9 Ottobre 2024

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Gran Bretagna, precipita Jet. "Morti matrigna e sorella di Bin Laden"

Disasto aereo del jet famiglia bin laden partito da milano malpensa - Precipita Jet in Inghilterra
Una vista dall’alto dello schianto del Jet in Gran Bretagna (Epa)

Ci sarebbero la “matrigna e la sorella di Bin Laden” tra i morti del piccolo jet privato saudita che si è schiantato a sud della Gran Bretagna. Venerdi pomeriggio un Phenom 300, decollato dall’aeroporto di Milano Malpensa con 4 passeggeri a bordo e diretto all’aeroporto di Blackbushe in Inghilterra, è infatti precipitato nel tardo pomeriggio di venerdi nell’area di Hampshire mentre si apprestava ad atterrare.

Tutti i passeggeri, compreso il pilota sono morti. Il piccolo velivolo si è schiantato in un parcheggio nei pressi di una concessionaria di auto.

Ancora ignote le cause del disastro. Secondo testimonianze, il Jet, nell’impatto, è esploso ed è stato avvolto dalle fiamme. La stampa britannica parla di un impatto abbastanza violento. I passaggeri non sarebbero stati sbalzati fuori dall’abitacolo. Le vittime sarebbero morte sul colpo.

L’esplosione dell’aereo ha provocato un incendio ed una grande colonna di fumo visibile da molti chiometri di distanza. Distrutte oltre venti auto nel parcheggio del concessionario.

Secondo quanto scrive un giornale online saudita, si trattava di un piccolo jet arabo che era decollato dall’aeroporto di Milano Malpensa ed era diretto all’aeroporto di Blackbushe, in Gran Bretagna. Un piccolo aereo privato capace di trasportare fino a nove persone. Da quanto scrive il Corriere.it, l’aereo era di “proprietà della famiglia Bin Laden”.

Ancora sono oscure le cause del drammatico incidente. Da una prima ricostruzione pare che il piccolo Phenom 300 abbia fallito un primo atterraggio per poi trovarsi successivamente in difficoltà di manovra nel secondo tentativo, quando si è schiantato sul parcheggio. Sul luogo si sono subito recati i vigili del fuoco, la Polizia e le ambulanze. Nulla da fare per i quattro passeggeri fra cui, dicono fonti saudite, c’erano la matrigna e la sorella dello storico capo di Al Qaeda Osama Bin Laden. Gli investigatori sono al lavoro per capire le cause e l’esatta dinamica.

Fiumicino, ancora disagi. Enac: "Normalità". Codacons: "Danni per milioni"

Ancora ritardi dei voli in partenza da Fiumicino e lunghe file dei passeggeri ai check in per le ripercussioni legate all'incendio che ieri ha colpito prima la zona di Pesce Luna e poi la pineta di Focene, che si trovano non distanti dalla pista numero uno, 30 luglio 2015. ANSA/ TELENEWSI disagi a Fiumicino ci sono stati e anche pesanti ma, assicura l’Ente nazionale per l’aviazioni civile, la situazione “sembra essere in linea di massima tornata alla regolarità del periodo”. Insomma quasi “normalità”.

Aeroporto, oltre all’incendio dell’altro giorno, che è da bollino rosso per il periodo. L’Enac afferma che vi sono “alcuni ritardi non particolarmente significativi, sia per quanto riguarda le compagnie tradizionali, sia per quelle low cost che operano sullo scalo”.

In particolare la compagnia Vueling sta regolarizzando, con il supporto della società di gestione Aeroporti di Roma, il proprio servizio anche in termini di riprotezione dei passeggeri, di assistenza e di informazioni.

Giovedi l’Enac ha contattato l’autorità per l’aviazione civile spagnola e i vertici della compagnia Vueling che avevano assunto l’impegno di risolvere al più presto la situazione con interventi mirati che sono stati attuati dalla compagnia stessa, in cooperazione con ADR, e che dovrebbero far tornare alla normalità operativa in breve tempo”.

Dal canto suo Vueling in una nota precisa che “Stiamo tornando alla normalità. Oggi non c’è stata nessuna cancellazione e operiamo regolarmente con 105 voli: si registra un piccolo impatto per effetto dei giorni precedenti, con 6 voli in ritardo, ritardi di massimo 3 ore”, spiega all’Ansa il country manager Italia di Vueling Massimo Di Perna facendo il punto sulla situazione dei voli della low cost spagnola all’aeroporto di Fiumicino. “Al momento – precisa – la situazione è molto migliorata: abbiamo creato una task force dedicata per ristabilire le normali operazioni”.

L’Enac precisa poi che “eventuali possibili ritardi contenuti potrebbero sempre verificarsi in considerazione del fatto che ci troviamo in uno dei momenti di maggior traffico aereo dell’anno; l’Aeroporto di Roma Fiumicino, infatti, in giornate come quelle agostane arriva a gestire flussi di circa 140.000 passeggeri. Un dato non indifferente che si è tuttavia incrociato in questi giorni con il grosso incendio divampato nelle boscaglie e nella pineta accanto all’aeroporto che di disagi ne ha creati.

Intanto il premier Matteo Renzi interviene sui disagi di questi giorni:  “L’aeroporto di Fiumicino – dice il premier – è un hub fondamentale per il futuro del Paese. Dovremo fare tutti uno sforzo maggiore anche come pubblico per affrontare meglio quel che va affrontato, con una visione strategica per i prossimi anni. Abbiamo bisogno di investire moltissimo nelle strutture aeroportuali”, afferma Renzi che aggiunge: “Stiamo verificando se gli ultimi eventi sono dolosi o casuali: avete visto cosa è successo ma non tocca a me dirlo. Non è possibile che accadano le cose che sono accadute in questo periodo: è in corso una verifica a tutti i livelli per accertare responsabilità e eventuali colpevoli”.

Ma c’è chi pretende chiarezza come le Associazioni dei consumatori che sono sul piede di guerra. Il Codacons stima in milioni di danni subiti dai passeggeri. “Una situazione di caos – dice il Codacons – quella scaturita a seguito dell’incendio presso la pineta adiacente l’aeroporto, che ha determinato un danno per milioni di euro agli utenti, considerati i giorni di vacanza persi, la necessità di acquistare altri biglietti per le partenze, la spesa per soggiorni in hotel e pasti, gli appuntamenti mancati e altro”.

Riforma Rai, il Senato approva il Ddl con 142 voti. Polemiche su nomine Cda

La sede della Rai in viale Mazzini a Roma - Si a riforma raiPassa tra mille polemiche al Senato il ddl di Riforma Rai. Dopo che il governo era stato battuto giovedi con tre voti di scarto, l’Aula del Senato ha approvato oggi con 142 voti favorevoli e 92 contrari il ddl di riforma Rai. Il provvedimento ora passa alla Montecitorio, dove non mancheranno le tensioni registrate ieri e oggi tra grillini, leghisti, forzisti e minoranza dem.

Giovedi la maggioranza di governo è stato battuta per soli tre voti sull’articolo 4, che prevede la delega sul canone, soppresso da emendamenti di 19 rappresentanti della minoranza Pd, di Fi e del Movimento Cinque Stelle. No anche di Ala di Denis Verdini che sul punto ha fatto mancare il suo appoggio al governo Renzi.

Ma le tensioni sono soprattutto sull’elezione del nuovo Cda. L’esecutivo ha fatto di tutto per scongiurare che il nuovo Cda Rai, scaduto da due mesi, venisse rieletto con la legge Gasparri. Cosa che verosimilmente accadrà martedi in Commissione di Vigilanza.

La Commissione di Vigilanza ha comunque deciso di votare già martedì per l’elezione di sette dei nove membri del Cda di competenza della bicamerale con un’accelerazione che ha scatenato lo protesta dei senatori grillini. L’accusa per i Cinquestelle è che ci sia un presunto accordo tra Pd e Forza Italia non solo per arrivare alla spartizione dei consiglieri, ma anche per blindare la maggioranza dei due terzi necessaria per il presidente. Anche la minoranza Dem non nasconde le proprie perplessità sulle modalità con cui si è arrivati al rinnovo per il Cda, ma nel Pd è soprattutto lo stop di oggi a Palazzo Madama a pesare.

“L’unità del Pd può e deve costruirla per primo il segretario Matteo Renzi. Inutile scaricare responsabilità su altri”, scrive su Twitter il deputato della minoranza Pd Roberto Speranza, parlando della riforma Rai e del voto in dissenso espresso ieri dai senatori della sinistra dem su un articolo del ddl.

“Questa riforma è il primo passo di un percorso complessivo, perché arriva a pochi mesi dal rinnovo della concessione. Abbiamo in programma anche la scrittura di un nuovo testo unico delle convergenze multimediali, sempre mantenendo un ruolo principale del Parlamento”, è stato invece il commento in aula del senatore Pd, Francesco Verducci, sulla riforma Rai. “L’obiettivo – aggiunge – è chiudere una stagione fallimentare e di aprirne un’altra. Mi rivolgo a Gasparri, faremo di tutto perché questa legislatura mandi in soffitta legge vecchie e inadeguate”. “La Rai – ha detto ancora – ha perso legittimazione e credibilità a causa della lottizzazione”.

“Questa situazione – ha proseguito Verducci – ha nell’attuale governance il suo colpevole, c’è un ruolo distorto della Commissione Vigilanza che noi vogliamo cambiare. Questa è una riforma forte anche da un punto di vista organizzativo, con un cda partecipato anche da lavoratori e un ad in grado di operare, senza ledere il ruolo di primazia del Parlamento deciso dalle sentenze della Consulta. C’è un bilanciamento tra le prerogative dell’azionista e quelle del Parlamento, oltre a una separazione tra il livello politico e gestionale rafforzata dall’introduzione di norme sulla trasparenza”.

Folle al Gay Pride di Gerusalemme accoltella 6 persone

Yishai Schlissel l'ebreo ortodosso che ha accoltellato 6 persone al gay pride di Gerusalemme
Yishai Schlissel, l’ebreo ortodosso che ha accoltellato 6 persone al Gay Pride di Gerusalemme

Aveva il vizietto di accoltellare le persone alle manifestazioni del Gay pride in Israele. Arrestato e scarcerato appena venti giorni fa, ci ha riprovato e con “successo” giovedi. Le sue ultime vittime sono sei persone (fra cui una agente di polizia) che ha accoltellato giovedi al Gay Pride di Gerusalemme. Due sono in condizioni gravi.

L’attacco del folle è avvenuto nella via Keren ha-Yesod, non lontano dalla residenza ufficiale di Netanyahu. La persona arrestata a Gerusalemme è infatti la stessa che aveva accoltellato altre quattro persone alla stessa parata del 2005. Si tratta di un ebreo ultraortodosso, Yishai Schlissel, rilasciato tre settimane fa dopo una condanna a 12 anni di carcere. Lo ha detto un portavoce della polizia israeliana alla Bbc.

Sulla stampa ortodossa la manifestazione era stata bollata come “la marcia disgustosa”. Ma i rabbini avevano detto di ignorarla “per non esporre i timorati a quel genere di degrado”. L’attacco al “Gay Pride” appare dunque come l’iniziativa autonoma di singoli zeloti.

Una persona ferita che viene soccorsa al gay pride di Gerusalemme
Una persona ferita viene soccorsa al Gay Pride di Gerusalemme (Ansa-Epa/Safadi)

L’attacco al “Gay Pride” di Gerusalemme “è un evento molto grave. I responsabili saranno puniti con rigore”, ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu. “Le libere scelte di ciascun individuo sono uno dei valori base in Israele. Dobbiamo far sì che tutti in Israele possano vivere in piena sicurezza, quali che siano le loro scelte”.

Fiumicino, Ryanair: "Se Alitalia andrà via ci saremo noi"

Ryanair prenderà posto di Alitalia a FiumicinoRyanair è pronta a prendere il posto della Compagnia Alitalia se questa abbandonerà Fiumicino per andare altrove, come ha avvertito mercoledi l’amministratore delegato di Alitalia, Silvano Cassano. Ciò significa che la compagnia low cost aggiungerà più aeromobili, più rotte e più voli a tariffe basse a Roma Fiumicino se l’ex compagnia di bandiera (italo-araba) dovesse fare ulteriori tagli o lasciare l’aeroporto.

Ryanair, che, come traffico, è la maggiore compagnia a operare in Italia, ieri si è sentita indirettamente chiamata in causa dall’ad di Alitalia Cassano il quale ha dato ad ADR Aeroporti di Roma, (la società che gestisce lo scalo di Fiumicino) una sorta di ultimatum: “Se Fiumicino continuerà a puntare su compagnie low cost e servizi mediocri, Alitalia sposterà la sua crescita altrove”. Un motivo, quello di Ryanair per intervenire e mettere sul tappeto alternative ” concrete e tempestive”.

In una nota la compagnia irlandese afferma che “Ryanair prende atto dei commenti di Silvano Cassano e conferma che aggiungerà più aeromobili, voli a tariffe basse e rotte da e per Roma Fiumicino se Alitalia dovesse effettuare tagli o lasciare l’aeroporto”, ha dichiarato Robin Kiely di Ryanair.

“Quale maggiore compagnia in Italia, Ryanair sta contribuendo alla crescita del turismo italiano, del traffico e dei posti di lavoro, in un momento in cui Alitalia minaccia Fiumicino, e Easyjet e Vueling stanno tagliando il proprio traffico a Roma, e restiamo impegnati a crescere presso gli aeroporti sia di Roma Fiumicino sia di Roma Ciampino, offrendo ai consumatori e ai visitatori una scelta di 56 rotte da Roma, alle tariffe piu basse”.

“Forse è tempo – ha aggiunto Kiely – che Alitalia provi ad abbassare le sue tariffe e faccia in modo che piloti e assistenti di volo non scioperino anziché incolpare ingiustamente gli aeroporti italiani che stanno lavorando duramente per accrescere turismo e posti di lavoro in Italia”.

Svimez, l'Italia non cresce. Il Sud peggio della Grecia

Svimez: Italia ferma. Sud Italia peggio della Grecia
Svimez: Italia ferma. Sud Italia peggio della Grecia

“Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13%, la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Obiettivo Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%)”. E’ quanto riporta il rapporto di Svimez che sottolinea anche che, nel periodo, l’Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell’area euro a 18 con il +20,6% a fronte di una media del 37,3%.

Dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha infatti perso il 34,8% del proprio prodotto , contro un calo nazionale del 16,7% e ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%), tanto che nel 2014 la quota del valore aggiunto manifatturiero sul Pil è stata pari al Sud solo all’8%, ben lontano dal 17,9% del Centro-Nord. Dato che fa il paio con la caduta delle esportazioni che in nel Centro-Nord salgono del 3% e al Sud crollano del 4,8%.

Secondo Svimez “Il Sud sconta inoltre un forte calo sia dei consumi interni che degli investimenti industriali. I consumi delle famiglie meridionali sono infatti ancora in discesa, arrivando a ridursi nel 2014 dello 0,4%, a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord. Se si guarda dall’inizio della crisi al Sud i consumi sono scesi del 13,2%, oltre il doppio che nel resto del paese.

Anche peggiore la situazione degli investimenti che nel 2014 scendono di un ulteriore 4%, portando il dato dal 2008 a un calo del 38%, con picchi del 59% per l’industria, del 47% per le costruzioni e del 38% nell’agricoltura.

Non è immune dal crollo nemmeno la spesa pubblica. A livello nazionale dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è infatti diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro da 63,7 miliardi a 46,3 ma al Sud il calo è stato di 9,9 da 25,7 a 15,8. Nel rapporto Svimez si legge che “scendono soprattutto al Sud i trasferimenti in conto capitale a favore delle imprese pubbliche e private: tra il 2001 e il 2013 si è registrato un calo del 52%, pari a oltre 6,2 miliardi di euro.

Fiumicino, è scontro acceso tra Alitalia e Aeroporti di Roma

L'amministratore delegato di Alitalia Silvano Cassano lancia l'ultimatum a ADR gestore di Fiumicino
L’amministratore delegato di Alitalia Silvano Cassano

Il day after dell’incendio di mercoledì alla pineta nei pressi dell’aeroporto di Fiumicino non placa le polemiche. Da una parte ci sono quelle comprensibili dei passeggeri costretti a vivere ore di attesa e di caos, dall’altra è in atto uno scontro a distanza tra la Compagnia Alitalia e il gestore Aeroporti di Roma (Adr).

In una nota diramata prima del vasto rogo divampato ieri, Alitalia nel fare la conta dei danni subiti dall’incendio del 7 maggio scorso al terminal 3, ha attaccato Adr per la gestione dell’aeroporto e chiede 80 milioni di risarcimento.

“I danni subiti da Alitalia dalle conseguenze dell’incendio divampato il 7 maggio scorso all’Aeroporto di Fiumicino ammontano a 80 milioni di euro, fino ad oggi”, esordisce la compagnia

“La recente riapertura del Terminal 3 – prosegue la nota – ha infatti decretato la fine della fase di emergenza ma non la fine di numerosi problemi e limitazioni che hanno ancora pesanti effetti sulle operazioni aeroportuali. Alitalia potrà calcolare l’ammontare totale dei danni subiti solo quando l’Aeroporto tornerà a funzionare ai livelli pre incendio. Alitalia è l’unica compagnia aerea ad avere il proprio Hub a Fiumicino. Sono di Alitalia il 50% circa del totale dei voli dell’aeroporto”.

“Abbiamo passato un periodo difficilissimo a causa di un evento che ci ha colpiti profondamente” – ha detto Silvano Cassano Amministratore Delegato di Alitalia. “In questo periodo prosegue Cassano – abbiamo rinunciato a qualsiasi polemica e ci siamo concentrati interamente sul servizio ai passeggeri, per ridurne i disagi”.

“Alitalia ha completato un primo consuntivo dei danni subiti per la cancellazione di migliaia di voli e per un’infinità di problemi operativi che hanno messo in luce la fragilità dell’infrastruttura aeroportuale nel suo complesso. Tale consuntivo provvisorio ammonta a 80 milioni di euro. Alitalia è determinata a ottenere il risarcimento dei danni da essa subiti”.

“Il nostro è un piano di rilancio complesso, in uno dei settori più competitivi in Italia e nel mondo. L’aeroporto di Fiumicino non è oggi un’infrastruttura adeguata a fungere da hub di una compagnia con le nostre ambizioni”, ricorda l’Ad che lancia l’ultimatum ad Adr “I problemi di Fiumicino nascono da anni e anni di investimenti inadeguati e sono ormai strutturali, auspichiamo meno attenzione alla finanza e più attenzione al mercato. Se Fiumicino continuerà a puntare su compagnie low cost e servizi mediocri, Alitalia sposterà la sua crescita altrove”, avverte Cassano

LA REPLICA DI ADR
A stretto giro la replica del gestore di Fiumicino “Aeroporti di Roma” (Adr). “In relazione alle dichiarazioni odierne dell’amministratore delegato di Alitalia Silvano Cassano, – spiega in una nota Adr – Aeroporti di Roma non intende commentare le cifre fornite da Alitalia e la fondatezza delle stesse circa eventuali danni subiti per effetto dell’incendio e ricorda che sono ancora in corso, da parte della Procura competente, le indagini per la definizione delle eventuali responsabilità dell’incendio.

ADR ritiene essenziale, invece, sottolineare che è in corso di realizzazione un piano di investimenti da circa 11 miliardi, che è stato possibile avviare solo nel 2013 in seguito all’approvazione del contratto di programma, dopo oltre 10 anni di limbo causato dall’assenza del contratto.

Una veduta aerea dell'aeroporto di Fiumicino a Roma
Una veduta aerea dell’aeroporto di Fiumicino a Roma

ADR ricorda inoltre che aveva – a valle dell’ingresso nel gruppo Atlantia – dato un visibile e chiaro impulso alla qualità del servizio, testimoniata dal superamento nella qualità del servizio percepita di hub concorrenti quali Francoforte, Madrid e Parigi secondo le rilevazioni ufficiali di Airport Council International, nonostante tariffe mediamente inferiori.

Circa poi l’accenno agli investimenti e alla finanza, si ricorda che ADR è un operatore pochissimo indebitato e che ha già tutte le risorse necessarie a supportare lo sviluppo dell’aeroporto e della destinazione Roma, senza alcuna discriminazione tra le compagnie operanti sul mercato.

Inoltre ADR non ha bisogno alcuno di nuova finanza, né di nuovi capitali, né di distribuire capitale ai propri azionisti. ADR ricorda infine che negli ultimi tre mesi la crescita del sistema aeroportuale romano è stata del 5,6%, nonostante gli effetti dell’incendio, e che oggi l’aeroporto di Fiumicino è in una situazione di piena ed efficiente operatività con punte giornaliere di oltre 140 mila passeggeri (+7,3% nell’ultima settimana).

Aeroporti di Roma, Società del Gruppo Atlantia, gestisce e sviluppa gli aeroporti di Roma Fiumicino e Ciampino e svolge altre attività connesse e complementari alla gestione aeroportuale. Fiumicino opera attraverso quattro terminal passeggeri.

E’ dedicato alla clientela business e leisure su rotte nazionali, internazionali e intercontinentali; Ciampino è principalmente utilizzato dalle compagnie aeree low cost, dagli express-courier e dalle attività di Aviazione Generale. Nel 2014 ADR ha registrato, come sistema aeroportuale, circa 44 milioni di passeggeri con più di 230 destinazioni nel mondo raggiungibili da Roma, grazie alle oltre 100 compagnie aeree operanti nei due scali”.

Insomma una polemica che probabilmente avrà strascichi legali tra Alitalia che “pretende” 80 milioni di euro per gli “eventuali danni subiti” da Alitalia, e il gestore che aspetta l’esito delle indagini avviate dalla procura competente.

Incendio Fiumicino, ancora disagi e blackout. L'Enac chiama a "rapporto" Alitalia e ADR

Il fumo denso sulle piste di Fiumicino
Il fumo denso sulle piste di Fiumicino (Ansa)

Dopo l’incendio di mercoledi nel perimetro dell’aereoporto di Fiumicino, un blackout di venti minuti ha interessato stamane lo scalo romano con conseguenze e disagi ancora gravi per i passeggeri e gli addetti ai lavori.

Durante il blackout elettrico le operazioni della torre di controllo all’aeroporto di Fiumicino sono proseguite regolarmente grazie ai gruppi di continuità assoluta di cui il sistema operativo dell’Enav è dotato. Pertanto, decolli ed atterraggi degli aerei, a quanto si è appreso, si sono svolti regolarmente anche durante i circa venti minuti di interruzione dell’elettricità.

Fortunatamente l’energia elettrica è tornata dopo mezzogiorno e sembra che tutto stia tornando alla normalità. L’Enac, dopo l’incendio di ieri all’aeroporto di Fiumicino ha convocato per il giovedi 6 agosto gli “Accountable Manager di Aeroporti di Roma e di Alitalia”. Il motivo della convocazione, scrive l’Enac “è quello di verificare la rispondenza delle azioni poste in essere dopo l’incendio di ieri a quanto previsto dalla normativa vigente e di ribadire obblighi e competenze normativamente individuati a carico delle due figure che sono responsabili, sotto profili ben specificati, sia della sicurezza, sia dell’operatività dell’aeroporto”. Il presidente Vito Riggio vorrebbe delucidazioni anche in merito alla querelle posta in essere da Alitalia con “Aeroporti di Roma” (AdR) e lo “scontro” a distanza che c’è stato tra le due società.

A meno di ventiquattrore dall’incendio nelle boscaglie vicino all’aeroporto di Fiumicino la situazione è ancora caotica, aggravata dal blackout di stamane. Registrati disagi nella notte, con passeggeri bloccati anche in aeroporto e negli aerei in partenza. Molte le lamentele dei clienti in partenza che hanno vissuto ore di caos e di stress.

Intanto, la procura di Civitavecchia ha aperto un’inchiesta per capire se si tratta di un un incendio doloso oppure un rogo divampato a causa del caldo, ipotesi, questa, al momento ritenuta “debole”. Da una prima ricognizione fatta ieri sembrerebbe che a causare le fiamme sia stata la mano dell’uomo.

Gli inquirenti sono in attesa delle prime informative dei vigili del fuoco e degli esperti per configurare l’eventuale reato di incendio doloso. Il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino non ha dubbi: “Si tratta di un incendio doloso”.

L’incendio di mercoledi 29 luglio si è sviluppato fuori dallo scalo, interessando comunque l’aeroporto di Fiumicino dove le piste sono state invase da fumo e detriti. Per alcune ore “è stato disposto il blocco di tutti i decolli”, scriveva Alitalia in un tweet delle 14:58, appena dopo l’incendio. Il blocco, secondo quanto appreso, è stato disposto dalle autorità e riguarda tutto lo scalo. E l’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, informa che la situazione sta tornando piano piano alla normalità.

Una vasta zona di sterpaglie nella zona di Pesce Luna è andata a fuoco e rischiava di coinvolgere anche la pineta di Focene. Si sono viste grosse lingue di fuoco. L’area è vicina a via Coccia di Morto, l’arteria che corre parallela al perimetro dell’aeroporto. Sul posto sono ancora in azione squadre dei vigili del fuoco e della Protezione civile di Fiumicino. Si è levata una grossa colonna di fumo nero e bianco visibile anche da lontano e dall’aeroporto che è molto distante dalla zona dell’incendio.

Le fiamme, a causa del forte vento, si sono propagate alla pineta ed hanno intaccato anche un parco macchine, distruggendone alcune. Al momento via Coccia di Morto è interrotta in quanto sono in corso le operazioni di spegnimento dell’incendio, con oltre una decina di mezzi. Sul posto uomini della Protezione Civile di Fiumicino, Vigili del fuoco, Polizia locale e Carabinieri.

Sul luogo dove si è sviluppato l’incendio si è recato anche il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino: “La situazione – ha detto – è assai seria, il fronte è di qualche centinaio di metri e, a quanto sembra, ed è inquietante, le fiamme si sarebbero propagate da 2-3 punti diversi, anche lontani tra di loro.

E’ a rischio la pineta di Focene, che è già stata attaccata dalle fiamme, con lingue di fuoco molto alte, e dove è difficile intervenire, perché il vento spinge verso la pineta. Abbiamo chiesto l’intervento di un Canadair”, per velocizzare lo spegnimento delle fiamme.

Intanto l’Enac, informa che “solo la chiusura numero 1 è rimasta chiusa per consentire le attività di spegnimento. Dalle ore 15.45 circa lo scalo di Fiumicino sta riprendendo lentamente a operare con flussi ritardati per non interferire con i mezzi aerei utilizzati per le operazioni di spegnimento dell’incendio”, spiega la nota. “La società di gestione dello scalo, Aeroporti di Roma, è al lavoro per ripulire le piste dai detriti dell’incendio, mentre personale della società è presente in aerostazione per fornire informazioni ai passeggeri dei voli coinvolti nei ritardi”.

Secondo le prime ricostruzioni sembra che il rogo sia doloso. Qualche “manina” non meglio indentificata avrebbe appiccato fuoco alle sterpaglie per poi darsela a gambe.

IRA DI RENZI: “INTOLLERABILE”
“Adesso basta, è impensabile che il principale hub italiano, in piena stagione estiva, sia in balia di incidenti o peggio di malintenzionati e criminali”. Sarebbe questa, secondo quanto riferiscono fonti di palazzo Chigi, la posizione espressa dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in una telefonata al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, dopo quanto accaduto oggi all’aeroporto di Fiumicino.

L’aeroporto di Fiumicino era stato interessato il 7 marzo scorso da un grosso incendio divampato al terminal 3. Dopo un lavoro di due giorni è tutto tornato alla normalità. Le indagini sul rogo avevano accertato che la natura dell’incendio non era di origine dolosa ma per un corto circuito.

Il colpo d'Ala di Verdini. Ma sullo sfondo ci sono due verità

Il senatore Denis Verdini
Il senatore Denis Verdini

Lo strappo era già nell’aria, e lui Denis Verdini, aveva fatto di tutto per convincere Silvio Berlusconi a tornare nella “strettoia” del Nazareno. Non solo.

Verdini, secondo alcuni bene informati, gradiva anche la leadership che fu di Giovanni Toti, per coordinare il partito che pure è stato sotto il suo coordinamento fino all’addio al patto del Nazzareno tra Berlusconi e Matteo Renzi; cosa che avvenne all’indomani del voto al Senato che lo ha dichiarato decaduto causa legge Severino. Con Forza Italia all’opposizione, Denis e suoi hanno sofferto e non poco. Da mesi era sparito dalla scena politica.

Vi sono due versioni su questo tormentato addio. La prima è che alla fine Berlusconi non ha concesso al senatore né l’uno né l’altro. E il “falco” di tante battaglie, sentitosi “isolato” con uno deciso battito d’ali ha lasciato Silvio Berlusconi per volare verso lidi “migliori” e più “autonomi”. Lo ha fatto per costituire “Ala”, acronimo di Alleanza liberalpopolare per le autonomie.

“Ufficialmente”, è una pattuglia di parlamentari che dall’opposizione “asfissiante” in cui si trovava, trasloca verso la maggioranza renziana. Nel senso che non diventeranno di sinistra, ma in Parlamento sosterranno le “riforme” di Matteo Renzi come prevedeva il famigerato patto.

Verdini con Renzi al Senato
Verdini con Renzi al Senato (Ap /Medichini)

“Ufficiosamente”, (ed entriamo nella seconda versione) secondo i più maliziosi, sarebbe un’operazione condotta proprio da Silvio Berlusconi per trovare un modo di continuare a far sopravvivere il patto del Nazzareno. Il senatore toscano era il più portato per fare un’operazione di questo tipo perché se le “larghe intese” sono nate col governo Letta e proseguite con Renzi si deve dire grazie a lui.

In Forza Italia “Eravamo a disagio”, spiega oggi Denis Verdini. Come a disagio si sentivano “all’interno dei gruppi dove avevamo militato. Ma non rinneghiamo niente”, puntualizza. “Noi siamo stati eletti dentro il Pdl, ognuno di noi ha la sua tradizione, voglio dire una cosa – ha precisato – per tranquillizzare gli amici della sinistra Pd: nessuno di noi ha desiderio di iscriversi al Pd”.

“E’ uno strappo – ha detto ancora Verdini – e come tutti gli strappi addolora e fa male. Quando non ci sono identità di vedute nessuno finisce o muore, uno vede le cose in maniera diversa. Ho una grandissima lealtà che mi lega a Berlusconi ma vediamo le cose in maniera diversa”.

Verdini e Berlusconi al Senato
Verdini e Berlusconi al Senato

Berlusconi, prosegue Verdini “è sempre stato in questi 20 anni lungimirante però questo non significa che sempre si vedono le stesse possibilità. Come tutti gli strappi fanno male il dolore uno se lo tiene e tira fuori l’ottimismo. La nostra storia legata a Berlusconi è straordinaria e fa male parlarne. Non ne vogliamo parlare, parliamo di quello che facciamo”.

Nei giorni scorsi era stata fatta filtrare una “velina” sull’addio. Non lo ha annunciato Verdini direttamente. Secondo la prima versione Denis voleva sondare gli umori dell’ex primo ministro. Un ultimo tentativo per portare Berlusconi sui suoi passi. E invece niente. Come a tanti transfughi il leader di Forza Italia gli avrà detto “Auguri e buona fortuna”.

Secondo l’altra, la velina, era un modo di Berlusconi per lanciare a Renzi messaggi criptati. Per dire, “ok, ti lascio Verdini perché quel patto non deve assolutamente morire, ma sappi di non fare il furbo”. Due versioni che hanno sullo sfondo due presunte verità.

Italcementi, i Pesenti vendono ai tedeschi per 1,6 miliardi

Uno degli stabilimenti ItalcementiItalcementi diventa “tedesca”: il controllo del gruppo industriale che da sempre fa capo alla famiglia Pesenti viene ceduto a sorpresa per oltre 1,6 miliardi a Heidelberg per creare il primo gruppo mondiale negli aggregati, il secondo nel cemento e il terzo nel calcestruzzo.

“Un imprenditore sa che l’importante è garantire lo sviluppo futuro dell’attività più che arroccarsi nella continuità del controllo dell’azienda”, commenta Giampiero Pesenti, figlio di Carlo, uno dei sei fratelli fondatori dell’impresa nata all’inizio del secolo nella bergamasca.

L’accordo prevede l’assegnazione ad Italmobiliare, come parte del corrispettivo di acquisto, di una quota del capitale della ‘nuova’ HeidelbergCement compresa fra il 4% e il 5,3% – tramite aumento di capitale riservato – che corrisponde a un controvalore tra i 560 e 760 milioni.

Con questa partecipazione azionaria Italmobiliare – della quale Mediobanca è stata advisor – diverrà il secondo azionista industriale di HeidelbergCement, con un rappresentante all’interno del Consiglio di Sorveglianza. Successivamente alla chiusura dell’operazione, HeidelbergCement sarà tenuta ad effettuare un’Offerta pubblica di acquisto obbligatoria per cassa sul restante capitale di Italcementi al medesimo prezzo per azione pagato a Italmobiliare che da parte sua, nell’ambito dell’operazione, si impegna ad acquistare da Italcementi le attività nel settore delle energie rinnovabili (Italgen) e nell”eprocurement’ (BravoSolution).

“Oltre a mantenere una forte presenza nel settore dei materiali da costruzione, con la partecipazione in HeidelbergCement rafforzeremo il portafoglio di investimenti industriali che si affiancano alle partecipazioni già detenute nel settore dell’imballaggio alimentare (SirapGema) e in altri comparti diversificati”, afferma la nota della holding che fa capo ai Pesenti al termine del Cda che ha approvato l’operazione con il gruppo tedesco.

L’acquisizione del 45% e quindi del controllo di Italcementi avviene in un settore che poche settimane fa ha visto l’accordo da 41 miliardi tra Holcim e Lafarge. HeidelbergCement lo scorso anno ha registrato ricavi per 12,6 miliardi con 44.900 dipendenti in oltre 40 Paesi e capitalizza quasi 14 miliardi alla Borsa di Francoforte mentre Italcementi ‘vale’, secondo le quotazioni di Piazza Affari, circa 2,3 miliardi mentre con questa operazione viene valutata circa 3 miliardi.

Blitz al porto turistico di Roma, arrestati Mauro Balini e altri 3. Sequestri per 400 milioni

Il presidente del porto turistico di Roma Mauro Balini
Il presidente del porto turistico di Roma Mauro Balini

Il porto turistico di Roma al centro del business di una presunta associazione criminale. La Guardia di Finanza del comando provinciale di Roma ha eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere e proceduto a un mega sequestro di beni per un valore stimato di 400 milioni di euro. In manette il presidente del porto di Ostia, Mauro Balini, imprenditore immobiliare e presidente del porto, che secondo la procura sarebbe a capo di una presunta cupola criminale.

Le accuse, da quanto appreso, sono di associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta, crac che si riferirebbe allo scioglimento della società concessionaria ATI.

Le Fiamme gialle si sono presentate all’alba sul Lungomare Duca degli Abruzzi di Ostia sequestrando posti barca, parcheggi, strutture amministrative, commerciali e aree portuali, all’interno del Porto Turistico di Roma, del valore commerciale complessivo di oltre quattrocento milioni di euro.

I dettagli dell’operazione verranno illustrati in una conferenza stampa indetta per le 10.30 presso la sede del Nucleo di Polizia Tributaria Roma, in via dell’Olmata n. 45, alla presenza del procuratore aggiunto Nello Rossi, del comandante provinciale della Guardia di Finanza, generale Giuseppe Magliocco e del colonnello Cosimo Di Gesù, comandante del Nucleo di Polizia tributaria.

Imbaracazioni al porto turistico di Roma
Imbarcazioni al porto turistico di Roma

Costruito nel 2001, il Porto Turistico di Roma si trova a Ostia, a sud est della foce del Tevere e sorge su una superficie di circa 22 ettari, disponendo di 840 posti barca per lunghezze comprese fra gli 8 e i 60 metri.

A breve, è riportato nel loro sito, inizieranno i lavori di ampliamento del porto di Roma finalizzati ad aumentare la capienza della struttura che sarà in grado di ospitare 1419 posti barca. A disposizione dei natanti circa 611 nuovi punti di ormeggio per imbarcazioni da diporto di lunghezza compresa tra 12,00 e 70,00 metri. Ampliamento che per il momento dovrà attendere gli esiti della mega operazione di stamattina.

Azzollini, con 189 voti il Senato dice "No" all'arresto. "Fumus persecutionis"

Il senatore Ncd Antonio Azzollini in uno dei suoi interventi al Senato
Il senatore Ncd Antonio Azzollini in uno dei suoi interventi al Senato

Il senatore Ncd Antonio Azzollini non andrà ai domiciliari per il presunto crac della Casa della Divina Provvidenza. L’aula di Palazzo Madama con 189 voti contrari, 96 voti a favore e 17 astenuti ha detto “No” all’arresto la cui richiesta era stata avanzata dai pm di Trani che indagano sulla bancarotta da 500 milioni di euro all’istituto di Bisceglie.

In aula è stato richiesto il voto segreto ed è filato tutto come da accordi tra Renzi e Alfano. La Giunta per le immunità presieduta da Stefàno non aveva riscontrato il “fumus persecutionis”, dando l’8 luglio scorso parere favorevole all’arresto.

In Aula, il senatore Ncd Azzollini si è difeso per mezz’ora, sostenendo che nei suoi confronti c’è solo “fumus persecutionis integrato a sufficienza”. Il senatore ha riferito circostanze per dimostrare ai colleghi senatori “l’insussistenza della accuse”, e le “ricostruzioni difficili da poter ritenere anche solo logiche”. Secondo Azzollini, sarebbero state usate contro la sua persona testimonianze “contraddittorie” che la procura di Trani ha invece ritenuto “attendibili”.

“Qui – ha detto  Azzollini – è stato fatto il semplice copia e incolla del gip dei documenti del pm senza alcuna autovalutazione come si dovrebbe fare in base alla legge. La valutazione può essere da 0,5 a 10 ma non può essere zero”, ha concluso il senatore alfaniano. Dopo il voto contrario proteste vibrate sono arrivate dai banchi della Lega e del M5S.

Non è chiaro se anche oggi il Senato si occuperà dell’altro senatore Ncd, Giovanni Bilardi coinvolto nella presunta rimborsopoli calabrese. La procura di Reggio Calabria ha chiesto a palazzo Madama l’autorizzazione a procedere per gli arresti domiciliari.

Ieri, il senatore Pd Luigi Zanda aveva scritto ai suoi senatori per invitarli a “votare secondo coscienza”, senza una indicazione precisa. “Tira una strana aria”, si commentava nell’opposizione, perché quasi tutti i parlamentari di quasi tutte le forze politiche interrogati sul punto confessano di non voler votare contro l’ex presidente della commissione Bilancio del Senato, non solo per “simpatia” nei confronti dell’uomo politico, ma anche perché sta diventando palpabile una certa “insofferenza” verso una magistratura “che si sta mostrando sempre più invadente”, nei confronti del potere legislativo.

Da sinistra i senatori Ncd Giovanni Bilardi e Antonio Azzollini
Da sinistra i senatori Ncd Giovanni Bilardi e Antonio Azzollini

Sul caso Azzollini “leggendo con attenzione le carte – spiegano esponenti del Pd – ci si rende conto che contro di lui non hanno quasi nulla. Se non altro nulla che possa motivarne l’arresto”. Facendo intendere che nei suoi confronti esistono forme di “fumus persecutionis”. Un giudizio “trasversale” che si ascoltava interpellando diversi senatori. Stessa cosa potrebbe ripetersi per Bilardi accusato di presunte spese pazze al Consiglio regionale della Calabria nel triennio 2010-2012 e di cui la procura di Reggio Calabria ha appunto chiesto i domiciliari.

Azzollini dunque si è salvato. Il senatore Ncd, già coinvolto nell’inchiesta sulla maxi-truffa per il porto di Molfetta, è accusato, tra l’altro, di bancarotta fraudolenta, associazione a delinquere, induzione indebita. Nel Pd già nei giorni scorsi c’era una certa tensione per le dimensioni che potrebbe assumere il “salvataggio”.

Se buona parte del gruppo Dem ha votato contro la proposta della Giunta guidata da Stefàno potrebbe aprirsi un problema d’immagine per il segretario Renzi che in pubblico è per “tolleranza zero e lotta a corruzione e malaffare” ma all’interno dell’esecutivo ha il problema con l’alleato minore, Angelino Alfano che finora gli ha garantito lealtà e tutto il sostegno di cui il premier ha avuto bisogno per portare avanti le riforme.

Napoli, falsi agenti rapinavano in case. Arrestate 13 persone

 

 Napoli, falsi agenti rapinavano in case. Arrestate 13 persone dai CarabinieriSi travestivano da agenti delle Forze dell’Ordine e con falsi documenti riuscivano ad entrare in negozi e case delle persone con la scusa di una perquisizione esibendo falsi decreti della Polizia giudiziaria ma, una volta dentro, svaligiavano tutto.

Due bande di malviventi agivano cosi a Napoli ma sono stati identificati grazie alle immagini della video sorveglianza che hanno immortalato una delle tante rapine e furti dei malfattori.

Tredici gli arresti in tutto in una operazione condotta dall’Arma dei Carabinieri e coordinata dalla procura di Napoli. Questa mattina all’alba i falsi agenti rapinatori hanno sentito suonare ai campanelli delle loro abitazioni. Una volta aperto si sono trovati davanti non i “colleghi” rapinatori ma i Carabinieri (quelli veri) che gli hanno contestato i reati e li hanno arrestati e tradotti in caserma a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Il modus operandi andava avanti da tempo. Le due bande sceglievano il bersaglio, un appartamento o negozi, e poi facevano i preparativi, i decreti di perquisizione, naturalmente con firme false. Una volta entrati in azione, uno o due falsi agenti – malfattori intrattenevano i padroni di casa, gli altri rovistavano le stanze, aprendo cassetti e armadi asportando tutto ciò che aveva valore: dall’oro, ai gioielli all’argenteria e anche soldi.

Ecco chi è Niccolo Porcella, l'italiano che ha rischiato la vita in surf

Niccolo Porcella in una delle sue imprese con il surf
Niccolo Porcella in una delle sue imprese con il surf

E’ appassionato di sport estremi, Niccolo Porcella, dove ci sono situazioni di pericolo estremo c’è lui. Con la tavola da Surf cavalca onde alte decine di metri come un uomo qualunque fa una passeggiata. In acqua si trova a suo agio, c’è in grande confidenza. Diciamo pure che è il suo “cordone” ombelicale. Infatti, la madre l’ha partorito nel 1987 in una grande vasca per l’idromassaggio, a Maui, nelle Hawaii. Quindi…

Sardo-hawaiiano perché è nato da padre italiano nel paradiso che si trova giusto al centro dell’oceano Pacifico ma è cresciuto tra Cagliari, New York e le isole che gli hanno dato la forza e il coraggio di affrontare le sfide con la natura.

Ma nell’ultima sua cavalcata con il Surf se le vista di brutto. Salvo per miracolo. E’ successo che nel giugno scorso a Teahupoo a Tahiti nell’intento quotidiano di domare onde alte quindici metri, ha perso l’equilibrio ed è stato travolto dalla forza violenta delle acque.

Per fortuna, lui che delle onde conosce trucchi, vortici e risucchi, se l’è cavata alla grande. Un po’ di paura. Ma non per lui, bensì per chi ha assistito da vicino all’incidente. Niccolo Porcella, come niente fosse, hanno raccontato amici e colleghi presenti, ha ripreso la tavola ed è tornato a sfidare il mare blu delle Hawaii.

28 anni, sin da piccolo Niccolo Porcella ha avuto la passione per gli sport estremi. A tredici anni si trasferisce a Maui, nelle isole sperdute in mezzo al Pacifico e dà spazio ai suoi amori: skateboard, la ginnastica estrema, il windsurf e il kiteboard.

Pratica anche arti marziali, bungee jumping e paracadutismo o comunque tutto ciò che comporta rischio. Si tuffa anche in mare da scogliere con altezze mozzafiato o da cascate che fanno venire le vertigini. Un vero acrobata, un “atleta d’azione”, potremmo chiamarlo.

Le sue doti atletiche lo hanno portato a conquistare non solo titoli sportivi ma anche quelli stampati sui giornali e riviste di tutto il mondo. Ha anche un suo profilo Facebook.

IL VIDEO CHE MOSTRA COME NICCOLO HA RISCHIATO LA VITA

Porcella parla cinque lingue e per le sue esibizioni ha girato il mondo maturando una esperienza culturale notevole.
E’ insomma diventato un fenomeno internazionale, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa, Asia, Australia e Sud America.

Ma non basta la passione per l’acqua o per il pericolo tout court. Per arrivare ai suoi livelli ci vuole sì passione e dedizione ma soprattutto un allenamento rigoroso di ore e ore ogni giorno. Una cagliaritano doc che alle acque verde smeraldo della Sardegna ha preferito quelle delle Hawaii, laddove l’adrenalina delle onde da tzunami sono quotidiane.

Molise, crolla cupola della Chiesa. Muore operaio Giuseppe Mancini

Foto bara con morto crollo Molise
(Ansa)

Tragedia a Pietralcatella, piccolo borgo di 1.600 anime in provincia di Campobasso. Un operaio è morto e altri due sono rimasti feriti nel crollo della cupola della Chiesa di Pietracatella (Campobasso) dove sono in corso lavori di ristrutturazione. Sul posto forze dell’ordine e soccorritori. La vittima si chiama Giuseppe Mancini, di 53 anni.

Secondo quanto appreso, i lavori nella Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli erano cominciati da pochi giorni. Ancora non si conoscono le cause. Probabilmente un cedimento improvviso dovute alle crepe apparse dopo il sisma del Molise.

ll crollo ha interessato una cupola laterale della Chiesa che sorge di fronte alla chiesa principale del piccolo centro molisano. Sul posto carabinieri, amministratori e cittadini increduli. L’incidente che ha coinvolto tre operai – un morto e due feriti ora in ospedale a Campobasso – è avvenuto attorno alle 13.20. I lavori rientrano appunto nella ricostruzione post terremoto del Molise, dove la Chiesa era rimasta danneggiata. La ditta edile è di un paese vicino, Gambatesa. Anche gli operai sarebbero della zona del Fortore molisano.

Dopo aver dato la notizia del crollo in consiglio regionale, il presidente del Molise, Paolo Di Laura Frattura si è recato sul luogo dell’ incidente. Con lui anche il consigliere regionale delegato alla Ricostruzione e Protezione Civile, Salvatore Ciocca. Il presidente del Consiglio regionale del Molise, Vincenzo Niro, ha subito sospeso la riunione che è sta aggiornata al 4 agosto.

La vittima, Giuseppe Mancini di 53 anni, e i due feriti, sono tutti di Riccia (Campobasso) paese a poca distanza dal luogo della tragedia. Stavano lavorando da pochi giorni ai lavori per la ristrutturazione della chiesa del paese danneggiata nel sisma che colpì il Molise il 31 ottobre del 2002. I due operai feriti sono stati trasportati all’ospedale Cardarelli di Campobasso.

Erano gravi ma coscienti, sotto choc, chiedevano aiuto”. Così il primo soccorritore del 118 arrivato alla chiesa a proposito delle condizioni dei due operai feriti. Un terzo non ce l’ha fatta. “C’era tanta polvere, non si vedeva nulla, c’erano calcinacci e due operai che si muovevano appena e chiedevano aiuto mentre una terza persona era immobile e non parlava. Appena abbiamo sentito il rumore siamo subito entrati e abbiamo visto che era crollata una volta nella parte destra dell’ edificio delle chiesa”, ha raccontato un testimone entrato subito appena sentito il boato. Il comune di Pietracatella dista una ventina di chilometri da Campobasso, nel Basso Molise, ai confini con la provincia di Foggia. Conta 1.600 abitanti.

Roma, nasce la nuova Giunta Marino. Causi sarà il vice

combo - Il sindaco Marino al centro con i nuovi Assessori - Roma, nasce la nuova Giunta Marino. Causi sarà il vice
Il sindaco Marino al centro con i nuovi Assessori

Alla fine la nuova Giunta Marino c’è. Il rimpasto è stato fatto con un rimescolamento di deleghe. Ignazio Marino dopo tante “lasciti” (e pressioni) ha riconfigurato il suo esecutivo tenendo conto di equilibri politici e competenze. Nella maggioranza non si sarà più Sel, che garantirà però l’appoggio esterno.

Marino l’ha presentata sottolineando che ora gli obiettivi sono “decoro, pulizia, mobilità e casa”. Adesso “Ci giudichino da ciò che facciamo”, dice il primo Marino presentando la giunta.

C’è il senatore pro Tav che va all’assessorato ai Trasporti, Sefano Esposito che ha accettato di buon grado questa nuova sfida in Campidoglio.

Poi altre “new entry” come Marco Causi (vice), Marco Rossi Doria e Luigina Di Liegro. “C’e’ stata una ricostituzione della nostra Giunta” ha esordito il primo cittadino intervenendo nell’Aula Giulio Cesare. Il neo vicesindaco di Roma Marco Causi prende la delega al Bilancio, alla razionalizzazione della spesa e al personale.

Il senatore del Pd Stefano Esposito si occuperà di Trasporti e mobilità. Marco Rossi Doria avrà in mano le deleghe Lavoro e formazione professionale, Politiche educative scolastiche e giovanili e di Sviluppo delle periferie. Luigina Di Liegro sarà assessore alle Politiche del Turismo, della qualità della vita e al dialogo interreligioso.

Nuova giunta Marino con valzer di deleghe che passano di mano in mano: l’assessore alla Cultura Giovanna Marinelli perde la delega al Turismo e acquisisce Sport (in precedenza in mano all’ex assessore Paolo Masini), il titolare dell’Urbanistica Giovanni Caudo prende la delega ai rapporti con l’assemblea capitolina, di cui si occupava prima l’assessore Guido Improta.

Maurizio Pucci, alla guida dei Lavori Pubblici, guadagna la delega alle Periferie di cui si occupava prima l’ex vicesindaco Luigi Nieri. Una delega in più anche per il magistrato in prestito al Campidoglio Alfonso Sabella: da oggi si occuperà anche di Polizia locale – delega in mano prima al sindaco Marino.

La nuova giunta Marino con i nuovi assessori
La nuova giunta Marino con i nuovi assessori

“Sto aspettando la telefonata di Marino, non appena la nomina verrà formalizzata mi rimboccherò le maniche e inizierò a lavorare per i romani”. Lo afferma all’Ansa Stefano Esposito, il senatore piemontese che il sindaco di Roma Ignazio Marino ha scelto come assessore ai Trasporti della sua nuova giunta. “Il primo obiettivo sarà quello di ridurre i disagi per i cittadini – sottolinea -. Non tocca a loro pagare”. Si verà se la nuova Giunta Marino sarà all’altezza dei compiti, e delle aspettative del premier segretario Pd, Matteo Renzi che proprio stamane in una lettera al messaggero aveva dato una sorta di aut aut al primo cittadino: “Dia un segnale, faccia proposte concrete senza manovre di basso cabotaggio”, ha detto senza peli.

Sui trasporti recentemente c’era stata una bufera nella Capitale per via di disagi e rallentamenti al punto che il sindaco Marino ha azzerato tutti i vertici dell’Atac e anticipato le dimissioni di Improta che le aveva già annunciate.

Renzi dà l'ultima chance a Marino: "O dai un segnale oppure…"

Matteo Renzi e Ignazio Marino (Foto Omniroma)
Matteo Renzi e Ignazio Marino (Foto Omniroma)

A Matteo Renzi non sono proprio piaciute le inchieste giornalistiche dei giornali stranieri sul degrado di Roma. La Capitale deve poter essere un biglietto da visita di efficienza e pulizia. Quelle immagini sul New York Times che immoratalavano bidoni di spazzatura che tracimavano in centro, sono una “ferita” per i romani, si pensi per chi volesse venire in vacanza a Roma o agli investitori stranieri. No, “Roma non merita questo”.

A Ignazio Marino, il premier segretario del Pd lo aveva già avvertito: “Se sossi in Marino, non starei tanto trantuillo”, facendo capire che è pronta la lettera di “sfratto” qualora non si fosse dato una mossa per “amministrare bene”. Un segnale che dopo gli scandali su Mafia Capitale non sono arrivati. Sommerso da mille problemi, non solo da carte e rifiuti, come la retata della procura di Roma in Campidoglio e le dimissioni di importanti esponenti, come il vicesindaco Nieri, l’assessore alla mobilità Improta e l’assessore al Bilancio Scozzese.

Un segnale che martedi 28 luglio Renzi, in concomitanza con la presentazione della nuova giunta, richiede al sindaco Marino. Con una lettera al Messaggero il premier lo invita a darlo, quel segnale, perché, dice, come governo “noi siamo pronti, siamo pronti per il Giubileo, pronti per le olimpiadi, le infrastrutture” e altre cose. “Vorrei che dal comune arrivassero proposte non polemiche a distanza”.

“Da qualche giorno – esordisce Renzi – una parte rilevante dei mezzi di comunicazione attende dalla Segreteria Nazionale del PD una parola definitiva sul caso Roma. Si dice: tocca a Largo del Nazareno – o addirittura a Palazzo Chigi – decidere il futuro del Campidoglio.

Matteo Renzi con Ignazio Marino
Matteo Renzi con Ignazio Marino

“Ignazio Marino – prosegue il presidente del Consiglio – sa che il Pd sta facendo tutti gli sforzi per dargli una mano. E sa che il Governo è pronto a continuare a collaborare con dedizione e tenacia. Adesso tocca a lui però presentare progetti credibili e concreti, dalla visione strategica fino alle buche per le strade o alla pulizia dei tombini quando piove”. Insomma, “Decida l’Amministrazione Comunale su quali progetti coinvolgere i cittadini e chiamare a raccolta le Istituzioni, a cominciare dalla Regione, il cui Presidente già in più occasioni si è mostrato sensibile e attento”.

Il segretario del Pd ricorda che “Roma ha eletto un Sindaco, appena due anni fa. A lui oneri e onori. Il Pd capitolino, ben guidato in questa fase di commissariamento da Matteo Orfini, ha un obiettivo unico e semplice: dare una mano a Roma. Non ci interessa puntellare una Giunta, fare un rimpasto, scambiare poltrone”, scrive Renzi.

“Tocca al Sindaco, adesso, nessuno può sostituirsi. Se ne sarà capace, avrà il nostro appoggio”. “Noi ci siamo. Siamo pronti sul Giubileo, siamo pronti sulle Olimpiadi, siamo pronti sulle infrastrutture, siamo pronti sulle periferie, siamo pronti sulle aziende partecipate. Purché dal Comune arrivino proposte, non polemiche a distanza”, sottolinea Renzi.

“Siamo disponibili a verificare i progetti che la città vorrà proporci, siamo pronti a studiare tutte le soluzioni praticabili per rilanciare Roma. Ma il Sindaco dia un segnale! E si interrompano una volta per tutte le manovre di piccolo cabotaggio figlie di una cultura politica vecchio stampo, che dovrebbe essere superata”, afferma il premier.

Oggi è il gran giorno del rimpasto dopo le defezioni delle ultime settimane. Per Marino è l’ultima chance che il premier segretario gli concede. Non sarà un reset totale, dovrà sostituire i dimissionari Luigi Nieri, che ricopriva la carica di vicesindaco, Guido Improta, assessore “renziano” ai Trasporti e dell’ultima uscita di scena Silvia Scozzese, “lady dei conti” del Campidoglio, che ha lasciato per i “troppi affidamenti diretti sugli appalti”. Secondo indiscezioni dell’Ansa, il deputato del Pd Marco Causi, salvo colpi di scena dell’ultima ora, dovrebbe diventare il nuovo numero due di Palazzo Senatorio prendendo la delega al Bilancio – compito che ha già svolto sul colle capitolino sotto la giunta Veltroni.

Di trasporti dovrebbe occuparsi Anna Donati, con alle spalle l’esperienza da assessore alla Mobilità sia a Bologna che a Napoli. Mentre la delega alla Periferie potrebbe andare alla “new entry” Marco Rossi Doria, già sottosegretario all’Istruzione con i governi Monti e Letta. Da oggi inizia, tra l’altro, in Campidoglio una “minimaratona” in assemblea capitolina per dare l’ok entro il 31 luglio all’assestamento al bilancio 2015. I numeri sembrano esserci e di certo Marino non avrà problemi a superare lo scoglio, l’unico, quello del Bilancio, che se non si supera si va tutti a casa.

Omicidio Scazzi, confermato ergastolo per Cosima e Sabrina Misseri

Cosima Serrano, la vittima Sarah Scazzi e Sabrina Misseri (Ansa)
Cosima Serrano, la vittima Sarah Scazzi e Sabrina Misseri (Ansa)

La Corte di Assise di appello di Taranto ha confermato la condanna all’ergastolo nei confronti di Cosima Serrano e sua figlia Sabrina Misseri per l’omicidio di Sarah Scazzi, la 15enne di Avetrana (Taranto) strangolata e gettata in un pozzo il 26 agosto 2010. La sentenza è stata emessa dopo tre giorni di camera di consiglio.

La Corte d’assise d’appello di Taranto ha confermato la condanna a otto anni di reclusione per Michele Misseri, marito di Cosima Serrano e padre di Sabrina, per concorso in soppressione di cadavere. Durante l’inchiesta Michele Misseri si era in un primo momento autoaccusato del delitto.

Un mese e mezzo fa, il 12 giugno, nella stessa aula Sabrina riuscì solo a dire “Non l’ho uccisa, so io quanto sono addolorata” per poi scoppiare a piangere senza riprendere più la parola.

Sarah, dalla scomparsa al ritrovamento del corpo: i 42 giorni che sconvolsero un paese fino a scoprire la tragedia

Sarah Scazzi scompare nel nulla ad Avetrana (Taranto) tra le 13.45 e le 14.30 del 26 agosto 2010. Sarebbe dovuta andare al mare con la cugina Sabrina, ma le sue tracce si perdono prima di arrivare a casa Misseri dopo essere stata vista da alcuni testimoni percorrere il breve tratto di strada (poche centinaia di metri) che separano la sua abitazione dalla villetta in via Deledda.

Quattro giorni dopo la scomparsa si comincia a mobilitare un gruppo su Facebook per cercare di trovarla. Il 31 agosto gli investigatori cominciano ad avvalorare l’ipotesi di un rapimento, tanto che in paese amici e conoscenti affiggono manifesti con la foto della quindicenne. Il 2 settembre il sindaco di Avetrana, Mario De Marco, lancia un appello: “Chi sa qualcosa di Sarah parli”.

Il 6 settembre torna a farsi avanti l’ipotesi di un allontanamento volontario per alcune frasi di Sarah tratte dal web e dal diario; nello stesso giorno la mamma di Sarah, Concetta Serrano, rivolge un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano perché ritrovino sua figlia. Tre giorni dopo il Capo dello Stato assicura il massimo impegno nelle ricerche; quella sera in paese si tiene una fiaccolata. Per sensibilizzare l’opinione pubblica si mobilita anche il mondo del calcio.

Il 12 settembre uno striscione viene mostrato in campo prima della partita Lecce-Fiorentina. Il 29 settembre Michele Misseri, zio di Sarah e padre di Sabrina, riferisce di aver trovato il cellulare della ragazza in un campo; il giorno dopo la cugina Sabrina viene ascoltata a lungo dagli inquirenti.

Il primo ottobre il procuratore di Taranto commenta in modo lapidario il ritrovamento del cellulare: “Non credo a coincidenze quando sono troppe”. Il 2 ottobre, da un sit-in di compagni di classe di Sarah, spuntano storie di dissidi tra Sarah e la cugina. Gli investigatori cominciano a sospettare concretamente che sia accaduto qualcosa tra Sarah e la famiglia Misseri.

Il 6 ottobre, nella caserma del comando provinciale dei carabinieri a Taranto, c’è un interrogatorio fiume per Michele Misseri, la moglie Cosima Serrano, e la figlia maggiore, Valentina. L’uomo alla fine crolla e confessa: nelle campagne di Avetrana si cerca il cadavere di Sarah.

I resti della ragazzina vengono individuati, in un pozzo-cisterna in contrada Mosca, nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 2010, esattamente 42 giorni dopo la scomparsa della 15enne. Michele Misseri si accusa del delitto, dicendo di aver strangolato la nipote in garage.

Ma il 15 ottobre successivo chiama in correità la figlia minore, Sabrina, che viene arrestata, e il 5 novembre la accusa di aver ucciso Sarah, confermando questo nel successivo incidente probatorio. Alla fine del 2010 Michele Misseri torna in varie forme ad accusarsi del delitto, ma gli investigatori non credono alle sue diverse versioni e nel frattempo raccolgono indizi anche sulla moglie dell’agricoltore e madre di Sabrina, Cosima Serrano, che viene arrestata il 26 maggio 2011, accusata di concorso in omicidio e sequestro di persona.

Caso Crocetta, indagati i giornalisti dell'Espresso: "Calunnia e Falso"

Da sinistra il giornalista de l'Espresso Piero Messina e il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta
Da sinistra il giornalista de l’Espresso Piero Messina e il governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta

La brutta storia della presunta intercettazione pubblicata dal settimanale l’Espresso, che ha creato una settimana al cardiopalma al governatore siciliano Rosario Crocetta e non solo, avrà più risvolti legali e giudiziari. L’ultima in ordine è che la Procura di Palermo ha indagato i due giornalisti della testata, Piero Messina e Maurizio Zoppi per calunnia e pubblicazione di notizie false.

Gli autori dell’articolo del 16 luglio scorso, avevano scritto, sulla base di un presunto audio di intercettazione, il dialogo tra Matteo Tutino e il governatore della Sicilia Rosario Crocetta in cui il primo diceva al secondo che Lucia Borsellino, figlia del magistrato Paolo, ucciso dalla mafia nel 1992, “va fermata e deve fare la fine di suo padre”.

Un dialogo che però non ha avuto riscontri concreti. Più Procure della Repubblica, tra cui Palermo (il procuratore Francesco Lo Voi ha smentito due volte, ndr), Caltanissetta e Messina hanno smentito categoricamente che non esistono tracce di intercettazioni riguardanti quella frase.

 

Il giornalista Messina è indagato per calunnia e pubblicazione di notizie false, mentre Zoppi soltanto per questo secondo reato. Entrambi, sentiti dai pm in presenza dell’avvocato Fabio Bognanni, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Crocetta, che in una intervista a “La Zanzara” ha ammesso che in seguito alla pubblicazione dell’articolo, era in procinto di suicidarsi, ha chiesto al settimanale un risarcimento di 10 milioni di euro per diffamazione sostenendo di essere vittima di un “complotto” e di “dossieraggi” allo scopo di defenestralo.

L’Espresso, dal canto suo, attraverso il suo direttore Luigi Vicinanza, ha sempre ribadito l’esistenza dell’intercettazione sostenendo la correttezza del lavoro dei due cronisti. Intercettazione audio che al momento non sono riusciti a dimostrare di avere.

I giornalisti de l’Espresso, Messina e Zoppi, sono stati pertanto iscritti nel registro degli indagati per diffusione di notizia falsa. Piero Messina risponde del reato più grave, ossia di calunnia, perché avrebbe indicato come fonte della notizia un investigatore “autorevole” che avrebbe, invece, negato di avergliela mai riferita. Il Csm ha anche chiesto sulla vicenda una relazione alla procura di Palermo.

Fmi: "20 anni per arrivare al 2007". Italia in Povertà fino al 2035

FMI: ITALIA IN "POVERTA'" PER ALTRI 20 ANNI - Un anziano fruga tra i rifiuti a Roma
FMI: ITALIA IN “POVERTA'” PER ALTRI 20 ANNI – Un anziano fruga tra i rifiuti a Roma. (Ansa/Montani)

Italia all’anno zero. Per arrivare al “benessere” del 2007, ossia agli anni pre-crisi, ci vorranno almeno 20 anni. I giovani di oggi saranno costretti a fare le valigie con una situazione di buio totale come quella prospettata dal Fondo monetario internazionale le cui stime superano di gran lunga quelle realizzate finora da analisti, associazioni di categoria e della stessa Commissione europea la quale aveva stimato la piena uscita dalla crisi nel lontanissimo 2023. L’Italia è destinata in sostanza a rimanere in “povertà” per due lunghi lustri, mentre la Finanza corre, muta e influenza in un meno di un minuto trasferendo con un click centinaia di miliardi di euro da un continente all’altro. Paese azzerato e condannato a vivere nell’indigenza, da parte della Troika, che ha cancellato il futuro dei giovani e la legittima aspirazione a vivere dignitosamente.

“Senza una significativa accelerazione della crescita, ci vorranno 10 anni alla Spagna e quasi 20 anni a Portogallo e Italia per ridurre il tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi”, scrive il Fondo monetario internazionale nell’Articolo IV per l’area euro, sottolineando che la disoccupazione nell’area euro è “alta e “probabilmente lo resterà per del tempo”. Appunto per 20 anni, almeno, quando i giovani di oggi saranno quasi nella terza età. E andrà molto peggio con le stime di crescita dello zero virgola che dicono sia dal Tesoro che “autorevoli” istituti statistici. L’Italia è ferma in questa Ue. Non cresce e subisce la crescita degli altri. Un quadro disastroso, che smorza ogni ambizione, di gran lunga peggiore di quello emerso nel primo e secondo dopoguerra.

La ripresa nell’area euro, dicono si stia rafforzando, con il Pil che accelererà dal +1,5% del 2015 al +1,7% del 2016: i rischi all’outlook sono più bilanciati ma restano vulnerabilità. La crescita potenziale, stimata all’1% nel medio termine, è bassa per ridurre la disoccupazione. Il ridotto potenziale di crescita aumenta i rischi di stagnazione. Il quantitative easing della Bce funziona: “ha migliorato la fiducia, le condizioni finanziarie e aumentato le aspettative di inflazione”, scrive ancora il Fmi, evidenziando che l’area euro deve adottare un approccio ampio per rafforzare la domanda interna soprattutto nei paesi in surplus; pulire i bilanci delle banche; e accelerare nelle riforme strutturali per aumentare le produttività e rafforzare la governance economica”.

Per il Fondo monetario guidato da Lagarde l’Italia deve “aumentare l’efficienza del settore pubblico e migliorare quella della giustizia civile”. Ma, la raccomandazione è simile a quella fatta alla Grecia: “Migliorare la flessibilità del mercato del lavoro e aumentare la concorrenza nei mercati dei prodotti e dei servizi”. E’ necessario, secondo il Fondo monetario, “adottare e attuare la prevista riforma della Pubblica amministrazione che dovrebbe includere riforme all’approvvigionamento dei servizi pubblici locali, delle gare pubbliche e della gestione delle risorse umane”.

L’Fmi chiede all’area euro “di usare, se necessario, tutti gli strumenti disponibili per gestire i rischi di contagio che potrebbero partire dalla Grecia”. “Anche se la reazione del mercato al recente passaggio del pacchetto di riforme in Grecia è stata positiva, ulteriori episodi di significativa incertezza e volatilità dalla situazione” greca “non possono essere esclusi”.

“Gli strumenti a disposizione dell’area euro sono adeguati per affrontare un possibile contagio nel breve termine dalla Grecia” anche se “non ci aspettiamo un reale contagio” e questo anche perche’ l’esposizione diretta alla Grecia degli altri paesi dell’area euro e’ limitata, afferma il Fmi, invitando a completare l’unione bancaria.

“Gestire il potenziale contagio dalla Grecia richiederà azioni tempestive ed efficaci” mette in evidenza il Fmi, precisando che l’impatto potenziale del contagio è più basso rispetto ad alcuni anni fa, riflettendo in parte” le misure messe in campo dalla Bce. “La situazione in Grecia – scrive ancora il Fondo monetario internazionale “è fluida ma resta fonte di incertezza. Per gestire i rischi di contagio, la politica deve essere pronta a usare, e se necessario adattare, l’intero arsenale di strumenti disponibili. La Banca centrale europea deve assicurarsi che le banche continuino ad avere accesso a un’ampia liquidità. Se le condizioni finanziarie” peggiorassero la Bce dovrebbe “considerare un ulteriore allentamento della politica monetaria con l’espansione del programma di acquisto di asset”. L’area euro ha una maggiore capacità di gestire i rischi potenziali dalla Grecia”, paese oramai condannato a vivere nel terzo mondo per almeno 60 anni. Neanche al Nazismo sarebbe riuscita una simile e raffinata operazione di ingegneria finanziaria di questa portata.

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