11 Ottobre 2024

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Centrodestra, prove di unità a Bologna. Ma il 2018 è lontano

Berlusconi Meloni e Salvini a Bologna
Berlusconi Meloni e Salvini a Bologna (Ansa/Benvenuti)

Il centrodestra cerca l’unità e la ritrova a Bologna alla manifestazione della Lega, almeno negli intenti. Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia provano a rompere il muro di “isolamento” dopo anni di “fai da te” in un mondo politico intanto profondamente mutato. Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni preparano l’assalto alla leadership di Matteo Renzi per il 2018. Ancora tre anni. Un’eternità in politica.

I tre, domenica, hanno espresso la convinzione che supereranno il 40 percento. La soglia che alle prossime politiche gli consentirebbe di superare il Pd renziano che i sondaggi danno in calo.

Con un leadership nuova: Matteo Salvini e col cavaliere che farebbe da padre nobile ad una coalizione monca dei centristi (Ncd e Udc ora insieme in Area popolare, di spalla al governo) e senza alcuni riferimenti “storici” dell’ex Pdl-Fi come Fitto e Verdini, ormai approdati altrove e soprattutto senza entusiasmo.

“Con questa ritrovata unità – ha detto Berlusconi a Bologna – vinceremo le prossime elezioni. Con Matteo, con Giorgia e con Silvio non ce ne sarà più per nessuno”. Insieme, Fi, Lega e Fdi, potranno “superare il 40%”. Questa, evidenzia “è una giornata fondamentale per il futuro di tutti noi e dell’Italia”.

La manifestazione di Bologna, ha sottolineato Salvini, “non è un ritorno al passato, al ’94, alle vecchie formule, alle marmellate: qua comincia qualcosa di nuovo che è guidato dalla Lega, ma che è aperto a tutti gli italiani che oggi sono lontani dalla politica”. “La leadership – ha aggiunto Salvini – la scelgono i cittadini, non un palco, un microfono o una piazza. Oggi siamo qui per dire che insieme si vince se qualcuno è in cerca di poltrone questa è la piazza sbagliata”.

“Renzi non sa neanche leggere la bussola: nella legge di stabilità non c’è nessun taglio agli sprechi, né taglio tasse. Stanno lì a vantarsi di togliere norme ridicole introdotte da loro, mettono Marino a fare il sindaco poi lo sfiduciano e vogliono essere ringraziati: siate coerenti e dimettetevi, adesso andate a casa”, attacca Giorgia Meloni dal palco della Lega Nord a Bologna.

Alfano non lo vogliono. Ed è contro il presidente di Ncd e ministro dell’Interno che si scaglia il segretario del Carroccio: “Un personaggio inutile e incapace come Angelino Alfano non ci sarà mai: occupati dei poliziotti, cretino che non sei altro, e lascia perdere la politica che non fa per te”.

L’ex delfino di Berlusconi replica: Matteo Salvini “non è un piccolo uomo o un ominicchio, ma un quaquaraquà incolto e ignorante cui nessun paese al mondo affiderebbe neanche la delega alle zanzare”, ha detto il ministro dell’Interno intervistato a “L’Arena” di Giletti. Il ministro va anche all’attacco dell’ex Cav: “Andare a 80 anni a farsi fischiare da questa gente è una cosa molto triste. Salvini è diventato il suo diretto superiore”. Berlusconi, che “ha fatto malissimo ad andare lì” alla manifestazione di Bologna. “La macchina – aggiunge – la guida Salvini”.

Sono scintille, a tre anni dalle politiche. “Solo l’unità” può portare ad auspicate vittorie. Risalire la china del consenso e della credibilità è dura ma non impossibile.

Ancona, ragazzina fa uccidere madre dal fidanzato. “Lei glaciale, non ha pianto”

Antonio Tagliata e la fidanzata. Nei riquadri a sinistra la madre della ragazza. A destra in basso il padre Fabio Giaccone
Antonio Tagliata e la fidanzata. Nei riquadri a sinistra la madre della ragazza. A destra in basso il padre Fabio Giaccone (Facebook)

Si ripete la follia criminale avvenuta nel maggio scorso a Melito Porto Salvo, in Calabria dove una 17enne ha massacrato la madre. Questa volta ad Ancona dove una donna, Roberta Pierini, di 49 anni, è stata uccisa a colpi di pistola nella sua abitazione di via Crivelli 20 mentre il marito, Fabio Giacconi, coetaneo della donna, è stato gravemente ferito. Un crimine che somiglia per certi versi a quello di Novi Ligure, quando Erika e il suo fidanzato massacrarono la mamma e il fratellino di lei.

Ad aver ordito il massacro dei genitori, sarebbe stata infatti F., la figlia sedicenne della coppia e il suo fidanzato di 18 anni, Antonio Tagliata. I giovani sono stati fermati oggi dai militari dell’Arma. L’obiettivo era la morte violenta della mamma e del papà dell’adolescente.

Il marito della vittima sta lottando tra la vita e la morte nell’ospedale di Torrette ad Ancona. A sparare contro i futuri suoceri sarebbe stato proprio il fidanzato della figlia, fuggiti entrambi a bordo di uno scooter. Tutto doveva sembrare una rapina finita in tragedia e invece i Carabinieri sono stati più svelti nell’intuire il loro piano diabolico.

I due giovani sono stati bloccati insieme a bordo dello scooter mentre fuggivano. Condotti nella Caserma del Comando provinciale dei Carabinieri di Ancona, dopo l’interrogatorio per i due è scattato il fermo perché fortemente indiziati dell’omicidio di Roberta Pierini e del tentato omicidio di Fabio Giacconi.

I due ragazzi sarebbero arrivati a sterminare i genitori dell’adolescente, perché la madre e il padre si sarebbero opposti alla loro relazione. Anche se non ci sono ancora conferme ufficiali in proposito, nell’omicidio Roberta Pierini e nel ferimento del marito Fabio Giacconi, si profilerebbe anche una responsabilità della ragazzina.

Il profilo Facebook di Antonio Tagliata è tutto dedicato alla ragazzina. Un inno all’amore. Folle amore. Si nota un innamoramento e una gelosia ossessiva. “Sei la cosa più bella che mi potesse capitare“, è scritto nella didascalia di una foto mentre i due si baciano. “Litigi su litigi…ma se il sentimento é vero..nulla ci separerà”, scrive Antonio Tagliata su un altro post. Una sinfonia di cuoricini accompagna ogni “stato” d’animo verso la sedicenne.

La ragazzina  è apparsa ”glaciale” durante l’interrogatorio davanti al pm dei minori. Nessun pianto nè segni di pentimento. Il ragazzo invece avrebbe confessato. Stamani i carabinieri hanno ritrovato l’arma del delitto: una pistola cal. 9X21 che i due hanno gettatto in un cassonetto durante la fuga in motorino. Almeno otto i colpi esplosi: due hanno colpito la donna, quattro o cinque (uno alla nuca) il marito, che versa in gravissime condizioni nella rianimazione dell’ospedale di Torrette.

Ucciso a Roma Oliver Degenhardt, Ceo di Kao Italia. E' giallo

Ucciso a Roma Oliver Degenhardt (riquadro), Ceo del gruppo Kao Italia
Ucciso a Roma Oliver Degenhardt (riquadro), Ceo del gruppo Kao Italia

E’ giallo sull’omicidio a Roma. Un uomo tedesco di 49 anni, Oliver Degenhardt, è stato trovato morto sgozzato all’interno di un appartamento di via dei Volsci 20, alle spalle della stazione Termini, a Roma.

L’uomo ad un primo esame medico legale, presenta lesioni di arma da taglio al capo e alla gola. A scoprire il cadavere, i vigili del fuoco intervenuti per un incendio, forse appiccato per occultarne le tracce.

Oliver Degenhardt, di nazionalità tedesca, era amministratore delegato della Kao Italia Spa, un’azienda giapponese che si occupa del commercio all’ingrosso di profumi e cosmetici. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri della stazione di San Lorenzo, il medico legale e il Nucleo investigativo di via In Selci.

L’aggressione mortale a Oliver Degenhardt sarebbe avvenuta nella notte. Il killer ha poi fatto sparire il computer e ha pensato di incendiare la casa per cancellare ogni traccia. L’allarme pare sia stato dato dai vicini dopo aver visto all’alba fumo e sentito puzza di bruciato.

I Vigili del Fuoco che hanno fatto la scoperta del corpo senza vita di Degenhardt, hanno allertato i Carabinieri. Si indaga per capire dinamica e movente. Gli inquirenti non escludono alcuna pista, da quella passionale a quella ipoteticamente maturata in ambienti professionali, forse per interessi. Non si esclude una rapina finita male. Da quanto scrivono i media locali, pare che la casa fosse stata messa a soqquadro. Un mistero.

Ambra Angiolini parla della separazione con Francesco Renga

Francesco Renga con Ambra Angiolini
Francesco Renga con Ambra Angiolini

Tra il cantante Francesco Renga e la conduttrice-attrice Ambra Angiolini, sposati da 11 anni con due figli, è finita. I due si lasciano. Dopo tante voci sembra essere stata ufficializzata la loro separazione. A raccontarlo è la stessa attrice in un’intervista a “Io Donna”: “Lo abbiamo deciso insieme – ha spiegato Ambra -. Non volevamo che tutto morisse senza che nemmeno ce ne accorgessimo, a forza di fingere che non stesse succedendo niente”.

“Non voglio essere rabbiosa né patetica – ha aggiunto -, e vivo quello che sta succedendo come il più grande gesto d’amore che ci siamo regalati, forse il gesto più altruista che siamo stati in grado di fare dopo la nascita dei nostri figli”.

Commentando una vicenda di foto e gossip su Renga, Ambra Angiolini ha spiegato: “Io so quello che sanno tutti gli altri, niente di più. E c’è un risvolto paradossale e persino comico. Chi vive le vicende basandosi sui giornali, dall’esterno, sa già tutto mentre io non so niente: ha già fatto il processo e deciso chi è il colpevole, ha già pianto e affidato i figli. In realtà, è assurdo scavare nell’impossibile da sapere”.

Con Francesco Renga “ci parliamo – spiega Ambra Angiolini – “ma non sappiamo cosa dire. Da dentro, mi sembra di vedere “Il segreto”, la telenovela latinoamericana. Lui è Gonzalo e io sono Maria. “Guardalo”, dico a Francesco. “Almeno scopri come va a finire”.

Asportato al Regina Elena tumore da 30 kg. Donna sta bene

Asportato al Regina Elena tumore da 30 kg. Donna sta bene
L’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma

Un intervento “straordinario” è stato effettuato all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma: è stato asportato un tumore di 30 Kg su una donna, di cittadinanza europea, che ne pesava complessivamente 90kg. La paziente è stata sottoposta ad un intervento estremo della durata di 7 ore, che nel suo paese di origine nessun ospedale aveva voluto effettuare.

La donna, rende noto il Regina Elena, “è stata ricoverata 2 settimane ed ora sta bene”. Si tratta di una donna di 65 anni madre di 3 figli e che ha goduto sempre di buona salute: ad aprile inizia ad avvertire inappetenza, saltuari episodi di vomito e un aumento di volume dell’addome. Gli esami svolti nel suo paese di origine evidenziano la presenza di un tumore di origine lipomatosa.

Considerate le dimensioni enormi della lesione, nessun ospedale contattato si è offerto di sottoporla ad asportazione chirurgica. La signora, spiega l’ospedale, “è giunta alla nostra osservazione a fine estate tramite alcuni familiari residenti in Italia e dopo gli accertamenti di rito è stata operata dall’equipe guidata dal Professor Alfredo Garofalo, gli aiuti Mario Valle, Fabio Carboni, Orietta Federici e le anestesiste Alessandra Costantino e Luana Fabrizi, oltre strumentisti ed infermieri. L’esame istologico ha confermato che si trattava di liposarcoma retroperitoneale del peso complessivo di 30 kg”, dicono i medici del Regina Elena. Il decorso è stato regolare e la signora è stata dimessa dopo 2 settimane ed affidata agli oncologi per il trattamento.

“Mi complimento con tutta l’equipe – ha commentato Marta Branca, commissario straordinario degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri (Ifo) – ed il personale coinvolto. Si conferma quindi quanto evidenziato nella certificazione Europea di recente conseguita, ovvero che il nostro centro oncologico ha una chirurgia in grado di intervenire in tutti i tipi di tumori e soprattutto quelli più complessi. E’ stato inoltre un bel battesimo per le nuove sale operatorie integrate e multimediali”.

Emergenza idrica a Messina, Cdm dichiara stato di emergenza

Militari dell'Esercito già al lavoro a Messina
Militari dell’Esercito già al lavoro a Messina (Ansa/Esercito)

Il consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza a Messina. Per il nuovo bypass, sarà coinvolto l’Esercito, come aveva anticipato il ministro della Difesa Roberta Pinotti.

Il primo bypass che collegava l’acquedotto dell’Alcantara, all’altezza di Forza D’Agrò (Me), con quello di Fiumefreddo, si è rotto causa frane. L’intervento d’emergenza riforniva con 300 litri al secondo la città di Messina, ha spiegato il capo del Genio Civile, Leonardo Santoro. Ne sarà realizzato un altro.

Al proposito l’Azienda municipalizzata (Amam), società che si occupa della fornitura idrica a Messina, presenterà domenica prossima al Prefetto il piano d’intervento per la realizzazione della nuova canalizzazione, in aggiunta a quello che oggi si è rotto, tra l’acquedotto dell’Alcantara e quello di Fiumefreddo. Il piano coinvolge il genio militare dell’Esercito. L’Esercito si prepara comunque a intervenire nella zona dello smottamento, a Calatabiano.

“L’attivazione delle forze armate a Messina – spiega il ministro Roberta Pinotti al termine del Cdm – è avvenuta poche ore dopo che siamo stati avvisati, con un primo intervento delle 4 autobotti dell’esercito e poi con una nave porta-acqua. Per l’acquedotto – ha aggiunto la titolare della Difesa – i nostri ingegneri sono in contatto con la protezione civile e c’è la massima disponibilità”.

I tempi previsti per la realizzazione del nuovo bypass dovrebbero essere brevi. Lungo un chilometro, lunghezza necessaria per bypassare il punto di rottura nella condotta di Fiumefreddo, con la nuova condotta dovrebbe anche aumentare la portata dell’acqua.

“Il lavoro verrà realizzato grazie a una ditta di Brescia che utilizza un materiale tedesco di ultima generazione, che è flessibile”, spiega all’Ansa il capo dell’ufficio, Leonardo Santoro, dopo un sopralluogo con tecnici dell’Amam, della Protezione civile e dell’esercito. “Con questo collegamento – aggiunge – che comunque sarà esteso perché si deve aggirare la collina, si riuscirà a risparmiare sui tempi”.

Rapina a Renazzo, Cento (Fe). Presi i presunti aggressori

Via Lunga 4 Renazzo - Cento, Ferrara
La casa in via Lunga 4 dove è avvenuta l’aggressione a Renazzo – Cento (Ferrara) [Street view]
Sono stati fermati dai Carabinieri due ragazzi sospettati di essere gli autori della rapina culminata con l’aggressione che ha ridotto in fin di vita un’anziana e sua nuora a Renazzo, A Cento, Ferrara. I due giovani, di nazionalità romena, hanno 22 e 26 anni e sono accusati di rapina e tentato omicidio.

Il ventiseienne aveva in uso l’auto vista scappare dalla casa. La stessa auto, una Audi A6, era stata già fermata dai carabinieri per controlli e gli occupanti identificati. Per cercare di risalire ai possibili autori, le indagini dei militari è partita proprio dai controlli effettuati nei giorni precedenti la rapina. E nella loro bancadati è infatti risultata un’Audi A6 fermata qualche giorno prima. L’auto è la stessa che è stata segnalata in fuga a tutta velocità da via Lunga 4, dove le due donne hanno la casa, a Renazzo. I due presunti autori sono ora sotto interrogatorio e saranno presto tradotti in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria. Sui giovani gravano forti indizi di colpevolezza.

Sono ancora ricoverate in prognosi riservata le due donne che venerdì mattina, intorno alle 9.30, sono state colpite alla testa dai ladri dopo essere stati sorpresi a rubare nel loro appartamento di via Lunga 4, a Renazzo, nel Comune di Cento.

Le due donne, un’anziana di 84 anni, Cloe Govoni, malata e inferma, e la nuora Maria Humeiuc, romena di 53 anni, sono state soccorse e trasportate in ospedale. Le loro condizioni sono gravi. L’anziana è ricoverata con un trauma cranico all’ospedale di Cona, mentre la 53enne, intubata, è stata trasportata in elicottero all’ospedale Maggiore di Bologna.

Sul posto sono intervenuti i Carabinieri di Cento che sono stati allertati dai vicini che avevano sentito dei rumori. Le due donne sono state soccorse proprio dai militari. Dalle prime informazioni sembra che i ladri abbiano portato via poche centinaia di euro, forse trecento.

E’ molto probabile che i rapinatori siano entrati in azione mentre le donne erano fuori casa. Una volta rientrate Govoni e Humeiuc hanno sorpreso i malviventi i quali alla vista delle proprietarie hanno reagito e le hanno violentemente colpite alla testa con un bastone.

Nella colluttazione sarebbe stata la nuora dell’anziana a opporsi con maggiore decisione ai rapitori, per questo sembra sia stata colpita con maggiore violenza dai criminali. Fatto il colpo, i ladri sono fuggiti a bordo di un’automobile. Una rapina non casuale che appare studiata a tavolino. I due aggressori, dalle prime ricostruzioni, sembra conoscessero le abitudini delle donne. Via Lunga, a Renazzo, è in aperta campagna con poche abitazioni. E questo ha evidentemente favorito gli aggressori.

Terrore a Lecce, ergastolano spara in ospedale e poi evade

Terrore a Lecce, Fabio Perrone prima spara e poi evade
Fabio Perrone nel riquadro, evaso dall’ospedale di Lecce

Terrore all’ospedale di Lecce: un ergastolano che doveva sottoporsi ad un esame sanitario mentre era all’ospedale “Vito Fazzi”, ha rubato la pistola ad uno dei due agenti di polizia penitenziaria che lo accompagnavano cominciando a sparare all’impazzata prima di guadagnare l’evasione. Il bilancio è di tre feriti: un agente carcerario, un vigilantes e un utente del nosocomio.

L’uomo si chiama Fabio Perrone, di 42 anni responsabile di un omicidio avvenuto il 28 marzo 2014 a Trepuzzi (Lecce). Per questo crimine, l’uomo stava scontando l’ergastolo. In ospedale si era recato dopo che è stato autorizzato a sottoporsi ad una colonscopia.

Appena giunto in ospedale, a Fabio Perrone gli sono state sfilate le manette per poter eseguire l’esame. L’ergastolano ha sfilato la pistola dalla fondina a uno degli agenti penitenziari che lo scortavano e ha sparato almeno 12 colpi di pistola calibro 9 ferendo alle gambe, in modo lieve, un poliziotto penitenziario e un utente della struttura ospedaliera.

Poi è fuggito. Guadagnato l’ingresso, Fabio Perrone, si è impossessato di un’auto dopo aver minacciato con la pistola alla tempia la proprietaria che era alla guida di una Yaris. Sgommando a tutta velocità ha travolto una guardia giurata in servizio alla portineria del nosocomio. Quest’ultimo è ferito ed in stato di shock.

Ora l’ergastolano è ricercato da tutte le forze dell’Ordine a Lecce e in tutta la provincia, con l’ausilio di mezzi ed elicotteri. Grande spavento tra i degenti e utenti del nosocomio.

CHI E’ FABIO PERRONE – Ritenuto un affiliato alla Sacra Corona Unita, Fabio Perrone, il detenuto evaso oggi dall’ospedale Fazzi di Lecce, era stato condannato all’ergastolo perché il 28 marzo del 2014 aveva deciso di lavare l’offesa che riteneva di aver subito uccidendo nei pressi di un bar, a Trepuzzi, il 45enne di etnia rom Fatmir Makovich e ferendo gravemente il suo figlio sedicenne.

L’assassino venne preso qualche giorno dopo. Sei anni prima di quel giorno, Fabio Perrone aveva finito di scontare una condanna a 18 anni di reclusione perché coinvolto nelle attività mafiose della mafia pugliese.

Bari, arrestati i killer di Sciannimanico. Il mandante è un “collega”

Da sinistra la vittima Giuseppe Sciannimanico e il presunto mandante Roberto Perilli, collega di lavoro
Da sinistra la vittima Giuseppe Sciannimanico e il presunto mandante Roberto Perilli, collega di lavoro

Sono state fermate nella notte due persone per l’omicidio di Giuseppe Sciannimanico, il 28enne agente immobiliare ucciso in un agguato il 26 ottobre scorso, in via tenente Liguori, nel quartiere Japigia, a Bari.

Si tratta di Roberto Perilli, di 47 anni, un agente immobiliare collega della vittima, e Luigi Di Gioia, 51 anni, con precedenti per contrabbando. I due non hanno confessato.

Gli inquirenti li ritengono il presunto mandante e il presunto sicario, assoldato per uccidere Sciannimanico. Accertata la dinamica, gli investigatori sono risaliti anche al movente.

IL MOVENTE
Pare che a Sciannimanico fosse stata affidata la direzione di un altro ufficio Tecnocasa da aprirsi a breve a sud di Bari, proprio nel quartiere Japigia, vicinissima all’agenzia gestita da Roberto Perilli, il quale per questa decisione della direzione, temeva potesse calargli il fatturato e di conseguenza perdere anche il lavoro. L’idea di avere vicino un “concorrente” più bravo di lui nelle vendite lo avrebbe mandato su tutte le furie. Invidia e rancore personale che si trasformano presto in odio al punto da “pianificare” l’omicidio di Beppe Sciannimanico per “sgombrare” il campo.

Gli inquirenti hanno seguito la pista dell’ambiente lavorativo sin da subito. Dagli interrogatori in agenzia sono emerse diverse incongruenze, e da quì, con l’ausilio di telecamere, intercettazioni e incrociando i dati del traffico telefonico, non è stato assai complicato risalire ai due presunti autori.

LE SIM E IL FALSO SIGNOR LORUSSO
Un’omicidio premeditato, il cui presunto autore materiale sarebbe Luigi di Gioia, con un passato da contrabbandiere. Il mandante sarebbe invece Roberto Perilli, il collega. Secondo l’accusa sarebbe stato Di Gioia a telefonare sotto falso nome all’agenzia Tecnocasa di via Cairoli dove era in forza Sciannimanico. Telefonando da una scheda telefonica intestata a un medico di Molfetta (del tutto estraneo e ignaro), Di Gioia – accertano gli inquirenti – per prendere l’appuntamento si è presentato come tale signor Lorusso.

LA TRAPPOLA
Gli investigatori avevano già fiutato in quelle telefonate all’agenzia la possibile pista da seguire. Dopo un primo appuntamento andato a vuoto perché Di Gioia (Lorusso) non si è presentato, l’ex contrabbandiere riprova qualche giorno più tardi. E’ il 22 ottobre quando il fantomatico signor Lorusso richiama per ottenere un nuovo appuntamento fissato questa volta per il 26 ottobre pomeriggio, ai fini della valutazione di un immobile proprio in via tenente De Liguori. Di Gioia è Perilli erano certi che dall’agenzia avrebbero mandato Sciannimanico. La scelta della strada non è casuale. Una via “sicura”, “appartata” e con scarsa illuminazione. E’ là che scatta la trappola mortale già studiata a tavolino da Perilli e Di Gioia.

LA DINAMICA
Giuseppe Sciannimanico si presenta in via De Liguori tra le 18.15 e le 18.25 del 26 ottobre. Parcheggia lo scooter, percorre qualche metro a piedi in direzione dell’incrocio in attesa del finto acquirente, il fantomatico signor Lorusso. Dopo qualche minuto si presenta invece il killer (ritenuto dai magistrati Luigi Di Gioia) che lo colpisce a bruciapelo con alcuni colpi di pistola. Freddato il giovane, l’assassino si dilegua. Beppe Sciannimanico morirà qualche ora dopo in ospedale a causa di colpi di arma da fuoco che lo hanno raggiunto uno alla testa e l’altro alla spalla. Iniziano le indagini dei militari dell’Arma. Secondo quanto è emerso, sono stati i filmati di alcune telecamere di sorveglianza, le celle telefoniche e le intercettazioni ad incastrare i due presunti responsabili dell’omicidio dell’agente immobiliare.

L’AMMISSIONE DEL DELITTO
In particolare c’è una intercettazione ambientale che schiacciarebbe i due presunti autori alle loro responsabilità: quella in cui, durante una pausa dell’interrogatorio in caserma, Di Gioia ammette di aver commesso il crimine. Questo basta agli inquirenti per assumere il provvedimento di fermo a carico dei due. Ma vi sono altri indizi determinanti.

ricostruzione- omicidio-di-Giuseppe-SciannimanicoLE TELECAMERE CHE INCASTRANO PERILLI
La telecamera di sorveglianza di un garage nella zona incastrerebbero invece Roberto Perilli, che ha una Bmw cabrio identica a quella ripresa dall’occhio elettronico andare via attorno alle 18.33, ora in cui – riferiscono gli investigatori – viene ucciso Giuseppe Sciannimanico. L’auto verrà ripresa ancora poco dopo dalle telecamere di un supermercato non lontano da via De Liguori. Dalle riprese – notano gli inquirenti – si vede Perilli scendere dalla sua Bmw e poco dopo viene raggiunto da Luigi Di Gioia. La missione di morte è ormai compiuta da qualche minuto. Entrambi, secondo i pm, si fanno vedere tra la gente per costruirsi “un alibi” nell’ora del delitto. Ma ciò evidentemente non è bastato.

DOPO L’OMICIDIO
Sono due in tutto le Sim utilizzate per tendere la trappola a Sciannimanico: una era del medico (ignaro), l’altra di Luigi Di Gioia. Su tutte e due le schede – viene accertato – risultano chiamate effettuate e ricevute da Di Gioia, alcune anche con il presunto mandante. Dettagli che proverebbero che Di Gioia e Perilli si conoscevano e si frequentavano. Entrambe le Sim dopo il delitto di Sciannimanico vengono distrutte e, solo dopo la seconda telefonata in agenzia (quella dell’appuntamento fatale) vengono gettate insieme al telefonino, la cui scatola è stata rinvenuta giovedì scorso in una perquisizione in casa di Di Gioia. Tanti indizi – assieme all’ammissione intercettata dell’omicidio – che formano un impianto accusatorio ritenuto granitico a carico dei due.

Gli interrogatori, cominciati in Questura venerdì davanti agli agenti della Squadra Mobile e al pm Francesco Bretone, si sono conclusi a notte fonda con i due fermi per omicidio volontario aggravato di Perilli e Di Gioia.

Papa Francesco: "C'è chi usa la Chiesa per denaro e potere"

Papa Francesco: "C'è chi usa la Chiesa per denaro e potere"
Papa Francesco

“Nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no?”. E’ amareggiato, Papa Francesco dopo gli scandali sullo “sperpero” di denaro e la vita “lussuosa” dei cardinali e nell’omelia della messa a Santa Marta, la sua residenza in Vaticano, aggiunge: “Io vi dico quanta gioia ho, io, che mi commuovo, quando in questa Messa – ha detto il Papa – vengono alcuni preti e mi salutano: ‘Oh padre, sono venuto qui a trovare i miei, perché da 40 anni sono missionario in Amazzonia”.

“O una suora che dice: “No, io lavoro da 30 anni in ospedale in Africa”. O quando trovo la suorina che da 30, 40 anni è nel reparto dell’ospedale con i disabili, sempre sorridente. Questo si chiama servire, questa è la gioia della Chiesa: andare oltre, sempre; andare oltre e dare la vita”.

E invece nel Vangelo, ha ripreso il Papa, il Signore ci fa vedere l’immagine di un altro servo, “che invece di servire gli altri si serve degli altri”. E, ha sottolineato, “abbiamo letto cosa ha fatto questo servo, con quanta scaltrezza si è mosso, per rimanere al suo posto”.

“Anche nella Chiesa – ha avvertito Papa Francesco – ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no?

La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo: servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi. E la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri”. Quindi ci sono “due immagini di cristiani, due immagini di preti, due immagini di suore. Due immagini”.

“Quando la Chiesa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte” non è “al servizio, bensì si serve degli altri”, ha aggiunto il Papa invocando il Signore che ci dia “quel punto d’onore di andare sempre avanti, rinunciando alle proprie comodità tante volte e ci salvi dalle tentazioni”.

“C’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa”, ha detto il Papa in un’intervista al giornale di strada olandese Straatnieuws, rilanciata da Radio vaticana. Una “tentazione”, per il Papa, è quella di “fare accordi con i governi. Si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione”.

“La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare”, aggiunge Papa Francesco.

Il Papa ribadisce di aver scelto di vivere a Santa Marta per stare con la gente. “Non posso vivere qua – ha detto parlando del Palazzo Apostolico, in un’intervista con un giornale di strada olandese – semplicemente per motivi mentali. Mi farebbe male. All’inizio sembrava una cosa strana, ma ho chiesto di restare qui, a Santa Marta. E questo mi fa bene perché mi sento libero. Mangio nella sala pranzo dove mangiano tutti. E quando sono in anticipo mangio con i dipendenti. Trovo gente, la saluto e questo fa che la gabbia d’oro non sia tanto una gabbia. Ma mi manca la strada”, quella che lui in tanti anni ha percorso portando conforto ai poveri.

Mafia Capitale, i pm romani: "Processate Gianni Alemanno"

Gianni Alemanno
Gianni Alemanno (foto archivio LaPresse/Scrobogna)
La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ex sindaco Gianni Alemanno nell’ambito dell’inchiesta su Mafia Capitale. Le accuse contestate sono la corruzione e l’illecito finanziamento. Il gup Nicola Di Grazia si pronuncerà sulla richiesta dei pm di piazzale Clodio l’11 dicembre prossimo.

All’ex sindaco di Roma si contesta di aver ricevuto somme di denaro, 125mila euro, in gran parte attraverso la fondazione Nuova Italia da lui presieduta, per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio. Secondo l’accusa le somme percepite sarebbero state erogate da Salvatore Buzzi, ras delle cooperative, in accordo con Massimo Carminati.

I fatti, secondo la richiesta firmata dal procuratore Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Michele Prestipino e dai pm Paolo Ielo, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini, risalgono al periodo 2012-2014. Per il tramite l’ex ad di Ama Franco Panzironi, Alemanno avrebbe ricevuto, attraverso la fondazione Nuova Italia, 75mila euro sotto forma di finanziamento per cene elettorali, 40mila euro per finanziamento della sua fondazione e circa diecimila euro cash, questi ultimi nell’ottobre 2014, a due mesi dalla prima tranche di arresti per Mafia Capitale.

“Nella richiesta di rinvio a giudizio bisogna cogliere la notizia più importante e cioè che ogni accusa e ogni aggravante connessa all’associazione mafiosa nei miei confronti è completamente caduta”. Lo afferma in una nota l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno. “Spero – aggiunge – che, dopo un anno di massacro mediatico nei miei confronti, questa notizia venga data dai media con tutta la rilevanza che merita e che fino ad ora non è stata garantita. Davanti al gup o, se sarà necessario davanti al Giudice ordinario, dimostrerò tutta la mia totale estraneità alle residue accuse che mi vengono mosse”.

ALEMANNO: NE USCIRO’ INNOCENTE: “Ne uscirò innocente, se non mi sono accorto che c’era un’associazione criminale in Campidoglio, non se n’è accorto nessuno, questore, prefetto, comandante dei carabinieri, il prefetto Mori che era mio consulente. Mafia Capitale al 70% è una faccenda di sinistra in cui la destra entra marginalmente”. Così intervistato da Sky Tg24 l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, prima che la procura ne chiedesse oggi il rinvio a giudizio per corruzione e illecito finanziamento.

“I versamenti che mi vengono contestati – sottolinea l’ex sindaco di Roma – sono tutti trasparenti, tutti registrati attraverso la fondazione Nuova Italia”, ha detto il politico che ha ribadito di non avere “mai conosciuto Carminati, nemmeno negli anni ’70, quando io ero nel Movimento sociale italiano e lui un extraparlamentare. Eravamo in mondi diversi”. “Con Buzzi ho avuto il normale rapporto che si ha con la cooperazione sociale a Roma – ha aggiunto Alemanno -, non volevo fare il sindaco di destra che in base al pregiudizio ideologico chiude la porta al principale esponente della cooperazione di sinistra. Forse avrei fatto meglio, ma purtroppo è andata così”.

IL PROCESSO – Il maxiprocesso è iniziato ieri con l’appello dei detenuti collegati in videoconferenza. Il presidente della X Sezione, Rosanna Ianniello, ha verificato i collegamenti tv relativi ai detenuti reclusi fuori Roma e tra questi Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, principali imputati del processo. In aula presenti, tra gli altri imputati, Luca Odevaine, da alcuni giorni agli arresti domiciliari, e l’imprenditore Daniele Pulcini. L’udienza si tiene nell’aula Occorsio del Tribunale di Roma stipata all’inverosimile.

Luca Odevaine ammette, a margine del processo, di aver “fatto degli errori, ho ammesso le mie responsabilità e ora sto collaborando con i magistrati. “Odevaine un pentito? Più che altro una persona che ha commesso degli errori, ha ammesso le sue responsabilità in relazione a delle dazioni di denaro e sta collaborando con i magistrati. Anche questa volta ha scelto di stare dalla parte della giustizia”, ha detto Luca Petrucci, legale di Luca Odevaine, ex componente del Tavolo nazionale immigrazione, considerato dai Pm di Roma a libro paga di Mafia Capitale. Odevaine alla vigilia del maxiprocesso ha ottenuto gli arresti domiciliari dopo 11 mesi di carcere.

No del tribunale, Buzzi non potrà essere in aula – I giudici della X sezione penale hanno respinto tutte le istanze di nullità presentate alcuni difensori nella prima udienza del maxiprocesso a Mafia Capitale. Il presidente Rosanna Ienniello ha disposto, in sostanza, che Riccardo Brugia, Franco Testa e Salvatore Buzzi possano seguire il procedimento solamente in collegamento audiovisivo.

“Con il processo Mafia Capitale Roma si gioca la reputazione”: con queste dure parole, il quotidiano Le Monde dà la notizia del maxiprocesso iniziato a Roma che vede sul banco degli imputati la cupola rosso-nera capitolina guidata da Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.

Mafia Capitale, inizia maxi processo al clan Buzzi-Carminati

Mafia Capitale, inizia maxi processo al clan Buzzi CarminatiQuarantasei imputati, un esercito di sessanta avvocati, un centinaio di giornalisti accreditati, tra cui anche testate estere, oltre 130 udienze previste fino a luglio. Migliaia di intercettazioni e centinaia di documenti depositati. I numeri del maxiprocesso a Mafia Capitale restituiscono l’importanza del procedimento che inizia nell’aula Occorsio della cittadella giudiziaria di piazzale Clodio, a Roma Prati. Centinaia le persone impegnate nel processo più imponente dopo il maxiprocesso alla mafia siciliana.

L’attenzione mediatica e politica, non solo italiana, sarà rivolta al primo atto del processo che ha terremotato i palazzi dell’amministrazione capitolina e di riflesso la vita economica di Roma. Sono già oltre settanta le testate giornalistiche accreditate per seguire le udienze davanti ai giudici della X sezione penale presieduta da Rosanna Ianniello.

“Massimo Carminati in questo processo parlerà, è intenzionato a difendersi in modo diverso dal solito perché vuole chiarire un sacco di cose e lo farà”. E’ quanto annuncia l’avvocato Giosuè Naso, difensore del “socio” di Salvatore Buzzi nell’affaire Mafia Capitale. L’ex Nar, secondo la Procura di Roma sarebbe il presunto capo del clan che aveva allungato i tentacoli sul Campidoglio.

A pochi minuti dall’inizio della prima udienza del maxiprocesso a Mafia Capitale, Naso afferma che il suo cliente, che dal giorno dell’arresto non ha mai parlato con i pm, quando toccherà a lui sarà pronto a parlare davanti ai giudici della X sezione penale.

“Di tutta questa storia a Carminati ha dato particolarmente fastidio – ha aggiunto Naso che già oggi in aula solleverà una serie di eccezioni preliminari – il fatto che il suo nome sia stato accostato alle parole “mafia” e “droga”. Con la mafia non c’entra proprio nulla e la droga gli fa veramente schifo. E non parliamo delle armi che non sono mai state trovate”.

Il penalista ha commentato anche le prime sentenze arrivate in settimana e in particolare il fatto che il gup Anna Criscuolo abbia riconosciuto ad un collaboratore di Salvatore Buzzi, Gammuto, l’aggravante mafiosa. “Si tratta di una decisione ampiamente attesa, arrivata in forma assolutamente tempestiva”.

“Noi da un anno stiamo aspettando di comparire davanti al tribunale – conclude – e, guarda il caso, gli immediati verranno celebrati proprio alla vigilia di questa sentenza gup e dell’arresto di alcuni giorni fa della dirigente Eur Spa, Clelia Logorelli, per corruzione. Questo per far capire il clima. Secondo me c’e’ una regia facilmente identificabile che vuole tutto questo. In aula lo dirò a chiare lettere”.

Il neocommissario di Roma, Tronca, ha costituito il comune di Roma come parte civile. Si prevede che il processo durerà qualche anno atteso che in 130 udienze fissate fino a luglio vi sarà presumibilmente qualche rinvio.

Sinai. Airbus A321, prende corpo l'ipotesi di una bomba

Airbus a321
(Ansa/Ap)

A fare esplodere l’aereo russo precipitato nel Sinai sarebbe stata una bomba piazzata dentro una valigia o un bagaglio a mano. Lo riferiscono fonti dell’intelligence Usa citate dalla Cnn. Fonti che precisano come l’attentato potrebbe essere stato portato a termine dall’Isis o da un gruppo affiliato.

Le fonti dei servizi Usa ascoltate dalla Cnn spiegano come ancora non ci sia una conclusione formale delle indagini da parte della comunità dell’intelligence. Ma l’ipotesi sarebbe quella di un bagaglio portato a bordo anche grazie alla complicità di un impiegato dell’aeroporto di Sharm el-Sheik e alla mancanza di controlli nello scalo della località turistica egiziana

E l’Isis in un nuovo messaggio rilancia: “Non siamo obbligati a svelarvi il modo in cui abbiamo abbattuto l’aereo, ma ve lo diremo solo quando e come vorremo noi”.”Voi controllate le scatole nere, visionate il relitto e provate a confermare che non è stato abbattuto, se ci riuscite”. “Noi l’abbiamo abbattuto, voi morirete di rabbia”, ed è stato pubblicato su Twitter in diversi siti jihadisti. Nel messaggio audio il jihadista aggiunge che l’abbattimento dell’aereo russo è avvenuto nello stesso giorno (il 17 del mese lunare di Muharram) in cui l’Isis giurò fedeltà al Califfato.

L’Irlanda ha dato istruzioni alle linee aeree nazionali di non volare da e verso Sharm el Sheikh fino a nuovo ordine. Lo riferisce la Bbc online. La Gran Bretagna ha sospeso i voli che dovevano partire questa sera dalla località sul Mar Rosso in attesa di verificare la sicurezza dello scalo.

Forum esperti, probabile caduta rapida -E’ stata probabilmente molto rapida, e con decompressione, la caduta dell’Airbus russo A321-200 precipitato sul Sinai il 31 ottobre. Mentre l’aereo della compagnia russa Kogalymavia precipitava tutti i passeggeri erano ancora legati ai seggiolini con le cinture di sicurezza.

E’ quanto emerge dai commenti che in queste ore si stanno scambiando nei forum online piloti e professionisti dell’aviazione. Dalle prime immagini dei rottami, si legge nei forum, emerge che la sezione di coda del velivolo è molto distante dal resto del relitto e appare gravemente danneggiata. Circolano anche i commenti sui primissimi dati delle scatole nere, dai quali emergerebbe che dall’Airbus non è partita nessuna segnalazione di emergenza e che in meno di 20 secondi l’aereo ha interrotto la salita, a circa 31.000 piedi di quota, scendendo a 28.000. Più elementi portano a pensare che la caduta sia avvenuta molto rapidamente e con decompressione.

La cabina di pilotaggio, che nelle immagini dei rottami appare capovolta, potrebbe far pensare addirittura a un volo invertito. Nessuno si sbilancia al momento sulle cause e c’è chi si riferisce ai problemi tecnici del velivolo. In molti rilevano, ad esempio, che l’Airbus della Kogalymavia era del 1997 e aveva oltre 50.000 ore di volo. Ma soprattutto che aveva avuto recentemente un problema di ‘”tailstrike’, ossia la coda aveva toccato terra durante un decollo o un atterraggio, dopo il quale sarebbe tornato in servizio dopo a distanza di tre mesi.

Scuola, via al concorsone. 250mila candidati per 63.700 posti

Stefania Giannini concorso scuola - assunzioni precari
Il ministro della pubblica Itruzione Stefania Giannini esulta la “buona scuola”

Il ministero dell’Istruzione ha intenzione di indire per fine novembre un bando per il 2016-2018 per assegnare da 63.700 cattedre per i docenti abilitati.

Per il Sole 24 Ore – che anticipa nei dettagli la notizia – a questi si aggiungeranno sempre nei prossimi tre anni, le 30mila stabilizzazioni di precari delle Gae (Graduatorie ad esaurimento) che sono rimasti fuori dal piano di quest’anno (23 mila della scuola dell’infanzia).

La richiesta di autorizzazione è stata inviata al Ministero dell’Economia, il bando vero e proprio è atteso a fine novembre con inizio probabile a dicembre.

Il quotidiano economico parla nello specifico di 16.300 posti alle superiori, 13.800 alle medie, 15.900 per la primaria, 6.800 per la scuola dell’Infanzia; materie più gettonate: matematica, lingue e italiano.

Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini aveva più volte sottolineato l’impegno del governo a dare alle scuole “tutti i docenti di cui hanno bisogno per esercitare concretamente la propria autonomia”; in aggiunta alla necessità di “tornare finalmente alla Costituzione, prevedendo che d’ora in avanti si possa salire in cattedra solo per concorso”.

Al prossimo “concorsone” per 63.700 posti potranno partecipare solo i docenti abilitati. Quindi potranno presentare domanda – scrive il Sole – anche gli insegnanti in possesso di Tfa (Tirocinio formativo attivo) e Pas (Percorso abilitante speciale). Secondo i calcoli del Miur, potrebbero essere interessati alla nuova selezione circa 250mila candidati.

Vatileaks 2, Papa Francesco un po' "deluso ma "sereno"

Il Pontefice con Francesca Immacolata Chaouqui, la presunta talpa in Vaticano arrestata e rilasciata per la Vatileaks 2
Il Pontefice con Francesca Immacolata Chaouqui, la presunta talpa in Vaticano (profilo Facebook della donna)

Papa Francesco è un po’ “deluso ma sereno” ed è determinato ad “andare avanti con serenità e determinazione”. Il giorno dopo gli arresti dei presunti “corvi” della Santa Sede, fonti vaticane riassumono cosi lo stato d’animo del Pontefice che ora starebbe pensando al suo prossimo viaggio pastorale in Centrafrica e non alla fuga dei documenti riservati dal Vaticano.

Lo stesso Francesco nell’omelia per la messa celebrata in San Pietro ha sottolineato che “non bisogna preoccuparsi troppo se qualcosa in questo mondo non va per il verso giusto. Non dobbiamo inquietarci – ha raccomandato – per quello che ci manca quaggiù, ma per il tesoro di lassù, non per quello che ci serve, ma per ciò che veramente serve”.

Esortando a “essere liberi dagli affanni delle cose effimere, che passano e svaniscono nel nulla”. Sul fronte dell’inchiesta giudiziaria, , la pierre calabrese coinvolta nella fuga di documenti riservati dal Vaticano assieme al monsignore spagnolo Lucio Angel Vallejo Balda nella nuova Vatileaks, è stata nuovamente interrogata oggi dal procuratore di giustizia della Santa Sede, Gian Piero Milano. Assistita dal suo difensore, l’avvocato Giulia Bongiorno, la donna da subito aveva fornito piena collaborazione agli inquirenti ed era stata per questo rilasciata immediatamente. Il prelato resta invece in stato di arresto in una delle celle in Vaticano.

In mattinata, la donna aveva affidato una appassionata autodifesa ai social network. “Non sono un corvo, non ho tradito il Papa”, ha twittato. “Non ho mai dato un foglio a nessuno. Mai a nessuno”. E poi ancora, su Facebook: “Niente compatimenti per favore, io sono a testa alta, niente di cui vergognarmi. Non c’è niente che abbia amato e difeso più della Chiesa e del Papa. Avrei potuto stare a casa e non presentarmi in Vaticano ma come sempre ho anteposto tutto al Papa. Adesso le cose andranno a posto”, ha assicurato, ribadendo “totale fiducia negli inquirenti”.
Quanto ai documenti provenienti dall’archivio della Commissione referente e diffusi fraudolentemente, i più recenti risultano risalire ad un anno e mezzo fa.

Fotografano cioè nella sostanza la situazione che Francesco ha trovato al momento della sua elezione, il 13 marzo 2013. Una situazione alla quale il Pontefice ha iniziato a porre rimedio, con un cambiamento di passo che ha creato malumori in alcuni ambienti dai quali si vorrebbe ora accreditare l’idea di un Papa offeso dal fallimento del suo tentativo di riforma. “Non è cosi”, fanno notare fonti vaticane: tra l’altro le persone attualmente incriminate, monsignor Balda e Francesca Chaouqui, al termine del mandato della Cosea hanno lasciato l’incarico e non sono state coinvolte – a differenza degli altri membri della Commissione – nei nuovi organismi voluti proprio da Francesco nel febbraio 2014.

In serata, ai microfoni di TV2000, emittente della Cei, il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, sulla nuova Vatileaks ha raccontato di avere avuto un colloquio con il Papa proprio mentre veniva sentita di nuovo Chaouqui. “Abbiamo parlato di altro e non di questo, ma il Papa non mi è sembrato particolarmente amareggiato”, ha fatto notare, ammettendo di ritenere personalmente che la nuova fuga di documenti “non è una débâcle per la Chiesa ma un momento bello in cui stanno emergendo le negatività e le fragilità. A qualcuno – ha concluso – fa paura una Chiesa che comincia ad essere inattaccabile su alcuni punti, che comincia ad essere credibile agli occhi anche dei non credenti e questo sta facendo perdere la ragione a qualcuno”. Da qui “alcuni attacchi assolutamente ingiustificati”.

Voci confermate all’Agi da fonti vaticane aggiungono come il Papa resti in effetti “sereno”. “Ho appena visto il Papa – scrive il sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Giovanni Becciu sul suo account Twitter – Sue parole andiamo avanti con serenità e determinazione”.

Escalation criminale a Bari, ucciso 21enne

Escalation criminale a Bari, ucciso 21enne Christian Midio
Il luogo dell’agguato a Christian Midio (foto da repubblica.it)

Non c’è l’ha fatta Christian Midio, il 21enne contro cui qualcuno ha sparato più volte martedì intorno alle 19 in via Pellegrino a Bari. Il giovane è morto martedì nel policlinico di Bari in serata. L’agguato è stato compiuto da uno o più killer mentre il ragazzo era per strada.

Almeno tre i proiettili che lo hanno raggiunto al torace e al braccio. Christian Midio è stato soccorso da alcuni passanti e trasportato in auto in ospedale. Probabilmente con un’arma calibro 45. Degli assassini al momento nessuna traccia ma è caccia aperta da parte degli inquirenti.

Secondo una prima ricostruzione degli agenti della Squadra mobile della Questura di Bari, l’agguato è avvenuto in via Giulio Petroni, all’angolo di via Pellegrino dove il giovane aveva parcheggiato il suo scooter: qui il 21enne si sarebbe accorto della presenza dei suoi assassini giunti in moto e col casco, ed ha cominciato a correre. I killer, secondo alcune testimonianze, avrebbero sparato 4 colpi contro il giovane, che vistosi ferito si è rifugiato in una tabaccheria da dove è stato poi soccorso. Morirà dopo poche ore.

Christian Midio aveva precedenti per droga e rapina. L’agguato al giovane segue di una settimana quello subìto dal giovane 28enne Giuseppe Sciannimanico, l’agente immobiliare incensurato freddato a colpi di pistola in via tenente Liguori, alla periferia sud della città. Un omicidio ritenuto da molti “inspiegabile”.

E proprio martedì sera, mentre da piazza Garibaldi c’era la fiaccolata in memoria di Beppe Sciannimanico – alla quale hanno partecipato i genitori e la fidanzata accompagnati dal sindaco di Bari, Antonio Decaro – si è verificato l’omicidio di Christian Midio. La Polizia indaga a tutto campo per capire la natura dell’escalation criminale nel capoluogo pugliese, oltre che risalire agli autori degli omicidi.

Vatileaks 2. La Santa Sede: "Tradita la fiducia del Papa"

Padre Federico Lombardi direttore della Sala Stampa della Santa Sede - Vatileaks 2
Padre Federico Lombardi direttore della Sala Stampa della Santa Sede

“Nel quadro di indagini di polizia giudiziaria svolte dalla Gendarmeria vaticana ed avviate da alcuni mesi a proposito di sottrazione e divulgazione di notizie e documenti riservati, sabato e domenica scorsi sono state convocate due persone per essere interrogate sulla base degli elementi raccolti e delle evidenze raggiunte”. Inizia così la nota della Sala Stampa della Santa Sede diretta da padre Federico Lombardi che spiega l’arresto dei due presunti “corvi” in Vaticano

“Si tratta di un ecclesiastico, Mons. Lucio Angel Vallejo Balda, e della Dottoressa Francesca Chaouqui, che in passato erano stati rispettivamente segretario e membro della COSEA (Commissione referente di studio e indirizzo sull’Organizzazione delle Strutture Economico-Amministrative della Santa Sede, istituita dal Papa nel luglio 2013 e successivamente sciolta dopo il compimento del suo mandato).

In seguito alle risultanze degli interrogatori queste due persone sono state trattenute in stato di arresto in vista del proseguimento delle indagini.

Nella giornata odierna l’Ufficio del Promotore di Giustizia, nelle persone del prof. Avv. Gian Piero Milano, Promotore di Giustizia, e prof. Avv. Roberto Zannotti, Promotore di Giustizia aggiunto, ha convalidato l’arresto dei predetti, provvedendo a rimettere in stato di libertà la Dott.ssa Chaouqui, nei confronti della quale non sono più state ravvisate esigenze cautelari, anche a motivo della sua collaborazione alle indagini.

La mappa degli uffici in Vaticano - Vatileaks 2
La mappa degli uffici in Vaticano (Ansa/Centimetri)

La posizione di Mons. Vallejo Balda rimane al vaglio dell’Ufficio del Promotore di Giustizia. Si deve ricordare che la divulgazione di notizie e documenti riservati è un reato previsto dalla Legge n. IX dello Stato della Città del Vaticano (13 luglio 2013) art. 10 (art. 116 bis c.p.).

Quanto ai libri annunciati per i prossimi giorni va detto chiaramente che anche questa volta, come già in passato, sono frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa e, per quanto riguarda gli autori, di una operazione per trarre vantaggio da un atto gravemente illecito di consegna di documentazione riservata, operazione i cui risvolti giuridici ed eventualmente penali sono oggetto di riflessione da parte dell’Ufficio del Promotore in vista di eventuali ulteriori provvedimenti, ricorrendo, se del caso, alla cooperazione internazionale.

Pubblicazioni di questo genere non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa”, conlude la nota della Sala Stampa del Vaticano.

Vatileaks 2, il Papa autorizza l'arresto di altri due "corvi" in Vaticano

Monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui arrestati in Vaticano per Vatileaks 2
Monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui

Vatileaks 2 – Individuate e arrestate due talpe in Vaticano. La gendarmeria della Santa Sede ha tratto in arresto monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda, spagnolo, e Francesca Immacolata Chaouqui – 32enne italo marocchina nata in provincia di Cosenza – laica, esperta di comunicazione e già componente della Commissione referente sulle attività economiche della Santa Sede (Cosea).

I due sono accusati dalla giustizia della Santa Sede di divulgazione di documenti riservati, reato espressamente vietato dal codice penale vaticano che prevede fino a 8 anni di reclusione.

I provvedimenti, eseguiti tra sabato e domenica, sono stati autorizzati da Papa Francesco che sull’ennesimo caso di fuga di notizie riservate, si è molto indignato. Tutto nasce dalla imminente pubblicazione di due libri: “Via Crucis” di Gianluigi Nuzzi (già destinatario di documenti riservati nell’era di Benedetto XVI, ndr) e “Avarizia” di Emiliano Fittipaldi. Volumi che conterrebbero rivelazioni “esplosive” sugli scandali della Chiesa nonché documenti classificati “riservati” che secondo l’art. 116 bis del codice penale in vigore in Vaticano, così come introdotto dall’art. 10 della legge vaticana IX del 13 luglio 2013, sono documenti la cui divulgazione è un reato punito fino a 8 anni di reclusione.

Monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda, spagnolo legato all’Opus Dei, già segretario della Prefettura degli Affari economici e della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative (Cosea) è stato arrestato perché ritenuto il nuovo “corvo” per la fuga di documenti riservati. Il monsignore è stato rinchiuso in cella in Vaticano, nella stessa del Palazzo della Gendarmeria dove tre anni e mezzo fa era stato recluso Paolo Gabriele, l’ex maggiordomo papale accusato di aver trafugato e diffuso le carte segrete di Benedetto XVI nel precedente scandalo Vatileaks.

LEGGI LA NOTA DELLA SANTA SEDE

Francesca Immacolata Chaouqui dopo la convalida dell’arresto è stata rimessa in stato di libertà. “Francesca Immacolata Chaouqui in queste ore ha fornito agli organi procedenti (la Giustizia Vaticana, ndr) massima collaborazione e ha depositato documenti a supporto delle dichiarazioni rese”, ha detto Giulia Bongiorno, avvocato della donna. “Aggiungo che essendo venute meno le esigenze cautelari è già rientrata a casa ed è certa di chiarire in tempi rapidissimi la propria posizione”.

Possibili provvedimenti contro libri in uscita – I libri in uscita di Nuzzi e Fittipaldi con documenti riservati vaticani “sono frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa”. Un’operazione “in cui risvolti giuridici ed eventualmente penali” sono oggetto di riflessione in Vaticano “in vista di eventuali ulteriori provvedimenti”, anche tramite cooperazione internazionale, afferma la Santa Sede.

COSA RECITA IL CODICE DELLA GIUSTIZIA VATICANA:

La divulgazione di notizie e documenti riservati in Vaticano è un reato previsto dall’art. 116 bis del codice penale in vigore in Vaticano, così come introdotto dall’art. 10 della legge vaticana IX del 13 luglio 2013. L’articolo 10 ha appunto aggiunto al libro II “Dei delitti in ispecie” l’articolo 116 bis che recita: “Chiunque si procura illegittimamente o rivela notizie o documenti di cui è vietata la divulgazione, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni o con la multa da euro mille ad euro cinquemila.

Se la condotta ha avuto ad oggetto notizie o documenti concernenti gli interessi fondamentali o i rapporti diplomatici della Santa Sede o dello Stato, si applica la pena della reclusione da quattro a otto anni. Se il fatto di cui al comma precedente è commesso per colpa, si applica la pena della reclusione da sei mesi a due anni”.

IL PRECEDENTE 

Nei primi mesi del 2012 fu arrestato il maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, perché aveva trafugato, godendo della più ampia fiducia del pontefice tedesco, una grande quantità di documenti riservati. Allora si parlò di Vatileaks 1, un ciclone che investì il pontificato di Joseph Ratzinger, con la diffusione delle carte private del Papa, dagli scottanti dossier sulle finanze a irrilevanti bigliettini personali. Il tutto finito nel libro “Sua Santità” scritto da Gianluigi Nuzzi. L’arresto e la carcerazione sono in quel momento un inedito nel Vaticano dell’era recente e il processo si svolge alla luce del sole, con i media che possono assistere passo passo la vicenda e possono raccontare. Paolo Gabriele fu arrestato, processato e condannato. Infine è stato graziato dal Santo Padre.

CONGIURATI DI “PIETRO”

Gli arresti del monsignore e della donna calabrese seguono due importanti eventi che hanno scosso il Vaticano nelle ultime settimane. La rivelazione clamorosa da parte di un monsignore polacco che ha ammesso di essere omosessuale. L’altra, sulla salute di Papa Francesco che secondo quanto scritto dal “Quotidiano nazionale”, avrebbe un tumore al cervello. Notizia poi smentita sia da padre Federico Lombardi portavoce vaticano che dal prof Fukushima che secondo il quotidiano sarebbe stato chiamato in Vaticano per un consulto medico.

Ma oltre a questi eventi, il “messaggero” maggiordomo del papa emerito Ratzinger. Prima che gli scandali della pedofilia bennero pienamente alla luce, a fine anni ’90 le prime avvisaglie di una “congiura incrociata” contro la Chiesa cattolica. Sempre attraverso un libro, “Via col vento in Vaticano”, in cui vennero denunciati da un monsignore anonimo (poi svelato) molti “scandali” dentro e fuori le mura leonine.

Ozein – Aymavilles, (Aosta). Muore bimbo di 4 anni su trattore padre

Ozein -Aymavilles, (Aosta). Muore Ervin Buschino bimbo di 4 anni su trattore padreTragica fatalità ad Ozein, piccolo centro di Aymavilles in provincia di Aosta. Un bimbo di 4 anni, Ervin Buschino, è morto per i gravi traumi riportati a seguito di forti sbalzi sul trattore del padre. Il bimbo ha sbattuto violentemente il capo ed è deceduto in ospedale.

Il dramma è avvenuto ieri pomeriggio nelle campagne di Ozein. In un primo momento si pensava che il piccolo, Ervin Buschino, fosse stato travolto dal trattore guidato dal padre, Massimo Buschino, ma poi gli approfondimenti dei Carabinieri hanno fatto emergere che il piccolo non sarebbe stato investito ma avrebbe subìto un fortissimo trauma cranico dopo essere stato sobbalzato dal veicolo passando sopra a un dosso in un prato di Ozein.

A questa conclusione sono giunti i militari dell’Arma, appresi i primi esami medici, da cui si evincerebbe che il bimbo non presentava fratture o contusioni da schiacciamento sul corpo ma solo il trauma cranico causato dai violenti sbalzi nel trattore.

La piccola vittima, Ervin Buschino, di quattro anni era di Aymavilles. Domenica pomeriggio era andato col trattore del padre quando nelle campagne del villaggio di Ozein, il mezzo ha incrociato solchi e dossi che hanno fatto sbalzare più volte il bimbo nell’abitacolo dove ha sbattuto la testa violentemente sulle parti metalliche interne al trattore.

Il bambino è morto ieri pomeriggio in ospedale ad Aosta dove era giunto in condizioni disperate. La procura di Aosta valuterà se disporre l’autopsia.

Intanto proseguono gli accertamenti dei militari dell’Arma della stazione di Saint-Pierre, che stamane hanno effettuato un nuovo sopralluogo sul luogo della tragedia.

La procura ha comunque aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico del padre, Massimo Buschino, allevatore che collabora alla gestione dell’albergo “La Pineta”, pochi chilometri a valle rispetto al luogo dell’incidente.

Amici e compaesani, con il sindaco di Aymavilles Loredana Petey, si stanno stringendo attorno al dolore della famiglia. A supporto dei genitori sono arrivati gli psicologi dell’emergenza. La coppia aveva da poco avuto un’altra figlia.

La procura di Aosta, prima che i Carabinieri comunicassero l’esito dei nuovi accertamenti, da cui emerge che il bimbo non è stato investito, avevano aperto un’inchiesta sull’incidente. “Al momento si può ravvisare una responsabilità del padre. Abbiamo aperto a suo carico un fascicolo per omicidio colposo”, dichiara il procuratore capo di Aosta Marilinda Mineccia. Le indagini, tutt’ora in corso, sono coordinate dal pm Eugenia Menichetti e coinvolgono anche Mineccia.

Palermo, rogo in una palazzina ad Alimena. Morti 2 anziani

Via Milano Alimena 5, Palermo
La palazzina ad Alimena dov’è divampato l’incendio (Street view)

Un’anziana coppia di coniugi è morta all’alba di oggi per un incendio divampato all’alba nella propria abitazione in via Milano 5, ad Alimena, piccolo centro delle Madonie (Palermo). Il figlio della coppia, la moglie e il loro bambino di 4 anni, che vivevano nella stessa palazzina sono riusciti miracolosamente a salvarsi lanciandosi dal balcone.

La donna stata trovata morta al secondo piano, mentre il marito sul pianerottolo del primo piano, asfissiati probabilmente da fumo. Forse l’uomo stava tentando di scendere nel garage da dove sembra sia partito l’incendio. Ancora sul posto diverse squadre dei vigili del fuoco, arrivate da Termini Imerese, Petralia e Palermo.

Le vittime del rogo morti Francesco Paolo Oddo 70 anni e la moglie Maria Domenica Placentino, 67 anni. Il figlio, Fabio Rosario Oddo, 38 anni, si è salvato lanciandosi da una finestra con in braccio il suo bambino di 4 anni.

Adesso si trova ricoverato al pronto soccorso di Caltanissetta con diversi traumi. Sembra non sia in pericolo di vita. La moglie Daniela, 33 anni, è stata portata al pronto soccorso di Petralia Sottana insieme al figlioletto per intossicazione da fumo. Si indaga per accertare le cause dell’incendio ad Alimena, scoppiato forse nel garage della famiglia dove c’era legname e altri materiali. All’origine del rogo probabilmente un corto circuito.

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