12 Ottobre 2024

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Blitz antidroga a Cetraro (Cosenza). Quattro arresti VIDEO

Blitz antidroga a Cetraro (Cosenza). Quattro arresti
La conferenza stampa della Dda di Catanzaro insieme agli ufficiali della Gdf di Cosenza (Ansa)

Il denaro del traffico di droga veniva utilizzato per l’acquisto e la gestione di punti vendita all’ingrosso ed al dettaglio di frutta e verdura. E’ quanto é emerso da un’indagine della Guardia di finanza di Cosenza che ha portato al fermo di quattro persone accusate a vario titolo di coltivazione e traffico di sostanze stupefacenti e detenzione di armi.

I provvedimenti di fermo sono stati emessi dal Procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, e dal sostituto Pierpaolo Bruni. I fermati sono: Michele Iannelli, 40 anni; Fabrizio Iannelli (38), Christian Onorato (27), Pierangelo Iacovo (26), tutti di Cetraro. Oltre ai fermi i finanzieri hanno sequestrato un ingrosso e due punti vendita al dettaglio di frutta e verdura intestati, secondo gli investigatori, ad alcuni
prestanome ma di fatto gestiti da Michele Iannelli.

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Nel corso delle indagini, iniziate da oltre un anno, i finanzieri hanno scoperto una vera e propria raffineria di droga nella zona di Cetraro. Una imponente struttura adibita allo stoccaggio, confezionamento e distribuzione di grosse partite di marijuana e cocaina. Sono state trovate migliaia di piante di canapa indiana, di cui oltre tremila in fase di essiccazione, due quintali di marijuana e migliaia di semi di pregiata qualità provenienti probabilmente dal mercato olandese.

I finanzieri hanno trovato anche quattrocento grammi di cocaina, conservata sottovuoto. A protezione della raffineria era stato installato un sofisticato impianto di videosorveglianza. Nel corso di perquisizioni i finanzieri hanno trovato anche due pistole, un fucile a pompa, due carabine e migliaia di munizioni. L’intensa attività dei magistrati della Dda di Catanzaro e dei finanzieri di Cosenza ha portato anche a scoprire il “libro mastro” nel quale venivano annotate le vendite di grosse partite di stupefacenti, acquisti di materiale utile per la coltivazione e lo stoccaggio della marijuana e la spartizione dei proventi del traffico di droga.

Minerbio (Bologna), presi i rapinatori della gioielleria Govoni

Minerbio (Bologna), presi i rapinatori della gioielleria Govoni
Carabinieri davanti alla gioielleria Govoni di Minerbio subito dopo la rapina

I Carabinieri della Stazione di Minerbio (Bologna), coadiuvati dai militari dell’Arma di Carmiano (Lecce) e Forlì, hanno eseguito un fermo di polizia giudiziaria nei confronti di due giovani di origini leccesi: un 23enne, domiciliato a Forlì e un 26enne, residente a Carmiano.

I due sono ritenuti responsabili di una rapina aggravata in concorso, perpetrata la mattina del 4 dicembre scorso, ai danni della Gioielleria Govoni di Minerbio.

Nella circostanza, i due presunti rapinatori, dopo essersi impossessati di un quantitativo di gioielli del valore di circa 350mila euro, erano usciti dal locale ed avevano cominciato a correre in direzione di una Lancia Phedra parcheggiata nelle vicinanze. Prima di salire a bordo dell’auto e darsi alla fuga, uno dei due soggetti esplodeva in aria un colpo di pistola a scopo intimidatorio nei confronti del titolare che li stava inseguendo.

Grazie alla testimonianza di alcuni cittadini di Minerbio che avevano assistito ai fatti e di altri dettagli emersi nel corso delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Bologna, gli inquirenti sono riusciti a individuare i due rapinatori, entrambi noti alle forze dell’Ordine per i loro precedenti di polizia.

Una parte della refurtiva, del valore di circa 50.000 euro è stata rinvenuta nella disponibilità del 26enne di Carmiano. Il 23enne domiciliato a Forlì, inoltre, dovrà rispondere anche del reato di evasione poiché al momento dei fatti era evaso dagli arresti domiciliari che stava scontando a seguito della commissione di altri reati contro il patrimonio.

I due fermati sono stati tradotti rispettivamente nel carcere di Lecce e Forlì, a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Milano, arrestato un rapinatore e fermati due ricettatori

Milano, arrestato un rapinatore e fermati due ricettatori
Un posto di blocco dei Carabinieri di Milano

MILANO – In trenta minuti i militari del Nucleo radiomobile carabinieri di Milano hanno arrestato, per rapina aggravata, un clandestino 31enne di nazionalità tunisina, pregiudicato, e sottoposto a fermo con l’accusa di ricettazione in concorso, altri due cittadini tunisini, di 30 e 44 anni, anche loro pregiudicati e clandestini.

L’intervento è scaturito a seguito della richiesta d’aiuto giunta – tramite numero d’emergenza – alla centrale operativa del comando provinciale dei Carabinieri di Milano da parte di una giovane modello 22enne, italiano, che ha raccontato di essere stato aggredito in strada da un uomo che si era rintanato all’interno di un condominio poco distante dal luogo dell’aggressione.

Immediatamente sono state inviate sul posto le “gazzelle” del nucleo radiomobile che, grazie alle puntuali indicazioni della vittima, presente sul luogo e visibilmente scosso, hanno individuato un appartamento di via Crespi 10, al cui interno hanno sorpreso l’autore dell’aggressione ed altri due suoi connazionali.

Il presunto rapinatore aveva ancora addosso l’Iphone, dal quale aveva già rimosso la sim card per evitare la localizzazione dell’apparato. Nell’abitazione, i militari hanno rinvenuto capi di abbigliamento, completi di etichette, attrezzi da lavoro, una play station 4, due tablet, un navigatore satellitare e tre telefoni cellulari, di provenienza furtiva.

In particolare, nel procedere agli accertamenti, uno dei militari si è ricordato di avere effettuato, la sera prima, in zona via Padova, un intervento presso l’abitazione di un milanese che rincasando, aveva trovato la casa a soqquadro.

La 39enne vittima del furto in casa aveva riferito di avere notato un “ragazzo” uscire dal condomino; al termine delle verifiche quella persona è risultata uno dei tre presunti malfattori sorpresi all’atto dell’irruzione in via Crespi.

Da ulteriori verifiche, è emerso inoltre che l’aggressore del modello 22enne, all’atto della rapina, indossava un piumino ed un cappellino, di proprietà del 39enne impiegato di via Padova, sottrattigli nel furto del 12 dicembre scorso.
In giornata, i tre malviventi saranno condotti dinanzi l’Autorità giudiziaria per la celebrazione del rito direttissimo. Proseguono gli accertamenti per stabilire la provenienza della refurtiva trattenuta in sequestro.

Santa Maria Capua Vetere, 3 misure cautelari per usura e racket

Caserta, 2 arresti e un divieto di dimora per usura e racket - Famiglia Sauchella
I Tribunale Santa Maria Capua Vetere

I Carabinieri delle Stazioni di Calvi Risorta e Pietramelara, a conclusione di una complessa attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), hanno dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare emessa dal Gip presso il locale tribunale nonché il divieto di dimora nella Regione Campania nei confronti di tre persone, appartenenti allo stesso nucleo familiare, gravemente indiziati in concorso dei reati di usura ed estorsione continuata ed aggravata.

Gli indagati a cui sono state applicate le misure cautelari sono: Giuseppe Sauchella, classe 1976 (carcere); Achille Sauchella, classe 1972, (carcere); Salvatore Sauchella classe 1952, (divieto di dimora nella Regione Campania).

La complessa ed articolata attività di indagine nasce nell’estate del 2013, quando uno degli imprenditori vittima di usura da parte dei Sauchella, esasperato dalle continue vessazioni e richieste di denaro, veniva costretto a trovare riparo all’estero per sottrarsi proprio alle vessazioni dei presunti usurai.

Ciononostante, gli indagati avevano iniziato a rivolgere le proprie malevoli attenzioni nei confronti dei familiari dell’imprenditore: tale circostanza induceva quest’ultimo, che si trovava all’estero, a mettersi in contatto con i Carabinieri, per richiedere il loro urgente intervento a protezione dei propri familiari, dimoranti in provincia di Caserta.

Le indicazioni fornite consentivano di individuare nei Sauchella, effettivamente residenti in Pietramelara, i
possibili autori delle condotte criminose denunciate dal primo imprenditore e di dare l’avvio ad una mirata attività investigativa, articolatasi prevalentemente nella effettuazione di intercettazioni telefoniche ed ambientali, per effetto delle quali veniva disvelato un giro di denaro prestato con interessi usurari, che mai sarebbe venuto fuori, a causa delle forti sacche di omertà registrate tra le vittime.

Queste ultime, infatti, lungi dal denunciare spontaneamente le pratiche estorsive ed usurarie subite per anni, in occasione delle informazioni rese agli inquirenti, si sono visibilmente mostrate preoccupate per le possibili ritorsioni da parte degli indagati.
È stato, in tal modo, raccolto, un grave quadro indiziario a carico dei Sauchella, in relazione ai reati di usura
ed estorsione, praticata a danno di cinque imprenditori essendosi accertata la gestione da parte degli stessi, negli anni 2012-2014, di un vasto giro di prestiti di denaro (pari a ca. 100 mila euro) in favore di numerosi soggetti, molti dei quali imprenditori commercianti, con applicazione di tassi di interesse usurari oscillanti tra il 30% ed il 50% su base mensile; venivano inoltre registrati frequenti episodi di intimidazione nei confronti delle vittime, sovente, apertamente minacciate di morte, in caso di inadempimento degli impegni assunti alle scadenze previste. Sono stati inoltre registrati frequenti tentativi, da parte degli stessi indagati, resisi conto ad un certo punto di essere oggetto di attenzione investigativa, di indurre le vittime a rendere

versioni di comodo agli inquirenti; realizzando un sistema di inquinamento probatorio che pure è stato posto a sostegno della misura cautelare oggi eseguita.

Contestualmente, è stata data esecuzione ad un provvedimento di sequestro di beni immobili, beni mobili e
disponibilità finanziarie, ex art. 12-sexies legge 356/1992 (la c.d. confisca per valori equivalenti), essendo stata ricostruita, per effetto di accertamenti delegati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere ai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Caserta – sezione patrimoniale – in capo agli stessi indagati Sauchella ed ai componenti dei rispettivi nuclei familiari, una accumulazione patrimoniale del tutto sproporzionata rispetto sia ai redditi dichiarati nel corso degli anni sia ai proventi delle attività lavorative. L’odierno provvedimento di sequestro ha riguardato beni immobili, tra cui una villa di oltre 13 vani, per un valore complessivo superiore ai 500.000 euro, autovetture di lusso e conti correnti nella disponibilità degli indagati e dei loro prossimi congiunti, i cui saldi attivi risultano in fase di accertamento.

Elezioni in Francia, Le Pen resta a secco ma rimane il primo partito

Elezioni in Francia, Le Pen resta all'asciutto ma resta il primo partito
La leader del Front National, Marine Le Pen coi giornalisti nella domenica del ballottaggio alle regionali di Francia. (Ansa/Epa)

Il Front National, nonostante si sia rivelato il primo partito di Francia al primo turno delle regionali, al ballottaggio, grazie ad ampie coalizioni anti Le Pen tra destra moderata e socialisti, non riuscirebbe a conquistare nessuna regione. I primi exit-poll diffusi in Francia alla chiusura dei seggi indicano questa tendenza.

A spoglio in corso, al momento, cinque regioni andrebbero ai Republicains di Sarkozy, cinque ai socialisti di Hollande e Valls che al primo turno erano stati relegati al terzo posto. Testa a testa nelle altre tre regioni.

Xavier Bertrand dei Republicains, secondo gli exit poll, avrebbe conquistato la regione Nord Pas de Calais-Picardie con il 57,70% dei voti contro il 42,30% di Marine Le Pen. Il candidato di Sarkozy ha ringraziato chi lo ha votato e anche “gli elettori di sinistra che hanno fatto sbarramento” contro l’estrema destra di Marine Le Pen. “Non è una mia vittoria, non è una vittoria politica, è la vittoria della gente”, ha detto.

Nel Paca, la regione Provence-Alpes-Cote d’Azur, il candidato conservatore, Christian Estrosi (Les Républicains), conquista, secondo le ultime stime, il 53,5% contro il 46,5% di Marion Maréchal Le Pen, la nipote della leader del Fn.

Nella triangolare del “Grand Est”, la regione Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena il candidato dei repubblicani Philippe Richert conquista il primo posto. Secondo le prime stime è al 47,6% delle preferenze contro il 36,6% del candidato lepenista Florian Philippot. Meno del 16% per Jean-Pierre Masseret, il “terzo incomodo” dei socialisti che rifiutò l’ordine di scuderia di ritirarsi dalla corsa per favorire la vittoria della destra moderata.

Nessun commento al momento dal Fn a Hénin-Beaumont alla lettura delle proiezioni del voto. Dopo qualche minuto, davanti al risultato della sconfitta di Marine Le Pen nel Nord-Pas-de-Calais, applauso di consolazione scandendo il nome “Ma-ri-ne, Ma-ri-ne”, e fischi e urla di fronte al discorso del vincitore Xavier Bertrand. L’insuccesso era quasi scontato davanti alla “grande alleanza” anti Le Pen.

Tuttavia, il Front National, nonostante la campagna definita dai lepenisti “denigratoria” (il premier Valls parlò di “guerra civile se vince Le Pen” agitando lo spauracchio della destra xenofoba), resterebbe il primo partito della Francia per consenso e gradimento generale. Un po’ come il M5S in Italia quando nel 2013 diventò il primo partito ma in base alla legge elettorale non approdò al timone di comando. Consenso, quello del Fn, che non si è tramutato in voti al ballottaggio di domenica. Per Repubblicani e Socialisti, con la Le Pen al 30%, resta in ogni caso la preoccupazione per le presidenziali del 2017.

Nelle elezioni di oggi, da registrare l’alta affluenza alle urne con una impennata nella partecipazione, già elevata a mezzogiorno. Alle 17 il tasso di affluenza è di 50,54% in rialzo di 7,5 punti rispetto al primo turno. A mezzogiorno ha votato il 19,59% degli elettori, contro il 16,27% della stessa ora una settimana fa, in occasione del primo turno. Alle regionali del 2010, a mezzogiorno, aveva votato il 18,57% degli elettori.

E' morto Antonio Gaglioti, l'operaio caduto in un cantiere a Maierato

E' morto Antonio Gaglioti, l'operaio caduto a Maierato - foto archivio -Non ce l’ha fatta Antonio Gaglioti, l’operaio di 49 anni rimasto gravemente ferito in un incidente sul lavoro. Dopo 10 giorni di agonia, il lavoratore è morto presso l’ospedale di Catanzaro, dov’era ricoverato in seguito ai gravi traumi subiti.

Antonio Gaglioti, il 3 dicembre scorso, era caduto a terra da un’impalcatura di alcuni metri d’altezza presso uno stabilimento per la lavorazione del tonno di Maierato.

Le condizioni dell’uomo era apparse subito molto gravi. Dal momento del suo ricovero era in coma ma nelle scorse ore la situazione clinica è peggiorata fino al tragico epilogo di oggi.  Le cause dell’incidente sono ancora in corso di accertamento.

E’ giallo sull’omicidio di Silvana Rodriguez. Forse conosceva il killer. Le ipotesi

Silvana Rodriguez omicidio Belvedere
Silvana Rodriguez

La procura di Paola che indaga sull’omicidio di Silvana Rodriguez, esplora a 360 gradi, senza escludere alcuna pista, per risalire all’autore dell’efferato crimine commesso tre giorni fa nella campagne a ridosso del cimitero di Belvedere Marittimo.

Silvana Rodriguez, 32enne, di origini brasiliane, ma da molti anni residente a Belvedere Marittimo dove si era costruita una famiglia con marito e due bambini, è stata trovata misteriosamente carbonizzata nella sua automobile in via Piane. L’esame autoptico ha rivelato che la donna è stata prima uccisa per strangolamento e poi data alle fiamme insieme alla sua Fiat Punto. Non si esclude, tra le tante ipotesi, che la donna potesse conoscere il suo carnefice. 

L’autopsia è stata eseguita dai medici legali Arcangelo Fonti e Vannio Vercillo, incaricati dal procuratore capo della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, che segue le indagini sull’orribile delitto. Non è chiaro se la donna sia stata violentata prima di essere uccisa e bruciata.

Ancora nessuna traccia dell’assassino, ma gli inquirenti stanno lavorando assiduamente per assicurare il killer alla giustizia. Acquisite le registrazioni delle telecamere di sicurezza del paese e del supermarket dove la donna si era recata sabato sera a fare spesa col marito, per poi farci ritorno da sola per comprare dei collant “dimenticati”. Analisi sui tabulati e sulle celle telefoniche potrebbero rivelarsi utilissime per comprendere le ultime ore di vita di Silvana Rodriguez.

Lei, sposata con un meccanico di Belvedere Marittimo era, come il consorte, di fede evangelista. Suonava l’organo per la chiesa evangelica locale. Una donna “brava”, così come era benvoluta da tutti in paese. Gli inquirenti cercano di stringere il raggio d’azione su quelle poche ore che separano l’abbandono col marito a casa, dopo aver fatto la spesa nel market, fino all’omicidio e al ritrovamento all’alba dell’auto con all’interno il cadavere di Silvana Rodriguez.

LE IPOTESI E LE DOMANDE – Cos’è successo, se mai c’è arrivata, al Discount? Perché è stata uccisa e da chi? Quel è il movente? Sono mille le domande e mille le ipotesi che si potrebbero fare. Ma un omicidio di questa efferatezza presupporrebbe un minimo di preparazione e sangue freddo. Difficile da improvvisare, a meno di essere un maniaco criminale professionista.

Pare ci sia una certa premeditazione, che consiste anche nel liquido infiammabile che l’assassino portava con sé. E’ possibile che il killer sia salito nell’auto della donna e sotto la minaccia di un’arma l’abbia costretta ad andare nei pressi del cimitero con l’intenzione strangolarla e cancellare ogni traccia bruciando l’auto? Già, ma perché. Se l’approccio fosse stato nei dintorni del discount la donna avrebbe potuto gridare aiuto, cosa che evidentemente le è stato impedito. Manca però un valido movente, che in questo caso potrebbe essere la (tentata?) violenza sessuale.

In altre ipotesi e altre domande, si presume che l’auto di Silvana Rodriguez non è arrivata al cimitero da sola. Il killer era a bordo dell’auto della donna o c’era un’altro mezzo in via Piane? E’ possibile che la vittima conosceva l’omicida? Ipotesi che non possono essere escluse, come non è da escludere la “vendetta” di un folle che è stato respinto dopo ipotetiche avances. Molte cose non tornano in questo orrendo omicidio. Come ad esempio la “dimenticanza”, del tutto possibile e legittima, di acquistare un paio di collant. Tornata a casa, la donna si sarebbe accorta di non aver comprato le calze ed è uscita nuovamente per andarle ad acquistare. Cosa sia successo da quel momento in poi nessuno al momento è in grado di saperlo.
[modificato il 15 dicembre 2015]


BELVEDERE MARITTIMO (COSENZA) 13 dic 2015 – E’ giallo sul ritrovamento di un cadavere carbonizzato di una donna nei pressi del cimitero di Belvedere Marittimo, in provincia di Cosenza.

A fare la macabra scoperta nelle campagne di via Piane, nella notte tra sabato e domenica, sono stati i carabinieri di Belvedere Marittimo che, dopo una segnalazione, hanno rinvenuto una Fiat Punto in fiamme con all’interno il corpo bruciato.

Oltre ai militari, sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, il medico legale ed il sostituto della Procura di Paola, Maria Teresa Grieco. E’ probabile – quindi non sicuri – che la vittima sia una donna sui 30 anni di origini brasiliane della quale non si avevano notizie dal giorno precedente.

Un meccanico di Belvedere Marittimo, G.D., aveva denunciato la scomparsa della moglie, Silvana Rodriguez, di origini brasiliane e madre di due figli. Tuttavia, per avere conferme che il cadavere appartenga con certezza a queste generalità, occorrerà la pronuncia ufficiale della procura di Paola guidata da Bruno Giordano, che indaga sul caso.

L’esito dell’autopsia svelerà sia l’identità certa della donna, anche attraverso test del Dna e se si è trattato di omicidio. Una pista questa, che senza escludere le altre possibili, al momento appare la più verosimile. Dai primi rilievi, sembra infatti che nei pressi dell’automobile sia stata trovata una tanica vuota di liquido infiammabile, probabilmente benzina.

I carabinieri della stazione di Belvedere Marittimo e di Scalea, stanno compiendo indagini a 360 gradi. Serrati gli interrogatori. Il meccanico, marito della donna scomparsa, che si presume sia la stessa trovata morta carbonizzata, è stato ascoltato dagli inquirenti.

Milano, in 5 giorni l'Arma esegue 73 arresti e denuncia 47 persone

Milano, in 5 giorni l'Arma esegue 73 arresti e denuncia 47 persone
Presidio dei Carabinieri in Piazza del Duomo a Milano

Incredibile mobilitazione sul territorio milanese da parte dei Carabinieri del comando provinciale di Milano. In cinque giorni i militari hanno arrestato 73 persone e denunciato, a vario titolo, altre 47 soggetti.

Questo bilancio rientra nell’ambito di una serrata attività preventiva, ispirata ai concetti della “polizia di prossimità” che si è sviluppata attraverso numerosi servizi di pattuglia e di vigilanza nei luoghi dove è maggiore la concentrazione delle persone: Piazza del Duomo, la Stazione Centrale, le linee metropolitane ed i Navigli con la Darsena.

In particolare, 33 persone sono state arrestate per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, 18 per furto aggravato – di cui 7 per furto in appartamento – 12 per rapina, 5 per stalking e maltrattamenti in famiglia ed infine 5 per evasione dagli arresti domiciliari.

Al riguardo, i militari del comando provinciale di Milano impegnati nei controlli hanno verificato la posizione di 29 persone sottoposte a tale misura restrittiva, sorprendendone appunto 5 all’esterno del luogo di detenzione.

Allo stesso modo, sono stati “battuti” alcuni locali e luoghi degradati alla ricerca di pregiudicati e di sorvegliati speciali dove è stato rintracciato un 35enne campano con precedenti, colpito da foglio di via.

Inoltre, durante la serata di sabato 12 dicembre, l’attenzione si è concentrata sui luoghi della “movida” attorno ai quali i carabinieri, attraverso una fitta rete di posti di controllo, hanno realizzato una discreta cintura di protezione a salvaguardia della popolazione.

Anche in questo caso il lavoro è stato significativo in quanto nella rete è incappato un italiano 53enne, sulla cui testa pendeva un provvedimento definitivo di pena di 5 anni e 9 mesi di reclusione per traffico di stupefacenti. Tale dispositivo, ha consentito inoltre di procedere alla denuncia nei confronti di 7 automobilisti sopresi alla guida in stato di ebbrezza.

Continuano così a lavorare incessantemente i militari del Comando Provinciale Carabinieri di Milano di via della Moscova, allo scopo di fornire alla cittadinanza una presenza vigile ed attenta alla richiesta di sicurezza dei milanesi in questo particolare momento storico e nell’approssimarsi delle festività natalizie.

Roccamonfina (Caserta), auto travolge e uccide una 77enne

Roccamonfina (Caserta), auto travolge e uccide una 77enne - foto archivioNel corso della serata di ieri 12 dicembre, a Roccamonfina (Caserta), un’auto ha investito Vincenza Martinelli, 77 anni, del luogo che è morta sul colpo.

L’incidente è avvenuto in via Lattani. Un 44enne del posto, a bordo di una Fiat Panda di proprietà di un suo amico, mentre percorreva l’arteria, per cause corso accertamento, ha investito la donna.

Sul luogo dell’investimento sono giunti i Carabinieri del Comando Stazione di Roccamonfina che hanno eseguito i rilievi del caso.

Il conducente del veicolo è ora indagato per omicidio colposo. L’uomo risulta in regola coi documenti di guida di circolazione e assicurativi. La Panda è stata sottoposta a sequestro. La salma è stata traslata presso l’istituto di medicina legale di Caserta.

Salvatore Cuffaro è tornato in libertà: "Mai più politica"

Salvatore Cuffaro è tornato in libertà: "Mai più politica"
Salvatore Cuffaro
Dopo 4 anni e 11 mesi trascorsi dietro le sbarre, è tornato in libertà l’ex presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro. L’ex governatore è uscito sabato dal carcere di Rebibbia, a Roma.

Salvatore Cuffaro, condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia, ha chiuso i suoi conti con la giustizia, grazie all’indulto di un anno per i reati “non ostativi” e lo sconto di 45 giorni ogni sei mesi per buona condotta, Per lui è la fine di un incubo (gli amici lo chiamano “calvario”) che vuole vivere in una dimensione privata.

“E’ bello respirare la libertà. Oggi posso dire di aver superato il carcere”, sono le prime parole dell’ex governatore siciliano annunciando di voler stare lontano dalla politica.

“La politica attiva, elettorale e dei partiti – ha detto Cuffaro – è un ricordo bellissimo che non farà parte della mia nuova vita. Ora ho altre priorità. Ho amato la politica e non rinnego nulla di ciò che ho fatto – ha aggiunto – non mi sento tradito. Nella mia coscienza – ha detto ancora Cuffaro – sono innocente. Sono andato a sbattere contro la mafia. Tornassi indietro metterei un airbag. Ho fatto degli errori, non mi voglio nascondere io li ho pagati, altri no. Ora credo di avere il diritto di ricominciare”, ha concluso “Totò” Cuffaro.

L’ex governatore della Sicilia aveva con sé degli scatoloni che contenevano lettere ricevute durante il suo periodo di detenzione. “Ho ricevuto 14 mila lettere – spiega – sono parte della mia vita. Le terrò con me”. Ad aspettarlo fuori dal carcere il figlio e il fratello Silvio.

Parigi, storico accordo sul clima

La torre Eiffel di Parigi For the plane striscione sul clima
CLIMA: STORICO ACCORDO A PARIGI. Uno striscione sulla Torre Eiffel: “For The Planet” (Ansa/Ap Photo/Francois Mori)

Dopo anni di negoziati la Conferenza Onu di Parigi ha approvato in un tripudio di applausi uno storico accordo sul clima per fermare il surriscaldamento del Pianeta. “Devo battere con il martello, è un piccolo martello ma credo possa fare grandi cose”, ha commentato il presidente della Cop 21, il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, dopo aver celebrato con abbracci e lacrime l’approvazione di quello che Francois Hollande ha definito “un accordo che vale per un secolo”.

Un’intesa “giuridicamente vincolante” nel processo di dichiarazione dei “contributi nazionali”, verifica quinquennale e aggiornamento, oltre che per i meccanismi di trasparenza. “Siamo nella storia, e a questa storia ha contribuito anche l’Italia”, ha commentato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, mentre il premier Matteo Renzi ha definito l’intesa un “passo avanti decisivo”.

Di “accordo storico” ha parlato anche il premier britannico David Cameron, mentre per Barack Obama è un risultato “enorme”, frutto della “leadership americana”. “E’ un exploit”, ha esultato anche il ministro dell’Ambiente lussemburghese Carole Dieschbourg, in rappresentanza della presidenza dell’Ue, per cui “questo è il successo dell’Europa, di tutti i Paesi coinvolti nel processo, della società civile e di tutti quelli che ci hanno aiutato ad arrivare a questo accordo ambizioso, vincolante e giusto”.

“Per oggi festeggiamo, da domani dobbiamo fare”, ha aggiunto il commissario europeo all’Energia, Miguel Arias Canete. Non solo Europa e pochi altri come a Kyoto. Stavolta l’accordo ha raccolto un consenso quasi generale, anche dai ‘grandi inquinatori’, Usa, ma soprattutto i paesi definiti in via di sviluppo Cina e India, che hanno voluto esprimere il proprio apprezzamento davanti alla plenaria.

Unica stecca nel coro il Nicaragua, che ha rifiutato di sostenere il consenso e ha denunciato alcune mancanze nel testo, in materia di “ambizione” e di garanzie sui finanziamenti, chiedendo di creare un “fondo di compensazione” legato alla “responsabilità storica” e che anche i Paesi del Centroamerica siano inseriti tra i più vulnerabili. In materia di contenuti, l’accordo è un sottile esercizio di diplomazia applicata.

La soglia per il riscaldamento globale è fissata “ben al di sotto dei 2 gradi”, ma prevede anche un impegno a “fare sforzi per limitare l’aumento a 1,5”, in linea con le richieste degli Stati insulari. Sulla riduzione delle emissioni, invece, si ‘accontentano’ i Paesi produttori di idrocarburi, a cominciare dall’Arabia Saudita. Il testo non parla di “neutralità carbonica”, ma di “equilibrio fra emissioni da attività umane e rimozioni di gas serra”, e non fissa una timeline precisa, limitandosi a imporre di “raggiungere il picco il più presto possibile” e poi accelerare per arrivare all’equilibrio “nella seconda metà di questo secolo”. Molto si dovrà fare per la transizione verso le energie pulite. Sui finanziamenti, il punto più scottante, ai Paesi avanzati viene ribadito l’obbligo di “fornire risorse” per supportare quelli in via di sviluppo, e chiesto di stilare una “roadmap precisa” per arrivare a mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno da qui al 2020.

Spariscono però tutti gli aggettivi proposti nella bozza per definire queste risorse, tra cui “adeguate” e “accessibili”, ma anche “nuove” e “incrementali”, e non ci sono vincoli sulla suddivisione dei fondi tra mitigazione e adattamento. Su un possibile allargamento della lista dei donatori ai Paesi emergenti, l’accordo si limita a incoraggiare “altre parti a fornire o continuare a fornire questo supporto in modo volontario”. Il passaggio che lascia gli osservatori più delusi è senza dubbio quello sui cosiddetti ‘loss and damage’, ovvero sui fondi ai Paesi più vulnerabili per far fronte ai cambiamenti del clima già “permanenti e irreversibili” e troppo intensi per “qualsiasi forma di adattamento”.

La “vittoria enorme” di ottenere un articolo specifico dedicato a questo tema viene infatti ridimensionata da un meccanismo che, secondo le Ong del Climate Action Network, non dà “garanzia di assistenza” ai più colpiti. A ciò si aggiunge la precisazione che questo articolo “non implica né contiene basi per alcuna responsabilità giuridica o compensazione”, punto imprescindibile per gli Stati Uniti, che vogliono evitare che si possa usare l’accordo odierno come base per cause contro le aziende più inquinanti. [Chiara Roncati per l’Ansa]

Vibo Valentia, spara il coetaneo alla nuca. Arrestato

Vibo Valentia, spara il coetaneo alla nuca. ArrestatoVIBO VALENTIA – Avevano avuto una banale discussione tra coetanei ma, a distanza di 24 ore, uno dei due ha deciso di “regolare i conti” a modo suo, sparando alcuni colpi di pistola contro il rivale e colpendolo alla nuca.

Salvatore Barbieri, studente di 19 anni, già noto alle forze dell’ordine, è stato arrestato dai carabinieri a Vibo Valentia con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco. Il proiettile che ha colpito la vittima solo per un caso non ha leso parti vitali.

I due avevano avuto un accesa discussione il giorno prima. Poi, probabilmente per una sorta di risentimento, il giovane arrestato si è armato e ha affrontato la vittima sparandogli un colpo alla nuca. Il destinatario dei proiettili è stato ricoverato in ospedale in prognosi riservata. Indagano i militari dell’Arma.

Brindisi, tir travolge tre auto: 5 morti tra cui una bimba. Arrestato camionista

Dramma a Brindisi, tir travolge tre auto: 5 morti tra cui una bimba
Incidente stradale a Fasano (Ansa)

E’ stato arrestato , 57 anni, il conducente dell’autoarticolato che ieri ha sfondato lo spartitraffico sulla superstrada Brindisi-Bari piambando su tre automobili e uccidendo cinque persone tra cui una bimba di tre anni.

L’uomo è accusato di omicidio colposo plurimo. Secondo quanto accertato dalla polizia stradale, viaggiava ad una velocità superiore al limite (70 km/h per quel genere di automezzo) e non teneva la distanza di sicurezza.

L’autotrasportatore, che è di Terlizzi (Bari), è stato portato nella casa circondariale di Brindisi questa mattina alle 5 dopo essere stato a lungo ascoltato in commissariato.

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E’ di 5 vittime, fra cui una bambina di tre anni, il bilancio del drammatico incidente stradale sulla superstrada statale 379 Brindisi-Bari, tra Fasano e Ostuni, all’altezza di Torre Spaccata.

Un’autocisterna, che trasportava 270 quintali di olio, ha travolto tre auto. Quattro delle vittime, appartenenti ad una famiglia di Tuglie (Lecce), viaggiavano a bordo della stessa auto. Una donna è ricoverata in ospedale a Brindisi, le sue condizioni sono giudicate piuttosto serie.

Sul posto i vigili del fuoco, le ambulanze e la polizia stradale. Ancora in corso di accertamento le cause dell’incidente. Da quanto emerso, sembra che il conducente del mezzo pesante abbia perso il controllo travolgendo le tre vetture. Il mezzo, sbandando ha invaso l’altra corsia.

Tra i passeggeri di una delle auto sono morti Vito Muscatello, 71 anni, di Tuglie, la moglie Rosetta Minerba e la loro nipotina di tre anni, Viola, rispettivamente suoceri e figlioletta del consigliere regionale pugliese del Movimento 5 Stelle, Cristian Casili.

Morta anche una anziana parente, Annamaria Minerba, di 71 anni. La mamma della piccola, Marta Muscatello, è ricoverata con fratture multiple presso l’ospedale Perrino di Brindisi. E’ considerata in gravi condizioni.

Fra le vittime c’è anche un calciatore, Leonardo Orlandino, 21 anni, di Fasano, portiere del Real Paradiso Brindisi, principale squadra di calcio del capoluogo, impegnata nel campionato di 1° Categoria. Il ragazzo viaggiava su una Toyota Aygo rossa. Il conducente è rimasto illeso.

Sgomento per il tragico incidente in tutta la Puglia. Sul posto dell’incidente, verificatosi sabato pomeriggio attorno alle 15.15, si è recato anche il pm di turno presso la Procura di Brindisi, Luca Buccheri. L’ipotesi di reato a carico del conducente dell’autoarticolato è di omicidio colposo plurimo.

Belgio, arrestato Sebastiano Signati, super latitante 'Ndrangheta

Belgio, arrestato Sebastiano Signati, super latitante 'NdranghetaBlitz della polizia di Bologna, su mandato della locale Dda, contro sei persone accusate di traffico internazionale di cocaina. Tra gli arrestati, in Belgio, Sebastiano Signati, latitante di ‘Ndrangheta inserito dal Viminale nell’elenco dei 100 ricercati più pericolosi.

Le ordinanze, emesse dal Gip bolognese, dottoressa Materia, sono state eseguite dalla Squadra Mobile, in collaborazione con la Direzione centrale per i servizi antidroga. L’Operazione “New Connection 2013”, è scattata il primo dicembre scorso al termine di un’articolata attività di indagine coordinata dal pm Francesco Caleca, della Direzione distrettuale antimafia di Bologna

Gli arrestati sono tutti italiani, prevalentemente calabresi di origini calabresi, e sono ritenuti presunti responsabili di importazione di ingenti quantità di sostanza stupefacente del tipo cocaina dal Belgio, con l’aggravante della transnazionalità del reato.

Le indagini – che hanno beneficiato di attività di rogatorie proficuamente svolte in collaborazione con gli inquirenti belgi – hanno condotto inoltre all’arresto di dieci persone in flagranza di reato e al sequestro di oltre 16 chili di cocaina nonché, nella serata del 26 novembre scorso, all’arresto da parte della polizia belga del latitante di ‘ndrangheta Sebastiano Signati nato 49 anni fa a San Luca (Reggio Calabria) e domiciliato in Belgio.

Secondo gli investigatori al vertice di tale organizzazione ci sarebbe un italiano di origini calabresi, Leonardo Marte, 56 anni, di Africo (Reggio), residente a Bologna dov’era attivo. L’uomo, già pregiudicato per reati in materia di stupefacenti, era stato condannato per sequestro di persona a scopo di estorsione ai danni di Carlo Celadon.

In particolare Marte operava come “broker” della più vasta organizzazione criminale che si avvaleva di un “rappresentante” in Belgio, Salvatore Seggio, con funzioni di reperimento fisico della cocaina dal Sud America e di collettore degli ordini. Leonardo Marte da Bologna organizzava i carichi e la consegna ai “clienti” terminali.

Le indagini sviluppate in Belgio sulla base della rogatoria del magistrato Caleca, hanno consentito di appurare che Seggio forniva appoggio logistico e abitazione al latitante Sebastiano Signati, individuato presso una clinica privata a sud di Bruxelles e trovato in possesso di carta di identità regolarmente rilasciata dallo Stato italiano ma a cui era stata sostituita la fotografia.

Palmi, arrestate tre ladre in trasferta

Palmi, arrestate tre ladre in trasfertaI carabinieri di Palmi, in collaborazione con i militari della compagnia di Gioia Tauro (Reggio Calabria), hanno arrestato per tentato furto aggravato in concorso tre giovani donne, tutte disoccupate residenti a Catanzaro e con precedenti specifici.

Si tratta di Lucia Passalacqua, italiana, di 27 anni; Alessandra Voci, italiana 25enne e Diana Gabriela Zaharia, 21enne rumena.

Le donne sono ritenute responsabili di un tentato furto di generi alimentari vari, per un valore commerciale di circa 600 euro complessivi, perpetrato all’interno di un supermercato sulla statale 18.

Nello specifico, le tre donne, dopo aver occultato la refurtiva, hanno tentato di darsi alla fuga venendo tuttavia notate dal personale dell’esercizio commerciale che hanno allertato i Carabinieri.

I militari, già impegnati in uno dei numerosi servizi quotidiani di controllo del territorio, ulteriormente incrementati in occasione delle prossime festività natalizie, sono subito intervenuti sul posto e hanno immobilizzato le tre presunte ladre che, al termine delle formalità di rito, sono state associate presso il carcere di Reggio Calabria a disposizione della competente Autorità giudiziaria mentre la merce rubata, interamente recuperata, è stata restituita al legittimo proprietario.

Garlasco, Alberto Stasi condannato a 16 anni per assenza di prove

Chiara Poggi e Alberto Stasi
Chiara Poggi e Alberto Stasi

La Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni per Alberto Stasi per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, trovata morta il 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia). La condanna diventa ora definitiva e dunque si aprono per lui le porte del carcere. Si chiude così una vicenda durata otto anni. Stasi si è consegnato ed è stato tradotto nel penitenziario.

“E’ una sentenza allucinante”, ha commentato a caldo l’avvocato Fabio Giarda, del collegio difensivo di Alberto Stasi. “Come si fa a mettere una persona in carcere quando c’è una sentenza completamente illogica?” ha aggiunto l’avvocato, per il quale “quanto detto ieri dal pg è la verità dei fatti”. “E’ una pena che non sta né in cielo né in terra, se una persona ha commesso un fatto del genere deve avere l’ergastolo” ha aggiunto Giarda, che alla domanda “ora Alberto andrà in carcere?”, ha risposto: “Non si può fare nient’altro”.

“Sono emozionata – ha commentato da Garlasco la madre della vittima Rita Poggi – Dopo le parole del procuratore eravamo un po’ pessimisti, ma giustizia è stata fatta. Forse questo sarà un Natale diverso, dopo questa sentenza proviamo sollievo. Non si può gioire per una condanna – ha proseguito -. Si è trattato di una tragedia che ha sconvolto due famiglie”.

“Non è una sentenza a metà”, ha invece detto l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, difensore della famiglia Poggi, commentando la condanna a 16 anni ad Alberto Stasi per il delitto di Garlasco: “Non volevamo che fossero inflitti anni di carcere ma che fosse accertata la verità”. Il legale si è detto “dispiaciuto per quello che è successo ieri in aula”, con la richiesta del sostituto procuratore generale della Cassazione di accogliere il ricorso dell’imputato e quello della procura generale di Milano per l’aumento di pena. “Non riesco a comprendere la scelta” ha concluso.

IL PUNTO DELLA VICENDA dall’Ansa – L’annullamento con rinvio in accoglimento del ricorso dell’imputato Alberto Stasi, che chiedeva l’assoluzione, e del ricorso del pg di Milano, che chiedeva al contrario il riconoscimento dell’aggravante di crudeltà. Queste le richieste del sostituto pg della Cassazione Oscar Cedrangolo nel processo Garlasco. Stasi è stato assolto in primo e in secondo grado, e poi condannato con rito abbreviato a 16 anni di carcere nell’appello “bis” per l’omicidio della sua fidanzata, uccisa il 13 agosto 2007 nel piccolo centro della Lomellina.

A quasi un anno di distanza del verdetto con cui, dopo l’annullamento con rinvio da parte della Suprema Corte dell’ assoluzione di secondo grado, si è stabilito che Stasi avrebbe “brutalmente ucciso la fidanzata”, la Cassazione ora dovrebbe mettere la parola fine ad un giallo andato avanti da oltre otto anni.

Il procuratore generale Oscar Cedrangolo aveva sottolineato “la debolezza dell’impianto accusatorio”, che ha portato alla condanna a 16 anni di Alberto Stasi per l’omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi. Nell’articolata requisitoria ha scandagliato punto per punto gli indizi che hanno portato la corte d’appello di Milano lo scorso anno, dopo il rinvio della Cassazione, ad emettere la condanna.

“In questa sede non si giudicano gli imputati ma le sentenze. Io non sono in grado di stabilire se Alberto Stasi è colpevole o innocente. E nemmeno voi” ha detto il pg rivolgendosi al collegio, “ma insieme possiamo stabilire se la sentenza è fatta bene o fatta male. A me pare che la sentenza sia da annullare”. Il pg ha sottolineato che a suo avviso “potrebbero esserci i presupposti di un annullamento senza rinvio, che faccia rivivere la sentenza di primo grado” e quindi l’assoluzione di Alberto.

Ma il procuratore ha sottolineato come la prima sentenza della Cassazione dell’aprile 2013 abbia voluto “ascoltare il grido di dolore” dei genitori di Chiara Poggi nel chiedere di trovare l’assassino della figlia: “Ho apprezzato lo scrupolo della Cassazione, quando dopo le due assoluzioni ha chiesto un nuovo giudizio. E vi chiedo di concedergli lo stesso scrupolo”. Il pg ha quindi suggerito che si dispongano “nuove acquisizioni o differenti apprezzamenti” ma ha poi precisato che “l’annullamento deve essere disposto sia in accoglimento del ricorso del pg, sia di quello dell’imputato. Perchè se Alberto è innocente deve essere assolto, ma se è colpevole deve avere la pena che merita”.

Reggio Calabria, arrestato un pusher

Reggio Calabria, arrestato un pusher di cocainaI Carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria hanno arrestato per spaccio di stupefacenti Davide Barbaro, di 25 anni, reggino, con precedenti per droga.

L’uomo, a seguito di un’approfondita perquisizione domiciliare condotta dai militari dell’Aliquota Radiomobile, è stato trovato in possesso di 20 involucri di plastica contenenti complessivamente 13 grammi di sostanza stupefacente del tipo “cocaina”, nonché 730 euro in banconote di piccolo taglio ritenuti provento dell’attività di spaccio.

La droga rinvenuta è stata posta sotto sequestro e trasmessa al laboratorio analisi sostanze stupefacenti del Comando provinciale di Reggio Calabria per le analisi qualitative del caso.

Alla luce di quanto accertato, il “pusher” è stato immediatamente arrestato e condotto presso la caserma di viale Calabria, per essere successivamente ristretto presso le camere di sicurezza, in attesa del rito direttissimo, a disposizione dell’Autorità giudiziaria di Reggio Calabria, davanti la quale dovrà rispondere del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Con l’arresto odierno salgono a 10 gli arresti in materia di sostanze stupefacenti, operati negli ultimi 30 giorni dai militari della Compagnia di Reggio Calabria.

Lo spaccio di sostanze stupefacenti nel centro cittadino costituisce un fenomeno costantemente monitorato che, negli ultimi mesi, hanno messo a segno numerosi successi in tale settore di contrasto.

La Dia confisca beni per 1,5 milioni a Cosimo Alvaro

La Dia confisca beni per 1,5 milioni a Cosimo Alvaro
Un frame del video della Dia con uno degli immobili sequestrati a Cosimo Alvaro, nel riquadro

La Dia di Reggio Calabria ha eseguito un decreto di confisca di beni per un valore di circa un milione e mezzo di euro nei confronti di Cosimo Alvaro – pregiudicato 51enne di Sinopoli – ritenuto appartenente all’omonima cosca.

Nei confronti dell’uomo il tribunale di Reggio Calabria, che ha accolto una proposta del direttore della Direzione investigativa antimafia, ha anche disposto la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per 4 anni, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

I primi precedenti penali di Alvaro risalgono ad oltre 20 anni fa, quando Cosimo Alvaro venne condannato definitivamente per reati in materia di stupefacenti e sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale.

Nel 2010 è stato, invece, arrestato nell’ambito dell’operazione “Meta”: avrebbe condizionato l’elezione del sindaco di San Procopio e per questo è stato condannato ad oltre 17 anni di reclusione. L’operazione “Xenopolis” -sostengono gli investigatori – ha invece acclarato la sua stabile presunta appartenenza alla cosca Alvaro. Il processo si è concluso nel 2014 con una sentenza di condanna a 9 anni di reclusione per associazione mafiosa.

Stilo (Reggio Calabria), ucciso un bracciante agricolo

Stilo (Reggio Calabria), ucciso un bracciante agricolo Vincenzo Ierace
Cerchiata in rosso l’area della Locride dove è stato ucciso Vincenzo Ierace

Un bracciante agricolo, Vincenzo Ierace, di 58 anni, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nelle campagne di Stilo, nella Locride (Reggio Calabria). L’uomo, dopo essersi recato ieri in un appezzamento di terreno di sua proprietà, non aveva fatto rientro a casa.

Dopo alcune ore di attesa i familiari si sono allarmati e hanno informato i carabinieri della Compagnia di Roccella Ionica che stamani hanno trovato il cadavere. Le indagini sono coordinate dalla Procura della Repubblica di Locri.

Vincenzo Ierace, era già sfuggito ad un agguato lo scorso 16 maggio. All’epoca Ierace, mentre viaggiava a bordo del suo pick up assieme alla moglie M.P, di 59 anni e al figlio A.I (21), sulla strada provinciale Guardavalle Superiore-Stilo, era stato bersagliato da almeno quattro colpi di fucile caricato a pallettoni.

Vincenzo Ierace, che si trovava alla guida dell’auto, era rimasto illeso mentre i due congiunti avevano riportato ferite non gravi, alla mano destra la moglie e al torace e al braccio sinistro il figlio. I tre stavano andando a lavorare su un terreno di loro proprietà in località Elce della Vecchia di Guardavalle.

Le indagini avviate dopo l’agguato avevano escluso la matrice criminalità organizzata, facendo propendere su ragioni legate ai contrasti nel settore dell’attività boschiva che viene esercitata nella zona.

Inseguimento a Milano. Sperona l'auto dell'Arma e fugge tuffandosi nel Naviglio

Inseguimento a Milano. Sperona l'auto dell'Arma e fugge tuffandosi nel NaviglioMILANO – Non si ferma all’Alt dei Carabinieri di Milano e scappa a bordo di una auto rubata speronando, alla fine di un inseguimento, la gazzella dei militari dell’Arma.

Tutto è cominciato oggi attorno alle 14 in viale Famagosta, alla periferia sud di Milano. Il conducente braccato dai militari dopo che non si era fermato ad un posto di blocco, si è trovato in un vicolo cieco ed è riuscito a dileguarsi buttandosi nelle gelide acque del Naviglio. Bloccato un suo amico che era insieme a lui.

Il fuggitivo era alla guida di una Ford Focus – con a bordo un’altra persona – risultata rubata in provincia di Pavia alla fine dello scorso novembre. L’uomo non si è fermato all’Alt intimato dai Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Milano, dandosi alla fuga in direzione della barriera autostradale della Milano – Genova, dove ha sfondato la barra di pedaggio.

A questo punto i militari hanno inseguito a sirene spiegate l’automobile in fuga. Il conducente della Focus, dopo aver imboccato un’uscita riservata a mezzi e personale di servizio, ha abbattuto un cancello per riprendere la viabilità ordinaria fino al Comune di Rozzano dove, ha imboccato una strada a senso unico. Vedendosi nell’impossibilità di proseguire, ha innestato la retromarcia andando a scontrarsi violentemente contro il cofano dell’auto dei militari.

Un passeggero, successivamente identificato in un marocchino, pregiudicato, 44enne, veniva subito bloccato, mentre il conducente è riuscito a scappare, prima gettandosi nel Naviglio e quindi a gambe levate nelle campagne circostanti. La persona è ricercata. L’autoradio dei Carabinieri di Milano, ha riportato danni rilevanti. I militari hanno invece riportato lievi contusioni, già medicate.

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