15 Ottobre 2024

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Scandalo in Uk, ex ministro: “Modificare virus per spaventare a morte i cittadini”

Scandalo in Gran Bretagna dove i media stanno facendo le pulci su ciò che accadde nei primi due anni della pandemia scoprendo alcune clamorose conversazioni in chat tra esponenti dell’allora governo Johnson su come terrorizzare i cittadini attraverso la manipolazione di una variante del virus.

Secondo quanto riporta il Daily Mail, l’ex ministro alla salute, Matt Hancock, ebbe una conversazione su WhatsApp su come “implementare” (modificare, ndr) una nuova variante del virus per “spaventare tutti a morte” (letteralmente “farla fare addosso nei pantaloni per la paura”) e incoraggiare la popolazione ad attenersi alle regole del lockdown e rispettare le restrizioni. Intanto, Hancock ha chiesto l’immunità sui decessi nelle case di cura.

A far trapelare i messaggi la giornalista freelance che collabora con il Teleghaph Isabel Oakeshott, che ha raccolto divulgato circa 10mila messaggi WhatsApp. La giornalista era vicina all’allora ministro della Salute, ma visto il materiale scottante per le mani, ha evidentemente deciso di rendere tutto pubblico. L’ex ministro l’accusa ora di tradimento della fiducia. La Bbc racconta chi è.

L’ultima serie di scambi di WhatsApp trapelati e pubblicati sul Telegraph mostrano che Hancock e altri hanno discusso su come utilizzare una strategia sulla variante Kent del virus per spaventare i cittadini e convincerli a cambiare il proprio comportamento, quindi accettare senza fiatare le nuove chiusure e le restrizioni alle libertà personali e di circolazione, nel frattempo spingere con le campagne vaccinali.

Le conversazioni trapelate includono l’ex ministro Hancock, l’allora suo consigliere alla comunicazione Damon Poole, il capo di Gabinetto Simon Case e Gina Coladangelo, pezzo grosso del dipartimento alla Sanità britannico – figlia di un magnate italiano della farmaceutica -, che nel giugno 2021 è stata pizzicata in “effusioni” con il ministro, nonostante fosse sposata con un altro magnate inglese che tratta gioielli in tutto il paese.

Scrive il Mail: A dicembre 2020, gli scambi mostrano la preoccupazione che il sindaco di Londra Sadiq Khan potesse seguire l’esempio del sindaco di Manchester Andy Burnham, che si era scontrato con il governo sulla decisione di imporre rigide restrizioni di blocco alla regione.

Il consigliere di Hancock ha scritto in chat: “Piuttosto che fare troppe segnalazioni in avanti, possiamo alzare il tono con il nuovo ceppo”.

“Spaventiamo facendola fare addosso a tutti con il nuovo ceppo”, ha risposto l’allora ministro della Sanità.

“Ma la complicazione con quella Brexit sta prendendo il sopravvento”, ha detto il consigliere, in un apparente riferimento alla copertura mediatica dell’uscita del Regno Unito dall’Ue.

“Sì, questo è ciò che otterrà un cambiamento di comportamento adeguato”, ha detto il consulente.

“Quando distribuiremo la nuova variante”, ha detto Hancock.

La conversazione, il 13 dicembre 2020, è avvenuta tra le preoccupazioni per la rapida diffusione del virus nel sud-est dell’Inghilterra. Hancock ha annunciato che una nuova variante di Covid-19 è stata identificata nel Regno Unito il 14 dicembre.

Londra e il sud-est dell’Inghilterra sarebbero entrati in un nuovo livello di allerta, è stato annunciato il 19 dicembre, quando l’allora primo ministro Boris Johnson ha anche annullato una manifestazione natalizia che permetteva alle famiglie di incontrarsi. L’intera Inghilterra è entrata nel terzo blocco nazionale il 6 gennaio 2021.

I messaggi del 10 gennaio 21 mostrano Hancock e il segretario di gabinetto Simon Case che discutono dei modi per garantire la conformità alle leggi.

“L’uso di più mascherine potrebbe essere l’unica cosa da considerare”, aggiungendo ‘Efficacemente gratuito e ha un impatto molto visibile? Indossare mascherine in tutti gli ambienti fuori casa e in più luoghi di lavoro?”

“Non sono sicuro che questo ci abbia portato molto oltre, vero? Fondamentalmente, dobbiamo aumentare la conformità”.

Naufragio, Meloni: “Da Frontex nessun Sos. Prossimo Cdm a Cutro sull’immigrazione”

La premier Giorgia Meloni in un punto stampa ad Abu Dhabi ha parlato della strage dei migranti nel Crotonese. “Ho valutato di celebrare il prossimo Cdm a Cutro sull’immigrazione”, ha detto. “La situazione è semplice nella sua drammaticità: non ci sono arrivate indicazioni di emergenza da Frontex”, ha spiegato

La rotta, inoltre, non è coperta dalle organizzazioni non governative e nulla dunque hanno a che fare con le politiche del governo. Nonostante noi lavoriamo per fermare i flussi illegali, abbiamo continuato a salvare tutte le persone. Questa è la storia. Io davvero non credo ci siano materie su cui esagerare così per colpire ciò che si considera un proprio avversario”.

“Noi siamo molto abituati ad accorgerci dei problemi quando c’è una tragedia ed invece c’è chi ne parla da quando è a palazzo Chigi nel disinteresse generale. Io cerco soluzioni, l’Italia non può risolvere la questione da sola, ma per evitare che altra gente muoia vanno fermate le partenze illegali. Un modo per onorare la morte di persone innocenti è cercare una soluzione”.

“Le opposizioni ogni giorno chiedono le dimissioni di un ministro diverso – ha aggiunto poi Meloni rispondendo alla richiesta di dimissioni di Matteo Piantedosi avanzata dalle opposizioni -, lei capisce che non fa più molto notizia”.

Il governo ha sempre fatto “tutto quello che potevamo fare per salvare vite umane quando eravamo consapevoli che c’era un problema, in questo caso non siamo stati consapevoli perché non siamo stati avvertiti, voi avete tutte le evidenze a conferma di questo fatto e se qualcuno sa qualcosa di diverso è bene che ce lo dica”. “Noi dall’inizio – ha detto ancora Meloni – continuiamo a fare tutto quello che possiamo per impedire che il lavoro degli scafisti continui a mettere a repentaglio le vite umane. Stamattina qui con Bin Zayed ho parlato di immigrazione, di come favorire flussi legali impedendo flussi illegali, di come fermare una tratta vergognosa e cinica che mette a repentaglio la vita delle persone e credo non sia passato un solo giorno senza che mi sia occupata di questa materia”.

La presidente del Consiglio ha anche risposto in merito alla lettera che il sindaco di Crotone le ha inviato: “La lettera del sindaco di Crotone non l’ho letta tutta – ha spiegato -. Posso solo dire che io sono rimasta colpita dalle ricostruzioni di questi giorni. Ma davvero, in coscienza, c’è qualcuno che ritiene che il governo abbia volutamente fatto morire 60 persone? Vi chiedo se qualcuno pensa che se si fosse potuto salvare 60 persone, non lo avremmo fatto. Vi prego, siamo un minimo seri”.

“Se non ha ritenuto di portare la sua vicinanza come Presidente del Consiglio, venga a Crotone a portarla da mamma”, ha scritto il primo cittadino di Crotone, Vincenzo Voce, a Giorgia Meloni. “Questo popolo – aggiunge Voce – aspettava una testimonianza della presenza dello Stato, che è arrivata altissima dal Capo dello Stato. Ma qui è mancato il Governo, è mancata lei presidente. Abbiamo aspettato una settimana. La comunità crotonese, colpita da un dolore enorme, ha aspettato un suo messaggio, una sua telefonata, un suo cenno, che non sono arrivati”. (Ansa)

Naufragio, trovato il corpo di un ragazzino. 70 vittime

Ansa

Il corpo senza vita di un altro bambino vittima del naufragio di domenica scorsa a Steccato di Cutro è stato trovato sulla spiaggia di Botricello, nel catanzarese. Il punto del ritrovamento dista una decina di chilometri da quello in cui è naufragato il barcone carico di migranti.

Si tratta di un minore adolescente di età apparente di 12-13 anni. Questo minore si aggiunge al bambino di circa tre anni che era stato recuperato dal mare stamattina a Cutro.

Con quello di Botricello salgono a 70 i morti accertati del naufragio, il diciassettesimo minore. Si teme che le vittime possano essere un centinaio. Proseguono le ricerche da parte dei soccorritori.

Naufragio, trovano un altro bambino morto: vittime salgono a 69

I vigili del fuoco hanno trovato in mare il corpo di un bambino che faceva parte del gruppo di migranti coinvolti nel naufragio di domenica scorsa a Steccato di Cutro, nel Crotonese.

Si tratta del 17esimo minore trovato morto. Il piccolo, che non aveva più di tre anni, è la sessantanovesima vittima del naufragio del barcone.

Il piccolo corpo è stato notato da alcuni volontari che si trovavano sulla spiaggia. A recuperare il cadavere sono stati poi la Guardia costiera ed i vigili del fuoco.

‘Ndrangheta, confiscati beni per 1,4 milioni a un imprenditore edìle

Beni mobili e immobili per un valore complessivo di 1,4 milioni di euro sono stati confiscati dai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che ha agito con il coordinamento della Dda, ad un imprenditore edile reggino, già attivo nel settore dei pubblici appalti, indiziato di contiguità con la ‘ndrangheta.

Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria.

L’imprenditore, secondo quanto riferito, è stato coinvolto in diverse attività investigative, coordinate e dirette dalla Dda reggina, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, dalle quali è emerso che la sua ascesa imprenditoriale sarebbe stata favorita dall’appoggio della criminalità organizzata reggina.

In particolare nell’operazione “Nuovo corso”, poi confluita nel processo denominato “Epicentro”, il destinatario del provvedimento di confisca è stato condannato, in primo grado, alla pena di otto anni di reclusione per il reato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso.

A seguito di ciò la Dda ha delegato il Gico della Guardia di Finanza a svolgere un’indagine a carattere economico e patrimoniale finalizzata all’applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali. Gli accertamenti hanno consentito di ricostruire il patrimonio direttamente e indirettamente nelle disponibilità dell’imprenditore e il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

La confisca, anche per equivalente, riguarda quote di partecipazione al capitale di una società operante nel noleggio autovetture, 12 fabbricati, otto terreni e disponibilità finanziarie.

Morto il senatore PD Bruno Astorre. E’ giallo. Procura indaga per “istigazione al suicidio”

Il senatore del Partito democratico Bruno Astorre, segretario regionale dem del Lazio, è morto in circostanze misteriose “mentre si trovava in uno degli uffici del Senato a palazzo Cenci”, riportano i media. Nell’edificio, che ospita i parlamentari di Palazzo Madama, sono arrivati il segretario generale del Senato accompagnato dal dirigente dell’ispettorato della Polizia di Stato presso il ramo del parlamento. Il portone d’ingresso è stato subito chiuso dopo il fatto.

La Procura di Roma ha aperto, “come atto dovuto”, un fascicolo di indagine. Il procedimento è rubricato come “istigazione al suicidio”. È stato effettuato un sopralluogo a Palazzo Cenci da parte del pm di turno che potrebbe disporre l’autopsia.

Astorre – nato a Roma l’11 marzo 1963 – avrebbe tra poco compiuto 60 anni. Senatore dal 2013, dal dicembre del 2018 era segretario regionale del Pd nel Lazio. L’uomo era sposato con Francesca Sbardella, anche lei dem, sindaco di Frascati, eletta nelle comunali dell’ottobre 2021.

E’ giallo sulla morte del senatore Bruno Astorre, personaggio eccellente della politica nazionale. Suicidio o malore improvviso? 

Secondo quanto circola sui media, (Tgcom e Messaggero su tutti), che citano alcune fonti di Polizia, il senatore Bruno Astorre si sarebbe gettato dalla finestra posta al “quarto piano” (forse il terzo) di palazzo Cenci. Probabilmente all’interno del cortile del palazzo, non fuori dall’edificio, altrimenti sarebbe stato visto da centinaia di persone che passano da lì ogni minuto, data la posizione centrale, a qualche decina di metri dal Pantheon.

Nelle prime versioni diffuse dalle agenzie di stampa il parlamentare sarebbe invece stato trovato “morto nel suo ufficio”, probabilmente per un malore improvviso. Perché allora la procura indaga per istigazione al suicidio? Di certo, dai sopralluoghi dei pm sarebbero emersi elementi tali da ipotizzare questo reato. Estremo gesto volontario o suicidato da altri?, è la domanda che sorge spontanea dopo i numerosi casi di suicidi “assistiti”.

Cosa sia successo davvero non è ancora chiaro. Un caso avvolto nel mistero che riporta alla mente il caso di David Rossi, il capo comunicazione del Monte Paschi di Siena che si sarebbe suicidato gettandosi dalla finestra del suo ufficio, a Siena. Un episodio che fece sorgere mille sospetti, tra depistaggi e incongruenze investigative. Diverse inchieste giornalistiche, “Quarto Grado” in primis, hanno mostrato tutti i lati oscuri di quella vicenda, da cui è emerso forte il sospetto che Rossi sarebbe stato in realtà “suicidato”.

Ma che motivi aveva Bruno Astorre di suicidarsi? Nessuna, almeno finora. Stamattina, partecipando al programma “Officina Stampa BAR” del 3 marzo 2023, pubblicata su YouTube, (video in basso), il senatore Astorre si vede in grandissima forma senza mostrare segni evidenti di malesseri che potessero far pensare che da lì a un’ora circa si sarebbe tolto la vita. L’esponente politico ha anche commentato, in modo misurato e tranquillo, la tragedia di Cutro, sospettando anomalie sui mancati soccorsi. Fra l’altro non avrebbe lasciato nemmeno un biglietto di addio.

Stando ad altre ricostruzioni apparse sui media, Astorre era in compagnia di Nicola Zingaretti e Cecilia D’Elia. Stavano parlando nel corridoio e lui avrebbe accusato mal di stomaco, quando all’improvviso si è accasciato a terra senza riprendere più i sensi. L’ex presidente della regione Lazio ha poi lasciato palazzo Cenci senza rilasciare alcuna dichiarazione. Il mistero resta: suicidio o malore improvviso?

Jonny, torna in libertà l’ex governatore della Misericordia Leonardo Sacco

Leonardo Sacco don Edoardo Scordio
Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio

Leonardo Sacco, l’ex governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto che gestiva il centro per richiedenti asilo di Sant’Anna, arrestato e poi condannato nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Jonny” sulle ingerenze della ‘ndrangheta nella struttura per migranti, è tornato in libertà.

La ha deciso la Corte d’appello di Catanzaro nel nuovo processo di secondo grado disposto da una recente sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato senza rinvio la condanna per le malversazioni di cui era accusato Sacco e con rinvio per la condanna relativa al ruolo di organizzatore dell’associazione mafiosa contestata, oltre alle le aggravanti di cui rispondeva e a una truffa.

La Corte d’Appello di Catanzaro ha ritenuto insussistenti le esigenze cautelari che fino a oggi hanno determinato la sua detenzione al regime carcerario del 41 bis. Sacco era detenuto dal maggio del 2017 quando scattò l’operazione Jonny che portò in carcere decine di affiliati alle cosche di Isola Capo Rizzuto oltre al parroco di Isola don Edoardo Scordio. (ansa)

Naufragio, Salvini: “In malafede chi accusa la Guardia costiera”

Matteo Salvini (Ansa)

La Guarda costiera è stata “codardamente coinvolta in una squallida battaglia politica” e chi “l’accusa è ignorante o è in malafede. Io dico grazie agli uomini di mare e faccio appello a certa politica e certo giornalismo: limitate la polemica. Io ho le spalle larghe, ho ricevuto tante accuse, le ritengo per lo più ingiuste”. Così il ministro delle Infrastrutture e vicepremier, Matteo Salvini, in collegamento con un convegno nel porto di Palermo, parlando della strage di migranti a Cutro e rivolgendo “una preghiera ai morti”.

“Alcuni giornali, alcuni politici e neosegretari di partito – ha aggiunto Salvini – riescono a buttare in confusione e polemica una tragedia che ha nomi e cognomi in carcere, cioè gli scafisti che sono gli assassini. Sono viaggi della morte e non della vita. Perché certa politica e certo giornalismo si presta a questo non sta a me a dirlo. Se la Guardia costiera difenderà la sua onorabilità nelle aule di giustizia farà solo il suo dovere”, ha concluso il ministro dei Trasporti.

Azione – Italia Viva: “Oltre a Salvini guardare soprattutto operato di Conte”

“I 5 stelle chiedono Salvini in aula. L’ho chiesto anche io e lo ribadisco. Solo che a rendere conto del suo operato dovrebbe essere anche e soprattutto Giuseppe Conte che ha condiviso ed emanato le regole che hanno indebolito l’azione di salvataggio delle persone in mare. Invece tace, da giorni”. Lo ha scritto su twitter, Raffaella Paita, presidente
di Azione-Italia Viva in Senato.

Naufragio, Centro soccorsi stima che i dispersi sono tra 27 e 47 persone

Sarebbero tra 27 e 47 le persone ancora disperse del naufragio avvenuto domenica a Steccato di Cutro. E’ quanto emerso nell’ultima riunione del Centro coordinamento soccorsi aperta in Prefettura a Crotone sulla base delle stime delle forze dell’ordine.

Dalla stima potrebbe emergere che i migranti a bordo del barcone erano all’incirca tra 180 e duecento. E’ difficile avere un numero esatto. Sessantotto sono le vittime accertate, circa 80 i sopravvissuti. Da quì la stima che all’appello potrebbero mancare tra ventisette e 47 persone disperse. Dalle alcune immagini diffuse di un telefono si vede che all’interno della stiva c’erano tante persone ammassate, ma non sono stati ripresi altri spazi o anfratti.

Non può escludersi che molti cadaveri siano stati spinti dal mare in tempesta e dalle correnti marine molte miglia a largo, oppure per chilometri lungo le coste non battute dai soccorritori, così come non è da escludere che qualcuno si sia salvato, ma per un suo infondato timore di essere arrestato preferisce restare nella clandestinità.

Le ricerche, coordinate dalla Direzione marittima di Reggio Calabria, proseguiranno ad oltranza per tutto il fine settimana con mezzi aerei, navali, nucleo di sommozzatori e con il personale a terra di Guardia costiera, Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza, Vigili del fuoco e Protezione civile. Le condizioni meteo, in peggioramento, potrebbero rendere difficoltose le ricerche.

Olimpo, scarcerati i fratelli Emanuele e Francescantonio Stillitani

L’ex assessore al Lavoro della Regione Calabria Francescantonio Stillitani

Il Tribunale del riesame di Catanzaro ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare che era stata eseguita il 26 gennaio scorso a carico dell’ex assessore regionale della Calabria Francescantonio Stillitani, di 70 anni, nell’ambito dell’operazione “Olimpo”, coordinata dalla Dda di Catanzaro.

Analoga decisione è stata presa dai giudici nei confronti del fratello di Stillitani, Emanuele, di 68 anni, coinvolto nella stessa inchiesta.

L’annullamento dei provvedimenti restrittivi emessi a carico dei fratelli Stillitani è stato deciso dai giudici del riesame in accoglimento dell’istanza che era stata presentata dai loro
difensori, gli avvocati Enzo Ioppoli, Michele Andreano, Vincenzo Comi ed Enzo Gennaro.

Emanuele Stillitani è stato scarcerato, mentre Francescantonio, che in occasione dell’arresto aveva avuto una complicanza cardiaca ed era stato per questo operato nel Policlinico di Catanzaro, è ricoverato in una casa di cura privata.

L’inchiesta “Olimpo” riguarda i presunti interessi delle cosche di ‘ndrangheta del Vibonese nel settore turistico. Tra le persone coinvolte c’era anche l’ex dirigente del Dipartimento
Turismo della Regione Calabria, Pasquale Anastasi, di 72 anni, l’arresto del quale era stato annullato ieri dallo stesso Tribunale del riesame.

Naufragio, ultimo omaggio dei superstiti ai migranti morti. Chiusa la camera ardente

Ansa

Un ultimo momento di preghiera e raccoglimento davanti alla bare dei propri cari deceduti nel naufragio di domenica 26 febbraio. E’ quello che hanno fatto i sopravvissuti e i parenti delle vittime in concomitanza con il venerdì di preghiera dei musulmani.

Subito dopo il Palamilone di Crotone – nel quale si trovano le 68 bare delle vittime finora recuperate – ha chiuso al pubblico. Al suo interno resterà solo la polizia scientifica che sta ancora lavorando all’identificazione di alcuni cadaveri.

Parenti e sopravvissuti si sono avvicinati alle bare dei loro cari (sulle quali erano stati posti anche dei palloncini a forma di cuore) ed hanno sostato in silenzio ripetendo delle preghiere
dal Corano. Un momento di dolore vissuto con compostezza. Tanti hanno abbracciato le bare.

Presenti anche alcuni bambini che nel naufragio hanno perso i genitori ed i parenti. Tutti erano assistiti dagli psicologi di Medici Senza Frontiere, Croce Rossa Italiana ed Intersos. Dopo l’ultimo saluto si è svolta la preghiera del venerdì nella moschea di Cutro.

Alcune salme verranno rimpatriate nei paesi di origine

Intanto, il Centro coordinamento soccorsi della Prefettura di Crotone ha rinviato a lunedì la decisione per l’espatrio delle salme di alcune delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro. E’ ancora in corso una ricognizione per i nullaosta e soprattutto serve coordinare le procedure con la Farnesina per le vittime afghane, che sono la maggior parte, che
dovranno essere rimpatriate.

La polizia scientifica di Crotone ha identificato finora 56 delle 68 salme. Un lavoro svolto anche attraverso videochiamate alle famiglie nei Paesi di origine. Il comune di Crotone – ascoltata anche l’Azienda sanitaria – ha dato la disponibilità a tenere le salme nel Palamilone finché non saranno espatriate o tumulate. E’ emersa anche la disponibilità del Governo di farsi carico dei costi.

Dal punto di vista burocratico il comune competente a cui presentare le richieste è quello di Cutro, nel cui territorio è avvenuta la tragedia, ma il comune di Crotone si è reso disponibile a fare da ausilio attivando un presidio per agevolare le famiglie che altrimenti dovrebbero recarsi a Cutro.

Finora al settore servizi sociali di Crotone sono arrivate 7 richieste per il trasferimento delle salme, mentre 15 sono state raccolte dalle associazioni del terzo settore che si occupano di immigrazione. L’Unchr, invece, sta raccogliendo le richieste dei parenti delle vittime che sono sopravvissuti al naufragio per il trasferimento delle salme nei Paesi di origine.

Per quanto riguarda le salme ancora non identificate il comune di Crotone ha messo a disposizione 8 loculi (5 nel capoluogo e 3 nella frazione Papanice), mentre nei 27 comuni della provincia ci sono 56 loculi disponibili.

Tanti privati hanno messo a disposizione le loro cappelle. Una volta ottenuti i nulla osta verranno tumulate subito le bare dei minori senza nome. La salma di una bambina non identificata – la cui bara è contrassegnata con la sigla Kr14f9 – verrà sepolta nel Comune di Catanzaro come era stato chiesto del sindaco Nicola Fiorita.

Infine il governo, tramite la Prefettura, ha chiesto ai comuni di Cutro e Crotone di quantificare somme spese per sostenere l’emergenza per poterle rimborsare.

Minaccia l’ex compagna perché non indossa il velo islamico, arrestato

Carabinieri Cirò Marina

Minacciava la compagna perché non voleva più portare il velo islamico. Per questo un cittadino del Marocco di 43 anni è stato arrestato e posto ai domiciliari dai carabinieri della Stazione di Cirò Marina in esecuzione di un’ordinanza del Tribunale di Crotone.

L’uomo, che già dalla scorsa estate era stato sottoposto ad un divieto di avvicinamento alla ex, secondo l’indagine, era stato protagonista di svariati episodi persecutori nei confronti
della donna che, sin da subito, avendo intuito la sua pericolosità, aveva avvertito i carabinieri di Cirò Marina.

La decisione della compagna di non indossare più il velo islamico, secondo l’indagine, potrebbe essere all’origine del gesto dell’uomo che aveva danneggiato in svariati modi, in
talune occasioni manomettendo anche alcune importanti componenti, l’autovettura della donna.

Nonostante la misura cautelare emessa nell’agosto scorso dal Tribunale di Crotone, negli ultimi giorni avrebbe continuato a minacciare l’ex compagna. Da qui la richiesta dei militari al Tribunale per l’aggravamento della misura che è stata accolta tempestivamente.

Viceministro Rixi: “Nessuno ha detto di non soccorrere. Giù le mani dalla Guardia costiera”

“Le regole di ingaggio le determina l’Europa e sono uguali per tutti i salvataggi. Bisogna sempre fare luce e fare indagini interne su qualsiasi cosa. Ma nessuno ha detto di non soccorrere persone in mare. Io in montagna ho salvato delle persone, mentre c’è chi parla sui giornali e che in vita sua non è andato mai a salvare nessuno”. Così il vice ministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi rispondendo ai cronisti sulla strage di migranti a Cutro, a margine di un convegno a Palermo.

“Io sono per fare chiarezza, chiunque andrà in Parlamento. Si vedranno tutte le cose ma non mi piace che qualcuno metta in discussione il fatto che le forze di soccorso italiane, che non dipendono dalla politica perché sono soccorritori in mare a prescindere. Se il problema è chi fa il ministro o il viceministro ne possiamo parlare, ma nessuno tocchi la Guardia costiera perché metteremmo in discussione un corpo che è ammirato a livello mondiale e vorrei venisse ammirato anche da questo Paese”, ha ribadito Rixi.

“Piantedosi è un prefetto e parla da prefetto, se fosse un politico parlerebbe da politico. Dall’inizio dell’anno abbiamo salvato più gente di tutte le altre nazioni del Mediterraneo messe insieme. Anche su questa situazione, la Grecia non è intervenuta per 4 giorni. Le segnalazioni sono state fatte, così come sono state fatte all’Italia e l’Italia ha provato a intervenire” ha aggiunto Rixi riferendosi alle parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi subito dopo il naufragio dei migranti a Cutro che hanno sollevato polemiche. Rixi ha aggiunto che il ministro Piantedosi gode “della massima fiducia”.

Naufragio migranti a Cutro, delegate ai Carabinieri le indagini sui soccorsi

Sarà formalizzata all’inizio della prossima settimana, probabilmente già lunedì prossimo, la delega ai carabinieri da parte della Procura della Repubblica di Crotone per l’acquisizione di tutti gli atti relativi alla gestione di Guardia di finanza e Guardia costiera del barcone carico di migranti che si è schiantato contro una secca ad un centinaio di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro.

In questi giorni, infatti, il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia è fuori sede, essendo dovuto rientrare a Lecce, sua città natale, per motivi familiari.

Il magistrato dovrebbe rientrare in sede lunedì e dovrebbe essere allora che, insieme al pm titolare dell’inchiesta, Pasquale Festa, sarà affidata formalmente ai carabinieri la delega all’acquisizione degli atti nell’ambito del nuovo filone di indagini – al momento contro ignoti e senza ipotizzare un reato – aperto per chiarire quali siano state le decisioni prese dopo la segnalazione di Frontex delle 23.03 di sabato 25, di un barcone a 40 miglia dalla costa calabrese.

La Procura intende così accertare quali decisioni siano state prese e se vi siano state falle penalmente rilevanti nella catena dei soccorsi.

Traffico di droga tra Calabria e Sicilia, 15 arresti

Quindici misure cautelari, di cui 11 in carcere e 4 ai domiciliari, sono state eseguite in nottata da cento poliziotti impegnati a Messina in una vasta operazione antidroga coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia peloritana e condotte dalla Squadra Mobile e dalla Sisco (Sezione investigativa del servizio centrale operativo) di Messina.

L’indagine è partita dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che ha riferito dell’acquisto di cospicui quantitativi di sostanze stupefacenti dalla Calabria – in particolar modo cocaina – da lui intrattenuti con messinesi.

Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e vari episodi di spaccio.

Il gruppo criminale operante nei quartieri di Santa Lucia Sopra Contesse e Camaro, a Messina, si riforniva in Calabria e Catania. A capo del sodalizio criminale c’erano tre persone tra i 40 e i 51 anni.

Prima di Natale del 2021, tre degli odierni indagati sono stati trovati in possesso di uno zaino con circa 4,5 chili di cocaina, mentre consegnavano al “compratore” 70.000 euro. Nel corso delle successive perquisizioni trovati in un’abitazione altri 180 mila euro. La droga sequestrata veniva custodita da un insospettabile, un messinese di 42 anni incensurato, oggi raggiunto dal provvedimento cautelare degli arresti domiciliari.

Arrestata Rosalia Messina Denaro, sorella del boss. Giudice: “Incontri e pizzini col fratello”

I carabinieri del Ros hanno arrestato Rosalia Messina Denaro, sorella di Matteo, il super boss latitante arrestato a Palermo lo scorso 16 gennaio. Il provvedimento è stato emesso dal giudice distrettuale su richiesta della Dda palermitana. Rosalia Messina Denaro è accusata associazione di tipo mafioso.

L’operazione – spiega una nota dell’Arma – costituisce la prosecuzione dell’indagine che ha portato all’arresto di Matteo Messina Denaro.

In quella circostanza fu arrestato nella flagranza di reato, il suo accompagnatore Giovanni Salvatore Luppino per procurata inosservanza di pena e favoreggiamento, aggravati dalle modalità mafiose.

Successivamente fu arrestato Andrea Bonafede, di 59 anni (il prestanome del boss), per partecipazione ad associazione mafiosa; poi il medico del capomafia Alfonso Tumbarello, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa ed altri reati pure aggravati dalle modalità mafiose; e di altro Andrea Bonafede, di 55 anni, (cugino omonimo del primo), ritenuto responsabile di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento, reati aggravati dalle modalità mafiose. Sono attualmente in corso varie perquisizioni nella provincia di Trapani.

Secondo gli inquirenti, la donna avrebbe aiutato per anni il fratello a sottrarsi alla cattura e avrebbe gestito per suo conto la “cassa” della “famiglia” e la rete di trasmissione dei “pizzini”, consentendo così al capomafia di mantenere i rapporti con i suoi uomini durante la sua lunga latitanza. E’ stato un appunto dettagliato sulle condizioni di salute di Matteo Messina Denaro, scritto dalla sorella Rosalia e da lei nascosto nell’intercapedine di una sedia, a dare agli investigatori l’input che ha portato, il 16 gennaio scorso, all’arresto del capomafia. Lo scritto è stato scoperto dai carabinieri del Ros il 6 dicembre scorso mentre piazzavano delle cimici nella abitazione della donna. Mentre cercano il posto giusto per nasconderle, i militari scoprono un appunto all’interno di una gamba cava di una sedia.

Rosalia detta Rosetta, la maggiore delle quattro sorelle di Messina Denaro, è madre di Lorenza Guttadauro, avvocato che, dal giorno del suo arresto, assiste il capomafia, e moglie di Filippo Guttadauro che ha scontato 14 anni per associazione mafiosa ed è tuttora in carcere al cosiddetto “ergastolo bianco” (pena che può essere prorogata più volte perché si ritiene che la persona possa essere ancora pericolosa, ndr).

Il secondo figlio della donna, Francesco, nipote prediletto del padrino trapanese, sta espiando una condanna a 16 anni sempre per associazione mafiosa. L’operazione che ha portato all’arresto di Rosalia Messina Denaro è stata condotta oltre che dal Ros, anche dai carabinieri del Comando provinciale di Trapani e dello squadrone eliportato dei Cacciatori di Sicilia. La misura cautelare è stata disposta dal gip Alfredo Montalto.

“La progressione investigativa che ha condotto allo storico risultato della cattura dell’ultimo grande stragista – si legge nella misura cautelare con cui il gip di Palermo ha disposto l’arresto di Rosalia – è stata originata da uno scritto, improvvidamente custodito, sebbene abilmente occultato, proprio da Rosalia Messina Denaro. Il che dimostra che la donna era stata passo passo resa edotta dal latitante della scoperta della malattia e di tutti i successivi interventi chirurgici, avendo avuto probabilmente più volte occasioni per incontrarlo di persona e sincerarsi delle sue condizioni di salute”. L’appunto di cui parla il gip, in cui la donna aveva annotato tutto l’iter sanitario seguito dal fratello, è stato scoperto nella sua casa, il 6 dicembre scorso, dai carabinieri intenti a piazzare delle microspie. Il promemoria è stato fotografato e rimesso al suo posto. Il giorno della cattura del capomafia gli inquirenti, perquisendo l’appartamento di Rosalia, l’hanno trovato esattamente nello stesso posto in cui l’avevano scoperto. Era rimasto lì, segno che sorella del capomafia continuava a ritenere sicuro il nascondiglio e non si è mai accorta della “visita” dei carabinieri.

Rosalia Messina Denaro “è stata da decenni il punto di riferimento economico del capomafia ricercato e persona di assoluta fiducia del boss al quale garantiva non solo di fronteggiare le difficoltà e assicurarsi il sostentamento, non solo di sottrarsi all’esecuzione di pesantissime pene detentive per i reati più gravi e terribili commessi nella nostra storia repubblicana, non solo di gestire la riservatissima catena dei pizzini attraverso cui il capo provincia veicolava gli ordini mafiosi agli altri associati i sodali; ma anche consentire a Cosa nostra di avere un capo autorevole, di fregiarsi di avere un suo esponente apicale, ultimo stragista, ancora Iibero per il quale il protrarsi della latitanza continuava ad alimentarne la legenda (e quindi il naturale proselitismo che ne derivava e di cui si sarebbe potuta giovare l’intera associazione mafiosa)”.

Rosalia, secondo i magistrati, ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione del flusso di denaro contante a disposizione della famiglia mafiosa. Decine i pizzini con la contabilità del capomafia rinvenuti nell’abitazione della donna, che eseguiva gli ordini del fratello e consegnava i soldi a una serie di soggetti, rendicontando puntualmente di anno in anno entrate e uscite. Alcuni appunti sono stati trovati in una botola nel sottotetto della casa di campagna: “pizzini” tutti con oggetto nomi in codice, ordini e somme di denaro.
In uno degli appunti il boss ricorda al destinatario l’esistenza di una grossa provvista (64.100 euro) e le spese già affrontate (12.400 euro). E impartisce a chi avrebbe ricevuto il messaggio l’ordine su quanto spendere per il periodo successivo (“per il prossimo periodo devi spendere di nuovo 12.400”).
“Tale espressione – scrive il gip che ha arrestato Rosalia Messia Denaro – rivela con certezza l’esistenza di un fondo riservato: il tenore della espressione devi lascia certamente intendere che si tratta di somme da utilizzare non per il personale soddisfacimento di chi le aveva in custodia, ossia il destinatario del pizzino, ma assai verosimilmente doveva essere costui a sua volta a distribuire il denaro a terzi”.
Natura della provvista, per i pm, è la “cassa”, “espressione oramai divenuta notoria con la quale le famiglie di Cosa nostra – continua il giudice – indicano la giacenza alimentata dai proventi illeciti di denaro in contanti, pronta a essere utilizzata, con cui l’articolazione o il mandamento mafioso fa fronte alle spese per i detenuti, per le loro famiglie, per gli onorari dei legali e più in generale per i bisogni degli associati”.

Nel provvedimento si sottolinea il ruolo non certo occasionale, ma certamente strutturato della donna “come dimostrato dal lungo pluriennale arco temporale cui i conteggi della ‘cassa’ sono riferibili e dalla costante opera di gestione rassegnata dalla Messina Denaro al fratello latitante con periodici resoconti delle spese e dei residui fondi a disposizione”. “Mi fai scmpre lo spekkietto finale, così so quanto è la cassa”, si legge in uno dei pizzini trovati rivolti dalla donna al boss.
“Assecondando i ritmi imposti dai continui e incessanti arresti che hanno flagellato e decimato la famiglia di sangue del latitante, Rosetta, nome in codice Fragolone (così la indicava il fratello nei biglietti ndr) ha negli anni svolto il ruolo può dirsi forse più affidabile: quello di referente per tutti gli affari di famiglia e quella di fedele detentrice del denaro contante”, conclude.

Omissioni e false attestazioni sul Reddito, denunciati 164 stranieri

finanza reggio calabria

I Finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno approfondito le posizioni di 173 soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza in gran parte extracomunitari, domiciliati principalmente nell’area tra i Comuni di Rosarno e San Ferdinando, nel reggino.

L’indagine condotta dal Gruppo di Gioia Tauro ha consentito di individuare 164 soggetti di nazionalità straniera che, attestando falsamente di risiedere nel territorio nazionale da almeno 10 anni, avrebbero indebitamente percepito il Reddito di cittadinanza.

Attraverso le false attestazioni, i soggetti fraudolentemente ammessi al beneficio hanno indebitamente percepito spettanze per oltre 263 mila euro.

L’attività posta in essere dalla Guardia di Finanza sulla vasta platea di richiedenti ha permesso di interrompere le procedure di assegnazione del contributo per oltre un milione di euro, bloccati preventivamente e quindi non percepiti, segnalando contestualmente alla sede Inps competente territorialmente ai fini della revoca del beneficio.

I soggetti, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, in quanto avrebbero indebitamente percepito il Reddito attestando falsità o omettendo di dichiarare informazioni veritiere.

Olimpo, il Riesame rimette in libertà ex funzionario della Regione Calabria

È tornato in libertà Pasquale Anastasi, di 72 anni, l’ex dirigente del Dipartimento turismo della Regione Calabria che era stato arrestato e posto ai domiciliari il 26 gennaio scorso nell’ambito dell’inchiesta “Olimpo”, condotta dalla Dda di Catanzaro ed incentrata sui presunti interessi della ‘ndrangheta del Vibonese nel settore del turismo.

Il Tribunale del riesame di Catanzaro ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare che era stata emessa a carico di Anastasi.

Decisione presa in accoglimento dell’istanza presentata dai difensori dell’ex dirigente della Regione Calabria, gli avvocati Francesco Gambardella e Vincenzo Trungadi.

Ad Anastasi viene contestato il reato di traffico di influenze illecite, con l’aggravante della mafiosità. L’ex dirigente, in particolare, avrebbe messo in atto, secondo l’accusa, una mediazione illecita con apparati della Regione, di cui è stato dirigente fino al 2016, per favorire un imprenditore turistico del Vibonese.

Tesi accusatoria contestata dagli avvocati Gambardella e Trungadi, che nella loro istanza di revoca della misura cautelare avevano sostenuto l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’ex dirigente regionale.

Coppia di coniugi trovata uccisa nelle campagne di Brindisi, caccia al killer

Ansa

Due coniugi sono stati ritrovati morti mercoledì nell’abitazione di campagna in cui vivevano, nel piccolo borgo di Serranova, frazione di Carovigno (Brindisi).

Sui corpi di entrambe le vittime ci sono ferite provocate da arma da fuoco. Gli investigatori ipotizzano si tratti di un duplice omicidio. A chiamare i carabinieri sarebbe stato il fratello dell’uomo preoccupato perché non lo sentiva da qualche ora. Sul posto c’è stato anche il medico legale per una prima ispezione cadaverica, oltre al pm di turno.

Le vittime sono Antonio Calò, di 70 anni e la moglie Caterina Martucci, di 64 anni. I coniugi sono stati uccisi a colpi di fucile. Indagini serrate da parte dei carabinieri per risalire al killer. Finora l’arma del delitto non è stata trovata.

La coppia è stata uccisa nel loro casolare di campagna. Il cadavere dell’uomo, secondo quanto riporta l’Ansa, era riverso a terra in soggiorno, mentre il corpo della donna nella stanza da letto.

E’ stato il fratello dell’uomo, Carmelo Calò preoccupato perché non sentiva il 70enne da ore, a raggiungere il casolare e ad accorgersi del dramma. “Mio fratello non ha mai fatto male a nessuno. Non aveva soldi. Non so cosa sia potuto accadere. Perché hanno fatto tutto ciò? Sicuramente è l’opera di un pazzo”, continua a ripetere l’uomo. Testimonianza che ha confermato anche alle forze dell’ordine.

La Procura di Brindisi, che coordina le indagini, nei prossimi giorni disporrà le autopsie per acquisire nuovi elementi. Il cadavere di Antonio e quello della moglie si trovano nell’obitorio del cimitero di Ostuni (Brindisi) e si attende il conferimento dell’incarico al medico legale.

Gli inquirenti al momento non esclude nessuna pista investigativa su quanto sia potuto avvenire mercoledì. La casa dove abitava la coppia, però, non è stata messa a soqquadro, ed è per questo che gli investigatori non pensano che si sia potuto trattare di una rapina finita male. Dell’arma con cui sono stati uccisi i due coniugi, intanto non c’è traccia.

Resta, così, il giallo sul movente, per un duplice omicidio che ha sconvolto la tranquillità della piccola borgata. “Gente buona e semplice” racconta un altro vicino di casa della coppia ricordando Antonio e Caterina.

I coniugi Calò, che non avevano figli, vivevano nel casolare di famiglia da sempre; entrambi pensionati, l’uomo in estate saltuariamente faceva il parcheggiatore in un locale non molto distante dall’abitazione. Piccoli lavoretti per garantirsi una non facile quotidianità. “Ma era comunque sereno e tranquillo” ripete il fratello “nessuno ha nemici qui e tra marito e moglie non c’erano dissidi”.

In questa piccola borgata infatti, dove vivono meno di 150 famiglie in inverno, si conoscono tutti. Un unico punto di ritrovo: il piccolo bar-alimentari. Poi le distese di ulivi secolari a pochi chilometri dal mare. Ettari ed ettari di campi coltivati. Anche Antonio curava il suo orto. Giornalmente. E lo aveva fatto anche ieri mattina, fino a quando il killer lo ha raggiunto in casa, uccidendo lui e la moglie.

Naufragio, polemica sui mancati soccorsi. La ricostruzione degli ultimi minuti

Ansa

E’ polemica sui ritardi nei soccorsi nella notte tra sabato e domenica scorsa, quando il barcone carico di migranti si è smembrato a causa del mare mosso a qualche centinaio di metri dalla costa di Staccato di Cutro, nel cui naufragio hanno perso la vita decine e decine di migranti. Ci sono versioni contrastanti, con l’agenzia Frontex che afferma di aver lanciato un Sos (non è chiaro se intorno alle 21 o alle 22.30 di sabato, la Guardia Costiera sostiene invece di aver ricevuto l’allerta solo dopo l’avvenuta tragedia, intorno alle 4.30 di domenica mattina.

Secondo quanto ricostruito finora, pochi minuti prima che l’imbarcazione con a bordo i migranti si schiantasse sulla secca a oltre un centinaio di metri dalla spiaggia di Cutro, la Guardia di Finanza informò la Guardia Costiera che le sue motovedette stavano rientrando in porto non essendo riuscite ad intercettare il barcone a causa delle condizioni meteo. Il mare era a forza 4, come ha affermato dalla Capitaneria di porto.

I militari delle Fiamme Gialle, riporta l’Ansa, chiesero anche se in quel momento ci fossero mezzi delle Capitanerie in mare, ricevendo una risposta negativa. E’ questo, secondo quanto si apprende, il contenuto della telefonata tra i due Corpi avvenuta alle 3.48 delle notte tra sabato e domenica.

Dopo aver informato, “giusto per notizia”, di non aver individuato il “target” che era stato segnalato dall’aereo di Frontex, i finanzieri chiedono infatti: “voi naturalmente non avete nulla, nel caso ci dovessero essere situazioni critiche?”.

L’imbarcazione immortalata da Frontex sabato sera

E dalla Guardia Costiera rispondono: “noi al momento in mare non abbiamo nulla”. Poco dopo i finanzieri ribadiscono che l’ultima posizione nota del barcone era, attorno alle 21 di sabato, a 40 miglia dalla costa. “E poi – aggiungono – noi dal radar non battiamo nulla”. Significa che la strumentazione di bordo delle motovedette non aveva individuato il barcone. Prima di chiudere la chiamata, infine, gli uomini delle Fiamme Gialle aggiungono: “va bene, era giusto per informarvi”.

Una sequenza che conferma come dall’avvistamento del barcone da parte di Frontex fino a pochi minuti prima della tragedia, la situazione sia stata gestita come un evento di law enforcement, non essendo emersi elementi che facessero ipotizzare una situazione di pericolo.

Nel punto rosso la posizione del barcone segnalato da Frontex a circa 40 miglia dal punto del naufragio (coordinate 38°23’02 N 017°34’07 E)

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