10 Ottobre 2024

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Migranti, in salvo 795 migranti in Libia. Ieri in Turchia 17 morti a Bodrum

Turchia, barcone affonda tra Bodrum e l'isola di Kos. 17 morti

Sono 795 i migranti soccorsi nella giornata odierna a largo delle coste libiche in sette operazioni coordinate dalla Centrale Operativa della Guardia Costiera italiana.

I migranti viaggiavano a bordo di gommoni fatiscenti diretti verso le coste italiane. Le operazioni di salvataggio hanno visto impegnate unità della Guardia Costiera, della Marina Militare, di Medici senza Frontiere e dell’operazione Eunavformed.

Domenica mattina almeno 17 persone sono morte annegate al largo della costa sud-occidentale della Turchia, ha detto un funzionario della polizia locale, citato dall’agenzia turca Anadolu.

Il naufragio è avvenuto nella notte nelle acque al largo della penisola di Bodrum, dove i rifugiati si riuniscono per fare il breve ma pericoloso viaggio, per le vicine isole greche.

Amir Cicek, governatore della provincia di Mugla, ha affermato che la nave è affondata al largo dell’isola turca di Cavusadasi, che si trova a circa 3 chilometri (2 miglia) mentre si dirigeva per Kos.

E’ lo stesso tratto di mare n cui hanno perso la vita i bimbi siriani, Alayn e Garbin Kurdy insieme alla madre e ad altri migranti siriani.

Il governatore ha poi aggiunto che “a bordo della nave di 8 metri, c’erano 37 persone. Le nostre squadre di soccorso hanno tratto in salvo 20 profughi, mentre hanno trovato 17 corpi erano senza vita”.

Un’inchiesta è stata avviata dalla procura turca per accertare le cause del naufragio.

Sabato notte, in un altro naufragio la guardia costiera turca ha intercettato due imbarcazioni con a bordo 31 rifugiati siriani e afgani diretti a Kos. Dieci siriani sono stati inghiottiti dalle acque mentre cercavano di nuotare verso la Turchia.

Due settimane fa, altri 15 profughi sono annegati nella baia di Bodrum quando la loro barca, una nave di 15 metri è affondata.

Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, 505,693 rifugiati sono arrivati ​​in Europa via mare quest’anno, la maggior parte arriva in Grecia. Finora ci sono stati 227 morti nel Mar Egeo.

Giallo in Libia per l'uccisione del boss scafisti. Lui: "Sono vivo". Ridicoli

Giallo in Libia per l'uccisione del boss scafisti. Lui Sono vivo. Capo scafista impartisce ordini ai deportati
Un capo scafista impartisce ordini ai deportati

E’ giallo sulla morte presunta di Salah Al-Maskhout, uno dei capi dei trafficanti di esseri umani di Zuewara che i media di mezzo mondo danno per vittima di una esecuzione insieme a otto suoi miliziani a Tripoli. La presunta vittima, si è rifatta viva è ha detto di essere viva. “Sono vivo e scioccato da quello che è girato sul mio conto”, ha fatto sapere al sito Migrant Report.

Lo stesso sito cita fonti di Tripoli che “hanno confermato che un boss del traffico di esseri umani è stato ucciso”. E all’Ansa precisano che si tratta di “Uno scambio di identità”. Probabilmente una bufala colossale che ha causato anche scontri diplomatici tra Libia e Italia.

Il presidente del Congresso libico di Tripoli, Nuri Abu Sahmain, ha accusato le forze speciali italiane di avere ucciso Salah Al-Maskhout, un suo amico, ritenuto un boss dei trafficanti di esseri umani a Zuwara. Uno dei capi scafisti libici che tira miliardi di euro di guadagni col traffico di donne, bambini e uomini provenienti da mezzo continente. Una montagna di denaro che condivide con forze corrottissime dell’Europa.

La notizia dello scontro diplomatico è stata diffusa dal britannico Guardian. Sahmain, si legge sulla testata inglese, conosceva personalmente il leader del traffico dei migranti nel mar Mediterraneo.

Al-Maskhout è (sarebbe) stato ucciso ieri assieme ad altri otto suoi uomini a Zuwara, Libia, e la perizia con cui il raid è avvenuto ha fatto ipotizzare a diverse parti che i responsabili dell’attacco fossero agenti stranieri.

Dal canto suo la Farnesina smentisce categoricamente la notizia di qualsiasi coinvolgimento di forze speciali italiane in Libia apparsa su mezzi di informazione in relazione alla vicenda di Salah al-Maskhout.

Una polemica inutile e ridicola se il diretto interessato è uscito fuori dicendo che è vivo. Forse un modo per depistare e continuare a fare i loro traffici sporchi e molto lucrosi. 3 miliardi di euro

Mangia e beve per 124 euro e non paga. Denunciato "scroccone seriale"

Interni dell'Antico Brolo Padova dove lo scroccone seriale ha mangiato per 124 euro senza pagare
Interni dell’Antico Brolo Padova

Uno scroccone seriale. Si presentava in bei locali, raffinati e costosi, chiedeva posto e si accomodava ordinando dall’antipasto al caffè fino all’ammazzacaffè, ma al momento del conto, con grande disinvoltura diceva: “Mi dispiace ma non ho soldi”.

L’ultima volta, però, il proprietario in Veneto, ha chiamato la Polizia che l’ha denunciato. Lui, un uomo di 54 anni di Occhiobello (Rovigo), si presenta verso le 13.30, come al solito ben vestito, in uno dei ristoranti più noti di Padova: “l’Antico Brolo”, di corso Milano.

Con modi gentile si siede in un tavolo da quattro persone e si fa dare “la Carta”. Legge con “accortezza” e sceglie. Poi con un tocco di classe chiama il cameriere e tutto d’un colpo ordina le pietanze a lui gradite. Comincia con un’aperitivo Brut, poi spaghetti alle Vongole veraci, un Branzino al sale, un Semifreddo alla pesca, un formaggio di fossa con calice di Torcolato, una Grappa barricata e un Caffè, per finire alla grande.

Costo totale 124 euro. Ma al momento che i camerieri consegnato la ricevuta al signore di Occhiobello, ecco recitare il solito copione: “Mi dispiace ma non ho un centesimo”. Erano circa le 15 di venerdì, quando i ragazzi dell’Antico Brolo sono rimasti di stucco davanti a tanta disinvoltura e a una grande faccia tosta. Hanno chiamato il titolare del locale, Mario Di Natale, che con l’esperienza maturata riesce a scorgere un furbo da uno che ha bisogno di un piatto di polenta per placare la fame.

Chiamata la polizia, lo scroccone seriale è stato denunciato. Seriale perché la polizia ha scoperto che non era la prima volta che si presentava, mangiava alla grande e poi smammava senza pagare. Era stato segnalato da più locali.

Al titolare ha detto, secondo quanto scrive il Mattino di Padova: “Consideratevi fortunati. Alla Pergola a Roma ho lasciato un conto da 300 euro”, ha detto il furbo scroccone.

“Non ho mai avuto problemi a offrire un piatto di pasta a chi ha fame ma in questo caso ne ha proprio approfittato”, ha commentato rammaricato il gestore del locale.

Libia, ucciso uno dei "capi" delle deportazioni di migranti. Rifiutò di dare soldi a corrotti europei

Libia, ucciso uno dei "capi" delle deportazioni di migranti. Rifiutò di dare soldi a corrotti europeiUno dei principali boss del traffico di esseri umani in Libia, Salah El-Maskhout, sarebbe (condizionale d’obbligo) stato ucciso ieri a Tripoli insieme a 8 suoi miliziani. Lo riferiscono i media locali, tra cui il sito Libya Herald. L’uomo, che aveva base dei suoi traffici a Zuwara, era un ex ufficiale dell’esercito libico nell’era Gheddafi, ed è stato ucciso da uomini armati “professionisti”.

Salah El-Maskhout non è il solo “boss” a contendersi il traffico di esseri umani. Sarebbero almeno una trentina, divisi per le fazioni libiche, i capi che controllano le deportazioni dei migranti nella sola Libia. I Servizi segreti di tutti il mondo conoscono i loro nomi e cognomi e indirizzi, anche secondari, dove poterli andarli a prelevare. Ma inspiegabilmente, istituzioni “più alte in grado” non danno l’ordine di eseguire mandati di cattura. Perché? Presto ipotizzato.

Su migliaia di migranti deportati queste bande guadagnano cifre stratosferiche, superiori ai soldi che si fanno col petrolio. Se si calcola, banalmente, 500mila migranti per 5mila euro che di solito i nazisti del terzo millennio, prendono per ciascun profugo la cifra si aggira attorno ai 2 miliardi e mezzo di euro. Una montagna di soldi. Ma non si può fare traffici internazionali senza pagare dazio.

Andranno tutti a loro i proventi di queste cifre oppure vengono ripartite tra fiancheggiatori anche istituzionali translibici? Si teme un giro di corruzione da far tremare i polsi. I trafficanti, coi loro complici occulti gonfiano le tasche e poco importa se la “merce”, cioè i profughi, giungono a destinazione…

Non può essere escluso che Salah El-Maskhout sia stato ucciso perché si sia rifiutato di dividere i proventi dei traffici, o pagare tangenti a personaggi ultra corrotti europei che consentono, con il loro benestare queste deportazioni disumane. Evidentemente il “gioco conviene”, eccome se conviene. Chi non ci sta viene rintracciato ed eliminato. Il capo trafficante si è rifiutato di dividersi i proventi del traffico coi complici europei e hanno dato l’ordine di ucciderlo.

Omicidio Tartari, confessa killer "Siamo stati noi". E' caccia al croato. VIDEO

La vittima Pierluigi Tartari, 73 anni era scomparso da Aguscello (Ferrara) il 9 settembre scorso. Ritrovato cadavere venerdi notte
La vittima Pierluigi Tartari, 73 anni era scomparso da Aguscello (Ferrara) il 9 settembre scorso. Ritrovato cadavere venerdi notte

Proseguono le indagini sul sequestro e l’omicidio per rapina di Pierluigi Tartari, il 73enne scomparso da Aguscello il 9 settembre scorso e fatto ritrovare ieri in campagna da uno degli assassini, Patrick Ruszo, 19enne slovacco, dopo la confessione che ha aggravato le accuse per l’altro arrestato, Costantin Fiti.

E’ caccia serrata al terzo uomo, il capo della banda, un croato 50enne che guida il gruppo criminale. Non si esclude che banda abbia commesso altre rapine nella zona.

Emergono particolari agghiaccianti nella confessione di Ruszo. “Quando l’abbiamo abbandonato era ancora vivo. Gridava aiuto”.

Intanto, si apprende che la madre di Ruszo, che si è detta del tutto estranea al delitto, lavora come badante nella casa vicina a quella di Tartari. In seguito al crimine commesso dal figlio reo confesso, la donna si sarebbe dimessa o licenziata dalla famiglia dove lavorava.

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Da sinistra Costantin Fiti e Patrik Ruszo presunti responsabili dell'omicidio Tartari (foto Polizia di Stato - Ferrara)
Da sinistra Costantin Fiti e Patrik Ruszo presunti responsabili dell’omicidio Tartari (foto Polizia di Stato – Questura di Ferrara)

Ha confessato Patrik Ruszo, il giovane “cigán” (rom slovacco) arrestato con l’accusa di avere ucciso Pierluigi Tartari di 73 anni il cui cadavere è stato trovato venerdì mattina intono alle 5 in un casolare abbandonato in via Pelosa, a circa due chilometri dietro l’istituto penitenziario di via Arginone, a Ferrara.

Sarebbe stato lui “insieme ad altri” l’autore materiale dei colpi mortali al povero pensionato. “L’ho ucciso con altri, il corpo lo abbiamo abbandonato (in un casolare) in campagna”, ha detto il presunto killer alla Polizia. Ruzso è stato catturato sul treno Bologna Venezia. Ha reso piena confessione spiegando i dettagli raccapriccianti del sequestro, della rapina e dell’omicidio. Non ha agito da solo ma con altri cui gli agenti stanno dando la caccia. Si cercano altri della banda, tra cui un croato di 50 anni, che sarebbe il capo.  

Pierluigi Tartari era scomparso dalla sua casa di Aguscello, nel Ferrarese lo scorso 9 settembre. Di rientro da casa è stato sequestrato, malmenato e massacrato a morte per poi essere portato nel cofano di un’auto nel casolare abbandonato. Lì l’hanno finito e appeso a testa in giù con le mani e i piedi legati. Spietati come nemmeno gli animali.

La Polizia di Stato, dopo serrate indagini, aveva fatto sapere di aver sottoposto a fermo due giovani che si ritenevano essere coinvolti nella rapina poi sfociata nell’omicidio.

Insieme a Patrick Ruszo è stato arrestato un altro giovane ungherese, Costantin Fiti, 21 anni. Quest’ultimo è stato arrestato dalla Polfer a Padova, mentre anche lui tentava di scappare in treno. È stato lui a indicare il casolare dov’era stato abbandonato il corpo senza vita del pensionato.

Quando la Polizia si è recata sul posto si è trovata davanti a una scena racapricciante.  Il cadavere di Pierluigi Tartari era in avanzato stato di decomposizione. E’ stato trovato con mani e piedi legati a testa in giù. Gli inquirenti, al lavoro fin dalla sua scomparsa, hanno definito l’esecuzione “una barbarie mai vista prima”.

Pierluigi Tartari, da quanto è emerso finora, sarebbe stato sequestrato, rapinato e poi colpito a morte dagli assassini. Per disfarsi del cadavere, probabilmente i banditi l’avrebbero caricato in un’auto e poi “scaricato” in un casolare appartato, ben nascosto da un bosco e quasi inaccessibile nella zona di via Pelosa. Non lontano dall’istituto di pena ferrarese. Il luogo un tempo serviva ai ladri per nascondere armi, moto e refurtive di furti e rapine appunto perché ritenuto “sicuro” per il suo “isolamento”.

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I rapinatori assassini di Pierluigi Tartari, secondo gli inquirenti, hanno anche usato la sua carta Bancomat per fare prelievi e acquisti. Gli assassini gli hanno estorto con la forza il codice Pin prima di assassinarlo. Il fermato avrebbe dei complici ancora non identificati. Una banda di professionisti dediti a furti in appartamenti e rapine in tutto il Ferrarese, in appartamenti e singole persone anziane.

Sdegno e commozione è stato espresso dal sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani, che nel ringraziare il questore di Ferrara ha detto che “ciò che è accaduto è per noi tutti una situazione di profonda tristezza e dolore. Ai familiari va il mio pensiero e spero che il ritrovamento di Pierluigi Tartari possa restituire almeno un po’ di serenità. Una serenità che è dovuta anche alla comunità di Aguscello e ai Ferraresi tutti fortemente scossi da un reato efferato e da una condotta di elevato spessore criminale”.  Le indagini della Polizia proseguono. E’ caccia ai complici. (modificato 27/09/2015)

Papa Francesco all'Onu: "Casa, terra, lavoro" Da Ground Zero chiede "Pace"

visita di Papa Francesco negli Usa Il messaggio di Papa Francesco all'Onu
Il messaggio di Papa Francesco all’Onu

“Casa, lavoro e terra; e un nome a livello spirituale: libertà dello spirito, che comprende la libertà religiosa, il diritto all’educazione e gli altri diritti civili”. Sono queste le richieste dei poveri e dei deboli del mondo delle quali Papa Francesco si è fatto interprete alla 70esima Assemblea Generale dell’Onu, nell’ambito della sua vsita negli Stati Uniti.

“La misura e l’indicatore più semplice e adeguato dell’adempimento della nuova Agenda per lo sviluppo sarà – ha assicurato – l’accesso effettivo, pratico e immeditato, per tutti, ai beni materiali e spirituali indispensabili: abitazione propria, lavoro dignitoso e debitamente remunerato, alimentazione adeguata e acqua potabile; libertà religiosa e, più in generale, libertà dello spirito ed educazione”. “Pilastri dello sviluppo umano integrale che – ha sottolineato – hanno un fondamento comune, che è il diritto alla vita, e, in senso ancora più ampio, quello che potremmo chiamare il diritto all’esistenza della stessa natura umana”.

Quello di Francesco è stato un intervento molto articolato, in spagnolo, che ha assunto un tono drammatico quando ha ripetuto l’allarme sui rischi dell’autodistruzione e sul prezzo altissimo pagato dai poveri all’inquinamento lanciato con l’enciclica “Laudato si”. “Alzo la mia voce – ha detto – insieme a quella di tutti coloro che aspirano a soluzioni urgenti ed efficaci” riguardo ai cambiamenti climatici e alla necessità di fermare l’inquinamento atmosferico. Secondo il Papa, “l’abuso e la distruzione dell’ambiente, allo stesso tempo, sono associati ad un inarrestabile processo di esclusione”. Mentre, “la crisi ecologica, insieme alla distruzione di buona parte della biodiversità, può mettere in pericolo l’esistenza stessa della specie umana”.

VIDEO PAPA FRANCESCO ALL’ONU

Narcotraffico (definito una vera “guerra” dalle immani proporzioni e potenzialità distruttive) e la tratta di donne e bambini (violentati e prostituiti quando non anche fatti a pezzi per venderne gli organi) sono i “flagelli” che la Comunità Internazionale deve debellare con urgenza, ha elencato Francesco, per il quale un’azione non armata ma efficace è necessaria anche a difesa dei cristiani perseguitati e di chi in Medio Oriente e Africa condivide la loro triste sorte, in primis i musulmani moderati, cioè “quella parte dei membri della religione maggioritaria che non vuole lasciarsi coinvolgere dall’odio e dalla pazzia, sono stati obbligati ad essere testimoni della distruzione dei loro luoghi di culto, del loro patrimonio culturale e religioso, delle loro case ed averi e sono stati posti nell’alternativa di fuggire o di pagare l’adesione al bene e alla pace con la loro stessa vita o con la schiavitù”.

“Non mancano gravi prove delle conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunità internazionale”, ha avvertito il Papa chiedendo peraltro alle grandi potenze “un serio esame di coscienza” davanti alle tragedie in atto in Ucraina, Siria, Iraq e Libia. Dietro tutto questo male c’è sempre un interesse economico, a partire da quello dei produttori e commercianti di armi. Il Papa ha quindi denunciato “le nefaste conseguenze di un irresponsabile malgoverno dell’economia mondiale, guidato unicamente dall’ambizione di guadagno e di potere”. “Non mancano . Ha aggiunto – gravi prove delle conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunità internazionale”.

E la realtà odierna “contrasta fortemente” con la Carta dell’Onu. Secondo Francesco, che ha invocato uno stop alle armi nucleari salutando con soddisfazione l’accordo raggiunto dall’Onu con l’Iran, “un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca, e potenzialmente di tutta l’umanità, sono contraddittori e costituiscono una frode verso tutta la costruzione delle Nazioni Unite, che diventerebbero Nazioni unite dalla paura e dalla sfiducia”.

Dicendosi favorevole a una riforma che adegui le istituzioni dell’Onu alle esigenze dei tempi, il Papa ha poi riassunto: “non possiamo permetterci di rimandare ‘alcune agendè al futuro. La realtà ci chiede decisioni critiche e globali di fronte ai conflitti mondiali che aumentano il numero degli esclusi e dei bisognosi”. E in merito Bergoglio ha citato dopo i suoi predecessori (anche all’Onu) Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI anche “il Gaucho Martin Fierro, un classico della letteratura della sua terra natale, che canta: “I fratelli siano uniti perchè questa è la prima legge. Abbiano una vera unione in qualsiasi tempo, perchè se litigano tra di loro li divoreranno quelli di fuori”.

Lasciato il Palazzo di Vetro, questa consapevolezza Francesco ha poi trasmesso anche nella visita-pellegrinaggio al Ground Zero dove ha incontrato i 12 leader religiosi in rappresentanza delle fedi di appartenenza delle quasi 3000 vittime dell’11 settembre, che lo hanno accolto nell’antro ricavato dalle fondamenta che resistettero al crollo delle Torri Gemelle, dopo l’attacco dell’11 settembre 2001.

“Chiediamo al cielo il dono di impegnarci per la causa della pace. Qui, in questo luogo della memoria, ciascuno nella sua maniera, ma insieme”, ha detto Bergoglio. Durante l’incontro interreligioso sono state lette 5 meditazioni sulla Pace (indù, buddista, sikh, cristiana, musulmana), e una preghiera ebraica per i defunti. I rintocchi delle campane, gli interventi appassionati degli esponenti delle varie religioni, evocavano sentimenti di grande commozione.

“Nessuno ha il diritto di alzare la mano sul fratello. Nessuno – ha gridato il rabbino nell’accorata orazione rivolta al Padre dei cieli- può togliere in nome di Dio, la vita agli altri. Le religioni sono strumento di pace, non di divisione”. Secondo il Papa, “nelle differenze, nelle discrepanze è possibile vivere in un mondo di pace”. Davanti ad ogni tentativo di rendere uniformi è possibile e necessario riunirci dalle diverse lingue, culture, religioni e dare voce a tutto ciò che vuole impedirlo”. “Insieme oggi – ha rilevato – siamo invitati a dire: no ad ogni tentativo uniformante e si ad una differenza accettata e riconciliata.

Per questo scopo abbiamo bisogno di bandire i nostri sentimenti di odio, di vendetta, di rancore. E sappiamo che ciò è possibile soltanto come un dono del cielo”. L’auspicio del Papa, che si è detto emozionato per l’incontro con i familiari delle vittime e dei soccorritori eroici, è che il Ground Zero, teatro dell’attacco alle Torri Gemelle e tomba per 2974 persone innocenti, da “luogo di morte si trasformi anche in un luogo di vita, di vite salvate, un canto che ci porta ad affermare che la vita è sempre destinata a trionfare sui profeti della distruzione, sulla morte, che il bene avrà sempre la meglio sul male, che la riconciliazione e l’unità vinceranno sull’odio e sulla divisione”.

Matthias Müller è il nuovo amministratore della Volkswagen

Matthias Müller è il nuovo amministratore delegato della Volkswagen. Arriva da Porsche
Matthias Müller è il nuovo amministratore delegato della Volkswagen. Arriva da Porsche

E’ Matthias Müller il nuovo amministratore delegato di Volkswagen. Dopo una riunione durata diverse ore, il consiglio di supervisione della casa automobilistica tedesca ha scelto il numero uno di Porsche per sostituire il dimissionario Martin Winterkorn, travolto dallo scandalo dei motori “truccati”.

“La mia priorità è riconquistare la fiducia perduta non lasciando nulla di intentato e con il massimo della trasparenza”, afferma Matthias Müller in un comunicato. “Sotto la mia guida la Volkswagen farà tutto il possibile per sviluppare e implementare le norme di conformità più rigorose e gli standard di governance del nostro settore. Il nuovo ad, proviene dalla Porsche, che ha amministrato dal 2010 per cinque anni.

Se riusciamo a raggiungere questo il Gruppo con la sua forza innovativa, i suoi marchi forti e soprattutto il suo team competente e motivato ha la possibilità di uscire da questa crisi più forte di prima”. Lo scandalo sulle emissioni è un “disastro morale e politico per il gruppo – ha detto il presidente della compagnia, Berthold Huber – Un piccolo gruppo di persone ha causato un enorme danno”.

E all’interno dell’azienda le prime teste cominciano a cadere: Huber fa sapere che il consiglio di supervisione “ha proposto di sospendere diversi addetti, in attesa che la vicenda sia chiarita”. Negli Usa, Michel Horn resta ceo e presidente di VW America, ma sopra di lui avrà Winfrried Vahland, capo di Skoda, il quale ora dirige la regione Nord America, che comprende Usa, Messico e Canada ed entra nel board di VW.

Al suo posto a Skoda andrà Bernhard Maier, capo delle vendite Porsche. Silurato invece il capo delle vendite VW, Christian Klingler, che verrà sostituito da Jorgen Stackmann, presidente di Seat. Al suo posto andrà Luca De Meo, ex manager Fiat, attualmente capo delle vendite di Audi.

Intanto Usa e Europa corrono ai ripari per evitare un nuovo caso Volkswagen. L’Epa, l’Agenzia americana per l’ambiente, ha annuncia la sua intenzione di fare un test a tutte le auto diesel negli Stati Uniti. I test, precisa l’agenzia, verranno effettuati su strada e in collaborazione con l’agenzia ambientale del Canada. “Oggi – spiega il il direttore dell’Epa, Christopher Grundler – abbiamo notificato alle imprese produttrici che i test includeranno valutazioni aggiuntive e controlleranno gli eventuali dispositivi software”.

Anche l’Ue studia misure per dare più poteri di intervento alla Commissione e ridurre il margine di errore nelle simulazioni sulle emissioni dei veicoli. Da gennaio 2016 sarà in vigore la nuova regola che impone di effettuare non più test di laboratorio sulle emissioni di ossidi di azoto (NO) e di particolato dei veicoli, ma simulazioni reali di guida su strada.

Un sistema che, secondo l’esecutivo comunitario, potrebbe più che dimezzare l’attuale margine d’errore del 20% tra emissioni simulate in laboratorio ed emissioni effettivamente sprigionate su strada. Il margine d’errore dovrebbe scendere con i nuovi test dal 20% al 5%-10%. Si concederà del tempo per mettersi in regola: questi nuovi limiti diventeranno tassativi a partire dall’autunno 2017 per tutte le omologazioni e a partire dall’autunno 2018 per tutti i nuovi veicoli.

Nel frattempo prosegue la conta delle auto truccate: solo in Germania, ha detto in un’audizione al Bundestag il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, sono 2,8 milioni i veicoli Volkswagen in circolazione che contengono il software illegale che consente di frodare i controlli sulle emissioni. Sulla base delle informazioni in possesso del governo tedesco, anche i camioncini prodotti dalla casa di Wolfsburg hanno i motori “truccati”.

Fifa, Blatter indagato in Svizzera. "2 milioni a Michel Platini"

Michel Platini e Sepp Blatter
Michel Platini e Sepp Blatter (Ansa/Epa)

Il procuratore generale della Svizzera ha aperto un procedimento penale a contro il presidente dimissionario della Fifa Sepp Blatter. Il numero uno della Federcalcio mondiale, che è già stato interrogato, è sospettato di gestione fraudolenta e appropriazione indebita.

L’inchiesta aperta dalla procura svizzera contro Blatter coinvolge anche Michel Platini. Si sospetta, da parte del presidente della Fifa, un versamento illegale di due milioni di franchi svizzera a favore dell’allora vicepresidente per “lavori forse falsamente effettuati” fra il 1999 ed il 2002. Platini è stato sentito come testimone.

Sono due, infatti, le vicende su cui indaga la procura svizzera. Oltre alla questione che riguarda anche Platini, attuale presidente dell’Uefa, nell’altra Blatter e’ sospettato di aver firmato un contratto sui diritti tv sfavorevole alla Fifa con l’Unione caraibica di calcio, all’epoca presieduta da Jack Warner.

Platini “Pagato per lavoro svolto”  – “Sono stato pagato per un lavoro che ho svolto”: così il n.1 dell’Uefa, Michel Platini, in una dichiarazione in merito all’inchiesta sulla Fifa che vede indagato il presidente Blatter. “Mi è stato chiesto di fornire informazioni utili alle indagini: ho chiarito tutto e resto disponibile a collaborare in qualsiasi momento con le autorità” elvetiche.

Michel Platini, dopo le dimissioni di Blatter dalla Fifa a seguito dello scandalo corruzione, era ufficialmente candidato a succedere a Sepp nella primavera 2016 nelle nuove elezioni per la presidenza, che appena dopo la bufera erano state vinte per la quinta volta consecutiva da Blatter.

San Giorgio a Cremano, ucciso Vincenzo Cappiello. Arrestato il presunto killer

San Giorgio a Cremano, ucciso Vincenzo Cappiello
Nel riquadro Vincenzo Cappiello, la vittima

Scorre ancora sangue a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, dopo che la città era stata scossa agli inizi di settembre da un tentato omicidio suicidio.

Oggi l’ennesimo fatto di sangue. Un uomo è stato ucciso a coltellate a San Giorgio a Cremano e il cadavere è stato rinvenuto in un box auto di via De Gasperi. La vittima si chiamava Vincenzo Cappiello, di 31 anni che è stato colpito con almeno otto coltellate.

Inutili i soccorsi. Cappiello era residente in Cortile Borrelli, dove è stato aggredito da un uomo. Dopo immediate indagini, la Polizia di Stato ha tratto in arresto Giorgio Borriello, un meccanico di 44 anni, ritenuto il presunto responsabile dell’omicidio.

Gli inquirenti stanno indagando sul possibile movente che ha scatenato la furia omicida dell’assassino contro Vincenzo Cappiello. Secondo quanto appreso, il motivo potrebbe essere di natura economica. Le ipotesi ruoterebbero attorno a debiti per partite di droga, debiti o gioco. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la vittima Vincenzo Cappiello conosceva bene il suo assassino. Entrambi, da quanto raccontato a San Girgio a Cremano, pare avessero avuto qualche problema con la giustizia.

I due, che vivevano nel Cortile Borrelli, avrebbero raggiunto il box dove è scoppiata una lite violenta culminata nel peggiore dei modi. Diversi sono stati i testimoni dell’omicidio e non sono mancati momenti di forte tensione tra le persone.

Duplice omicidio Pordenone, indagato un commilitone. La pistola ritrovata è quella del delitto

Trifone Ragone e Teresa Costanza i fidanzati uccisi a Pordenone il 17 marzo scorso 2015
Trifone Ragone e Teresa Costanza i fidanzati uccisi a Pordenone il 17 marzo scorso 2015

La pistola rinvenuta nel laghetto del parco di San Valentino è quella del duplice omicidio dei fidanzati di Pordenone. Lo apprende l’Ansa da ambienti investigativi. La comparazione tra l’arma e i bossoli rinvenuti sulla scena del crimine è già stata fatta nei giorni scorsi dai Ris di Parma e ha dato esito positivo.

Clamorosi sviluppi sul duplice omicidio dei fidanzati Trifone Ragone e Teresa Costanza, uccisi lo scorso marzo a Pordenone. Una persona è stata iscritta nel registro degli indagati per l’uccisione della coppia.Lo ha confermato il procuratore di Pordenone, Marco Martani che esprime massimo riserbo sulle indagini. “Di più non possiamo aggiungere – ha precisato – anche perché l’inchiesta è in una fase molto delicata. Posso solo confermare che all’interessato è stato notificato il provvedimento e ha nominato un legale”.

Si tratta di un “amico” commilitone di Trifone Ragone, un giovane di 26 anni, Giosuè Ruotolo, che avrebbe agito da solo. Senza mandanti. Ignoto ancora il movente del duplice omicidio, che potrebbe essere passionale, uno “sgarbo” ricevuto dal killer, o precedenti dissidi in caserma, che hanno lasciato il passo al rancore. L’uomo era già stato sentito nei mesi scorsi. Da quanto si è appreso, l’uomo fortemente indiziato ha dei tratti di “somiglianza” con l’identikit ricostruito ad aprile dalla Polizia.

Al momento non emerge di più. La svolta sul duplice delitto, a metà settembre quando la procura ha disposto una ispezione nel laghetto del parco di San Valentino, la più vasta area verde della città poco lontana dal teatro del delitto, allo scopo di trovare l’arma del delitto.

I sommozzatori del reparto speciale di Genova, al lavoro per qualche giorno hanno trovato il caricatore di una antiquata 7.65 Beretta da cui presumibilmente sono partiti i proiettili che il 17 marzo scorso hanno spezzato la giovane vita dei due fidanzati Trifone Ragone e Teresa Costanza nel parcheggio del centro Fitness dove i due si allenavano.

Il caricatore, è stato detto dal perito che l’ha esaminato, è compatibile con l’arma del delitto. Ma può anche non coincidere. Nell’esercito è anche in uso la 7.65. Nelle armerie delle caserme è probabile reperirne qualcuna datata, che oleata e messa a punto, può essere resa funzionante.

Appena giunti in auto, il killer di Trifone Ragone avrebbe scambiato due chiacchiere con lui. Lo conosceva, ma mai avrebbe pensato che rientrato in auto “l’amico” si trasformasse in sicario, estraendo la pistola e freddando prima lui, poi lei. (modifica 26/09/2015)

Fuorigrotta. Preso Raffaele Rende. Sparò ad agente Nicola Barbato. "Sono io quello che cercate"

Raffaele Rende, il presunto autore del tentato omicidio del poliziotto fuorigrotta
Raffaele Rende, il presunto autore del tentato omicidio del poliziotto

“Sono io quello che cercate”.Sono queste poche le parole che Raffaele Rende, 27 anni, ha detto agli agenti della Polizia che lo hanno rintracciato, ieri sera, in un appartamento di San Giovanni a Teduccio dopo due giorni di caccia all’uomo scattata dopo il ferimento, giovedì sera, del poliziotto Nicola Barbato durante un servizio antiracket a Fuorigrotta.

Rende è stato interrogato dai pm della Dda nella notte nella Questura di Napoli, da dove è stato poi trasferito nel carcere di Secondigliano.

Raffaele Rende è il presunto autore del tentato omicidio di Nicola Barbato l’altra sera a Fuorigrotta, Napoli. Rende è stato catturato dopo una enorme caccia l”uomo da parte della della Polizia che dopo un lavoro di grande sinergia. sono riusciti ad arrivare al presunto autore del tentato omicidio.

Si tratta di Raffaele Rende, 27 anni. E’ stato scovato dagli agenti della squadra mobile in un appartamento di San Giovanni a Teduccio, periferia di Napoli, dopo una “spietata” azione di ricerca. Il suo nome del presunto criminale e la sua foto erano comparsi anche su una pagina Facebook per iniziativa di alcuni colleghi del sovrintentende. Alla notizia della cattura molti agenti e componenti delle forze dell’ordine hanno esultato.

L’autore degli spari contro l’auto civetta sarebbe entrato nell’auto e ha sparato dal sedile posteriore contro i poliziotti scambiandoli, secondo un’ipotesi investigativa, per esponenti di un clan rivale: è la prima ricostruzione emersa dai rilievi sul ferimento, ieri a Napoli, del poliziotto Nicola Barbato a opera di un estorsore. Gli investigatori avrebbero anche un video di una scena.

Si sta stringendo sempre di più il cerchio attorno ai banditi che hanno ferito gravemente Nicola Barbato, un agente della polizia in borghese ieri a Fuorigrotta, quartiere di Napoli. Le forze dell’Ordine hanno acquisito testimonianze e le immagini delle telecamere poste nel quartiere.

L'auto civetta della Polizia, una Fiat Panda, crivellata di colpi. (Ansa/Fusco)
L’auto civetta della Polizia, una Fiat Panda, crivellata di colpi. (Ansa/Fusco)

Fermato un giovane di 28 anni. L’uomo ha precedenti di polizia per reati contro il patrimonio e stupefacenti, ed è indagato per i reati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Mobilitazione su Facebook, dove è stato pubblicato il nome e la foto del presunto sparatore in una pagina creata da alcuni poliziotti.

Giovedì un’auto civetta della polizia è stata crivellata di colpi in una sparatoria a Napoli e nel conflitto a fuoco un sovrintendente della Mobile, Nicola Barbato, è in gravi condizioni. E’ caccia all’uomo senza precedenti per prendere i responsabili. Posti di blocco, perquisizioni e intercettazioni incrociate per carpire ogni utile elemento alla cattura dei criminali.

E’ stata una serata di paura e di sangue nel quartiere Fuorigrotta, alla periferia occidentale di Napoli, dove c’è stato un conflitto a fuoco tra due agenti in abiti civili e alcuni malviventi, a poca distanza da una affollata stazione della ferrovia Cumana.

VIDEO SPARATORIA FUORIGROTTA

Spari e panico tra la gente, in un’ora di punta – poco prima delle 20 – e in una strada, via Leopardi, tra le più frequentate del quartiere.

Ancora tutta da chiarire la dinamica dell’episodio. Gli uomini erano in servizio, probabilmente in una operazione antiestorsione. L’auto della polizia, senza contrassegni – una Fiat Panda ultimo modello – era stata parcheggiata lungo la strada: quello che era un appostamento degli agenti, sulle tracce di uno o più malviventi, si è trasformato in una sparatoria.

Al momento non è chiaro se i poliziotti siano intervenuti per bloccare un’aggressione, una rapina o per altri motivi.
Inevitabile il panico tra i passanti, molti provenienti o diretti alla stazione. Il poliziotto ferito – colpito da un proiettile al collo e uno alla spalla – è stato subito trasportato nel vicino ospedale San Paolo, per poi essere trasferito al Cardarelli. Nicola Barbato è vigile e viene sottoposto a Tac ed altri esami. Le sue condizioni sono definite serie.

Torino, uomo sfregia con l'acido l'ex e la nipote di lei. Arrestato

Torino, uomo sfregia con l'acido l'ex e la nipote di lei. Arrestato dai Carabinieri di Torino (foto archivio)Ancora un caso di stalking, di violenza inenarrabile sulle donne. Ancora l’acido, quale micidiale arma usata nel tentativo di cancellare l’identità della donna che non voleva più saperne di lui.

E’ accaduto a Torino, ieri mattina intorno alle 11, nel quartiere Dora, in un appartamento di Lungo Dora Napoli. Un uomo di orgine marocchina, Hassan Hajib, ha raggiunto Sara, la sua ex fidazata. Dopo l’ennesimo violento litigio l’uomo, 35 anni, ha gettato addosso dell’acido solforico, colpendo lei e anche la nipote di quest’ultima di 17 anni.

Le donne spaventate a morte dalla furia del marocchino, sono riuscite a scappare e a chiedere aiuto. Sono giunti immediatamente soccorsi e i carabinieri che hanno arrestato l’uomo volento con l’accusa di lesioni personali e maltrattamenti in famiglia.

Le vittime, trasportate all’ospedale giovanni bosco di Torino, sono state medicate e dimesse: la donna ne avrà per 25 giorni, la ragazza per cinque. Sequestrata la bottiglia contenente acido, che l’aggressore aveva ancora tra le mani.

Da quello che si racconta, tra i due era nata una relazione qualche tempo fa. Una relazione nata male e finita peggio, quasi in tragedia. Lei a un certo punto si è stancata e ha chiuso ogni porta al 35enne. Lui non ha accettato la fine della “love story” e si è scatenato contro di lei e sua nipote con la violenza tipica di chi vuol fare davvero del male e sfregiare. L’acido per fare “reset”, da quanto appreso, l’uomo se lo sarebbe portato di proposito.

Dopo Twitter ancora FacebookDown. Zuckemberg sotto attacco hacher?

FacebookDown
La schermata di FacebookDown

Per chi prova ad accedere a Facebook si ritrova ancora la classica schermata di errore. Questo articolo è aggiornato il 28 settembre in quanto molti utenti lamentano l’impossibilità ad accedere al proprio profilo per aggiornare i propri stati. In effetti abbiamo provato ed è così.

Si tratta di un altro FacebookDown. Solo 4 giorni fa, la stessa cosa. Chiunque provava a entrare per aggiornare il proprio profilo o la propria pagina appariva una schermata con scritto “Sorry, something went wrong” (Scusa, qualcosa è andato storto). Si teme che Palo Alto possa essere sotto attacco di Hacker. Non potrebbero esserci altre spiegazioni. Il colosso, del resto, non comunica e non dice nulla a proposito di questi strani “down”. Come ovvio, minimizzano, ma qualcosa che non va nei server di Facebook c’è.

L’altro giorno, il black out ha interessato quasi tutta l’Europa e l’Nord Amerca dell’est. In migliaia gli utenti che hanno fatto rimbalzare la notizia su altri social e su Twitter, sia in Italia che in altri paesi è diventato il trend topic con l’hashtag #FacebookDown. A cosa sia stato dovuto non è dato sapere. Al momento nessuna comuncazione dai vertici californiani di Palo Alto.

Il 14 settembre scorso era toccato a Twitter. E’ successo che per quasi mezzora il noto Social, che possiamo definire, in Italia, la Quarta Camera politica (dopo Bruno Vespa) è andato “Down” e non si è saputo per quale ragione.

La pagina personalizzata che appare per chi vuole accedere a Twitter
La pagina personalizzata del guasto su Twitter

Poi è tornato regolarmente online, durante il “guasto” appariva una pagina personalizzata e multilingue su cui è scritto “Si è verificato un problema tecnico. Grazie per la segnalazione, risolveremo il problema e riporteremo tutto alla normalità il più presto possibile”.

Alle 19.08, in Italia Facebook, è tornato nuovamente online, ma rimane alta la curiosità di questi “guasti” FacebookDown o TwitterDown che metteno fuori uso in tutto il mondo i colossi dei social che hanno potentissimi server in tutti i continenti.

Forza Italia, lasciano Romano, Ruvolo e Galati per Verdini

I parlamentari ex FI passati con Ala di Denis Verdini da sinistra Giuseppe Ruvolo, Francesco Saverio Romano e Giuseppe Galati
I parlamentari ex FI passati con Ala di Denis Verdini da sinistra Giuseppe Ruvolo, Francesco Saverio Romano e Giuseppe Galati

Una ne entra (Nunzia De Girolamo), tre lasciano Forza Italia. Saverio Romano, Peppe Ruvolo e Pino Galati lasciano Berlusconi per approdare nell'”Ala” di Denis Verdini, gruppo che è apertamente filo renziano. Sono in tutto 7 i deputati verdiniani che anno abbandonato gli azzurri: oltre a Romano, Galati e il senatore Ruvolo , la pattuglia è formata da Ignazio Abrignani, Luca D’Alessandro, Monica Faenzi, Giovanni Mottola.

“E’ ormai esaurita la sua spinta popolare e liberale”, spiegano i tre fuoriusciti dal partito di Silvio Berlusconi. “E’ inutile rincorrere i populismi. Nel Parlamento e nel Paese c’è bisogno di una grande forza che dia voce alla voglia di riscatto sociale ed economico”.

“Forza Italia ha ormai esaurito la sua spinta riformatrice e la sua vocazione popolare e liberale” dicono ancora i tre parlamentari passati con Verdini secondo i quali “la linea politica già intrapresa dal vertice di Forza Italia mira a rincorrere i populismi di varia natura, in una prospettiva di sostanziale subalternità a Salvini”.

“In tale ottica – continuano – diviene importante offrire il proprio contributo per una politica di centro, che abbia come riferimenti la società e le sue sfide da una parte e il rafforzamento delle istituzioni dall’altra, perché il Paese ha bisogno di uno slancio che coinvolga le sue energie migliori”.

“La nostra cultura politica popolare e il nostro radicamento territoriale ci impongono questa scelta”. Per questo, “ci impegneremo in “Alleanza liberalpopolare-Autonomie”, (Ala) consapevoli che in questa congiuntura politica ci si debba rimboccare le maniche e mettersi in gioco”. Un forte impegno parlamentare quello che ci attende, incoraggiati dal consenso che registriamo nella comunità politica che rappresentiamo”, concludono i tre parlamentari.

 

Ecatombe alla Mecca. 717 morti per una strada chiusa. Migliaia i feriti. FOTO

Calca alla MeccaUna vera e propria ecatombe per una strada chiusa. E’ di 710 morti il drammatico bilancio delle persone morte nella calca avvenuta tra i pellegrini de La Mecca, in Arabia Saudita, schiacciate dalla folla nel primo giorno di Eid al-Adha, la Festa del Sacrificio, la più importante ricorrenza religiosa per i musulmani impegnati nell’Hajj. Superano i duemila i feriti, molti dei quali anche gravi, secondo le autorità arabe. La maggior parte delle vittime sono morte asfissiate, le altre schiacciate da una folla che sembrava “impazzita”, raccontano testimoni a La Mecca.

Il bilancio si aggrava di ora in ora. Ed è purtroppo sempre provvisorio. Nell’area, secondo i media locali, transitavano almeno un milione di persone. Centinaia le ambulanze e migliaia di volontari sono al lavoro per aiutare i soccorsi.

La tragedia è avvenuta a Mina, alla periferia della città santa. I pellegrini si stavano conducendo alla Grande Moschea. Circa due milioni di persone stanno prendendo parte al pellegrinaggio Hajj di quest’anno, che è iniziato martedì scorso.

Un’altra tv araba, Al Arabiya, fa sapere che la ressa è stata provocata da “una fuga improvvisa” sulla strada 204, di cui al momento non se ne conosce il motivo.

FOTO DELLA TRAGEDIA A LA MECCA

 

Appena la scorsa settimana, un’altra tragedia colpì la città santa dell’Islam quando una gru pesante diverse tonnellate ha ceduto ed è piombata sui pellegrini che pregavano all’interno della Grande Moschea.

Anche in questo caso i morti furono più di cento con centinaia di feriti. La gru, insieme a tante poste attorno alla città santa, servivano per i lavori di allargamento proprio per evitare la calca in occasione dei grandi raduni. Le autorità saudite, hanno riferito che una volta terminati i lavori la Grande Moschea e l’area circostante potrà contenere fino a 2milioni e mezzo di persone in una sola volta.

I precedenti più significativi di calche con molti morti risalgono al 2006: 360 morti. Nello stesso anno crollò un ostello a La Mecca dov’erano ospitati i pellegrini: 73 vittime. Nel 2001 una fuga precipitosa da Mina ha fatto 35 morti nella calca. Ma la peggiore tragedia Hajj è avvenuta nel 1990, ed è costata la vita a 1.426 pellegrini in una fuga precipitosa, sempre alla Mecca in un tunnel pedonale che conduce al sovraffollato luoghi santi della Mecca.

Ricerca GB: un'aspirina al giorno toglie il tumore di torno

Ricerca GB: un'aspirina al giorno toglie il tumore di tornoRidurre l’incidenza e la mortalita’ per una serie di tumori con una banale dose di aspirina ogni giorno: in America ne sono convinti tanto che per la prima volta un panel di esperti americani ha deciso di indicare l’aspirinetta (come viene comunemente chiamata la piccola dose quotidiana, inferiore ai 100 milligrammi, utilizzata a scopo preventivo) anche come strumento da utilizzare in chi è esposto a maggior pericolo di cancro al colon.

Nel corso degli ultimi anni, diverse ricerche scientifiche erano giunte a conclusioni simili fra loro: l’uso regolare della cardio-aspirina diminuirebbe le probabilità di ammalarsi di varie forme di cancro (primo fra tutti quello del colon retto) e nei pazienti che sono già stati colpiti dalla neoplasia abbasserebbe la mortalità, riducendo anche il rischio di sviluppare metastasi.

L’ultima ricerca in termini temporali e’ quella pubblicata sulla rivista specializzata “Annals of Oncology“: l’indagine condotta in Gran Bretagna ha osservato che 10 anni di uso continuato di aspirina riducono l’incidenza dei tumori del colon del 35%, e dell’esofago e stomaco del 30%.

La prescrizione di aspirina in chiave preventiva per i disturbi del cuore è già comune in tutto il mondo, finora pero’ nessuno Stato aveva mai deciso di inserire ufficialmente questa indicazione anche in chiave-anticancro come ha fatto l’America.

L’uso dell’aspirinetta e’ ben apprezzato anche sul fronte italiano: secondo Francesco Cognetti, Direttore del Dipartimento Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Regina “in pazienti recidivi consolida l’effetto “benefico” della chemioterapia, in piu’ c’e’ un ottimo rapporto costo-beneficio all’uso del farmaco. Anche considerando le principali problematiche dell’aspirina, legate al rischio di sanguinamento, in particolare gastrico – prosegue Cognetti – il rapporto risulta sempre a favore dell’uso dell’aspirina, anche rispetto agli effetti collaterali che dà la chemioterapia”.

Nel Report Usa la task force statunitense suggerisce poi l’uso di aspirinetta anche per la prevenzione di infarto, ictus, sottolineando che i pro della cura sovrasterebbero i contro soprattutto nelle persone tra i 50 e i 69 anni già a rischio di malattie cardiovascolari. Le raccomandazioni escludono le fasce d’età più giovani (sotto i 50 anni) o più anziane (sopra i 70, quando i rischi di sanguinamento sono maggiori).

Geniol, una super batteria per la casa, darà l’addio alla bolletta elettrica

Geniol, la rivoluzione elettrica a batteria made in ItalyDi Roldano Radaelli per il Corriere della Sera

Non ha per ora il design della Powerball di Tesla ma Mr Elon Musk dovrà presto guardarsi le spalle da ciò che sta accedendo in Brianza. Nei laboratori di Genport – spin off del Politecnico di Milano, oggi tra le realtà più avanzate nella ricerca e produzione di sistemi di generazione e accumulo di energia – è pronta per il mercato la superbatteria per la casa completamente made in Italy, alimentabile con l’impianto fotovoltaico o mini-eolico.

È un rack in alluminio con otto moduli di batterie agli ioni di litio di nuova generazione interconnesse con un sistema di gestione elettronica. Un prodotto che permette di accumulare energia durante la giornata per l’autoconsumo, garantire l’indipendenza dalla rete elettrica e di assicurare le migliori prestazioni grazie ad un software di diagnostica e controllo via web. Il risultato finale, installabile in ogni casa, è poco più grande di due scatole di pizze, pesa una trentina di kg per 3,1 KWh ed è stato ideato e assemblato sotto il tetto di quello che una volta era la gigantesca fabbrica di IBM a Vimercate (MB).

Geniol – il nome commerciale scelto – è il frutto di anni di ricerca sui sistemi di accumulo e qualche milione di euro di investimenti su risorse umane e tecniche della stessa Genport che sul progetto ha conquistato il supporto di investitori nazionali e internazionali e la collaborazione di centri di competenza europei. «La nostra batteria – spiega il Ceo Paolo Fracas – ha superato tutti i test: 10mila cicli di carica/scarica, è ricaricabile da tutte le fonti rinnovabili ed è modulare. Il sistema parte dai 3 KWh fino a 12,4 KWh e 6 kW ma possono essere raggiunte capacità superiori collegando via internet diverse batterie . In sostanza, installato in una villetta con un pannello fotovoltaico, Geniol permette di realizzare il sogno dell’indipendenza energetica».

Il costo. «Il prodotto è già presente nel mercato delle telecomunicazioni e siamo praticamente pronti per quello residenziale in tutto il mondo. L’obiettivo fissato nel nostro piano di sviluppo è quello di raggiungere un prezzo sul mercato inferiore ai 300 euro al KWh». Come nel caso di Tesla, un prodotto del genere è destinato a rivoluzione l’attuale sistema energetico e introdurre anche in Italia la figura del prosumer, cioè l’autoproduttore di energia in grado di rivenderla sul mercato cancellando l’intermediazione.

«I big dell’energia ci accoglieranno a braccia aperte? – si chiede con un sorriso ironico Fracas – Al momento le normative tecniche di certo non ci spianano la strada e non ci sono certezze sugli incentivi per questa nuova tecnologia in Italia mentre l’applicazione di questi sistemi stanno esplodendo in California, Germania e Australia».

Dunque, un’altro pezzo di made in Italy rischia di andare ad arricchire le economie di altri Paesi? «Paradossalmente sì. In questo momento non abbiamo altra scelta che guardare oltre frontiera. Quando l’Europa imporrà il cambio delle regole rischiamo di essere travolti da chi avuto l’opportunità di farsi le ossa sui propri mercati. E pensare che in questo momento senza i sistemi di accumulo il nostro Paese non riesce a sfruttare una quantità immensa di energia prodotta da fonti rinnovabili». Eppure, il tutto sembra molto semplice.

La superbatteria Geniol è frutto di anni di ricerca
La superbatteria Geniol è frutto di anni di ricerca

«Per installare la nostra batteria è sufficiente l’intervento di un qualunque elettricista. Basta collegare il cavo della batteria all’inverter con un sistema plug&play e connettere l’apparecchiatura via internet al nostro sistema di controllo». Da Vimercate, dunque, il piccolo Davide dell’energia vuole dare la scossa al sistema. Chi finirà fulminato? «Come i sistemi dei concorrenti – anche il nostro impianto, moltiplicato per milioni di pezzi, potrebbe trasformare rapidamente il mercato e le infrastrutture energetiche di tutto il mondo, con giganteschi benefici per l’ambiente e creando migliaia di posti di lavoro».

E se Tesla assicura che la superbatteria di casa si potrà appendere in salotto col colore intonato alla tappezzeria, in Brianza al momento preferiscono concentrarsi sulla sicurezza e sull’affidabilità del prodotto. «Siamo nella culla del design italiano e quando penseremo al prodotto finale sappiamo che qui non mancheranno certamente le competenze. Purtroppo è il nostro ultimo problema».

Incidente fatale a Zaccanopoli, (Vibo Valentia), muore Alessandro Mazzeo

La vittima Alessandro Mazzeo morto in un incidente stradale a Zaccanopoli - Vibo Valentia
La vittima Alessandro Mazzeo

Dramma della strada in Calabria. Un uomo di 45 anni, Alessandro Mazzeo, è morto in seguito a un grave incidente stradale accaduto a Zaccanopoli, in provincia di Vibo Valentia.

La tragedia è avvenuta intorno alle 17 su una strada del centro. L’uomo era alla guida di una moto quando, per cause in corso di accertamento, avrebbe perso il controllo del motociclo e si è scontrato con un’utilitaria condotta da un’anziana donna.

L’allarme è stato dato da alcuni passanti. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, che hanno constatato il decesso del quarantacinquenne e i Carabinieri della stazione di Zungri , che hanno effettuato i rilievi per ricostruire la dinamica dell’incidente. Il pm di turno, Michele Sirgiovanni ha disposto l’autopsia sul corpo della vittima.

Alessandro Mazzeo, da quanto appreso, era alla guida di una moto Ducato quando per motivi sconosciuti si è improvvisamente scontrato con una Fiat Panda alla cui guida c’era la donna, che è rimasta illesa. L’impatto è stato molto violento. Alessandro Mazzeo è invece morto sul colpo.

Gas Auto Volkswagen, Ad Winterkorn si è dimesso. A rischio migliaia di posti. Merkel dove assumerà migranti?

L'ex Ad di Volkswagen, Martin WinterkornL’Amministratore delegato della Volkswagen, Martin Winterkorn si è dimesso dopo scandalo negli Stati Uniti sulle emissioni truccate di veicoli diesel. “Serve un nuovo inizio. Nel quadro di questo nuovo inizio l’ad Winterkorn ha proposto le sue dimissioni e il presidio lo ha accettato”.

Lo ha detto il presidio del Consiglio di sorveglianza di Volkswagen. Nel rassegnare le sue dimissioni Winterkorn ha dichiarato di non essere a conoscenza di comportamenti illeciti. “Aldilà dei danni economici non ancora calcolati”, il presidio di Volkswagen ha citato “la perdita di fiducia di tanti clienti”.

“Sono scioccato dagli eventi degli ultimi giorni. Sono soprattutto allibito che uno scandalo di tali dimensioni sia stato possibile nel Gruppo Volkswagen. Come Amministratore delegato mi assumo la responsabilità delle irregolarità emerse sui motori diesel”, dice l’ormai ex ad in uno statement comparso sul sito di Volkswagen “Lo faccio – ha detto – nell’interesse dell’azienda, pur non avendo assunto alcun comportamento sbagliato. Sono convinto che il Gruppo Volkswagen e la sua squadra supereranno questa grave crisi”.

Una crisi che nasce dai dati falsati sulle emissioni di gas che interessano centinaia di migliaia di auto (si parla addirittura di 11 milioni di veicoli) che il colosso ha esportato non solo negli Stati Uniti, dove ha palesemente aggirando i controlli e beffato la legge statunitense, ma in tutto il globo. Una richiesta di controlli e indagini è stata avanzata dall’Ue a tutti i 28 stati membri sui cui territori vi sono milioni di auto del gruppo incriminato.

Le dimissioni di Martin Winterkorn hanno fatto respirare il gruppo Volkswagen, con un rialzo di oltre il 5% alla Borsa di Francoforte dopo essere precipitata ieri sotto il 25 percento, lasciando bruciati sul campo 24 miliardi di euro. Azionisti furibondi per aver perso oltre un terzo del valore del titolo, hanno chiesto chiarezza e la testa dell’Ad, oltre naturalmente a chiedere lumi al governo tedesco, che secondo quanto trapelato ieri, “Berlino (cioè Merkel) era a conoscenza del trucco”.

Il governo tedesco replica stizzito: “Le accuse sono false e inopportune”. Ha risposto così il ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt in uno statement a Berlino, alle accuse secondo cui il governo tedesco sapesse delle manipolazioni dei dati antismog. “Ho appreso delle manipolazioni lo scorso weekend dalla stampa”, ha risposto a proposito del caso Volkswagen. La Merkel, imbarazzata, ha solo ammesso l’esistenza di questi software, ma non che fossero installate sulle auto diesel del più importante colosso automobilistico europeo. La cancelliera è molto criticata in queste ore perché si teme la perdita di migliaia di posti di lavoro e Merkel non sa più dove piazzare i migranti siriani che ha accolto in Germania cui aveva promesso un posto di lavoro proprio in Volkswagen.

Torino, la Gdf arresta dipendenti corrotti di Equitalia e Agenzia delle entrate

Corruzione in Equitalia e Agenzia delle entrate. 3 arresti a TorinoTre ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dalla Guardia di Finanza a Torino nel quadro di un’inchiesta per corruzione: agli arresti domiciliari sono finiti un dipendente dell’Agenzia delle Entrate in servizio a Moncalieri, un funzionario Equitalia Nord e un commercialista.

Le Fiamme Gialle hanno anche eseguito 28 perquisizioni. I tre indagati, in cambio di denaro o favori, avrebbero offerto ai contribuenti un aiuto per risolvere i contenziosi con l’Erario.  I reati contestati sono presunta corruzione, l’istigazione alla corruzione e la rivelazione di segreti di ufficio.

L’inchiesta è nata da una segnalazione dell’Agenzia delle Entrate in cui inizialmente si parlava di dipendenti dell’amministrazione che, anche in orario d’ufficio, svolgevano altre attività professionali. Gli investigatori del nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle hanno scoperto numerosi accessi sospetti alle banche dati dell’amministrazione finanziaria.

Il dipendente dell’Agenzia aveva stretto dei rapporti di collaborazione con il commercialista, il quale, in caso di controversie sulle cartelle esattoriali, si affidava all’aiuto del funzionario di Equitalia. Le perquisizioni sono a carico di persone fisiche, aziende e studi professionali che, a vario titolo, hanno beneficiato dei favori illeciti degli indagati. L’inchiesta, da quanto appreso, non si esaurisce quì.

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