11 Ottobre 2024

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Alessandro Nicolò (Fi): "Con Oliverio la Calabria sempre più povera"

Alessandro Nicolò commenta i dati di Bankitalia: Con Oliverio Calabria sempre più povera
Il capogruppo di FI in consiglio regionale, Alessandro Nicolò

A un anno esatto dall’elezione del governatore Mario Oliverio, ci sono reazioni sui risultati politici e amministrativi dell’esecutivo. Il capogruppo di Forza Italia al Consiglio regionale della Calabria, Alessandro Nicolò prende spunto dal rapporto di Bankitalia per attaccare la giunta Oliverio. “Il quadro economico-sociale che emerge dal Rapporto semestrale di Bankitalia sull’economia calabrese, in base a cifre e numeri allarmanti, – afferma in una nota Nicolò – rivela che c’è un Sud nel Sud del Paese che stenta a imboccare la strada giusta per superare la crisi”.

Per l’ex vicepresidente del Consiglio “ancora una volta i proclami della Giunta regionale ed il suo interminabile ottimismo di stampo elettoralistico, sono clamorosamente smentiti da studi e indagini statistiche autorevoli. E le rivelazioni della Banca d’Italia – prosegue Nicolò – sono ulteriormente gravi, se si considera che mentre le altre regioni del Mezzogiorno hanno imboccato un percorso virtuoso, la Calabria, sul piano dell’occupazione e dello sviluppo in particolare modo, segna un peggioramento inequivocabile che la confermano quale regione più povera
del Paese”.

“Il premier Renzi – sottolinea Alessandro Nicolò – aveva promesso che della Calabria avrebbe fatto “la madre di tutte le battaglie” e la Giunta calabrese presieduta da Oliverio, un giorno sì e l’altro pure annuncia successi su più fronti. Promesse e successi che si scontrano con una realtà sociale estremamente drammatica che vedono, come mai era accaduto, una Calabria sempre più sola nel Paese e nello stesso Mezzogiorno”.

“Si è vista – nota il capogruppo di Forza Italia – l’incoerenza plateale del Governo, che nella legge di Stabilità non ha introdotto alcun provvedimento specifico per ridurre il divario Nord-Sud mentre il ‘masterplan’ per il rilancio del Sud è un insieme ingarbugliato di promesse e giri di parole da cui non c’è attendersi niente di concreto”.

Ad avviso dell’esponente azzurro “la beffa peggiore per la Calabria, tuttavia, la si intravede quando si osservano le inadempienze per lo sviluppo del porto di Gioia Tauro che, secondo Bankitalia, non solo non cresce ma registra per il 2015 un declino delle movimentazione di container nella misura del 15,2 per cento rispetto all’anno precedente. Qui si tocca con mano il pressappochismo del Governo e l’incapacità del governo della Regione di imporre sui tavoli nazionali l’urgenza di fare sul serio per un’infrastruttura che se valorizzata potrebbe creare ricchezza per la Calabria ed il Paese”, conclude Alessandro Nicolò.

Rizziconi, agguato nella notte. Bracciante salvato dai Carabinieri

Rizziconi, agguato nella notte. Bracciante salvato dai Carabinieri
Nella mappa Rizziconi, provincia di Reggio Calabria

Sicari in azione questa notte a Rizziconi, dove intorno alle 3 hanno teso un agguato a un bracciante agricolo 52enne del posto. Si tratta di Giovanni Romeo, già noto alle Forze dell’Ordine.

L’uomo, che era a bordo di un motocarro è stato raggiunto e ferito all’addome e alle braccia da colpi d’arma da fuoco. Quando si è accorto di essere braccato dai killer, Giovanni Romeo, già ferito e sanguinante, ha avuto la forza di innestare la marcia indietro e, percorso un breve tratto di strada ha incrociato fortunatamente una gazzella dei Carabinieri che pattugliava la zona.

I militari dell’Arma hanno così interrotto la missione di morte dei sicari salvando la vita all’agricoltore ormai senza scampo. I killer dopo l’intervento dei Carabinieri di Rizziconi sono infatti fuggiti facendo perdere le proprie tracce.

L’uomo è stato poi trasportato presso il locale ospedale. Sul posto dell’agguato sono stati effettuati i rilievi di rito. Ancora sconosciuto il movente del tentato omicidio. Indagano i militari per risalire agli autori dell’agguato.

Cosenza, dopo 26 anni intitolata una piazza a Denis Bergamini

Cosenza, dopo 26 inaugurata una piazza a Denis BegaminiDenis Bergamini ha un posto speciale nel cuore dei cosentini. Oggi un nuovo tributo al calciatore morto in circostanze mai del tutto chiarite il 18 novembre ’89 a Roseto Capo Spulico: a lui, dopo 26 anni, è stata intitolata una piazza vicina allo stadio dedicato recentemente a Gigi Marulla, altro campione del Cosenza Calcio morto prematuramente la scorsa estate.

A scoprire la targa della piazza sono stati la sorella, Donata Bergamini, il sindaco Mario Occhiuto e il presidente del Cosenza, Eugenio Guarascio. Tanti i tifosi presenti con le bandiere. “Sono emozionatissima – ha detto la sorella – perché a distanza di 26 anni intitolargli una piazza è stupendo”.

“Proprio ieri – è scritto in una nota dell’amministrazione comunale – è ricorso il 26/mo anniversario della sua morte. Un giorno che, stagione dopo stagione, è rimasto tristemente impresso nella memoria dei cosentini, che non lo hanno dimenticato e mai lo dimenticheranno.

Denis Bergamini è ormai per sempre nell’iconografia popolare come quel giovane biondo e dai modi gentili che indossava la maglia dei lupi in un periodo che rimarrà nella storia locale come, purtroppo, anche la sua tragica scomparsa”. Per piazza Bergamini è stata individuata un’area di circolazione in via degli Stadi, attualmente priva di toponimo, sul lato sinistro in direzione Castrolibero, oltre la curva Sud dello stadio San Vito Gigi Marulla.

La Giunta comunale presieduta dal sindaco Mario Occhiuto aveva approvato il 21 settembre scorso la proposta di delibera per l’intitolazione. Denis Bergamini avrebbe festeggiato il suo 53esimo compleanno il 18 settembre e ne aveva 27 quando morì. “Intento dell’Amministrazione comunale – è scritto ancora nella nota – è quello di commemorare in maniera tangibile quella vita spezzata prematuramente che, oltre ad aver dato prova di notevoli doti calcistiche, ha lasciato un ricordo umano indelebile in tutti i tifosi, e non solo, dei “lupi”.

Alla cerimonia di sabato 21 novembre 2015, oltre alla famiglia e al sindaco cosentino non mancheranno appunto i tifosi e, naturalmente, i rappresentanti dell’Associazione “Verità per Denis”, nonché esponenti del mondo dello sport e semplici cittadini”. La squadra dell’attuale Cosenza calcio, impegnata lo stesso giorno nella gara casalinga di campionato contro il Monopoli, prima di fare il suo ingresso nello stadio porterà un saluto alla neo-inaugurata piazza Donato “Denis” Bergamini.

Belgio, è allerta massima. Bruxelles blindata e sotto assedio

Belgio, è allerta massima. Bruxelles è sotto assedio
Come si presentava sabato Bruxelles, capitale del Belgio

E’ massimo allarme in Belgio, dove il governo ha innalzato al livello più alto l’allerta terrorismo, nella scala, numero 4. Il premier belga, Charles Michel ha detto che “c’è il rischio di attentati simili a Parigi”.

Bruxelles è blindata, così come tutti gli obittivi sensibili nel paese. Il Centro nazionale di crisi belga (Ocam) parla di “minaccia grave e imminente, cosa che richiede specifiche misure di sicurezza e raccomandazioni dettagliate alla popolazione”. In sotanza la minaccia, sostiene il ministero “è molto grave”.

Sul fronte delle ricerche a cellule terroristiche, dopo i blitz di Molenbeek dei giorni scorsi, gli inquirenti sono alla ricerca di almeno due uomini di cui uno trasporterebbe una bomba del tipo di quelle azionate dai kamikaze negli attacchi di Parigi. Secondo i media belgi potrebbe essere lo stesso Salah. E’ quanto si legge sul sito di “Le Soir” citato dall’Ansa.

Il Comune di Bruxelles, cioè il municipio centrale della città, ha chiesto la chiusura di tutti i ristoranti e caffè della zona, in seguito alla minaccia terrorista. La polizia ha fatto il giro dei locali nel pomeriggio per avvertirli della raccomandazione. Chiusa per “precauzione” anche tutte le stazioni metropolitana. I bus circolano normalmente ma sono super sorvegliati, mentre molti tram sono rimasti in deposito.

Serrande abbassate pure nei grandi magazzini di Bruxelles, “le Galeries Inno” (cuore dello shopping della borghesia belga), diversi centri sportivi ed è stata annullata la partita di anticipo del campionato di serie A (D1) tra Lokeren e Anderlecht oltre alle partite di calcio delle serie minori, ma non la prima e seconda divisione.

Chiusi anche il più grande cinema di Bruxelles, la multisala Kinepolis, annullati i concerti delle due maggiori sale da concerti – l’Ancienne Belgique e Cirque Royale – e chiusi il luogo simbolo della città cioè l’Atomium, l’edificio a forma di atomo, e il Parlamentarium, il centro visitatori del Parlamento Ue.

Il Centro nazionale di crisi belga (Ocam) ha chiesto di annullare tutti i grandi eventi previsti a Bruxelles nel fine settimana e di chiudere la metro, “raccomanda di annullare le partite di calcio di prima e seconda divisione”. L’Ocam chiede anche di “rafforzare il dispositivo poliziesco e militare”. Sabato la capitale belga è apparsa spettrale.

Intanto a Londra La polizia ha arrestato tre persone sospette e ha disposto l’evacuazione di una strada centralissima di Londra, vicino al ponte di Westminster. Lo scrive l’Independent on line, secondo cui la polizia, armata, ha fermato un’auto e arrestato tre persone. L’operazione ha visto impegnati uomini, mezzi ed elicotteri che hanno sorvolano la città. I tradizionali Bus rossi a due piani sono stati deviati.

La polizia ha chiesto alle persone che si trovano nei negozi e nei ristoranti della strada di allontanarsi dalle vetrine e dalle finestre. Londra nel passato è risultata crocevia di terroristi. Da un quartiere alla periferia della capitale britannica proveniva “Jihadi John”, uno dei boia più sanguinari dell’auto proclamato stato islamico.

Vatileaks 2: processo per 5 persone, tra cui Nuzzi e Fittipaldi

Vatileaks 2: processo per 5 persone, tra cui Nuzzi e FittipaldiL’inchiesta “Vatileaks 2” procede spedita. A nemmeno un mese dallo scandalo che ha coinvolto il Vaticano sulla fuga di notizie rieservate, il magistrato vaticano ha rinviato a giudizio cinque persone al termine dell’inchiesta sulla sottrazione e la diffusione dei documenti riservati della Santa Sede, nella quale sono stati arrestati monsignor Lucio Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui.

Tra i rinviati a giudizio anche i giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, autori dei due libri “Via Crucis” e “Avarizia”, che contengono le informazioni riservate contestate. Il processo si aprirà martedì 24 novembre nel tribunale della Città del Vaticano.

Il rinvio a giudizio è stato decretato per il reato previsto dall’art. 116 bis del codice penale vaticano, cioè la divulgazione di notizie e documenti riservati. Nuzzi e Fittipaldi, che erano stati ufficialmente indagati una decina di giorni fa, sono stati coinvolti nel procedimento penale per il concorso nel presunto reato.

Gli imputati nel processo rischiano da quattro a otto anni di reclusione. Al momento, uno dei presunti “corvi”, mons. Vallejo Balda è ancora detenuto nella cella della Gendarmeria vaticana mentre la pierre Francesca Chaouqui è stata immediatamente rilasciata dopo l’arresto all’inizio di novembre per la sua collaborazione con la magistratura vaticana.

Da quanto apprende l’Ansa il quinto indagato rinviato a giudizio nell’ambito di in Vatileaks 2, risulta essere Nicola Maio, ex collaboratore della Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa sede (Cosea). Della stessa commissione Cosea facevano parte il monsignore spagnolo Vallejo Balda, che ne era segretario, e Francesca Immacolata Chaouqui.

FITTIPALDI: “SONO INCREDULO, È PROCESSO ALLA LIBERTÀ STAMPA”
“Sono incredulo – afferma Emiliano Fittipaldi autore di “Avarizia” – “Non è un processo contro di me, ma contro la libertà d’informazione. In tutto il mondo – aggiunge il giornalista dell’Espresso – i giornalisti hanno il dovere di pubblicare notizie e segreti che il potere, qualunque esso sia, vuole tenere nascosti all’opinione pubblica”.

“Mostrare documenti confidenziali e informare la gente delle malefatte dei potenti è l’essenza del nostro lavoro”. “Capisco – prosegue lo scrittore – che in Vaticano siano in grave imbarazzo per quello che ho raccontato, anche perché non hanno potuto smentire nulla di quanto ho denunciato. Però non mi aspettavo che aprissero un processo penale contro me e Nuzzi”.

“Forse sono ingenuo, ma credevo che indagassero su chi ha commesso gli illeciti che ho denunciato, non su chi li ha svelati. Che cosa farò adesso? Non lo so. Parlerò stasera con i miei avvocati. Ma è un fatto che in Vaticano la libertà di stampa non sia sufficientemente tutelata. Nel loro ordinamento non esiste nulla di simile all’articolo 21 della nostra Costituzione. Il promotore di giustizia e gli uomini della gendarmeria mi avevano ventilato la possibilità di finire a processo? No. All’interrogatorio di lunedì scorso sono stati rispettosi e cortesi, ma alle domande ho opposto il segreto professionale. Non ce l’ho con loro, ma con una legge che considero illiberale e inaccettabile. Come ci si può difendere – si chiede – in quel tribunale se in Vaticano non esistono garanzie per il giornalismo libero?”.

AVVOCATO BONGIORNO: “SPERO DI POTER DIFENDERE CHAOUQUI”
“Spero che finalmente, nella fase del giudizio, sia permesso alla mia assistita di difendersi appieno. Infatti, fino ad oggi le è stata negata la possibilità di scegliersi il suo legale”: così ha risposto all’Ansa l’avvocato Giulia Bongiorno, legale di fiducia di Francesca Chaouqui, rinviata a giudizio in Vaticano nel processo Vatileaks 2. “Come è noto – spiega – la difesa tecnica in Vaticano è riservata esclusivamente agli avvocati rotali, ma molto spesso viene autorizzata anche quella di altri legali non residenti nello stato della Città del Vaticano.

“Di recente, – prosegue – proprio a me è stato consentito di assistere una persona sottoposta a procedimento penale presso la Santa Sede”. “Quanto prima formulerò istanza per essere autorizzata a difendere Chaouqui, e spero davvero – conclude Giulia Bongiorno – di essere autorizzata per consentire all’imputata il miglior esercizio del diritto di difesa, attraverso il suo legale di fiducia, che ero e resto io”. Al momento non risulta esserci la posizione del conduttore di “Quarto Grado”.

Lotta alla prostituzione. Espulse quattro straniere a Corigliano

Lotta alla prostituzione. Espulse quattro straniere a Corigliano CalabroIl Questore di Cosenza, Luigi Liguori ha notificato un avviso di avvio del procedimento di rimpatrio per quattro donne di nazionalità romena sorprese a prostituirsi sulla 106 ionica nel territorio di Corigliano Calabro. Una volta emesso il decreto le donne non potranno più mettere piede nell’area comunale e dovranno essere esplulse dall’Italia.

Il provvedimento è stato adottato nell’ambito dei servizi di vigilanza e controlli in alcune aree del territorio del comune di Corigliano Calabro ed in particolare sulla SS106, finalizzati al contrasto della prostituzione.

Giovedì sera, personale del Commissariato della Polizia di Stato di Rossano e del reparto prevenzione Crimine “Calabria Settentrionale” ha individuato sulla statale 106, quattro donne straniere intente a prostituirsi e 3 uomini che si erano fermati con le loro autovetture. Le donne, tutte giovanissime, sono state sottoposte a controllo e sono risultate senza documenti d’identità.

Gli agenti le hanno prelevate e condotte in Commissariato per il foto-segnalamento. Le quattro ragazze e i tre uomini sono stati sanzionati con una multa amministrativa di 500 euro ciascuno, per le violazioni dell’Ordinanza sindacale del comune di Corigliano, n. 4 del 09.01.2015, che prevede il “divieto di indossare abbigliamento, comportamenti e atteggiamenti indecorosi ed indecenti preordinati ad indurre alla domanda di prestazioni sessuali a pagamento” con conseguente “interferenza” sulla circolazione stradale da parte dei tre “clienti” le cui autovetture sono state sottoposte a sequestro amministrativo cautelare così come previsto nell’Ordinanza sindacale.

Nell’ambito dell’attività di prevenzione, sono stati effettuati 8 posti di controllo, nel corso dei quali, sono stati controllati 58 automezzi, identificate 115 persone ed elevati due verbali per infrazioni al Codice della strada.

Noragugume, Nuoro. Un pastore freddato a fucilate

Noragugume, Nuoro. Un pastore freddato a fucilate
Nel riquadro la vittima, Giampietro Argiolas

Proseguono le indagini degli investigatori per far luce sull’omicidio Giampietro Argiolas, l’allevatore di 43 anni ucciso giovedi pomeriggio nei pressi di , nel Nuorese, sulla strada provinciale 33 che collega Borore a Ottana.

Giampietro Argiolas aveva appena terminato il lavoro nelle sua azienda agricola quando attorno alle 18, con un camion adibito al trasporto del bestiame, stava rientrando a Noragugume, il suo paese. Sulla statale l’uomo è affiancato presumibilmente da un auto da cui sono stati esplosi colpi di fucile caricati a pallettoni.

Un’esecuzione che non gli ha lasciato scampo. La vittima, che aveva una fama da “duro” ed era finito sotto inchiesta anche per la faida insanguinò il suo paese con otto morti dal 1998 al 2000.

L’uomo venne però scagionato dagli inquirenti. Argiolas fu arrestato per l’attentato al sindaco di Ottana del settembre del 2010 e condannato a docici anni di carcere per poi venire assolto in appello dopo quattro anni trascorsi dietro le sbarre.

L’allevatore di Noragugume ucciso ieri venne anche sospettato per l’omicidio di Bachisio Cossu, 34 anni, nuovo compagno della ex moglie ucciso a Silanus il 16 novembre 2014 con un colpo di pistola alla testa.

Argiolas uscì pulito dalla vicenda in quanto aveva un alibi inattaccabile. Gli inquirenti hanno quindi diverse piste da seguire per far luce sull’omicidio compiuto ieri e non trascurano neanche quella che porta alla vecchia faida i cui fu presunto protagonista. In Sardegna è l’ennesimo omicidio di pastori in poche settimane.

Pozzuoli, Napoli. Giallo sul ritrovamento di un cadavere

Pozzuoli, Napoli. Mistero sul ritrovamento di un cadavere
Pozzuoli sulla mappa

Il cadavere di un uomo in avanzato stato di decomposizione è stato scoperto all’interno di un edificio dismesso in via San Gennaro Agnano, a Pozzuoli (Napoli).

La Polizia di Stato, intervenuta sul posto dopo la telefonata di alcuni operatori ambientali, pensa che il corpo appartenga con molta probabilità a un extracomunitario, anche se le condizioni dei resti non permettono al momento di stabilirlo con certezza. Sarà l’autopsia a stabilire giorno e cause del decesso, ovvero se l’uomo è morto per cause naturali oppure ucciso da terzi.

Il corpo si trovava nella vegetazione cresciuta nei pressi di un edificio abbandonato da tempo. La scoperta è stata fatta questa mattina da addetti alle pulizie che stavano provvedendo a ripulire aiuole e spazi verdi. L’uomo, dopo i rilievi di rito in loco, è stato portato in obitorio per l’esame medico legale. Al momento è tutto un mistero. Indagano le forze dell’ordine.

Mafia, preso a Reggio Calabria latitante Paolo Alvaro. VIDEO

I Carabinieri mentre portano via il latitante Paolo Alvaro
I Carabinieri mentre portano via il latitante Paolo Alvaro

Alla prime luci dell’Alba, nella frazione Tarapondica di Melicuccà (Reggio Calabria), i Carabinieri del reparto operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria, in collaborazione con i militari dello Squadrone Cacciatori Calabria e della Compagnia Carabinieri di Palmi, hanno arrestato il super latitante Paolo Alvaro, 50 anni, alla macchia dal 2009.

L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Ad Alvaro vengono contestati i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, procurata inosservanza di pena e riciclaggio.

L’uomo, già sfuggito alla cattura nell’ambito dell’operazione “Virus”, è stato individuato all’interno di un “bunker” sotterraneo in muratura di circa 15 metri quadrati, con accesso tramite botola scorrevole su binari, ricavato nel pavimento di un capannone adibito a rimessa vicino la propria abitazione.

VIDEO DEL BLITZ DEI CARABINIERI DI REGGIO CALABRIA NEL BUNKER DI PAOLO ALVARO

Paolo Alvaro è ritenuto responsabile di aver fatto parte di un’associazione per delinquere di tipo mafioso, che operava nei comuni di Sinopoli, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Cosoleto, Villa San Giovanni, Reggio Calabria ed altri comuni della Piana di Gioia Tauro, con ramificazioni a Roma e Torino.

Il presunto boss sarebbe stato ai vertici dell’omonima “Cosca Alvaro”, alias “Carni i Cani”, organizzazione finalizzata al conseguimento di presunti profitti e vantaggi attraverso il controllo del detto territorio e delle relative attività economiche e produttive, la quale, facendo leva sulla forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, si dedicava anche alla commissione, in particolare, di delitti contro la persona e contro il patrimonio.

Inoltre, unitamente al padre Domenico, si prodigava ad assicurare la latitanza del capo cosca, Carmine Alvaro, fornendogli supporto logistico, relazionandosi con lo stesso per diramare i suoi ordini agli associati e per il compimento di ogni altra attività connessa.

In particolare metteva a disposizione di quest’ultimo la propria masseria in contrada Caracciolo nel comune di Melicuccà, ove il medesimo trovava rifugio e base logistica e che contestualmente utilizzava per lo svolgimento di incontri con gli altri associati, finalizzati alla gestione degli affari in corso della ‘ndrina; prendeva parte a tali riunioni; svolgeva funzioni di vigilanza in favore del capocosca latitante e faceva da tramite tra il capocosca e gli altri associati, con particolare riferimento alla gestione delle operazioni di riciclaggio di valuta estera.

Palermo, smantellata la nuova Mafia. Volevano uccidere Alfano

Palermo, smantellata la nuova Mafia. Volevano uccidere Alfano
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano

Avrebbero voluto colpire il ministro dell’Interno Angelino Alfano per l’inasprimento del 41 bis, alcuni dei mafiosi caduti nella rete dei carabinieri del Gruppo di Monreale, che stamattina hanno arrestato sei persone.

Il blitz contro la nuova Cosa nostra, disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, è stato effettuato con l’aiuto di unità cinofile per la ricerca di armi e di un elicottero. I militari hanno eseguito l’operazione tra i comuni di Corleone, Chiusa Sclafani e Contessa Entellina, nel palermitano. L’inchiesta ha svelato i nuovi assetti di Cosa nostra nel mandamento dei boss Riina e Provenzano. Le attività di indagine avrebbero scongiurato un omicidio già pianificato.

Alcuni mafiosi arrestati dai carabinieri pensavano di colpire il ministro dell’Interno Alfano, responsabile dell’inasprimento del 41bis. “Dovrebbe fare la fine di Kennedy”, avrebbero detto in una intercettazione. “Se c’è l’accordo gli cafuddiamo (diamo, ndr) una botta in testa. Sono saliti grazie a noi. Angelino Alfano è un porco. Chi l’ha portato qua con i voti degli amici? E’ andato a finire là con Berlusconi e ora si sono dimenticati tutti”, hanno proferito.

“Dalle galere dicono cose tinte (brutte ndr) su di lui”, commentano i mafiosi Masaracchia e Pillitteri, riferendosi alle lamentele dei boss carcerati sull’operato del ministro dell’Interno. “E’ un cane per tutti i carcerati Angelino Alfano”, aggiungono. Poi il riferimento a John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti ucciso il 22 novembre del 1963. “Perché a Kennedy chi se l’è masticato (chi l’ha ucciso ndr)? Noi altri in America. E ha fatto le stesse cose: che prima è salito e poi se li è scordati”. Nella conversazione i due mafiosi accennano, dunque, alla circostanza che Kennedy sarebbe stato eliminato dalla mafia perché, eletto coi voti dei boss, non avrebbe poi mantenuti i “patti”.

Tra gli arrestati dai carabinieri del Gruppo di Monreale, che hanno azzerato i vertici del mandamento di Mafia Corleone, c’è anche Rosario Lo Bue, capomafia già finito in carcere nel 2008, ma poi assolto e liberato, fratello di uno dei fiancheggiatori dell’ultima fase della latitanza del boss Bernardo Provenzano. La Cassazione dichiarò nullo il decreto che aveva autorizzato le intercettazioni a suo carico. L’indagine ha svelato anche il progetto di un omicidio imminente: alcune persone si sarebbero rivolte a Cosa nostra per risolvere problemi legati alla riscossione di una grossa eredità.

L’inchiesta, che è una prosecuzione di due blitz dell’Arma sulle “famiglie” di Corleone e Palazzo Adriano, è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Leonardo Agueci. A carico dei sei fermati le accuse sono di danneggiamento, illecita detenzione di armi e associazione mafiosa. Lo Bue, capo carismatico e autorevole, porta avanti una linea d’azione prudente, sulla strada indicata dal boss Bernardo Provenzano. Proprio questo suo modo di condurre le attività del mandamento avrebbe creato non poche fibrillazioni all’interno della famiglia mafiosa di Corleone.

Dall’indagine emerge come un altro esponente mafioso, Antonino Di Marco, arrestato nel 2014, da sempre ritenuto vicino alle posizioni dall’altro storico boss corleonese Salvatore Riina, si sia più volte lamentato del modo di gestire gli affari di Lo Bue. Le attività hanno, dunque, ribadito che ancora oggi sussistono in Cosa nostra due anime: una moderata che fa riferimento e l’altra più oltranzista fedele a Riina. Dall’indagine è emerso che la mafia disponeva di un piccolo arsenale di armi nascoste.

Assalto Isis in Mali: uccisi 14 ostaggi. "Allahu Akbar" e poi il massacro in nome di Dio

Maliani mostrano la bandiera portata dai terroristi durante il massacro in Mali
Maliani mostrano la bandiera dell’Isis portata dai terroristi durante il massacro in Mali

Sarebbero 13 i terroristi islamici uccisi che hanno assaltato venerdì un albergo a Bamako, in Mali. Tra i 27 morti totali ci sarebbero anche loro. La giornata di terrore seminato dai jihadisti all’hotel Radisson Blue, è terminata con un blitz delle teste di cuoio francesi e americani. Quando hanno assaltato l’albergo i criminali hanno gridato “Allahu Akbar” con le bandiere nere su cui sono scritti i nomi di Allah e Maometto. Poi gli spari, gli ostaggi e i morti ammazzati in nome di Dio e del Profeta.

Tutti gli altri “prigionieri” dei criminali sono stati liberati dalle forze di polizia dopo un lungo blitz durato ore. Liberi anche i 12 membri dell’equipaggio dell’Air France e 5 dei sei ostaggi della Turkish Airlines che erano stati segregati in albergo. Anche una decina di cinesi hanno lasciato l’hotel sani e salvi.

Gli uomini del Califfo sulle 170 persone prese in ostaggio venerdi mattina, tra cui francesi e statunitensi e cinesi. I jihadisti ne avevano liberato alcuni: solo coloro che erano capaci di recitare versi del Corano. Poi un’intesa franco americana ha dato il via al blitz con il supporto dell’esercito maliano terminato nel pomeriggio. “Ho visto dei cadaveri. E’ orribile”. Sono le prime parole di uno degli ostaggi liberati. Sangue dappertutto nei piani dell’hotel e fuori.

Anche un “popolare cantante guineano”, Sekouba Bambino, era fra gli ostaggi liberati. “Mi sono svegliato al suono di colpi d’arma da fuoco e pensavo fossero solo banditelli venuti all’hotel per cercare qualcosa. Dopo 20 o 30 minuti ho capito che non erano piccoli criminali”, ha detto l’artista secondo quanto riferisce la Bbc.

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L’ASSALTO DELL’ISIS STAMANE ALLE 7. Almeno 170 persone sono stati presi in ostaggio da fanatici del califfato presso l’hotel Radisson Blue di Bamako, capitale del Mali, nazione centr’africana dove da anni è in corso una guerra civile. Dal 2010 sono presenti nel paese i caschi blu dell’Onu. In questa settimana in hotel c’era una delegazione dell’Onu. Nell’attacco ci sarebbero diversi feriti e “tre vittime”. Secondo le forze dell’ordine maliane sarebbero stati rilasciati una cinquantina di ostaggi. Alcuni media riferiscono che le persone rilasciate avrebbero letto il Corano.

L’agenzia di stampa cinese “Xinhua” riferisce che un una decina di turisti cinesi “sono intrappolati all’interno dell’hotel”, in Mali. Secondo il Daily Mail, “Due maliani e un cittadino francese sono stati uccisi, mentre due operai della compagnia Turkish Airlines

Prima della cattura, i jihadisti secondo l’emittente “Al Jaazeera”, hanno gridato “Allahu Akbar” e poi hanno sparato colpi di mitra. L’ambasciata Usa ha diramato un allerta in cui chiede ai cittadini americani, compreso il suo staff, di mettersi al sicuro. Gli ostaggio sarebbero 140 ospiti e 30 persone dello staff di diversa nazionalità. Vi sarebbero cinesi, francesi, americani e di altre nazionalità. Al momento non è dato sapere se vi siano italiani. La Farnesina si è messa in moto per appurare eventuali presenze italiane.

I terroristi sarebbero una decina, entrati in azione alle 7 di questa mattina, ha riferito sempre Al Jazeera. L’Hotel Radisson Blue è stato circondato dalle truppe dai militari maliani e dai caschi blu dell’Onu, già presenti sul posto per una missione di pace nell’area.

Il presidente del Mali, Idriss Déby Itno, ha evocato la matrice islamista dell’attacco terroristico: “Condanno nella maniera più ferma possibile questo atto barbaro che non ha niente a che vedere con la religione”, ha detto il capo di Stato. I servizi di sicurezza del Mali sospettano che dietro l’attacco all’hotel Radisson di Bamako ci sia il network jihadista Ansar Din, di cui fa sapere di aver sventato vari progetti di attentati nella stessa capitale maliana ad opera delle due brigate Khalid Ibn Walid e Fronte di liberazione di Massina.

Al momento non è giunta alcuna rivendicazione. “Questa settimana all’hotel Radisson Blue a Bamako, c’è stata una grande delegazione per dibattere sul processo di pace in Mali”, ha dichiarato alla CNN Olivier Saldago, un portavoce di MINUSMA (Missione di Stabilizzazione delle Nazioni Unite in Mali Multidimensional Integrated).

Il presidente francese Francois Hollande ha inviato in Mali 50 teste di cuoio. Le stesse che hanno compiuto il blitz a Saint-Denis, a nord di Parigi due giorni fa.

 

Lago, battuta di caccia fatale. L'amico uccide Pasquale Runco

Lago, battuta di caccia fatale. L'amico uccide Pasquale Runco (Immagini archivio)co,Battuta al cinghiale fatale. Sarebbe stato un tragico incidente di caccia a causare la morte di Pasquale Runco, 68enne di Aiello Calabro.

Il tragico incidente si è verificato giovedì intorno alle 17 nei boschi del comune di Lago (comune in provincia di Cosenza).

Secondo i primi accertamenti, a uccidere Pascquale Runco è stato un suo amico che era impegnato con lui ed altri “compagni” in una battuta di caccia al cinghiale nelle montagne che da Potame conducono ad Amantea.

Da una prima parziale ricostruzione, la vittma si muoveva nel bosco nel tentativo di avvicinare e uccidere un cinghiale, quando a un certo punto il suo amico, evidentemente tratto in inganno dal movimento della vegetazione, ha fatto fuoco. Ma invece della ipotetica belva ha colpito Runco alla gola.

Inutili i soccorsi. L’uomo è morto pressoché sul colpo. Sul luogo del drammatico incidente sono giunti i Carabinieri delle Stazioni di Lago e Aiello Calabro che hanno effettuato i rilievi di rito.

Sul corpo della vittima il magistrato ha già disposto l’esame autoptico che dovrà avvenire nelle prossime ore, al massimo a inizio settimana. L’omicida è indagato per omicidio colposo. Un atto dovuto per svolgere le indagini.

La Cassazione annulla l'arresto di Azzollini. Renzi: "Avevamo ragione"

La Cassazione annulla l'arresto di Antonio Azzollini. Matteo Renzi: "Avevamo ragione"
Il senatore Ncd, Antonio Azzollini

La Suprema Corte di Cassazione ha annullato con rinvio al tribunale di Bari,  l’arresto del senatore Ncd Antonio Azzollini, coinvolto nel presunto crack da 500 milioni di euro della Divina provvidenza.

La pronuncia dei giudici della V sezione penale a seguito del ricorso del senatore. Sarà adesso il Tribunale del riesame di Bari a pronunciarsi nuovamente sulla misura cautelare degli arresti domiciliari per Antonio Azzollini, già bocciata a luglio dall’aula del Senato.

Il caso Azzollini scoppiò in Parlamento con posizioni contrapposte tra i diversi schieramenti politici che si divisero tra “innocentisti” e “colpevolisti”. La giunta per le autorizzazioni di palazzo Madama manifestarono, in base al carteggio giudiziario, “parere favorevole” all’arresto, ma la volontà della commissione venne frenata in aula che negò la richiesta. Con votazione a scrutinio segreto, chiesto dal gruppo Area Popolare (Ncd-Udc) il 29 luglio scorso l’aula del Senato ha infatti bocciato la relazione del presidente Stefano con 96 si, 189 no e 17 astenuti.

E sull’annullamento dell’arresto del senatore alfaniano da parte della Cassazione interviene direttamente il premier Matteo Renzi che già aveva avuto da ridire con i magistrati pugliesi che indagano sul fallimento della Divina Provvidenza: “Il Parlamento non è il passacarte della Procura di Trani”, disse.

Nella sua Enews di oggi Renzi scrive: “Ieri la Cassazione ha annullato l’arresto” di Antonio Azzollini. “Quando si parla di libertà delle persone, – afferma – si può perdere consenso. Ma si deve procedere sempre con i piedi di piombo. Il tempo in cui bastava un avviso di garanzia per condannare qualcuno è finito. Ci vuole più rispetto per la presunzione di innocenza. Solo così smetteremo di essere succubi del populismo”. Oltre a Renzi anche nel Nuovo Centrodestra manifestazioni di giubilo: “Avevamo ragione”.

Melito Porto Salvo (Rc), a 100 anni tenta di uccidere con l'accetta la moglie 93enne

Reggio Calabria, a 100 anni tenta di uccidere la moglie di 93 Pentidattilo, Melito Porto Salvo, Reggio CalabriaLui, il marito, quasi cento anni, la moglie 93. L’anziana coppia in una giornata di “routine” a un certo punto si mette a litigare per futili motivi e per poco non ci scappa il morto. Una lite che degenera, con l’arzillo vecchietto che ad un tratto perde le staffe e assale l’anziana consorte con un’accetta, nel tentativo di ucciderla. E’ successo presso l’abitazione dei coniugi in località Placanica di Pentidattilo, frazione del Comune di Melito Porto Salvo, Reggio Calabria.

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri della stazione di Melito Porto Salvo, intervenuti stamani sul posto, il tentato omicidio è avvenuto al culmine di una lite nata per futili motivi tra la coppia centenaria. L’uomo ha tentato di uccidere la moglie, colpendola più volte alla testa con un’accetta.

Trasportata con un’ambulanza del 118 presso l’ospedale “Tiberio Evoli” di Melito Porto Salvo, l’anziana donna, sottoposta ad accurati accertamenti clinici, sarebbe fuori pericolo di vita ma ha riportato numerose contusioni ed ematomi al capo tanto da che i sanitari hanno prescritto 25 giorni di prognosi.

L’uomo è stato arrestato dai Carabinieri per tentato omicidio, ma sulla scorta dell’eta avanzata (99 anni) è stato condotto presso una struttura residenziale per anziani della zona, in cui dovrà rimanere a disposizione della competente Procura della Repubblica di Reggio Calabria, in regime di arresti domiciliari, in attesa dell’udienza di convalida dell’arresto. All’origine del gesto, potrebbe esserci la gelosia.

Lotta al terrore. Blitz in Belgio. E' massima allerta. L'Ue smantella Schengen

Parigi, lotta al terrore: E' massima allerta. L'Ue smantella Schengen
Poliziotti in uno dei blitz in Belgio (Bruce Adams/Daily Mail)

E’ massima allerta un po’ in tutta Europa, Francia in testa. Dopo l’allarme scattato in Germania, dove è stata annullata la partita Germania-Olanda ad Hannover, e quello di ieri dell’Fbi che ha avvertito circa “imminenti attacchi a Roma e Milano”, si susseguono i blitz contro cellule jihadiste tra Francia e Belgio.

Mercoledì mattina nel quartiere parigino a nord, Saint-Denis, dove le forze speciali sparando “5.000 colpi”, hanno neutralizzato due uomini e una donna (morta esplosa), tra cui Abdelhamid Abaaoud ritenuto “mente” del commando, giovedi mattina è scattato un secondo raid con un fermo e diverse perquisizioni a Molenbeek, Jette, Uccle, nell’area intorno a Bruxelles.
Sempre nel pomeriggio di giovedì un’altra operazione di polizia (ancora in corso) a Charleville, nelle Ardenne francesi. Nel raid, riferiscono i media francesi, è stata udita una forte esplosione.

Il quartiere della Ronde-Couture di Charleville-Mezières – cittadina operaia non lontana dal confine con il Belgio – è stato chiuso al traffico in vista della vasta operazione di polizia, riferisce France 3.

Secondo l’emittente sul posto è stata sentita una forte esplosione. A quanto si apprende si tratterebbe solo del modus operandi degli agenti per sfondare la porta di un appartamento e stordire le eventuali persone all’interno. Perquisizioni attualmente in corso. E’ stato arrestato un uomo di nazionalità francese, convertitosi all’Islam di recente.

Dopo i sanguinari attacchi a Parigi l’Unione europea si blinda e di fatto smantella gli accordi di Schengen sulla libera circolazione di merci e persone. “Gli Stati membri – è scritto nella bozza di conclusioni del Consiglio straordinario dei ministeri degli Interni Ue – si impegnano ad effettuare i necessari controlli sistematici e coordinati alle frontiere esterne, anche per i cittadini dell’area di libera circolazione”.

Allarme che arriva anche dall’Europol riferite dall’agenzia Ansa: “Con gli attacchi di venerdì a Parigi c’è stata una grave escalation della minaccia terroristica dell’Isis, è il primo esempio stile Mumbai 2008. E’ un fenomeno diverso: l’Isis vuole esportare in Europa la sua atroce violenza. Hanno enormi risorse e sono possibili altri attacchi”, afferma in un documento il direttore Rob Wainwright.

Tra le misure identificate nel documento per rafforzare le proprie frontiere: “l’aggiornamento di database e sistemi elettronici di controllo ai confini con connessioni agli archivi elettronici di Europol e Interpol”; “la registrazione sistematica e la raccolta delle impronte digitali di tutti i migranti che entrano nell’area Schengen”, oltre a controlli di sicurezza “in base al Sistema di informazione Schengen 2, il database dell’Interpol Sltd ed altri”.

Si prevede inoltre l’impiego delle squadre di intervento rapido (Rabit) e di polizia alle frontiere per garantire un monitoraggio sistematico e controlli di sicurezza. Frontex “contribuirà alla lotta contro il terrorismo e sosterrà la messa in pratica coordinata della lista degli indicatori di rischio, prima di fine 2015″ inoltre assisterà gli Stati Membri nell’aumento dei controlli delle frontiere esterne, per individuare foreign fighter e trafficanti di armi”.

Procura di Parigi: "Ucciso Abdelhamid Abaaoud". Era la "mente"

Procura di Parigi: "Ucciso Abdelhamid Abaaoud" Era la mente
Abdelhamid Abaaoud con una pistola

Abdelhamid Abaaoud, la mente degli attacchi terroristici di Parigi è stato ucciso nel drammatico assalto della polizia ieri nel covo dove sono morte altre due persone. Il corpo di uno dei due (la terza è una donna kamikaze), appartiene a Abdelhamid Abaaoud. Lo ha confermato il procuratore di Parigi, Francois Molins.

Il “cervello” jihadista belga, 27 anni, è stato prima colpito alla testa da un cecchino della polizia e poi è stato fatto saltare in aria con l’esplosione di numerose granate durante il raid nel quartiere di Saint-Denis.

Il suo corpo era pertanto irriconoscibile. Ci sono volute più di 24 ore per confermare, attraverso i test di medicina legale, che i resti del cadavere maciullato apparteneva a Abdelhamid Abaaoud.

Fonti vicine alla procura di Parigi citate da alcuni quotidiani francesi hanno riferito che “la morte di questo sospetto è stata confermata da un campione di saliva. I test del DNA hanno positivamente identificato il cadavere in Abdelhamid Abaaoud”.

In una dichiarazione lo stesso procuratore di Parigi ha affermato: “Era suo il corpo crivellato di colpi che abbiamo rinvenuto nel palazzo. Il suo corpo era stato identificato (anche) sulla base di campioni di pelle”. Il procuratore ha poi precisato che non è chiaro se dopo essere rimasto seriamente ferito Abdelhamid Abaaoud si è “fatto esplodere con una cintura esplosiva”. Questo potrà essere accertato con i prelievi delle tracce di esplosivo sul corpo.

Il primo ministro Manuel Valls ha dato la notizia in Parlamento che è stata accolta tra gli applausi dei parlamentari
“Oggi sappiamo – ha detto Valls ai giornalisti – che la mente degli attacchi – o uno di loro era tra i morti. Ma noi cerchiamo di rimanere cauti”.
Ora le autorità francesi dovranno spiegare come hanno potuto consentire al terrorista, “che si pensava fosse in Siria”, di operare così liberamente in Francia, uccidendo 129 persone la sera di venerdì 13.

All’appello ora manca (insieme ad altri) Abdeslam Salah, altro super ricercato che avrebbe assaltato il Bataclan. Salah, sarebbe stato anche l’autore dell’assalto al coffe bar dove ha sparato e ucciso alcune persone. Nel video di una telecamera di sicurezza  si vede un uomo che spara raffiche di mitra all’impazzata. Poi punta il kalashnikov contro una ragazza ma l’arma si inceppa. Il fratello di Salah, Mohamed, prima arrestato a Molenbeek a Bruxelles e poi rilasciato ha fatto un appello affinché Abdeslam si costituisca.

Attacco a Parigi, ecco le immagini del terrore jihadista

I minuti del terrore a Parigi
I minuti del terrore a Parigi

Erano le 22.34 quando un gruppo di terroristi fa irruzione in un Coffe Bar preso di mira a Parigi. In un video di una telecamera di sorveglianza del locale, pubblicato dal quotidiano britannico “Daily Mail”, si sentono le raffiche di kalashnikov fuori e dentro la brasseria. E’ il terrore. I clienti che si riparano alla meno peggio sotto i tavoli o si recano ai piani superiori e inferiori della caffetteria.

Alle prime raffiche si vedono i vetri degli specchi e le bottiglie dietro al banco frantumarsi in mille pezzi. A un certo punto si vede uno dei terroristi – che le autorità ritengono possa trattarsi del super ricercato Abdeslam Salah – tornare indietro per uccidere una ragazza che si era nascosta dietro un tavolino fuori dal Caffè.

Il jihadista punta l’arma contro la donna e preme il grilletto, ma non ci riesce perché il mitra si inceppa. Lui rinuncia e fuggirà a bordo di un’auto (si tratta della Seat nera ritrovata domenica mattina a Montreuil, la stessa che si pensava fosse entrata in Italia), mentre la ragazza riesce con freddezza a rialzarsi e a fuggire lontano da quel luogo.

Dentro il locale, ancora gli avventori terrorizzati. Si guardano intorno e appena il rumore degli spari cessa, si rifugiano al piano inferiore. Il gestore tenta di chiamare i soccorsi ma è, comprensibilmente, nel panico totale. Davanti ai suoi occhi scorre il sangue di alcune vittime della follia jihadista. I feriti si conteranno a decine.

IL VIDEO DEL TERRORE JIADHISTA A PARIGI 

Parigi è sotto attacco ormai da più di un’ora. Al teatro Bataclan era in corso il massacro più sanguinoso, dove è stato registrato il numero più alto di morti. Negli stessi minuti dell’attacco alla brasseria, allo Stade de France si vivevano ancora minuti di terrore. Gli spettatori rimangono chiusi dentro lo stadio e a migliaia trovano “riparo” sul terreno di gioco, ormai sgomberato delle due nazionali Francia e Germania che sono subito andate negli spogliatoi dopo le prime esplosioni dei kamikaze fuori dall’impianto sportivo.

Nel video della telecamera di sorveglianza, abbiamo aggiunto le drammatiche immagini del terrore al Bataclan. Gli spari dentro e fuori il locale, la gente in fuga che, in uno slalom dell’orrore cerca di evitare di calpestare morti e feriti. Una donna rimane appesa alla finestra per almeno dieci minuti. Immagini già note.

La polizia intanto irrompe nella sala concerto e in altri luoghi presi d’assalto per mettere fine al massacro jihadista. Uccisi sei o sette di loro. Il bilancio finale di quella drammatica notte a Parigi è di 129 morti e un centinaio di feriti gravi. Persone di diverse nazionalità, giovani  che volevano solo vivere una serata in allegria, come in tutto l’Occidente civilizzato. Vittime di una spietata e cieca follia che oggi gridano “Giustizia”.

Parigi, nuovo blitz a Molenbeek. Si temono armi chimiche

Uomini delle forze speciali belghe nel blitz a Molenbeek
Uomini delle forze speciali belghe nel blitz a Molenbeek

Dopo il blitz di ieri mattina a Saint-Denis, condotto da esercito e teste di cuoio francesi per scovare i terroristi di Parigi, stamane è scattata un’altra operazione in Belgio, a Molenbeek dove già lunedì scorso erano state fermate alcune persone poi rilasciate.

Sarebbero sei raid a Molenbeek e in altre aree di Bruxelles. Una decina finora le perquisizioni. Le azioni puntano a scovare amici e parenti di vicine a Bilal Hadfi, uno dei kamikaze che si è fatto esplodere nei pressi dello Stade de France, venerdì 13 novembre. Sebbene non siano direttamente collegati alla mattanza parigina, ha specificato il procuratore federale.

Anche nel blitz di Molenbeek , come quello a Saint-Denis – dove sono morti 3 terroristi ed eseguiti 8 arresti – sono diversi i corpi di polizia impegnati, con l’ausilio di mezzi pesanti, elicotteri e cani anti esplosivo.

Il timore forte dell’intelligence è quello che gli uomini di Daesh (Isis) possano arrivare ad utilizzare armi chimiche. Non è un caso se gli ospedali francesi siano stati riforniti di scorte l’atropina solfato e il governo ha autorizzato con un decreto di sabato 14 novembre (il giorno dopo gli attacchi) la farmacia centrale dell’esercito a produrne in quantità. Si tratta di soluzioni iniettabili di 40 mg / 20 ml PCA organofosfati neurotossici contenente l’atropina solfato

“L’immaginazione macabra” dei mandanti del terrorismo islamico “non ha limiti”, e “oggi non possiamo escludere niente”, ci può anche “essere il rischio di armi chimiche e biologiche”, ha infatti confermato il premier francese Manuel Valls davanti all’Assemblea nazionale.

Intanto è ancora giallo sulla sorte della mente degli attacchi, Abdelhamid Abaaoud. Secondo i media del Belgio, sarebbe morto nel corso dell’attacco della polizia a Saint-Denis. In serata anche il Washington Post, che cita fonti dell’intelligence, la “mente” degli attentati è morto ucciso nel raid.

A frenare è però il procuratore di Parigi, Francois Molins che ieri sera ha riferito, che Abdelhamid Abaaoud e Abdeslam Salah non sono tra i fermati nel raid ma non avrebbe precisato se tra i tre uccisi (tra cui una donna kamikaze), ci siano persone “ancora da identificare”.

Francia, docente ebreo accoltellato da "jihadisti" a Marsiglia

Francia, docente ebreo accoltellato da "jihadisti" a Marsiglia
Docente ebreo accoltellato a Marsiglia. E’ caccia ad aggressori

Ancora un accoltellamento di ebrei. Dopo l’aggressione a Milano, oggi è la volta di un professore di storia in una scuola ebraica a Marsiglia. Sarebbero stati tre individui a sferrare dei fendenti all’uomo. La conferma arriva dal prefetto di polizia di Bouches-du-Rhône, citato dal quotidiano “Le Monde”.

Il prof non sarebbe in pericolo di vita. L’aggressione è avvenuta intorno alle 20 di mercoledì sera nel XIII° arrondissement di Marsiglia, ha riferito Laurent Nuñez, che ha sottolineato come un imponente schieramento di forze dell’ordine è impegnato a trovare i colpevoli.

Secondo quanto ricostruito, gli aggressori avrebbero prima inveito contro il docente con frasi antisemite, per poi aggredirlo fisicamente con calci e pugni fino all’accoltellamento finale.

L’aggressione, riferiscono alcuni media francesi, sarebbe stato rivendicato da una fazione fondametalista islamica, forse “jihadisti”. Non è chiaro se si tratta di fiancheggiatori o “lupi solitari” che hanno agito in un clima di forte tensione e vulnerabilità in Francia, dopo l’attacco al cuore di Parigi degli uomini del califfato. Nella rivendicazione e anche all’uomo “de visu” avrebbero detto “siamo con l’Isis”. Un elemento inquietante su cui indagano le forze di polizia francese.

La sera di giovedì 12 novembre a Milano – il giorno prima del terrore a parigino – fuori da un ristorante kosher di via San Gimignano un altro ebreo accoltellato. Si tratta di Nathan Graff, di 40 anni. Indossava gli abiti tipici degli ebrei ortodossi, quindi abbastanza riconoscibile.

L’aggressore, non ancora identificato, era incappucciato quando ha avvicinato Graff per accoltellarlo. L’uomo, ancora in ospedale, non corre pericoli di vita ma è rimasto sfregiato da una coltellata al volto. Secondo quanto ricostruito quella sera dalla polizia, l’episodio non sarebbe riconducibile all’odio razziale e antisemita. La vicenda aveva scosso tutte le comunità ebraiche italiane che, preoccupate, hanno espresso la convinzione che con quell’episodio di violenza c’entri “l’intifada del coltelli”.

Dopo gli attecchi terroristici di Parigi – in Italia e in Europa – tra gli obiettivi sensibili dov’è stato innalzato il livello di sicurezza ci sono anche sinagoghe e sedi delle comunità ebraiche. Il problema resta, in ogni caso, la libera circolazione delle persone in giro per le città. Il timore è alto tra gli ebrei italiani ed europei.

L'Isis usò lattina di Schweppes-bomba sull'aereo russo

La foto pubblicata su Dabiq. Il barattolo di Schweppes che sarebbe stata utilizzzato come bomba artigianale sull'Airbus A321 russo esploso sui cieli del Sinai. Accanto l'innesto del tritolo e il detonatore. Isis, Daesh,
La foto pubblicata su Dabiq. Il barattolo di Schweppes che sarebbe stata utilizzzato come bomba artigianale sull’Airbus A321 russo esploso sui cieli del Sinai. Accanto l’innesto del tritolo e il detonatore.

Il Califfato di al-Baghdadi avrebbe usato una lattina di Schweppes tipo “Gold” come bomba “artigianale” per far esplodere, il 31 ottobre scorso, l’aereo russo A321 “Kogalymavia” sul Sinai, in Egitto.

Lo ribadisce il Daesh (Isis), che aveva già rivendicato l’attentato, facendo pubblicare un’immagine sulla rivista dello Stato islamico “Dabiq”. Nello foto si vedono, una lattina di Schweppes, un innesto e il detonatore con il pulsante. Come materiale esplosivo – riferisce il quotidiano russo kommersant.ru – potrebbe essere stato stato usato tritolo (TNT).

La rivendicazione dell’Isis coincide con le “certezze” della Russia che martedì 17 novembre parlò di un attacco terroristico sull’aereo russo precipitato in Egitto in cui hanno perso la vita 224 persone. Il velivolo era decollato da Sharm el-Sheikh e diretto a San Pietroburgo.

Il capo dei servizi segreti russi (FSB) Alexander Bortnikov in un incontro con il presidente russo, Vladimir Putin del 16 novembre ha riferito che l’Airbus A321 si è schiantato a causa di un ordigno esplosivo. “Possiamo chiaramente dire – ha affermato il numero uno dell’intelligence – che questo è un atto terroristico”. Secondo gli esperti del Servizio federale di sicurezza a bordo il contenitore della bomba (la lattina) aveva una capacità di contenere fino a un chilogrammo di trinitrotoluene (tritolo) oppure plastico.

Secondo gli esperti russi citati dal quotidiano “l’esplosione sull’aereo russo è avvenuta nel vano di carico dell’aeromobile, che si trova sotto l’abitacolo, e, presumibilmente, in cabina”, ovvero sotto un “sedile di un passeggero”.

Detonata la bomba artigianale, i passeggeri sarebbero morti all’istante poiché la deflagrazione ha causato la distruzione del telaio e la conseguente depressurizzazione della cabina. Il velivolo avrebbe così subito l’esplosione: prima cosa, spiegano il giornale, la sezione di coda si è staccata, rompendosi in aria (i frammenti sono stati individuati su un territorio di una lunghezza di 13 km e una larghezza di circa 5 km), e le persone che erano a bordo sono state uccise quasi istantaneamente da un calo di pressione “tagliente”.

L’ipotesi dell’FSB, è che la bomba a bordo dell’aereo russo sarebbe stata introdotta a bordo da qualcuno del personale dello scalo di Sharm el-Sheikh. Si pensa a un addetto alle pulizie o al personale dei rifornimenti di cibo e carico bagagli. La bomba a quanto pare era a orologio o timer, impostata prevedendo il caso di una partenza ritardata. Ma non è escluso che qualcuno in aereo abbia potuto azionare direttamente il detonatore che si vede a destra nell’immagine pubblicata dallo Stato islamico.

Intanto, sempre sulla rivista “Dabiq” c’è un’altra minaccia diretta al Vaticano e al Papa “Chiediamo ad Allah – scrive la rivista – di sostenere i mujaheddin contro gli agenti dei leader dell’idolatria e i crociati finché la bandiera del Califfato non sarà issata su Istanbul e la Città del Vaticano”.

Proprio stamane, nell’udienza generale in Piazza San Pietro, Papa Francesco aveva espresso un forte dissenso circa la sicurezza della Chiesa. “Non voglio una Chiesa blindata”, ha detto il pontefice. Nel pomeriggio la risposta del Califfato che invece minaccia di issare la bandiera nera sul cupolone di San Pietro.

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