15 Ottobre 2024

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‘Ndrangheta stragista, legale Graviano: “Un teorema senza fondamenta”

filippone e graviano
Rocco Santo Filippone e Giuseppe Graviano in una foto di archivio

“Un teorema, un tema senza fondamenta”. Così è stato definito l’impianto accusatorio del processo “‘Ndrangheta stragista” dall’avvocato Federico Vianelli che, assieme a Giuseppe Aloisio, difende il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi il 18 gennaio 1994 in quello che la Dda di Reggio Calabria definisce un attentato rientrante nelle stragi continentali.

Graviano e l’altro imputato, Rocco Santo Filippone , sono ritenuti i mandanti. Secondo Vianelli, l’accusa è costituita da “singolari coincidenze. Qui – ha detto – non vi sono elementi seri e rigorosi di prova”. Piuttosto, le contestazioni al boss siciliano sono “una sorta di cortina fumogena, affascinante se è uno è appassionato di storia, ma non per questo, per confermare un teorema, a tutti i costi dobbiamo arrivare a un giudizio di responsabilità, a una condanna in capo a Graviano. Se c’è questa passione investigativa venga soddisfatta, altrimenti vengano investigate altre situazioni, vengano portati a giudizio altre persone. Qui vedo soltanto Graviano e Filippone. Chi altri vedo? È vero che sono invisibili, ma sono usciti i nomi, i cognomi”.

“Dobbiamo discutere e continuare a portare avanti un processo viziato? Lo è all’origine perché sconta un vizio di fondo, una spasmodica ricerca di un qualcosa che non c’è per arrivare a tutti i costi a una condanna altrimenti evitabile”.

Aloisio ha contestato i riferimenti al “delitto politico” fatti durante la requisitoria del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. “Prima di parlare di delitto politico – ha detto – bisognerebbe fare un passo indietro ed accertare se i reati contestati agli odierni imputati sono stati da loro commessi e, quindi, verificare se sono loro i mandanti”. Nel corso della sua arringa, infine, l’avvocato Aloisio ha puntato il dito contro il pentito Gaspare Spatuzza bollando le sue dichiarazioni come “inconsistenti”.

“Peraltro – ha detto – non vengono riscontrate dai collaboratori Nino Lo Giudice e Consolato Villani, i quali si rivelano palesemente inattendibili. Se noi diamo credibilità a Lo Giudice siamo in pericolo tutti”. (ansa)

Naufragio, rinvenuto il cadavere di un uomo. 68 vittime

Ansa

E’ stato trovato nel pomeriggio il corpo di un’altra vittima del naufragio del barcone carico di migranti verificatosi all’alba di domenica scorsa a Steccato di Cutro, nel Crotonese.

Si tratta di un uomo di età compresa tra i 30 ed i 40 anni. Sale così a 68 il bilancio dei morti accertati, mentre resta incerto il numero dei dispersi.

Scafisti, il rammarico del Gip per attacchi sui media. “Su graticola per qualche frase desueta”

“Mi fa piacere che la stampa abbia avuto un motivo per fare sensazionalismo per qualche frase. Parliamo di poche frasi su 50 pagine di provvedimento di custodia cautelare…”. E’ amareggiato il gip del Tribunale Michele Ciociola, che ieri ha firmato l’ordinanza che ha convalidato l’arresto di due dei tre scafisti che guidavano la barca naufragata davanti alle coste di Crotone. Il suo provvedimento è stato duramente criticato per alcune espressioni usate. Qualcuno ha parlato di “ordinanza choc”, “bizzarra”, “spericolata” e altri di “ironia noir”. Ma cosa ha scritto Ciociola? Gli “aurighi dei natanti” per parlare degli scafisti dei migranti. Il tragico naufragio di domenica diventa “l’ultima mareggiata pitagorica”. E’ un documento condito da un linguaggio forbito e da toni sarcastici, sfiorando il black humour. A tratti anche provocatorio.

Ma lui non ci sta e, in una intervista esclusiva all’Adnkronos, se la prende con la stampa. “Gli aurighi?”, dice Ciociola. “Non so come parla lei o qual è il suo bagaglio lessicale, io ho il mio e lei il suo”. Nel prologo dell’ordinanza Ciociola parla delle bande dei trafficanti di esseri umani come di “immarcescibili e sempre più opulente organizzazioni criminali” che “brindano all’ultima tragedia umanitaria”, riferendosi al terremoto che spingerà, secondo lui, migliaia di persone a fuggire dalla Turchia. I profughi che scappano dalla guerra sono invece i “disperati disposti a tutto pur di mettersi alle spalle un crudele presente e – sottolinea il giudice – un ancor più fosco futuro“.

“Mettere sulla graticola una persona perché utilizza un termine desueto mi sembra un esercizio di stile che ha poco a fare con il giornalismo”, si lamenta il magistrato di Crotone. Sempre nel prologo dell’ordinanza, subito dopo i nomi degli indagati e i capi di imputazione, Ciociola scrive: “In attesa dell’atteso ed osannato turismo croceristico l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni”. Per qualcuno parole inopportune. “Qualche suo collega invece di pensare ad altro pensa alle espressioni immarcescibili e quant’altro. Non ho altro da dire”, dice lui all’Adnkronos.

Nell’ordinanza il gip Ciociola definisce la traversata il “mortifero viaggio” che “ha trovato tragica epifania quanto già in tante occasioni sfiorato e preconizzato. Lungi dall’ergersi alla Cassandra di turno, chi scrive, gravato dagli orrori dell’ultima mareggiata pitagorica, si accinge a vagliare l’ultimo fermo disposto in materia di immigrazione clandestina”, scrive ancora il Gip prima di annunciare di entrare “nel merito delle apprezzande esigenze cautelari”. Per poi convalidare i due fermi degli scafisti, un turco e un pakistano. E di un terzo pakistano, che è ancora irreperibile.

Naufragio, commozione del capo dello Stato davanti ai feretri dei migranti morti

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, stamane ha reso omaggio, a Crotone, alle vittime del naufragio avvenuto domenica scorsa al largo delle coste di Steccato di Cutro.

Mattarella si è trattenuto per alcuni minuti da solo in raccoglimento davanti alle bare raccolte nella camera ardente. Ha poi lasciato il PalaMilone di Crotone.

Il naufragio del natante partito dalla Turchia ha provocato la morte accertata, al momento, di 67 persone tra cui anche donne e bambini. Il Capo dello Stato, prima di recarsi alla camera ardente, aveva visitato in ospedale i 15 migranti superstiti.

L’arrivo di Mattarella è stato preceduto da alcuni pacchi contenenti giocattoli fatti consegnare dal presidente ai piccoli degenti superstiti che si trovano nel reparto di pediatria.

Davanti all’atrio del nosocomio tra operatori e degenti in tanti hanno applaudito il presidente, che è apparso particolarmente commosso. “Presidente non ci abbandoni”, gli ha chiesto la folla all’uscita dall’ospedale San Giovanni di Dio di Crotone.

Anche la segretaria del Pd Elly Schlein oggi sarà a Crotone, insieme a una delegazione di parlamentari dem. Anche Schlein si recherà al PalaMilone. “Non rilascerà dichiarazioni alla stampa”, comunica in una nota il Partito Democratico.

Intanto prosegue incessante l’azione dei soccorritori in cerca di altri cadaveri dispersi in mare. Lo Ionio ha ripreso forza per le raffiche di vento e non si esclude che alcuni corpi siano stati trasportati dalle correnti marine molte miglia al largo, o per chilometri lungo le coste delle province crotonesi, cosentine e catanzaresi. Il bilancio provvisorio è di 67 vittime e circa 80 sopravvissuti.

 

Omicidio Gioffrè, non convince il racconto di Mirabelli. Gip esclude la legittima difesa

Da sinistra la presunta omicida Tiziana Mirabelli e la vittima Rocco Gioffrè

Il racconto di Tiziana Mirabelli non convince. E il gip, Alfredo Cosenza, lo scrive senza tentennamenti nell’ordinanza con cui ha disposto la detenzione in carcere della donna. La quarantasettenne è reo confessa dell’omicidio del pensionato Rocco Gioffrè.

La vittima, 75 anni, è stata massacrata con 37 coltellate il giorno di San Valentino in una palazzina di via Montegrappa. La donna si è costituita ai carabinieri del maggiore Antonio Quarta dopo sei giorni. Il caso presenta una serie di anomalie e punti oscuri: non è stata trovata l’arma del delitto; la cassaforte della vittima è stata “ripulita”, il cellulare, le chiavi e il portafogli di Gioffrè sono spariti. La versione dei fatti resa dalla indagata (difesa dall’avv. Cristian Cristiano) non ha convinto neppure il procuratore capo Mario Spagnuolo e il pm Maria Luigi D’Andrea.

Il gip Cosenza sottolinea: «Può sin d’ora premettersi come la ricostruzione operata dalla donna, in sede di interrogatorio dinanzi al p.m., confermata anche dinanzi questo giudice in sede di interrogatorio di garanzia, intesa a dare del delitto una spiegazione in termini di esercizio di legittima difesa appare, sulla base degli atti, priva di riscontri oltre che non aliena da tratti di inverosimiglianza. La ricostruzione dei fatti così come esposta dall’indagata nel corso dell’udienza di convalida,» aggiunge il magistrato «non appare convincente, evidenziando anzi aspetti di inverosimiglianza. Appaiono, in primo luogo, non compatibili con la riferita necessità di difendersi le modalità della condotta posta in essere dalla Mirabelli Tiziana così come descritta dalla stessa. In primo luogo, infatti, il numero delle coltellate inferte, superiori a una, come ha dichiarato la stessa indagata, non appare compatibile con la volontà di difendersi così come le modalità con cui la stessa azione difensiva si è svolta secondo il racconto reso dalla stessa».

Ma cosa ha riferito la quarantassettenne? Ecco uno stralcio della confessione: «Voglio precisare che dopo la prima coltellata inferta a Rocco, lui è caduto a terra ed il coltello è uscito dallo stomaco ed io l’ho raccolto, per poi difendermi successivamente e gli ho inferto altre coltellate sul corpo.»

La Mirabelli ha pure precisato di avere continuato a colpirlo anche dopo che l’uomo era caduto in terra. Sottolinea il Gip: «Appare evidente, allora, come non possa ritenersi compatibile con l’intento di sfuggire al suo aggressore, una condotta lesiva pervicacemente condotta anche dopo che l’uomo era caduto in terra, anche ipotizzando una sorta di “raptus difensivo”. La condotta descritta appare, piuttosto, espressione di singolare aggressività e ferocia, tanto che l’azione violenta continuava anche dopo che l’uomo era in terra e, quindi, impossibilitato a offendere».

Inchiesta Bergamo, familiari vittime: “Nostri cari non morti per Covid, ma per precise decisioni”

“Da oggi si riscrive la storia della strage bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite.

La storia di un’Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni”.

Lo scrive l’associazione dei familiari delle vittime Covid “#Sereniesempreuniti”, commentando la chiusura dell’inchiesta della Procura di Bergamo che vede indagati, tra gli altri, l’ex premier Conte, l’allora ministro della Salute Speranza, il governatore lombardo Attilio Fontana, l’ex assessore alla Sanità Giulio Gallera, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli.

Gestione Covid a Bergamo, indagati l’ex premier Conte e l’allora ministro Speranza

Sono diciannove gli indagati nell’inchiesta sulla gestione del Covid nella Bergamasca che è stata chiusa oggi, dopo tre anni, dalla Procura di Bergamo.

Tra questi, secondo quanto riportato dall’Ansa, ci sono l’ex premier Giuseppe Conte, l’allora ministro della Salute Roberto Speranza, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana (precedente mandato), l’ex assessore lombardo alla Sanità Giulio Gallera, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli. Tra le persone coinvolte ci sarebbero anche l’ex coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo e Angelo Borrelli, ex capo della protezione civile. Gli avvisi di conclusione dell’indagine sono in via di notifica da parte della Guardia di finanza.

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la Bergamasca con oltre 6 mila morti in più (attribuiti al virus, ndr) rispetto alla media dell’anno precedente, la Procura ha chiuso l’inchiesta con le ipotesi di epidemia colposa, omicidio colposo, omissioni in atti d’ufficio e abuso d’ufficio.

Per l’ex premier Conte – a cui i pm contestano epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo – e l’ex ministro Speranza – a cui i pm contestano epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio – si prepara la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri.

Il procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la super visione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno tirato le somme di una indagine con cui si è cercato di far luce e individuare le eventuali responsabilità, di quella tragedia che ha lasciato una profonda ferita.

Al di là del numero degli indagati, di cui ora sono noti solo alcuni nomi, e dell’eventuale invio di alcuni filoni ad altre Procure, gli accertamenti, che si sono avvalsi di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Pd, hanno riguardato tre livelli, uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale.

Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di Finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell’ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano e i mancati aggiornamento del piano pandemico, fermo al 2006, nonché l’applicazione di quello esistente anche se datato che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid.

Conte: “Disponibile a collaborare con magistratura”

“Apprendo dalle agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica”. Così in una nota l’ex premier e attuale presidente del M5S Giuseppe Conte, dopo aver appreso di essere indagato dalla Procura di Bergamo sulla gestione dell’emergenza sanitaria in Lombardia.

Speranza: “Sono sereno di avere agito nell’interesse del paese”

“Apprendo da agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Ho sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto. Io sono molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina ed onore nell’esclusivo interesse del Paese. Ho piena fiducia come sempre nella magistratura”. Così l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza.

La falsa narrativa unica e la vergognosa parata dei camion militari 

Non si conoscono ancora i particolari dell’inchiesta ma dalle prime notizie i pm hanno indagato sulle responsabilità della non istituzione delle zone rosse in alcune località lombarde e bergamasche perché il presunto virus sarebbe dilagato è ha provocato, secondo loro, dei morti, molti morti. Poi il piano pandemico non aggiornato. Vabbé. Gli indagati si dicono tranquilli e già questo fa sorgere sospetti che tutto finirà a tarallucci e vino.
Nelle carte non ci sarà certo nulla sul fatto che milioni di italiani siano stati rinchiusi ai domiciliari per timore della “Cosa”, in violazione dei diritti elementari di libertà e movimento sanciti dalla Carta. Nulla sul lockdown disposto con un dpcm che ha messo sul lastrico e fatto chiudere centinaia di migliaia di aziende e causato in sostanza la “morte” del paese. Ma tant’è! Chi si aspettava insomma “fuochi di artificio”, o l’agognata “Norimberga 2” rimarrà molto deluso. “Sono tutti una pignata”, dicevano in tanti negli ultimi due anni. Sì, è vero. Sono tutti uniti nel difendere la narrativa falsa e a senso unico; una emergenza pianificata nei minimi dettagli con “Event 2001” della fondazione di Bill Gates e del World Economic Forum di Klaus Schwab, molti mesi prima che scoppiasse l’emergenza pilotata col contributo anche dell’Unione europea, la quale nel marzo 2019 preparava documenti su come affrontare la prossima pandemia da coronavirus poi, guarda il caso, avvenuta realmente. Simulazioni di eventi che poi si verificano puntuali. Quando si dice “lo zampino” di qualcuno. Come dire, un unico copione recitato sotto un’unica regia, come diceva monsignor Carlo Maria Viganò. 

Quella parata vergognosa dei camion militari a Bergamo, allora pianificata e coordinata in tutti i suoi particolari dal generale Figliuolo, poi promosso da Draghi a Commissario per l’emergenza Covid al posto di Arcuri, è diventata l’immagine “simbolo” della cosiddetta pandemia che ha fatto il giro di tutto il mondo. Una operazione psico-terroristica ben riuscita. 

Immagini forti che hanno terrorizzato tutto il paese e che non riproponiamo per decenza, sebbene il mainstream le sta mostrando ancora oggi senza ritegno quando il codice della deontologia giornalistica vieta di divulgare immagini che impressionano, soprattutto a questi livelli.

Quelle riprese servivano a incutere timore e terrore per la presenza di un presunto virus letale che faceva morti a josa come la Spagnola o la Peste – almeno questo è il messaggio che è passato -, quando in realtà non era così, secondo molte evidenze emerse già dopo qualche settimana dall’inizio dell’emergenza. 

La maggior parte delle vittime in Lombardia, e a Bergamo in particolare, è deceduta perché negli ospedali i sanitari fatti passare per “eroi”, hanno sbagliato diagnosi somministrando terapie e farmaci anch’essi sbagliati. Anziani intubati a cui è stato “sparato” ossigeno puro che ha bruciato loro i polmoni. Persone uccise, in sostanza. 

Poi, con Big Pharma che faceva pressioni per gli enormi interessi in ballo, sono state vietate tutte le cure precoci a domicilio in attesa del “dio vaccino”, su cui oggi stanno venendo a galla molte verità: in primis per l’inefficacia e l’insicurezza dei sieri sperimentali (mai testati ha detto Pfizer); in secondo luogo per le collusioni tra politica, media, sedicenti scienziati, virostar e colossi farmaceutici; in terzo luogo per le decine di migliaia di morti improvvise registrate dall’inizio del 2021, evidentemente a causa del farmaco inoculato anche a bimbi, adolescenti e giovani attraverso campagne vaccinali vergognosamente sponsorizzate dalle autorità a tutti i livelli. Decessi, secondo il mantra mainstream e dei sedicenti fact-cecker, mai correlati al siero, ma ora per il caldo, poi per il freddo, per una corsetta, per la cioccolata e via discorrendo. Insomma, falsità su falsità.
Un unico copione sotto un’unica regia…

Nessuna autopsia venne eseguita su quei cadaveri perché l’allora ministro Speranza le aveva sostanzialmente “vietate”, con il monito della “raccomandazione” di non eseguirle. Se fossero state eseguite si sarebbe scoperto da subito che non si trattava di polmoniti interstiziali, bensì di trombo-embolie polmonari, ossia l’ostruzione dei vasi. Una patologia curabile a casa con farmaci efficacissimi e a bassissimo costo come l’eparina. Farmaco poi vietato dalle agenzie regolatorie e comunque reso introvabile. Gli interessi erano altri e molto alti. 

Un valoroso medico, uno dei pochi, Giuseppe De Donno, primario a Mantova, aveva guarito centinaia e centinaia di persone con il plasma iperimmune ottenuto dal sangue dei guariti convalescenti; un plasma ricco di anticorpi che una volta somministrato, i pazienti si riprendevano nel giro di qualche ora. L’ospedale infatti non registrò decessi per mesi, così come quello di Pavia, che adottava la stessa terapia in un clima spaventosamente intimidatorio. 

Un professionista vero De Donno che per fare onestamente il suo lavoro, guarendo le persone, com’è dovere di ogni medico non corrotto, è stato deriso e demonizzato nei suoi ambienti, dai media e snobbato dalle autorità sanitarie, politica compresa. Gli interessi appunto erano altri, ossia di non guarire le persone ma perseguire altri fini. Il professor De Donno, a causa di questa gogna, si è poi suicidato. Una morte assurda ma sperata da tanti ai piani alti, i cui responsabili morali hanno un nome e un cognome. (d.g.)

Naufragio, giovedì Mattarella sarà a Crotone

Giovedì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella verrà a Crotone per rendere omaggio alle vittime del naufragio al Palamilone, dove sono allineate le bare delle quasi 70 vittime del tragico naufragio di domenica mattina a Steccato di Cutro.

La notizia è riportata dall’Ansa che cita “fonti locali”. Mattarella, domenica, dopo il naufragio, con una nota aveva espresso il proprio cordoglio per la morte di decine di migranti.

“È una ennesima tragedia del Mediterraneo che non può lasciare nessuno indifferente…”, ha detto. “È indispensabile che l’Unione Europea assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie, nel sostegno alla cooperazione per lo sviluppo dei paesi da cui i giovani sono costretti ad allontanarsi per mancanza di prospettive”.

Naufragio, due carabinieri i primi ad intervenire dopo la tragedia

Sono stati due carabinieri del reparto radiomobile della Compagnia di Crotone i primi ad intervenire, alle 4.30 di domenica, dopo il naufragio del barcone carico di migranti a Staccato di Cutro, costato la vita a decine e decine di immigrati.

I militari hanno salvato due persone e recuperato 17 corpi. “Ci siamo avvicinati, immergendoci in acqua, notando la presenza di due corpi privi di conoscenza, sotto l’imbarcazione ed in pericolo di essere schiacciati”, hanno riportato in una relazione di servizio.

“Una donna era già deceduta, mentre un uomo era in sofferenza respiratoria”, si legge nella relazione agli atti dell’inchiesta. Solo dopo sono arrivati alcuni pescatori, e, successivamente, il 118, Guardia di finanza, Polizia, Guardia Costiera e personale del Centro di accoglienza.

Giunti sul posto, scrivono i carabinieri nella relazione, “in un tratto di spiaggia buio e senza illuminazione, notavamo le sagome di alcuni individui che, sbracciandosi, ci richiedevano assistenza. Le persone si presentavano bagnate e ferite e alla nostra richiesta in inglese, richiedevano sommariamente un nostro aiuto in quanto vi era un’imbarcazione in acqua con altre persone bisognose di aiuto”.

Grazie alle torce in dotazione, i carabinieri notavano la “presenza di un corpo sulla battigia privo di conoscenza presumibilmente già deceduto”. Successivamente, dopo un’altra ventina di metri, proseguono i due militari, “sempre nell’oscurità, notavamo resti di un “imbarcazione in legno in balia delle onde ed il mare fortemente agitato. Ci siamo avvicinati, immergendoci in acqua, notando la presenza di due corpi privi di conoscenza, sotto l’imbarcazione ed in pericolo di essere schiacciati. Abbiamo estratto i corpi riscontrando che una donna era già deceduta, mentre un uomo era in evidente sofferenza respiratoria, pertanto”.

Dopo averlo prelevato e portato sulla spiaggia “riprendeva via via coscienza”. I militari ricordano nella relazione di aver recuperato anche il corpo di un bambino, al quale hanno fatto il messaggio cardiaco ma con “esito negativo”.

Intanto, monta la polemica sui ritardi nei soccorsi tra l’agenzia Ue Frontex e la Guardia Costiera, con la politica che chiede chiarezza. La prima aveva avvistato alle 22.30 di sabato l’imbarcazione che si trovava a 40 miglia dalla costa ionica. Gli operatori avevano detto che il natante aveva una buona galleggiabilità e dall’alto si vedeva una sola persona sulla parte visibile del “caicco”. L’agenzia sostiene di avere lanciato un’allerta, ma la Guardia costiera ha invece precisato di aver ricevuto l’Sos solo alle 4.30 circa, a tragedia già avvenuta.

La procura di Crotone, che ha aperto un fascicolo d’inchiesta, sta indagando anche su questo, per accertare eventuali ritardi ed omissioni.

Naufragio, giudice convalida l’arresto degli scafisti. Due sono in carcere

Il gip del Tribunale di Crotone ha convalidato il fermo di due scafisti della barca naufragata tragicamente sulla costa di Cutro causando la morte di 67 persone.

I due, un turco di 50 anni e un un pakistano di 25 anni, sono stati fermati nella giornata di lunedì insieme ad un giovane di 17 anni, per il quale procede il Tribunale dei minorenni di Catanzaro che ha fissato l’udienza di convalida domani.

Il gip Michele Ciociola ha disposto la misura cautelare in carcere per i due che sono indagati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, naufragio colposo e lesioni. Un quarto scafista risulta indagato ma al momento è irreperibile.

Disastro ferroviario in Grecia, collisione ad alta velocità tra due treni: decine di morti e feriti

Disastro ferroviario in Grecia. Un treno passeggeri che trasportava centinaia di persone, tra cui molti studenti universitari, si è scontrato ad alta velocità con un treno merci nel nord della Grecia. Il bilancio provvisorio è di circa 40 morti e un centinaio di feriti. Tra le vittime ci sarebbero molti giovani.

Diversi convogli sono deragliati e almeno tre hanno preso fuoco dopo la collisione poco prima della mezzanotte di martedì vicino alla città di Tempe mentre il treno passeggeri stava emergendo da un sottopassaggio autostradale.

Le squadre di soccorso – riporta l’agenzia Ekathimerini – hanno illuminato il teatro della tragedia con i riflettori prima dell’alba di mercoledì mentre cercavano i sopravvissuti tra i rottami contorti. Dopo l’alba, sono intervenuti gru e mezzi pesanti per spostare grandi le carrozze deragliate.

I funzionari hanno detto che molti dei passeggeri a bordo del treno da Atene a Salonicco erano studenti universitari che tornavano a casa dopo aver festeggiato il Carnevale durante il lungo weekend.

“Questa è una tragedia terribile che è difficile da comprendere”, ha detto il vice ministro della Salute Mina Gaga. “Mi dispiace così tanto per i genitori di questi bambini.”

I sopravvissuti hanno detto che diversi passeggeri sono stati lanciati attraverso i finestrini dei vagoni del treno a causa dell’impatto. Hanno detto che altri hanno combattuto per liberarsi dopo che il treno passeggeri ha ceduto, sbattendo contro un campo vicino a una gola, a circa 380 chilometri (235 miglia) a nord di Atene.

“C’erano molti grossi pezzi di acciaio”, ha detto un residente locale che ha affermato di essere stato uno dei primi ad accorrere sul luogo del disastro. “I treni sono stati completamente distrutti, sia quello passeggeri che quello merci”.

Il testimone ha detto che persone stordite e disorientate stavano scappando dai vagoni posteriori del treno. “Le persone, naturalmente, erano spaventate, molto spaventate”, ha detto. “Si guardavano intorno, cercando; non sapevano dove fossero”.

I treni si sono schiantati poco prima della Valle di Tempe, una gola che separa le regioni della Tessaglia e della Macedonia. Costas Agorastos, governatore regionale della Tessaglia, ha dichiarato alla televisione greca Skai che i due treni si sono schiantati frontalmente ad alta velocità. “Le prime due carrozze non esistono più e la terza è deragliata”, ha detto.

I soccorritori che indossavano lampade frontali hanno lavorato nel fumo denso, estraendo pezzi di metallo maciullato dai vagoni per cercare le persone intrappolate. Altri hanno perlustrato il campo con torce elettriche e controllato sotto i resti dei treni. Si ritiene che molti dei morti siano stati trovati nel vagone ristorante vicino alla parte anteriore del treno passeggeri.

I sanitari dell’ospedale nella vicina città di Larissa hanno detto che almeno 25 dei feriti hanno riportato ferite gravi.

“Il processo di evacuazione è in corso e si sta svolgendo in condizioni molto difficili a causa della gravità della collisione tra i due treni”, ha dichiarato Vassilis Varthakoyiannis, portavoce del servizio antincendio greco.

Le cause della collisione non sono ancora chiare. Due funzionari delle ferrovie sono stati interrogati dalla polizia. I passeggeri che hanno riportato ferite lievi o sono rimasti illesi sono stati trasportati in autobus a Salonicco, 130 chilometri (80 miglia) a nord. La polizia ha preso i loro nomi al loro arrivo, nel tentativo di rintracciare chiunque potesse essere disperso.

Un adolescente sopravvissuto ha detto ai giornalisti che poco prima dell’incidente ha sentito una forte frenata e ha visto delle scintille, poi c’è stata una frenata improvvisa. “La nostra carrozza non è deragliata, ma quelle davanti sì sono distrutte”, ha detto, visibilmente scosso. Il giovane ha aggiunto che la prima carrozza ha preso fuoco e che ha usato una borsa per rompere il finestrino del suo scompartimento e scappare.

La società ferroviaria “Hellenic Train” ha fatto sapere che il treno passeggeri diretto a nord per Salonicco, la seconda città più grande della Grecia, aveva a bordo circa 350 passeggeri.

Superstiti hanno descritto la collisione alla televisione di Stato come “molto potente” aggiungendo che è stata “una notte terribile”. “La parte anteriore del treno è stata distrutta. … Stiamo facendo entrare le gru e speciali attrezzature di sollevamento per rimuovere i detriti e sollevare i vagoni ferroviari. Ci sono detriti sparsi tutt’intorno al luogo dell’incidente. I funzionari hanno detto che l’esercito è stato contattato per fornire assistenza.

La società “Hellenic Train”, che negli ultimi anni ha aggiunto servizi ad alta velocità, è gestito dal Gruppo FS italiano, che gestisce servizi ferroviari in diversi paesi europei, scrive l’agenzia Ekathimerini.

“Hellenic Train” è la società di trasporto ferroviario greca per passeggeri e merci controllata da Trenitalia del gruppo Fs dal 2017 e conosciuta fino al 2022 come TrainOse.

Il governo greco dispone 3 giorni di lutto nazionale

Il governo greco ha deciso mercoledì di tenere un lutto ufficiale di tre giorni a seguito dello disastro ferroviario più grave nella storia del paese.

Durante il periodo del lutto, la bandiera greca sventolerà a mezz’asta in tutti gli edifici pubblici, mentre tutte le celebrazioni pubbliche sono annullate.

Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis si sta recando a Larissa dove verrà informato dell’incidente, ha detto il suo ufficio citato da Ekathimerini.

Naufragio, aperta camera ardente dei migranti morti. Commozione davanti a bare

La camera ardente al Palamilone, il palazzetto dello sport di Crotone, che accoglie le bare delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro, è stata aperta in un’atmosfera di grande commozione e cordoglio dalla preghiera interreligiosa guidata dall’iman della moschea di Cutro, Mustafa Achik, e dal vescovo di Crotone, Angelo Raffaele Panzetta.

C’è già tanta gente che è arrivata da tutta la Calabria per rendere omaggio alle, per ora, 66 bare poste sul parquet della struttura. Presenti tutti i 27 sindaci del crotonese e gli amministratori locali.

Due signore crotonesi sono state le prime ad entrare per rendere omaggio alle vittime. “Speriamo sia l’ultima – ha detto una di loro tra le lacrime – dal governo devono vedere cosa fare”. “Siamo qui – ha aggiunto l’altra – perché è una tragedia immane che non può non colpirci. Siamo stati fortunati a nascere qui”. Tanta è la commozione tra quelle bare, molte delle quali bianche. (Ansa)

Capitaneria: “Nostre vedette in mare pure a forza 8, ma era livello 4”. Intanto 67 morti

Sale a 67 il numero delle vittime del naufragio del barcone carico di migranti nelle acque di Steccato di Cutro. Il ritrovamento è avvenuto in mattinata. L’ultimo corpo, in ordine di tempo, ad essere stato recuperato dai soccorritori che stanno operando nella zona della tragedia, è quello di una bambina. Il bilancio delle vittime tra bambini e adolescenti sale così a 16, ma si teme che possano essere di più.

Intanto, sulle polemiche scaturite dai mancati soccorsi nell’immediatezza dopo l’avvistamento dell’imbarcazione da parte di Frontex, sabato sera, interviene il Comandante della Capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi che ai giornalisti ha spiegato: “Perché non siamo usciti? Non è così il discorso. Dovreste conoscere i piani, gli accordi che ci sono a livello ministeriale”.

Aloi ha poi confermato che le motovedette della Guardia costiera possono uscire anche con il mare molto mosso. “A noi risulta che domenica il mare fosse forza 4, ma motovedette più grandi avrebbero potuto navigare anche con mare forza 8″, ha sottolineato Aloi facendo intendere che se la Guardia costiera fosse stata avvisata in tempo avrebbe potuto scongiurare l’immane tragedia.
Secondo una nota della Guardia costiera, la prima chiamata è giunta in centrale operativa intorno alle 4.30 di domenica, a tragedia già avvenuta.
Appare evidente che qualcosa è andato storto nelle comunicazioni tra Frontex e il corpo marittimo.

“Le nostre regole di ingaggio – aggiunge poi il comandante – sono una ricostruzione molto complessa non da fare per articoli di stampa. Ci sarebbe bisogno di specificare molte cose su come funziona il dispositivo per il plottaggio dei migranti, da che arrivano nelle acque territoriali a che poi debbano essere scortati o accolti: le operazioni le conduce la Gdf finché non diventano Sar (“Search and rescue” – Ricerca e salvataggio). In questo caso la dinamica è da verificare”, ha osservato Aloi.

Il comandante spiega nei dettagli ciò che è avvenuto quella notte: “Ci dispiace leggere sui giornali che non abbiamo fatto il soccorso. Comprendiamo che ne puoi salvare 100 mila ma poi è quell’unico ragazzino o bambino o famiglia che non riesci a salvare che fa sembrare inutile il tuo lavoro. Non si tratta di burocrazia e di qualunque esperienza si può fare tesoro. Vedremo alla fine delle indagini che non sono solo penali ma anche interne e amministrative. Sono provato umanamente ma professionalmente sono a posto”, ha detto  Vittorio Aloi.

“Da segnalare la precisazione di Frontex sulla dinamica dell’allerta lanciato via mail. La mail parte dal quartier generale dell’Agenzia a Varsavia sabato 25 febbraio alle 23.03 ed ha come destinatario “Icc Rome“, vale a dire “l’International coordination center” di Frontex in Italia che si trova a Pratica di Mare ed è un organismo interforze. Per conoscenza, la mail viene inviata anche ad altri 26 indirizzi, tra i quali quello dell’Italian maritime rescue coordination centre (Imrcc) e alla centrale operativa della Guardia di Finanza”.

“Ma cosa dice la mail? Che alle 21.26 di sabato l’aereo “Eagle1” individua una imbarcazione con motore entrobordo di colore “irriconoscibile” che navigava alle coordinate ’38°23’02” N’ di latitudine e ‘017°34’07” E’ di longitudine ad una velocità di 6 nodi. Quanto al numero di persone a bordo, il documento indica “uno nel ponte superiore” e “possibili altre persone sotto coperta”. Nella mail ci sono poi una serie di informazioni addizionali: la “galleggiabilità” dell’imbarcazione è “buona”, non ci sono persone in mare e “non è visibile” la presenza di giubbotti di salvataggio. Infine, i piloti dell’aereo segnalano che grazie al sistema di monitoraggio satellitare è stata rilevata “una chiamata satellitare dall’imbarcazione alla Turchia”.

Questo sembrerebbe confermare alcune versioni fornite da superstiti, ossia che uno degli scafisti, vedendo delle luci sulla costa, le ha probabilmente scambiate per lampeggianti della Polizia e ha poi effettuato la chiamata satellitare (citata da Frontex) informando i suoi complici in Turchia. A quel punto, forse su consiglio dei trafficanti turchi, il “timoniere” ha cambiato rotta ma si è diretto verso la secca dove l’imbarcazione è rimasta incagliata. Poi le onde l’hanno smembrata in mille pezzi coi migranti, senza salvagente, che sono caduti nelle acque agitate e sono in larga parte annegati, stando al numero stimato tra 180 e 250 persone a bordo. I sopravvissuti sono infatti circa 80, mentre le vittime accertate finora sono 67.

Portavoce Guardia Costiera: “Tragedia non prevedibile”

Il naufragio avvenuto in Calabria, è “una tragedia non prevedibile alla luce delle informazioni che pervenivano”. Lo ha detto il portavoce della Guardia Costiera Cosimo Nicastro a ‘5 minuti’ di Bruno Vespa.

“Gli elementi  – ha aggiunto – di cui eravamo a conoscenza noi e la Guardia di Finanza non facevano presupporre che ci fosse una situazione di pericolo per gli occupanti. Non erano arrivate segnalazioni telefoniche né da bordo né dai familiari. E allo stesso tempo la barca, partita 4 giorni prima dalla Turchia, non aveva riportato alcuna informazione alle altre omologhe organizzazioni di Guardia costiera che ha attraversato”.

Leggi i comunicati della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza

Controlli antidroga davanti le scuole Cosenza, un minore arrestato e una denuncia

I Finanzieri del Comando provinciale Cosenza, nell’ambito di specifico piano d’intervento sulle “piazze di spaccio” disposto dalla locale Prefettura, nei giorni scorsi hanno intensificato le attività di controllo del territorio, finalizzate al contrasto dei reati e del consumo di stupefacenti su aree sensibili della provincia, con particolare riguardo a quelle in prossimità dei maggiori istituti scolastici.

Nel corso di tali servizi, i “Baschi Verdi” cosentini hanno arrestato in flagranza un minore, di 17 anni, indiziato del reato di detenzione illecita ai fini di spaccio di stupefacenti.

Il diciassettenne, sorpreso durante una cessione di droga davanti l’ingresso di una nota scuola di Cosenza, è stato identificato e sottoposto a controllo dai militari, che, nel corso delle attività, estese anche al domicilio del minore, hanno rinvenuto oltre 20 grammi di hashish, già frazionati in dosi pronte per lo spaccio e la somma di 580 euro in banconote di piccolo taglio.

I militari, hanno quindi sottoposto a sequestro lo stupefacente ed il denaro in possesso del minore, il quale, su disposizione dell’autorità giudiziaria, è stato associato al Centro di Prima Accoglienza di Catanzaro. L’arresto è stato convalidato dal Giudice per le indagini preliminari presso il competente Tribunale minorile.

Anche la Polizia di Cosenza ha effettuato controlli antidroga. Nella giornata di ieri gli agenti hanno fermato una persona che, alla guida di un’auto a noleggio aveva cercato di eludere il controllo con un sospetto cambio di strada. Il soggetto, già gravato di precedenti specifici per reati di droga, è stato trovato in possesso di circa 10 grammi di hashish e, presso l’abitazione, anche di strumenti per il confezionamento della droga. L’uomo è stato denunciato per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente nonché perché recidivo nella guida senza patente, in quanto mai conseguita. A bordo dell’autovettura sono state controllate altre due persone una delle quali minori, segnalata in prefettura come assuntore di stupefacenti.

La Guardia Costiera si difende: “Nessuna segnalazione ci è mai pervenuta prima del naufragio”

Motovedetta elicottero Guardia Costiera
Mezzi della Guardia Costiera (Archivio)

In merito alle informazioni presenti sulla stampa circa il drammatico naufragio avvenuto il 26 febbraio al largo di Crotone, la Guardia Costiera – tirata in ballo nei ritardi dei soccorsi – in un comunicato stampa fa alcune precisazioni.

“La sera di sabato 25 febbraio un velivolo Frontex (la guardia di frontiera e costiera europea creata dall’Ue) avvistava un’unità in navigazione (il barcone, ndr) nel Mar Ionio. L’unità – secondo l’agenzia – risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave”. Avvistamento, secondo quanto è emerso dalle prime informazioni, avvenuto intorno alle 22:30 di sabato sera, ossia 6 ore prima della tragedia.

“Il velivolo Frontex – spiega la nota del corpo marittimo italiano – inviava la segnalazione al punto di contatto nazionale preposto per l’attività di law enforcement (forze dell’ordine, nello specifico la Guardia di finanza, ndr), informando, tra gli altri, per conoscenza, anche la Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma.

A seguito di tale segnalazione, la Guardia di Finanza comunicava l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l’imbarcazione.

Alle 04.30 circa, giungevano alla Guardia Costiera alcune segnalazioni telefoniche da parte di soggetti presenti a terra relative ad un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa. I Carabinieri, precedentemente allertati dalla Guardia di Finanza, giunti in zona, riportavano alla Guardia Costiera l’avvenuto naufragio.

Questa è la prima informazione di emergenza pervenuta alla Guardia Costiera riguardante l’imbarcazione avvistata dal velivolo Frontex.

La Guardia Costiera nel comunicato “specifica che nessuna segnalazione telefonica è mai pervenuta ad alcuna articolazione della Guardia Costiera dai migranti, presenti a bordo della citata imbarcazione, o da altri soggetti come avviene in simili situazioni.

A seguito delle segnalazioni ricevute, veniva immediatamente attivato il dispositivo SAR, sotto il coordinamento della Guardia Costiera di Reggio Calabria, con l’invio di mezzi navali e aerei, uomini e mezzi terrestri, nella zona indicata.

Le attività di ricerca e soccorso in mare proseguono senza soluzione di continuità anche con impiego di squadre di sommozzatori e con il concorso dei Vigili del Fuoco e delle Forze di Polizia”, conclude la nota della Guardia Costiera.

Questa la nota della Guardia di finanza diramata la mattina del 26 Febbraio 2023

“Nella serata di ieri (sabato, ndr) un velivolo Frontex in attività di pattugliamento ha avvistato un’imbarcazione che presumibilmente poteva essere coinvolta nel traffico di migranti, a circa 40 miglia dalle coste crotonesi. Immediatamente veniva attivato il dispositivo operante sul mare per l’intercetto dell’imbarcazione, in particolare la vedetta V.5006 della Sezione Operativa Navale GDF di Crotone e il Pattugliatore Veloce P.V. 6 “Barbarisi” del Gruppo Aeronavale GDF Taranto, nonostante le proibitive condizioni del mare che questa notte insistevano lungo le coste.

Le unità del Corpo, nonostante gli sforzi operati per raggiungere il target (l’imbarcazione, ndr), considerate le difficili condizioni meteomarine e l’impossibilità di proseguire ulteriormente in sicurezza, facevano rientro agli ormeggi di base. Veniva così attivato il dispositivo di ricerca a terra, lungo le direttrici di probabile sbarco, coinvolgendo anche le altre FF.PP. nelle ricerche lungo la costa.

Successivamente, le pattuglie e i soccorsi nel frattempo giunti sul posto, non potevano far altro che constatare lo spiaggiamento dell’unità ormai completamente smembrata.

Purtroppo al momento non è certo il bilancio delle vittime, in quanto le ricerche sono ancora in corso, sia sul mare che via terra, lungo tutto il tratto costiero.

Dalle prime notizie apprese, la barca naufragata sembra partita da Izmir (Turchia), circa 4 giorni fa”.

Ucraina, la previsione del prof. Orsini: “Guerra finirà con concessioni alla Russia di Putin”

“Faccio una previsione con margine di errore pari a zero: la guerra finirà con una grossa concessione territoriale alla Russia. A meno che non si finisca tutti quanti in un inferno nucleare. Non esiste una possibilità su un milione di miliardi che Kiev spazzi via la Russia dall’Ucraina, apriamoci subito ad una trattativa”. Sono le parole del professor Alessandro Orsini, a Cartabianca, con una “previsione” sullo sviluppo della guerra tra Ucraina e Russia ad un anno dall’inizio del conflitto innescato dall’invasione decisa da Mosca.

“Dal 24 febbraio 2022 – ha aggiunto Orsini – dico che non ci sarà una soluzione militare alla guerra in Ucraina. La Russia non riuscirà a conquistare tutto il paese e Kiev non riuscirà a respingere i russi al di là del Donbass”, dice il professore di sociologia del terrorismo internazionale.

“La situazione peggiorerà: la Russia ha distrutto l’Ucraina con 160mila soldati. Ora ne ha 360mila in Ucraina e 150mila che si addestrano nelle caserme. In più la Russia sta caricando una quantità impressionante di armi. Noi, come Occidente, non stiamo dotando l’Ucraina delle armi per respingere l’assalto russo”.

Le ultime ore sono state caratterizzate dalle incursioni di una serie di droni nel territorio della Russia: “C’è una chiara volontà legittima di Zelensky di colpire il territorio russo. Starà al blocco occidentale modulare dall’esterno il conflitto. Zelensky ha solo i droni, se avesse gli aerei userebbe gli F-16. Dal suo punto di vista è assolutamente legittimo”, ha detto Orsini fra le altre osservazioni.

Naufragio mortale, ritrovato il corpo di un bambino: le vittime sono 66

Ansa

E’ un bambino dell’età di cinque o sei anni l’ultima vittima recuperata quando già era buio nelle acque di Steccato di Cutro.

Sono 66, dopo quest’ultimo ritrovamento, i corpi dei migranti morti nel naufragio di domenica mattina restituiti dalle acque del mare Ionio. I soccorritori sono riusciti a portarlo a riva. Tra bambini e adolescenti il bilancio sarebbe al momento di 15 morti, ma potrebbero essere di più.

Un’altra piccola bara bianca che si aggiungerà a quelle sistemate all’interno del Palamilone di Crotone. Aprirà mercoledì mattina la camera ardente al palazzetto dello Sport.

Naufragio mortale, il dolore davanti alle bare dei migranti al Palamilone

(ANSA) – CROTONE, 28 FEB – “KR46M0”. La sigla è impressa sulla più piccola delle 65 bare che si trovano al Palamilone. Bare nelle quali riposano i resti dei naufraghi morti domenica sulla spiaggia di Steccato di Cutro. Spiega che in nella bara c’è la vittima numero 46 e che si tratta di un bambino di pochi mesi. Lo zero indica che non aveva neppure un anno. Su 23 di quelle bare c’è una targa con il nome. Tanti ancora sono senza identità.

Sulla piccola bara bianca c’è un’automobilina della polizia a testimoniare anche il sentimento di dolore delle forze dell’ordine per quanto accaduto. Sono i poliziotti della scientifica e dell’immigrazione della Questura di Crotone che stanno identificando, uno per uno quei morti. Dai neonati, alle ragazze, agli adulti. Nei loro occhi si leggono le forti emozioni provate, condivise con parenti, amici. Con i sopravvissuti che arrivano a piccoli gruppi dal Cara. Su ogni bara un’impresa locale ha fatto mettere un mazzo di fiori a conferma della condivisione della tragedia da parte della comunità locale. Oggi in tanti avrebbero voluto entrare a dare un saluto ai fratelli stranieri, ma vicini nella tragedia.

L’apertura della camera ardente però è stata spostata a domani dalla Prefettura in considerazione del prolungarsi delle attività medico legali. Rappresentanti delle comunità straniere delegati da parenti delle vittime hanno fatto la spola. Ognuno aveva con se foto inviate dai Paesi di provenienza e, insieme agli agenti della scientifica, guardavano su un display le immagini dei cadaveri per i raffronti. Le grida di disperazione udite sin da fuori il Palamilone confermavano il riconoscimento di una salma. Donne e uomini arrivati da Austria e Germania, hanno pianto i loro morti, urlato il loro dolore. Per loro è stato attivato un supporto psicologico.

La comunità marocchina della provincia è stata autorizzata ad entrare per una preghiera. In 25 si sono fermati davanti alle bare. “La nostra preghiera – ha spiegato Tarik Chaouki, della moschea di Cirò Marina – è un aiuto per questi fratelli morti per farli arrivare in Paradiso. Non hanno qui le loro famiglie e noi abbiamo pregato per loro. E’ un grande dolore per noi musulmani e per tutta la comunità crotonese e italiana”.

Polemiche sul Naufragio, FdI incalza Piantedosi: “Dica chiaro se ci sono stati ritardi nei soccorsi”

“Se ci sono state lacune nella catena di comando per un soccorso tempestivo, noi lo dobbiamo sapere, ministro. Non è una richiesta che Fratelli d’Italia lascerà alle opposizioni. Noi siamo i primi a chiederlo, perché non si può lasciare una nave piena di bambini in balia delle onde ma rifiutiamo la strumentalizzazione politica”. Così il senatore di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni, rivolgendosi al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, dopo la sua audizione davanti alla commissione Affari costituzionali sulle linee programmatiche del dicastero.

Le parole del senatore di Fratelli d’Italia hanno dato la stura all’opposizione che vi ha visto un risentimento del gruppo nei confronti del ministro, più vicino alla Lega di Matteo Salvini.

Immediato il chiarimento del capogruppo di FdI, Tommaso Foti, secondo il quale la richiesta di Alberto Balboni a Piantedosi di chiarire se ci sono state lacune nei soccorsi “semplicemente serve a evitare le cose che sono state dette nei giorni scorsi, dato che stamattina ho continuato a sentire questo disco che è il governo che dice ‘no, non intervenite secondo alcuni. Almeno si fa chiarezza, anche se lo ha spiegato 30 volte” il ministro “che non si riusciva ad intervenire con mare forza 7”, ha sottolineato Tommaso Foti interpellato dai cronisti in Transatlantico.

“Prima hanno tirato in ballo il decreto Ong e hanno preso una buca, poi si è cominciato a dire che allora è colpa dei soccorsi che sono arrivati in ritardo. Visto che bisogna rompere questo disco che è già diventato insopportabile, allora dica il ministro. Peraltro” Balboni al Senato “non ha detto niente di diverso visto che qui già hanno chiesto tre volte che venga a relazionare. Quando lo farà, dimostrando che non c’è stato assolutamente nulla, allora qualcuno dovrà anche ammettere che ha detto delle calunnie”.

La polemica nasce dal fatto che le unità di Frontex avevano avvistato l’imbarcazione alle 22.30 di sabato affermando che tutto procedeva senza problemi, ma poi le motovedette sono rientrate in porto per le avverse condizioni del mare. Alle 4.30 di domenica la strage.

Spiega infatti Ernesto Rapani, senatore di FdI, che “l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera sottolinea come l’imbarcazione fosse fuori pericolo ma comunque “fortemente sovraffollata”. Secondo Frontex “non c’erano segnali di pericolo” ma le motovedette inviate dalle autorità italiane sono state “costrette a rientrare in porto”. Delle due, l’una: se l’imbarcazione, come sostiene Frontex, non era in pericolo, perché le motovedette hanno fatto rientro in porto?”, si chiede il parlamentare.

Piantedosi: ‘Evitare che migranti si affidino a trafficanti’

“E’ una tragedia che ci addolora profondamente e interpella le nostre coscienze ad agire per fermare traversate così pericolose e trovare risposte concrete alla questione migratoria. E’ evidente che questo si può fare solo con un’azione decisa dell’Ue e una forte sinergia con i Paesi di transito. Dobbiamo evitare che chi scappa dalle guerre si affidi a trafficanti di essere umani senza scrupoli, servono politiche responsabili e solidali dell’Ue”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi – in merito al naufragio di Cutro in Calabria – in audizione alla Commissione Affari costituzionali sulle linee programmatiche del dicastero.

La replica di Frontex: “Italia subito avvertita. Non sembravano in pericolo” 

“Nelle tarde ore di sabato, un aereo di Frontex che sorvegliava l’area italiana di ricerca e soccorso nell’ambito dell’operazione Themis ha avvistato un’imbarcazione pesantemente sovraffollata che si dirigeva verso le coste italiane: come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato tutte le autorità italiane dell’avvistamento”. Lo dice un portavoce di Frontex all’Ansa. “Il nostro aereo ha continuato a monitorare la zona fino a quando non è dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante”, aggiunge.

“L’imbarcazione, che trasportava circa 200 persone, stava navigando da sola e non c’erano segni di pericolo. Le autorità italiane hanno inviato due motovedette per intercettare l’imbarcazione, ma le condizioni meteorologiche avverse le hanno costrette a rientrare in porto. L’operazione di salvataggio è stata dichiarata nelle prime ore di domenica, dopo che il naufragio è stato localizzato al largo di Crotone. L’operazione, coordinata dalle autorità italiane, è stata condotta via terra, via mare e via aerea con il supporto di una nave e di un aereo di Frontex. L’operazione è in corso”, riporta un portavoce di Frontex.

Guardia Costiera, alle 4.30 le prime chiamate per la barca in pericolo

La sera di sabato 25 febbraio un velivolo Frontex ha avvistato un’unità in navigazione nel Mar Jonio, che “risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave”. Il velivolo ha inviato la segnalazione al punto di contatto nazionale preposto per l’attività di ‘law enforcement’ (la Guardia di finanza, ndr), informando, tra gli altri, per conoscenza, anche la Centrale operativa della Guardia Costiera di Roma”. Si è attivata quindi la Gdf per intercettarla. Alle 4.30 circa sono giunte alla Guardia costiera alcune segnalazioni telefoniche da terra relative ad un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa. I Carabinieri, precedentemente allertati dalla Gdf, giunti in zona hanno riportato alla Guardia Costiera l’avvenuto naufragio. “Questa – sottolinea la Guardia costiera – è la prima informazione di emergenza pervenuta alla Guardia Costiera riguardante l’imbarcazione avvistata dal velivolo Frontex”.

Naufragio a Cutro, 65 vittime. Superstiti: “Scafista ha impedito di lanciare SOS”

Sale a 65 il numero delle vittime recuperate nelle acque di Steccato di Cutro dopo il naufragio di domenica. Martedì pomeriggio è stato individuato il cadavere di altro un uomo adulto, dopo quello rinvenuto in mattinata.

Le salme al momento identificate – come riporta l’ultimo aggiornamento diramato dal Centro coordinamento soccorsi attivo nella Prefettura di Crotone – appartengono a 28 persone, di cui 25 afghani, un pachistano, un palestinese e un siriano.

Le nazionalità dei migranti tratti in salvo provengono da Afghanistan, Pakistan, Palestina, Siria, Iran e Somalia. Fra questi sono presenti 14 minori, alcuni dei quali ancora ricoverati all’Ospedale di Crotone, altri accolti al Cara di Isola di Capo Rizzuto.

Superstite a investigatori “Scafista aveva telefono satellitare con strumento che disturbava frequenze, per questo non abbiamo potuto lanciare SOS”

Uno degli scafisti del barcone naufragato sulla costa crotonese disponeva di un telefono satellitare e di un apparecchio per inibire le onde radio/telefoniche. E’ quanto ha riferito uno dei superstiti interrogato dalle forze dell’ordine e la cui testimonianza è nel decreto di fermo che consta di una quarantina di pagine, a carico di due presunti scafisti maggiorenni. Per il terzo fermato, un 17enne, procede la Procura dei minorenni di Catanzaro. Questo spiegherebbe il mancato SOS da parte dei migranti dall’imbarcazione.

Superstite a nipote: “Tutto bene, tra poco arriviamo”

“Mio zio che era sulla barca mi ha mandato un messaggio alle 3.50 dicendomi ‘Stiamo tutti bene tra un’ora arriviamo. Il peggio è passato. Ora aspettiamo la polizia’. Il capitano gli ha detto ‘Vi porto in sicurezza’ ma poi hanno trovato la secca e la barca ai è distrutta. E dopo non l’ho più sentito”. E’ il racconto di Alladin Mohibzada, di 25 anni, afgano, arrivato davanti ai cancelli del Palamilone dalla Germania, dopo un viaggio di 25 ore, per riconoscere i parenti deceduti nel naufragio di domenica. Nel disastro ha perso la zia e tre cugini di 12, 8 e 5 anni. Lo zio invece, con un altro figlio di 14 anni è tra i superstiti.

Rinviata a Mercoledì l’apertura camera ardente al PalaMilone

Intanto, è stata è rinviata a mercoledì mattina l’apertura della camera ardente nel PalaMilone, il palazzetto dello sport di Crotone dove sono state collocate le bare delle vittime del naufragio di domenica mattina. Il rinvio è stato deciso in quanto la polizia scientifica e medicina legale hanno chiesto ulteriore tempo per le verifiche sui cadaveri dei migranti recuperati nelle ultime ore e per ultimare le operazioni di identificazione. La camera ardente sarà aperta quindi domattina alle 9.

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