9 Ottobre 2024

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Gioco d'azzardo online, scacco matto alla 'ndrangheta. 41 arresti

Gioco d'azzardo on line blitz della DiaQuarantuno arresti in tutta Italia, il sequestro di 56 imprese nazionali ed estere, 1.500 punti commerciali e 82 siti nazionali e internazionali, per un valore stimato pari a circa 2 miliardi di euro. E’ questo il bilancio di un blitz contro la ‘ndrangheta nell’ambito di un vorticoso giro d’affari illecito sul gioco d’azzardo e di scommesse online.

La retata, scattata all’alba, è coordinata dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) di Reggio Calabria ed eseguita dai comandi provinciali dei Carabinieri e della Guardia di finanza, della Squadra mobile della Polizia di Stato e unitamente al Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) e al nucleo speciale Frodi tecnologiche di Roma della Gdf.

A capo dell’attività di riciclaggio c’era il presunto boss della ‘Ndrangheta Francesco Ietto, già ai domiciliari nella sua casa di San Colombano al Lambro, nel milanese, per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Sono 28 le ordinanze di custodia cautelare in carcere, 13 misure cautelari degli arresti domiciliari, cinque divieti di dimora, cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, nonché al sequestro di 11 società estere, 45 società operanti nel settore dei giochi e delle scommesse operanti sul territorio nazionale, di oltre 1.500 punti commerciali per la raccolta di giocate, di 82 siti nazionali e internazionali di “gambling on line” e di innumerevoli immobili, il tutto per un valore stimato pari a circa 2 miliardi di euro.

I particolari dell’operazione saranno resi noti nell’ambito della conferenza stampa – presieduta dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e dal procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho – che si terrà alle ore 10:30 presso la sala Versace del Cedir di Reggio Calabria.

Le cosche hanno messo le mani da tempo sul gioco online illegale facendo profitti da capogiro. Nelle attività illecite, di “gambling on line”, che fruttano milioni di euro l’anno, gli utenti possono accedere a pagamento ai casinò online e tutti i giochi ritenuti d’azzardo come le scommesse ippiche, il poker, roulette e tantissimi altri “passatempi”

Crocetta mette una "croce" sull'Espresso: "Voglio 10 milioni di euro"

Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta
Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta

PALERMO – Il caso Crocetta, dopo la bufera politica, avrà dei risvolti legali. L’avvocato del governatore, in una conferenza stampa a Palermo, ha detto che “faremo un’azione civile risarcitoria chiedendo a L’Espresso 10 milioni di danni”, assicura riferendosi alla presunta intercettazione pubblicata dal settimanale tra il chirurgo plastico Matteo Tutino e Rosario Crocetta in cui il primo avrebbe detto al secondo che “Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori come suo padre”. Il legale ha anche detto che “non si possono mettere sullo stesso piano le dichiarazioni del procuratore Francesco Lo Voi (che smentisce l’esistenza di intercettazioni o trascrizioni di quel tenore attribuite al medico Matteo Tutino) e quelle del direttore de L’Espresso”.

L’Espresso dal canto suo ha ribadito la propria correttezza: “La causa annunciata dai legali di Rosario Crocetta – precisa la direzione del settimanale – può diventare l’occasione processuale per comprovare la piena correttezza del comportamento dell’Espresso e per fare definitiva chiarezza su quanto è avvenuto”.

In buona sostanza si saprà soltanto attraverso la causa risarcitoria se il presunto audio con la presunta frase attribuita a Tutino sarà vera oppure no. Il settimanale è sicuro di dimostrare in quella sede la propria “correttezza”.

La procura di Palermo per ben due volte aveva ribadito, con il procuratore Francesco Lo Voi, che quelle intercettazioni “non sono agli atti di nessun procedimento di questo ufficio e neanche tra quelle registrate dal Nas”, che ha in parte condotto le indagini su Villa Sofia, inchiesta che portò agli arresti domiciliari Matteo Tutino per presunti raggiri a danno del Servizio sanitario nazionale.

Intanto era avanzata con forza l’indiscrezione che quelle intercettazioni non fossero in possesso della procura di Palermo bensì in quella di Caltanissetta. Ma anche da questa procura arriva una secca smentita alle voci apparse stamane su alcuni quotidiani: “L’intercettazione tra Crocetta e Tutino non è agli atti della Procura di Caltanissetta. Se avessimo un’indagine su Tutino e quella conversazione, lo sapremmo”, ha sottolineato il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari.

Due procure che smentiscono l’esistenza di atti e il settimanale che invece sostiene che quella pubblicata è una intercettazione che esiste. “Risale al 2013 e fa parte dei fascicoli segretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo”, affermava l’altro giorno la direzione della testata.

Una querelle infinita tra smentite e conferme ma di cui finora non è stata mostrata né pubblicata la prova “principe” dell’accusa contro Tutino e Crocetta: ossia l’audio che il direttore del settimanale ha detto in una intervista di non esserne in possesso e fatto intendere di non averlo ascoltato. “Il nostro cronista – ha spiegato Vicinanza alla Stampa – l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”.

Una posizione che vacilla e che ha fatto calmare un po’ le acque nel Pd dopo l’anticipazione dello “scoop” del settimanale. Sono in tanti che chiedono da tempo le dimissioni di Crocetta, ma sulla presunta intercettazione sono emerse alcune contraddizioni che hanno costretto lo stesso Pd a fare marcia indietro rispetto alla posizione precipitosa assunta all’inizio. Se due procure affermano che quell’audio e quelle trascrizioni non esistono, gli stessi maggiorenti del Pd, almeno in privato, hanno cambiato atteggiamento nei confronti del “non amato” Crocetta.

Il governatore, che ha parlato di “dossieraggi” contro di lui, ha comunque fatto intendere che è disponibile a lasciare la guida della Regione Sicilia. Giusto il tempo di portare a termine riforme cui tiene. Poi in tribunale si saprà la verità sulla presunta intercettazione contenuta in un audio che, al momento, per due procure “non esiste”.

Una Biglia Blu di nome Terra. Immagini epiche dalla Nasa

Il Pianeta Terra come una Biglia Blu "Blue marble" fotografato da 1 milione e mezzo di chilometri da Epic (Nasa)
Il Pianeta Terra come una Biglia Blu “Blue marble” fotografato da 1 milione e mezzo di chilometri da Epic (Nasa)

Una “Biglia blu” di nome Terra immersa nel buio dell’Universo. Non sono ancora passate le forti emozioni per Plutone, “accarezzato” dalla sonda New Horizons, che la Nasa ci mostra un’altra immagine spettacolare del nostro pianeta ripreso da una distanza di oltre un milione e mezzo di chilometri dalla fotocamera Epic (Earth Polychromatic Imaging Camera) montata a bordo del satellite Deep Space Climate Observatory (Dscovr), la “sentinella” delle tempeste solari lanciata lo scorso febbraio dalla Nasa in collaborazione con l’aeronautica e l’agenzia statunitense per l’atmosfera e gli oceani (Noaa).

Nell’immagine la Terra somiglia a una biglia blu immersa nel buio dello spazio profondo. Una istantanea che sta appassionando astrofili e molte persone comuni.  Sono infatti milioni gli occhi “ipnotizzati” puntati su questa meraviglia dello Spazio. La foto rappresenta la versione più recente della famosa “Blue marble” (biglia blu) scattata nel 1972 dall’equipaggio dell’Apollo 17.

Tra questi ci sono perfino gli occhi del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che su Twitter definisce l’immagine come ”un meraviglioso promemoria della necessità di proteggere l’unico Pianeta che abbiamo”.

L’immagine policromatica, viene spiegato dalla Nasa, è stata scattata il 6 luglio scorso dalla fotocamera della Nasa (Epic), una telecamera CCD di quattro megapixel con telescopio che ha consentito la straordinaria combinazione di diverse foto per ottenere uno scatto di alta qualità. In primo piano mostra il nord e il centro America, mentre il turchese che colora le zone centrali è quello dei cristallini mari caraibici.

La tinta blu assunta dal Pianeta in questo ritratto è dovuta alla diffusione della luce solare generata dalle molecole dell’atmosfera. Per quanto romantico, questo effetto verrà eliminato dai tecnici che controllano la fotocamera Epic: a breve lo strumento inizierà a inviare ogni giorno nuove immagini della Terra, permettendo di monitorare il vento solare e il “meteo” spaziale in “real time”.

Catanzaro, Andrea Zingone uccide la madre e si suicida

Carabinieri sono accorsi subito dopo la tragedia di Catanzaro dove Andrea Zingone ha ucciso la madre e si lanciato dal 5° pianoCATANZARO – Omicidio-suicidio a Catanzaro. Un uomo di 55 anni, Andrea Zingone, si è tolto la vita gettandosi dal quinto piano del palazzo dove abitava dopo avere ucciso a coltellate la madre Fermina Gagliardi, di 79 anni, e successivamente si è tolto la vita lanciandosi nel vuoto. La tragedia è avvenuta stamattina all’alba in un palazzo di via Acri, nel centro di Catanzaro.

A scoprire il cadavere della donna, nel bagno dell’appartamento riversa in una pozza di sangue, sono stati i carabinieri, accorsi dopo avere appreso del suicidio dell’uomo. I militari hanno forzato la porta dell’abitazione, che era chiusa dall’interno, e hanno trovato, proprio vicino al bagno, un coltello da cucina con evidenti tracce di sangue. Subito dopo la scoperta del cadavere di Fermina Gagliardi.

L’uomo, sposato e padre di due figli, viveva con la madre dopo essersi separato dalla moglie. Andrea Zingone era un agente di commercio. Prima di compiere il suo gesto sembra non avere lasciato biglietti per spiegare i motivi della tragedia.

Svolta sul delitto di Ismaele Lulli. Confessano i due albanesi. "Ucciso per gelosia"

I due presunti killer di Ismaele Lulli Igli Meta e Marjo Mema
I due presunti killer di Ismaele Lulli, Igli Meta e Marjo Mema

Hanno confessato i due giovani albanesi Igli Meta e Marjo Mema di 20 e 19 anni fermati con l’accusa di aver ucciso Ismaele Lulli. Il movente è passionale. Una gelosia morbosa da parte di Igli la cui fidanzata 19enne si vedeva ogni tanto con Ismaele.

I due presunti assassini, secondo quanto rivelato dai Carabinieri in una conferenza stampa a Pesaro, avrebbero teso una trappola al giovane. I tre, che si conoscevano, si sono dati appuntamento per una bagnetto al fiume. I due giovani albanesi hanno invitato Ismaele a salire sull’auto di uno dei giovani per “divertirsi un po’”, nelle acque del torrente. Lui, che non sospettava nulla è salito “spontaneamente, senza costrizioni”. Un trappola verso la morte.

Invece del fiume, Igli e Marjo, lo hanno condotto con una scusa a San Martino in Selva Nera, sotto il Casale e lì, per dargli “la punizione esemplare” lo avrebbero prima legato con un nastro adesivo marrone per imballaggi e poi gli è stata sferrata una violentissima coltellata al collo nei pressi di una croce di ferro. I due sono poi andati a farsi il bagno nel fiume, per lavare il sangue che avevano addosso.

Ismaele Lulli è stato “quasi decapitato”, ha detto il colonnello Antonio Sommese , che ha condotto le indagini insieme ai suoi uomini. Uno dei due giovani, sembra Igli Meta, ha riferito il colonnello, “è stato bloccato in auto e stava per rientrare precipitosamente in patria”.

Dopo il delitto hanno preso il suo cellulare e avrebbero inviato l’ormai famoso Sms a dei parenti con su scritto: “Vado a Milano, non cercatemi”. Un gesto per rallentare e deviare le prime indagini dopo che la madre del giovane aveva denunciato il mancato rientro a casa domenica sera. La donna non ha mai creduto che Ismaele volesse andar via così, senza un valido motivo. I due erano molto legati, e mai Ismaele avrebbe esternato la volontà di partire per “Milano”, almeno così, su due piedi.

Da questa prima incongruenza è partita la caccia ai killer che col passare delle ore si sono visti stringere sempre di più il cerchio attorno a loro. I Carabinieri, dopo il ritrovamento del cadavere di Lulli hanno cominciato con estrema discrezione a setacciare le vite di amici e conoscenti. A scandagliare i profili social, le chat, i telefoni. Fino a quando per, esclusione, sono giunti ai due giovani albanesi, anche attraverso testimonianze rese da alcuni amici.

Secondo ciò che gli inquirenti hanno raccolto dai due presunti killer, il movente è passionale.  Uno dei giovani. Igli Meta era accecato dall’ira, al punto da far pagare con la vita a Ismaele Lulli, un ragazzo di soli 17 anni, “lo sgarbo” di frequentare la “sua” fidanzata. Una “Frequentazione assolutamente innocente”, hanno riferito fra l’altro alcuni investigatori. Da quanto riferito in conferenza stampa, sembra che a fare le prime ammissioni sarebbe stato l’amico di Meta, Marjo Mema che avrebbe avuto un ruolo più marginale, ossia non sarebbe stato lui “l’architetto” del piano omicida né “l’esecutore materiale” del delitto, ma Igli Meta, il fidanzato della diciannovenne che si frequentava con Ismaele Lulli.

La svolta martedi, quando i militari dell’Arma dopo alcune ore di interrogatorio hanno formalmente fermato i due giovani Igli Meta e Marjo Mema, uno residente a Urbania, l’altro a Sant’Angelo in Vado. Sono gravemente indiziati della morte di Ismaele Lulli, 17 anni, trovato con la gola squarciata e con mani e piedi legati da un nastro adesivo per cartoni.

In caserma i due ragazzi già nella serata di martedi hanno cominciato a fare le prime ammissioni. Da subito l’attenzione dei militari del Comando provinciale di Pesaro Urbino, guidati dal colonnello Antonio Sommese, è stata particolarmente concentrata su di loro. Dopo l’interrogatorio e le formalità di rito i due sono stati tradotti in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria per la convalida o meno del fermo da parte del Gip.

Da quanto si apprende, durante l’interrogatorio sono emerse numerose contraddizioni tra le due versioni dei ragazzi, interrogati in due stanze separate. Divergenze, queste, insieme agli indizi e alle prime ammissioni, che avrebbero convinto i militari dell’Arma a eseguire i decreti di fermo.

Sulla morte violenta del ragazzo Ismaele Lulli, di 17 anni, fino a martedi mattina, regnava un fitto mistero. I due ragazzi non hanno reso una vera e propria confessione, ma agli occhi degli investigatori sembra che che ancora non abbiano contezza di quel che avrebbero commesso.

Il ragazzo era scomparso domenica sera ed è stato ritrovato sgozzato in un dirupo lunedi mattina nei pressi di un casale abbandonato in località San Martino in Selva Nera, nel comune di Sant’Angelo in Vado (Pesaro e Urbino nelle Marche).

Ad un primo esame, il cadavere presenta un profondo taglio alla gola: non è escluso che sia stato ferito a morte in un altro posto e trasportato di sera nel boschetto, dove è stato ritrovato.

I Carabinieri, sono giunti sul posto dopo essere stati avvisati da una residente che era di passaggio sul posto. Dopo essere sceso nella boscaglia a pochi metri da una chiesetta, ha fatto la brutta scoperta del cadavere di Ismaele Lulli. Lo ha trovato, ha riferito l’uomo ai militari, riverso a pancia in giù e attorno al corpo c’erano copiose tracce di sangue.

Vicino il cadavere i militari dell’Arma hanno rinvenuto due zainetti e tracce di nastro adesivo sul tronco. Il ritrovamento dei due zaini, in località San Martino in Selva Nera, secondo alcune fonti, starebbe portando gli investigatori sulle tracce del possibile omicida. La zona viene setacciata alla ricerca, anche, dell’arma del delitto che potrebbe essere un grosso coltello.

Le indagini, affidate ai carabinieri, sono dirette dal sostituto procuratore di Urbino, Irene Lilliu. martedi è giunti il Ris di Roma. Ismaele Lulli, abita in paese con la madre, la quale dopo il mancato rientro a casa domenica si era preoccupata e ha dato l’allarme ai Carabinieri. Le ricerche sono scattate subito.

Ismaele Lulli, il ragazzo di 17 anni trovato sgozzato in un dirupo (Facebook)
Ismaele Lulli, il ragazzo di 17 anni trovato sgozzato in un dirupo (Facebook)

L’ipotesi più accreditata è omicidio. Ma si ritiene sia difficile che una ferita di quelle proporzioni possa essere fatta da sola, in una sorte di tentato omicidio o di autolesionismo. Pare che Ismaele Lulli, studente dell’istituto alberghiero di Piobbico, domenica pomeriggio avesse mandato un sms a un parente con su scritto: “Vado via a Milano, non cercatemi”. Un messaggio che fonti investigative ritengono possa essere inviato di proposito proprio dai killer al fine di depistare le prime indagini dopo il cruento omicidio. Così sembra infatti essere stato dopo la svolta di mercoledi 22 luglio, in cui i due hanno cominciato a collaborare.

La mamma di Ismaele ha aspettato che rientrasse in casa, ma inutilmente. Poi ha chiamato i Carabinieri. Gli investigatori indagano a 360 gradi, non si esclude nessuna pista, nemmeno quella della droga. Sotto esame ci sono oltre agli zainetti, il cellulare del ragazzo da cui si cerca di capire con chi si sia messo in contatto negli ultimi giorni. Dalle celle telefoniche, non è difficile capire i movimenti delle ultime ore. Poi ci sono le chat dei Social. E’ probabile che si fosse dato appuntamento con qualcuno. Un qualcuno ancora senza volto né nome e che potrebbe essere il suo assassino/i. E’ inevitabile che le indagini si allarghino alla cerchia di amici e conoscenti oltre ai parenti. Il cerchio attorno ai killer si stringe. E i due amici sotto torchio in caserma, forse sanno come sono andate veramente le cose. [Ultimo aggiornamento 23/07/2015 ore 13:21]

Fifa, Blatter contestato a Zurigo. Pioggia di dollari per lui

Il burlone Simon Brodkin contesta Blatter con una mazzetta di banconote
Il burlone Simon Brodkin contesta Blatter con una mazzetta di banconote

Il presidente della Fifa Sepp Blatter è stato costretto a interrompere una conferenza stampa a Zurigo in seguito alla singolare contestazione del giovane burlone britannico, Simon Brodkin, nome d’arte Lee Nelson, il quale si è avvicinato con una mazzetta di dollari tirandogliela in faccia.

Molto imbarazzato, Blatter ha chiamato la sicurezza che ha portato via Brodkin ma è stato comunque costretto a rinviare la conferenza stampa in cui la Fifa doveva comunicare le elezioni del nuovo presidente, data fissata per il prossimo 26 febbraio. Elezioni, com’è noto, che si svolgereranno dopo le annunciate dimissioni di Sepp Blatter che a sorpresa, ha deciso di rimettere il mandato dopo che era stato appena rieletto per la quinta volta consecutiva.

Le dimissioni sono anche il frutto della mega inchiesta in cui è stata travolta tutta la federazione del calcio mondiale, con i vertici e i vice di Blatter arrestati per corruzione.

La burla di Simon Brodkin, con la mazzetta di banconote, era evidentemente riferita alla presunta corruzione che alimenterebbe i vertici della Fifa e naturalmente all’ultima indagine dell’Fbi a Zurigo.

Contestato Blatter. Pioggia di dollari per lui da burlone Simon Brodkin
Contestato Blatter. Pioggia di dollari per lui da burlone Simon Brodkin (Epa/Leanza)

Brodkin è noto per i suoi scherzi e appena il mese scorso ha interrotto, salendo sul palco, a Glastonbury, il celebre rapper Kanye West.

Ha cercato di unirsi alla squadra inglese mentre salivano sull’aereo che portava la squadra in Brasile per il campionato del mondo del 2014 e ha anche cercato di riscaldarsi con i giocatori del Manchester City prima di una partita di Premier League contro l’Everton nel 2013. Insomma, un burlone che ha pure molto seguito.

Lui, Sepp Blatter ha comunque fatto sapere di non voler più correre per la presidenza. “Non sarò candidato alle elezioni presidenziali nel 2016”, ha detto Sepp Blatter. “La Fifa avrà un nuovo presidente”.


Secondo alcune indiscezioni apprese dall’Ansa, a poter prendere il posto di Blatter potrebbe essere Micle Platini, ex campione della Juve e attuale presidente dell’Uefa. Platini, in seguito all’inchiesta dell’Fbi, era stato molto duro con Blatter, al punto da chiederne le dimissioni.

Apprensione per il rapimento dei 4 italiani in Libia. Si teme l'Isis

Impianto energetico a Mellitah, Libia
Impianto energetico a Mellitah, Libia

Potrebbe esserci lo spettro dell’Isis dietro il rapimento di Gino Tullicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla rapiti domenica sera in Libia, presso gli stabilimenti petroliferi dell’Eni a Mellitah.

I quattri tecnici italiani, da quanto si apprende, sarebbero stati prelevati mentre rientravano dalla Tunisia dopo un sopralluogo in un altro stabilimento energetico.

Secondo quanto riferisce la tv araba Al Jazeera, il sequestro sarebbe stato operato da milizie del Califfato, ma ancora non ci sono conferme, si parla anche di milizie tribali.

I gruppi dell’Isis operanti in Libia sarebbero tre: Il Gruppo “Provincia di Fezzan”, “Provincia di Tripoli”, “Provincia di Barqa”. Ma le intelligence non escludono che possano essere stati rapiti da “cani sciolti”, cioè gente che non appartiene a nessuna organizzazione organica all’Is, ma “mercenari” in cerca del riscatto. Dalla Farnesina fanno infatti sapere che non si tratta di “rappresaglia contro l’Italia”. Probabilmente si tratta di tribù locali in cerca di soldi.

Stamane è stato lo stesso ministero degli Esteri a diffondere una nota dove si informava che “quattro italiani sono stati rapiti in Libia nei pressi del compound dell’Eni” nella zona di Mellitah, vicino Zuwara, a nord del paese, dove vi sono in costruzione imponenti impianti energetici di “Oil e Gas”. Si tratta di quattro dipendenti della Bonatti Spa, società petrolifera con sede a Parma che ha subappaltato dei lavori.

L’Unità di Crisi si è immediatamente attivata per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con la ditta Bonatti. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha riferito che dopo il rapimento, nella notte tra domenica e lunedi “sono stati avvisati tutti i familiari” dei 4 italiani rapiti in Libia. Come noto in seguito alla chiusura dell’ambasciata d’Italia in Libia il 15 febbraio, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del paese invitando tutti i connazionali a lasciare la Libia.

Per il ministro degli esteri Paolo Gentiloni “è al momento difficile fare ipotesi” sugli autori del rapimento dei quattro connazionali in Libia. Il ministro lo ha detto a margine di una riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue oggi a Bruxelles, precisando che l’Unità di crisi della Farnesina sta lavorando con urgenza.

La sede della Mellitah Oil e Gas a Tripoli
La sede della Mellitah Oil e Gas a Tripoli

La Bonatti Spa è un General contractor internazionale che ha sede a Parma. L’azienda, si legge sul sito istituzionale della Bonatti, servizi di ingegneria, costruzione, gestione e manutenzione impianti per l’industria dell’energia. Ha sussidiarie o associate in Arabia Saudita, Egitto, Algeria, Kazakhstan, Austria, Messico Canada, Mozambico e Libia. Bonatti opera in 16 nazioni: Algeria, Austria, Canada, Egitto, Francia, Germania, Iraq, Italia, Kazakhstan, Messico, Mozambique, Romania, Arabis Saudita, Spagna, Turkmenistan e appunto Libia.

Al momento non è giunta alcuna rivendicazione sul rapimento dei quattro dipendenti della Bonatti. Ma in molti temono possano essere finiti nelle mani delle milizie del Califfato dell’Isis, che controlla gran parte di quei territori. Il ministro degli Esteri ha fatto sapere di essere in costante contatto con la nostra intelligence.

Famiglie comprensibilmente provate e in ansia per il destino dei loro congiunti. Apprensione per il sequestro è stato espresso da tutto il mondo politico ed istituzionale, a cominciare dal capo dello Stato Sergio Mattarella che sta seguendo da vicino gli sviluppi del sequestro. La procura di Roma ha aperto una inchiesta Il reato che configurano i magistrati romani sono sequestro di persona a scopo di terrorismo. Il pm ha affidato ai Carabinieri del Ros i primi accertamenti per ricostruire quanto accaduto.

Roma, trovato morto suicida Caiazza, presunto killer dell'orafo

Il presunto Killer Ludovico Caiazza, è un pregiudicato 32enne originario di Napoli, tossicodipendente.
Il presunto Killer Ludovico Caiazza (Ansa/Percossi)

Ludovico Caiazza, il presunto killer dell’orafo romano Giancarlo Nocchia ucciso nel suo negozio il 15 luglio scorso, è stato trovato impiccato nella sua cella di isolamento. Evidentemente non retto alle pressioni di essere ritenuto l’omicida del gioielliere.

L’uomo, di origini napoletane, si è suicidato con un lenzuolo nel reparto di isolamento del penitenziario di Regina Coeli. Il suo corpo è stato senza vita è stato rinvenuto intorno alle 23 di domenica sera dagli agenti della polizia penitenziaria che dovevano sottoporre il detenuto a un controllo ogni quindici minuti. Inutili sono stati soccorsi.

L’allarme è scattato quando le guardie si sono accorti che in cella c’era qualcosa che non andava. Entrati, lo trovato appeso al lenzuolo che hanno subito tagliato per prestare i primi soccorsi, ma era ormai troppo tardi. L’ambulanza è arrivata a Regina Coeli in pochi minuti ma la corsa in ospedale è stata inutile. Caiazza era già morto.

Caiazza, una entrato in carcere sabato notte, nella giornata di domenica, ha avuto un colloquio con la psicologa alla quale non è sfuggito “il forte stato di agitazione” del detenuto. Stato di agitazione probabilmente dovuto all’astinenza da droga. Da quello che hanno riferito gli inquirenti, il giovane 32enne, era un tossicodipendente.
Dopo l’incotro con la psicologa, c’è stato un incontro di un’ora tra il presunto omicida e l’avvocato d’ufficio.

La procura di Roma ha aperto ora un fascicolo sul suicido di Caiazza. Anche il Dap ha aperto un procedimento. Dopo la cattura da parte del Nucleo investigativo dei Carabinieri ancora non era stato sottoposto a interrogatorio di garanzia da parte dei magistrati. Era ancora in stato di fermo. Il gip non ha avuto il tempo di valutare gli esiti investigativi per convalidare o meno in arresto il fermo di Caizza.

Il procedimento, affidato al pubblico ministero, Sergio Colaiocco, è rubricato come “atti relativi”, cioè senza ipotesi di reato e senza indagati. L’esame autoptico è stato disposto per martedi 21 luglio.

Caiazza, 32 anni, era stato fermato sabato dai Carabinieri, nei pressi della stazione di Latina, dopo una gigantesca caccia all’uomo. Era in compagnia di un altro uomo e aveva con sé due pistole e un borsone che con la refurtiva che si ritiene sia quella della gioielleria Nocchia, svaligiata il pomeriggio del 15 luglio scorso e in cui è stato ucciso l’orafo Giancarlo Nocchia, di 70 anni.

Rosario Crocetta e il giallo dell'audio che "non esiste"

Da sinistra Francesco Lo Voi, Luigi Vicinanza, Lucia Borsellino e Rosario Crocetta
Da sinistra Francesco Lo Voi, Luigi Vicinanza, Lucia Borsellino e Rosario Crocetta

Rosario Crocetta, presidente della giunta siciliana resterà al suo posto. “Non mi dimetto. Se il Pd vuole che mi dimetta provi a sfuciarmi, ma sarebbe un golpe”, ha ribadito anche oggi.

Non lascia, il governatore, anzi “combatte” per portare a termine la legislatura come affermava in un twitt prima dello scandalo, ma soprattutto per dimostrare che quella “orchestrata” contro di lui è “senza dubbio un’azione di dossieraggio”, ribadisce dopo che l’Espresso ha pubblicato l’ormai famosa intercettazione in cui il suo chirurgo plastico Matteo Tutino avrebbe pronunciato al telefono la presunta quanto inquietante frase “Lucia Borsellino, va fermata, va fatta fuori come suo padre”.

Il governatore della Sicilia si era autosospeso dalla presidenza, istituto che non esiste nello statuto della regione, ma è comunque un modo per dare un “segnale di responsabilità”. Nel senso che sarebbe stato pronto a dimettersi. Ma una volta avuto il “quadro” della situazione più nitido, ci ha ripensato. E a Repubblica conferma: “Mi hanno distrutto, ucciso, perché è questo che volevano: farmi fuori, eliminarmi. Ci stavano riuscendo, ma tutto sta diventato chiaro e lo diventerà ancora di più. Palermo è un tritacarne, lo sapevo e ne ho la conferma”.

Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta
Il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta

Rosario Crocetta in un “tritacarne”, destinatario di “dossieraggi” costruiti “ad arte” per farlo fuori. Il governatore torna a ribadire che lui quella frase non l’ha mai sentita. E lo conferma e ribadisce il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi che dopo la prima smentita dell’Espresso si sarà sentito come imbarazzato. “Ribadisco quanto contenuto nel comunicato stampa di giovedi 16 luglio. L’intercettazione tra il dottor Tutino e il presidente Crocetta, di cui riferisce la stampa, non è agli atti di alcun procedimento di questo ufficio e neanche tra quelle registrate dal Nas”.

Il settimanale l’Espresso dal canto suo replica e conferma che quella intercettazione esiste e sull’Ansa si legge: “Non c’è solo l’inchiesta nell’ambito della quale il medico Matteo Tutino è stato arrestato. Ci sono altri filoni di indagine, altri documenti”, dice alla Stampa di Torino Luigi Vicinanza, direttore del settimanale che ha pubblicato lo scoop.

“Il dialogo esiste – conferma Vicinanza – ma non fa parte degli atti pubblici, quelli a disposizione delle parti coinvolte. Pertanto ribadiamo quanto pubblicato nel giornale in edicola”. Alla domanda se questa telefonata sia stata ascoltata, il direttore replica: “Sì. E’ una chiamata che risale al 2013. Posso confermare che l’audio è sporco, ci sono alcune interferenze. I due parlano con grande confidenza, a tratti in siciliano”.

Il direttore del settimanale l'Espresso Luigi Vicinanza
Il direttore del settimanale l’Espresso Luigi Vicinanza

Il giornale non è in possesso dell’audio: “Il nostro cronista – spiega Vicinanza – l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”. “La conversazione – spiega ancora – fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo. Stiamo parlando di oltre 10mila pagine”.

Un vero giallo da cui è difficile immaginare “una via d’uscita” se a questo punto non si ascolta l’audio. Nessuno mette in dubbio le affermazioni di Vicinanza, men che meno le dichiarazioni della Procura di Palermo che intanto ha aperto una inchiesta per capirci meglio. Se negli uffici della Procura non esistono intercettazioni e trascrizioni di quel tenore, da dove spunta la telefonata?, è la domanda che si pongono in molti.

Il chirurgo plastico Matteo Tutino
Il chirurgo plastico Matteo Tutino

Gli scenari dopo l’apertura di un fascicolo sono teoricamente due, che come vedremo sono come il cane che si morde la coda. Il giornalista estensore dell’articolo non è tenuto a rivelare le fonti, ma potrebbe passare guai per violazione del segreto istruttorio. Ossia il giornalista sarebbe venuto in possesso di documenti secretati. Ipotesi che a questo punto crollerebbe dal momento che il procuratore afferma che “non esiste alcuna intercettazione” in quei fascicoli.

L’altra è la presunta ricettazione da parte del giornalista, ma anche quì, se il settimanale nega di essere in possesso dell’audio, ovviamente cade anche questa ipotesi di reato che si sarebbe configurata come la trafugazione di un atto coperto da segreto istruttorio. Ci sono stati molti casi di giornalisti sotto processo per reati di questo tipo.

Lucia Borsellino
Lucia Borsellino

Se veramente esiste l’audio, come conferma il direttore, sarebbe opportuno farlo spuntare fuori altrimenti, ci si chiede: potrebbe avere ragione Rosario Crocetta che verrebbe accusato esclusivamente sulla “fiducia” e sulla “parola” del direttore Vicinanza? Poiché l’audio al momento non è saltato fuori e forse non spunterà mai, se è vero come dice Lo Voi che” non esiste”. Avrà ragione Rosario Crocetta a parlare di “dossieraggio”? Prudenza, perché l’Espresso non nasce ieri e prima di pubblicare una notizia bomba di questo tenore, il direttore e il suo cronista avranno di sicuro fatto il loro lavoro verificando non una ma cento volte l’audio e la trascrizione, come ricorda la Carta dei doveri del giornalista. Ci sono tuttavia dei passaggi non molto chiari, a tratti contraddittori.

Il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi
Il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi

“Il nostro cronista l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”, afferma Vicinanza facendo intendere che lui personalmente l’audio non l’ha ascoltato. Prima però dice “Sì. E’ una chiamata che risale al 2013. Posso confermare che l’audio è sporco, ci sono alcune interferenze. I due parlano con grande confidenza, a tratti in siciliano”. Quindi, Vicinanza riferisce particolari come se la traccia audio fosse stata ascoltata da lui direttamente, ma poi afferma che: “Il nostro cronista l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”. L’ha ascoltata o no la telefonata?

Questo fa presumere che solo il cronista dell’Espresso ha ascoltato l’audio e poi il direttore, che si immagina riponga piena fiducia nel suo giornalista, abbia riferito quei particolari: “…Audio sporco, ci sono alcune interferenze, a tratti parlavano in siciliano…”. Può darsi che nella trascrizione dall’audio “sporco” il giornalista abbia potuto sbagliare? Per esempio un “Non” saltato per le interferenze; negazione che cambierebbe totalmente il senso della frase choc: tipo “Lucia Borsellino, [non] va fermata, [non] va fatta fuori come suo padre”, riferita chissà a quali circostanze investivative. Soltanto un banale dubbio che solo l’audio originale potrà fugare.

Omicidio Nocchia, fermato su un treno Ludovico Caiazza. Aveva due pistole e la refurtiva

Il presunto killer Ludovico Caiazza (LaPresse/Livieri)
Il presunto killer Ludovico Caiazza (LaPresse/Livieri)

Si chiama Ludovico Caiazza, ha 32 anni ed è originario di Napoli il presunto killer del gioielliere Giancarlo Nocchia fermato ieri sera dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Roma di via In Senci. I militari dell’Arma, da quanto si è appreso, lo hanno fermato su un treno all’altezza di Latina. Era in compagnia di un altro uomo, aveva due pistole e un borsone con la refurtiva. Ai Carabinieri che lo hanno individuato e bloccato sembra non abbia opposto resistenza.

L’annuncio del fermo è stato dato in serata sia dai Carabinieri sia dal ministro dell’Interno Angelino Alfano in un twitt. L’uomo è fortemente indiziato di aver ucciso, in seguito a una rapina, il gioielliere Giancarlo Nocchia di 70 anni.

I Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, affermano che si tratta di un tossicodipendente. L’omicidio di Giancarlo Nocchia è avvenuto nel pomeriggio del 15 giugno scorso in via Gracchi a Roma, quartiere Prati.

Il gioielliere è stato ucciso nel suo negozio alla riapertura pomeridiana dell’esercizio. Durante la rapina, l’aggressore ha prima massacrato di botte l’anziano titolare per poi colpirlo a morte con un corpo contundente al capo o comunque “compatibili” con il calcio di una pistola

Il presunto killer Ludovico Caiazza
Zoom sul presunto killer Ludovico Caiazza (LaPresse/Livieri)

Intanto venerdi è stata eseguita l’autopsia sul corpo dell’uomo. La morte sarebbe avvenuta appunto per le profonde ferite alla testa. Sul cadavere i medici legali hanno anche rinvenuto ferite da tagli agli arti. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti il rapinatore killer avrebbe usato una parrucca per entrare nella gioielleria. Nocchia avrebbe aperto la porta dall’interno perché apparentemente il rapinatore killer sembrava un cliente come tanti altri.

L’omicida potrebbe essere stato in possesso di un coltello. Una volta all’interno del laboratorio, ha minacciato con l’arma Giancarlo Nocchia per costringerlo a farsi dare i gioielli. Alla reazione contraria dell’orafo, il killer si è accanito con una furia violentissima fino a procurargli la morte. Poi con tutta calma avrebbe svuotato le vetrine, i cassetti e il bancone di servizio per andarsene indisturbato.

Il presunto Killer  Ludovico Caiazza, è un pregiudicato 32enne originario di Napoli, tossicodipendente.
Il presunto Killer Ludovico Caiazza dopo le formalità di rito viene tradotto in carcere. (Ansa/Percossi)

Ancora non è stato ritrovato né l’oggetto contundente, né il coltello. Nella zona sono stati ispezionati tutti i cassonetti dei rifiuti, ma senza esiti positivi. Le forze dell’Ordine hanno acquisito tutte le registrazioni video delle telecamere della zona, che è super sorvegliata per essere vicina alla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio.

Secondo quanto si era appreso nei giorni scorsi, dopo l’omicidio il killer, che avrebbe agito da solo senza complici, sarebbe fuggito forse a piedi per poi a qualche centinaio di metri allontanarsi in moto.

Giancarlo Nocchia
La vittima Giancarlo Nocchia

Le attività investigative sul delitto non si sono mai fermate e dopo una colossale caccia all’uomo da parte degli inquirenti, in serata la clamorosa svolta dei Carabinieri con il fermo del potenziale sospetto su un treno all’altezza della stazione di Latina. Aveva due pistole e un borsone con la refurtiva. Caiazza era in compagnia di una persona.

Probabilmente si tratta di un rapinatore in trasferta. Gli inquirenti cercano di capire se ha commesso la rapina dopo un soggiorno di qualche giorno da qualche suo amico a Roma per studiare le abitudini di Nocchia. Se fosse così è inevitabile che qualcuno avrebbe favorito e “coperto” la sua azione criminale. Da tossicodipendente, qual è, è probabile che dopo la rapina l’uomo si è dovuto procacciare della droga per uso personale.

Il sospetto dopo le formalità di rito presso la caserma del Nucleo Investigativo di Roma, in via In Selci, è stato tradotto in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è congratulato con il generale Tullio Del Sette, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri per l’operazione che ha portato all’arresto del sospettato per l’omicidio del gioielliere di via Dei Gracchi a Roma. Lo riferiscono fonti di Palazzo Chigi. Anche il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha fatto giungere ai militari dell’Arma le sue congratulazioni.

Il comandante della Benemerita, Del Sette si è a sua volta recato personalmente presso la stazione dei Carabinieri per  congratularsi coi gli uomini del Nucleo investigativo dopo la svolta positiva nelle indagini.

L’omicidio dell’orafo aveva scosso tutto il quartiere “bene” di Roma Prati. Molti residenti in seguito alla rapina culminata nel drammatico omicidio si sono lamentati per l’assenza di sicurezza nella zona. Molti commercianti sono molto preoccupati per la recrudescenza criminale che si è sviluppata nella Capitale negli ultimi anni.

La rivoluzione copernicana di Renzi: "Via la tassa sulla prima casa"

Matteo Renzi durante il suo intervento all'assemblea nazionale del Pd all'Expo di Milano  - Nel 2016 "aboliremo la tassa sulla prima casa"
Matteo Renzi durante il suo intervento all’assemblea nazionale del Pd all’Expo di Milano (Ansa/Bazzi)

Nel 2016 “aboliremo la tassa sulla prima casa”. E’ questa la “rivoluzione copernicana” che Matteo Renzi promette all’assemblea nazionale del Pd all’Expo di Milano.

Rispetto all’azione di governo, dice all’auditorium di Rho, “se ci giriamo indietro vediamo dei passi significativi. Vediamo una situazione economica che torna a darci speranza” ma, sorride il premier-segretario, nel partito democratico, per queste cose, “non c’è né entusiamo né gioia”.

IL PREMIER CONTRO LA TRIBU’ DEI MUSI LUNGHI
Il capo del governo ce l’ha con la “tribù dei musi lunghi”, con quanti in questi mesi invece di dare un contrubuto e credere nell’azione di governo con “entusiasmo e passione” forse ha remato “contro”, afferma invocando un’operazione verità sugli “esiti elettorali e ciò che il governo andrà a fare” perché, è il messaggio del premier alla “tribù dei musi lunghi”, “avremo anche perso qualche comune e la Liguria” ma in passato “si perdeva molto di più”, scandisce il premier.

“NEL 2016 VIA LA TASSA SULLA PRIMA CASA”
Poi dritto ai contenuti, con qualche sorpresa tanto cara al centrodestra, il presidente del Consiglio annuncia la sua “rivoluzione copernicana”.”Se riusciremo a mantenerere in pista il cantiere delle riforme, e io sono certo che lo faremo, dopo che nel 2014 abbiamo fatto il taglio dando 80 euro a chi guadagna meno di 1500 euro al mese, dopo che nel 2015 abbiamo eliminato l’Irap su costo del lavoro; nel 2016 – alza il tiro il premier – elimineremo la tassa sulla prima casa, l’Imu agricola e l’imu sugli imbullonati”. E questo, sottolinea il premier, “lo faremo noi, perché gli altri hanno fatto finta, lo hanno detto, e poi l’hanno rimessa”.

“MIO IMPEGNO A RIDURRE TASSE IN 5 ANNI CHE NON HA PARAGONI”
Ma non è finita, perché “nel 2017 interverremo sull’Ires e sull’Irap per sostenere la competitività delle aziende, e nel 2018, prima della campagna elettorale (per le elezioni politiche, ndr), la conclusione di questo percorso con gli interventi sugli scaglioni Irpef e sulle pensioni, mantenendo la curva del debito un po’ meno forte di quello che dice il Fiscal compact, intervenendo con 20 miliardi di euro sugli investimenti che già ci sono. Il mio impegno quì, di fronte a voi è quello di fare per cinque un intervento di riduzione delle tasse che non ha paragoni nella storia repubblicana d questo paese”.

Renzi all'assemblea nazionale del Pd all'Expo di Milano
Renzi all’assemblea nazionale del Pd all’Expo di Milano (Ansa/Bazzi)

QUESTO PD PUO’ FARE RIVOLUZIONE COPERNICANA”
“Questo è il Pd che può realizzare una rivoluzione copernicana”. Una rivoluzione “senza aumentare il debito per i nostri figli”, ha affermato il premier davanti ai delegati dem applaudono.

“RISPETTEREMO IMPEGNI EUROPEI”
“Dal 2016 l’Italia continuerà a rispettare” i parametri europei – ha aggiunto – “niente colpi a sorpresa. Il problema che riguarda l’Italia e va tenuto sotto controllo è il debito. Rispetteremo i parametri nei prossimi tre anni perché non vogliamo che la curva del debito continui a crescere”.

“IL PD NON è PIU’ PARTITO DELLE TASSE”
“Il Pd non è più il partito delle tasse, non lo so se lo è mai stato ma nella percezione pubblica sì – ha detto il premier – La destra sembrava partito di innovazione e investimenti sul futuro mentre noi facevamo attenzione ai conti. Ora nel Pd non ci sarà nessun cambiamento genetico sui valori, sulla cultura politica, sugli ideali, ma sulle tasse sì. Saremo i primi che le riducono davvero e perciò saremo considerati credibili”

I TEMPI DELLE RIFORME
“La riforma della Pubblica amministrazione entro il 7 agosto avrà la lettura definitiva in Senato. Nel mese settembre dobbiamo chiudere al Senato la riforma costituzionale, prima della legge di stabilità”. Sulle unioni civili “la discussione può essere fatta insieme al gruppo della Camera in modo che alla Camera la lettura sia confermativa e si possa definitivamente approvare entro l’anno la legge sulle unioni civili. Abbiamo 20 miliardi di euro per investimenti nelle infrastrutture che non stiamo spendendo: da qui al 31 dicembre 2016 andranno spesi fino all’ultimo centesimo”. “Venerdì 24 a Palazzo Chigi gli operai di Whirlpool entreranno a firmare l’accordo che salverà quella azienda”

L'assemblea nazionale del Pd all'Expo di Milano ascolta l'intervento di Matteo Renzi- Faremo rivoluzione copernicana
L’assemblea nazionale del Pd all’Expo di Milano ascolta l’intervento di Matteo Renzi (Ansa/Bazzi)

“CON NOI PAESE IN RIPRESA”
“La politica sembrava imbambolata e ferma”, sottolinea Renzi difendendendo la sua azione di governo. Una politica cui “sembrava impossibile che riuscisse a mostrare il volto della decisione e invece in sette mesi abbiamo deciso perché la politica che non decide non fa il suo mestiere. Sette mesi fa – spiega il presidente dela Consiglio – eravamo preoccupati che le riforme potessero essere bloccate nella palude: non sono qui a dirvi che sono state sbloccate ma che grazie a quelle riforme l’economia si è rimessa in moto e adesso è il momento di fare il salto di qualità e siamo in grado di farlo. Ciò che abbiamo fatto con nostri deputati e senatori in un arco di tempo abbastanza limitato è particolarmente degno di onore e orgoglio perché ha consentito al Paese di ripartire. Lo dimostrano i numeri crudi di questi giorni e delle ultime ore sono spesso oscurati dalla grancassa del disfattismo cosmico”.

L’ATTACCO A SALVINI
“Discutiamo di tutto ma restiamo umani di fronte a un dolore che ha diritto alla dignità. Se una bambina muore non permettiamo che per un punto nei sondaggi si rinunci a essere persone umane”, ha sbottato Renzi con espresso riferimento a Matteo Salvini a cui dedica delle slide e degli ironici passaggi sul suo abbigliamento. Il leader del Carroccio replica: “Ma Renzi pensa che siamo tutti scemi?”

Ferrari, è morto dopo 9 mesi di coma Jules Bianchi

Jules BianchI crashJules Bianchi è non ce l’ha fatta. Dopo nove mesi di coma il suo cuore ha cessato di battere.

Il pilota, lo scorso ottobre, si era schiantato con la sua Ferrari contro un trattore parcheggiato vicino a guard rail della pista durante il Gran Premio di Formula 1 del Giappone. Le sue condizioni sono apparse subito disperate.

Il pilota francese di casa Ferrari è spirato questa notte all’ospedale di Nizza, dove era stato ricoverato subito dopo il drammatico incidente.

L’annuncio della morte è stata dato dai familiari. Jules Bianchi, giovanissimo, avrebbe compiuto 26 anni il prossimo mese di agosto. Era in stato di incoscienza dal 5 ottobre scorso, quando ebbe l’incidente nel circuito di Suzuka, Giappone.

LA FAMIGLIA
“Ha lottato fino alla fine, come ha sempre fatto, ma oggi la sua battaglia e’ arrivata alla fine”, ha fatto sapere la famiglia in un comunicato pubblicato su Facebook nella notte. “Il nostro dolore e’ immenso e indescrivibile”.

CORDOGLIO DA TUTTO IL MONDO
Devastati da questa enorme perdita i colleghi e tutto il team della “rossa”. In tutto il mondo sportivo la notizia ha provocato commozione. Anche i team delle altre scuderie hanno fatto giungere alla famiglia e a Maranello il loro cordoglio e la loro vicinanza. I tifosi della Ferrari sono sconvolti.

IL VIDEO DELL’INCIDENTE

Nella sua carriera Jules Bianchi ha disputato 34 Gran premi ottenendo 2 punti nel mondiale.

Lunedi scorso, dopo tanti mesi di coma, il padre del giovane pilota aveva detto di essere “meno ottimista” sulla possibilità che il figlio potesse riprendersi. Jules Bianchi aveva iniziato la sua attività nel team Marussia nel 2013, gareggiando 34 gran premi.

E la stessa Marussia, che oggi si chiama Manor F1, ha scritto un post su Facebook per dire che “siamo devastati dalla perdita di Jules dopo una cosi dura battaglia. è un privilegio per noi averlo avuto nel nostro team”.

“La Ferrari perde un grandissimo pilota”, si legge su molti post sui Social. “Un giovane che prometteva bene” e “aveva dimostrato in pista di essere destinato a segnare la storia della Formula 1”.

Caso De Luca, i giudici discutono ma non decidono

Il tribunale di NapoliL’udienza per Vincenzo De Luca ieri c’è stata ed è durata quasi sei ore. Ma i giudici della prima sezione di Napoli, gli stessi che “riabilitarono” Luigi De Magistris, si sono riservati di decidere nei prossimi giorni. Probabilmente entro la prossima settimana si saprà se il governatore potrà restare in sella oppure se a guidare l’esecutivo dovrà essere il vicepresidente Fulvio Bonavitacola.

L’udienza di venerdi era stata fissata il due luglio, quando i giudici nell’accogliere il ricorso di sospensiva avanzato dai legali di De Luca, rinviarono al 17 luglio l’udienza collegiale per entrare nel merito della vicenda. Il collegio, presieduto da Umberto Antico e composto dai giudici Raffaele Sdito e da Anna Scognamiglio, potrebbe decidere per la conferma della sentenza emessa a inizio mese oppure per la revoca.

La questione è molto complessa. Se il collegio difensivo di De Luca riuscirà a prevalere, anche sulla scorta delle motivazioni con cui la stessa sezione reintegrò il sindaco di Napoli, si potrà esultare, altrimenti si dovrà attendere novembre per l’altro ricorso presentato dagli avvocati del governatore.

In favore della revoca, da quanto appreso, ci sono la pubblica accusa che rimane sulle sue posizioni e l’avvocatura dello Stato. Sul fronte politico, invece, De Luca avrà contro i grillini del M5S, Sinistra ecologià e libertà e il movimento  in difesa dei cittadini.

Per la revoca, oltre a loro, ci sarebbe un gruppo di ex consiglieri regionali vicini a Forza Italia che respingono l’idea di due pesi e due misure, e hanno chiesto tramite il loro avvocato l’applicazione della legge, ossia lo stesso trattamento riservato al loro leader Silvio Berlusconi che proprio sotto la Severino fu fatto decadere da senatore della Repubblica con tutte le conseguenze politiche e giudiziarie scaturite (quasi un anno ai servizi sociali e il suo movimento ormai in declino)

Bisognerà quindi attendere la prossima settimana per sapere come andrà questa lunga storia iniziata sin da quando De Luca era sindaco di Salerno, proseguita con le primarie e la sua vittoria alle regionali. Finora De Luca ha sempre vinto. Dovesse andargli male, può consolarsi di aver salvato la legislatura (con grande sollievo per i consiglieri regionali). A esercitare le funzioni sarà il suo vice e a lui, a De Luca, toccherà fare il “governatore ombra”.

Migranti, Scontri a Roma e Treviso. Arresti e feriti

Protesta anti migranti a Roma
Protesta anti migranti a Roma

Sconti a Roma è nel Trevigiano. Esplode la rabbia dei residenti contro l’arrivo dei migranti e ci sono stati momenti di alta tensione tra cittadini e forze dell’Ordine.

Al momento il bilancio è di due arresti e 15 agenti feriti. Autobus partiti dalla Sicilia e non solo, con a bordo un centinaio di profughi sbarcati nelle scorse settimane sulle coste siciliane e calabresi, sono giunti a Roma nord e destinati nella ex scuola Socrate, ma ad attenderli c’erano un centinaio di residenti che si sono ribellati: “Non li vogliamo qui”, hanno scandito.

I bus coi migranti sono stati accolti con insulti e lanci di oggetti; bottiglie vuote all’indirizzo dei pullman e della polizia che li ha scortati in tenuta antisommossa.

La polizia ha forzato il blocco dei residenti di Casale San Nicola mentre i cittadini hanno lanciato contro le forze dell’ordine sedie e ombrelloni. La polizia ha risposto con manganelli.

Pullman di migranti scortato dalla Polizia (foto Laura Bogliolo)
Pullman di migranti scortato dalla Polizia (foto Laura Bogliolo)

Sono stati allestiti dei blocchi stradali. Durante le cariche fuori dall’ex Scuola Socrate a Casale di San Nicola all’arrivo del pullman dei rifugiati, alcuni manifestanti hanno lanciato sassi contro le forze dell’ordine che hanno forzato il blocco stradale.

Il prefetto di Roma Franco Gabrielli ha fatto sapere che i blocchi stradali verranno rimossi. “Abbiamo inviato 19 persone – ha detto Gabrielli – che devono soggiornare a Casale San Nicola e c’è un blocco stradale di cittadini che non permette che entrino. Ora sono sui mezzi ma entreranno nel centro perché rimuoveremo il blocco. Non faremo passi indietro”, ha detto il prefetto di Roma.

Sulla struttura di Casale San Nicola ha spiegato ancora Gabrielli “c’era un bando e una commissione ha ritenuto che la cooperativa avesse i requisiti necessari: ci è arrivato il carteggio ed è corretto. Se c’è gente che non è d’accordo… se passasse questo principio sarebbe finita”, ha concluso il prefetto.

Stesso copione nel Trevigiano dove un centinaio di migranti sono arrivati due giorni fa in un residence di Quinto di Treviso e i residenti si sono da subito ribellati. Anche qui alta tensione con la polizia. Ignoti hanno bruciato anche dei materassi per strada. Ma in serata è stato deciso che gli immigrati andranno via. Lo riferisce lo stesso sindaco citando una comunicazione della Prefettura. I residenti hanno accolto con entusiasmo la decisione delle istituzioni

protesta anti migranti a Roma Nord foto Laura Bogliolo
Protesta anti migranti a Roma Nord (foto Laura Bogliolo)

I migranti, ha spiegato il sindaco di Quinto Mauro Dal Zilio, saranno condotti nell’ex caserma Serena, situata al confine tra Casier e Treviso. Si tratta di una struttura vuota, non utilizzata dai militari e dotata di tutte le condizioni per poter accogliere i profughi.

A Quinto di Treviso si è recato anche il presidente della Regione Veneto Luca Zaia che ha usato parole molto dure: “Questo presidio – ha detto Zaia – va chiuso urgentemente e gli immigrati devono andarsene”. “Mettere un centinaio di persone immigrate – ha aggiunto – che non sanno nulla del Veneto e noi non sappiamo chi sono, metterli in un condominio accanto a famiglie con bambini piccoli vuol dire non avere assolutamente cognizione di cosa significa”. In Veneto, per Zaia, sarebbe in atte un processo di “africanizzazione”.

“Tra i residenti serpeggia la preoccupazione per il possibile crollo del valore delle loro case, per i possibili problemi di ordine pubblico e sicurezza. Ma in serata, è arrivata chiara l’indicazione della Prefettura di Treviso destinata forse ad aggiungere un nuovo capitolo alla vicenda”.

Immancabili le reazioni sul fronte politico. Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri evita di inserirsi direttamente nello scontro tra fazioni, ma su Twitter scrive: “Basta clandestini, basta degrado il paese è stanco, il governo reintroduca il reato di immigrazione clandestina”.

Il segretario della Lega Matteo Salvini ha annunciato per sabato prossimo un sopralluogo a Quinzo. Dichiarandosi contrario a ogni forma di violenza, come aveva fatto lo stesso Zaia, e chiedendo la rimozione del prefetto Salvini ha detto: “Oggi a Genova un uomo si è ucciso appena prima che gli notificassero lo sfratto e noi ospitiamo profughi in albergo. E’ evidente che questo sistema non può reggere”, ha affermato.

La parlamentare del Pd Floriana Casellato ha invitato il ministro Angelino Alfano a recarsi a Treviso perché la gestione dei profughi sarebbe ormai fuori controllo “sia sul piano dell’ordine pubblico sia su quello dell’accoglienza”. La dem Alessandra Moretti, leader dell’opposizione nel Consiglio del Veneto, ha condannato gli atti di violenza e criticato il governatore che ha anche parlato di “dichiarazione di guerra” in riferimento al prefetto di Treviso.

Anniversario MH17, è scarica barile tra Mosca e Kiev

Mh17 caduto in Ucraina, I rottami e l'area del crash sono bruciati - Anniversario mh17Erano le 10.31 del 17 luglio 2014, quando il Boeing 777 MH17 della Malysia con 298 passeggeri a bordo lasciò la pista dell’aeroporto internazionale di Amsterdam per volare fino a Kuala Lampur, in Malesia.

Dopo aver volato per circa 2 ore e 50 minuti lasciandosi alle spalle 2.443 chilometri sui 10.237 complessivi, alle 13.21, a 10 mila metri di altezza sui cieli caldi di Hrabove a circa 60 chilometri da Donetsk, Ucraina sud orientale, il jet malese MH17 scompare dai radar.

Venne abbattuto da un missile “terra aria”, si raccontò, con tutto il suo carico umano. Ad un anno esatto dal disastro proseguono ancora oggi le polemiche con accuse incrociate tra Kiev e Mosca.

L’area dov’è caduto l’MH17 è controllata dai ribelli filorussi. In un prmo momento si parlava di un missile dei separatisti, ma poi sono spuntate versioni diverse, altre testimonianze che attribuiscono le presunte responsabilità al governo di Kiev. Ma ad un anno di distanza da quella enorme tragedia non ci sono ancora responsabili.

Secondo il presidente ucraino Petro Poroshenko, la tragedia dell’aereo MH17 abbattuto un anno fa nel Donbass è stata causata dai separatisti con “armi altamente tecnologiche” che “possono essere finite nelle mani” dei miliziani “solo dalla Russia”. “Gli assassini – scrive Poroshenko – devono sapere che la punizione non può essere evitata”.

Secondo il portavoce del comitato investigativo russo, Vladimir Markin, l’aereo della Malaysia Airlines abbattuto in Ucraina orientale è stato colpito da un missile aria-aria non di fabbricazione russa.

GLI ULTIMI ISTANTI DEI PASSEGGERI E LA POSSIBILE RICOSTRUZIONE

Una versione che contrasta con quella raccontata pochi mesi fa da alcuni testimoni, secondo cui ad abbattere il Boeing MH17 della Malaysia Airlines sarebbe stato un missile lanciato da una zona controllata dai ribelli filorussi che il Cremlino è accusato di armare. E anche secondo i paesi occidentali la catastrofe fu probabilmente provocata da un missile fornito dalla Russia.

“Abbiamo informazioni – ha detto Markin -, anche basate sui risultati di test, secondo cui l’aereo è stato abbattuto da un missile aria-aria. Inoltre – ha proseguito – gli esperti ritengono che il tipo di razzo sia stato identificato e che questo missile non sia prodotto in Russia”.

Nel primo anniversario della tragedia del volo MH17 nel Donbass, il quotidiano australiano THe Daily Telegraph diffonde in esclusiva online un video choc in cui si vedono i miliziani separatisti appena arrivati tra le macerie ancora fumanti del Boeing della Malaysia Airlines e apparentemente sorpresi che si tratti di un aereo civile perché – scrive la testata di Sydney – “credevano di aver abbattuto un caccia” ucraino. Il video sarebbe arrivato da Donetsk e mostra alcuni ribelli frugare tra i bagagli delle vittime.

QUESTO IL VIDEO CHOC DEL THe Daily Telegraph

Secondo il portavoce del comitato investigativo di Mosca, “tutto ciò conferma ancora una volta” le parole dell’ex meccanico dell’aeronautica militare ucraina Ievgheni Agapov, che la Russia definisce “un testimone” della tragedia del MH17, e secondo cui un caccia Sukhoi Su-25 ucraino pilotato dal capitano Voloshin è decollato nel pomeriggio del 17 luglio e tornato alla base senza munizioni. Il militare avrebbe quindi detto ai suoi compagni che “l’aereo era comparso al momento e nel posto sbagliati”.

Il presidente Vladimir Putin nel corso di una telefonata con il premier olandese Mark Rutte, ha affermato che è “prematuro e controproducente” istituire un tribunale internazionale per individuare e giudicare i possibili responsabili dell’abbattimento dell’aereo MH17 della Malaysia Airlines avvenuto il 17 luglio dello scorso anno nel Donbass. Mark Rutte. La Malesia – sostenuta da Australia, Olanda, Belgio e Ucraina – ha proposto la scorsa settimana al Consiglio di sicurezza Onu un tribunale internazionale sulla tragedia in cui morirono 298 persone.

Regione Campania, venerdi 17 è il giorno di Vincenzo De Luca

Vincenzo De Luca - Venerdi 17 il suo destino è appeso al filo della decisione del giudice di Napoli
Vincenzo De Luca

Venerdi 17 luglio porterà bene a Vincenzo De Luca? Domani dovrebbe riunirsi di nuovo la sezione civile del tribunale di Napoli per decidere sul futuro del governatore.

Agli inizi di luglio il giudice decise per la sospensiva chiesta dai difensori; sentenza che ha salvato la legislatura e consentito al presidente De Luca di varare il 6 luglio scorso, in anticipo sull’insediamento del Consiglio regionale, la sua giunta e il suo vice, Fulvio Bonavitacola.

Quella di domani, a meno di qualche rinvio e superstizioni a parte sul Venerdi 17, è una seduta collegiale per decidere se confermare, modificare o revocare la sospensiva della sospensione della Severino. Nel caso di revoca, si tratta di lasciare a casa il governatore della Regione Campania.

L’ex sindaco di Salerno potrà comunque dormire sonni tranquilli fino a novembre, quando, sempre Napoli, dovrà esprimersi su un secondo ricorso fatto dai legali di De Luca.

Sonni tranquilli, perché in questo caso potrebbe subentrare come presidente facente funzioni, Fulvio Bonavitacola, deputato del Pd, dal 6 luglio vicepresidente della Regione Campania con deleghe all’ambiente e all’urbanistica.

Bonavitacola è un fedelissimo nonché anche avvocato di De Luca e insieme hanno studiato tutte le mosse per giungere a questi risultati. La strategia difensiva è stata finora un successo, ma bisognerà attendere le prossime ore per sapere se la sezione collegiale del giudice Cioffi confermerà la “vittoria” del 2 luglio o manda in ferie anticipate lo “sceriffo”.

Naturalmente nello staff di De Luca sono tutti fiduciosi di una sentenza di conferma. In tal caso De Luca potrà finalmente mettere mani al programma presentato agli elettori e realizzare gli obiettivi che si è dato. Lui è già operativo, sin dalla sua elezione, convinto che porterà le leggi al suo cospetto e non il contrario. Gira in lungo e in largo e approva decreti, firma atti e nomine.

A Napoli, tra i suoi elettori e simpatizzanti incrociano le dita e fanno gli scongiuri. Venerdi 17, un giorno come tanti altri? “Macché!, non usciamo manco di casa”, dice qualcuno. Loro credono ciecamente sia nella Smorfia napoletana (il Venerdi 17 è dato come “sfortuna, “disgrazia” e altre dicerie) che nella superstizione classica di campani e meridionali.

Su Lucia Borsellino "Mettiamoci una Crocetta sopra"

Da destra Lucia Borsellino Matteo Tutino e Rosari Crocetta
Da sinistra Lucia Borsellino, Matteo Tutino e Rosario Crocetta (Ansa)

“Mettiamoci una Crocetta sopra”. E’ questo il titolo dell’inchiesta che il settimanale l’Espresso in edicola ha dedicato al caso dell’ormai famosa intercettazione tra Matteo Tutino e Rosario Crocetta (“Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori, come suo padre”) che ha scatenato un terremoto politico in Sicilia costringendo il governatore ad autospendersi dalla guida della regione a cui, molto probabilmente, seguiranno le dimissioni.

Appena giovedi il settimanale dirama l’anticipazione, sono state ore molto concitate a Palermo. Con il governatore che si difende e dice: “Mai sentita quella frase”. Poi tutta una serie di reazioni contro Crocetta tra cui quella del sottosegretario renziano Davide Faraone che su twitter ha chiesto la testa del presidente siciliano. Nel tardo pomeriggio arriva la precisazione della procura di Palermo che con il Procuratore Francesco Lo Voi ha smentito l’Espresso:  “Agli atti dell’ufficio – affermava ieri il magistrato – non risulta trascritta alcuna telefonata del tenore di quella pubblicata dalla stampa tra il governatore Crocetta e il dottor Matteo Tutino”.

L’ESPRESSO: TUTTO VERO, INTERCETTAZIONE SONO PARTE DI ATTI SECRETATI.
Intercettazione invece “vera”, replica l’Espresso che gela per la seconda volta Crocetta e mette in imbarazzo il procuratore di Palermo.  La conversazione intercettata tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino – conferma L’Espresso – risale al 2013 e fa parte dei fascicoli segretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo”.

Un vero e proprio giallo su cui, prima della conferma dell’Espresso, avevamo tentato di dare una possibile lettura delle diverse posizioni. Da dove spuntano queste intercettazione se agli atti, come afferma il procuratore, non risultano? Almeno “di quel tenore”. Che significa? Potrebbe voler dire tante cose.

La prima (meno probabile) è che l’Espresso, nel tentativo di fare lo scoop, ha ingigantito una frase, magari estrapolandola fuori “dai contesti”, e ricostruito il senso che è emerso oggi su tutti i media nazionali. Ora, i giornali tendono sempre un po’ ad alzare i decibel di una notizia, ma stravolgerne completamente il senso non è né da l’Espresso né da molti media italiani. Bisognerà a questo punto leggere cosa esce domani in edicola.

La seconda, (improbabile) è che i giornalisti dell’Espresso (ragioniamo sempre sulla scorta delle parole di Lo Voi) abbiano ricevuto da loro fonti copia di atti “taroccati” non conformi agli originali. I giornalisti hanno ritenuto attendibili i documenti che hanno pubblicato, facendo così lo scoop. Atti che avevano, presumibilmente, lo scopo di delegittimare Rosario Crocetta e costringerlo alle dimissioni.

La terza (molto probabile) una fuga di notizie dal Tribunale di atti coperti da segreto istruttorio, per esempio file audio non ancora trascritti o stralci trascritti e fatti giungere al settimanale prima che alla procura. Questo spiegherebbe che queste trascrizioni non risultano ufficialmente alla procura. Ma appare comunque strano. Se fosse coperto da segreto i pm avrebbero dovuto informare Lo Voi? Perlomeno metterlo in condizioni di sapere. Imbarazzo, anche perché Lo Voi è uscito pubblicamente con una nota ed è stato a sua volta smentito dal settimanale.

Ma qual’era la storia che ha pubblicata da l’Espresso. Lucia Borsellino, la figlia di Paolo, assassinato dalla mafia nel ’92 in via D’Amelio a Palermo, “va fermata, va fatta fuori come suo padre”.  Sarebbe questa la frase choc pronunciata dal medico Matteo Tutino mentre parla al telefono con il governatore della Sicilia Rosario Crocetta e che gli investigatori hanno captato in una intercettazione pubblicata in esclusiva dal settimanale l’Espresso.

CROCETTA SI AUTOSOSPENDE
Una frase che ha generato uno tzunami nella Regione Sicilia con conseguenze politiche pesanti. La prima è quella che il presidente in carica Rosario Crocetta si è autosospeso da governatore. Ma sono in tanti a chiedergli le dimissioni, a cominciare dal sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, fedelissimo di Renzi in Sicilia che in un twitt non usa mezzi termini: “Inevitabili dimissioni Crocetta e nuove elezioni. Quelle parole su Lucia Borsellino (sono) una vergogna inaccettabile. #Sicilia”.

CHI E’ MATTEO TUTINO
Matteo Tutino, primario di chirurgia maxillo-facciale all’ospedale Villa Sofia di Palermo,  medico e amico personale del governatore, definito il mago delle plastiche facciali, è stato arrestato lo scorso 29 giugno con le accuse presunte di truffa, peculato, abuso d’ufficio e falso.

L'ex primario Matteo Tutino, oggi ai domiciliari "Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori come suo padre"
L’ex primario Matteo Tutino, oggi ai domiciliari

LA TELEFONATA CHOK
Gli investigatori, che indagano su un giro di presunti raggiri a danno del Ssn, si sarebbero trovati mesi fa ad ascoltare una conversazione tra il chirurgo e Rosario Crocetta, governatore del centrosinistra alla Regione Sicilia. Tutino si lascia andare nella conversazione, certo di non essere intercettato. Dall’altro capo del telefono, secondo i documenti in possesso dell’Espresso, il presidente Crocetta che ascolta le parole di Tutino su Lucia Borsellino, figlia di Paolo ed ex assessore alla Sanità della giunta siciliana che si è dimessa proprio il giorno dell’arresto di Tutino: “Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori come suo padre”, dice il medico al comandante in capo della Regione Sicilia.

CROCETTA ASCOLTA E TACE 
Una frase pesantissima che rievoca un passato macabro e getta un’ombra sinistra sulla politica siciliana e non solo. Una frase, se vera, che avrebbe dovuto imporre a Crocetta quantomeno l’indignazione, di chiudere immediatamente la conversazione, ma invece la telefonata prosegue con Crocetta che ascolta e tace, tace e ascolta le parole del suo medico, che secondo quanto rivela l’Espresso lo telefona anche il giorno del blitz: “Mi stanno arrestando”

IL GOVERNATORE: “IO NON HO SENTITO QUELLA FRASE”
Lui, il governatore, in una prima dichiarazione a caldo ha detto che quella macabra frase non l’ha sentita. All’Ansa riferisce: “Non ho sentito la frase su Lucia, forse c’era zona d’ombra, non so spiegarlo; tant’è che io al telefono non replico. Ora mi sento male. Se avessi sentito quella frase, non so… avrei provato a raggiungere Tutino per massacrarlo di botte, forse avrei chiamato subito i magistrati. Non so… sono sconvolto. Provo un orrore profondo”.

Ma poi all’evidenza delle registrazioni e alle pressioni giunte dai più alti livelli politici e istituzionali del Paese, ha sentito la necessità di autosospendersi, un gesto che con molta probabilità porterà alle sue dimissioni e allo scioglimento anticipato dell’assemblea siciliana.

LA REAZIONE DI LUCIA BORSELLINO: “MI VERGOGNO PER LORO”
“Non posso che sentirmi intimamente offesa e provare un senso di vergogna per loro”. E’ questo il commento di Lucia Borsellino all’Ansa sulla frase choc pronunciata, e intercettata, dal medico Matteo Tutino mentre parla al telefono con il governatore della Sicilia Rosario Crocetta: “Va fermata e va fatta fuori come suo padre”. Alla domanda se a questo punto sia cambiato il suo giudizio su Rosario Crocetta, Lucia Borsellino afferma: “Preferisco non dire più nulla, un altro commento è superfluo”.

L’ex assessore alla Sanità siciliana aggiunge: “Non rinnego nulla, ho fatto quello che potevo in un contesto, evidentemente, poco edificante”, ancora Lucia Borsellino alla domanda se l’inchiesta sul medico personale del governatore Rosario Crocetta e quanto sta emergendo come la frase shock pronunciata dal medico Tutino cancellino il lavoro svolto in tre anni da assessore regionale alla Salute, ruolo da cui si è dimessa proprio dopo l’arresto del chirurgo. “Durante il mio lavoro – conclude – ho incontrato tante difficoltà”. Un commento che lascia trapelare la sua amarezza di lavorare in una terra dove gli atteggiamenti mafiosi o para tali, non si sono affatto cambiati, anzi.

Intanto, mentre il governatore Crocetta si è autosospeso,  l’avvocato Daniele Livreri, difensore di Matteo Tutino in una nota afferma che “Il mio assistito, con il quale ho parlato, nega nel modo più assoluto di avere mai pronunciato quella frase su Lucia Borsellino”. Quale sarà la verità?

Plutone, monti ghiacciati nelle foto di New Horizons

Plutone e Caronte in paragone a Terra e Luna
Plutone e Caronte in paragone a Terra e Luna

Plutone mostra montagne ghiacciate, rocce, canyon. E’ questo quello che si vede a distanza ravvicinata da immagini trasmesse dalla sonda spaziale scattate al pianeta “nano”, ai confini estremi del sistema solare. Dalle foto inviate dalla sonda New Horizons la vista è abbastanza nitida per capire la sua morfologia, almeno in superficie.

La sonda, era arrivata al “fly by” – il sorvolo a 12mila chilometri di distanza da Plutone – il 14 luglio scorso (ore 13.49 in Italia) e ha avuto modo di esplorare il piccolo e sconosciuto pianeta con dei sistemi sofisticati elaborati dalla Nasa. Le immagini sono uniche e straordinarie per un pianeta distante dalla Terra oltre 5 miliardi di chilometri.

La Nasa, nel diffondere le prime istantanee di Plutone ha affermato che quella di “New Horizons è una vera missione di esplorazione che ci mostra perché la ricerca scientifica di base è così importante”, ha dichiarato John Grunsfeld, associato di “Science Mission Directorate” della NASA a Washington.

“La missione ha avuto nove anni di tempo per realizzare aspettative su ciò che vorremmo vedere durante l’avvicinamento a Plutone e Caronte. Oggi, abbiamo fatto il “primo prelievo” del tesoro scientifico e posso dire che supera di gran lunga le nostre aspettative”.

“Home Run!”, Ha detto Alan Stern, ricercatore principale di New Horizons presso il “Southwest Research Institute” (SwRI) di Boulder, Colorado. “New Horizons sta già dando risultati sorprendenti, inaspettati. I dati sembrano assolutamente stupendi”.

Plutone. Montagne ghiacciate alte 3.500 metri (Nasa)
Plutone. Montagne ghiacciate alte 3.500 metri (Nasa)

Una nuova immagine di primo piano di una regione equatoriale vicino alla base del “cuore” brillante di Plutone, mostra sulla linea dell’equatore una catena montuosa con cime ghiacciatee alte all’incirca 3.500 metri.

Le montagne di Plutone probabilmente sono “giovani”, cioè formatesi non più di 100 milioni di anni fa riespetto agli oltre 4 miliardi di anni di quelle dei pianeti del sistema solare, calcolano gli scienziati.

“Questa è una delle superfici più giovani che abbiamo mai visto nel sistema solare”, ha detto Jeff Moore, esperso di geologia e geofisica del New Horizons Imaging Team (GGI) presso l’Ames Research Center della NASA a Moffett Field, in California.

A differenza delle lune ghiacciate di pianeti giganti, Plutone non può essere riscaldata da interazioni gravitazionali con un corpo planetario molto più grande.

La nuova vista di Caronte, il satellite di Plutone, rivela un terreno giovane e vario. Gli scienziati sono sorpresi dalla apparente mancanza di crateri. Un corridoio di scogliere e crepe che si estendono per circa 600 miglia (1000 km) dicono di una diffusa fratturazione della crosta di Caronte, probabilmente il risultato di processi geologici interni.
L’immagine mostra anche un canyon stimata in 4-6 miglia (7-9 chilometri) di profondità. Nella regione polare settentrionale di Caronte.

New Horizons ha anche osservato i “membri” più piccoli del sistema di Plutone, che comprende altre quattro lune: Nix, Hydra, Styx e Kerberos. Una nuova immagine fornisce l’anteprima ben visibile di Hydra, che rivela la sua apparente forma irregolare e le sue dimensioni, stimate in circa 27 miglia di diametro (43 chilometri).

La carta d'identità di Plutone (Ansa/Centimetri)
La carta d’identità di Plutone (Ansa/Centimetri)

Le osservazioni degli scienziati che hanno ispezionato le straordinarie immagini di New Horizons indicano anche la superficie di Hydra, probabilmente ricoperta di ghiaccio. Immagini future rivelaranno ulteriori indizi sulla formazione di questo micro satellite. Dati spettroscopici da strumenti “Ralph” del New Horizons “rivelano un’abbondanza di ghiaccio di metano, ma con forti divari tra le regioni attraverso la superficie ghiacciata di Plutone.

Alexis Tsipras, artefice della sua ascesa e del suo declino

Il primo ministro greco Alexis Tsipras
RIMASTO SOLO Il primo ministro greco Alexis Tsipras (Ansa/Ap)

Alexis Tsipras si è salvato, ma è rimasto solo, quasi eclissato dalle sue decisioni che hanno spinto il popolo ha voltargli le spalle. Il pacchetto di riforme di austerity è stato approvato dal Parlamento greco prima di mezzanotte con 229 voti a favore su 300. I voti contrari sono stati 64 (tra cui l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoukakis e la presidente dell’assemblea Zoe Konstantopolou) e gli astenuti sei.

In soccorso al primo ministro sono andati i partiti di opposizione filoeuropeisti. Determinanti i voti di Nea Dimokratia, Pasok e To Potami, che hanno votato “Si”, come il partito di destra Anel del ministro della Difesa Kammenos. Su 149 deputati di Syriza, 40 hanno espresso voto contrario.

Adesso si apre la strada al “bailout”, il “salvataggio” della Grecia con un mega prestito di 86 miliardi di euro. Erano questi i patti presi con l’Eurogruppo e fin qui il premier può “vantarsi” di averli rispettati anche se rimane del tutto isolato sia nel suo partito, Syriza, che nel suo governo che nelle ultime ore ha perso importanti pezzi proprio per non condividere le responsabilità sulle “folli” misure di austerità accettate dopo aver vinto un referendum in cui si affermava il contrario.  “Non sono misure che ci piacciono, ma siamo costretti ad accettarle”, ha detto il premier in Parlamento.

Il parlamento greco durante il voto del 15 luglio 2015
Il parlamento greco durante il voto del 15 luglio 2015 (Epa)

E’ molto probabile che si apra la strada a elezioni anticipate, sebbene il portavoce del governo Gabriel Sakellaridis, ha dichiarato che non è una ipotesi per ora sul campo, viste le ampie divisioni nel partito di maggioranza di cui a cominciare dallo stesso Tsipras si è consapevoli.

Il piano che il primo ministro ha portato a Bruxelles prevede profonde riforme “lacrime e sangue” in cambio di prestiti per 86 miliardi di euro. Saranno toccate le pensioni, vi saranno tagli significativi alla spesa pubblica, aumento dell’Iva e della tassazione e il via libera alle privatizzazioni.

Un pacchetto che il partito di sinistra, Syriza, nella sua maggioranza, ha respinto con fermezza. “Non possiamo tradire la volontà popolare”, espressa con il “No” alle precedenti misure che erano “di gran lunga migliori” del piano proposto dal capo del governo.

L'eclissi di Tsipras dopo il voto del Parlameno greco?
L’eclissi di Tsipras dopo il voto del Parlameno greco?

In piazza Syntagma ieri ci sono stati violenti scontri tra manifestanti e forze dell’Ordine, giovani scesi in piazza per ribadire il loro Oxi al Parlamento, ma questa volta con la violenza. Il Day after non promette nulla di buono per Alexis Tsipras, il piccolo e coraggioso “Davide” che sconfisse, con la Democrazia, i “Golia” della Finanza ma poi ha ceduto alle pressioni dell’Eurogruppo col risultato di “fare peggio” e aumentare il peso della zavorra con cui i greci saranno costretti a navigare per i prossimi anni.

Una zavorra grande quanto la “sconfitta politica” che Tsipras si porta dietro. Adesso dovrà fare i conti sia col popolo greco, stretto in una “morsa mortale”, sia con il suo partito che di fatto lo ha già “sfiduciato”. La leadership che aveva rafforzato enormemente dopo la consultazione referendaria si è repentinamente indebolita, fino a eclissarsi. In poche ore è stato artefice della sua ascesa e del suo declino…

Napoli, Cesare Cuozzo stermina la famiglia e poi si uccide. Muore Anna Daniele sorella dell'assessore

Carabinieri all'esterno del palazzo dove sono stati trovati senza vita i corpi Cesare Cuozzo, la moglie Anna Daniele e il loro figlio. Ipotesi omicidio suicidio
Carabinieri all’esterno del palazzo dove sono stati trovati i corpi di Cesare Cuozzo, la moglie Anna Daniele e il loro figlio. Ipotesi omicidio suicidio (Ansa/Fusco)

Da qualche giorno non davano notizia di loro, tanto che i parenti della famiglia di Cesare Cuozzo, di Napoli, si sono preoccupati e hanno dato l’allarme.

I Carabinieri, arrivati a casa hanno fatto aprire la porta blindata da un fabbro e hanno fatto la macabra scoperta. Tre cadaveri. Si tratta dell’intera famiglia di Cesare Cuozzo, 53 anni, ex bidello; della moglie, Anna Daniele, di 51 anni, e del loro figlio, Nicola Cuozzo, di circa 18 anni.

La scoperta è stata fatta in serata in un appartamento di Napoli, in via ammiraglio Aubry, a due passi dal porto partenopeo.

Al momento non è dato sapere con certezza se si sia trattato di omicidio suicidio. Gli inquirenti non escludono che possa essere questa la pista della morte dell’intera famiglia di Cesare Cuozzo.

Secondo una primissima ipotesi, l’uomo potrebbe aver prima ucciso i congiunti e poi essersi suicidato. In casa – da quanto si è appreso – gli inquirenti hanno rinvenuto dei farmaci e una pistola, che – secondo la ricostruzione fatta sulla base dei primi elementi – potrebbe essere l’arma con la quale l’uomo ha ucciso la moglie e il figlio e poi si è poi tolta la vita.

Stando agli elementi raccolti finora dagli investigatori, l’uomo non risulta possessore di armi. Sul posto stanno operando i Carabinieri della Sezione investigazioni scientifiche, del Nucleo investigativo di Napoli e della Compagnia di Poggioreale.

Anna Daniele, la moglie di Cesare Cuozzo, trovata uccisa in casa probabilmente dal marito, è la sorella dell’assessore alla cultura del Comune di Napoli, Nino Daniele. Lo si apprende da fonti dell’amministrazione comunale di Napoli.

I PRECEDENTI
Quella di oggi a Napoli è l’ennesima tragedia nel Napoletano. Il mese di maggio il “più caldo”. Il 5 maggio scorso il maresciallo dei Carabinieri, Alfredo Palumbo, ha ucciso la moglie Consuelo Molese, il figlio e poi si è suicidato. Passano appena dieci giorni che un infermiere del Cardarelli, Giulio Murolo, ha fatto strage uccidendo 4 persone per la biancheria stesa dei vicini. Il 19 maggio, ad Afragola, Marco Castiello, pensionato di 76, per futili motivi spara all’impazzata e ferisce 6 persone sfiorando la strage.

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