10 Ottobre 2024

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Tangenti Anas, Pignatone: "Deprimente corruzione quotidiana"

Tangenti Anas, Giuseppe Pignatone "deprimente sensazione quotidianità corruzione"
Giuseppe Pignatone (foto archivio / credit Matteo Bazzi)

“La mia sensazione leggendo le carte, che sono prevalentemente, ma non solo, intercettazioni, è la sensazione deprimente della quotidianità della corruzione”. Lo ha detto il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, alla conferenza stampa sugli arresti avvenuti oggi nell’ambito di una inchiesta sulla corruzione in alcuni appalti Anas.

In manette sono finiti cinque dirigenti e funzionari di Anas Spa della Direzione Generale di Roma, tre imprenditori, titolari di aziende appaltatrici di primarie opere pubbliche, un avvocato e un politico, Luigi Meduri, già sottosegretario del ministero delle Infrastrutture.

“La principale indagata (Antonella Accroglianò, chiamata la “Dama Nera”, nome poi dato all’operazione, ndr) – ha riferito Pignatone – va in ufficio per lavorare ma il suo lavoro è gestire il flusso continuo della corruzione: c’è la borsa sempre aperta, arriva qualcuno e ci mette una busta”. Alla Accroglianò viene contestato anche il voto di scambio.

Il procuratore capo di Roma Capitale riferisce che la Dama Nera “tratta pure male i collaboratori, che non sono ritenuti all’altezza nell’avere a che fare con gli imprenditori per riscuotere le mazzette. La sensazione della lettura di queste carte è la quotidianità della corruzione vista come cosa normale”, ha detto Pignatone.

Tangenti in Anas. Arrestato ex presidente Regione Calabria. Il ruolo della “Dama Nera”

Aggiornamento del 22-11-2021. L’Articolo è datato e registra la piena assoluzione di Luigi Meduri, finito in manette nel 2015 e prosciolto tre anni dopo. 

L’ex presidente della Regione Calabria ed ex sottosegretario alle Infrastrutture, Luigi Meduri é stato arrestato dalla Guardia di finanza nell’ambito di un’inchiesta della procura di Roma che ha portato all’alba, all’esecuzione di 10 ordinanze di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari.

L’indagine dei pm romani riguarda diversi episodi di presunta corruzione sugli appalti dell’Anas negli anni passati. Sono circa trecento i finanzieri impegnati nell’operazione denominata “Dama Nera”. La Guardia di finanza ha eseguito una novantina di perquisizioni in Lazio, Calabria, Puglia, Campania, Sicilia, Friuli, Toscana, Umbria, Piemonte, Veneto e Abruzzo con il supporto dei Nuclei di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza alle sedi di Bari, Arezzo, Catanzaro, Catania, Gorizia, Cosenza, Padova, Messina, Siracusa, Udine, Torino, Vercelli e Venezia.

I destinatari delle ordinanze di custodia cautelare sono cinque tra funzionari e dirigenti Anas, un avvocato, tre imprenditori e il politico del Pd.

In carcere sono andati Antonella Accroglianò (la Dama Nera), dirigente responsabile del coordinamento tecnico amministrativo di Anas Spa; Oreste De Grossi (capo del servizio incarichi tecnici della condirezione generale tecnica), Sergio Serafino Lagrotteria (dirigente area progettazione e nuove costruzioni) e i funzionari Giovanni Parlato e Antonino Ferrante.

Ai domiciliari sono finiti l’ex sottosegretario alle Infrastrutture,  Luigi Meduri; l’avvocato catanzarese Eugenio Battaglia e tre imprenditori, Concetto Logiudice Bosco, Francesco Domenico Costanzo e l’imprenditore friulano, Giuliano Vidoni. 

In tutto 31 gli indagati coinvolti in quella che, per la procura, è una “vera e propria cellula criminale”, costituita da dirigenti e funzionari “corrotti” di Anas che, abusando dei propri poteri, sono riusciti ad ottenere utilità e provviste corruttive da imprenditori, titolari di società di rilievo nazionale, in alcuni casi con l’intervento di un “colletto bianco” (l’avvocato catanzarese) e di Meduri.

I reati contestati agli indagati vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione fino al voto di scambio. Il gip ha disposto inoltre un sequestro per equivalente nei confronti di tutti i dipendenti pubblici per 200 mila euro.

VIDEO ARRESTI

Le ordinanze del gip sono state emesse sulla scorta degli elementi di reità acquisiti nel corso delle indagini svolte dagli uomini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, coordinati dalla procura di Roma.

L’Anas, in una nota stampa fa sapere “che sta attivamente collaborando alle indagini della Guardia di Finanza, dando il massimo supporto anche in qualità di parte offesa dai fatti oggetto di indagine, accaduti negli anni passati”.

Il presidente della società, Gianni Vittorio Armani, (estraneo ai fatti, ndr) “esprime piena fiducia nel lavoro della Procura di Roma, con l’auspicio che possa arrivare velocemente a fare chiarezza sui fatti ed aiutare il vertice dell’Azienda a voltare pagina. Anas si costituirà in giudizio quale parte offesa”, conclude la nota della società.

Nato a Reggio Calabria 73 anni fa, Luigi Meduri detto Gigi, è stato funzionario dello Stato e della Regione Calabria. Proviene politicamente dalla Democrazia Cristiana. Dopo Tangentopoli, aderisce al Ppi diventandone dirigente e poi consigliere e assessore regionale. Dal 1999 al 2000, diviene presidente della Regione Calabria grazie a un ribaltone al governo di centrodestra guidato da Giuseppe Nisticò.

Luigi Meduri aderisce poi alla Margherita, per sposare nel 2007 il progetto del Partito democratico di cui è attualmente membro dell’Assemblea nazionale. Candidato nel 2006 nel collegio di Locri al Senato, nelle file dell’Ulivo, Gigi Meduri non venne eletto, ma Romano Prodi, nel suo secondo governo, lo chiamò a ricoprire la carica di sottosegretario ai trasporti e alle infrastrutture. Il ministero che controlla Anas Spa.

L’INCHIESTA
Deus ex machina dei presunti illeciti era la “Dama Nera”, alias Antonella Accroglianò, classe 1961, alto dirigente dell’Anas Spa che si sarebbe resa responsabile di comportamenti “assolutamente evidenti ed inequivocabili immorali principi” che l’avrebbero ispirata nello svolgimento del suo incarico dirigenziale.

Tanto da offrire – notano gli inquirenti – in un esplicito do ut des, il suo sostegno ad un altro dipendente Anas (“…come si dice… sono una sua ammiratrice io… Una sua sponsor… spero di esserlo anche in futuro…”); ovvero a far intendere, ai sodali, i suoi illeciti propositi (“…speriamo di tenerci forte come abbiamo fatto fino ad adesso.. e di fare tutti un saltino in avanti per poterci aiutare… perché quello è poi lo scopo.. capito? che chi.. io sono stata abituata in questo modo.. chi cresce, chi fa un salto in avanti, si porta gli altri dietro.. Questa è la scuola…”), soprattutto in relazione al recente cambio del top management di Anas S.p.a.

Le conversazioni captate hanno consentito di far emergere come nel gruppo valesse la regola per la quale “…Se viaggi da solo non fai niente… chi ha cercato di viaggiare da solo, poi l’hanno azzoppato perché, poi, alla fine, non ti riconoscono più…”. Parole minacciose che venivano proferite alle persone che mugugnavano se non versavano le tangenti. Membri di “un vero e proprio sistema criminogeno” – è stato detto in conferenza stampa a Roma -. Gruppo consolidato da anni, che gestiva un “continuo flusso di corruzione” in Anas.

Secondo i magistrati romani, è Antonella Accroglianò al vertice del presunto sodalizio criminale. Una donna “con la borsa sempre aperta” dove confluivano “le buste delle mazzette”. E guai ai suoi collaboratori se non riuscivano a “portare risultati” dagli incontri con gli imprenditori. “Li trattava male”, ha detto il procuratore capo Giuseppe Pignatone.

I protagonisti, sottolineano gli inquirenti, utilizzavano un linguaggio criptico  nel descrivere le dazioni di denaro, definite alternativamente “libri”, “topolini” o “medicinali o antinfiammatori”.

Il gruppo ha visto la fattiva compartecipazione di ulteriori dirigenti dell’azienda pubblica, come Oreste De Grossi (dirigente responsabile del servizio incarichi tecnici della condirezione generale tecnica), Sergio Serafino Lagrotteria (dirigente area progettazione e nuove costruzioni) nonché di funzionari “di rango minore”, come Giovanni Parlato e Antonino Ferrante, tutti oggi destinatari di provvedimento restrittivo in carcere.

La condotta illecita si è concretizzata nello sblocco di contenziosi in essere con l’Anas, nella velocizzazione delle pratiche inerenti i relativi pagamenti, nella disapplicazione di penali ed, ancora, nel favorire l’ottenimento di fondi illecitamente maggiorati.

In altri termini, le investigazioni hanno consentito di accertare come i dipendenti pubblici si siano esclusivamente occupati di curare e favorire l’interesse particolare di imprenditori con cui, per ragioni d’ufficio, si interfacciavano, a completo discapito dell’interesse generale, riguardante la corretta edificazione di opere pubbliche strategiche per la collettività.

Ad ora, gli autori degli episodi di presunta corruzione, nei confronti dei pubblici ufficiali, sono Concetto Albino Bosco Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo, noti imprenditori di origini catanesi, oggi destinatari di provvedimento restrittivo, a cui sono riferibili le società di rilievo nazionale Tecnis spa e Cogip infrastrutture spa, entrambe con sede legale a Tremestieri Etneo.

E ancora Giuliano Vidoni, anch’egli destinatario di provvedimento restrittivo e titolare della Vidoni spa, con sede legale a Travagnacco. E ancora Francesca e Girolamo De Sanctis della De Sanctis costruzioni spa, con sede legale a Roma, destinatari di avviso di garanzia e infine Giuseppe Ricciardello, titolare della Ricciardello costruzioni SRL, con sede legale a Roma, destinatario di avviso di garanzia.

Pienamente coinvolto nell’illecito rapporto di corruttela è appunto Luigi Meduri, post oggi ai domiciliari. Secondo la Guardia di Finanza Meduri era “oscuro faccendiere che, da un lato, ha sostenuto le illecite richieste degli imprenditori e dall’altro, si è interessato per la corresponsione di indebite provviste di denaro da parte di questi ultimi in favore dei dipendenti pubblici investigati ed ha anche richiesto alla Dama Nera l’assunzione e/o la riconferma dell’impiego in Anas di due geometri di suo diretto interesse”.

De Magistris assolto in appello, resta sindaco di Napoli

 

Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris assolto in appello resta sindaco di Napoli
Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris

Nonostante la legittimazione della Legge Severino da parte della Corte Costituzionale, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris potrà restare al suo posto di primo cittadino.

L’ex magistrato, insieme al tecnico informatico Gioacchino Genchi sono stati infatti assolti dalla terza sezione penale della Corte di appello di Roma dall’accusa di abuso di ufficio, perchè il fatto non costituisce reato, in relazione all’acquisizione illecita, avvenuta nel 2006 nell’ambito dell’inchiesta calabrese “Why Not”, i tabulati telefonici di alcuni parlamentari senza la necessaria autorizzazione delle Camere di appartenenza. Questo significa che la sospensione non avrà più efficacia poiché, appunto, assolto in appello.

In primo grado, l’ex pm di Catanzaro e il suo consulente erano stati condannati a un anno e tre mesi di reclusione. Condanna che, com’è noto, aveva fatto scattare la sospensione per effetto della Legge Severino con cui vengono interdetti gli amministratori che abbiano subito condanne anche, in primo grado e retroattive, per reati consumati nella sfera della pubblica amministrazione.

“Sono felice. Commento la sentenza domani con i miei avvocati a palazzo San Giacomo”, è il primo commento del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris nel Teatro di San Carlo per una manifestazione dell’Istituto per il commercio estero.

In precedenza De Magistris aveva parlato con i suoi avvocati. “Per me è la fine di una profonda sofferenza”. Collegato al telefono, il sindaco di Napoli ha commentato cosi con il suo avvocato Massimo Ciardullo, la notizia dell’assoluzione a conclusione del processo “Why not”. “Sono convinto di avere svolto il mio mestiere di magistrato nel pieno rispetto della Costituzione e della legge”, ha detto De Magistris, molto emozionato.

“Ho lavorato con la massima onestà alla ricerca di una verità difficile – ha aggiunto l’ex pm di Catanzaro -. La notizia dell’assoluzione mi rende veramente felice, è la fine di un incubo e di un lungo periodo di sofferenza per una condanna veramente ingiusta”.

Soddisfatto anche il suo difensore, l’avvocato Ciardullo: “Finalmente è stata fatta giustizia. La sentenza di primo grado era stata profondamente ingiusta perchè si era conclusa con la condanna di un pm che nell’esercizio delle sue funzioni aveva perseguito il primario interesse della giustizia conducendo un’indagine certamente legittima”.

Il sostituto procuratore generale, Pietro Catalani aveva chiesto l’assoluzione dei due imputati per due episodi di abuso d’ufficio (legati ai casi dei parlamentari Pisanu e Pittelli) e la dichiarazione di prescrizione, riferita agli altri sei episodi che avevano riguardato i politici Sandro Gozi, Romano Prodi, Clemente Mastella, Antonio Gentile, Domenico Minniti e Francesco Rutelli.

Ai giudici della terza Corte d’Appello, presieduti da Ernesto Mineo, è bastata un’ora scarsa di camera di consiglio per chiudere la vicenda con una doppia assoluzione.

Salute del Papa. Santa Sede "Tutto falso". Giallo su Fukushima in Vaticano. FOTO

Il professor Fukushima in elicottero dalla clinica San Rossore di Pisa per recarsi in Vaticano. Lo scrive lo stesso chirurgo nella didascalia in giapponese su dr-fukushima.com
Il professor Fukushima in elicottero dalla clinica San Rossore di Pisa per recarsi in Vaticano. Lo scrive lo stesso chirurgo nella didascalia in giapponese su dr-fukushima.com

Sarebbe falsa la notizia sulla salute di Papa Francesco pubblicata stamane sul Quotidiano Nazionale che riporta un intervento di un medico giapponese, il professor Takanori Fukushima per curargli un tumore benigno al cervello. Tumore (“piccole chiazze scure”) che secondo il luminare dei tumori al cervello, non avrebbe bisogno di interventi chirurgici. “E’ curabile”, secondo i più noti neurochirurghi. Il professore giapponese si sarebbe recato dal Papa con un elicottero, verso fine gennaio. Circostanza confermata da testi e dalle foto pubblicate dal chirurgo sul suo sito ufficiale. Foto, di cui almeno una è evidentemente ritoccata, segno di un prof forse un po’ egocentrico.

LA SMENTITA DI PADRE FEDERICO LOMBARDI – A smentire però seccamente la notizia è prima la sala stampa della la Santa Sede. “Posso confermare che il Papa gode di buona salute”, ha detto e ribadito il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. “Nessun medico giapponese è venuto in Vaticano a visitare al Papa e non vi sono stati esami. Confermo completamente la smentita dopo le verifiche con le fonti opportune, compreso il Santo Padre”, che stamani si è presentato sorridente nella consueta udienza generale del mercoledì.  “A parte qualche “acciacco” alle gambe, la testa funziona benissimo”, ha sottolineato padre Lombardi. Il pontefice “è in perfetta salute”.

LO STUDIO DI FUKUSHIMA – L’amministratore dello studio presso cui opera il medico giapponese smentisce a sua volta. “Il prof. Takanori Fukushima non ha né curato né visitato il Papa”, ha detto Lori Radcliffe, amministratrice dello studio di Fukushima presso il Carolina Neuroscience Institute, interpellato dalla Reuters. Radcliffe – si legge sul sito della Reuters – ha descritto la notizia come “assolutamente falsa”. Radcliffe ha aggiunto che Fukushima ha incontrato il pontefice quest’anno nell’ambito di una visita generale al Vaticano e di avergli stretto la mano.

DURO L’OSSERVATORE ROMANO – Anche l’Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede, interviene per smentire la notizie del QN. “Il momento scelto rivela l’intento manipolatorio del polverone sollevato”, scrive il quotidiano. “Sono infondate le notizie sulla salute del Papa diffuse stanotte, in modo irresponsabile, da giornali italiani. Fra l’altro, “oggi lo hanno potuto vedere di persona le migliaia di persone presenti in piazza San Pietro per l’udienza generale”.

VATICANO IRRITATO – In Vaticano, almeno gli ambienti vicini al Santo Padre, sono irritatissimi per la presunta “fuga di notizie” sulla salute di Papa Francesco. Ore frenetiche e concitate tra smentite e richiami alla “perfetta salute” di Josè Mario Bergoglio.

A smentire però tutti, sarebbero i testi pubblicati sul sito ufficiale da Fukushima e alcune foto dal professore nella Santa Sede. La prima visita, dice il chirurgo, risale al primo ottobre 2014, grazie a un invito in Vaticano per un evento speciale dove “ho potuto incontrare papa Francesco”. La seconda volta che Takanori Fukushima è stato in Vaticano risale al 28 gennaio 2015, un mercoledì, proveniente in elicottero dalla clinica di San Rossore di Pisa e che sarebbe atterrato nei prati della Santa Sede. E’ probabile, secondo alcuni media, che sia stata quella l’occasione in cui Fukushima avrebbe visitato Papa Francesco diagnosticando un tumore benigno al cervello. Il luminare giapponese avrebbe poi dormito in un convento vicino al Vaticano (zona Prati) e il giorno dopo – ha detto –  avrebbe incontrato alcuni arcivescovi, tra cui il cardinale Angelo Comastri.

LE FOTO DI FUKUSHIMA: Ci sono in particolare quattro foto che accerterebbero la presenza di Fukushima in Vaticano. Una in cui il luminare prende l’elicottero dall’Università di Pisa diretto in Vaticano (fonte: didascalia in giapponese del prof); la seconda in cui cammina nei colonnati interni a San Pietro con una persona; la terza di Fukushima in Vaticano con l’arcivescovo Comastri e la quarta e ultima foto, una istantanea scattata dal professore dal soffitto del Vaticano che riprende tutta piazza San Pietro, con l’albero di Natale al centro. Racconta il professore Fukushima, che scattare foto nella Santa Sede non è consentito, ma che per lui avrebbero fatto una eccezione. Quindi il famoso chirurgo sarebbe stato in Vaticano. Per fare cosa, lo sa eventualmente solo lui.

FOTO TARCOCCATA – C’è una foto taroccata. Quella in udienza generale. Il professore avrà chiesto ad un designer di ripulire la foto dalla persone e far rimanere solo lui. Operazione riuscita ma scoperta dall’Osservatore Romano. Nonostante la foto sia vera, nel senso che ha stretto davvero la mano al Papa, il tarocco è abbastanza evidente. Ma le altre immagini in Vaticano? In ogni caso, solo da una foto modificata, emerge un carattere particolarmente egocentrico da parte del prof.

LA CONFERMA DEL QN – RESTO DEL CARLINO Dal canto suo, il direttore di Quotidiano Nazionale, Andrea Cangini, conferma la notizia sulla malattia del Pontefice. “La smentita è comprensibile ed era attesa – dice Cangini – Abbiamo a lungo tenuto ferma la notizia per fare tutte le verifiche del caso, non abbiamo il minimo dubbio sulla sua fondatezza”. Il direttore di Qn aggiunge: “Ci siamo seriamente interrogati se pubblicarla o meno. Abbiamo ritenuto che quel che a nostro avviso vale per un capo di Stato o di governo valga anche per il Papa”. E conclude: “L’enorme responsabilità pubblica di cui queste personalità sono gravate ci porta a credere che il diritto alla riservatezza sia meno importante del diritto dell’opinione pubblica ad essere informata”.

DIRETTORI GIORNALI: “GIUSTO DARE LA NOTIZIA”. In soccorso di Cangini vanno anche alcuni direttori di testata come Mario Calabresi, direttore de “La Stampa”; Enrico Mentana, conduttore di “Bersaglio Mobile” e Ezio Mauro, direttore de “La Repubblica”: “La notizia andava data. Il pontefice è un personaggio pubblico”.

CONFERME ALL’ANSA – Anche l’Ansa, contattando le sue fonti, conferma la notizia della visita de professor Fukushima in Vaticano a fine gennaio. L’esperto di tumori al cervello sarebbe stato in Vaticano “a fine gennaio”, “probabilmente”, scrive l’agenzia di stampa, “per occuparsi dello stato di salute di Papa Bergoglio”. Un volo dell’elicottero della clinica San Rossore con a bordo l’esperto di tumori al cervello e aneurismi partì allora da Pisa. Fu proprio il medico, da anni consulente della struttura, secondo quanto appreso da ambienti vicino alla clinica, a chiedere la disponibilità di un elicottero per organizzare in tempi rapidi una visita in Vaticano. Da qui, come ha scritto oggi da Qn, la diagnosi per Bergoglio di un piccolo tumore al cervello per il quale non sarebbe necessario un intervento chirurgico. Anche l’Agenzia Italia ha avuto conferme al proposito.

Ma chi è Takanori Fukushima. 73 anni, Fukushima è il luminare giapponese che ha visitato Papa Francesco e che in Italia svolge un’attività di consulenza presso la Casa di Cura di San Rossore a Pisa. E’ conosciuto a livello a mondiale per la sua ricerca e il trattamento dei tumori al cervello.

Sciatore professionale, appassionato di auto americane e batterista di una band di neurochirurghi ai tempi del suo soggiorno a Pittsburgh, Takanori Fukushima è riconosciuto come uno dei migliori neurochirurghi al mondo per numero di casi trattati e successi ottenuti (esegue circa 600 interventi all’anno, la media di tre al giorno week end esclusi).

Fukushima ha conseguito le specializzazioni in neurochirurgia presso l’Università di Tokyo, la Libera Università di Berlino, e la Mayo Clicnic e Mayo Graduate School of Medicine in Rochester, Minnesota. Dal 2013 la Casa di Cura San Rossore ha stipulato un accordo con il dott. Fukushima per dare la possibilità ai pazienti di tutta l’area Mediterranea ed Europea di essere assistiti dal professore in collaborazione con il dott. Gaetano Liberti, Specialista in Neurochirurgia e libero professionista presso la Casa di Cura San Rossore.

Rimborsopoli Sardegna, Francesca Barracciu si è dimessa

Francesca Barracciu
Francesca Barracciu

Francesca Barracciu, sottosegretaria alla Cultura del governo Renzi, si è dimessa dall”incarico. La decisione è maturata in seguito al rinvio a giudizio nell’ambito dei presunti rimborsi dei gruppi ai tempi della legislatura in consiglio regionale della Sardegna.

Il Gup di Cagliari Lucia Perra, ha chiesto che Francesca Barracciu venisse processata perché accusata di peculato aggravato nell’ambito dell’inchiesta sul presunto uso illecito dei fondi dei Gruppi del Consiglio regionale della Sardegna.

Il processo comincerà il 2 febbraio 2016. Il pm Marco Cocco le contesta spese per 81 mila euro, spese che la Barracciu aveva giustificato come rimborsi spesa chilometrici per i viaggi nell’isola effettuati con la sua auto.

“Ritengo doveroso dimettermi – ha detto Francesca Barracciu – ed avere tutta la libertà e l’autonomia necessarie in questa battaglia dalla quale sono certa uscirò a testa alta”.

“La notizia del rinvio a giudizio – dice la Barracciu in una nota – mi colpisce ed amareggia, sia dal punto di vista personale, sia da quello dell’impegno e del lavoro che ho profuso in questi anni di politica ed amministrazione e che ho continuato a mantenere anche al governo. Con una dedizione assoluta all’incarico che mi è stato affidato e che riguarda il bene forse più prezioso del nostro Paese: la valorizzazione della sua bellezza, della sua cultura, della sua storia”.

“Sono fiduciosa nel percorso della Giustizia – aggiunge – e affronterò il processo con determinazione e serenità, nella certezza di essere totalmente innocente. Voglio, inoltre, con lo spirito di responsabilità che da sempre mi accompagna, evitare che strumentalizzazioni politiche e mediatiche coinvolgano l’attività del Governo e il fondamentale processo di riforma e di cambiamento che sta portando avanti per il bene del Paese”.

“Per questo – conclude Francesca Barracciu – ritengo doveroso dimettermi dall’incarico di sottosegretario ed avere tutta la libertà e l’autonomia necessarie in questa battaglia dalla quale sono certa uscirò a testa alta. Ringrazio il Presidente del Consiglio e il Ministro per l’opportunità che mi è stata offerta e le persone e le strutture che con me hanno collaborato e nelle quali ho sempre riscontrato tanta passione e generosità”.

La Barracciu in seguito al suo coinvolgimento nella rimborsopoli sarda vinse le primarie del centrosinistra per la candidatura alla presidenza della regione ma poi rinunciò alla corsa proprio per il suo coinvolgimento nell’inchiesta.

Il premier Renzi la nominò poi sottosegretario ai Beni culturali. Incarico che poi suscitò mille polemiche legate ai cosiddetti sottosegretari inquisiti, in particolare quando scoppiò lo scandalo Oragate in cui fu costretto a dimettersi (senza avere avvisi di garanzia) il senatore Antonio Gentile, sottosegretario ai Trasporti nominato 48 ore prima.

'Ndrangheta al Nord. 12 arresti per droga e usura a Torino

Un frame dell'operazione Hunters della Polizia a Torino
Un frame dell’operazione Hunters della Polizia a Torino

Facevano investimenti mirati per cercare di nascondere i “guadagni” della loro attività illecita comprando cavalli, gioielli, automobili e in un caso addirittura un biglietto della lotteria con una fortunata vincita.

Così, dopo tre anni di accurate indagini, questa mattina, la Squadra mobile di Torino, in collaborazione con il Servizio Centrale Operativo (Sco), ha eseguito 12 arresti dei 16 previsti nell’ordinanza di custodia cautelare spiccata nell’ambito dell’operazione chiamata “Hunters”. I componenti della banda sono riconducibili ad un noto esponente della ‘ndrangheta di Moncalieri (non destinatario di misura cautelare). I reati contestati sono spaccio di stupefacenti, usura, porto e detenzione di armi da fuoco.

Questa mattina, inoltre, durante una delle 30 perquisizioni previste è stata arrestata anche un’altra persona in quanto trovata in possesso di piante di marijuana e di una pistola rubata.

Oltre alle misure cautelari personali, è stato eseguito anche il sequestro preventivo di vari beni stimati per oltre 4 milioni di euro. Tra cui gioielli, oro, orologi, auto e 6 cavalli da corsa, tra questi “Orilio” figlio del famoso Varenne nonché il biglietto della lotteria che doveva servire da “investimento” custodito in una cassetta di sicurezza. I cavalli da corsa erano riconducibili ad uno degli arrestati, fittiziamente intestati alla moglie.

L’attività investigativa ha consentito di rivelare che gli arrestati si rifornivano di sostanza stupefacente dai principali trafficanti calabresi trapiantati nel nord Italia ed in Spagna.

Tra i vari capi d’imputazione vi è anche quello di usura ai danni di un tabaccaio di Nichelino, al quale, a seguito di un prestito di denaro, aveva applicato tassi di interesse superiori al 100% annuo. Con l’illecito guadagno, inoltre, gli arrestati provvedevano al mantenimento di alcuni ‘ndranghetisti detenuti a seguito delle recenti operazioni denominate “Crimine” e “Minotauro”.

Truffa al Ssn. Arrestato ex presidente Inps Antonio Mastrapasqua

L'Istituto Israelitico di Roma e a destra Antonio Mastrapasqua, arrestato il 21 ottobre 2015
L’Istituto Israelitico di Roma e a destra Antonio Mastrapasqua, arrestato il 21 ottobre 2015

Avrebbero percepito ingenti somme dal servizio sanitario nazionale per presunte prestazioni inesistenti e rimborsi gonfiati. Per questo i carabinieri del Nas di Roma hanno dato esecuzione a 17 misure restrittive, di cui 14 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, nei confronti di altrettanti dirigenti, medici e operatori della casa di cura privata “Ospedale Specializzato Israelitico” di Roma.

I provvedimenti emessi dal Gip del Tribunale di Roma sono riconducibili alle risultanze investigative raccolte nel corso di un’indagine condotta dal Nas di Roma e coordinata da un pool della Procura della Repubblica di Roma relativamente alle ipotesi di reato di falso e truffa in danno della sanità pubblica.

Contestualmente all’esecuzione dei 17 provvedimenti cautelari, l’Autorità giudiziaria di Roma ha disposto il sequestro preventivo per equivalente pari all’ammontare di 7,5 milioni di euro, somma riconducibile alla indebita richiesta economica eccedente le prestazioni realmente erogate della struttura ospedaliera.

A finire ai domiciliari anche il direttore generale dell’Istituto, Antonio Mastrapasqua, ex presidente dell’Inps ed ex vice presidente esecutivo di Equitalia. L’accusa a suo carico è presunto falso e truffa al Ssn.

Nel mirino del Nas (Nucleo anti sofisticazone dell’Arma) le attività dell’Isrelitico tra il 2006 e il 2009 dove sono sarebbero emersi “interventi fantasma”. Il 94% delle cartelle cliniche, stando a quanto accertato dagli investigatori, era stato alterato per far risultare prestazioni più costose rispetto a quelle effettivamente erogate.

L’inchiesta risale agli anni scorsi e a settembre 2014, Mastrapasqua era stato iscritto nel registro degli indagati per la truffa al Sistema sanitario nazionale sui rimborsi dell’Israelitico, per la quale oggi è stato sottoposto agli arresti domiciliari.

Antonio Mastrapasqua è stato presidente dell’Inps dal 2008 al 2014 e il primo febbraio di quell’anno si era dimesso dal vertice dell’istituto previdenziale proprio per il conflitto di interessi con il ruolo di direttore generale. Carica, come emerge dal sito dell’istituto, che ancora ricopre.

“Dal 2001 – è scritto nella biografia presente sul sito dell’istituto di cura – Antonio Mastrapasqua collabora con l’Ospedale Israelitico di Roma, di cui è Direttore Generale. Grazie all’apporto fornito dal Dott. Mastrapasqua è stato possibile effettuare una riorganizzazione completa dell’Ospedale, vittima di una profonda crisi strutturale, portandolo a diventare un polo sanitario di eccellenza di esempio a livello nazionale”.

Deutsche Bank versa per errore 6 miliardi di dollari a cliente

La sede di Deutsche Bank a Francoforte
La sede di Deutsche Bank a Francoforte (Reuters/Pfaffenbach)

Il Financial Times rivela che la Deutsche Bank ha versato per errore a un suo cliente 6 miliardi di dollari questa estate. La clamorosa “distrazione” è avvenuta nei mesi scorsi e per stornare il versamento ci sono volute molte ore. L’ignaro cliente si è ritrovato a sua insaputa miliardario per un giorno.

A Deutsche Bank ci sono volute diverse ore per riconoscere l’errore. I fondi sono stati recuperati il giorno successivo. Il pagamento è stato effettuato da un junior nel desk dei cambi mentre i suoi capi erano in vacanza.

L’errore ”imbarazzante” aumenta i dubbi sui controlli operativi e la gestione del rischio di Deutsche Bank, che è già nel mirino delle autorità. Dopo le maxi perdite e la riorganizzazione, la banca sta cercando di recuperare la redditività e la reputazione dopo lo scandalo della corruzione e le perfomance deboli.

L’errore sarebbe stato commesso da desk di Londra, con un ‘fat finger trade’: il dipendente avrebbe operato sul valore lordo invece che netto. Deutsche Bank ha riportato l’incidente alla Fed, alla Bce e alla Financial Conduct Authority inglese.

John Cryan, il co amministratore delegato, ha ribadito nei mesi scorsi la necessità di migliorare la cultura della banca, rafforzare i processi interni e migliorare i rapporti con le autorità. ”La nostra base costi è’ gonfiata da processi inefficaci, da tecnologia antiquata e inadeguata e da investimenti non di successo nella nostra infrastruttura” ha detto Cryan in una email ai dipendenti quando è stato nominato in luglio.

La Consulta: "Severino legittima". Respinto ricorso di De Magistris

corte costituzionale rigetta ricorso su legge Severino - de MagistrisLa Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso presentato dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris contro la legge Severino. “Il ricorso è infondato”, ha sentenziato la Consulta che ha ritenuto la norma “scaccia amministratori” legittima e costituzionale.

Ora, dopo le vittorie al Tar non solo del sindaco di Napoli, ma anche del governatore della Campania, Vincenzo De Luca potrebbero presentarsi orizzonti cupi, con lo spettro della sospensione dalle cariche dietro l’angolo.

Il ricorso di De Magistris ruotava attorno alla retroattività dei fatti contestati e per cui veniva sospeso: il primo cittadino di Napoli nel 2014 era stato condannato in primo grado a un anno e tre mesi per abuso d’ufficio nell’ambito del processo “Why Not”, per fatti accaduti prima che venisse promulgata la legge Severino.

Il Tar campano e poi la Cassazione in una sorta di ping pong tecnico-amministrativo avevano rimandato tutto alla Corte Costituzionale chiamata a mettere un sigillo definitivo sulla legittimità o meno della norma varata il 2013 dal governo Monti.

La Consulta, con questa decisione sancisce la legittimità dell’applicazione retroattiva dei provvedimenti di sospensione, anche se le condanne riportate non siano definitive per amministratori accusati e condannati per reati contro la pubblica amministrazione.

Adesso, sia il sindaco che il governatore della Campania (uscito per due volte vittorioso al Tar) sono in bilico. Il primo attenderà le motivazioni della Corte, ma nel frattenpo potrebbero essere (ri)sospesi. Per entrambe le vicende, in ogni caso, non cadranno né giunte né consigli comunali e regionali. In una eventuale sospensione (18 mesi) sia De Magistris che De Luca avranno i loro “vice” che faranno le loro veci “facente funzioni”. Poi si dovrà attendere l’appello. Nel caso di assoluzione, gli amministratori torneranno al loro posto.

Il sindaco di Napoli finora non ha rilasciato commenti. I suoi legali stanno vagliando ancora il dispositivo. Il presidente della Regione Campania, De Luca ha fatto invece sapere che la decisione della Consulta “non ha alcun rilievo giuridico. Sono ben più numerosi e di diverso spessore giuridico i rilievi di costituzionalità che la Corte sarà chiamata a valutare su remissione del tribunale civile di Napoli”.

“E’ penoso e propagandistico – ha spiegato De Luca – il tentativo di fare confusione fra le due distinte vicende (la sua e quella del sindaco di Napoli, ndr). “Sono ben numerosi i dubbi di costituzionalità della legge Severino e la decisione odierna ne ha ritenuto infondato solo uno, peraltro non fra i più rilevanti”.

Dunque, aggiunge il governatore della Campania “fino alla pronuncia della Corte costituzionale sul suo specifico caso” (e si è ancora in attesa della fissazione dell’udienza), De Luca continuerà “ad esercitare regolarmente e legittimamente le sue funzioni”, ha chiarito De Luca. Insomma sarà ancora battaglia.

 

‘Ndrangheta, blitz contro i Jerinò. Arresti in Lazio Piemonte e Calabria

operazione shopping center borgo san dalmazzo cuneoCUNEO – Alle prime luci dell’alba i Carabinieri della Compagnia di Borgo San Dalmazzo, hanno eseguito 11 provvedimenti cautelari nei confronti di altrettanti soggetti nei territori della provincia di Torino, Reggio Calabria e Roma.

Alla fase esecutiva dell’operazione, denominata “Shopping Center”, hanno collaborato 80 militari dell’Arma sia della Compagnia di Borgo San Dalmazzo che del Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Cuneo, di altre Compagnie della provincia Granda, della Compagnia di Roma Ostia, Torino-Mirafiori e Roccella Jonica (RC).

L’indagine, condotta dai militari del NOR della Compagnia di Borgo San Dalmazzo, è iniziata a luglio 2014 con l’obiettivo di scoprire dove si nascondeva il latitante della ‘Ndrangheta Vittorio IERINO’, presunto autore di un efferato omicidio di un pregiudicato cuneese (personaggio di spicco delle ’ndrine di Marina di Gioiosa Jonica, con ruoli ed incarichi ai vertici nella Locride, coinvolto come “carceriere” nel rapimento nel 1991 a Brescia della studentessa Roberta Ghidini, strappata alla famiglia e tenuta in prigione in Aspromonte).

A tal fine, tramite il monitoraggio di alcune persone, probabilmente vicine all’omicida, si riusciva ad individuarne il nascondiglio ma anche a documentare e svelare la presenza di un gruppo di soggetti che, in maniera seriale, ponevano in essere una numerosi furti di rilevante entità economica ai danni di svariati centri commerciali e strutture della grande distribuzione presenti a Torino e provincia. Si documentava inoltre come la commissione di tali reati era volta anche a finanziare e quindi garantire la latitanza dello IERINO’, poi arrestato dai Carabinieri a Torino nell’estate del 2014.

LEGGI SEQUESTRO BENI A GIUSEPPE JERINO’ E LA MOGLIE (17 MARZO 2016)

Nel corso delle indagini – avviate inizialmente col Procuratore Capo di Cuneo Dr.ssa Francesca NANNI e poi affidate al P.M. Dr. Andrea PADALINO ed al Procuratore Aggiunto Dr. Paolo BORGNA della Procura della Repubblica di Torino per competenza territoriale – i Carabinieri di Borgo San Dalmazzo hanno documentato, nell’arco di soli tre mesi, ben 44 reati ognuno dei quali mediamente fruttava alla banda un guadagno di 3mila euro. Poi la merce rubata, per lo più vini pregiati o liquori di note marche e materiale informatico/elettronico, veniva piazzata sul mercato nero grazie ad alcuni ricettatori. È stato anche possibile documentare come per la commissione dei furti gli indagati si avvalessero della collaborazione di alcune guardie giurate ed addetti antitaccheggio che prestavano servizio proprio nei centri commerciali presi di mira.

Nel corso dell’operazione sono stati eseguiti 3 ordini di custodia cautelare in carcere, 5 sottoposizioni agli arresti domiciliari e 3 notifiche per la presentazione alla Polizia Giudiziaria con obbligo di firma; inoltre durante le perquisizioni domiciliari venivano rinvenute e sequestrate diverse apparecchiature elettroniche di vario tipo, numerose bottiglie di alcolici e vini pregiati, alcune borse schermate usate per mettere a segno i furti, il tutto per un valore complessivo di oltre 100mila euro e la somma contante di circa 40mila euro, ritenuta provento della vendita della refurtiva al mercato nero.

I soggetti raggiunti dalla misura cautelare della custodia in carcere sono:
1. Jerinò Giuseppe, nato Locrì (RC) cl. ’77, residente Torino str. Della Pronda;
2. Alì Giuseppina, nata Torino cl. ’76, moglie dello Jerinò;
3. Commisso Sergio, nato Locrì (RC) cl. ’88, residente Torino corso Traiano;
I soggetti sottoposti alla misura degli arresti domiciliari sono:
4. Commisso Rocco, nato Locrì (RC) cl. ’86, residente Marina di Gioiosa Jonica (RC);
5. Cirrincione Giuseppe, nato Torino cl. ’78, residente Torino via Arpino;
6. Pacino Roberto, nato Torino cl. ’73 ed ivi residente via V. Lancia;
7. Cicciotti Aniello, nato Foggia cl. ’55, residente Pianezza (TO);
8. Alì Roberto, nato Torino cl. ’70 ed ivi residente via Chambery;
I soggetti sottoposti alla misura cautelare dell’obbligo di firma sono:
9. P.S. cl. ’74 di Torino;
10. M.G. cl. ’49 di Torino;
11. E.A. cl. ’80 di Torino.

Nel corso dell’operazione i militari della Compagnia Carabinieri di Roccella Jonica (RC), anch’essi impegnati nell’esecuzione delle ordinanze, appuravano che C.C. classe ’94, altro soggetto destinatario delle suddette misure cautelari, si rendeva irreperibile facendo perdere le proprie tracce. Nei suoi confronti sono attualmente in corso le ricerche al fine di localizzarlo ed arrestarlo.

Maltempo, Benevento e provincia in ginocchio. Danni per milioni

Maltempo a Benevento
Maltempo a Benevento (Ansa/Fusco)

L’appello lanciato ieri dal sindaco di Benevento, Fausto Pepe, ai suoi concittadini, affinchè abbandonino le abitazioni delle contrade più colpite dallo scorso nubifragio, è stato raccolto da molti.

Dalle 21 di ieri sera in molti quartieri Benevento sembra una città “fantasma”. Nessuno in giro nelle zone a rischio, sia nelle periferie che in centro. I residenti hanno abbandonato in serata le abitazioni facendosi ospitare per lo più in casa di parenti ed amici.

Il fiume Calore, costantemente monitorato in più punti, nel corso della notte è esondato in alcuni tratti, allagando le zone più basse della città di Benevento, località Pantano e Ponte Valentino. Due delle aree già colpite dall’alluvione per le quali il sindaco di Benevento, Fausto Pepe, aveva invitato i residenti ad abbandonare per la notte le abitazioni o a dormire ai piani più in alto.

Ieri sotto una vera e propria bomba d’acqua sono finite le aree del Fortore e dell’Alto Tammaro dove l’acqua ha messo in ginocchio interi paesi, alcuni dei quali sono rimasti isolati, come Castelpagano, Colle Sannita e Pesco Sannita. Da questa mattina in tutto il Sannio sono riprese abbondanti piogge. Il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio, che ieri ha presieduto una riunione operativa in prefettura, ha annunciato l’arrivo di un centinaio di uomini in più per far fronte alla situazione.

Disagi e comuni isolati, nel Beneventano, soprattutto nella zona del Fortore. Il comune di Castelpagano, colpito dalla bomba d’acqua di ieri pomeriggio, è isolato anche con le linee telefoniche.

Le squadre di intervento sono partite ma non si sa se riusciranno a raggiungere il paese a causa dei grossi danni subiti alla rete viaria. Criticità anche nel comune di Molinara, rimasto senza gas in seguito ai danni subiti alla rete di distribuzione causati dalle forti piogge di ieri che hanno messo in ginocchio l’intera area.

Maltempo a Capri: una forte tempesta per tutta la notte ha flagellato l’isola. Una pioggia scrosciante – secondo i rilevatori sono caduti 170 mm di acqua in appena cinque ore – accompagnata da vento a raffica e scariche elettriche, a partire da ieri sera e per l’intera notte ha provocato una serie di danni.

Un allagamento si è verificato nella cabina elettrica che eroga l’energia nelle zone alte del comune di Capri, Tiberio, Caterola e Vanassina, zone popolose rimaste tutt’ora prive di corrente elettrica. Paura ad Anacapri, in via Rio Caprile, dove durante la notte è crollato il tetto di un’abitazione. Smottamenti in varie zone dell’isola: un parapetto è crollato sulla via dell’Arco Naturale, un muretto è stato abbattuto dalla forte pioggia in prossimità dei Giardini di Augusto. Terriccio e pietre sono scivolati dal costone della provinciale Capri-Anacapri invadendo la sede stradale: la strada comunque è regolarmente percorribile.

Allagato anche il Centro Congressi di proprietà del Comune di Capri. Interventi in corso anche da parte dei vigili urbani nelle aree commerciali. Ed ancora, allagamenti e uno smottamento si è verificato all’interno del porto turistico, in un’area già colpita in passato da casi analoghi: al lavoro tutto il personale per rimuovere il terriccio fangoso scivolato lungo il pendio.

Intanto, da una prima stima provvisoria ammonterebbero a decine di milioni di euro i danni per le devastazioni a Benevento e provincia.

'Ndrangheta, indagate 52 persone della cosca Grande Aracri

operazione contro clan grande aracri 28 gennaio 2015Si è conclusa con l’emissione di 52 provvedimenti di “avviso di conclusione delle indagini preliminari” da parte della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, la complessa indagine condotta dai Carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Crotone, sulle attività di intimidazione e violenza mafiosa del potente clan della ‘Ndrangheta Grande Aracri, operante a Cutro (Crotone) e con propaggini nazionali a Bologna, Parma, Reggio Emilia e Mantova.

Le 52 persone – tra cui figurano presunti capi e gregari della pericolosa cosca calabrese – devono rispondere di associazione per delinquere di stampo mafioso, nonché di violazioni in materia di armi, omicidio, ricettazione, estorsioni, danneggiamenti, turbata libertà degli incanti, intestazione fittizia di beni, illecita concorrenza mediante violenza o minaccia, usura e rapina. Tutte condotte aggravate dall’aver agito con metodi mafiosi.

Nel mirino della ‘Ndrangheta, in particolare villaggi turistici e gli impianti eolici, puntualmente danneggiati se i titolari o i gestori non pagavano il pizzo.

Anche tre avvocati, tra le persone raggiunte in queste ore dal provvedimento, accusati di presunto concorso in associazione mafiosa, per intermediazione in rilevantissime operazioni economiche e indebite pressioni al fine di ottenere decisioni giudiziarie favorevoli.

Nell’inchiesta dei Carabinieri sono finite in manette, già lo scorso 28 gennaio, 34 persone, che figurano tra gli odierni indagati nell’inchiesta contro l’organizzazione Grande Aracri.

La Polizia di Bari arresta 4 trafficanti di "schiave" nigeriane

la Polizia di Bari smantella trafficanti di prostitute nigerianeLa Polizia di Stato di Bari ha arrestato quattro cittadini nigeriani ritenuti responsabili, a vario titolo, di presunta associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, ingresso e permanenza illegale nel territorio nazionale aggravato dalla transnazionalità e favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Le indagini, condotte dalla Squadra mobile della Questura di Bari, avviate nel mese di luglio scorso, si sono concluse con l’esecuzione di un provvedimento cautelare, emesso dal gip del Tribunale di Bari, su richiesta della locale Direzione distrettuale Antimafia, che ha disarticolato una presunta organizzazione criminale composta da uomini di nazionalità nigeriana.

L’indagine ha fatto emergere l’esistenza di un’organizzazione transnazionale, con base in Nigeria, con collegamenti in Niger e Libia, e alcuni soggetti, della medesima nazionalità e residenti in Italia, in questa ed altre province, che dopo aver reclutato ed organizzato il viaggio verso l’Italia delle ragazze le sfruttavano avviandole alla prostituzione.

Vaprio D’Adda (Milano), uccide ladro in casa: indagato per omicidio volontario

Vaprio D'Adda (Milano), uccide ladro in casa: indagato per omicidio volontario
la villa di Francesco Sicignano

Un giovane di 28 anni è morto, ferito mortalmente da colpi d’arma da fuoco, in un appartamento a Vaprio D’Adda (Milano). Il giovane era presumibilmente entrato per rubare. E’ questa l’ipotesi investigativa seguita dai carabinieri in base alle prime testimonianze raccolte, quella dello sparatore, il padrone di casa, Francesco Sicignano e una vicina.

La vittima, a quanto si è appreso, è di nazionalità romena. La vittima, accompagnata da altri complici, era entrato in casa del pensionato di 65 anni, che stava dormendo in casa con la moglie e altri familiari.

Svegliato dai rumori, Francesco Sicignano ha preso una pistola regolarmente denunciata ed è andato a vedere cosa stesse succedendo. Pare abbia visto il ladro nascosto dietro una tenda e ha sparato uccidendolo.

Il pm di turno Antonio Pastore sta facendo accertamenti con i carabinieri per ricostruire la dinamica dell’omicidio. Per consentire indagini, il pm ha in un primo momento iscritto per per eccesso colposo in legittima difesa, poi per omicidio volontario.

Un’iscrizione dicono ambienti investigativi, per compiere tutti gli accertamenti utili a ricostruire quanto accaduto la scorsa notte. Il pensionato di Vaprio D’Adda, ascoltato dagli investigatori, è indagato a piede libero per omicidio volontario.

Il leader della Lega Matteo Salvini ha fatto sapere che il ladro se “l’è andato a cercare” e che il pensionato ha fatto bene a difendersi.

Bps, il Fatto: "Indagato Ignazio Visco". Atti procura confermano

Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco
Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco

Il procuratore di Spoleto, Alessandro Cannevale, alle domande dei cronisti sull’articolo del Fatto Quotidiano circa l’indagine sul governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, non si è sbilanciato: “Di questo non parlo. Non so nemmeno di cosa mi state parlando”, ha detto Cannavale sorridendo. Ma la notizia è confermata da atti: e cioè si evince da un certificato di “comunicazione d’iscrizione a registro” richiesto da una parte offesa. Dall’atto si evince che Visco è indagato dal 28 gennaio 2015 per concorso in corruzione, abuso d’ufficio e truffa, e “infedeltà a seguito dazione o promessa di utilità”.

Stamane in esclusiva sul Fatto, è stato pubblicato un articolo in cui si legge che il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco sarebbe indagato a Spoleto per presunta corruzione, truffa e abuso d’ufficio. Il procuratore non conferma né smentisce l’indiscrezione del giornale diretto da Marco Travaglio.

Dal canto suo, la Banca d’Italia ha fatto sapere di non essere a conoscenza delle iniziative giudiziarie a carico del governatore Visco e di altri organi di Bankitalia riferite dal Fatto.

Il numero uno di Bankitalia sarebbe entrato, insieme ad altre persone, in una inchiesta della Procura di Spoleto sul commissariamento della Banca Popolare di Spoleto (Bps) e la successiva vendita a Banca Desio, avvenuta lo scorso anno. Il commissariamento è stato poi annullato dal Consiglio di Stato.

L’inchiesta della magistratura umbra, diretta dal pm Gennario Iannarone, coinvolge – scrive il Fatto -, quali indagati, oltre a Ignazio Visco anche i commissari nominati da Bankitalia (Giovanni Boccolini, Gianluca Brancadoro e Nicola Stabile), i componenti del comitato di Sorveglianza (Silvano Corbella, Giovanni Domenichini e Giuliana Scognamiglio) e l’attuale presidente di Bps, Stefano Lado, che è vicepresidente di Banco Desio.

Il commissariamento di Bps e della cooperativa Spoleto Crediti e Servizi (21 mila soci), che controllava l’istituto al 51%, fu deciso da Bankitalia dopo un’ispezione avviata nel 2012. Nel 2014 – è la ricostruzione del quotidiano – i commissari decisero di vendere Bps a Banco Desio.

L'esclusiva del Fatto Quotidiano con la notizia dell'indagine su Ignazio Visco
L’esclusiva del Fatto Quotidiano con la notizia dell’indagine su Ignazio Visco

La quota di Spoleto Credito e Servizi scese al 10%, con grave danno economico per i soci della cooperativa. Nello scorso mese di febbraio il Consiglio di Stato ha annullato sia il commissariamento di Bps, sia quello di Spoleto Crediti e Servizi, per cui sono stati promossi ricorsi da parte dei soci della coop per l’annullamento degli atti dei commissari, compresa la vendita dell’istituto di credito.

L’intera vicenda, attraverso alcuni esposti, è finita anche all’esame della Procura di Spoleto, che ha avviato approfondimenti sul commissariamento e sulla vendita di Bps, iscrivendo nel registro degli indagati – secondo quanto scrive il Fatto – tra gli altri, il nome del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e dei commissari di Bps.

Nel 2005, un altro governatore di Bankitalia, Antonio Fazio fu implicato in una vicenda giudiziaria per lo scandalo dell’opa della Banca popolare di Lodi su Antonveneta. Fazio è stato costretto alle dimissioni nel 2005.

Via D'Amelio, Paolo Borsellino mai sentito dai pm sulla strage di Capaci

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

“Dopo Capaci mio padre aveva fretta di essere sentito dai colleghi di Caltanissetta che indagavano sull’eccidio e non si spiegava perché non lo convocassero. Tanto che in un’occasione pubblica fece un intervento con cui tentò, secondo me, di sollecitare una convocazione”.

Lo ha detto Manfredi Borsellino, figlio del giudice Paolo ucciso nel 1992, deponendo a Caltanissetta, nel quarto processo sulla strage di via D’Amelio avvenuto a Palermo. Sul banco degli imputati boss e falsi pentiti per l’eccidio che segui la strage di Capaci in cui morirono, mesi prima, il suo collega Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta.

“Dopo la strage di Capaci – ha sottolineato Manfredi Borsellino – mio padre usava l’agenda rossa in modo compulsivo. Scriveva costantemente. E si trattava sicuramente di appunti di lavoro e dell’attività frenetica di quei giorni”. Il figlio del giudice si è detto certo che nell’agenda, scomparsa dopo la strage dalla borsa in cui il magistrato la custodiva, ci fossero cose importanti.

“Mio padre – ha spiegato – dopo la morte di Falcone era consapevole che sarebbe toccato a lui e di essere costantemente in pericolo. Aveva l’esigenza di lasciare tracce scritte. Non poteva metterci in pericolo rivelandoci delle cose”. Il figlio del magistrato si è detto convinto che se l’agenda rossa fosse stata trovata le indagini sulla morte del padre avrebbero avuto una piega diversa.

“Nessuno – ha aggiunto – ci chiese perché attribuivamo tanta importanza all’agenda rossa. E invece credo che investigativamente fosse importante fare accertamenti. Quando l’allora capo della Mobile, Arnaldo La Barbera ci ridiede la borsa – ha ricordato Manfredi Borsellino – e vedemmo che l’agenda non c’era e chiedemmo conto della cosa, si irritò molto.

Sembrava che gli interessasse solo sbrigarsi e che gli stessimo facendo perdere tempo. Praticamente disse a mia sorella Lucia che l’agenda non era mai esistita e che farneticava. Usò dei modi a dir poco discutibili”, ha detto ancora nella sua deposizione il figlio di Borsellino.

Lucia Borsellino
Lucia Borsellino

Deposizione anche per la figlia del giudice, Lucia Borsellino: “Il 19 luglio del 1992, – spiega – il giorno della sua morte, vidi mio padre mettere nella borsa, tra le altre cose, un’agenda rossa da cui non si separava mai”, ha detto Lucia Borsellino. “Non so perchè la usasse – ha spiegato – o cosa ci fosse scritto perché non ero solita chiedergli del suo lavoro”.

Lucia Borsellino, ribadisce poi le frasi riferite ai magistrati di Caltanissetta dal fratello Manfredi: “Qualche mese dopo la strage, l’ex questore Arnaldo La Barbera ci restituì la borsa di mio padre. L’agenda rossa non c’era più. Io mi lamentai della scomparsa e chiesi che fine avesse fatto. La Barbera escluse che ci fosse stata e mi disse che deliravo”, ha detto la Borsellino. La teste ha ricordato il teso scambio di battute con La Barbera, che coordinò il pool che indagò sulle stragi Falcone e Borsellino.

“Quando gli manifestai il mio fastidio – ha aggiunto Lucia Borsellino – mi disse che avevo bisogno di aiuto psicologico”. La figlia del magistrato ha raccontato di avere successivamente trovato a casa del padre un’altra agenda, di colore grigio, che consegnò all’allora pm di Caltanissetta Anna Palma. “Visto quanto accaduto nella storia di questo paese – ha aggiunto – chiesi che ne facessero delle fotocopie e che acquisissero quelle, ma che l’originale ci fosse restituito”.

Manfredi Borsellino
Manfredi Borsellino

“Mia madre è stata lucida fino alla fine”, ha spiegato inoltre la figlia del magistrato ricordando che l’ex capo del Ros, Antonio Subranni, dopo aver appreso delle dichiarazioni accusatorie fatte contro di lui dalla vedova Borsellino, aveva messo in dubbio le capacità mentali della donna da anni malata di leucemia. Disse che aveva l’alzheimer – ha proseguito – ma non era vero”.

Agnese Borsellino, a distanza di 15 anni dall’assassinio del marito, raccontò ai pm di Caltanissetta che il marito le aveva confidato di presunti rapporti tra Subranni e la mafia. “Credo – ha detto la testimone in qualche modo spiegando il perché della tardività delle dichiarazioni della madre – avesse paura di essere lasciata sola dalle istituzioni e che noi potessimo rimanere isolati. Ma col tempo si è sentita più libera e la sua sete di giustizia si è andata affermando sempre di più, anche perchè le preoccupazioni nei nostri confronti si andavano attenuando”.

“Una volta un mio ex fidanzato chiese a mio padre cosa pensasse di Bruno Contrada e lui si turbò molto. Ci fece capire che era una persona di cui non si doveva parlare”, ha poi concluso Lucia Borsellino.

Decennale morte Fortugno, Mattarella: "Reagire al malaffare"

Franco Fortugno
Franco Fortugno (foto Cufari)

Nel decennale dall’assassinio di Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri il 16 ottobre 2005, giorno delle primarie del Centrosinistra, sono state diverse le commemorazioni in Calabria. In un messaggio indirizzato alla vedova Fortugno, Maria Grazia Laganà, ex parlamentare del Pd, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella scrive:

“A dieci anni dal vile assassinio di Franco Fortugno rivolgo un commosso omaggio alla sua memoria. Resistere e reagire con fermezza ad ogni forma di malaffare, di condizionamento e di connivenza è il modo migliore per ricordare coloro che, come Franco Fortugno, hanno perso la vita per non sottostare al sistema di violenza e di intimidazione delle organizzazioni criminali”, ha sottolineato Sergio Mattarella.

“Motivo di fiducia – ha proseguito il Presidente Mattarella – è l’impegno contro le mafie di tanti giovani che grazie anche all’attiva partecipazione a percorsi di educazione alla legalità promossi dalle scuole hanno maturato la consapevolezza che per la Locride, come per l’intero Paese, le prospettive di sviluppo sociale ed economico passano attraverso una piena e diffusa adesione ai principi di legalità e di giustizia”.

Stamane a Locri, presso la Casa della cultura, il Consiglio regionale della Calabria ha dedicato un evento nel decennale della barbara uccisione di Fortugno cui hanno preso parte, fra gli altri, Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno; Marco Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare Antimafia.

Torino, anziano ucciso per rapina. “Colpito più volte alla testa”

Lo stabile di Via Forlì dove è stato ucciso Giovanni Battista Boggio
Lo stabile di Via Forlì dove è stato ucciso Giovanni Battista Boggio (Ansa)

Sono almeno una decina i colpi alla testa, inferti con un corpo contundente, che hanno ucciso Giovanni Battista Boggio, il pensionato di 70 anni trovato morto venerdì scorso nel suo appartamento a Torino.

Lo ha stabilito l’autopsia effettuata dal medico legale Roberto Testi, su incarico del pm Laura Ruffino. L’esame ha confermato che la morte risale alla notte tra mercoledì e giovedì, quando i vicini di casa hanno sentito delle urla provenire della casa della vittima.

Giovanni Battista Boggio è stato trovato morto, con il cranio fracassato, nel suo appartamento al piano rialzato, in via Forlì, alla periferia di Torino. Per la polizia, che è sul posto, si tratta di omicidio.

La vittima viveva solo. A trovarlo i vigili del fuoco intervenuti dopo la segnalazione dei medici da cui l’anziano avrebbe dovuto presentarsi per una visita programmata. Tra le prime ipotesi quella di una rapina finita in tragedia.

Interno della casa di Giovanni Battista Boggio
Interno della casa di Giovanni Battista Boggio

Dalla casa dell’anziano, secondo quanto trapelato mancherebbero il portafoglio e il cellulare, forse rubati dal suo assassino. O per rapina o per inscenarla e sviare le indagini. Si segue anche la pista della “vendetta”, cioè di qualcuno che ha compiuto un furto nella sede Atc, sempre in via Forlì, (scatoloni di pasta e altri alimenti destinati agli indigenti), di cui Giovanni Battista Boggio è stato forse testimone. Indagano gli inquirenti per risalire all’autore del crimine.

Maltempo, allerta al Sud. Sindaco Benevento: "Lasciate le case"

Maltempo a al sud, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia Basilicata Una immagine della scorsa alluvione che ha flagellato Benevento e provincia
Una immagine della scorsa alluvione che ha flagellato Benevento e provincia

Criticità arancione su Calabria, Puglia, Basilicata e Campania, afferma la Protezione civile nel suo bollettino meteo quotidiano. A Benevento la criticità più avvertita, dove nei giorni scorsi il maltempo ha provocato due morti, il sindaco ha invitato i cittadini ad abbandonare le case e rifugiarsi altrove.

La nuova fase di maltempo iniziata nella giornata di ieri, sta interessando le regioni del centro-sud, fase che continuerà domani a far sentire i propri effetti, con fenomeni che insisteranno sulle regioni meridionali.

L’avviso prevede dalla tarda serata di lunedì 19 ottobre, precipitazioni da sparse a diffuse, anche a carattere di rovescio o temporale, su Basilicata e Calabria. I fenomeni persisteranno domani, martedì 20 ottobre, su Campania e Puglia. Le precipitazioni saranno accompagnate da rovesci di forte intensità, frequente attività elettrica e forti raffiche di vento.

In seguito all’allarme meteo della Protezione civile, il Comune di Benevento “consiglia ai cittadini delle aree già colpite e, in particolare, ai residenti di Ponte Valentino, Pantano, Ponticelli, Santa Clementina e via Cosimo Nuzzolo di mettersi in sicurezza allontanandosi dall’abitazione o salendo ai piani alti quando possibile”.

Allertate le regioni interessate che dovranno attivare i sistemi di intervento. In allarme Protezione civile, volontari e Vigili del fuoco. Molti comuni chiuderanno le scuole già da domani.

Ieri notte in auto per molti cittadini di Benevento che, in seguito al bollettino “arancione” diramato dalla Protezione civile e, in particolare, quelli residenti nella zona Pantano, una delle aree cittadine più disastrate dalla passata alluvione, hanno dormito in auto per non abbandonare le loro abitazioni. Circa tremila pasti, tra pranzo e cena, intanto, sono stati distribuiti nella sola giornata di ieri dalla Caritas di Benevento agli sfollati e ai volontari.

Secondo il Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare i prossimi giorni sulla nostra penisola saranno caratterizzati da forte instabilità: “avremo due aree di bassa pressione che determinano condizioni di instabilità atmosferica; la prima è posizionata sul nord est mentre la seconda sul settore ionico con sistema frontale che al momento interessa in particolar modo la parte centro meridionale della Puglia.

Sulle restanti aree dell’Italia permane una debole variabilità atmosferica”. Già a partire da oggi il maltempo si farà sentire sul settore orientale con: “piogge sparse su Veneto settentrionale, Friuli Venezia Giulia, settori orientali della Lombardia, i fenomeni risulteranno nevosi – prosegue L’Aereonautica Militare – sulle zone alpine superiori ai 1500 metri. Progressiva attenuazione dei fenomeni e delle nubi nel corso del pomeriggio”. E’ torna la paura per fiumi torrenti e rigoli che solcano le aree contrassegnate da Protezione civile e Aeronautica.

Far west a Bari. Commando assalta blindati "manu militari"

Far west a Bari. Commando assalta blindati "manu militari"
Uno dei mezzi incendiati e uno dei blidati blu dell’Ivri

Scene da far west stamane a Bari. Un commando formato da circa dieci persone, armato di kalashnikov e bombe, ha assaltato due blindati portavalori dell’Ivri che si stavano recando a depositare somme di denaro alla Banca d’Italia.

L’assalto, studiato a tavolino nei minimi particolari, è avvenuto intorno alle 8.30 nella zona industriale di Bari, all’altezza del parco commerciale Barima. I banditi, per portare a termine la rapina hanno bloccato le strade con dei mezzi pesanti ponendoli di traverso e incendiati. Un’azione militare compiuta da professionisti.

Una volta serrati gli accessi, per impedire l’intervento delle forze dell’Ordine, i banditi hanno sparato all’impazzata raffiche di mitra contro i due blindati. Con un flessibile sono riusciti ad aprire un varco nella fiancata di uno dei furgoni prelevando uno o due sacchi contenenti parte del bottino. Solo una parte poiché nel momento in cui hanno aperto il blindato è entrato in funzione il sistema antirapina che consiste nello spruzzo di materiale schiumoso che si solidifica. Ancora da quantificare la quantità di denaro rubata.

Non ci sarebbero feriti tra le sei guardie giurate, le quali avrebbero riportato solo qualche contusione. Ma la paura è stata tantissima per i vigilantes dell’Ivri.

Dopo il colpo, il commando è fuggito a bordo di tre automobili, probabilmente rubate. Le forze dell’Ordine hanno avviato ricerche in tutta la regione predisponendo posti di blocco nel Barese e in altre aree, comprese le arterie autostradali. per le ricerche sono impiegati anche alcuni elicotteri allo scopo di individuare la banda di malviventi. Di loro ancora nessuna traccia.

Dopo la fuga della banda, nella zona industriale sono intervenuti i vigili del fuoco e i carabinieri della Compagnia San Paolo, del Reparto operativo del comando di Bari e quelli della Scientifica.

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