. “Che dicono i buoni di sinistra?”, si chiede Salvini.

Louisiana, strage al cinema. 3 morti, tra cui killer. Obama: "Io frustrato"

Gran theatre louisiana Louisiana, strage al cinema. 3 morti, tra cui killer. Obama: "Io frustrato"
Louisiana, strage al cinema. 3 morti, tra cui killer. Obama: “Io frustrato”

Tre persone sono state morte uccise in un cinema di Lafayette, in Louisiana, dove un uomo ha aperto il fuoco uccidendo almeno due persone e ferendone altre sette, per poi rivolgere l’arma contro se stesso e suicidarsi, ha riferito la Polizia.

Erano circa le 19.10 (1:10 in Italia) quando nel cinema Grand Theatre, una ventina di minuti dopo l’inizio del film ‘Trainwreck’, si è scatenato l’inferno. Un uomo bianco di 58 anni ha iniziato a sparare mentre c’erano un centinaio di persone a guardarsi il film.

Una donna che era nella sala, Katie Dominique, ha raccontato ad un giornale locale, “The Advertiser”, di aver udito un forte rumore, “e abbiamo creduto che fosse un fuoco d’artificio”.

Era invece, ha detto, “un uomo bianco anziano”, in piedi, che sparava, non nella sua direzione, e “non diceva nulla, non ho neanche udito le persone urlare”. Ma ha invece udito circa sei spari e a quel punto è fuggita.

Una protesta contro l'uso delle armi ai ragazzi
Una protesta contro l’uso delle armi ai ragazzi

Secondo quanto ha poi reso noto il capo della polizia locale, Jim Craft, l’uomo che ha aperto il fuoco era un bianco di 58 anni, di cui non si conosce ancora l’identità. Ha agito da solo, usando una pistola. Quando gli agenti sono arrivati nel cinema era già morto. La Polizia conosce l’identità del killer, ma non la rivelano “se non parliamo prima con i parenti delle vittime”, ha detto il colonnello Michael Edmonson della Polizia di Stato della Louisiana.

Ancora non si sa il movente della sparatoria. “Ancora non sappiamo se è stato un atto a caso o se ci sia una situazione diversa”, ha detto Craft. La tragedia è avvenuta a Lafayette, una città di circa 120.000 persone, a quasi 90 chilometri a ovest di Baton Rouge.

Jon Sopel intervista Barack Obama
Jon Sopel intervista Barack Obama

Intanto il presidente Barack Obama, in un’intervista a Jon Sopel alla Bbc, ha ammesso la sua incapacità di far passare la legge contro la detenzioni di armi negli Usa. “E’ una legge di buon senso”, ha detto il presidente americano, che si dice “veramente amareggiato” per queste stragi di massa che avvengono negli negli Stati Uniti. Questa legge ha ancora ammesso Obama è la più grande frustrazione della sua presidenza.

Verdini rinviato a giudizio. E filtra una velina: "Lascio Forza Italia"

Silvio Berlusconi e Denis Verdini (Ansa/Ferrari)
Silvio Berlusconi e Denis Verdini al Senato nel 2013 (Ansa/Ferrari)

Il senatore di Forza Italia Denis Verdini è stato rinviato a giudizio dal gup del Tribunale di Firenze, Anna Liguori, nell’ambito di un procedimento in cui vengono ipotizzati i reati di presunta bancarotta fraudolenta e di bancarotta preferenziale in relazione al fallimento di un’impresa edile di Campi di Bisenzio, in provincia di Firenze.

A quest’azienda, sarebbe stato concesso un affidamento da parte del Credito cooperativo fiorentino. Il coinvolgimento di Verdini viene ipotizzato in relazione al suo ruolo di presidente della banca all’epoca in cui si sono svolti i fatti.

A processo anche i due imprenditori titolari dell’azienda, padre e figlio. La prima udienza del processo si terrà il prossimo 13 ottobre.

Proprio nelle ore in cui c’è stato il rinvio a giudizio di Verdini per la presunta bancarotta, sono state fatte filtrare voci di un suo abbandono da Forza Italia. Fonti parlano ci sia stata una presunta colazione “turbolenta” a palazzo Grazioli, presenti Letta, Confalonieri, Ghedini e lo stesso leader di Forza Italia Sivio Berlusconi, dove, sempre secondo queste voci il “sostenitore” del patto del Nazareno siglato e poi abbandonato da Berlusconi, starebbe per lasciare gli azzurri per formare un gruppo autonomo in Parlamento. Gruppo che potrebbe essere, con alta probabilità, organico al governo guidato da Matteo Renzi.

Al momento sono solo voci né confermate né smentite. Probabilmente si tratta di una “velina” lanciata in pasto ai media per capire le reazioni, altrimenti sarebbe stato sufficiente un comunicato ufficiale di Verdini come hanno fatto tanti suoi ex colleghi che hanno lasciato Forza Italia.

Il motivo dell’addio sarebbe riconducibile alle “distanze” che segnano da tempo le posizioni del senatore Verdini con il leader di Forza Italia.

Ma il nocciolo vero è che Denis Verdini non ha mai digerito l’addio al patto del Nazareno, men che meno che la guida del partito sia stata di fatto affidata a Giovanni Toti, oggi governatore della Liguria. Una intesa, quella nella sede Pd, ufficialmente per fare le riforme insieme a Matteo Renzi (“le regole si scrivono insieme…”), ma di fatto un modo per fare da “stampella” a un governo che perde pezzi a sinistra e ne cerca di nuovi negli emicicli parlamentari. Verdini da grande mediatore politico è sempre riuscito a trovare le toppe giuste per rappezzare buchi piccoli e grandi.

Secondo la velina, Verdini, avrebbe detto a Berlusconi che lui ha i numeri per fare un gruppo. Bisognerà vedere. Non è escluso che riesca nel suo intento sebbene, secondo altre fonti, si starebbe cercando un compromesso per la successione a Berlusconi. Toti, giocoforza, non potrà più essere un punto di riferimento guida per Forza Italia e Verdini avrebbe avanzato l’ipotesi di prendere il suo posto, altrimenti via da Fi, sarebbe stato l’aut aut dell’ex falco.

La Nasa scopre Kepler 452B, pianeta gemello della Terra

Le proporzioni tra il Pianeta Terra (a sinistra) e il Pianeta Kepler-452b
Le proporzioni tra il Pianeta Terra (a sinistra) e il Pianeta Kepler-452b (Nasa)

La Nasa ha annunciato di aver scoperto “Kepler”, un pianeta simile al pianeta Terra. Sarebbe il “cugino” molto più anziano del nostro che si trova attorno ad un sistema simile al nostro sistema solare.

L’annuncio di questa eccezionale scoperta l’ha fatto, John Grunsfeld della Nasa in una conferenza con altri scienziati. Il nuovo pianeta “gemello” della Terra è stata chiamato “Kepler 452B”, dal nome del telescopio Keplero che l’ha individuato. Sul pianeta ci sono tutte le condizioni per esserci “Sorgenti di vita”.

“Gli anni su Kepler 452B sono della stessa lunghezza che qui sulla Terra – ha spiegato Jon Jenkins, capo analista dei dati provenienti dal telescopio della Nasa – ed ha trascorso miliardi di anni intorno la zona “abitabile” della sua stella. Il che significa che potrebbe aver ospitato vita sulla sua superficie ad un certo punto, o potrebbe ospitarla ora”.

“Kepler 452B – hanno evidenziato gli esperti – ha un’età di 6 miliardi di anni e riceve il 10% in più di energia dalla sua stella rispetto alla Terra”. La sua dimensione sarebbe compatibile con quella della Terra e anche il suo sistema solare. Ha un diametro per 60 percento superiore a quello della Terra.

La ricostruzione dei due sistemi solari del Pianeta Terra e del Pianeta Kepler-452b
La ricostruzione dei due sistemi solari del Pianeta Terra e del Pianeta Kepler-452b (Nasa)

La recente scoperta di Kepler-452B spiega la Nasa, è il più piccolo pianeta finora scoperto in orbita nella cosiddetta “zona abitabile” – la zona intorno ad una stella dove l’acqua liquida potrebbe stagnare sulla superficie di un pianeta orbitante – una stella di tipo G2, come il nostro Sole. La conferma della scoperta di “Kepler-452B” porta il numero totale dei pianeti conosciuti a 1.030, dicono alla Nasa.

Mentre Kepler-452b è più grande della Terra, la sua orbita attorno al suo Sole è di 385 giorni anziché i nostri 365 giorni. Il Sole attorno a cui orbita il pianeta gemello “Kepler-452B”, secondo gli scienziati, “è 1,5 miliardi di anni più vecchio del nostro Sole, ha la stessa temperatura, ed è il 20 percento più luminoso e con un diametro di 10 per cento più grande”.

“Siamo portati a pensare che Kepler-452B sia come un anziano e più grande cugino sulla Terra. Questo è un modo per cogliere l’opportunità di capire e riflettere sull’ambiente in continua evoluzione sulla Terra”, ha detto Jon Jenkins – scienziato e analista di dati alla Ames Research Center della NASA a Moffett Field, in California – che ha ha guidato il team che ha scoperto Kepler-452B.

“Siamo portati a considerare – ha aggiunto – che questo pianeta ha 6 miliardi di anni nella “zona abitabile” della sua stella: più di Terra. Questo è una grande opportunità per capire se c’è sorgente di vita. Dai primi dati dovrebbero esistere tutti gli ingredienti e le condizioni necessarie per la vita su questo pianeta”. Nella missione sono stati scoperti altri undici piccoli pianeti.

Ilva, Vendola sotto processo per presunta concussione

L'ex governatore della Puglia Nichi Vendola
L’ex governatore della Puglia Nichi Vendola (LaPresse/Merlini)

L’ex governatore pugliese Nichi Vendola, avrebbe prima fatto pressioni sul direttore dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, poi lo avrebbe addirittura “minacciato” se non avesse tenuto un atteggiamento più “morbido” sui “rigidi” report relativi alle emissioni nocive prodotte dall’Ilva di Taranto ritenute “eccessive” dalla stessa Agenzia regionale di protezione ambientale.

Per queste ragioni, il giudice per le udienze preliminari (Gup) del tribunale di Taranto, Vilma Gilli, ha rinviato a giudizio con l’accusa di concussione aggravata in concorso, l’ex presidente pugliese insieme ad altre 43 persone nell’ambito dell’inchiesta sul presunto disastro ambientale provocato dall’Ilva.

PM: VENDOLA AVREBBE CONSENTITO IL PROSEGUIMENTO DI EMISSIONI NOCIVE
Secondo la tesi accusatoria della Procura, Vendola avrebbe consentito all’Ilva di proseguire a produrre senza riduzioni di emissioni inquinanti, come invece suggerito dall’Arpa in una nota del 21 giugno 2010 stilata dopo una campionatura che aveva rilevato picchi di benzoapirene.

Sempre secondo l’accusa, Vendola avrebbe appunto “minacciato” la non riconferma di Assennato nel suo ruolo all’Arpa (era in scadenza a febbraio 2011) se non avesse eseguito la sua “direttiva”. I fatti contestati sono compresi nel periodo che va dal 22 giugno 2010 al 28 marzo 2011. La concussione aggravata è contestata a Vendola in concorso con l’ex responsabile Rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, l’ex vice presidente di Riva Fire Fabio Riva, l’ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto Luigi Capogrosso e il legale dell’Ilva Francesco Perli.

Lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto  (Ansa/Ingenito)
Lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto (Ansa/Ingenito)

Anche Giorgio Assennato, è finito sotto processo con l’accusa per favoreggiamento personale, mentre altri due imputati sono stati condannati con rito abbreviato: Si tratta di don Marco Gerardo, ex segretario dell’ex arcivescovo di Taranto Benigno Luigi Papa, e l’ex consulente della Procura pugliese Roberto Primerano. Al sacerdote, accusato di favoreggiamento personale, sono stati inflitti 10 mesi di reclusione (stessa richiesta della Procura); Primerano è stato condannato tre anni e quattro mesi per falso ideologico e assolto dalle accuse di disastro doloso in concorso e avvelenamento in concorso di acque o di sostanze alimentari.

VENDOLA: “SONO SERENO”
“Sarei insincero se dicessi, come si usa fare in queste circostanze, che sono sereno”, è il commento di Nichi Vendola dopo il rinvio a giudizio. “Sento come insopportabile – aggiunge – la ferita che mi viene inferta da un’accusa che cancella la verità storica dei fatti: quella verità è scritta in migliaia di atti, di documenti, di fatti. Io ho rappresentato la prima e l’unica classe dirigente che ha sfidato l’onnipotenza dell’Ilva e che ha prodotto leggi regionali all’avanguardia per il contrasto dell’inquinamento ambientale a Taranto”. “Come sempre mi difenderò nel processo e non dal processo”, ha concluso Vendola.

PROCURATORE SEBASTIO: “ACCOLTE LE NOSTRE TESI”
“Sembra che l’istanza accusatoria portata avanti dal mio ufficio abbia trovato quasi completo accoglimento”, afferma invece il procuratore di Taranto Franco Sebastio commentando la decisione del gup Vilma Gilli sui rinvii a giudizio e i riti abbreviati degli imputati dell’inchiesta per il disastro ambientale dell’Ilva. “Da una parte – ha aggiunto – per noi è un motivo di tranquillità. Siccome noi siamo sempre preoccupati per il fatto di poter commettere errori, sempre dietro l’angolo. Questa prima pronuncia, – sottolinea Sebastio – che va inquadrata nei tempi contenuti e ridotti di un provvedimento di rinvio a giudizio, ci rassicura, ci rasserena. A quanto pare errori, quanto meno madornali, non ne abbiamo commessi, fermo restando – ha concluso Sebastio – che ci sarà un approfondimento dibattimentale e poi si andrà alle decisioni di merito”.

Terrorismo, oggi interrogatorio per i fanatici dell'Isis arrestati in Italia

Conferenza stampa del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli di Milano dopo il blitz antiterrorismo
Conferenza stampa del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli di Milano dopo il blitz antiterrorismo

Saranno interrogati oggi, dal gip Elisabetta Meyer, i due presunti terroristi arrestati mercoledi a Brescia con un blitz della Digos e dalla della Polizia postale coordinato dalla procura di Milano che li accusa di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico.

Si tratta di un pakistano e un tunisino da qualche anno in Italia e presunti seguaci del Califfato: Briki Lassaad, classe ’80, nato a Kairouan (Tunisia) e Waqas Muhammad, classe ’88 nato, a Gujirat (Pakistan).

I due fanatici dell’Isis avrebbero avuto nel mirino, fra gli altri obiettivi, anche la base militare di Ghedi, nel bresciano. Uno dei due in una intercettazione, ha espresso la volonta di uccidere due o tre Carabinieri in servizio nella base militare.

Le indagini, condotte dagli uomini della Digos e del servizio Polizia postale, hanno permesso di accertare che i due, sostenitori dell’Isis, svolgevano continuativa attività di istigazione pubblica in rete. I due presunti terroristi avevano creato anche un account su Twitter “Islamic_State in Rom” e, secondo i pm, progettavano azioni terroristiche.

I due presunti terroristi  Briki Lassaad  e Waqas Muhammad
I due presunti terroristi Briki Lassaad e Waqas Muhammad

Sulla piattaforma Social – spiegano gli investigatori – c’erano messaggi minacciosi a firma Islamic State: sullo sfondo alcuni luoghi simbolo, a Roma e Milano, come il Colosseo, la stazione Centrale e il Duomo milanese.

Nei loro messaggi minacciosi, apparsi in forme diverse, già mesi addietro, in altre operazioni antiterrorismo, si legge: “Siamo nelle vostre strade. Siamo ovunque. Stiamo localizzando gli obiettivi, in attesa dell’ora X”. Messaggi scritti in italiano, arabo e francese, su foglietti tenuti in mano e, sullo sfondo, luoghi simbolo di Roma e Milano. Nei loro obiettivi ci sarebbero stati anche mezzi della Polizia di Stato e della Polizia locale, fermate della metropolitana, tratti autostradali e bandiere dell’Expo.

Uno dei messaggi minacciosi dei presunti terroristi
Uno dei messaggi minacciosi dei presunti terroristi

Le ordinanze di custodia cautelare sono state firmate dal gip Elisabetta Meyer che giovedi procederà con gli interrogatori. Secondo gli investigatori i due avevano i documenti in regola e vivevano in Italia da anni,in particolare nel Bresciano, a Manerbio.

I due sono stati a lungo pedinati dagli uomini della Digos con l’ausilio della polizia postale che ha avuto modo di registrare i messaggi che avevano scritto su delle buste da lettere. I due avevano scaricato da internet anche un “manuale per i mujahidin occidentali”, ha detto in conferenza stampa il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli.

Crocetta voleva suicidarsi: "Mi hanno salvato Lo Voi e un avvocato"

Se nelle ore concitate di quella presunta intercettazione anticipata dal settimanale l’Espresso e poi pubblicata il giorno seguente, il governatore siciliano Rosario Crocetta non ha commesso sciocchezze lo deve ad un avvocato suo amico e al procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi. Intervistato da Giuseppe Cruciani a “La Zanzara”, trasmissione radiofonica di Radio 24, Crocetta ha ammesso: “Non mi sono suicidato perché è intervenuto un procuratore perbene, Lo Voi, uno che si batte per la verità, uno apolitico. Lo ringrazio”.

“Oggi – aggiunge – sarei un uomo morto, infangato e forse tra qualche anno si sarebbe scoperto che avevano assassinato un uomo innocente. Ho pensato davvero di ammazzarmi e lo avrei fatto subito dopo l’uscita della notizia. Ma è arrivato il mio avvocato che mi ha preso in albergo, mi ha portato nel suo studio e mi ha detto che il procuratore stava verificando la notizia. Altrimenti sarei già un uomo morto. Piangevo, non mangiavo, non dormivo, non mi affacciavo alla finestra perché pensavo che qualcuno mi potesse guardare e mi insultasse, ho avuto paura di uscire di casa. Qualcosa di ignobile”.

“Senza quel giudice – commenta Crocetta – sarei una larva umana, è moralmente possibile tutto questo?”, si chiede il presidente siciliano che ha ribadito che non ha intenzione di dimettersi da presidente dopo la presunta “bufala” ordita “da chissà qauli poteri” nei suoi confronti. Crocetta spiega che per suicidarsi aveva pure trovato su internet “un modo veloce, sicuro, in modo che nessuno mi potesse salvare. Visto che non possiedo armi, mi sono chiesto: come mi ammazzo in modo che nessuno mi salvi? Pensavo alle tecniche che dovevo adottare per evitare l’arrivo di qualcuno, ho anche i militari sotto casa e un collaboratore vicino a me. Ma ho trovato un metodo facile, semplice. Lo avevo trovato ma non lo dico per paura delle emulazione. e’ una questione troppo delicata per parlarne”.

Il governatore della regione Sicilia Rosario Crocetta (Lapresse/Monaldo)
Il governatore della regione Sicilia Rosario Crocetta (Lapresse/Monaldo)

Ad oggi anche la procura di Messina, dopo quelle di Palermo e Caltanissetta smentiscono il settimanale l’Espresso: “Agli atti non esistono queste intercettazioni”. Quindi il governatore, dopo il “soccorso” di tre procure si dice tranquillo per il futuro. Alla domanda se appartiene ancora al Pd lui risponde “si”: “Io non mi dimetto. dovrebbero sfiduciarmi ma sarebbe come un golpe. Il partito potrebbe espellermi, ma lo statuto del partito recita che si può espellere solo chi ha subito condanne. Io non ne ho subite”.

Ironie su Davide Faraone, il renziano “padrone” del Pd siciliano, che aveva subito chiesto le dimissioni di Crocetta dopo la presunta intercettazione: “Di Faraoni ricordo quelli egizi”. Poi nella lunga chiacchierata con Radio 24 conferma il risarcimento di 10 milioni chiesti al settimanale che in una nota aveva comunque affermato che “la causa sarà l’occasione per dimostrare la nostra correttezza”.

Crocetta all’inizio dell’intervista esprimeva anche un altro concetto d’interesse:  e cioè, qualora fosse vero questo audio “io dato che secondo quanto pubblicato sto in silenzio, vengo accusato anche di stare in silenzio per cui uno è colpevole pure di essere assente in una conversazione”.

“Ma lei vuole fare chiudere l’Espresso con questo mega risarcimento di 10 milioni?”, è la domanda di Cruciani: “Sono anche pochi”, replica Crocetta”. La storia dunque continua, ma il tentativo di far fare un scivolone al governatore si sta rivelando un boomerang per molti che vedevano già la testa del governatore servita a Roma in un piatto d’argento.

De Luca vince la Severino. Unici rimasti fuori Scopelliti e B. Quando il coraggio paga

Vincezo De Luca
Vincezo De Luca

La “storia infinita” è finita come lui stesso, Vincenzo De Luca, ha sempre detto e ribadito: nel migliore dei modi. Un anziano leader che in molti volevano rottamare e che invece ha resistito alla imponente onda rinnovatrice di Renzi, il premier-segretario del Pd.

Il governatore della Campania eletto il 31 maggio scorso resterà tale. Nessuna legge, men che meno la Severino potrà mai levargli la soddisfazione di aver sfidato e asfaltato i “titani” schierati in massa contro di lui, prima delle primarie, poi in campagna elettorale e finanche dopo la elezione a presidente della Regione Calabria. E’ il coraggio, come dimostra la storia dello stesso presidente del Consiglio, paga sempre. Di questo, a De Luca, bisogna dargliene atto.

Il Tribunale civile di Napoli, che nella seduta del 17 luglio scorso aveva discusso ma si era riservata di decidere, ha accolto il ricorso di De Luca contro la sospensione della legge Severino. Il governatore della Campania resterà quindi nell’esercizio delle sue funzioni, salvo sorprese nei prossimi mesi.

Fulvio Bonavitacola, il vice di De Luca resterà a palazzo Santa Lucia ma non facente funzioni. Farà il vicepresidente come era stato deciso di fare. La sua nomina a vicepresidente, al di là delle indiscusse competenze, era stata fatta principalmente per mettere un uomo di fiducia al posto di De Luca qualora la vicenda legale avesse preso una piega diversa.

La prima sezione del tribunale civile, presieduta da Umberto Antico, ha accolto le richieste dei legali di De Luca, avvocati Lorenzo Lentini e Antonio Brancaccio dando a De Luca piena legittimità col lasciapassare di condurre la legislatura a termine. Mandato che in molti vedevano in bilico dopo la consultazione del maggio scorso. Nel valutare il caso De Luca, il collegio di giudici, lo stesso che avevano “riabilitato” il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, ha trasmesso gli atti alla Consulta per valutazioni sulla legittimità costituzionale della norma. Ma il Pd di Matteo Renzi sa bene che la legge così come impostata ha fatto soltanto danni. E’ inutile aspettare la Consulta, basta una modifica veloce in Parlamento. Renzi può farlo da subito perché nessuno può accusarlo di fare oggi, dopo la riabilitazione di De Luca, leggi ad personam. 

L'ex governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti
L’ex governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti

Una legge che ha già fatto “vittime” eccellenti, come l’ex governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti e lo stesso leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, fatto decadere da senatore con tutte le conseguenze politiche che si sono registrate.

Se vi sono stati dei ricorsi avversi a questa legge e ci sono stati magistrati che hanno sempre dato ragione ai ricorrenti ci sarà forse qualcosa che non va nella norma Severino, non nel collegio dei giudici campani!?! L’allora governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, (Centrodestra) ad esempio, colpito da una condanna di primo grado a sei anni per abuso d’ufficio, non fece ricorso, ma si dimise probabilmente spinto dall’impulso e dai “cattivi consigliori”.

Se gli uomini che allora lo circondavano –  tra cui i suoi avvocati, uno dei quali lo ha pure nominato senatore della Repubblica – gli avessero suggerito di ricorrere al Tar, probabilmente la storia della regione Calabria sarebbe stata diversa. Scopelliti non si sarebbe dimesso e, a quest’ora, forse, sarebbe ancora il presidente della Calabria. Una Regione che, nonostante l’elezione anticipata di Mario Oliverio (Pd), appare cristallizzata al 29 aprile 2014: giorno in cui l’ex governatore reggino protocollò le sue dimissioni in Consiglio regionale.

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi (Ap)

Da allora le “foglie” alla Regione Calabria sono sempre al loro posto. Per farle ruotare un po’ (le foglie), c’è stato bisogno di un violento tornado abbattutosi sui vertici della giunta Oliverio e sul consiglio regionale. Lui, che è estraneo a tutto il ciclone giudiziario “Erga omnes”, ha finito per nominare dopo 7 mesi la giunta regionale iniziata a “tappe” lo scorso gennaio.

La prima gliel’ha azzerata la procura di Reggio Calabria con l’inchiesta sulla rimborsopoli calabrese. La seconda, tutta tecnica, e nuova di zecca, l’ha nominata quasi due settimane fa. I risultati che produrrà questo nuovo esecutivo probabilmente li sapremo tra qualche tempo. Ora siamo a fine luglio. Se ne riparlerà a settembre-ottobre, dopo la tintarella estiva. Se i buoni propositi annunciati da Oliverio si riveleranno tali, forse si vedrà qualche frutto, altrimenti per i calabresi saranno “cactus”…  Intanto, la regione rimane “ostaggio” delle camarille e dei burocrati. Anche d’estate, mentre la politica nuota nel mare sporco calabrese.

Gioco d'azzardo online, scacco matto alla 'ndrangheta. 41 arresti

Gioco d'azzardo on line blitz della DiaQuarantuno arresti in tutta Italia, il sequestro di 56 imprese nazionali ed estere, 1.500 punti commerciali e 82 siti nazionali e internazionali, per un valore stimato pari a circa 2 miliardi di euro. E’ questo il bilancio di un blitz contro la ‘ndrangheta nell’ambito di un vorticoso giro d’affari illecito sul gioco d’azzardo e di scommesse online.

La retata, scattata all’alba, è coordinata dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) di Reggio Calabria ed eseguita dai comandi provinciali dei Carabinieri e della Guardia di finanza, della Squadra mobile della Polizia di Stato e unitamente al Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) e al nucleo speciale Frodi tecnologiche di Roma della Gdf.

A capo dell’attività di riciclaggio c’era il presunto boss della ‘Ndrangheta Francesco Ietto, già ai domiciliari nella sua casa di San Colombano al Lambro, nel milanese, per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Sono 28 le ordinanze di custodia cautelare in carcere, 13 misure cautelari degli arresti domiciliari, cinque divieti di dimora, cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, nonché al sequestro di 11 società estere, 45 società operanti nel settore dei giochi e delle scommesse operanti sul territorio nazionale, di oltre 1.500 punti commerciali per la raccolta di giocate, di 82 siti nazionali e internazionali di “gambling on line” e di innumerevoli immobili, il tutto per un valore stimato pari a circa 2 miliardi di euro.

I particolari dell’operazione saranno resi noti nell’ambito della conferenza stampa – presieduta dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e dal procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho – che si terrà alle ore 10:30 presso la sala Versace del Cedir di Reggio Calabria.

Le cosche hanno messo le mani da tempo sul gioco online illegale facendo profitti da capogiro. Nelle attività illecite, di “gambling on line”, che fruttano milioni di euro l’anno, gli utenti possono accedere a pagamento ai casinò online e tutti i giochi ritenuti d’azzardo come le scommesse ippiche, il poker, roulette e tantissimi altri “passatempi”

Crocetta mette una "croce" sull'Espresso: "Voglio 10 milioni di euro"

Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta
Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta

PALERMO – Il caso Crocetta, dopo la bufera politica, avrà dei risvolti legali. L’avvocato del governatore, in una conferenza stampa a Palermo, ha detto che “faremo un’azione civile risarcitoria chiedendo a L’Espresso 10 milioni di danni”, assicura riferendosi alla presunta intercettazione pubblicata dal settimanale tra il chirurgo plastico Matteo Tutino e Rosario Crocetta in cui il primo avrebbe detto al secondo che “Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori come suo padre”. Il legale ha anche detto che “non si possono mettere sullo stesso piano le dichiarazioni del procuratore Francesco Lo Voi (che smentisce l’esistenza di intercettazioni o trascrizioni di quel tenore attribuite al medico Matteo Tutino) e quelle del direttore de L’Espresso”.

L’Espresso dal canto suo ha ribadito la propria correttezza: “La causa annunciata dai legali di Rosario Crocetta – precisa la direzione del settimanale – può diventare l’occasione processuale per comprovare la piena correttezza del comportamento dell’Espresso e per fare definitiva chiarezza su quanto è avvenuto”.

In buona sostanza si saprà soltanto attraverso la causa risarcitoria se il presunto audio con la presunta frase attribuita a Tutino sarà vera oppure no. Il settimanale è sicuro di dimostrare in quella sede la propria “correttezza”.

La procura di Palermo per ben due volte aveva ribadito, con il procuratore Francesco Lo Voi, che quelle intercettazioni “non sono agli atti di nessun procedimento di questo ufficio e neanche tra quelle registrate dal Nas”, che ha in parte condotto le indagini su Villa Sofia, inchiesta che portò agli arresti domiciliari Matteo Tutino per presunti raggiri a danno del Servizio sanitario nazionale.

Intanto era avanzata con forza l’indiscrezione che quelle intercettazioni non fossero in possesso della procura di Palermo bensì in quella di Caltanissetta. Ma anche da questa procura arriva una secca smentita alle voci apparse stamane su alcuni quotidiani: “L’intercettazione tra Crocetta e Tutino non è agli atti della Procura di Caltanissetta. Se avessimo un’indagine su Tutino e quella conversazione, lo sapremmo”, ha sottolineato il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari.

Due procure che smentiscono l’esistenza di atti e il settimanale che invece sostiene che quella pubblicata è una intercettazione che esiste. “Risale al 2013 e fa parte dei fascicoli segretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo”, affermava l’altro giorno la direzione della testata.

Una querelle infinita tra smentite e conferme ma di cui finora non è stata mostrata né pubblicata la prova “principe” dell’accusa contro Tutino e Crocetta: ossia l’audio che il direttore del settimanale ha detto in una intervista di non esserne in possesso e fatto intendere di non averlo ascoltato. “Il nostro cronista – ha spiegato Vicinanza alla Stampa – l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”.

Una posizione che vacilla e che ha fatto calmare un po’ le acque nel Pd dopo l’anticipazione dello “scoop” del settimanale. Sono in tanti che chiedono da tempo le dimissioni di Crocetta, ma sulla presunta intercettazione sono emerse alcune contraddizioni che hanno costretto lo stesso Pd a fare marcia indietro rispetto alla posizione precipitosa assunta all’inizio. Se due procure affermano che quell’audio e quelle trascrizioni non esistono, gli stessi maggiorenti del Pd, almeno in privato, hanno cambiato atteggiamento nei confronti del “non amato” Crocetta.

Il governatore, che ha parlato di “dossieraggi” contro di lui, ha comunque fatto intendere che è disponibile a lasciare la guida della Regione Sicilia. Giusto il tempo di portare a termine riforme cui tiene. Poi in tribunale si saprà la verità sulla presunta intercettazione contenuta in un audio che, al momento, per due procure “non esiste”.

Una Biglia Blu di nome Terra. Immagini epiche dalla Nasa

Il Pianeta Terra come una Biglia Blu "Blue marble" fotografato da 1 milione e mezzo di chilometri da Epic (Nasa)
Il Pianeta Terra come una Biglia Blu “Blue marble” fotografato da 1 milione e mezzo di chilometri da Epic (Nasa)

Una “Biglia blu” di nome Terra immersa nel buio dell’Universo. Non sono ancora passate le forti emozioni per Plutone, “accarezzato” dalla sonda New Horizons, che la Nasa ci mostra un’altra immagine spettacolare del nostro pianeta ripreso da una distanza di oltre un milione e mezzo di chilometri dalla fotocamera Epic (Earth Polychromatic Imaging Camera) montata a bordo del satellite Deep Space Climate Observatory (Dscovr), la “sentinella” delle tempeste solari lanciata lo scorso febbraio dalla Nasa in collaborazione con l’aeronautica e l’agenzia statunitense per l’atmosfera e gli oceani (Noaa).

Nell’immagine la Terra somiglia a una biglia blu immersa nel buio dello spazio profondo. Una istantanea che sta appassionando astrofili e molte persone comuni.  Sono infatti milioni gli occhi “ipnotizzati” puntati su questa meraviglia dello Spazio. La foto rappresenta la versione più recente della famosa “Blue marble” (biglia blu) scattata nel 1972 dall’equipaggio dell’Apollo 17.

Tra questi ci sono perfino gli occhi del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che su Twitter definisce l’immagine come ”un meraviglioso promemoria della necessità di proteggere l’unico Pianeta che abbiamo”.

L’immagine policromatica, viene spiegato dalla Nasa, è stata scattata il 6 luglio scorso dalla fotocamera della Nasa (Epic), una telecamera CCD di quattro megapixel con telescopio che ha consentito la straordinaria combinazione di diverse foto per ottenere uno scatto di alta qualità. In primo piano mostra il nord e il centro America, mentre il turchese che colora le zone centrali è quello dei cristallini mari caraibici.

La tinta blu assunta dal Pianeta in questo ritratto è dovuta alla diffusione della luce solare generata dalle molecole dell’atmosfera. Per quanto romantico, questo effetto verrà eliminato dai tecnici che controllano la fotocamera Epic: a breve lo strumento inizierà a inviare ogni giorno nuove immagini della Terra, permettendo di monitorare il vento solare e il “meteo” spaziale in “real time”.

Catanzaro, Andrea Zingone uccide la madre e si suicida

Carabinieri sono accorsi subito dopo la tragedia di Catanzaro dove Andrea Zingone ha ucciso la madre e si lanciato dal 5° pianoCATANZARO – Omicidio-suicidio a Catanzaro. Un uomo di 55 anni, Andrea Zingone, si è tolto la vita gettandosi dal quinto piano del palazzo dove abitava dopo avere ucciso a coltellate la madre Fermina Gagliardi, di 79 anni, e successivamente si è tolto la vita lanciandosi nel vuoto. La tragedia è avvenuta stamattina all’alba in un palazzo di via Acri, nel centro di Catanzaro.

A scoprire il cadavere della donna, nel bagno dell’appartamento riversa in una pozza di sangue, sono stati i carabinieri, accorsi dopo avere appreso del suicidio dell’uomo. I militari hanno forzato la porta dell’abitazione, che era chiusa dall’interno, e hanno trovato, proprio vicino al bagno, un coltello da cucina con evidenti tracce di sangue. Subito dopo la scoperta del cadavere di Fermina Gagliardi.

L’uomo, sposato e padre di due figli, viveva con la madre dopo essersi separato dalla moglie. Andrea Zingone era un agente di commercio. Prima di compiere il suo gesto sembra non avere lasciato biglietti per spiegare i motivi della tragedia.

Svolta sul delitto di Ismaele Lulli. Confessano i due albanesi. "Ucciso per gelosia"

I due presunti killer di Ismaele Lulli Igli Meta e Marjo Mema
I due presunti killer di Ismaele Lulli, Igli Meta e Marjo Mema

Hanno confessato i due giovani albanesi Igli Meta e Marjo Mema di 20 e 19 anni fermati con l’accusa di aver ucciso Ismaele Lulli. Il movente è passionale. Una gelosia morbosa da parte di Igli la cui fidanzata 19enne si vedeva ogni tanto con Ismaele.

I due presunti assassini, secondo quanto rivelato dai Carabinieri in una conferenza stampa a Pesaro, avrebbero teso una trappola al giovane. I tre, che si conoscevano, si sono dati appuntamento per una bagnetto al fiume. I due giovani albanesi hanno invitato Ismaele a salire sull’auto di uno dei giovani per “divertirsi un po’”, nelle acque del torrente. Lui, che non sospettava nulla è salito “spontaneamente, senza costrizioni”. Un trappola verso la morte.

Invece del fiume, Igli e Marjo, lo hanno condotto con una scusa a San Martino in Selva Nera, sotto il Casale e lì, per dargli “la punizione esemplare” lo avrebbero prima legato con un nastro adesivo marrone per imballaggi e poi gli è stata sferrata una violentissima coltellata al collo nei pressi di una croce di ferro. I due sono poi andati a farsi il bagno nel fiume, per lavare il sangue che avevano addosso.

Ismaele Lulli è stato “quasi decapitato”, ha detto il colonnello Antonio Sommese , che ha condotto le indagini insieme ai suoi uomini. Uno dei due giovani, sembra Igli Meta, ha riferito il colonnello, “è stato bloccato in auto e stava per rientrare precipitosamente in patria”.

Dopo il delitto hanno preso il suo cellulare e avrebbero inviato l’ormai famoso Sms a dei parenti con su scritto: “Vado a Milano, non cercatemi”. Un gesto per rallentare e deviare le prime indagini dopo che la madre del giovane aveva denunciato il mancato rientro a casa domenica sera. La donna non ha mai creduto che Ismaele volesse andar via così, senza un valido motivo. I due erano molto legati, e mai Ismaele avrebbe esternato la volontà di partire per “Milano”, almeno così, su due piedi.

Da questa prima incongruenza è partita la caccia ai killer che col passare delle ore si sono visti stringere sempre di più il cerchio attorno a loro. I Carabinieri, dopo il ritrovamento del cadavere di Lulli hanno cominciato con estrema discrezione a setacciare le vite di amici e conoscenti. A scandagliare i profili social, le chat, i telefoni. Fino a quando per, esclusione, sono giunti ai due giovani albanesi, anche attraverso testimonianze rese da alcuni amici.

Secondo ciò che gli inquirenti hanno raccolto dai due presunti killer, il movente è passionale.  Uno dei giovani. Igli Meta era accecato dall’ira, al punto da far pagare con la vita a Ismaele Lulli, un ragazzo di soli 17 anni, “lo sgarbo” di frequentare la “sua” fidanzata. Una “Frequentazione assolutamente innocente”, hanno riferito fra l’altro alcuni investigatori. Da quanto riferito in conferenza stampa, sembra che a fare le prime ammissioni sarebbe stato l’amico di Meta, Marjo Mema che avrebbe avuto un ruolo più marginale, ossia non sarebbe stato lui “l’architetto” del piano omicida né “l’esecutore materiale” del delitto, ma Igli Meta, il fidanzato della diciannovenne che si frequentava con Ismaele Lulli.

La svolta martedi, quando i militari dell’Arma dopo alcune ore di interrogatorio hanno formalmente fermato i due giovani Igli Meta e Marjo Mema, uno residente a Urbania, l’altro a Sant’Angelo in Vado. Sono gravemente indiziati della morte di Ismaele Lulli, 17 anni, trovato con la gola squarciata e con mani e piedi legati da un nastro adesivo per cartoni.

In caserma i due ragazzi già nella serata di martedi hanno cominciato a fare le prime ammissioni. Da subito l’attenzione dei militari del Comando provinciale di Pesaro Urbino, guidati dal colonnello Antonio Sommese, è stata particolarmente concentrata su di loro. Dopo l’interrogatorio e le formalità di rito i due sono stati tradotti in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria per la convalida o meno del fermo da parte del Gip.

Da quanto si apprende, durante l’interrogatorio sono emerse numerose contraddizioni tra le due versioni dei ragazzi, interrogati in due stanze separate. Divergenze, queste, insieme agli indizi e alle prime ammissioni, che avrebbero convinto i militari dell’Arma a eseguire i decreti di fermo.

Sulla morte violenta del ragazzo Ismaele Lulli, di 17 anni, fino a martedi mattina, regnava un fitto mistero. I due ragazzi non hanno reso una vera e propria confessione, ma agli occhi degli investigatori sembra che che ancora non abbiano contezza di quel che avrebbero commesso.

Il ragazzo era scomparso domenica sera ed è stato ritrovato sgozzato in un dirupo lunedi mattina nei pressi di un casale abbandonato in località San Martino in Selva Nera, nel comune di Sant’Angelo in Vado (Pesaro e Urbino nelle Marche).

Ad un primo esame, il cadavere presenta un profondo taglio alla gola: non è escluso che sia stato ferito a morte in un altro posto e trasportato di sera nel boschetto, dove è stato ritrovato.

I Carabinieri, sono giunti sul posto dopo essere stati avvisati da una residente che era di passaggio sul posto. Dopo essere sceso nella boscaglia a pochi metri da una chiesetta, ha fatto la brutta scoperta del cadavere di Ismaele Lulli. Lo ha trovato, ha riferito l’uomo ai militari, riverso a pancia in giù e attorno al corpo c’erano copiose tracce di sangue.

Vicino il cadavere i militari dell’Arma hanno rinvenuto due zainetti e tracce di nastro adesivo sul tronco. Il ritrovamento dei due zaini, in località San Martino in Selva Nera, secondo alcune fonti, starebbe portando gli investigatori sulle tracce del possibile omicida. La zona viene setacciata alla ricerca, anche, dell’arma del delitto che potrebbe essere un grosso coltello.

Le indagini, affidate ai carabinieri, sono dirette dal sostituto procuratore di Urbino, Irene Lilliu. martedi è giunti il Ris di Roma. Ismaele Lulli, abita in paese con la madre, la quale dopo il mancato rientro a casa domenica si era preoccupata e ha dato l’allarme ai Carabinieri. Le ricerche sono scattate subito.

Ismaele Lulli, il ragazzo di 17 anni trovato sgozzato in un dirupo (Facebook)
Ismaele Lulli, il ragazzo di 17 anni trovato sgozzato in un dirupo (Facebook)

L’ipotesi più accreditata è omicidio. Ma si ritiene sia difficile che una ferita di quelle proporzioni possa essere fatta da sola, in una sorte di tentato omicidio o di autolesionismo. Pare che Ismaele Lulli, studente dell’istituto alberghiero di Piobbico, domenica pomeriggio avesse mandato un sms a un parente con su scritto: “Vado via a Milano, non cercatemi”. Un messaggio che fonti investigative ritengono possa essere inviato di proposito proprio dai killer al fine di depistare le prime indagini dopo il cruento omicidio. Così sembra infatti essere stato dopo la svolta di mercoledi 22 luglio, in cui i due hanno cominciato a collaborare.

La mamma di Ismaele ha aspettato che rientrasse in casa, ma inutilmente. Poi ha chiamato i Carabinieri. Gli investigatori indagano a 360 gradi, non si esclude nessuna pista, nemmeno quella della droga. Sotto esame ci sono oltre agli zainetti, il cellulare del ragazzo da cui si cerca di capire con chi si sia messo in contatto negli ultimi giorni. Dalle celle telefoniche, non è difficile capire i movimenti delle ultime ore. Poi ci sono le chat dei Social. E’ probabile che si fosse dato appuntamento con qualcuno. Un qualcuno ancora senza volto né nome e che potrebbe essere il suo assassino/i. E’ inevitabile che le indagini si allarghino alla cerchia di amici e conoscenti oltre ai parenti. Il cerchio attorno ai killer si stringe. E i due amici sotto torchio in caserma, forse sanno come sono andate veramente le cose. [Ultimo aggiornamento 23/07/2015 ore 13:21]

Fifa, Blatter contestato a Zurigo. Pioggia di dollari per lui

Il burlone Simon Brodkin contesta Blatter con una mazzetta di banconote
Il burlone Simon Brodkin contesta Blatter con una mazzetta di banconote

Il presidente della Fifa Sepp Blatter è stato costretto a interrompere una conferenza stampa a Zurigo in seguito alla singolare contestazione del giovane burlone britannico, Simon Brodkin, nome d’arte Lee Nelson, il quale si è avvicinato con una mazzetta di dollari tirandogliela in faccia.

Molto imbarazzato, Blatter ha chiamato la sicurezza che ha portato via Brodkin ma è stato comunque costretto a rinviare la conferenza stampa in cui la Fifa doveva comunicare le elezioni del nuovo presidente, data fissata per il prossimo 26 febbraio. Elezioni, com’è noto, che si svolgereranno dopo le annunciate dimissioni di Sepp Blatter che a sorpresa, ha deciso di rimettere il mandato dopo che era stato appena rieletto per la quinta volta consecutiva.

Le dimissioni sono anche il frutto della mega inchiesta in cui è stata travolta tutta la federazione del calcio mondiale, con i vertici e i vice di Blatter arrestati per corruzione.

La burla di Simon Brodkin, con la mazzetta di banconote, era evidentemente riferita alla presunta corruzione che alimenterebbe i vertici della Fifa e naturalmente all’ultima indagine dell’Fbi a Zurigo.

Contestato Blatter. Pioggia di dollari per lui da burlone Simon Brodkin
Contestato Blatter. Pioggia di dollari per lui da burlone Simon Brodkin (Epa/Leanza)

Brodkin è noto per i suoi scherzi e appena il mese scorso ha interrotto, salendo sul palco, a Glastonbury, il celebre rapper Kanye West.

Ha cercato di unirsi alla squadra inglese mentre salivano sull’aereo che portava la squadra in Brasile per il campionato del mondo del 2014 e ha anche cercato di riscaldarsi con i giocatori del Manchester City prima di una partita di Premier League contro l’Everton nel 2013. Insomma, un burlone che ha pure molto seguito.

Lui, Sepp Blatter ha comunque fatto sapere di non voler più correre per la presidenza. “Non sarò candidato alle elezioni presidenziali nel 2016”, ha detto Sepp Blatter. “La Fifa avrà un nuovo presidente”.


Secondo alcune indiscezioni apprese dall’Ansa, a poter prendere il posto di Blatter potrebbe essere Micle Platini, ex campione della Juve e attuale presidente dell’Uefa. Platini, in seguito all’inchiesta dell’Fbi, era stato molto duro con Blatter, al punto da chiederne le dimissioni.

Apprensione per il rapimento dei 4 italiani in Libia. Si teme l'Isis

Impianto energetico a Mellitah, Libia
Impianto energetico a Mellitah, Libia

Potrebbe esserci lo spettro dell’Isis dietro il rapimento di Gino Tullicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla rapiti domenica sera in Libia, presso gli stabilimenti petroliferi dell’Eni a Mellitah.

I quattri tecnici italiani, da quanto si apprende, sarebbero stati prelevati mentre rientravano dalla Tunisia dopo un sopralluogo in un altro stabilimento energetico.

Secondo quanto riferisce la tv araba Al Jazeera, il sequestro sarebbe stato operato da milizie del Califfato, ma ancora non ci sono conferme, si parla anche di milizie tribali.

I gruppi dell’Isis operanti in Libia sarebbero tre: Il Gruppo “Provincia di Fezzan”, “Provincia di Tripoli”, “Provincia di Barqa”. Ma le intelligence non escludono che possano essere stati rapiti da “cani sciolti”, cioè gente che non appartiene a nessuna organizzazione organica all’Is, ma “mercenari” in cerca del riscatto. Dalla Farnesina fanno infatti sapere che non si tratta di “rappresaglia contro l’Italia”. Probabilmente si tratta di tribù locali in cerca di soldi.

Stamane è stato lo stesso ministero degli Esteri a diffondere una nota dove si informava che “quattro italiani sono stati rapiti in Libia nei pressi del compound dell’Eni” nella zona di Mellitah, vicino Zuwara, a nord del paese, dove vi sono in costruzione imponenti impianti energetici di “Oil e Gas”. Si tratta di quattro dipendenti della Bonatti Spa, società petrolifera con sede a Parma che ha subappaltato dei lavori.

L’Unità di Crisi si è immediatamente attivata per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con la ditta Bonatti. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha riferito che dopo il rapimento, nella notte tra domenica e lunedi “sono stati avvisati tutti i familiari” dei 4 italiani rapiti in Libia. Come noto in seguito alla chiusura dell’ambasciata d’Italia in Libia il 15 febbraio, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del paese invitando tutti i connazionali a lasciare la Libia.

Per il ministro degli esteri Paolo Gentiloni “è al momento difficile fare ipotesi” sugli autori del rapimento dei quattro connazionali in Libia. Il ministro lo ha detto a margine di una riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue oggi a Bruxelles, precisando che l’Unità di crisi della Farnesina sta lavorando con urgenza.

La sede della Mellitah Oil e Gas a Tripoli
La sede della Mellitah Oil e Gas a Tripoli

La Bonatti Spa è un General contractor internazionale che ha sede a Parma. L’azienda, si legge sul sito istituzionale della Bonatti, servizi di ingegneria, costruzione, gestione e manutenzione impianti per l’industria dell’energia. Ha sussidiarie o associate in Arabia Saudita, Egitto, Algeria, Kazakhstan, Austria, Messico Canada, Mozambico e Libia. Bonatti opera in 16 nazioni: Algeria, Austria, Canada, Egitto, Francia, Germania, Iraq, Italia, Kazakhstan, Messico, Mozambique, Romania, Arabis Saudita, Spagna, Turkmenistan e appunto Libia.

Al momento non è giunta alcuna rivendicazione sul rapimento dei quattro dipendenti della Bonatti. Ma in molti temono possano essere finiti nelle mani delle milizie del Califfato dell’Isis, che controlla gran parte di quei territori. Il ministro degli Esteri ha fatto sapere di essere in costante contatto con la nostra intelligence.

Famiglie comprensibilmente provate e in ansia per il destino dei loro congiunti. Apprensione per il sequestro è stato espresso da tutto il mondo politico ed istituzionale, a cominciare dal capo dello Stato Sergio Mattarella che sta seguendo da vicino gli sviluppi del sequestro. La procura di Roma ha aperto una inchiesta Il reato che configurano i magistrati romani sono sequestro di persona a scopo di terrorismo. Il pm ha affidato ai Carabinieri del Ros i primi accertamenti per ricostruire quanto accaduto.

Roma, trovato morto suicida Caiazza, presunto killer dell'orafo

Il presunto Killer Ludovico Caiazza, è un pregiudicato 32enne originario di Napoli, tossicodipendente.
Il presunto Killer Ludovico Caiazza (Ansa/Percossi)

Ludovico Caiazza, il presunto killer dell’orafo romano Giancarlo Nocchia ucciso nel suo negozio il 15 luglio scorso, è stato trovato impiccato nella sua cella di isolamento. Evidentemente non retto alle pressioni di essere ritenuto l’omicida del gioielliere.

L’uomo, di origini napoletane, si è suicidato con un lenzuolo nel reparto di isolamento del penitenziario di Regina Coeli. Il suo corpo è stato senza vita è stato rinvenuto intorno alle 23 di domenica sera dagli agenti della polizia penitenziaria che dovevano sottoporre il detenuto a un controllo ogni quindici minuti. Inutili sono stati soccorsi.

L’allarme è scattato quando le guardie si sono accorti che in cella c’era qualcosa che non andava. Entrati, lo trovato appeso al lenzuolo che hanno subito tagliato per prestare i primi soccorsi, ma era ormai troppo tardi. L’ambulanza è arrivata a Regina Coeli in pochi minuti ma la corsa in ospedale è stata inutile. Caiazza era già morto.

Caiazza, una entrato in carcere sabato notte, nella giornata di domenica, ha avuto un colloquio con la psicologa alla quale non è sfuggito “il forte stato di agitazione” del detenuto. Stato di agitazione probabilmente dovuto all’astinenza da droga. Da quello che hanno riferito gli inquirenti, il giovane 32enne, era un tossicodipendente.
Dopo l’incotro con la psicologa, c’è stato un incontro di un’ora tra il presunto omicida e l’avvocato d’ufficio.

La procura di Roma ha aperto ora un fascicolo sul suicido di Caiazza. Anche il Dap ha aperto un procedimento. Dopo la cattura da parte del Nucleo investigativo dei Carabinieri ancora non era stato sottoposto a interrogatorio di garanzia da parte dei magistrati. Era ancora in stato di fermo. Il gip non ha avuto il tempo di valutare gli esiti investigativi per convalidare o meno in arresto il fermo di Caizza.

Il procedimento, affidato al pubblico ministero, Sergio Colaiocco, è rubricato come “atti relativi”, cioè senza ipotesi di reato e senza indagati. L’esame autoptico è stato disposto per martedi 21 luglio.

Caiazza, 32 anni, era stato fermato sabato dai Carabinieri, nei pressi della stazione di Latina, dopo una gigantesca caccia all’uomo. Era in compagnia di un altro uomo e aveva con sé due pistole e un borsone che con la refurtiva che si ritiene sia quella della gioielleria Nocchia, svaligiata il pomeriggio del 15 luglio scorso e in cui è stato ucciso l’orafo Giancarlo Nocchia, di 70 anni.

Rosario Crocetta e il giallo dell'audio che "non esiste"

Da sinistra Francesco Lo Voi, Luigi Vicinanza, Lucia Borsellino e Rosario Crocetta
Da sinistra Francesco Lo Voi, Luigi Vicinanza, Lucia Borsellino e Rosario Crocetta

Rosario Crocetta, presidente della giunta siciliana resterà al suo posto. “Non mi dimetto. Se il Pd vuole che mi dimetta provi a sfuciarmi, ma sarebbe un golpe”, ha ribadito anche oggi.

Non lascia, il governatore, anzi “combatte” per portare a termine la legislatura come affermava in un twitt prima dello scandalo, ma soprattutto per dimostrare che quella “orchestrata” contro di lui è “senza dubbio un’azione di dossieraggio”, ribadisce dopo che l’Espresso ha pubblicato l’ormai famosa intercettazione in cui il suo chirurgo plastico Matteo Tutino avrebbe pronunciato al telefono la presunta quanto inquietante frase “Lucia Borsellino, va fermata, va fatta fuori come suo padre”.

Il governatore della Sicilia si era autosospeso dalla presidenza, istituto che non esiste nello statuto della regione, ma è comunque un modo per dare un “segnale di responsabilità”. Nel senso che sarebbe stato pronto a dimettersi. Ma una volta avuto il “quadro” della situazione più nitido, ci ha ripensato. E a Repubblica conferma: “Mi hanno distrutto, ucciso, perché è questo che volevano: farmi fuori, eliminarmi. Ci stavano riuscendo, ma tutto sta diventato chiaro e lo diventerà ancora di più. Palermo è un tritacarne, lo sapevo e ne ho la conferma”.

Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta
Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta

Rosario Crocetta in un “tritacarne”, destinatario di “dossieraggi” costruiti “ad arte” per farlo fuori. Il governatore torna a ribadire che lui quella frase non l’ha mai sentita. E lo conferma e ribadisce il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi che dopo la prima smentita dell’Espresso si sarà sentito come imbarazzato. “Ribadisco quanto contenuto nel comunicato stampa di giovedi 16 luglio. L’intercettazione tra il dottor Tutino e il presidente Crocetta, di cui riferisce la stampa, non è agli atti di alcun procedimento di questo ufficio e neanche tra quelle registrate dal Nas”.

Il settimanale l’Espresso dal canto suo replica e conferma che quella intercettazione esiste e sull’Ansa si legge: “Non c’è solo l’inchiesta nell’ambito della quale il medico Matteo Tutino è stato arrestato. Ci sono altri filoni di indagine, altri documenti”, dice alla Stampa di Torino Luigi Vicinanza, direttore del settimanale che ha pubblicato lo scoop.

“Il dialogo esiste – conferma Vicinanza – ma non fa parte degli atti pubblici, quelli a disposizione delle parti coinvolte. Pertanto ribadiamo quanto pubblicato nel giornale in edicola”. Alla domanda se questa telefonata sia stata ascoltata, il direttore replica: “Sì. E’ una chiamata che risale al 2013. Posso confermare che l’audio è sporco, ci sono alcune interferenze. I due parlano con grande confidenza, a tratti in siciliano”.

Il direttore del settimanale l'Espresso Luigi Vicinanza
Il direttore del settimanale l’Espresso Luigi Vicinanza

Il giornale non è in possesso dell’audio: “Il nostro cronista – spiega Vicinanza – l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”. “La conversazione – spiega ancora – fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo. Stiamo parlando di oltre 10mila pagine”.

Un vero giallo da cui è difficile immaginare “una via d’uscita” se a questo punto non si ascolta l’audio. Nessuno mette in dubbio le affermazioni di Vicinanza, men che meno le dichiarazioni della Procura di Palermo che intanto ha aperto una inchiesta per capirci meglio. Se negli uffici della Procura non esistono intercettazioni e trascrizioni di quel tenore, da dove spunta la telefonata?, è la domanda che si pongono in molti.

Il chirurgo plastico Matteo Tutino
Il chirurgo plastico Matteo Tutino

Gli scenari dopo l’apertura di un fascicolo sono teoricamente due, che come vedremo sono come il cane che si morde la coda. Il giornalista estensore dell’articolo non è tenuto a rivelare le fonti, ma potrebbe passare guai per violazione del segreto istruttorio. Ossia il giornalista sarebbe venuto in possesso di documenti secretati. Ipotesi che a questo punto crollerebbe dal momento che il procuratore afferma che “non esiste alcuna intercettazione” in quei fascicoli.

L’altra è la presunta ricettazione da parte del giornalista, ma anche quì, se il settimanale nega di essere in possesso dell’audio, ovviamente cade anche questa ipotesi di reato che si sarebbe configurata come la trafugazione di un atto coperto da segreto istruttorio. Ci sono stati molti casi di giornalisti sotto processo per reati di questo tipo.

Lucia Borsellino
Lucia Borsellino

Se veramente esiste l’audio, come conferma il direttore, sarebbe opportuno farlo spuntare fuori altrimenti, ci si chiede: potrebbe avere ragione Rosario Crocetta che verrebbe accusato esclusivamente sulla “fiducia” e sulla “parola” del direttore Vicinanza? Poiché l’audio al momento non è saltato fuori e forse non spunterà mai, se è vero come dice Lo Voi che” non esiste”. Avrà ragione Rosario Crocetta a parlare di “dossieraggio”? Prudenza, perché l’Espresso non nasce ieri e prima di pubblicare una notizia bomba di questo tenore, il direttore e il suo cronista avranno di sicuro fatto il loro lavoro verificando non una ma cento volte l’audio e la trascrizione, come ricorda la Carta dei doveri del giornalista. Ci sono tuttavia dei passaggi non molto chiari, a tratti contraddittori.

Il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi
Il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi

“Il nostro cronista l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”, afferma Vicinanza facendo intendere che lui personalmente l’audio non l’ha ascoltato. Prima però dice “Sì. E’ una chiamata che risale al 2013. Posso confermare che l’audio è sporco, ci sono alcune interferenze. I due parlano con grande confidenza, a tratti in siciliano”. Quindi, Vicinanza riferisce particolari come se la traccia audio fosse stata ascoltata da lui direttamente, ma poi afferma che: “Il nostro cronista l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”. L’ha ascoltata o no la telefonata?

Questo fa presumere che solo il cronista dell’Espresso ha ascoltato l’audio e poi il direttore, che si immagina riponga piena fiducia nel suo giornalista, abbia riferito quei particolari: “…Audio sporco, ci sono alcune interferenze, a tratti parlavano in siciliano…”. Può darsi che nella trascrizione dall’audio “sporco” il giornalista abbia potuto sbagliare? Per esempio un “Non” saltato per le interferenze; negazione che cambierebbe totalmente il senso della frase choc: tipo “Lucia Borsellino, [non] va fermata, [non] va fatta fuori come suo padre”, riferita chissà a quali circostanze investivative. Soltanto un banale dubbio che solo l’audio originale potrà fugare.

Omicidio Nocchia, fermato su un treno Ludovico Caiazza. Aveva due pistole e la refurtiva

Il presunto killer Ludovico Caiazza (LaPresse/Livieri)
Il presunto killer Ludovico Caiazza (LaPresse/Livieri)

Si chiama Ludovico Caiazza, ha 32 anni ed è originario di Napoli il presunto killer del gioielliere Giancarlo Nocchia fermato ieri sera dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Roma di via In Senci. I militari dell’Arma, da quanto si è appreso, lo hanno fermato su un treno all’altezza di Latina. Era in compagnia di un altro uomo, aveva due pistole e un borsone con la refurtiva. Ai Carabinieri che lo hanno individuato e bloccato sembra non abbia opposto resistenza.

L’annuncio del fermo è stato dato in serata sia dai Carabinieri sia dal ministro dell’Interno Angelino Alfano in un twitt. L’uomo è fortemente indiziato di aver ucciso, in seguito a una rapina, il gioielliere Giancarlo Nocchia di 70 anni.

I Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, affermano che si tratta di un tossicodipendente. L’omicidio di Giancarlo Nocchia è avvenuto nel pomeriggio del 15 giugno scorso in via Gracchi a Roma, quartiere Prati.

Il gioielliere è stato ucciso nel suo negozio alla riapertura pomeridiana dell’esercizio. Durante la rapina, l’aggressore ha prima massacrato di botte l’anziano titolare per poi colpirlo a morte con un corpo contundente al capo o comunque “compatibili” con il calcio di una pistola

Il presunto killer Ludovico Caiazza
Zoom sul presunto killer Ludovico Caiazza (LaPresse/Livieri)

Intanto venerdi è stata eseguita l’autopsia sul corpo dell’uomo. La morte sarebbe avvenuta appunto per le profonde ferite alla testa. Sul cadavere i medici legali hanno anche rinvenuto ferite da tagli agli arti. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti il rapinatore killer avrebbe usato una parrucca per entrare nella gioielleria. Nocchia avrebbe aperto la porta dall’interno perché apparentemente il rapinatore killer sembrava un cliente come tanti altri.

L’omicida potrebbe essere stato in possesso di un coltello. Una volta all’interno del laboratorio, ha minacciato con l’arma Giancarlo Nocchia per costringerlo a farsi dare i gioielli. Alla reazione contraria dell’orafo, il killer si è accanito con una furia violentissima fino a procurargli la morte. Poi con tutta calma avrebbe svuotato le vetrine, i cassetti e il bancone di servizio per andarsene indisturbato.

Il presunto Killer  Ludovico Caiazza, è un pregiudicato 32enne originario di Napoli, tossicodipendente.
Il presunto Killer Ludovico Caiazza dopo le formalità di rito viene tradotto in carcere. (Ansa/Percossi)

Ancora non è stato ritrovato né l’oggetto contundente, né il coltello. Nella zona sono stati ispezionati tutti i cassonetti dei rifiuti, ma senza esiti positivi. Le forze dell’Ordine hanno acquisito tutte le registrazioni video delle telecamere della zona, che è super sorvegliata per essere vicina alla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio.

Secondo quanto si era appreso nei giorni scorsi, dopo l’omicidio il killer, che avrebbe agito da solo senza complici, sarebbe fuggito forse a piedi per poi a qualche centinaio di metri allontanarsi in moto.

Giancarlo Nocchia
La vittima Giancarlo Nocchia

Le attività investigative sul delitto non si sono mai fermate e dopo una colossale caccia all’uomo da parte degli inquirenti, in serata la clamorosa svolta dei Carabinieri con il fermo del potenziale sospetto su un treno all’altezza della stazione di Latina. Aveva due pistole e un borsone con la refurtiva. Caiazza era in compagnia di una persona.

Probabilmente si tratta di un rapinatore in trasferta. Gli inquirenti cercano di capire se ha commesso la rapina dopo un soggiorno di qualche giorno da qualche suo amico a Roma per studiare le abitudini di Nocchia. Se fosse così è inevitabile che qualcuno avrebbe favorito e “coperto” la sua azione criminale. Da tossicodipendente, qual è, è probabile che dopo la rapina l’uomo si è dovuto procacciare della droga per uso personale.

Il sospetto dopo le formalità di rito presso la caserma del Nucleo Investigativo di Roma, in via In Selci, è stato tradotto in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è congratulato con il generale Tullio Del Sette, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri per l’operazione che ha portato all’arresto del sospettato per l’omicidio del gioielliere di via Dei Gracchi a Roma. Lo riferiscono fonti di Palazzo Chigi. Anche il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha fatto giungere ai militari dell’Arma le sue congratulazioni.

Il comandante della Benemerita, Del Sette si è a sua volta recato personalmente presso la stazione dei Carabinieri per  congratularsi coi gli uomini del Nucleo investigativo dopo la svolta positiva nelle indagini.

L’omicidio dell’orafo aveva scosso tutto il quartiere “bene” di Roma Prati. Molti residenti in seguito alla rapina culminata nel drammatico omicidio si sono lamentati per l’assenza di sicurezza nella zona. Molti commercianti sono molto preoccupati per la recrudescenza criminale che si è sviluppata nella Capitale negli ultimi anni.

La rivoluzione copernicana di Renzi: "Via la tassa sulla prima casa"

Matteo Renzi durante il suo intervento all'assemblea nazionale del Pd all'Expo di Milano  - Nel 2016 "aboliremo la tassa sulla prima casa"
Matteo Renzi durante il suo intervento all’assemblea nazionale del Pd all’Expo di Milano (Ansa/Bazzi)

Nel 2016 “aboliremo la tassa sulla prima casa”. E’ questa la “rivoluzione copernicana” che Matteo Renzi promette all’assemblea nazionale del Pd all’Expo di Milano.

Rispetto all’azione di governo, dice all’auditorium di Rho, “se ci giriamo indietro vediamo dei passi significativi. Vediamo una situazione economica che torna a darci speranza” ma, sorride il premier-segretario, nel partito democratico, per queste cose, “non c’è né entusiamo né gioia”.

IL PREMIER CONTRO LA TRIBU’ DEI MUSI LUNGHI
Il capo del governo ce l’ha con la “tribù dei musi lunghi”, con quanti in questi mesi invece di dare un contrubuto e credere nell’azione di governo con “entusiasmo e passione” forse ha remato “contro”, afferma invocando un’operazione verità sugli “esiti elettorali e ciò che il governo andrà a fare” perché, è il messaggio del premier alla “tribù dei musi lunghi”, “avremo anche perso qualche comune e la Liguria” ma in passato “si perdeva molto di più”, scandisce il premier.

“NEL 2016 VIA LA TASSA SULLA PRIMA CASA”
Poi dritto ai contenuti, con qualche sorpresa tanto cara al centrodestra, il presidente del Consiglio annuncia la sua “rivoluzione copernicana”.”Se riusciremo a mantenerere in pista il cantiere delle riforme, e io sono certo che lo faremo, dopo che nel 2014 abbiamo fatto il taglio dando 80 euro a chi guadagna meno di 1500 euro al mese, dopo che nel 2015 abbiamo eliminato l’Irap su costo del lavoro; nel 2016 – alza il tiro il premier – elimineremo la tassa sulla prima casa, l’Imu agricola e l’imu sugli imbullonati”. E questo, sottolinea il premier, “lo faremo noi, perché gli altri hanno fatto finta, lo hanno detto, e poi l’hanno rimessa”.

“MIO IMPEGNO A RIDURRE TASSE IN 5 ANNI CHE NON HA PARAGONI”
Ma non è finita, perché “nel 2017 interverremo sull’Ires e sull’Irap per sostenere la competitività delle aziende, e nel 2018, prima della campagna elettorale (per le elezioni politiche, ndr), la conclusione di questo percorso con gli interventi sugli scaglioni Irpef e sulle pensioni, mantenendo la curva del debito un po’ meno forte di quello che dice il Fiscal compact, intervenendo con 20 miliardi di euro sugli investimenti che già ci sono. Il mio impegno quì, di fronte a voi è quello di fare per cinque un intervento di riduzione delle tasse che non ha paragoni nella storia repubblicana d questo paese”.

Renzi all'assemblea nazionale del Pd all'Expo di Milano
Renzi all’assemblea nazionale del Pd all’Expo di Milano (Ansa/Bazzi)

QUESTO PD PUO’ FARE RIVOLUZIONE COPERNICANA”
“Questo è il Pd che può realizzare una rivoluzione copernicana”. Una rivoluzione “senza aumentare il debito per i nostri figli”, ha affermato il premier davanti ai delegati dem applaudono.

“RISPETTEREMO IMPEGNI EUROPEI”
“Dal 2016 l’Italia continuerà a rispettare” i parametri europei – ha aggiunto – “niente colpi a sorpresa. Il problema che riguarda l’Italia e va tenuto sotto controllo è il debito. Rispetteremo i parametri nei prossimi tre anni perché non vogliamo che la curva del debito continui a crescere”.

“IL PD NON è PIU’ PARTITO DELLE TASSE”
“Il Pd non è più il partito delle tasse, non lo so se lo è mai stato ma nella percezione pubblica sì – ha detto il premier – La destra sembrava partito di innovazione e investimenti sul futuro mentre noi facevamo attenzione ai conti. Ora nel Pd non ci sarà nessun cambiamento genetico sui valori, sulla cultura politica, sugli ideali, ma sulle tasse sì. Saremo i primi che le riducono davvero e perciò saremo considerati credibili”

I TEMPI DELLE RIFORME
“La riforma della Pubblica amministrazione entro il 7 agosto avrà la lettura definitiva in Senato. Nel mese settembre dobbiamo chiudere al Senato la riforma costituzionale, prima della legge di stabilità”. Sulle unioni civili “la discussione può essere fatta insieme al gruppo della Camera in modo che alla Camera la lettura sia confermativa e si possa definitivamente approvare entro l’anno la legge sulle unioni civili. Abbiamo 20 miliardi di euro per investimenti nelle infrastrutture che non stiamo spendendo: da qui al 31 dicembre 2016 andranno spesi fino all’ultimo centesimo”. “Venerdì 24 a Palazzo Chigi gli operai di Whirlpool entreranno a firmare l’accordo che salverà quella azienda”

L'assemblea nazionale del Pd all'Expo di Milano ascolta l'intervento di Matteo Renzi- Faremo rivoluzione copernicana
L’assemblea nazionale del Pd all’Expo di Milano ascolta l’intervento di Matteo Renzi (Ansa/Bazzi)

“CON NOI PAESE IN RIPRESA”
“La politica sembrava imbambolata e ferma”, sottolinea Renzi difendendendo la sua azione di governo. Una politica cui “sembrava impossibile che riuscisse a mostrare il volto della decisione e invece in sette mesi abbiamo deciso perché la politica che non decide non fa il suo mestiere. Sette mesi fa – spiega il presidente dela Consiglio – eravamo preoccupati che le riforme potessero essere bloccate nella palude: non sono qui a dirvi che sono state sbloccate ma che grazie a quelle riforme l’economia si è rimessa in moto e adesso è il momento di fare il salto di qualità e siamo in grado di farlo. Ciò che abbiamo fatto con nostri deputati e senatori in un arco di tempo abbastanza limitato è particolarmente degno di onore e orgoglio perché ha consentito al Paese di ripartire. Lo dimostrano i numeri crudi di questi giorni e delle ultime ore sono spesso oscurati dalla grancassa del disfattismo cosmico”.

L’ATTACCO A SALVINI
“Discutiamo di tutto ma restiamo umani di fronte a un dolore che ha diritto alla dignità. Se una bambina muore non permettiamo che per un punto nei sondaggi si rinunci a essere persone umane”, ha sbottato Renzi con espresso riferimento a Matteo Salvini a cui dedica delle slide e degli ironici passaggi sul suo abbigliamento. Il leader del Carroccio replica: “Ma Renzi pensa che siamo tutti scemi?”

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