11 Ottobre 2024

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Calabria, sigillata nave "Laura C". Era piena di tritolo per la 'ndrangheta

Calabria, sigillata nave "Laura C". Era piena di tritolo per la 'ndrangheta
Sommozzatori vicino la nave “Laura C”

Il mercantile “Laura C”, affondato nel 1941 al largo della costa calabrese, davanti Saline Ioniche, con un ingente carico di munizioni ed esplosivo, è stato definitivamente sigillato.

Negli anni gli investigatori hanno accertato che la nave era diventata un deposito a disposizione delle cosche della ‘ndrangheta.

Le operazioni sono state illustrate dal prefetto di Reggio Calabria Claudio Sanmartino, dal Procuratore Federico Cafiero De Raho, e dai vertici della Marina Militare.

L’impegno di sigillare l’imbarcazione “Laura C”, era stato preso dalla procura antimafia di Reggio Calabria. A maggio 2014 la Marina e le forze dell’Ordine hanno riportato a terra oltre 120 “panetti” di tritolo. Altri operazioni di recupero erano state fatte nel corso degli anni.

GUARDA IL VIDEO DEL RECUPERO DEL TRITOLO DA PARTE DELLA POLIZIA 

Esplosivo che era stato sequestrato sulla “Laura C” e messo sotto stretta custodia. Gli inquirenti, accertato che il mercantile veniva utilizzato dalla ‘ndrangheta come “deposito”, cercano di capire se l’esplosivo sia stato utilizzato in qualche attentato di mafia nel nostro Paese.

'Ndrangheta, scacco al clan Piromalli di Gioia Tauro. 4 arresti

'Ndrangheta, scacco al clan Piromalli di Gioia Tauro. 4 arresti
Operazione dei militari in uno dei bunker del clan Piromalli

Operazione congiunta Carabinieri-Polizia all’alba di stamane nella Piana di Gioia Tauro contro presunti affiliati alla potente cosca di ‘ndrangheta, Piromalli.

L’indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha consentito di decapitare quelli che sono ritenuti vertici apicali dell’organizzazione criminale.

Quattro le ordinanze di custodia cautelare. In manette sono finiti Biagio Guerrisi, di 51 anni; Gennaro Paolillo (31), Rocco Ivan Stillitano (52) e Francesco Cosoleto di 37 anni.

Gli indagati sono gravemente indiziati, a vario titolo, per i reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio e tentato omicidio pluriaggravato, porto e detenzione illegale di armi, estorsione, danneggiamento aggravato, tutti aggravati dalle metodologie mafiose.

Tutti già con precedenti penali, i quattro sono considerati dagli inquirenti organici “anche con ruoli apicali, della ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale” riconducibile alla famiglia Piromalli, imperante nel comune di Gioia Tauro, con ramificazioni in tutta la “Piana” ed in altre regioni del Nord-Italia.

L’operazione è stata condotta dai Carabinieri di Gioia Tauro, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”, della Compagnia Speciale e di unità cinofile del “Goc” di Vibo Valentia nonché personale della Squadra Mobile di Reggio Calabria, in esecuzione a decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.

In particolare, l’articolata attività d’indagine, che ha beneficiato anche del contributo di alcuni collaboratori, sviluppata autonomamente sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia, ha consentito di raccogliere gravi e concordanti indizi di colpevolezza in ordine all’appartenenza dei fermati ad un’associazione di tipo ‘ndranghetista finalizzata, avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà, allo sfruttamento delle risorse economiche del territorio attraverso o la partecipazione alle stesse, acquisendone direttamente o indirettamente la gestione o il controllo, ovvero con la riscossione di somme di denaro a titolo di compendio estorsivo.

L’inchiesta ha permesso, infatti, di documentare numerosi episodi estorsivi, consumati e tentati, nonché alcuni danneggiamenti seguiti da incendio o perpetrati mediante l’esplosione di colpi d’arma da fuoco, effettuati nel medesimo contesto a scopo intimidatorio in danno degli operatori economici.

È stato, inoltre, ricostruito come la cosca Piromalli, con la disponibilità di armi, al fine di realizzare il controllo egemonico sul territorio, abbia realizzato accordi con organizzazioni criminose omologhe sopprimendo i soggetti che a quel controllo si contrapponevano, nonché commesso delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi. I fermati sono stati tradotti presso la casa circondariale di Palmi a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Milano, arrestata banda di romeni per la rapina all'orologeria "Pisa"

Milano, arrestata banda di romeni per la rapina all'orologeria "Pisa"
La banda di criminali in azione nell’orologeria Pisa a Milano

E’ stata arrestata dalla Polizia di Stato, la banda che ha svaligiato l’orologeria “Pisa” di via Verri a Milano, rapina commessa l’1 dicembre 2014 a colpi d’accetta, machete e da pistole.

Si tratta di altri 6 presunti esecutori (uno era stato arrestato subito e l’ottavo è minorenne) nonché di colui che, dalla Romania, li ha reclutati e organizzato la rapina.

La banda, come si vede nel video – diffuso dalla Polizia – delle telecamere di sorveglianza della orologeria era entrata in azione con una violenza criminale da fare invidia ai cast cinematografici hollywoodiani. 8 uomini armati di pistole, asce e machete avevano fatto irruzione nell’esercizio, in pieno centro dove ci sono i migliori locali della moda (San Babila – Via Montenapoleone), arraffando di tutto: orologi per un valore di oltre 800mila euro.

Un gruppo di criminali ha prima immolizzato personale e clienti, costringendoli faccia in giù sul pavimento, per poi scassare le vetrine blindate con colpi d’ascia, mentre gli altri armati di pistole facevano da “guardie” affinché non entrasse nessuno.

VIDEO DELLA RAPINA

I componenti della banda tra loro si chiamavano “soldati”, e si erano dati una preparazione quasi paramilitare. “Erano tutti giovanissimi, al massimo poco più che ventenni – raccontano gli investigatori – Trascorrevano 4-5 mesi in un’area boschiva della Romania dove ricevevano un addestramento paramilitare che comprendeva abituarsi a dormire in condizioni estreme, vivere al freddo in tenda, esercitarsi all’esecuzione della rapina”.

L’organizzazione gestiva diversi gruppi che partivano per colpire gioiellerie in tutta Europa. Per quella di Milano da “Pisa” – un colpo da 830mila euro -, la banda di otto rapinatori è arrivata in città con un pullman per non lasciare tracce, ha dormito tre giorni in tenda in un’area boschiva in zona Rogoredo durante i sopralluoghi e dopo il colpo è ripartita subito.

Palermo, arrestati due corrieri di droga calabresi

La Rotonda di Via Oreto a Palermo. Nel riquadro gli agenti mostrano la droga sequestrata
La Rotonda di Via Oreto a Palermo. Nel riquadro gli agenti mostrano la droga sequestrata

PALERMO – La polizia di Stato ha arrestato a Palermo, due calabresi. Si tratta di Concetta Gangemi, 63 anni, e Nino Vittorio Tripodi, 51 anni, entram di Palmi (Reggio Calabria), già noti, con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di cocaina.

I due presunti corrieri di droga sono stati sorpresi nella rotonda di via Oreto a Palermo. In un’auto con targa tedesca sono stati trovati dietro un pannello ricavato nel vano motore, due chili di cocaina. A scoprire la droga è stato il cane “Dream” addestrato a scovare esplosivo e gli stupefacenti.

La conducente vestiva i panni di “un’insospettabile casalinga”, spiega la Questura di Palermo. La donna quando si è accorta della pattuglia di Polizia, ha improvvisato una inversione di ritorno sull’autostrada E90, per evitare il rischio di un fermo e il conseguente controllo da parte degli agenti. Una manovra che ha insospettito i poliziotti che hanno subito fermato l’automobile. I due presunti corrieri, durante le operazioni di controllo hanno manifestato nervosismo, motivando la loro manovra col fatto di non conoscere la città di Palermo.

Accertate una serie di incongruenze, i poliziotti hanno deciso di accompagnare i due soggetti presso la caserma Lungaro di Palermo. “Come da procedura – prosegue la Questura – gli accurati controlli sui fermati e loro vettura sono stati eseguiti dal personale di polizia, insieme alle unità cinofile “antiesplosivo” ed “antidroga”.

E’ stato il fiuto del cane “Dream” a consentire ai poliziotti di scovare il posto dove i due arrestati conservavano la droga: un pannello ricavato nel vano motore, all’interno del quale i poliziotti della squadra Mobile hanno scoperto due involucri, avvolti nel cellophane, di cocaina”. Un luogo ritenuto dai due corrieri “sicuro” e “introvabile”, dove nemmeno il fiuto dei cani poteva arrivare, dal momento che il motore sprigiona gas di scarico e altri odori acidi che possono indurre il cane a errare. Non è stato così. Gli stupefacenti pesavano oltre due chili per un valore al dettaglio di 250 mila euro.

Torino, blitz della Polizia contro falsari di euro. 4 arresti

Torino, blitz della Polizia contro falsari di euro. 4 arresti
La scena dei falsari nel film di Totò “la banda degli onesti”.

Blitz contro una presunta banda di falsari a Torino. Gli agenti del commissariato di Polizia “Dora Vanchiglia”, ha arrestato quattro persone tra i 34 e i 42 anni pregiudicate per delitti specifici, due delle quali di nazionalità italiana e due marocchini.

L’operazione, coordinata dalla Procura della Repubblica di Torino, ha consentito di sgominare un gruppo di presunti falsari e di delineare il suo modus operandi.

Il cittadino marocchino, trovato in possesso di 26.000 euro di banconote contraffatte, in tagli da 100 e 10 euro, si riforniva settimanalmente del denaro falso e lo rivendeva, secondo una stima effettuata, per un valore pari al 25% del taglio della banconota (es. 25 euro per ogni banconota da 100), ad un suo connazionale.

Quest’ultimo, a sua volta, lo cedeva ai due cittadini italiani, i quali provvedevano a “cambiarlo” e a dividersi il profitto con il primo. L’attività dello “scambio” veniva posta in essere dai due recandosi in bar, tabacchi, parafarmacie, supermercati di diverse città del Piemonte, della Lombardia, dell’Emilia Romagna e della Val d’Aosta, al fine di acquistare oggetti, di volta in volta differenti a seconda dei prodotti posti in vendita dall’esercente (farmaci, bevande, alimenti, ecc..), per un valore generalmente di 10 euro, pagando con i soldi falsi e ricevendo come resto banconote autentiche.

Il gruppo, secondo quanto accertao dagli inquirenti, prediligeva piccoli esercizi commerciali, con la speranza che gli stessi non fossero dotati dei macchinari a lettura ottica in grado di verificare l’autenticità delle banconote.

Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati 11.950 euro in contanti, provento del traffico illecito, e diverse schede SIM e telefoni cellulari, attraverso i quali si garantivano i contatti finalizzati all’organizzazione delle attività criminose.

Gli appartenenti al gruppo sono privi di stabile attività lavorativa, con ogni probabilità si sostenevano con la presunta attività illecita, considerandola un vero e proprio “lavoro”. I quattro hanno, inoltre, dimostrato di avere grande capacità di muoversi disinvoltamente sul territorio nazionale.

Tutte le persone coinvolte, a seguito dell’emissione, da parte del Gip presso il Tribunale di Torino, di ordinanze di custodia cautelare in carcere, sono attualmente detenuti presso il carcere “Lorusso e Cutugno”, in quanto, secondo le accuse, sono gravemente indiziati di detenzione, spendita, messa in circolazione di monete contraffate.

Mangone (Cosenza), massacra a bastonate la compagna. Arrestato

Mangone (Cosenza), uomo romeno massacra a bastonate la compagna. ArrestatoNel giorno delle celebrazioni contro la violenza sulle donne, un uomo romeno residente a Mangone ha minacciato e picchiato violentemente la convivente, anche con un bastone.

Violenze che andavano avanti da tempo e che ieri sono culminate in pugni e calci che hanno provocato alla donna una ferita alla testa giudicata dai sanitari guaribile in 30 giorni.

La donna, però, ha trovato il coraggio di denunciare e così, i Carabinieri della Compagnia di Rogliano (Cosenza) hanno arrestato, a Mangone, il compagno della vittima delle violenze. Si tratta di Ionel Popa, di 42 anni. L’accusa è maltrattamenti, lesioni e minacce.

Proprio ieri, nella stessa giornata di celebrazioni contro la violenza sulle donne, a Perugia un uomo ha ucciso la moglie a fucilate. Il delitto, compiuto da un agente immobiliare italiano reo confesso, forse “per gelosia”.

Gioia Tauro, mega sequestro a cinese di articoli falsi e pericolosi

Guardia Finanza in sequestro di 250 mila articoli a cinese Gioia TauroMaxi sequestro di prodotti contraffatti e non sicuri da parte della Guardia di Finanza di Gioia Tauro, al termine di un controllo in un’attività commerciale cinese del luogo.

I militari hanno accertato che l’attività era dedita alla vendita al dettaglio di articoli di abbigliamento, materiale elettrico, giocattoli e casalinghi, gestita da un imprenditore cinese. Il sequestro operato è pari a circa 250mila articoli.

Prodotti in gran parte sprovvisti del marchio di sicurezza “CE” o lo riportava, ma palesemente contraffatto, ed era priva delle indicazioni e delle avvertenze “minime” previste dal Codice di Consumo.

Alcuni degli articoli erano già stati riconosciuti, nell’ambito dell’Unione Europea, a rischio per la salute dei consumatori ed inseriti in un sistema di allarme Comunitario denominato “Rapex”.

Come riconoscere il marchio “CE” originale o contraffatto.

marchio CE originaleIl marchio della CE originale è facilmente distinguibile. Si tratta di due cerchi (invisibili) che si sovrappongono alle estremità da cui si cicava la C nel cerchio di sinistra e la E nella parte destra. Le due lettere sono distanziate per una metà del cerchio, come si vede nell’immagine a destra

Due esempi a confronto In alto CE originale in basso il marchio contraffatto da prodotti cinesi
In alto il marchio CE originale. In basso il marchio CE contraffatto

Il logo “CE” contraffatto non tiene conto della circolarità, ma le due lettere sono “strette” e non inserite nei due cerchi.

L’obbligo di apporre il marchio è previsto dalla legge per poter commercializzare il prodotto nei paesi aderenti allo Spazio economico europeo (SEE).

Il Decreto Legislativo 6 Novembre 2007, n. 194, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 261 nel 9 novembre 2007, all’articolo 10.3 recita: “È vietato apporre sugli apparecchi e sui relativi imballaggi e istruzioni per l’uso segni che possano indurre in errore terzi in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE”.
Le sanzioni per chi raggira questo obbligo sono abbastanza pesanti.

I Carabinieri ritrovano straordinaria tomba con dipinti di eroi Paestum

Carabinieri ritrovano antica tomba con dipinti di eroi Paestum
Un degli affreschi rinvenuti – Tomba eroe di Paestum (Ansa)

Straordinario ritrovamento da parte dei Carabinieri Tutela dei Beni Culturali. Il militari hanno rinvenuto i pezzi meravigliosamente affrescati di una tomba sannitico campana risalente a duemila e trecento anni fa. I reperti risalgono infatti IV-III secolo a.C. Le attività d’indagine sono iniziate nel ’95.

Le lastre, una delle quali ritrae un giovane eroe di Paestum armato di scudo circolare e giavellotti che conduce per le briglie un mulo con un carico sulla groppa e un cagnolino, provengono dalle aree archeologiche di Paestum.

I particolari dei ritrovamenti sono stati resi noti giovedì 26 ottobre, al Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri a Roma, durante la presentazione della mostra “L’Arma Custode della Memoria” alla presenza del ministro di Beni Culturali e Turismo Dario Franceschini e del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette.

Attività investigativa per il recupero di 5 pannelli di affresco pæstani

Nel 1995 – spiega l’Arma dei Carabinieri – fu avviata un’importantissima indagine con la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), per debellare il fenomeno dello scavo clandestino e ricettazione di reperti archeologici, diffuso nelle aree comprese tra Casal di Principe, Mondragone ed Aversa, località in provincia di Caserta.

Il principale indagato era un noto trafficante internazionale.
Nel corso delle attività investigative, quando erano state già documentate le attività illecite addebitategli, il trafficante morì in un incidente stradale, nei pressi di Cassino. Le intercettazioni telefoniche consentirono di appurare che il principale indagato deteneva centinaia di foto raffiguranti reperti archeologici, oggetto della trattazione con tombaroli, e immagini di altri reperti già piazzati sul mercato illecito internazionale.

Le perquisizioni dell’auto incidentata e dell’abitazione del trafficante permisero di sequestrare numerosissime foto raffiguranti reperti archeologici che, in alcuni casi, riportavano tracce terrose e calcaree: classici segni attestanti la provenienza da recenti scavi clandestini. Le foto furono archiviate dagli investigatori del Tcp (Tutela patrimonio culturale), per poter localizzare i reperti in esse effigiati, ed inserite nella Banca dati, gestita dal Comando Carabinieri Tcp.

Nel corso di controlli e ricerche scientifiche presso istituzioni internazionali, sono stati individuati e localizzati i predetti reperti che, in parte, sono rientrati nel patrimonio culturale dello Stato.
Nel prosieguo delle attività di monitoraggio del mondo antiquariale, recentemente sono state acquisite notizie su 5 pannelli di affresco, raffiguranti Donne Offerenti e Cavalieri, localizzati in un deposito a Campione d’Italia.

Il confronto effettuato tra le foto dei cinque pannelli nel deposito con quelle inserite in Banca Dati Tcp, permetteva di identificare i beni e di attribuirli a quelli trattati dal trafficante internazionale. Le opere sono state visionate da esperti del “Mibact” (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) che ne hanno rilevato la perfetta corrispondenza. A seguito di ciò veniva informata la Procura della Repubblica di Roma che ne disponeva il sequestro a carico di un cittadino elvetico che li aveva acquisiti come terzo in buona fede.

Gli eccezionali reperti, costituenti porzioni di tombe dipinte con scene affrescate sannitico-campane del IV-III secolo a. C., con l’immagine di personaggi femminili in atto di offrire doni (Domina con ancelle) e guerrieri, a seguito dell’autorizzazione della Procura della Repubblica di Roma, saranno restituiti al “Mibact”, per la pubblica fruizione.

Arrestato un uomo di Montalto Uffugo per tentato omicidio

Stefano Iero arrestato dai Carabinieri a Montalto

I Carabinieri della stazione di Montalto Uffugo (Cosenza) hanno arrestato un uomo di 47 anni, Stefano Iero, per un tentato omicidio commesso, in concorso con il padre Luigi, a Castrovillari, il 26 ottobre del 2006.

L’ordinanza di custodia carceraria è stata emessa martedì dalla procura di Castrovillari ed eseguita oggi dai carabinieri. L’uomo dovrà scontare 9 anni e 10 mesi e mezzo di carcere. La vittima del tentato omicidio era un pregiudicato nato nel 1951.

Nove anni fa, padre e figlio per questioni di confini, con la propria Ford Escort, in via Falconara sbarravano la strada alla vittima che viaggiava sulla propria Fiat Punto. Scesi dalla vettura, i due Iero, per strada, massacrarono di botte la vittima, sferrandogli contro calci e pugni.

Il destinatario della violenza si accasciò a terra, ma i due aggressori avrebbero tentato di soffocarlo con una cintura dei pantaloni proprio nel tentativo di ucciderlo. L’uomo si salvò grazie all’intervento di alcuni passanti. Luigi e Stefano Iero sono poi fuggiti.

La vittima, per le ferite gravissime, venne ricoverata in prognosi riservata presso l’ospedale di Castrovillari. Oggi l’epilogo con l’ordinanza di espiazione della pena in carcere per Stefano Iero, arrestato a Montalto, dove risiede.

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Sulla vicenda replica la dottoressa Bianca Iero

“In riferimento all’articolo pubblicato sul giornale da lei diretto, la scrivente desidera in nome e per conto della famiglia Iero, investita suo malgrado dalle drammatiche vicende processuali che hanno visto il coinvolgimento del proprio congiunto Stefano, poter replicare sul profilo dello stesso portato alle cronache giudiziali, profilo che non corrisponde all’effettiva indole e carattere della persona, che oggi subisce la gravosa ed eccessiva pena.

E’ ormai noto come il processo penale metta in evidenza una verità processuale che non sempre combacia con la verità dei fatti realmente accaduti: il 26 ottobre 2006 mancò agli Iero la lucidità istintiva e fredda di portarsi anche loro al Pronto Soccorso per la refertazione delle ferite traumatiche, sanguinanti e dolorose dovute al verificarsi della colluttazione, poiché gli stessi vennero sopraffatti da un evidente stato di shock emotivo per il non essere mai stati avvezzi ad atti delinquenziali e violenti.

Sentenza scandalosa emessa dall’Onorevole Corte di Cassazione in data 17 novembre 2015, che segue l’originario disegno ad hoc di chi voleva vedere in queste condizioni un onesto giovane, dato in pasto prima alla magistratura e adesso alla stampa…..

Egli non ha mai attentato alla vita di nessuno e lo dimostrano le perizie con documentazione fascicolare già presente nel faldone processuale.
Questa che viene riportata dalla sentenza è una verità diversa dalla verità dei fatti. Furono gli Iero ad essere fermati dal vicino; il quale era da più tempo in preda a crisi di astio soprattutto quella sera, e lo dimostrano le dinamiche delle posizioni delle auto.

Ma sono tanti i punti a favore degli Iero che partendo dalla Procura di Castrovillari e finendo all’ultimo grado di giudizio, l’investimento del lavoro dei magistrati ha voluto superare. [L’uomo con cui è avvenuta la lite] non è stato mai in pericolo di vita, come hanno ricostruito le fasi processuali e nemmeno da come riportato dagli inquirenti sarebbe stato soffocato, poiché non vi è stato nessun scampato pericolo di morte dovuto all’intervento esterno di alcune persone di passaggio tanto meno dagli indagati, giacché la ricostruzione dei fatti dati dalla ‘vittima’ nella fattispecie, fu chiara e limpida: da persona vigile e cosciente, sicuramente non sarebbe stato così se ci fossero stati sintomi biologici di strangolamento. Queste affermazioni possono essere confutate dalle prognosi dei medici del Pronto Soccorso, per chi ha studiato la vicenda dall’inizio.

Pare evidente alla luce delle troppe accuse e dei risultati giudiziari solo ed esclusivamente pendenti a favore di parte offesa,  che ci si trova davanti al dubbio e al sospetto di un intento di servirsi e strumentalizzare la giustizia per ottenere soddisfazione di vendetta. 

Iero Stefano non è un delinquente, né tantomeno un pregiudicato Mai noto alle forze dell’ordine, ma una vittima di un oscuro sistema. 

La scrivente ringrazia tutte le persone che in questi anni hanno dimostrato alla famiglia Iero solidarietà, vicinanza e comprensione. Persone sensibili ed empatiche che ancora oggi nutrono, la non trascurabile stima per Stefano e la certezza di considerarlo sempre e comunque nell’amore e nel rispetto che provano per lui, come un giovane educato, rispettoso, lavoratore emerito, affezionato figlio, marito, padre, zio, e fratello, il quale confida nella propria forza intellettuale e nella sua buona e pulita coscienza, di rispondere coraggiosamente e umilmente a questa struggente prova di vita.

Ciò lo si scrive con preghiera di pubblicazione, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 47/48″.

D.ssa Bianca Iero 

[pagina modificata il 2 dicembre 2015]

Femminicidio a Perugia, marito uccide la moglie a fucilate

La villa di via Bellocchio, a Perugia dove è avvenuto l'omicidio di Raffaella Presta
La villa di via Bellocchio, a Perugia, dove è avvenuto l’omicidio di Raffaella Presta (Street view)

Proprio nel giorno in cui si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donna, un nuovo femminicidio è stato commesso a Perugia.

Una donna di 40 anni, Raffaella Presta, pugliese di origine, avvocato di professione, è stata uccisa a fucilate dal marito Francesco Rosi, agente immobiliare di 43 anni.

Il grave fatto di sangue è accaduto in una villetta di via Bellocchio, angolo via Pievaiola, a Perugia. Sul posto sono giunti i Carabinieri del locale comando, il medico legale e i sanitari del 118, che hanno trovato la donna ancora viva ma a nulla sono valsi i disperati tentativi di rianimarla.

A dare l’allarme è stato l’uomo che si è costituito ai militari dell’Arma. Nella telefonata al 112 avrebbe detto: “Correte, ho ucciso mia moglie!”.

Al momento, il movente pare sia riconducibile alla “gelosia”. La coppia, sposata da circa vent’anni, avrebbe avuto diverse litigi negli ultimi mesi. “Marito manesco”, avrebbero riferito le amiche. Raffaella Presta e Francesco Rosi avevano un figlio di 6 anni che sembra non aver assistito alla morte della madre, pur essendo presente in casa. Lei è stata colpita nella parte inguinale e al basso ventre con una doppietta nel corridoio della villa dove la donna aveva lo studio.

L’uomo è stato condotto in caserma dove è formalmente in stato di fermo. “E’ reo confesso”, dicono gli inquirenti. “Stiamo valutando la situazione ed è presto per fare qualsiasi considerazione” ha detto all’Ansa il difensore dell’uomo, l’avvocato Luca Maori. L’agente immobiliare, perugino, sarebbe in un forte stato confusionale.

 

Omicidio a Roma, pregiudicato ucciso a Giardinetti

Omicidio a Roma, ucciso a Giardinetti Salvatore D'Agostino
Il vicolo dove è stato rinvenuto il cadavere di Salvatore D’Agostino

Un uomo sui trent’anni, Salvatore D’Agostino, è stato ucciso oggi in un agguato nel quartiere Giardinetti, tra via Degli Orafi e via Alenda, al Casilino a Roma.

Gli agenti della Polizia di Stato del reparto volanti sono intervenuti sul posto poco prima di mezzogiorno dopo aver ricevuto la segnalazione di spari nella zona. I poliziotti hanno trovato il cadavere in strada in via Tofani, accanto ad una Golf Volkswagen, che sarebbe risultata di proprietà della vittima.

D’Agostino, romano, aveva precedenti per droga e possesso illegale di armi, quindi si ipotizza che si sia trattato di un regolamento di conti nel mondo della criminalità romana.

Da quanto ricostruito sembra che a sparare siano stati due killer a bordo di uno scooter, i quali avrebbero affiancato l’auto in via Alenda e hanno sparato contro il giovane.

Ferito, Salvatore D’Agostino sarebbe riuscito a scendere dal mezzo per raggiungere un luogo sicuro. Ma è stato inseguito è finito. Non ha avuto vie di scampo. Il suo corpo è stato trovato in via Tofani, una traversa senza uscita. Sarebbero almeno tre i proiettili che hanno colpito il giovane al braccio, al torace che e alla testa. Salvatore D’Agostino è morto prima dell’arrivo dei soccorsi. Indaga la Polizia.

Papa Francesco in Kenia: "Non giustificare la violenza in nome di Dio"

Papa Francesco parla all'Assemblea del Kenia a Nairobi (Ansa/Epa/Daniel) Irungu
Papa Francesco parla all’Assemblea del Kenia a Nairobi (Ansa/Epa/Daniel) Irungu

“Il nostro Dio è Dio della pace, il suo santo nome non deve mai essere usato per giustificare l’odio e la violenza”. “So – scandisce il Papa in italiano davanti ai leader interreligiosi radunati nella nunziatura di Nairobi, e le sue parole vengono subito tradotte in inglese dall’interprete – che è vivo in voi il ricordo lasciato dai barbari attacchi al Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera”.

E aggiunge: “Troppo spesso dei giovani vengono resi estremisti in nome della religione per seminare discordia e paura e lacerare il tessuto stesso delle nostre società; quanto è importante che siamo riconosciuti come profeti di pace, operatori di pace, che invitano gli altri a vivere in pace, armonia, e rispetto reciproco”.

Il Papa ha citato le stragi compiute da al Shabaab, che parla di guerra santa e in Kenya, come altrove, uccide cristiani, animisti, ma anche islamici, chiunque si opponga ai propri disegni di terrore e possa attirare sulla fazione jihadista una macabra popolarità mondiale. Garissa è il nome che più colpisce i keniani, giacché lo scorso aprile in quel collegio al Shabaab ha ucciso 148 persone, quasi tutti ragazzi.

E i Papa oggi parla esplicitamente di “giovani resi estremisti in nome della religione, per seminare discordia”.”Violenza, conflitto e terrorismo” ha detto il papa nel suo primo discorso pronunciato in inglese, e concluso con un saluto in Swahili,  “si alimentano con paura e disperazione” che “nascono da povertà e frustrazione”. “La lotta contro questi nemici della pace e della prosperità – ha detto il Papa a Nairobi – deve essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita” del Kenya.

Papa Francesco è arrivato in Africa mercoledì. L’aereo del Pontefice, decollato la mattina da Fiumicino ed è atterrato all’aeroporto internazionale “Jomo Kenyatta” a Nairobi in Kenya.

“Buongiorno, voglio salutarvi e ringraziarvi per la vostra presenza e il vostro lavoro in questo viaggio”. Lo ha detto il Papa ai 74 giornalisti di testate internazionali che lo hanno accompagnato nel suo viaggio in Africa. “Io – ha aggiunto papa Bergoglio – vado con gioia a trovare i keniani, gli ugandesi e i fratelli della Repubblica Centrafricana. Vi ringrazio per tutto quello che farete perché questo viaggio dia i frutti migliori, siano materiali che spirituali.

E così mi piacerebbe salutarvi uno per uno”. Dopo il consueto giro tra i giornalisti, durante il quale ognuno ha potuto salutarlo e scambiare qualche parola con lui, papa Bergoglio, ripreso il microfono, ha detto: “Buon viaggio e a ritrovarci”. “Grazie santità – ha detto il portavoce papale Federico Lombardi – faremo di tutto per collaborare al suo servizio: ci proteggeremo dalle zanzare”.

Sarà per lui la prima visita assoluta in un paese africano. Le successive mete sono Entebbe (Uganda) il 27 novembre e Bangui (Repubblica Centrafricana) il 29 novembre. Il viaggio apostolico si concluderà il 30 novembre con l’arrivo alle ore 18.45 all’aeroporto di Roma Ciampino. Imponenti sono le misure di sicurezza per proteggere il Pontefice da minacce terroristiche.

Duino-Aurisina, Trieste. Ladro sperona auto dei Carabinieri. Arrestato

Duino-Aurisina, Trieste. Ladro sperona auto dei Carabinieri. Arrestato
L’auto dei Carabinieri di Duino-Aurisina (Trieste) speronata dal ladro

Un uomo di nazionalità marocchina di 33 anni, L.A., è stato arrestato dai Carabinieri per essersi reso responsabile di furto e speronamento di un’auto dei Carabinieri.

E’ successo ieri a tarda sera a Duino-Aurisina (loc. Sistiana – bivio “Tre Noci”), in provincia di Trieste. I Carabinieri della locale Stazione, impegnati in un normale servizio di controllo del territorio, dopo essere stati allertati dalla Centrale Operativa del Comando Provinciale di via dell’Istria, hanno intercettato una vettura, Toyota Rav 4, che era stato appena rubata ad un cittadino di Trieste.

Alla vista dei carabinieri, il ladro del mezzo si è dato alla fuga a tutta velocità nella speranza di farla franca. Inseguito dalla pattuglia con sirene spiegate e lampeggianti, dopo alcune centinaia di metri, i militari sono riusciti a raggiungerlo, ma il ladro, con una manovra disperata, ha speronato due volte l’auto dell’Arma, per poi arrestare la marcia e tentare la fuga a piedi.

I Carabinieri, dopo pochi metri sono riusciti ad acciuffarlo e ad arrestarlo. Si tratta di un cittadino di nazionalità marocchina già noto alle forze dell’ordine. D’intesa con la Procura della Repubblica triestina, è stato poi tradotto presso il carcere di via del Coroneo. L’auto è stata quindi restituita al legittimo proprietario. L’uomo è a disposizione della competente Autorità giudiziaria di Trieste.

Violento terremoto in Perù: magnitudo 7.6 scala Richter

Violento terremoto in Perù: magnitudo 7.6 scala Richter - Perù eartquakeUn violento terremoto di magnitudo 7.6 è stato registrato alle 17:45 ora locale (le 23:45 di ieri in Italia) nel sudovest del Perù. Ma la scossa è stata avvertita in tutta la zona meridionale e centrale del Perù, in Brasile, in alcune aree della Bolivia, del Cile e dell’Argentina.

Tra le zone colpite del Perù ci sono quelle di Arequipa, Cusco, Oxapama, Chiclayo. Il terremoto è stato rilevato a 681 km in direzione est-nordest della capitale, Lima, ad una profondità di 600 km.

Gli esperti del Servizio oceanografico e idrografico del Cile (Shoa) hanno escluso il rischio tsunami lungo le coste del Pacifico.

La protezione civile peruviana, che sta coordinando il monitoraggio della situazione, afferma che al momento non si segnalano né danni né vittime in seguito al forte terremoto.

Solo la scorsa settimana, si era registrato il violento sisma in Grecia di magnituto 6.5.

Bologna, ladro scappa e viene inseguito sui tetti dalla Polizia. Preso

Bologna, ladro scappa e viene inseguito sui tetti dalla Polizia. PresoUn giovane di 26 anni, dopo aver messo a segno un colpo martedì in una azienda di Via del Lavoro a Bologna, è stato arrestato dalla Polizia di Stato dopo una fuga rocambolesca del ladro sui tetti.

L’allarme è scattato dopo una segnalazione al 113 attorno alle 23. Gli agenti appena arrivati sul posto, hanno notato un uomo che tentava di scappare arrampicandosi sui tetti e saltando di tetto in tetto, e così gli stessi poliziotti, per non perdere il contatto visivo col fuggitivo, si sono arrampicati inseguendo il ladruncolo come in un film hollywodiano.

Durante la fuga il giovane ha abbandonato un cappotto scuro – poi recuperato dalla Polizia – con all’interno una chiave in metallo, un cacciavite e la somma di 91 euro in banconote e monete.

Il responsabile della ditta, la “GA Servizi editoriali”, chiamato per la circostanza, ha potuto riscontrare che il furto è avvenuto con effrazione della finestra e ha riconosciuto come di proprietà dell’impresa la chiave e la somma in denaro ritrovata nelle tasche dell’indumento del ladro.

Il ragazzo, nato a Forlimpopoli (Forlì-Cesena), ma apolide, è stato arrestato con l’accusa di furto aggravato. Mercoledì il processo per direttissima a Bologna.

Catania, estorsione mafiosa. 8 arresti dei Carabinieri

Catania, estorsione mafiosa. 8 arresti dei CarabinieriI carabinieri del Comando provinciale di Catania hanno arrestato otto persone accusate, a vario titolo, di estorsione in concorso aggravata dall’aver agito avvalendosi delle condizioni previste dall’associazione mafiosa.

Il provvedimento scaturisce da indagini avviate nei mesi scorsi dalle quali è emerso che un imprenditore edile di Belpasso pagava una tangente di mille euro al mese al gruppo mafioso della zona che è collegato alla ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano.

Al vertice della cosca, secondo militari dell’Arma, ci sarebbe un elemento di notevole caratura criminale recentemente scarcerato dopo avere scontato 26 anni di detenzione per associazione mafiosa e omicidio.

Gli accertamenti investigativi, coordinati dalla Dda della Procura di Catania, avrebbero documentato che l’estorsione era in atto da circa un anno, dopo che la vittima aveva subito un pestaggio riportando lesioni gravi

Rapina a Rodano, orafo uccide ladro evaso. Rodolfo Corazzo: “Forse basista italiano”

Rodano (Milano), ladro evaso rapina una villa ma viene ucciso da gioielliere Rodolfo Corazzo
Da sinistra il ladro morto, Valentin Frokkay e il proprietario della villa Rodolfo Corazzo che ha sparato e lo ha ucciso per legittima difesa

“La mia ipotesi è che uno dei banditi fosse un basista italiano, originario della zona. Durante il colpo non ha mai parlato e dava indicazioni a gesti”. E’ questo il racconto di Rodolfo Corazzo, il gioielliere che ha sparato e ucciso uno dei tre rapinatori che martedì sera hanno fatto irruzione nella sua villetta a Lucino di Rodano.

Intanto, è probabile che l’uomo venga iscritto nel registro degli indagati per eccesso colposo di legittima difesa. Si tratterebbe di un atto dovuto.

Ennesima tragica rapina a Milano. Tre ladri entrano in una villa per svaligiarla ma un gioielliere, proprietario dell’abitazione, sentitosi minacciato prende l’arma e spara. Uno dei ladri è morto.

E’ successo ieri sera in via Matteotti, 12, a Lucino di Rodano, nel Milanese. La vittima è un albanese di 37enne, Valentin Frokkaj, pruripregiudicato e galeotto evaso. A fare fuoco uccidendolo, il gioielliere Rodolfo Corazzo che ha agito “per legittima difesa”.

Stando al racconto del gioielliere, lui è rientrato a casa in scooter, ha aperto il cancello, dopo aver parcheggiato il motorino, ha varcato la porta e si è accorto di avere alle spalle delle persone.

Nella villa a quell’ora c’erano la moglie e la figlia di 10 anni di Corazzo. Appena entrati, Frokkaj e i complici hanno minacciato di morte la famiglia. Secondo quanto emerso dai primi racconti dell’uomo, un bandito avrebbe puntato un’arma contro la bimba e ordinato a lui di consegnargli l’oro in suo possesso.

Il commerciante orafo avrebbe “obbedito” per non mettere a rischio la vita dei familiari. Ma uno dei malviventi si sarebbe accorto della presenza di altri gioielli e avrebbe picchiato il commerciante accusandolo di avere voluto nascondere parte del “bottino”. Allora, dopo aver sparato un colpo in aria, Rodolfo Corazzo avrebbe reagito, dal momento che i banditi avrebbero impugnato le loro pistole.

Nei momenti concitati il gioielliere ha fatto fuoco e ha ammazzato uno dei ladri, colpendolo con un proiettile al cuore. Gli altri due complici, ora ricercati, sono riusciti a guadagnare la via di fuga a piedi. Nei pressi dell’abitazione è stata rinvenuta un Golf, risultata rubata a Dello (BS) il 9 ott 2015. Potrebbe essere l’auto utilizzata dalla banda per raggiungere il luogo della rapina a Lucino ma al momento questa circostanza non è stata confermata.

Sotto choc lo stesso Rodolfo Corazzo, la moglie e la bambina. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri, i soccorritori e il magistrato di turno Grazia Colacicco che ha sentito Rodolfo Corazzo fino alle 3 di notte. “Volevo difendere la mia famiglia. Mi spiace che una persona sia morta, non era mia intenzione uccidere. Ma eravamo gravemente in pericolo”, dirà al magistrato che, da quanto scrivono le agenzie di stampa, pare sia orientata ad rubricare l’omicidio “per legittima difesa”.

Gli inquirenti, una volta identificata la vittima, che indossava passamontagna e guanti, scopriranno che Valentin Frokkaj non era un ladro improvvisato, ma era un professionista del crimine. Era ricercato per l’omicidio di un connazionale avvenuto a luglio del 2007 a Brescia. Secondo quanto riporta l’Agi, l’albanese 37enne Valentin Frokkaj era stato arrestato il 14 agosto 2013 dai Carabinieri di Cassano d’Adda poiché era evaso il 2 febbraio 2013 dal carcere di Parma, insieme a un suo connazionale.

Nella circostanza fu trovato con una pistola 7.65 Beretta con matricola abrasa. L’uomo è riuscito a evadere anche una seconda volta, nel maggio 2014 dalla casa circondariale “Pagliarelli” di Palermo. Ieri sera, dopo lo scontro a fuoco con Rodolfo Corazzo, i suoi due complici sono riusciti a fuggire, portando via una pistola “Smith & Wesson” dall’abitazione del gioielliere. La casa è stata sottoposta a sequestro ed è stato programmato un sopralluogo questa mattina. Per il momento la Procura di Milano non ha ancora formalizzato l’apertura di una inchiesta.

Il caso di Rodolfo Corazzo fa riemergere il caso recente di Francesco Sicignano, il pensionato che ha ucciso un ladro sulle scale della sua abitazione dopo un tentativo di rapina. Sicignano è indagato per omicidio volontario. In un primo momento, il pm era apparso orientato all’eccesso colposo di legittima difesa, ma poi con i progressi dell’indagine ha cambiato capo d’imputazione.

Reggio Calabria, minaccia di morte due uomini e ferisce sorella. Arrestato

Reggio Calabria, minaccia di morte due uomini e ferisce sorella. Arrestato Francesco MartoranoUn pensionato di 57 anni, Francesco Martorano, già noto alle forze dell’Ordine, è stato arrestato dai carabinieri della Stazione di Rosario Valanidi (Reggio Calabria), per tentato omicidio, rapina, minacce e resistenza a pubblico ufficiale.

L’uomo ha minacciato con un bastone a cui era fissato un uncino, due uomini e con un una grossa pietra ha colpito la sorella alla testa mentre i tre stavano raccogliendo olive nel terreno di proprietà del padre deceduto e su cui esiste un contenzioso familiare.

Francesco Martorano si era recato nell’appezzamento di terreno, evidentemente per risolvere la “questione” definitivamente. Una volta tra gli ulivi, ha prima minacciato di morte i tre con il bastone per poi passare ai “fatti”.

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, Martorano ha preso il bastone con il terminale uncinato e ha iniziato a brandirlo contro i due operai minacciandoli di morte, successivamente con un sasso di grandi dimensioni ha colpito la sorella alla nuca procurandole un trauma cranico con ferita lacero contusa guaribili in dodici giorni.

Prima di andar via, il pensionato ha sottratto gli zaini da lavoro ai due operai, li ha messi in auto ed è fuggito a tutta velocità. Scatta l’allarme al 112 e Martorano è stato subito intercettato dai Carabinieri che alla vista dell’automobile avevano imposto l’Alt, ma l’uomo non si è fermato immediatamente bensì dopo alcuni metri, rischiando di investire uno dei militari.

L’uomo è stato sottoposto a perquisizione personale e veicolare; sul sedile anteriore lato passeggero, i militari rinvenivano il citato bastone di legno, della lunghezza di 105 centimetri, utilizzato per la minaccia nonché entrambi gli zaini sottratti precedentemente ai due operai, dai quali mancavano i soldi contanti. Un ulteriore tentativo di resistenza da parte di Martorano veniva messo in atto al momento della perquisizione domiciliare, alla quale lo stesso si opponeva, ostacolando le operazioni.

Condotto in caserma, al termine delle formalità di rito, Francesco Martorano è stato associato presso la Casa Circondariale di Arghillà con l’accusa di tentato omicidio, rapina, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale e porto di armi ed oggetti atti ad offendere. Ora è a disposizione dell’Autorità giudiziaria di Reggio Calabria.

Tunisia, attentato a bus. Morte 12 guardie presidenziali

La Tunisia dice no al terrorismo
Attentato in Tunisia. Una forte esplosione è avvenuta nella centrale Avenue Mohamed V di Tunisi nel pressi dell’ex sede del partito di Ben Ali RCD. Ad andare in pezzi un bus con a bordo uomini della guardia presidenziale.

Avenue Mohamed V bloccata al traffico. Giornalisti non vengono fatti avvicinare al luogo dell’attentato. Tutta l’area intorno al bus è stata transennata. 12 morti confermati tra i militari, secondo Mohamed Mnefki segretario generale del sindacato dei servizi speciali. Il presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi si rivolgerà alla nazione alle 20.45 sulla tv di Stato.

Il ministero dell’Interno della Tunisia ha definito un “atto di terrorismo” l’esplosione che ha colpito un autobus con componenti della Guardia presidenziale

25 novembre, l'impegno della Polizia di Stato contro la violenza sulle donne

25 novembre - giornata internazionale contro la violenza sulle donne. L'impegno della Polizia di Stato
Dal mensile “PoliziaModerna”

In occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sono tante le iniziative messe in campo da istituzioni e associazionismo. Eventi per divulgare una cultura di rispetto verso le donne spesso vittime indifese della violenza da parte degli uomini.

Interessante iniziativa della Polizia di Stato che nel presentare la giornata del 25 novembre snocciola i dati di un fenomeno in espansione: “56 le donne uccise nei primi sei mesi del 2015 e 3.325 quelle che sono rimaste vittime di percosse da parte dei propri mariti, compagni o ex”.

“Le vittime, nella maggior parte dei casi, arrivano a denunciare dopo anni e anni di maltrattamento e, a volte, l’intervento della Polizia avviene a reato consumato”.

Negli ultimi anni, però, si sono moltiplicate le iniziative da parte delle istituzioni e l’impegno della Polizia di Stato, oltre a cercare di prevenire reati di stalking e femminicidio, è stato quello di formare personale specializzato.

Il capo della Polizia di stato Alessandro Pansa - 25 novembre - giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Il capo della Polizia di Stato, Alessandro Pansa (Ansa)

“PoliziaModerna”, il mensile della Polizia di Stato, questo mese parla degli strumenti a disposizione del corpo guidato da Alessandro Pansa per prevenire e contrastare lo stalking e il femminicidio.

Uno di questi è l’ammonimento: “Un faccia a faccia con il questore che inchioda il maltrattante alle sue responsabilità e alle conseguenza penali in cui può incorrere”.

Così viene descritto questa sorta di “cartellino giallo” per il maltrattante dal questore di Bari, Antonio De Iesu, uno dei più convinti sostenitori di questo strumento.

25 novembre - giornata internazionale contro la violenza sulle donne. L'impegno della Polizia di Stato
La copertina di “PoliziaModerna”

Fondamentali nel contrasto di questi reati rimangono la formazione del personale e la creazione di una fitta e sinergica rete di interventi assieme all’Autorità giudiziaria, all’Asl e ai centri antiviolenza.

L’esperienza della questura di Milano con il progetto Eva (Esame delle violenze agite) realizzato in collaborazione con Anna Costanza Baldry psicologa del Dipartimento di Psicologia della Seconda università di Napoli per la corretta gestione degli interventi delle Volanti per “liti in famiglia”.

25 novembre - giornata internazionale contro la violenza sulle donne. L'impegno della Polizia di Stato
Dal mensile “PoliziaModerna”

Da aprile 2014, data d’inizio della sperimentazione, a fine settembre 2015 sono stati effettuati nella città maneghina 1.147 interventi per questo tipo di chiamate a seguito dei quali sono state arrestate 78 persone e indagate 170.

Il Comune di Cosenza, sempre in occasione del 25 Novembre, sarà al fianco dell’Associazione Confagricoltura Donna Calabria nella manifestazione di distribuzione delle clementine di Calabria IGP, organizzata in memoria di Fabiana Luzzi, la sfortunata sedicenne uccisa nel maggio del 2013 dall’ex fidanzato a Corigliano Calabro.

L’iniziativa, arrivata alla terza edizione, vuole essere di supporto ai Centri antiviolenza e si svolgerà anche nelle piazze di Venezia e Firenze.

Ancora nella città guidata da Mario Occhiuto, è stato organizzato un concerto dell’Orchestra Italiana di Arpe, in programma domani 25 novembre al Teatro “Tieri” (ex cinema teatro Italia).

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