13 Ottobre 2024

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San Roberto, 1,5 milioni in cassaforte. Denunciati 3 fratelli

Milano, arrestato per violenza sessuale un altro latinos | San Roberto Reggio Calabria riciclaggioSAN ROBERTO (REGGIO CALABRIA) – Avrebbero riciclato 1,5 milioni di euro. Così tre fratelli di San Roberto (Rc), sono stati denunciati all’autorità giudiziaria dai carabinieri con l’accusa di riciclaggio in concorso. Si tratta di Domenico, Vincenzo e Giuseppe D’agostino di 57, 59 anni e 64 anni. Tutti di San Roberto e già noti alle forze dell’ordine. I primi due sono già detenuti ai domiciliari per altri reati.

A seguito di una perquisizione domiciliare presso l’abitazione dei fratelli D’Agostino, i militari hanno rinvenuto, all’interno di una cassaforte, una ingente somma di denaro tra contanti e polizze assicurative vita, il tutto per un valore di poco inferiore a un milione e mezzo di euro.

I tre, alle domande dei carabinieri, non sarebbero stati in grado di fornire plausibili ragioni sulla provenienza del denaro contante né sull’ingente entità delle somme relative ai titoli. Denaro e polizze, verosimilmente derivante da presunta attività illecita, è stato sottoposto a sequestro.

Verbania, presa la banda delle rapine sul Lago Maggiore. VIDEO

Verbania, presa la banda di furti e rapine sul Lago Maggiore
I duealbanesi arrestati Florian Deda e Kleodian Tetaj

VERBANIA – Due albanesi clandestini, di 27 e 41 anni, sono stati arrestati perché ritenuti i responsabili della sequela di furti e rapine sul Lago Maggiore. Ai due, Florian Deda e Kleodian Tetaj, in carcere per altri reati, è stata notificata la nuova ordinanza dai carabinieri di Verbania, emessa dal gip del tribunale di Verbania su richiesta della locale procura.

I delitti contestati vanno dalle rapina in villa, ventinove furti consumati e tentati in abitazione in soli due mesi, nonché plurimi episodi di furti di autovetture e ricettazione di refurtiva, commessi nei mesi di giugno e luglio 2015 nelle provincie di Verbania, Novara e Varese.  Il bottino complessivo è stimato in circa un milione di euro. Parte della refurtiva è stata restituita ai legittimi proprietari.

I criminali, particolarmente attivi e pericolosi con base in Sesto San Giovanni, spiegano i militari, nel corso dei mesi di giugno e luglio 2015, in modo spregiudicato, in orari serali e notturni, svaligiavano le abitazioni, non curanti dell’eventuale presenza dei relativi occupanti. In particolare in un episodio avvenuto in data 19 luglio scorso, i banditi penetravano all’interno di una villetta sita in Gignese (Verbania), noncuranti del fatto che una stanza era visibilmente illuminata. All’interno della villetta sorprendevano e immobilizzavano il proprietario che rinchiudevano in una stanza, per poi  asportare una cassaforte “a muro” contenente valori. Per l’episodio gli indagati dovranno rispondere dell’accusa di rapina aggravata.

L’indagine, spiegano i militari, iniziata nel mese di giugno 2015, a seguito della commissione di furti in abitazione in alcuni comuni rivieraschi del Lago Maggiore, ha avuto impulso per l’individuazione attraverso la visione delle immagini delle telecamere presenti nelle zone dei furti, di autovetture di grossa cilindrata risultate rubate, che in alcuni casi venivano abbandonate dopo i colpi; infatti gli indagati per allontanarsi dal luogo del delitto, in alcuni casi cambiavano le autovetture a seguito del rinvenimento delle relative chiavi di avvio all’interno degli appartamenti svaligiati.

grafico VerbaniaPertanto, veniva avviata un’intensa attività di indagine che consentiva di individuare nel corso del mese di luglio scorso il luogo in Sesto San Giovanni (Monza Brianza), dove venivano abitualmente parcheggiate le autovetture rubate. La loro osservazione, anche mediante l’utilizzo di telecamere, ha permesso di identificare gli utilizzatori dei veicoli nei cittadini albanesi indagati, già  noti alle forze dell’ordine.

In particolare Florian Deda è già noto alle cronache locali poiché tratto in arresto l’8 aprile 2006 dopo un rocambolesco inseguimento con le forze dell’ordine. per un furto in abitazione consumato a Vignone (Verbania), mentre il Kleodian Tetaj, risultava irreperibile dal mese di giugno 2015 perché colpito da un ordine di carcerazione, dovendo scontare la pena residua di anni 2, mesi 5 e gg. 24 di reclusione a seguito di condanna definitiva per i reati di ricettazione e furti in abitazione.

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In data 23 luglio 2015 i carabinieri del nucleo investigativo di Verbania a Sesto San Giovanni, dopo aver individuato l’appartamento dove si nascondeva, traevano in arresto il Tetaj in esecuzione del citato ordine di esecuzione pena, interrompendo l’attività delittuosa della coppia criminale. Nel corso del mese di settembre, Florian Deda è stato raggiunto da un provvedimento definitivo di carcerazione, dovendo scontare la pena residua di anni cinque di reclusione a seguito di pronuncia della Corte di Cassazione per la commissione di furti in abitazione.

L’intensa attività investigativa coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Verbania, Gianluca Periani, ha permesso di accertare l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati a seguito degli elementi raccolti nei luoghi dei delitti, circostanza che consentiva l’emissione di un provvedimento di custodia cautelare in carcere da parte del gip del locale tribunale per i numerosi reati commessi. Il provvedimento è stato notificato agli indagati nei giorni scorsi, presso i carceri dove sono detenuti.

Sparò vicino a congresso dove partecipò ministro Orlando. "Incapace"

REGGIO CALABRIA – E’ incapace di intendere e di volere Fausto Bortolotti, l’uomo che il 28 marzo dello scorso anno sparò due colpi di pistola in aria nei pressi del Teatro di Reggio Calabria mentre il ministro della Giustizia Andrea Orlando stava concludendo l’intervento al congresso nazionale di Magistratura democratica. Lo ha stabilito il perito nominato dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Reggio Calabria.
   
La perizia era stata richiesta dal difensore di Bortolotti, l’avvocato Giovanni De Stefano, il quale aveva eccepito che in tutti questi mesi, nonostante il suo assistito fosse in carcere, non era mai stato sottoposto a visita psichiatrica. Bortolotti, al momento dell’arresto, aveva dichiarato di essere giunto a Reggio Calabria proveniente da Ventimiglia perché perseguitato e minacciato continuamente da un giovane suo vicino di casa anch’egli residente nella cittadina del ponente ligure.

Scoperta la stella supernova Assassina. Brilla 570 mld di Soli

Scoperta la stella supernova "Assassina". Brilla 570 miliardi di Soli
Rappresentazione artistica della supernova da record ASASSN-15lh, così come apparirebbe da un pianeta distante circa 10.000 anni luce (fonte: Beijing Planetarium / Jin Ma)

Scoperta la supernova “Assassina”. E’ la più brillante mai osservata: 570 miliardi di volte più luminosa del Sole e 20 volte più della Via Lattea. Descritta su Science, si trova in una galassia visibile dall’emisfero australe e distante 3,8 miliardi di anni luce; se fosse vicina come la stella Sirio la vedremmo splendere come il Sole.

A vederla per la prima volta, un gruppo internazionale coordinato da Subo Dong, dell’università di Pechino, e di cui fanno parte gli italiani Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope, e Filomena Bufano, dell’osservatorio di Catania dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).

La supernova è stata individuata nell’ambito del programma ASAS-SN (All-Sky Automated Survey for SuperNovae system), che per i ricercatori può essere pronunciato ‘Assassin’. Appartiene alla rara famiglia delle supernovae super-luminose (Ssl), delle quali sono state osservate finora solo poche decine e “la sua interpretazione è davvero problematica”, ha rilevato Masi.

La galassia che la ospita, ha aggiunto, non sembra infatti in grado di supportare un’esplosione così eccezionale. Per Bufano l’esplosione di una supernova così rara “è fondamentale per interpretare e comprenderne l’origine fisica, intesa come tipo di meccanismo di esplosione e natura della stella progenitrice, probabilmente appartenente alla generazione di stelle formatesi nelle prime fasi dell’Universo”. Per raccogliere ulteriori informazioni i ricercatori avranno a disposizione adesso delle ore di osservazione con il telescopio spaziale Hubble.

Rose (Cosenza), investe con l'auto 2 persone. Muore donna

Rose (Cosenza), investe con l'auto 2 persone. Muore donnaROSE – Una donna è morta ed il genero è rimasto gravemente ferito in un incidente stradale avvenuto sulla statale provinciale 234, all’altezza di contrada Petraro, al bivio di Rose, in provincia di Cosenza.

I due stavano attraversando la strada quando, per cause ancora in corso di accertamento, sono stati investiti da una Renault Clio. Il drammatico incidente è avvenuto verso le 18 di giovedì pomeriggio.

Da quanto si apprende, dopo l’incidente l’automobilista, avrebbe soccorso le due persone. La donna, Maria Toscano è morta all’istante, mentre l’uomo, G.M, è stato ricoverato all’ospedale “Annunziata” di Cosenza.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri ed i sanitari del 118 che hanno soccorso l’uomo, genero della povera vittima, in codice rosso. Sarebbe in condizioni serie. I militari della stazione di Rose, indagano per accertare la dinamica. Intanto la salma è stata trasportata all’obitorio. Non è escluso che il conducente, come “atto dovuto”, possa essere indagato per omicidio colposo.

Quarto, indagato Ignazio Baiano, marito del sindaco

Quarto, indagato Ignazio Baiano, marito del sindacoQUARTO – Ignazio Baiano, il marito del sindaco di Quarto Rosa Capuozzo, risulta indagato per falso e violazione delle norme edìli nell’inchiesta sul presunto abuso edilizio (condotta parallelamente a quella della Dda di Napoli sul Comune) che avrebbe rappresentato un elemento di ricatto sulla Capuozzo da parte dell’ex consigliere De Robbio.

Ignazio Baiano risulta indagato perché, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe alterato la data su alcuni documenti allo scopo di ottenere il condono edilizio per opere eseguite nell’abitazione di cui è proprietario. Circostanza che è emersa dall’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso e dal pm Francesca De Renzis, titolari delle indagini sul presunto abuso: un’inchiesta che viene svolta parallelamente a quella principale affidata alla Dda sulle presunte infiltrazioni camorristiche nel Comune di Quarto.

Il presunto abuso edilizio, secondo l’inchiesta della Dda, avrebbe rappresentato un elemento di ricatto esercitato nei confronti del sindaco da De Robbio per ottenere incarichi e nomine di persone da lui segnalate. Il caso del sindaco di Quarto continua ad agitare le acque nel Movimento cinque stelle.

Questa storia, ormai divenuta di dominio nazionale,  sul piano giudiziario viaggia parallelamente al polverone politico. Il sindaco di Quarto è stata espulsa dal M5S, perché lei non si era dimessa all’aut aut di Beppe Grillo. Ma il problema dei vertici pentastellati è che a Quarto tutti i consiglieri comunali eletti sotto il logo dei Cinquestelle sono rimasti fedeli a Rosa Capuozzo. Nel comune campano, due volte sciolto per mafia, il presidente della Commissione di vigilanza Rai, Roberto Fico ha detto che “non esiste più il M5S a Quarto”.

Renault, sospetti su test emissioni. In Borsa crollo del 20%

Renault, sospetti su test emissioni. In Borsa crollo del 20%Renault nel mirino sulle emissioni dopo lo scandalo Volkswagen. La società oggi è andata a picco in Borsa cede il 20%, penalizzatato appunto dai sospetti su presunte irregolarità nei test sulle emissioni. Il titolo sconta inoltre il calo delle vendite di auto in Russia nel 2015 (-46%), dove il Gruppo è esposto con il marchio Autovaz.

Gli agenti del Governo francese hanno sequestrato computer dal sito Renault di Lardy (Francia), che realizza prove sulle emissioni dei veicoli. E’ quanto afferma Bloomberg che riprende fonti di stampa francese che citano un volantino sindacale della Cgt, secondo il quale quale gli ispettori si sono recati nell’impianto transalpino lo scorso 7 gennaio. Secondo il sindacato il fatto genera sospetti su un possibile coinvolgimento di Renault nello scandalo sulle emissioni che ha colpito Volkswagen.

Europa peggiora, Parigi e Francoforte -3% – Peggiorano le Borse europee a metà seduta con Francoforte e Parigi, entrambe in calo del 3,2%, sotto pressione dietro a Madrid (-2,7%), Milano (-2,54%) e Londra (-2,06%). Sprofondano i titoli del comparto auto da Renault (-20%), sospettata di trucchi sulle emissioni, ed Fca (-10,57%), denunciata da 2 concessionari Usa. Deboli anche Peugeot (-6,85%), Daimler (-5,6%), Bmw (-4,58%) e Volkswagen (-4,48%), seguite da Ferrari (-3,8%). Sul settore pesano anche i dati sulle vendite di auto in Russia (-46%) nel 2015.

Fca è stata riammessa agli scambi in Piazza Affari dopo il terzo congelamento dall’apertura e cede quasi il 10% (9,83%) a 6,7 euro, poco sopra il minimo di 6,63 € raggiunto in mattinata. Il titolo sconta i dati sulle vendite di auto in Russia (-46% nel 2015) e la denuncia di due concessionari di auto di Chicago, su pressioni ricevute per gonfiare i dati sulle vendite di auto mensili.

Giacarta come Parigi, 7 morti e 20 feriti. Uccisi terroristi. VIDEO

Un poliziotto ferito negli attacchi Isis a Giacarta, Indonesia (Epa)
Un poliziotto ferito negli attacchi Isis a Giacarta, Indonesia (Epa)

GIACARTA (INDONESIA) – Assalti simultanei come a Parigi. Questa volta nella lontana Giacarta, capitale dell’Indonesia, dove alcuni terroristi dell’Isis si sono fatti esplodere e altri hanno ingaggiato conflitti a fuoco nelle zone dove sono allocati uffici e ambasciate. Il bilancio è di 7 morti, cinque terroristi più due civili, e 20 feriti.

L’aggiornamento è stato fornito dal capo della polizia della capitale indonesiana, Tito Karnavian, il quale ha spiegato che due dei terroristi sono morti nell’attentato suicida a un posto di polizia vicino allo Starbucks, mentre gli altri tre sono stati uccisi in uno scontro a fuoco di fronte al Teatro di Giacarta. Tra i feriti ci sono un algerino e cinque agenti di polizia.

Secondo Karnavian dietro gli attacchi c’è “sicuramente lo Stato Islamico”. In particolare l’indonesiano Bahrum Naim, esponente dell’Isis che dovrebbe trovarsi in Siria “stava organizzando questi attentati da tempo. C’è lui dietro” ha detto. Falso allarme, invece, per l’altra esplosione, riferita da alcune televisioni locali, che sarebbe stata dovuta soltanto allo scoppio di un pneumatico.

VIDEO AMATORIALI ESPLOSIONI E CONFLITTO A FUOCO

In precedenza il vice capo della polizia nazionale Budi Gunawan ha ammesso che un gruppo di estremisti di Solo, nella provincia di Giava Centrale, era entrato in contatto con Bahrun Naim in Siria. La polizia aveva ricevuto a dicembre un’allerta per quello che il gruppo di Solo aveva definito un ‘concerto di bombe’ da realizzare a Capodanno, ma l’enorme presenza delle forze di sicurezza aveva mandato all’aria il piano. Alla domanda se gli attacchi di oggi siano stati realizzati dall’Is nello stile di quelli compiuti a Parigi, il vice capo della polizia ha risposto affermativamente.

Aamaaq, uno dei media legati allo Stato Islamico, citando una “fonte” non identificata afferma che gli attentati di Giacarta sono stati compiuti da jihadisti dell’Is. Lo riporta la Bbc.

Le deflagrazioni hanno colpito luoghi diversi, tra cui un centro commerciale situato nei pressi del palazzo presidenziale e gli uffici dell’Onu. Gli agenti di polizia hanno ingaggiato uno scontro a fuoco con i responsabili dell’attacco. Secondo il Jakarta Post la polizia avrebbe anche fatto irruzione all’interno del ristorante McDonald’s nell’edificio Sarinah. Gli assalitori hanno tra l’altro attaccato una centrale di polizia in piena Giacarta facendo esplodere granate.

Un olandese dipendente delle Nazioni Unite è rimasto gravemente ferito negli attacchi. Lo ha confermato un portavoce del ministero degli Esteri a L’Aia, smentendo la notizia della sua morte diffusa in precedenza dalla radio di stato Nos.

A seguito degli attacchi di Giacarta, rende noto il ministero degli Affari Esteri, l’unità di crisi della Farnesina si è prontamente attivata e sta verificando la situazione in stretto contatto con la nostra ambasciata nella capitale indonesiana.

Un appello alla calma di fronte all'”azione terroristica” che ha colpito Giacarta è stato lanciato dal presidente indonesiano Joko Widodo. “Non dobbiamo avere paura né lasciarci sconfiggere da questo atto terroristico”, ha affermato il presidente citato dal sito Kompas.com. “Mi appello alla gente perché mantenga la calma”, ha aggiunto.

‘Ndrangheta, sgominato clan Crea. Dai pizzini alla testa di maiale. NOMI/FOTO/VIDEO

'Ndrangheta, 20 arresti tra Torino e Reggio Calabria
Le foto degli arrestati nell’operazione Big Bang dei Carabinieri a Torino. Nella prima riga, da sinistra Adolfo, Aldo Cosimo e Luigi Crea

TORINO – Operazione contro la ‘ndrangheta dei carabinieri di Torino. Venti gli arresti eseguiti, tra il capoluogo piemontese e Reggio Calabria. Nel mirino i fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, considerati dagli investigatori espressione di vertice nel capoluogo piemontese della “Ndrangheta reggina, entrambi con il grado di “padrino”. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono quelli di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata a estorsioni, usura, traffico di droga e gestione di bische clandestine.

Eseguite 41 perquisizioni domiciliari e sequestrati beni tra cui 7 unità immobiliari, 6 automezzi, 11 rapporti bancari, 2 cassette di sicurezza, 1 licenza commerciale, 2 società con 3 sedi operative.

Nell’inchiesta, coordinata dalla Dda presso la procura di Torino, sono emersi pesanti atti intimidatori da parte degli arrestati. Ad una vittima di estorsione è stata recapitata, ad esempio, una testa mozzata di maiale con l’avviso che “la prossima sarebbe stata la sua”.

Dall’inchiesta sfociata nell’operazione di oggi, denominata “Big bang” (nome di un locale gestito dalla cosca di ‘ndrangheta), è emerso che le riunioni si svolgevano nel dehor di un bar del quartiere San Paolo, dove avvenivano anche le consegne di denaro.

Durante le indagini, gli arrestati sono stati pedinati e ripresi dai carabinieri per diversi mesi, durante le riunioni che si svolgevano nel dehor del locale “Big bang”, ritenuto la base operativa del gruppo che per gli “associati” era il loro “luogo di lavoro”.

Nell’area del Quartiere San Paolo, avvenivano in pieno giorno le consegne, da parte degli indagati, di denaro provento delle attività economiche controllate dal gruppo. Non solo, c’erano infatti anche le consegne da parte delle vittime di denaro loro estorto, tra cui giocatori d’azzardo, imprenditori, artigiani e negozianti.

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Agli indagati è stata contestata la violazione dell’articolo 416 bis del Codice Penale “per aver fatto parte si legge nell’ordinanza – dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, e segnatamente di un’articolazione della predetta associazione, attiva prevalentemente in Torino, resa nuovamente operativa, quantomeno a far data dal giugno 2014, collegata con le strutture organizzative insediate in Calabria e dotata di propria autonomia e capacità d’azione tale per cui i componenti si avvalevano della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivava, per commettere reati, per acquistare in modo indiretto il controllo di attività economiche e di autorizzazioni commerciali e per realizzare profitti e vantaggi economici ingiusti”.

I NOMI DEGLI ARRESTATI

Adolfo Crea, 44 anni; Aldo Cosimo Crea, 41 anni; Luigi Crea, 21 anni; Paolo Varsalona, 24 anni; Franco Spina, 49 anni; Mario Convertino, 51 anni;  Gianluca Arcadi , 37 anni; Silvestro Arcadi, 41 anni; Mario Crea, 33 anni;  Santo Mossucca, 49 anni; Antonio Lanzafame, 45 anni; Massimiliano Ungaro, 41 anni; Antonio Samà, 47 anni; Antonio Pedullà, 45 anni; Natale Genovese, 60 anni; Giuseppe Scavone, 38 anni;  Francesco Fiorito, 52 anni;  Roberto Barbera, 36 anni

In particolare, spiega la procura di Torino, l’attività d’indagine si è sviluppata a partire dal giugno 2014 con sistemi tradizionali e senza il supporto di collaboratori di giustizia. La Procura della Repubblica e i Carabinieri sono partiti dall’attività di traffico di stupefacenti organizzato dai fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, inizialmente detenuti perché tratti in arresto l’8 giugno del 2011 nel corso dell’operazione “Minotauro”, accertando che gli indagati comunicavano tra di loro sia con i cosiddette “pizzini”, che con puntualità venivano distrutti subito dopo essere stati letti dai destinatari, sia con smartphone di ultima generazione. Sono state intercettate oltre 263mila telefonate.

In particolare, già dal carcere di Voghera e poi all’atto della loro remissione in libertà (avvenuta nel mese di febbraio 2014 per Aldo Cosimo Crea e nel mese di Giugno 2015 per  Adolfo Crea) i due citati fratelli, considerati espressione di vertice nel capoluogo piemontese della “Ndrangheta reggina, entrambi con il grado di “padrino”, hanno aggregato pregiudicati già noti, parenti e nuovi giovani emergenti nel contesto criminale cittadino, avviando attività tipiche del controllo mafioso del territorio.

IL GRAFICO

'Ndrangheta, 20 arresti tra Torino e Reggio Calabria
La rete riconducibile al gruppo Crea

Secondo le accuse, il gruppo familiare, intimidendo anche altri pregiudicati con la forza dell’appartenenza al sodalizio ‘ndranghetista, ha sviluppato un consistente volume di attività nel traffico di stupefacenti, ma soprattutto nelle estorsioni sia direttamente a imprenditori, sia a vittime di usura, sia a soggetti indebitati nelle case da gioco gestite dal sodalizio. I proventi delle attività illecite venivano investiti nell’espansione del volume di affari delittuosi, ma anche per garantire agli affiliati un livello di vita idoneo a dimostrare a tutti il potere mafioso da loro raggiunto ed esercitato.

Particolarmente pesanti sono risultate le modalità di minaccia delle vittime (una ventina quelle individuate, nessuna delle quali ha volontariamente inteso denunciare i fatti); in un caso, addirittura, è stata inviata ad un destinatario una testa mozzata di suino, con l’avviso che la “prossima sarebbe stata quella dell’estorto”.

'Ndrangheta, 20 arresti tra Torino e Reggio Calabria
La testa mozzata di un maiale utilizzata dal gruppo per intimidire

Il gruppo criminale aveva inoltre disponibilità di armi ed è stata sequestrata, sempre nella fase delle precedenti indagini, una consistente quantità di stupefacenti, a dimostrazione della capacità operative del sodalizio.

Infine, nel corso delle precedenti attività investigative, sono state arrestate 11 persone in flagranza di reato, sequestrati oltre 50 Kg di stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) ed è stata individuata una piantagione di marijuana. Sono stati filmati per diversi mesi dai Carabinieri  quotidiani incontri degli associati nel dehor di un bar ritenuto la base operativa del gruppo (tanto che gli stessi affiliati lo definivano “luogo di lavoro”); in quel luogo e nella via prospiciente, dove si svolge il frequentato mercato rionale del quartiere San Paolo, avvenivano in pieno giorno le consegne da parte degli indagati di denaro provento delle attività economiche controllate dal gruppo, ovvero consegne da parte delle vittime (giocatori d’azzardo, imprenditori, artigiani e negozianti, per un totale di almeno 20 unità) di denaro loro estorto.

Le riprese relative a tali incontri sono molto significative perché consentono di apprezzare il c.d. metodo mafioso attuato dai Crea. L’auspicio della Procura è che altre vittime di questi odiosi atti minatori trovino la forza di denunciare quanto subìto, invitandoli ad assumere l’atteggiamento che rappresenta il solo modo di arrestare e vincere il diffondersi della cultura mafiosa anche in Piemonte.

Milano, arrestato per violenza sessuale un altro latinos

Milano, arrestato per violenza sessuale un altro latinosMILANO – Ancora un latinos nella rete delle forze dell’ordine, questa volta con l’accura di violenza sessuale. I carabinieri del comando provinciale di Milano hanno arrestato un pregiudicato 24enne, originario di El Salvador, che nel settembre del 2015 aveva violentato una 29enne milanese, minacciandola con una pistola. 

La vittima, dopo alcune ore dal fatto, si era presentata dai Carabinieri per raccontare la sua disavventura, precisando di essere stata rapinata del cellulare e di altri effetti personali.

Le indagini, avviate dai Carabinieri del capoluogo lombardo, supportate da attività tecniche, hanno consentito la completa identificazione del presunto malfattore risultato essere inserito, a pieno titolo, nella gang “latinos” denominata “MS13”. Il 24enne, senza fissa dimora, è stato rintracciato a Pero (MI) dopo lunghe ricerche, attesa la perdurante irreperibilità e condotto in carcere dai Carabinieri che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip di Milano il 9 dicembre 2015, nei suoi confronti.

Gli accertamenti dei Carabinieri del Comando Provinciale di Milano hanno permesso di accertare che la vicenda si era sviluppata nel mondo della tossicodipendenza. Infatti, la vittima, che all’epoca dei fatti frequentava un piccolo spacciatore, aveva subito la violenza sessuale come atto di ritorsione, poiché il suo fidanzato aveva truffato l’autore dello stupro spacciandogli del bicarbonato in luogo di cocaina.

Il “latinos”, resosi conto dell’inganno, lo aveva convocato e, nella circostanza, dopo averlo fatto scendere dall’auto a bordo della quale era giunto con la fidanzata, si era allontanato da solo con la donna costringendola, con una pistola, ad un rapporto sessuale.

Ulteriori particolari saranno resi noti nel corso della conferenza stampa che avrà luogo giovedì 14 gennaio alle ore 12,00, presso la Sala Stampa del Comando Provinciale Carabinieri di Milano, in Via della Moscova 21.

Coppia dell'acido, Martina Levato condannata a 16 anni

Coppia dell'acido, Martina Levato condannata a 16 anni
Martina Levato

Martina Levato è stata condannata mercoledì 13 gennaio a 16 anni di carcere con rito abbreviato per una serie di aggressioni con l’acido. Lo ha deciso il gup di Milano, Roberto Arnaldi, che ha anche condannato il presunto complice Andrea Magnani a 9 anni e 4 mesi. All’ex studentessa bocconiana sono già stati inflitti lo scorso giugno 14 anni per aver sfigurato, sempre con l’acido, Pietro Barbini. L’amante Alexander Boettcher, anche lui già condannato a 14 anni per il caso Barbini, è a processo con rito ordinario per gli altri episodi.

Il gup di Milano ha anche riconosciuto provvisionali di risarcimento a favore dei due giovani sfigurati, Pietro Barbini e Stefano Savi. In particolare, il giudice ha disposto una provvisionale di un milione di euro per Barbini, difeso dal legale Paolo Tosoni, e di un altro milione di euro per Savi, rappresentato dall’avvocato Andrea Orabona.

Inoltre, il giudice per l’udienza preliminare ha riconosciuto una provvisionale di 100 mila euro anche per i familiari di Barbini e un’altra da 100 mila euro per la famiglia di Savi, rappresentata dal legale Benedetta Maggioni. In più, una provvisionale da 50 mila euro per Giuliano Carparelli, che subì un tentativo di aggressione e che è rappresentato dal legale Chiara Graffer. Altri 50 mila euro di provvisionale per Antonio Margarito, rappresentato dall’avvocato Roberto Parente, che avrebbe subito un tentativo di evirazione da parte di Martina Levato.

Martina Levato è scoppiata a piangere dopo la lettura della sentenza da parte del giudice. La ragazza era già stata condannata a 14 anni per aver sfigurato Pietro Barbini. “Non è giusto, non riesco a capire perché 16 anni a me e 9 anni e 4 mesi a Magnani, anche questa volta si sono accaniti su di me”, ha detto Martina Levato dopo la sentenza. La ragazza ha avuto una reazione di “rabbia e sconforto” ed è scoppiata a piangere. Con Magnani non ha scambiato neanche una parola.

“E’ stata riconosciuta la banda dell’acido e quindi c’è soddisfazione da parte della procura anche se la pena comminata dal gup è inferiore rispetto alla richiesta”, ha detto il pm di Milano, Marcello Musso dopo la sentenza. “Siamo molto soddisfatti perché è stato dato un volto agli aggressori di mio figlio e Stefano era molto emozionato dopo le condanne”, ha spiegato Alberto Savi, padre di Stefano, il giovane che venne sfigurato con l’acido nel novembre del 2014. “E’ un primo risultato ottenuto, siamo al 50 percento”, ha aggiunto Alberto Savi facendo riferimento  al processo per Alexander Boettcher ancora in corso.

Alpi francesi, valanga travolge studenti. Morti e feriti

Alpi francesi, valanga travolge studenti. Morti e feritiTragedia sulle Alpi francesi dove una una valanga ha travolto un gruppo di una decina tra studenti e insegnanti francesi sulla pista di Les Deux Alpes. Un primo bilancio parla di tre morti, tra i quali un 14enne e 3 feriti, di cui 2 “in condizioni disperate”. Il dramma è successo intorno alle 16 di mercoledì 13 gennaio. La pista, riferiscono esperti, era “ufficialmente chiusa”.

I soccorritori hanno estratto cinque persone, quattro studenti, tutti trovati in arresto cardiorespiratorio, e il professore, che ha numerose fratture ed è in corso di trasporto all’ospedale di Grenoble, riferisce il quotidiano locale Le Dauphiné Liberé. La scolaresca investita dalla valanga sulle Alpi francesi viene da un collège-lycée Saint-Exupéry di Lione (Rhône)  la scuola “Antoine de Saint-Exupery”. La slavina mista neve e ghiaggio, ha spazzato via tutta la comitiva.

Una delle vittime è invece un ucraino che non faceva parte della comitiva di studenti del liceo di Lione. Lo ha reso noto la gendarmeria, confermando che l’altro morto è uno studente quattordicenne. Altri cinque liceali risultano dispersi. Una trentina di soccorritori sono sul posto per le ricerche.

“Tutti gli studenti del gruppo di liceali investiti dalla valanga sono stati localizzati”: lo ha detto alla tv Bfm il comandante della gendarmeria dell’Isere, colonnello Jean-Luc Villeminey. L’ufficiale ha confermato che le ricerche continuano per localizzare eventuali altri sciatori investiti dalla valanga.

“Il rischio di valanghe oggi era al livello 3”, un rischio definito “alto” su una scala che ne conta ufficialmente 5 ma concretamente 4, perché l’ultimo è piuttosto raro e destinato alle condizioni meteorologiche straordinariamente gravi. Lo ha detto Gilles Strapazzon, consigliere regionale dell’Isere responsabile dell’Ambiente. Secondo Strapazzon, intervistato dalla tv BFM, “la placca di neve fresca, poggiata su uno strato di ghiaccio e larga 20-30 metri, si è staccata a causa del passaggio ripetuto di sciatori” sulla pista, che era chiusa.

La pista di Bellecombe, sulle Alpi francesi, dove è caduta la valanga, “era chiusa”, ha confermato Pierre Balme, il sindaco di Venos, uno dei due comuni della stazione Deux Alpes, nei pressi del sito in cui è caduta la valanga.

Cordoglio per la tragedia ha espresso il primo ministro francese Manuel Valls: “Sento una grande tristezza”.

I PRECEDENTI NEGLI ULTIMI 15 ANNI

● 23 Febbraio 2000: sei sciatori sono rimasti uccisi vicino a Orcières-Merlette (Alpi alte). Il gruppo è stato travolto da una valanga a un’altitudine di 2.500 metri in un luogo chiamato “la tomba del poeta”, tra il Grand e Petit Pignier Pignier negli Ecrins.

● 24 MAR 2002: sei sciatori sono morti in Val d’Isère (Savoia) nel fondo della Valle di Manchet, 2.100 metri sul livello del mare, dove sono stati sepolti e uccisi da una montagna di neve.

● 24 AGOSTO 2008: Una valanga si stacca dalla parete nord del Monte Bianco du Tacul (Alta Savoia), a 3.600 metri di quota. 8 morti, di cui cinque austriaci e tre svizzeri perdono la vita.

● 12 Luglio, 2012: Una valanga nell’area Maudit nel Monte Bianco, ha ucciso 9 persone di nazionalità svizzera, tedesca, britannica e spagnola. Questa è la tragedia più grave del decennio.

● 24 gen, 2015: 6 membri del Club Alpino Francese (CAF) sono stati uccisi da una valanga durante un tour sciistico del massiccio del Queyras (Hautes-Alpes). Erano quattro uomini e due donne di nazionalità francese. Età compresa tra i 50 e i 70 anni.

● 15 Set 2015: alcuni alpinisti, anche stranieri, sono stati uccisi da una valanga a Dôme de neige des Écrins (4015 metri).

● Inizio gennaio 2016: Prima della tragedia di oggi, quattro persone sono già morti nelle Alpi francesi in diverse valanghe. 2 alpinisti lituane sono morte il 3 gennaio in Alta Savoia. A dessus d’Argentière, il 5 gennaio sono morti uno spagnolo e un ceco.

Palmi, litiga col vicino e spara sulla sua auto. Arrestato

Reggio Calabria, picchia fratello e gli prende la moto. Arrestato Palmi, Vincenzo SuracePALMI – I Carabinieri della Compagnia di Palmi hanno arresto per i reati di danneggiamento, atti persecutori, porto ingiustificato di armi e detenzione illegale di armi e munizioni Vincenzo Surace, 50enne originario di Vibo Valentia e da tempo residente a Palmi, già noto alle forze dell’ordine.

L’uomo,  nella serata di martedì 12 gennaio, si è recato in piazza Badolati, nei pressi della propria abitazione di residenza dove, a seguito dell’ennesimo diverbio avuto con un vicino di casa per motivi di natura privata, ha estratto una pistola in calibro 9×21 e ha esploso cinque colpi contro l’autovettura della vittima, parcheggiata in strada e senza occupanti all’interno, dandosi successivamente alla fuga.

Le immediate ricerche condotte dai militari dell’Arma hanno consentito di rintracciare in breve tempo il fuggitivo presso l’abitazione di un suo congiunto e di trarlo in arresto. Sono tuttora in corso le ricerche finalizzate al rinvenimento dell’arma del delitto, verosimilmente abbandonata dal malvivente durante la fuga.

Inoltre, a seguito di ulteriori accertamenti svolti dagli inquirenti è emerso che l’arrestato, sin dal 2014, a seguito di pregressi diverbi, avrebbe ripetutamente minacciato la vittima dell’aggressione provocandogli un grave e perdurante stato d’ansia.

Vincenzo Surace, al termine delle formalità di rito, d’intesa con la locale Procura della Repubblica, è stato associato presso la Casa Circondariale di Palmi a disposizione della competente Autorità Giudiziaria.

Rosarno, scoperto un rifugio di Rocco Bellocco

Rosarno, scoperto un rifugio di Rocco Bellocco
Il rifugio di Rocco Bellocco

Martedi 12 gennaio, i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dello squadrone eliportato cacciatori Calabria di Vibo Valentia, hanno effettuato all’alba accurate perquisizioni domiciliari presso alcuni esponenti della famiglia Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria).

In particolare, in contrada Zimbario, all’interno dell’abitazione di campagna e relative pertinenze, di proprietà di Rocco Bellocco, di 36 anni, pluripregiudicato, attualmente detenuto, elemento apicale della omonima famiglia di ‘ndrangheta, egemone nel comprensorio della Piana di Gioia Tauro e con salde ramificazioni nel Nord e Centro Italia ed all’Estero, individuavano e ponevano sotto sequestro un “bunker”.

Ll’intercapedine del manufatto, spiegano ancora i militari, è stata rinvenuta nel vano cucina. Si accedeva tramite un pannello in mattoni a scorrimento, delle dimensioni di 60X60 centimetri, con congegno di apertura elettrico. Le dimensioni del rifugio, una volta avuto l’accesso, erano di un metro di larghezza, mezzo metro di lunghezza e alto due metri e mezzo. All’interno erano, inoltre, presenti 3 prese d’aria ed il vano risultava fornito di energia elettrica.Data la conformazione del nascondiglio, gli investigatori sono certi si trattasse di un rifugio momentaneo da utilizzare nel caso di perquisizioni da parte delle forze dell’ordine o ancor peggio per assicurarsi l’irreperibilità nella sempre critica fase dell’esecuzione di misure cautelari.

In considerazione del proprietario della masseria, è ipotizzabile che il bunker sia stato utilizzato da Rocco Bellocco che in passato è anche riuscito a sottrarsi a provvedimenti restrittivi dandosi alla latitanza.

Ultimate le operazioni, i carabinieri hanno posto sotto sequestro l’intero immobile per poter esperire degli accertamenti più specifici.

Rapine a Milano e Monza Brianza, catturati i banditi della Panda

Rapine a Milano e Monza Brianza, catturati i banditi della PandaMONZA BRIANZA – Assaltavano i supermercati del territorio armati di taglierino, fuggendo poi a bordo di una Fiat Panda. I Carabinieri della compagnia di Vimercate hanno posto fine all’attività criminale di due fratelli della provincia di Milano che, al termine di serrate indagini, sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

I due banditi sono ritenuti dagli inquirenti gli autori di una dozzina di colpi perpetrati in danno di svariati supermercati del territorio milanese e brianzolo.

I rapinatori, identificati in due fratelli italiani B.M. 37enne e B.G. 32enne, entrambi residenti nell’hinterland milanese, sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa l’8 gennaio scorso, dal  gip del tribunale di Monza che ha condiviso le risultanze investigative raccolte dall’Arma di Vimercate (Monza Brianza).

I due malfattori sono stati individuati grazie alla minuziosa analisi degli episodi criminali verificatisi sul territorio tra gennaio e luglio 2015. In particolare, è emerso, nel modus operandi, il costante ricorso ad una Fiat Panda vecchio modello utilizzata dal fratello maggiore, pregiudicato, per compire le rapine di cui gli arrestati sono accusati.

Il 4° anniversario del naufragio Costa Concordia. VIDEO

Il naufragio della Costa Concordia
Il naufragio della Costa Concordia

Oggi è in quarto anniversario del tragico naufragio della Costa Concordia, la nave da crociera arenatasi all’Isola del Giglio la sera del 13 gennaio 2012. Nel disastro morirono 32 persone.

Erano le 21.45, quando la Concordia capitanata da Francesco Schettino, per fare “l’inchino” all’isola, urtò alcune scole a largo del Giglio. Una delle fiancate venne squarciata dalle rocce e la nave imbarcò tanta acqua fino a inclinarsi e poi adagiarsi a metà sui fondali marini, a pochi metri dall’isolotto in provincia di Grosseto, e a una trentina di metri di profondità. Frenetiche e tutt’altro che facili furono le operazioni di salvataggio che durarono tutta la notte con il comandante, che da quando emerse, abbandonò prima di altri la nave per “coordinare i soccorsi da terrà”.

Sulla Concordia c’erano oltre 4mila persone, 32 delle quali (di diverse nazionalità) rimasero intrappolate e morirono annegate nell’imbarcazione. Per diversi giorni, incessanti furono le ricerche per tentare di salvare possibili sopravvissuti, ma col passare delle ore e dei giorni si sono spente tutte le speranze. La notizia del naufragio campeggiò per settimane sulle prime pagine di tutto il mondo. Un disastro di questa portata si era visto solo nel 1912, con il Titanic.

Il gigante dei mari è rimasto adagiato all’isola per circa due anni e mezzo. Il 23 luglio 2014, dopo una maestosa preparazione coordinata dall’allora capo della protezione civile, Franco Gabrielli,  la Concordia è stata messa in condizioni di rigalleggiare.

VIDEO SMANTELLAMENTO COSTA CONCORDIA

Una premessa indispensabile affinché potesse essere trainata nel porto di Genova dove era programmato lo smantellamento. L’operazione riuscì alla perfezione, ma costò fior di milioni di euro.

Intanto, l’ex comandante del disastroso naufragio, Francesco Schettino, è stato processato e condannato in primo grado a 16 anni di reclusione. L’accusa rappresentata dalla procura di Grosseto, ne aveva chiesti 26.

'Ndrangheta, trovato arsenale di armi ed esplosivi. Un fermo

'Ndrangheta, trovato un arsenale di armi ed esplosivi GIOIOSA IONICA (REGGIO CALABRIA)GIOIOSA IONICA (REGGIO CALABRIA) – Aveva in casa un arsenale e una “santabarbara”, tra armi da guerra e comuni, munizioni, esplosivi e anche sostanza stupefacente. Giuseppe Coluccio, di 39 anni, di Gioiosa ionica è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto dai carabinieri della compagnia di Roccella Ionica e dai militari dello squadrone eliportato Cacciatori Calabria.

Nel corso di una perquisizione domiciliare, nell’ambito del “Focus ‘Ndrangheta” che ha interessato la vallata del Torbido, i militari hanno trovato una pistola semiautomatica calibro 9, mitragliette “VZ 61 Scorpion” e “Imi Uzi” calibro 7,65, 50 cartucce, cinque fucili da caccia; tre pistole di vario calibro una delle quali clandestina e le altre oggetto di furto, 1.000 cartucce di vario calibro, tre ordigni esplosivi artigianali del peso complessivo di 1,330 Kg, 400 grammi marijuana, 100 grammi di cocaina e 15 grammi di hashish, contenute in involucri in cellophane e bilancini.

Città di Castello. Tdl libera Federico Bigotti, ma viene arrestato di nuovo

Omicidio Città di Castello. Il Tdl ordina scarcerazione di Bigotti
Federico Bigotti

CITTA’ DI CASTELLO (PERUGIA) – Una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata a Federico Bigotti prima che lasciasse il carcere di Perugia. Lo apprende l’Ansa citando fonti difensive.

Il giovane accusato dell’omicidio della madre Anna Maria Cenciarini non ha mai quindi lasciato lo stesso carcere.

La nuova ordinanza cautelare è stata notificata a Bigotti dai carabinieri del reparto operativo di Perugia che hanno condotto le indagini, coordinate dalla procura del capoluogo umbro. Il precedente provvedimento del gip era stato annullato dal tribunale del riesame per una questione formale.

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Un cavillo tecnico-giuridico ha portato all’annullamento dell’arresto da parte del Tribunale del Riesame nei confronti di Federico Bigotti, il giovane arrestato per essere ritenuto il presunto assassino della madre Anna Maria Cenciarini, trovata morta con una decina di coltellate a Città di Castello (Perugia) la notte tra il 27 e il 28 dicembre scorso.

La decisione è stata presa per questioni procedurali. Il collegio ha quindi disposto “l’immediata liberazione” di Bigotti.

I giudici hanno così accolto un’eccezione dei difensori di Federico Bigotti, gli avvocati Francesco Areni e Vincenzo Bochicchio. Hanno quindi annullato l’ordinanza di custodia cautelare – secondo quanto scrive l’Ansa- per la mancata trasmissione di alcuni atti alla base del provvedimento.

In particolare, alcune testimonianze sulle quali si è fondato l’arresto, operato dai carabinieri. Non è ancora chiaro quando Bigotti potrà lasciare il carcere di Perugia dove è detenuto. Federico Bigotti ha sostenuto finora di aver visto la madre colpirsi con un coltello da cucina nella loro abitazione sulle colline di Città di Castello.

Versione ritenuta da subito poco credibile dagli inquirenti, che prima lo hanno indagato per omicidio e poi arrestato. Nell’udienza davanti al Tribunale del Riesame, che si è svolta martedì 12 gennaio 2016, i suoi legali oltre a sollevare l’eccezione tecnica che ha portato ad annullare l’ordinanza di custodia cautelare, avevano sostenuto la necessità di esplorare tutte le ipotesi riguardo alla morte della donna. Senza comunque contestare che Anna Maria Cenciarini sia stata vittima di un omicidio.

Pakistan, strage di poliziotti al centro di vaccinazione antipolio

Pakistan, strage di poliziotti al centro di vaccinazione antipolio
La scena dell’attentato in Pakistan

Ancora un attentato contro la Polizia. Le milizie del Califfato hanno agito questa volta in Pakistan, dopo la strage in Libia al centro di addestramento per poliziotti. Almeno quattordici persone sono morte ed altre 20 sono rimaste ferite mercoledì in Pakistan a seguito di una forte esplosione avvenuta vicino ad un centro antipolio di Quetta, capoluogo della provincia del Baluchistan.

Tre dei feriti sono in gravi condizioni. Il ministro dell’Interno del Baluchistan, Sarfaraz Bugti, ha dichiarato che si è trattato di un attentato, “apparentemente portato a termine da un kamikaze”. Tredici delle vittime sono agenti di polizia che vigilano sull’istituto di vaccinazione e uno è una guardia di frontiera.

L’esplosione è avvenuta alle prime ore della mattina, appena entrato in servizio personale del centro  e della sicurezza.

La polizia locale ha detto che l’esplosione ha ucciso 12 poliziotti, un soldato paramilitare e un civile. Circa 20 persone sono rimaste ferite.

“Viviamo in una zona di guerra e non posso dire nulla circa la natura dell’esplosione”, ha detto Bugti citato dall’agenzia di stampa Afp. Ma i sospetti sono riconducibili allo stato islamico.

Vibo Valentia, arrestato pluripregiudicato per l'omicidio De Leo

Vibo Valentia, arrestato pluripregiudicato per l'omicidio De Leo
Francesco Salvatore Fortuna

I carabinieri di Vibo Valentia hanno fermato Francesco Salvatore Fortuna, di 36 anni, pluripregiudicato, ritenuto esponente di spicco della cosca Bonavota di Sant’Onofrio, accusato di essere il presunto autore dell’omicidio di Domenico Di Leo, avvenuto nell’estate del 2004.

Francesco Salvatore Fortuna è stato catturato in esecuzione di un decreto emesso dalla Dda di Catanzaro. L’omicidio di Di Leo, anch’egli pluripregiudicato, avvenne a Sant’Onofrio a colpi di Kalashnikov e fucile calibro 12. Il provvedimento di fermo scaturisce dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri e dal sostituto Camillo Falvo.

I magistrati hanno quindi trovato la quadra sull’omicidio con indagini contestualizzate nel taglio di 1.000 ulivi subito nel 2011, a scopo di estorsione, da una cooperativa avente scopi benefici gestita anche da religiosi, situata a Stefanaconi, (Vibo Valentia). Indagini concluse dopo due anni, con l’arresto dei vertici dei Bonavota.

Il fatto aveva attirato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale per le sue modalità odiose, che il Vescovo di Vibo non aveva esitato a definire “un’offesa a Dio ed agli uomini”.

Di Leo, secondo quanto emerso, sarebbe stato eliminato per contrasti interni al clan. Divergenze originate da differenti vedute sulla allocazione di imprese nella zona industriale di Maierato (Vibo Valentia). Il direttorio della consorteria, infatti, propendeva per la realizzazione di un centro commerciale, mentre Di Leo per una catena di autolavaggi.

Il pretesto dell’omicidio è stato individuato in un’offesa fatta da Di Leo ad un maggiorente dei “Bonavota”, che aveva intrattenuto una relazione sentimentale con la cugina, da lui non condivisa. Le indagini, inoltre, hanno anche ricevuto un determinante apporto dagli accertamenti scientifici dei Carabinieri del Ris di Messina.

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