12 Ottobre 2024

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'Ndrangheta, confiscati beni per 2,2 milioni di euro a Domenico Fortugno

'Ndrangheta, confiscati beni per 2,2 milioni di euro a imprenditore Domenico FortugnoBeni per un valore di oltre 2,2 milioni di euro sono stati confiscati dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria all’imprenditore Domenico Fortugno, 34 anni, di Cinquefrondi, accusato di essere contiguo alla cosca della ‘ndrangheta dei Pesce di Rosarno. I beni confiscati, già precedentemente sottoposti a sequestro, sono le quote sociali e il patrimonio aziendale (comprensivo dei conti correnti) di 2 società di trasporti e le quote di un fondo comune di investimento mobiliare. Le indagini sono state coordinate dalla Dda di Reggio Calabria.

Il provvedimento – spiegano i finanzieri – rappresenta l’epilogo dell’articolata e capillare attività investigativa svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria – Gico di Reggio Calabria, che ha permesso di accertare un’ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato e il patrimonio a disposizione, direttamente o indirettamente, dell’imprenditore che è risultato essere un soggetto contiguo al sodalizio criminale ‘ndranghetistico noto come cosca Pesce di Rosarno, egemone nella Piana di Gioia Tauro, con importanti ramificazioni operative su tutto il territorio nazionale ed estero.

Domenico Fortugno è stato condannato in primo grado alla pena di anni 16 di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso nel procedimento penale “All Inside”. Da ultimo, sempre in primo grado, nel procedimento penale “Califfo” gli è stata inflitta la pena di anni 5 di reclusione per intestazione fittizia, aggravata dalle finalità mafiose, di due società di autotrasporto, oggetto di confisca in esecuzione del presente provvedimento. Inoltre a Fortugno gli è stata comminata la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni.

Le indagini delle Fiamme gialle hanno consentito di ricondurre le predette società di autotrasporto – di cui Domenico Fortugno, sebbene non ne fosse il titolare formale, ne era di fatto il presunto dominus – nel genus dell’impresa mafiosa.

Infatti, le stesse rappresentano una realtà aziendale il cui avvio e consolidamento è stato agevolato e sostenuto fin dall’inizio dalla cosca Pesce che dominava incontrastata il territorio di riferimento.

Ciò ha trovato riscontro, innanzitutto, nelle dichiarazioni rese dalla collaboratrice di giustizia P. G. la quale ha evidenziato come l’uomo, dopo aver contratto matrimonio con la cugina del boss “u testuni” P. F., si fosse riconvertito da soggetto dedito alle rapine a imprenditore in ascesa nel settore dei trasporti costituendo e dirigendo le citate società, pur non disponendo di risorse finanziarie.

Secondo gli inquirenti, un’altra conferma, in tal senso, si è avuta a seguito dell’esame – oltre che delle risultanze delle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nell’ambito dei processi in cui Domenico Fortugno è stato coinvolto – dei documenti contabili ed extra-contabili acquisiti nel corso della complessa attività investigativa. Si fa riferimento, in particolare, alla documentazione afferente alla società sequestrata in occasione della perquisizione effettuata nel 2007 nei confronti del nominato P. F. nonché al “pizzino” sequestrato in carcere nel 2011 scritto di pugno dal predetto boss, in partenza verso un altro penitenziario, in cui vi era un riferimento proprio a Fortugno attestante la disponibilità di quest’ultimo “sino ad allora nel trafficare a vantaggio della cosca in assegni e non solo.

Gli elementi probatori così raccolti hanno consentito di delineare un circuito perverso di presunte illecite cointeressenze tra Domenico Fortugno e il presunto boss “u testuni” il quale, oltre a “sistemare” il cugino acquisito anche finanziando l’avvio delle sue attività imprenditoriali, ha utilizzato tali società per riciclare i capitali provento delle attività delittuose della cosca Pesce, come, del resto, acclarato dal sequestro presso i locali della “M. T. S.A.S.”, al piano terra del fabbricato adibito ad abitazione dell’imprenditore, della somma di 91.000 euro in contanti. In particolare, tale denaro era occultato all’interno di confezioni di plastica sottovuoto nascoste nelle scatole di derivazione dell’impianto di illuminazione e del quadro elettrico del garage magazzino.

Pertanto, ricorrendo i presupposti sia della disponibilità di fatto da parte di Domenico Fortugno sia della derivazione illecita delle due società di autotrasporto si è proceduto a sottoporle a confisca unitamente al rapporto finanziario intestato a sua moglie, S. M. G..

Nello specifico nei confronti di quest’ultima è stata applicata la presunzione ex lege di disponibilità in capo al marito dei beni a lei intestati non avendo la stessa provato – a fronte di redditi pressoché irrisori – la derivazione lecita della provvista impiegata.

In esecuzione del Decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria sono stati, quindi, confiscati i seguenti beni (già sottoposti a sequestro):

quote sociali e patrimonio aziendale (comprensivo dei conti correnti) di “C. T. S.A.S.” di F. G. & Co., con sede legale in Rosarno; quote sociali e patrimonio aziendale (comprensivo dei conti correnti) di “M. T. S.A.S.” di F. D. & Co., con sede legale in Rosarno; quote del Fondo BNL assetto comfort intestato a S. M. G. Conclusivamente il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha proceduto alla confisca di due società nonché di quote di un fondo comune di investimento mobiliare, il tutto per un valore stimato pari a oltre 2,2 milioni di euro.

Milano, bloccati due pericolosi banditi. Sequestrato arsenale

Milano, bloccati due pericolosi banditi. Sequestrato arsenaleMILANO – I Carabinieri del Comando Provinciale di Milano hanno bloccato due pericolosi banditi sequestrando armi e droga. I due erano pronti a colpire.

L’attività è frutto dell’attento monitoraggio della circolazione stradale, attuato mediante soste e posti di controllo nei punti nevralgici della mobilità cittadina, al fine di realizzare un’idonea cornice di sicurezza in concomitanza con lo shopping natalizio.

Nell’ambito di questa attività di prevenzione, ieri sera, in via Salvemini nel capoluogo lombardo, nelle rete dei controlli è incappata un’autovettura con due pericolosi pregiudicati milanesi, entrambi poco più che ventenni, trovati in possesso di diverse armi da fuoco di elevata potenzialità offensiva, stupefacenti e 41 mila euro in contanti.

Le armi, due pistole semiautomatiche con matricola abrasa, un fucile a canne mozze e varie munizioni, un chilo di cocaina ed uno di marijuana nonché tre scooter, oggetti di sequestro, erano custoditi in un box di pertinenza degli arrestati, ubicato a Baranzate di Bollate.

Proseguono gli accertamenti per stabilire la provenienza delle armi e dei motoveicoli nonché del denaro, verosimilmente, provento di rapine in danno di istituti di credito.

Vittorio Sgarbi operato per un malore

Vittorio Sgarbi operato per un malore
Vittorio Sgarbi

MODENA – Il critico d’arte, Vittorio Sgarbi, è stato operato la scorsa notte nel Policlinico di Modena dopo aver accusato un malore mentre era in viaggio in auto da Brescia verso Roma. Secondo quanto si è appreso dal suo staff, è ora ricoverato in terapia intensiva.

La notizia è stata anche pubblicata sul profilo ufficiale di Facebook di Sgarbi dal suo ufficio stampa: “Questa notte Vittorio Sgarbi, mentre era in viaggio con il suo autista da Brescia verso Roma, ha avuto un malore ed è stato ricoverato al Policlinico di Modena, dove è stato sottoposto a un intervento chirurgico.

“Adesso – scrive ancora lo staff – è in terapia intensiva. Le sue condizioni sono buone. E’ stato lo stesso Sgarbi ad avvisare familiari e collaboratori. Vi terremo aggiornati nelle prossime ore”.

Consulta, il patto Renzi-Grillo dà i suoi frutti. Eletti i 3 membri

I giuristi Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti proposti dal Pd ed eletti in seno alla Consulta grazie all'intesa Pd-M5S (Ansa)
I giuristi Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti proposti dal Pd ed eletti in seno alla Consulta grazie all’intesa Pd-M5S (Ansa)

Alla trentunesima votazione si sblocca l’impasse delle Camere sulla Consulta. Fumata bianca, dunque, con l’elezione dei giudici mancanti per completare la rosa della Corte Costituzionale. Si tratta dei giuristi Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti. E l’impasse si sblocca – tra le ire degli azzurri – quando Matteo Renzi gela Forza Italia, dando il via libera ad un accordo che coinvolga M5S e centristi ma escluda Fi.

Sì alla terna proposta dal Pd dai deputati e dai senatori del movimento. A questo punto, in serata, Augusto Barbera ha ottenuto 581 voti, Franco Modugno 609 voti e Giulio Prosperetti 585 voti. Il quorum era di 571 voti.

Forza Italia va all’attacco: “Questo premier estende i suoi interventi ovunque e pone i suoi uomini dovunque mentre noi lasciavamo sempre una percentuale di nomine alle opposizioni, afferma Silvio Berlusconi alla presentazione del libro di Vespa. “Dico solo – aggiunge – che è molto grave che la Consulta non abbia al suo interno nemmeno un giudice che sia del centrodestra che oggi tra gli elettori è la componente più importate. E’una cosa grave”. “Se fossi presidente della Repubblica – ha detto sempre alla presntazione del libro di Vespa – scioglierei il Parlamento ed andrei alle elezioni”.

Soddisfazione di Grasso e Boldrini – “L’elezione dei nuovi giudici della Corte Costituzionale è motivo di profonda soddisfazione. A loro vanno i nostri più sentiti auguri di buon lavoro. Oggi, dopo aver preso atto di un risultato a lungo atteso e auspicato, sentiamo il dovere di invitare con ancora maggiore forza i Gruppi parlamentari ad una riflessione: è assolutamente indispensabile evitare che in futuro si creino situazioni di stallo così prolungate”. Così i presidenti Pietro Grasso e Laura Boldrini in una nota congiunta.

“La libera espressione delle posizioni politiche non deve mai arrivare a mettere a rischio il funzionamento delle istituzioni. Di questo – proseguono i presidenti di Senato e Camera – occorre che tutti siano perfettamente coscienti. Ci auguriamo che l’importante risultato odierno segni un progresso in termini di consapevolezza delle forze politiche e crei i presupposti per abbandonare in futuro, almeno sui temi istituzionali, rigidità eccessive, strumentalizzazioni e veti incrociati”.

Milano, due ladri di rolex in trasferta fermati dalla Polizia

Milano, due ladri di rolex in trasferta fermati dalla PoliziaE’ andata male a due rapinatori di rolex in trasferta. Grazie al tempestivo intervento dei Falchi della Squadra Mobile di Milano, due giovani napoletani sono stati fermati dopo una rapina a mano armata a danno di un signore.

Si tratta di Alberto Cacace di 28 anni e Marco Parente di 22 anni, di Napoli, probabilmente collaudati professionisti che hanno tentato “fortuna” a oltre 700 chilometri da casa.

I poliziotti, intorno alle 19, li hanno bloccati in viale Brianza, angolo Montepulciano poco dopo che i due, a bordo di uno scooter intestato ad un prestanome, in zona viale Abruzzi, hanno rapinato del proprio Rolex di valore, un cittadino italiano sotto la minaccia di una pistola replica della Bruni 92.

L’uomo, che è rimasto di sasso dopo la rapina, secondo le prime ricostruzioni, si stava recando presso il proprio box in tutta tranquillità. Mai poteva immaginare di vedersi puntare un’arma contro e dover consegnare il Rolex ai due giovani. Dopo la rapina i due sono fuggiti a tutta velocità ma sono caduti nella rete della Polizia di Milano.

Consulta, Renzi molla Berlusconi per accordarsi con Grillo

Consulta, Renzi molla Berlusconi per accordarsi con Grillo
Giudici della Consulta

Dopo il tira e molla delle scorse settimane sull’elezione dei giudici della Consulta, il premier Matteo Renzi gela Forza Italia, dando il via libera ad un accordo sui giudici della suprema Corte che coinvolgerebbe anche il Movimento 5 Stelle e i centristi, ma che esclude gli azzurri di Berlusconi.

L’ok sarebbe arrivato, secondo quanto scrive l’Ansa citando fonti del Pd, anche per il comportamento tenuto oggi in Aula dal capogruppo Forza Italia, Renato Brunetta. Il Pd ha proposto a M5S i giuristi Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti.

Immediata la reazione dei forzisti, che hanno deciso di non partecipare  al voto per l’elezione dei tre giudici della corte Costituzionale in programma per le 19.

Per il responso definitivo sulla proposta Pd, bisognerà attendere la decisione dell’assemblea dei senatori pentastellati, ma intanto un primo sì è venuto dai deputati del movimento che si sono espressi a favore della terna Barbera-Modugno-Prosperetti.

Agguato a Vibo Valentia, ucciso un 45enne

la scena del crimine omicidio Francesco Fiorillo
La scena del crimine Nel riquadro Francesco Fiorillo

Un uomo di 45 anni, Francesco Fiorillo, è stato ucciso mercoledì con alcuni colpi di pistola a Vibo Valentia. A sparare contro Fiorillo sarebbero state due persone, armate entrambe di pistola, una calibro 9 ed una calibro 7.65, almeno dai bossoli ritrovati a terra. L’uomo, da quanto è emerso finora, non era organico alle ‘ndrine. Aveva avuto precedenti per droga, ma non per reati riconducibili alla criminalità organizzata né mafiosa.

Dalle modalità, appare invece una esecuzione in stile mafioso. Un’imboscata in piena regola. I killer hanno atteso nascosti l’arrivo dell’uomo per poi freddarlo senza pietà in una zona isolata. L’omicidio potrebbe risalire a ieri sera. A trovare il cadavere di Francesco Fiorillo, accanto alla sua Fiat Uno, è stato stamattina un nipote dell’uomo, allarmato per il suo mancato rientro a casa. L’uomo era già deceduto da alcune ore.

Indagano ad ampio raggio le forze dell’Ordine che si sono recate sul luogo insieme alla Scientifica e al magistrato di turno. Gli inquirenti scavano nella vita di Francesco Fiorillo per cercare elementi utili alle indagini e risalire ai killer. Non si esclude un regolamento di conti nell’ambito dello spaccio di stupefacenti. Tuttavia tutte le piste sono aperte. Interrogatori sono in corso.

Macabro a Piano di Sorrento, uccide fratello e lo scioglie nell’acido

Macabro a Piano di Sorrento, uccide fratello e lo scioglie nell'acidoUna violenta lite tra fratelli per chissà quali motivi, poi il più piccolo prevale sul fratello più grande uccidendo. Per non lasciare tracce, in una sorta di macabro rito mafioso, il killer ha poi ha sciolto il cadavere nell’acido.

E’ successo a Piano di Sorrento (Napoli) probabilmente attorno al 7 dicembre scorso, data in cui della vittima, Francesco Amuro, di 54 anni, non si avevano più notizie.

La scomparsa era stata denunciata dai familiari. A ucciderlo e cancellarlo definitivamente dalla faccia della terra sarebbe stato il fratello, Salvatore Amuro, di 52 anni, già fermato dai militari dell’Arma che hanno indagato sulla scomparsa dal sette dicembre scorso. Il macabro omicidio sarebbe stato commesso a casa della vittima.

Da quanto appreso, il delitto sarebbe maturato al culmine di una lite degenerata. Una volta ucciso il fratello, il presunto assassino,  Salvatore Amuro, lo avrebbe trascinato in una vasca riempita con acqua e soda caustica per poi calarci il corpo senza vita del fratello Francesco allo scopo di scioglierne i resti.

Salvatore Amuro è stato già interrogato dal pm della Procura di Torre Annunziata che indaga sull’efferato crimine di Piano di Sorrento. Al momento non si conoscono i motivi della lite che sono stati all’origine dell’omicidio.  Le indagini sono ancora in corso.

Ecco la mafia guidata dalle donne. 37 arresti tra Palermo, Napoli, Milano e Roma

Ecco la mafia guidata dalle donne. 37 arresti a Palermo, Napoli, Milano e Roma - Teresa Marino Tommaso Lo presti
Alcuni degli arrestati di oggi nell’operazione Panta Rei a Palermo. Al centro la presunta capo cosca, Teresa Marino

Vasta operazione antimafia dei Carabinieri del Comando provinciale di Palermo che hanno eseguito, tra Palermo, Roma, Milano e Napoli, 37 provvedimenti di fermo emessi dalla locale Dda nell’ambito dell’operazione “Panta Rei”. Uno degli indagati è riuscito a fare perdere le sue tracce. Anche se i Carabinieri sarebbero già vicini alla sua cattura. Gli arrestati sono ritenuti capi o gregari, dei mandamenti mafiosi di Palermo Porta-Nuova e Bagheria, e accusati, a vario titolo, di presunta associazione mafiosa, estorsione, detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, illecita concorrenza con minaccia o violenza, illecita detenzione di armi e munizioni e turbativa d’asta.

Le attività hanno consentito di “evidenziare il ruolo ricoperto dalla moglie di un autorevole boss del mandamento mafioso di Palermo Porta-Nuova, rea di aver diretto ogni attività criminale dell’associazione mafiosa secondo le direttive impartite dal marito detenuto, condizionando costantemente le attività illecite anche degli altri affiliati e capi famiglia, in particolare nel settore del traffico degli stupefacenti, nonché gestendo la cassa della consorteria”, spiegano gli investigatori. Si tratta di Teresa Marino, 38 anni, moglie di Tommaso Lo Presti e madre di cinque figli, detenuto in carcere. Secondo i magistrati “eseguiva con autorevolezza ed efficienza le indicazioni impartite dal carcere dal marito”.

Numerose le intercettazioni a carico della donna: “…Questa mattina ho visto il conto…cioè mi sono rimasti quindicimila euro…”, si legge in uno stralcio di intercettazione. “La donna, immedesimandosi nella condizione delle mogli dei detenuti, rivolgeva particolare attenzione al sostentamento delle loro famiglie (“…appena le porta…io glieli faccio avere…dille così) e un sodale libero, consapevole di quanto la cosa stesse a cuore, affermava che sarebbe stato disposto a farlo anche di tasca propria (glieli stavo dando io….di tasca mia…”), dicono gli inquirenti.

GUARDA IL VIDEO DELL’OPERAZIONE E LE INTERCETTAZIONI DELLA DONNA BOSS

Dalle indagini è emerso che quando le donne dei boss e dei “picciotti” di Cosa nostra andavano a seguire le udienze dei processi venivano redarguite duramente da Teresa Marino, che raccomandava loro “di non piangere in aula”. Marino, secondo gli investigatori sarebbe stata a capo della cosca mafiosa. “Lei dava con autorevolezza indicazioni alle donne dei mafiosi – dice il Comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo, colonnello Giuseppe De Riggi – le invitava a non versare neppure una lacrima, diceva loro “mostratevi dignitosamente mafiose, il vostro dolore va espresso solo nelle vostre case”. Questo corrisponde a una gestione affaristica molto precisa. Stiamo parlando di una donna che ha 5 figli e che oggi si ritrova ad affidare i figli alla figlia maggiorenne”.

Durante l’operazione è stato trovato a casa di uno degli arrestati un vero e proprio “libro mastro” con tanto di nomi, cognomi, cifre e indicazioni. Gli inquirenti definiscono l’elenco trovato e sequestrato “molto interessante” perché potrebbe ampliare ulteriormente l’indagine della Direzione distrettuale antimafia.

L’operazione “dimostra ancora una volta come la mafia sia radicata sul territorio, soprattutto in una zona come quella del Borgo Vecchio”, dice all’Adnkronos il Procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, che ha coordinato l’inchiesta antimafia che ha smantellato il presunto clan mafioso di Porta Nuova.

“Il ruolo di capocosca svolto dalla moglie del boss Lo Presti dimostra che i tempi sono cambiati, siamo ormai alla “parità di genere” anche in Cosa nostra”, aggiunge. Secondo gli investigatori Teresa Marino impartiva ai ‘picciotti’ gli ordini del marito. “La donna, ovviamente, non si è legittimata in proprio – spiega Agueci – ma come ‘moglie di’. Svolgeva un ruolo diretto e di direzione e potere. Anche se non è certo il primo caso”.

Rose, uomo non versa contributi Inps agli operai. Arrestato

Rose, uomo non versa contributi Inps agli operai. ArrestatoNon ha pagato i contributi Inps ai suoi dipendenti per un periodo di 4 mesi nell’anno 2007. E così un impreditore edìle di Rose (Cosenza), ha dovuto fare i conti salati con la giustizia. Quattro mesi di reclusione per 2.049 euro non versati all’istituto di previdenza sociale.

L’uomo, oggi sessantenne, è stato posto agli arresti domiciliari stamani dai Carabinieri della stazione di Rose in ottemperanza ad un ordine di esecuzione della pena, emesso dal tribunale di Cosenza – ufficio esecuzioni penali – il 15 dicembre 2015.

L’uomo dovrà espiare 4 mesi di reclusione domiciliare per aver omesso di versare, in qualità di amministratore della propria ditta edìle, i contributi Inps dei suoi dipendenti nel periodo settembre – dicembre 2007, per complessivi duemila e 49 euro.

Milano, aggressione a Nathan Graf, la Polizia diffonde identikit

Identikit aggressore ebreo ortodosso Nathan Graf
Ecco l’Identikit dell’aggressore dell’ebreo ortodosso Nathan Graf a Milano. Chiunque lo riconosca chiami la Polizia

La Polizia di Stato di Milano ha diffuso l’identikit di quello che si ritiene possa essere il presunto autore dell’aggressione armata a Nathan Graf, l’ebreo ortodosso ferito a coltellate il mese scorso.

L’aggressione all’uomo, di 40 anni, è avvenuta la sera del 12 novembre scorso in viale San Gimignano a Milano, davanti un ristorante kosher.

L’identikit è stato elaborato dal Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica per la Lombardia dopo aver raccolto tutta una serie di elementi testimoniali di chi ha visto l’aggressore.

Il profilo è di un uomo tra i 35 e 40anni, di corporatura magra, 1.80/1.85 di altezza, carnagione chiara, capelli chiari e scapigliati, occhi scuri con palpebra leggermente scoperta, naso e labbra sottili e aspetto curato.

Chi abbia informazioni utili per l’identificazione del presunto aggressore è invitato a contattare la Polizia di Stato al numero 334.69.04.555

L’aggressore quella sera pare sia stato visto allontanarsi da una donna che portava fuori il cane e avrebbe notato il malvivente togliersi il passamontagna con il quale ha agito. La donna ha riferito agli inquirenti che aveva capelli biondi e carnagione chiara.

Dopo aver colpito alle spalle Nathan Graf, (che ha avuto 40 giorni di prognosi), il tentato omicida è sparito fulmineo nell’oscurità. Non è chiaro se lo attendeva un un complice. La vicenda preoccupò molto le comunità ebraiche di Milano e italiane.

Sparatoria a Diamante, fermati i due presunti autori

Da sinistra Alberto Novello e Mattia De Rose
Da sinistra Alberto Novello e Mattia De Rose

I Carabinieri della Compagnia di Scalea hanno fermato la scorsa notte due giovani per un tentato omicidio avvenuto il 25 ottobre scorso in un locale notturno di Diamante. Si tratta di Alberto Novello, 23 anni, di Cosenza e Mattia De Rose, 21enne originario di Belvedere Marittimo.

I due presunti feritori era già stati bloccati, interrogati e subito rilasciati nell’immediatezza dei fatti. La vittima del ferimento è un giovane 33enne, Francesco Osso.

A seguito di serrate indagini, finalizzate ad individuare gli autori del tentato omicidio, i militari dell’Arma della compagnia di Scalea e della stazione di Diamante hanno raccolto ulteriori elementi indiziari a carico dei due che hanno portato al nuovo fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Paola, guidata dal procuratore Bruno Giordano.

La notte del 25 ottobre 2015 un giovane aveva contattato il 112 comunicando che un ragazzo era riverso in una pozza di sangue poiché colpito da un colpo di arma da fuoco alla gola. Le indagini hanno permesso di individuare il movente di quel fatto di sangue in una futile discussione tra la vittima e uno dei due giovani: una parola di troppo e uno scambio di sguardi sono state prodromiche per una vera e propria esecuzione del giovane all’interno dei servizi igienici del locale.

Dopo aver discusso animatamente i due giovani si sono separati e mentre la vittima stava facendo la fila per recarsi in bagno, i due malviventi lo hanno raggiunto e hanno ripreso la precedente discussione. Dopo poche parole uno dei due ha estratto una pistola dalla tasca e ha esploso un colpo a bruciapelo sulla vittima che si è accasciato al suolo.

L’esplosione del colpo è stata camuffata dalla musica ad alto volume del locale che ha favorito la fuga dei due giovani a bordo di un’autovettura a loro in uso. A carico dei due, all’esito di ulteriori indagini poste in essere dai militari dell’Arma, sono stati acquisiti ulteriori elementi che hanno aggravato il precedente quadro indiziario.

La scorsa notte i carabinieri dei N.O.R.M. di Scalea e del N.O.R.M. di Cosenza, unitamente ai militari della stazione di Diamante hanno posto in essere un piano di ricerche coordinato sviluppato tra i comuni dell’alto tirreno cosentino e tra i quartieri popolari del capoluogo Bruzio che ha portato al rintraccio dei due ricercati. Uno dei fermati, M.D., è stato associato al carcere di Paola, mentre il secondo, Alberto Novello, è stato portato al carcere di Cosenza entrambi a disposizione dell’Autorità giudiziaria mandante.

Morto Licio Gelli, capo della P2 e custode dei misteri d'Italia

E' morto Licio Gelli, capo della loggia P2 e custode dei segreti d'Italia
Licio Gelli

E’ morto Licio Gelli. L’ex venerabile della loggia P2, 96 anni, è deceduto nella sua dimora, a Villa Wanda a Arezzo. Gelli era stato ricoverato recentemente in ospedale.

L’ex imprenditore divenuto famoso per la vicenda legata alla loggia massonica P2, si è spento poco prima delle 23 di martedì a Villa Wanda dove risiedeva da anni. Da due giorni le condizioni di salute di Licio Gelli, già precarie, erano fortemente peggiorate tanto da indurre la moglie Gabriela Vasile a ricoverarlo nella clinica pisana di San Rossore da dove era stato dimesso alla fine della scorsa settimana perchè giudicato ormai in fin di vita.

Dopo un rapido check up all’ospedale di Arezzo che aveva dato lo stesso esito, la famiglia aveva deciso di riportarlo a Villa Wanda dove è spirato. Nato a Pistoia il 21 aprile del 1919, Gelli è stato condannato per depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna del 1980, dopo essere stato detenuto in Svizzera e Francia e coinvolto in varie inchieste, si era ritirato nella sua abitazione sulle colline di Arezzo dove è morto.

Gelli lascia la seconda moglie Gabriela (la prima, Wanda, è scomparsa da tempo) e tre figli Raffaello, Maurizio e Maria Rosa. La quarta figlia, Maria Grazia è morta nel 1988 in un incidente stradale. I funerali si svolgeranno probabilmente giovedi a Pistoia, mentre la camera ardente dovrebbe essere allestita nella chiesa di Santa Maria delle Grazie ad Arezzo a pochi metri da Villa Wanda.

Licio Gelli era il custode di moltissimi segreti italiani. Nel 2006 dono al comune di Pistoia il suo “archivio” non segreto. Pare avesse anche un altro archivio segreto dove sarebbero celati i misteri irrisolti dell’Italia dell’ultimo mezzo secolo.

Oltre alla Strage di Bologna, il suo nome spuntò nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Michele Sindona e del crac Ambrosiano per la cui bancarotta venne condannato nel ’94 a 12 anni di carcere. Di Gelli si parlò pure in merito alla morte del banchiere Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra e, ancora prima, venne attribuita alla P2 una forte correlazione con Gladio, l’organizzazione paramilitare segreta creata da Nato e Cia nel periodo della guerra fredda.

Banca Etruria, indagati i vertici. Bufera su Bankitalia

Banca Etruria, indagati i vertici. Bufera su BankitaliaSono tre i filoni di inchiesta che la procura di Arezzo sta seguendo per il dissesto finanziario di Banca Etruria, che ha portato sul lastrico migliaia di clienti che si sono visti evaporare i propri risparmi.

I primi due indagati sono Lorenzo Rosi, ultimo presidente di Banca Etruria prima del commissariamento nel febbraio 2015, e l’ex consigliere di amministrazione Luciano Nataloni. Secondo il Corriere della Sera e il Messaggero l’ipotesi d’accusa nei loro confronti è “conflitto di interessi”. Avrebbero percepito finanziamenti dalla banca che guidavano, alcuni poi finiti nelle sofferenze, senza avvisare il mercato.

La loro iscrizione nel registro degli indagati, è stata confermata dalla procura di Arezzo per conflitto di interessi. Si tratta del terzo dei tre filoni di indagine aperti dalla magistratura aretina dopo quelli relativi alle sospette false fatturazioni e al reato di ostacolo alla vigilanza.

I nomi di Rosi e Nataloni erano stati segnalati nel verbale della Banca d’Italia al termine delle ispezioni sull’istituto di credito aretino. Per Rosi, secondo l’organo di vigilanza, il conflitto risiede nelle attività della cooperativa “La Castelnuovese”, di cui il manager era presidente. Secondo quanto appreso dall’Agi, nove sono invece le posizioni di conflitto di interesse rilevate a carico di Nataloni dagli ispettori di Bankitalia.

La Guardia di Finanza avrebbe trovato almeno 185 milioni di euro di prestiti concessi in palese “conflitto di interessi”, non tutti riferiti a Rosi e Nataloni. Per questo nei prossimi giorni la lista degli indagati eccellenti potrebbe allungarsi.

Una massa di indagini ai quali si aggiungono le richieste dei risparmiatori, dopo gli esposti di Adusbef e Federconsumatori, di questa mattina, sui quali, però, non sono stati ancora aperti fascicoli.

Sta invece per arrivare a conclusione anche il filone che ipotizza il reato di ostacolo all’autorità di vigilanza. Questo fascicolo, che risale al marzo 2014, è stato aperto dopo la relazione degli ispettori della Banca d’Italia compiuta due anni fa, nel 2013.

Per questo sono stati notificati nei giorni scorsi gli avvisi di chiusura delle indagini dalla Procura di Arezzo per alcuni degli ex vertici di Banca Etruria. Si tratta dell’ex direttore generale, Luca Bronchi, degli ex presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi. Rosi è stato l’ultimo presidente, fino al commissariamento dell’istituto.

Nella bufera Bankitalia. Gli inquirenti si domandano come mai non sia intervenuta su questa situazione visto che tra dicembre 2012 e febbraio 2015 aveva inviato i suoi ispettori per indagare sui conti di Banca Etruria.

Di sicuro c’è che Palazzo Koch aveva consigliato di non vendere le obbligazioni subordinate ai piccoli risparmiatori. Il prodotto finanziario, poi diventato carta straccia, doveva servire a Banca Etruria per coprire il buco da tre miliardi che gli stessi ispettori di Bankitalia avevano individuato. La Banca Centrale però si difende dicendo che non ha alcun potere di veto sulle decisioni delle banche e quindi bisogna anche capire quale ordine Banca Etruria ha dato ai direttori delle varie filiali.

Rossano, faceva stalking alla sorella. Arrestato 47enne

Rossano, faceva stalking alla sorella. Arrestato 47enneI Carabinieri della Stazione di Rossano (Cosenza), hanno arrestato un uomo rossanese di 47 anni per minacce e atti persecutori nei confronti della sorella. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip presso il tribunale di Castrovillari il 10 dicembre scorso.

L’uomo è accusato di “atti persecutori” in aggravamento alla misura del divieto di avvicinamento, poiché veniva ritenuto presunto responsabile di aver ripetutamente percosso, minacciato con arma bianca e tentato di estorcere la somma di 5mila euro, pedinando con modalità persecutorie la propria sorella quarantenne.

I reati contestati sono avvenuti a Rossano nel corso di tutto il 2015.  L’uomo è stato tradotto presso la propria abitazione a Rossano in regime di arresti domiciliari a disposizione dell’autorità giudiziaria.

E' morto a Roma Armando Cossutta. Fu protagonista del Pci

E' morto a Roma Armando Cossutta. Fu protagonista del Pci
Armando Cossutta

E’ morto a Roma, all’età di 89 anni, lo storico dirigente del Pci, Armando Cossutta. L’uomo era ricoverato da tempo all’Ospedale San Camillo nella capitale.

La sua morte ha suscitato commozione nella Sinistra italiana di cui Armando Cossutta, fu protagonista sin dal 1943, anno in cui si iscrisse al Pci, partecipando come partigiano delle Brigate Garibaldi alla Resistenza antifascista e antinazista. Venne arrestato dai nazifascisti e detenuto per un certo periodo nel carcere di San Vittore a Milano.

Dopo la Liberazione, ha vissuto una lunga carriera politica e parlamentare costellata da successi e posizioni di rilievo nel partito. Fu, tra l’altro, segretario del Pci di Milano e della Lombardia. Dopo lo tsunami Tangentopoli, Cossutta fu contrario allo scioglimento del Pci e nel febbraio 1991 fondòinsieme ad altri, il Movimento per la Rifondazione comunista di cui divenne presidente.

In seguito alle elezioni politiche del 1996, Rifondazione fece parte della maggioranza che sosteneva il primo governo Prodi. Nel 1998 Fausto Bertinotti, allora segretario del partito, ritirò la fiducia al governo. Azione che trovò in dissenso Armando Cossutta che lasciò Rifondazione per fondare un nuovo soggetto politico.

Nacque il Partito dei Comunisti Italiani (Pdci), con Oliviero Diliberto e Marco Rizzo. Il Pdci partecipò al successivo governo D’Alema del 1999; contestualmente Cossutta fu eletto presidente dei Comunisti italiani.

Dal 1999 al 2004 l’esponente politico è stato eletto deputato al Parlamento europeo. Alle elezioni politiche del 2006 venne eletto senatore per la lista “Insieme con l’Unione”.

A giugno del 2006, in dissenso con la linea politica del segretario Oliviero Diliberto, diventato intanto guardasigilli con Prodi, Armando Cossutta si dimette dalla carica di presidente del partito. Il 21 aprile 2007 ha presentato le dimissioni dal partito e non ha più rinnovato la tessera di alcun partito, lasciando la politica attiva. Scrisse anche una sua autobiografia.

Garlasco, picchia la moglie e tenta di dar fuoco al bombolone Gpl

Garlasco, picchia la moglie e tenta di fare esplodere bombolone Gpl - Alagna Lomellina , Vigevano, PaviaI Carabinieri di Vigevano e Garlasco hanno arrestato ad Alagna Lomellina (Pavia), un uomo sorpreso nell’intento di fare esplodere un bombolone di Gpl dopo aver prima picchiato la moglie e poi tentato di dare alle fiamme le loro autovetture.

B.G.A., queste le iniziali dell’uomo, un operaio nato a Gela (Caltanissetta) 49 anni fa e residente ad Alagna Lomellina, a poca distanza da Garlasco, insieme alla convivente. Al culmine di una violenta lite a casa, la donna, una 46enne, ha chiamato il 112 raccontando l’aggressione subìta dell’uomo.

Intervenuti presso la sua abitazione, i militari accertavano che, poco prima, per motivi verosimilmente riconducibili alla separazione richiesta dalla moglie ed accentuati dall’ira del marito derivata anche dallo stato di ebrezza alcolica, B.G.A., dopo aver insultato la donna e dopo averla percossa con alcuni schiaffi al volto, ha cosparso di benzina l’autovettura Hyundai Getz di quest’ultima, il suo furgone Iveco Daily ed una bombola Gpl posta all’interno del cortile dell’abitazione in parola, nell’evidente intento di incendiarli.

Solo il tempestivo intervento dei Carabinieri ha evitato una potenziale strage. I militari, che erano già in fase di perlustrazione in zona, hanno sorpreso l’uomo ancora in fase di colluttazione con il proprio figlio 21enne, con lui residente che cercava di impedirgli di utilizzare una sigaretta accesa come innesco e di allontanarlo dal luogo. La donna, a seguito delle lesioni riportate, è stata visitata presso nosocomio di Vigevano e successivamente dimessa con una prognosi di 5 giorni.

L’arrestato, espletate le formalità procedurali, è stato associato presso la Casa Circondariale di Pavia. Dovrà rispondere di maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli, tentato incendio e lesioni personali aggravate.

Reggio Calabria, gli sviluppi dell’inchiesta Saggio compagno

blitz carabinieri reggio

L’operazione “Saggio Compagno” che ha portato agli arresti di stamane in tre regioni italiane, è stata così denominata in quanto trae origine dall’appellativo con cui il principale indagato, Giuseppe Ladini, si rivolgeva al suo più fidato sodale, Leonardo Tigani.

L’indagine è stata avviata nel novembre 2013 dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova, sulla base di alcuni sviluppi dell’operazione “Vittorio Veneto” (conclusa nell’estate dello stesso anno), che già a suo tempo aveva permesso di arrestare in Cinquefrondi 8 persone responsabili di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi.

Tra questi figurava infatti anche Rocco Francesco Ieranò, nato il 1972, ritenuto personaggio di indiscussa valenza nell’ambito della ‘ndrangheta cinquefrondese (cui era attribuita la carica del “Vangelo”), che dopo aver inizialmente tentato invano di sottrarsi alla cattura nell’estate 2013, aveva poi intrapreso anche un percorso di collaborazione con la giustizia.

L’attività investigativa ha quindi consentito di ricostruire e disarticolare la composizione (anche nella sua evoluzione a seguito dell’operazione di oggi) della “locale” di Cinquefrondi, che storicamente imperversa nell’omonimo centro ed in quello limitrofo di Anoia (Reggio Calabria).

Gli inquirenti hanno riscontrato le attività illecite del sodalizio che, dopo l’arresto di Ieranò, faceva capo a Giuseppe Ladini 37, anni, già noto per i suoi precedenti penali e di polizia per associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ricettazione e riciclaggio.

I primi riscontri della presente indagine erano già stati, tra marzo ed aprile 2014 quando sono state arrestate 8 persone: Antonella Bruzzese, 33 anni, moglie di Giuseppe Ladini; Lorenzo Bruzzese, 33 anni; Emanuele Papaluca 24 anni; Leonardo Tigani 32 anni; Antonio Raco, di 29 anni e Antonio Valerioti, 51 anni.

Per gli otto erano già emerse presunte responsabilità in merito al traffico di armi: tra questi vi erano infatti anche lo stesso Giuseppe Ladini, che aveva manifestato la propria intenzione di rendersi irreperibile per il sospetto di essere monitorato dalle forze di Polizia, oltre che Ettore Crea, 43 anni, ritenuto personaggio contiguo all’omonima cosca di ‘ndrangheta operante a Rizziconi, che è stato trovato in possesso di un fucile mitragliatore di provenienza illecita acquistato da Giuseppe Ladini;

Il sequestro di numerose armi e munizioni da guerra e comuni, oltre che di un chilogrammo di cocaina, rinvenuti in un rudere abbandonato vicino all’abitazione di Giuseppe Ladini, che quest’ultimo, unitamente ai suoi sodali, utilizzava come deposito per tutto il materiale smerciato nel corso delle sue contrattazione illecite.

Le articolate attività tecniche compiute prima, durante e dopo gli arresti dell’aprile 2014, unite poi agli innumerevoli riscontri eseguiti sul territorio ed agli approfondimenti investigativi del caso, hanno poi permesso di accertare che Giuseppe Ladini, benché sottoposto a detenzione domiciliare anche per reati in materia di criminalità organizzata, avvalendosi innanzitutto della stretta collaborazione morale e materiale di tutto il suo nucleo familiare, ed in particolare della moglie Antonella Bruzzese e del figlio minore, aveva costituito di fatto e stava consolidando a Cinquefrondi (Reggio Calabria) una nuova articolazione della ‘ndrangheta sotto la sua guida, cui facevano capo gli appartenenti alle preesistenti cosche “Ladini”, “Petullà” e “Foriglio”;

VIDEO DEGLI ARRESTI OPERAZIONE SAGGIO COMPAGNO

E’ stato inoltre accertato come l’indagato intratteneva presso la propria abitazione, con evidente disinvoltura e padronanza, tutta una serie di rapporti con numerosi pregiudicati, facenti capo non solo al contesto delinquenziale di Cinquefrondi, ma anche ad altre aree della province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, dando quindi prova della sua caratura criminale e dell’importanza del sodalizio che faceva capo alla sua persona;

Nell’ambito di tali rapporti, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, Ladini esercitava un vero e proprio controllo del territorio, sfruttando le risorse economiche della zona mediante il compimento di una serie indeterminata di delitti in materia di armi e stupefacenti, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, con riferimento anche al settore degli appalti boschivi.

A conclusione di queste articolate indagini, l’operazione scatta all’alba di martedì 15 dicembre nelle province di Reggio Calabria ed in quelle di Roma, Verbania e Vibo Valentia. I Carabinieri del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, con l’ausilio di personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori, hanno quindi dato esecuzione ad un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione distrettuale antimafia reggina nell’ambito del quale sono state arrestate 36 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, ricettazione, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, favoreggiamento personale, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, furto, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, danneggiamento seguito da incendio, tutti aggravati dal metodo mafioso.

NOMI DEGLI ARRESTATI NELL’OPERAZIONE “SAGGIO COMPAGNO”

Si tratta di Costantino Tripodi 70 anni, ritenuto già capo della locale di Cinquefrondi, Michele Ierace, di 57 anni; Antonio Petullà, 66 anni; Antonio Napoli. 58 anni; Saverio Napoli, 51 anni, Rocco Iannizzi, 44 anni; Vincenzo Zangari di 42 anni; Orazio Ierace, 37anni; Michele Ierace, 24 anni; Raffaele Bruzzese, 63 anni; Domenico Ladini, 61 anni; Renato Fonti, 51 anni; Fabio Ierace. 47 anni; Girolamo Primerano 41 anni; Gaetano Migliaccio, 38 anni; Fabio Porcaro 39 anni; Maurizio Monteleone, 41 anni; Rocco Petullà, 49 anni; Angelo Petullà, 26 anni, Raffaele Petullà, 23 anni; Maria Polsina Bruzzese, 22 anni; Saverio Foriglio, 52 anni; Rocco Foriglio, 20 anni; Salvatore Cuturello, 45 anni; Attilio Giorgi, 31 anni; Francesco Giorgi, 40 anni; Renato Iannone, 45 anni; Nicodemo Lamari, 57 anni; Francesco Longordo, 35 anni; Saverio Napoli, 30 anni; Fabio Papaluca, 29 anni; Maurizio Pronestì, 40 anni; Rocco Varacalli, 27 anni; Giuseppe Vigliante 29 anni; Michele Vomera, 24 anni, Pasquale Zaita, 24 anni;

Nell’operazione “Saggio compagno” sono state deferire ulteriori 41 persone, in stato di libertà o comunque già detenute a seguito delle pregresse risultanze investigative;

Inoltre sono stati sottoposti a sequestro un’impresa di rifornimento carburanti, un ristorante, otto beni immobili, tra terreni e fabbricati, 21 tra conti correnti e rapporti bancari ed una quota societaria, relativa ad un’azienda di trasporti, riconducibili ad alcuni degli indagati per un valore stimato di oltre 500mila euro;

L’Arma ha effettuato ulteriori 10 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati nello stesso procedimento. Nella circostanza sono state rinvenute e sottoposte a sequestro 3 pistole, 2 fucili e 218 cartucce di vari calibri.

Montalto Uffugo, spara a due persone per una rigatura sull’auto

Cristian Pastura, presunto autore della sparatoria a Montalto Uffugo
Cristian Pastura, presunto autore della sparatoria a Montalto Uffugo

Sparatoria nella notte a Montalto Uffugo, alle porte di Cosenza. Protagonisti un giovane di 25 anni, Cristian Pastura e due cittadini marocchini di 28 e 23 anni.

La sparatoria è avvenuta presso il bar Micarano Cafè di via Verdi. A impugnare la pistola e fare fuoco all’indirizzo dei due extracomunitari è stato Cristian Pastura, residente a San Benedetto Ullano.

Subito dopo il ferimento, sono giunti all’esterno del bar i carabinieri della stazione di Lattarico, di Montalto Uffugo e della compagnia di Rende che hanno fatto soccorrere i due feriti all’ospedale di Cosenza e iniziato a capire la dinamica e il movente del far west nella notte.

Dopo aver ascoltato alcuni testimoni sul posto, i militari hanno identificato il presunto autore del tentato omicidio a danno due giovani marocchini.

Rintracciato da militari di Rende e Lattarico presso propria abitazione, Cristian Pastura è stato fermato e ha ammesso di aver sparato ai due chiarendo anche il movente. All’origine del fatto di sangue ci sarebbe una violenta lite per futili motivi, in quanto il giovane riteneva che le vittime gli avessero rigato, all’esterno del bar, la sua auto, un’Alfa Romeo 156.

Dopo un iniziale diverbio davanti al bar per la rigatura dell’auto, tra Pastura ed altri amici di San Benedetto Ullano ed un gruppo di marocchini fuori dal bar, Cristian Pastura ha pensato di fargliela pagare cara. E’ tornato a casa, ha preso la pistola che ha detto di aver trovato in passato in un bosco, ed è tornato indietro armato con chiari propositi di pretendere il pagamento del danno o, in caso contrario, di sparare contro gli stranieri che gli avevano risposto in malo modo di non aver rigato alcuna macchina. Così è stato.

I carabinieri che lo hanno rintracciato a casa, hanno rinvenuto l’auto a casa di Pastura con una rigatura sul cofano e con il vetro posteriore sinistro rotto durante la lite, lite che ha preceduto la sparatoria.

Il giovane dopo essere stato fermato ha detto che, mentre fuggiva a bordo della sua auto, si è disfatto della pistola semiautomatica lanciandola da un ponte su un torrente. Da ricerche effettuate, la pistola, illegalmente detenuta da Cristian Pastura, non è però stata trovata.

L’aggressore è stato associato alla casa circondariale di Cosenza a disposizione dell’autorità giudiziaria. Dovrà rispondere di duplice tentato omicidio e detenzione illegale d’arma da fuoco.

Le vittime sono Omar Nafkhi, nato a Casablanca nell’87 e Hicham Hamri, nato Ouled-M-Rha (Marocco) nel ’92.
Il primo è stato raggiunto da 2 colpi pistola alla gamba destra ed al mento, giudicato dai sanitari guaribile in 30 giorni; il più giovane è stato ferito in modo più serio da un colpo pistola alla testa e si trova ora in prognosi riservata. Hamri è ricoverato in rianimazione in attesa di un intervento chirurgico. I due giovani marocchini sono operai ed entrambi incensurati.

Milano, detenuto evade dal carcere di Bollate. Ricerche

Carcere di BollateUn detenuto serbo, Predan Zonic, ristretto nel carcere di Bollate (Milano) per una condanna relativa a spaccio di droga, è inspiegabilmente riuscito a evadere attorno alle 13.30 di ieri.

L’uomo si trovava nel VII Reparto detentivo della casa circondariale. Durante il controllo non è stato trovato in cella. A seguito dell’evasione è stato allertato il comando provinciale dei carabinieri e sono scattate le ricerche. L’uomo a seguito dell’evasione si sarebbe recato a casa dell’ex convivente, che è stata sentita, e poi si è reso irreperibile.

E’ caccia all’uomo in tutto il Milanese. Sull’episodio è intervenuto il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe). Il segretario generale del Sindacato, Donato Capece spiega che “l’episodio è accaduto verso le 13.15 di ieri. Sono ancora da chiarire le modalità di fuga, ma sono immediatamente iniziate le ricerche di Polizia penitenziaria ed altre forze di polizia per catturare l’uomo, un serbo di 52 anni, ristretto per i reati di spaccio di droga con un fine pena agosto 2018. Era giunto a Bollate dal carcere di Vigevano lo scorso settembre e ora l’interesse di tutti è catturarlo ed assicurarlo alla giustizia”.

“Le carceri – afferma Donato Capece – sono più sicure assumendo gli Agenti di Polizia penitenziaria che mancano, finanziando gli interventi per far funzionare i sistemi antiscavalcamento, potenziando i livelli di sicurezza delle carceri”, conclude Capece.

“Altro che la vigilanza dinamica, in atto a Bollate da anni, che vorrebbe meno ore i detenuti in cella senza però fare alcunchè”, critica il segretario. “Al superamento del concetto dello spazio di perimetrazione della cella e alla maggiore apertura per i detenuti deve associarsi la necessità che questi svolgano attività lavorativa e che il personale di Polizia penitenziaria sia esentato da responsabilità derivanti da un servizio svolto in modo dinamico, che vuol dire porre in capo a un solo poliziotto quello che oggi fanno quattro o più agenti, a tutto discapito della sicurezza. Le idee e i progetti dell’Amministrazione Penitenziaria, in questa direzione, si confermano ogni giorno di più fallimentari e sbagliati”.

Ancora non è chiaro come abbia fatto il serbo a lasciare, pare indisturbato, il carcere milanese di Bollate.

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