13 Ottobre 2024

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Sequestrata una discarica abusiva in una ex oasi ecologica

Sequestrata a Rocca di Neto (Crotone) una discarica abusiva in una ex oasi ecologica
la discarica sequestrata 

ROCCA DI NETO (CROTONE) – Una discarica abusiva, realizzata in un sito utilizzato in passato come oasi ecologica, è stata scoperta e sequestrata dal Corpo forestale dello Stato a Rocca di Neto. Gli agenti, intervenuti dopo avere notato una densa colonna di fumo nerastro, hanno trovato rifiuti di vario genere come elettrodomestici fuori uso e parti di essi, pneumatici, materiali plastici, materiali ferrosi, oltre a materiale di scarto proveniente da abitazioni.

L’area non recintata e che si trova in località Celestrina, nella periferia del paese, era di facile accesso per la popolazione oltre che per gli animali randagi. I rifiuti, abbandonati verosimilmente nel corso di più mesi erano stati incendiati producendo il fumo visibile anche a distanza. Il sito era già stato segnalato nel settembre scorso all’Amministrazione comunale e il sindaco aveva provveduto ad emettere un’apposita ordinanza per la rimozione dei rifiuti. Sono in corso ulteriori accertamenti per fare emergere eventuali responsabilità. (Ansa)

Chieti, incendio al "Cohiba". La titolare appiccò il fuoco

Chieti, incendio al "Cohiba". La titolare appiccò il fuoco
L’incendio al circolo “Cohiba” 

Avrebbe dato fuoco al locale che gestiva per rancori verso il proprietario che l’aveva sfrattata per morosità. Sono queste le conclusioni cui sono arrivati gli inquirenti che hanno fatto luce su un incendio divampato nel circolo privato “Cohiba”, di Chieti Scalo, nella serata del 27 ottobre 2015.

Il rogo, hanno accertato i militari, sono di matrice dolosa e ad appiccare le fiamme sarebbe stata ex titolare dell’esercizio, A.G., 36enne originaria di Pescara, oggi destinataria di un provvedimento di divieto di dimora emesso dal tribunale di Chieti.

Nell’occasione le fiamme, sprigionatesi all’interno del locale, più precisamente nella veranda in legno, danneggiarono seriamente la struttura, sino a comprometterne l’agibilità, non solo per il manufatto ligneo, il cui solaio venne quasi interamente bruciato, ma anche dell’intero stabile, che nei restanti 2 piani è adibito ad abitazione privata. Le indagini immediatamente attivate, condotte attraverso l’ascolto di tutti i possibili testimoni, la ricerca di immagini in tutte le telecamere di videosorveglianza e corroborate dalla relazione tecnica dei vigili del fuoco, si sono immediatamente indirizzate sulla dolosità dell’evento, essendo le fiamme divampate in punti diversi del locale ed in presenza di un impianto elettrico al momento dei fatti disattivato. Dall’immediato confronto delle dichiarazioni acquisite, immediatamente risaltarono le discordanze tra quanto affermato dalla ex titolare del circolo ed altri testimoni individuati dai militari, in particolari su orari di presenza e sulle azioni compiute dalla stessa negli orari degli avvenimenti.

Dagli accertamenti, infatti,  – spiegano i carabinieri di Chieti – è stato possibile ricostruire che l’ultima persona che ha lasciato il locale, richiudendone le porte all’uscita, è stata proprio la ex esercente, allontanatasi giusto pochi minuti prima che le fiamme appena innescate divampassero con la loro forza devastatrice. Solo il tempestivo intervento di un residente del vicinato, che ha tentato di contrastare il fuoco con una pompa da giardino,  e l’altrettanto celere sopraggiungere dei Vigili del Fuoco, hanno potuto evitare ben più drammatiche conseguenze allo sconsiderato gesto.

I motivi che hanno potuto condurre la donna a compiere l’azione delittuosa sono verosimilmente riconducibili ai dissapori creatisi con i proprietari dell’immobile e del circolo, verso i quali la stessa aveva rancori anche a seguito dell’imminente sfratto, da eseguirsi il 29 ottobre 2015 e causato dalla persistente morosità nel versamento dei canoni di locazione. Contrasti già sfociati in varie denunce per minacce ed ingiurie, sia contro gli stessi proprietari che contro l’integrità dell’immobile.

Dal locale inoltre, a seguito di sopralluogo, sarebbero risultati mancanti diversi arredi e suppellettili, cedute in locazione insieme all’esercizio ma dallo stesso indebitamente sottratte; mancanza che un incendio non prontamente domato avrebbe senz’altro reso di difficile constatazione. L’Autorità giudiziaria di Chieti, concordando con le risultanze investigative in ordine alla presunta responsabilità della donna, ha quindi emesso una misura cautelare del “divieto di dimora” nei confronti della stessa.

'Ndrangheta, blitz contro i Commiso, Pesce e Ursino

'Ndrangheta, blitz contro i Commiso, Pesce e UrsinoLa Polizia di Stato ha eseguito una serie di arresti e perquisizioni nei confronti di soggetti legati a cosche della ‘ndrangheta operanti tra Gioiosa Ionica, Rosarno e Siderno. Sono in tutto 14 le ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria: otto in carcere e sei ai domiciliari. Per tutti gli indagati l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga.

Tra i destinatari dei provvedimenti scaturiti dalle indagini degli uomini del Servizio centrale operativo e dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, figurano il boss Giuseppe Commisso – detto “U mastru”, considerato il capo dell’omonima famiglia e già detenuto per una condanna a 14 anni di reclusione per associazione mafiosa – i suoi broker di riferimento e personaggi legati ai Pesce di Rosarno e agli Ursino di Gioiosa Ionica.

Nel dettaglio sono 8 ordinanze in carcere e 6 ai domiciliari.

In carcere:

Commisso Giuseppe, aliasU mastro”, nato a Siderno (Rc) il 02.02.1947; Pezzano Cosimo, nato a Siderno (Rc) l’08.10.1972; Spataro Claudio, nato a Messina il 19.6.1980; Fazari Luigi, nato a Taurianova (RC) il 3.8.1976; Correale Michele, alias “U Zorro”, nato a Siderno (Rc) il 2 novembre 1959; Galluzzo Giovanni, nato a San Giovanni di Gerace (Rc) il 29.11.1957; Arena  Domenico, nato a Rosarno il 15.04.1954; Genise Vincenzo, nato a Siderno (Rc) il 05.08.1987.

Ai domiciliari:

Demasi Rocco, nato a Gioiosa Jonica (Rc) il 15.03.1954; Demasi Giuseppe, nato a Locri (Rc) il 09.10.1986; Macrì Marco, nato a Locri (Rc) il 03.05.1972; Buttiglieri Salvatore, nato a Gioiosa Jonica (Rc) il 16.03.1948; Futia Antonio, alias “u Ngilla” nato a Siderno (Rc) il 21.09.1958; Castagna Gian Luca, nato a Locri (Rc) il 13.4.1975.

VIDEO OPERAZIONI

L’operazione scaturisce dell’analisi delle conversazioni ambientali intercettate all’interno della lavanderia Apegreen di Siderno (Reggio Calabria), gestita da Giuseppe Commisso e ritenuta dagli investigatori la base operativa dell’organizzazione. Le microspie furono piazzate nel 2010: ore e ore di conversazioni fra gli esponenti della ‘ndrangheta ionico-reggina consentirono di ricostruire le attività dei Commisso e, soprattutto, di scoprire l’esistenza di “locali” di ‘ndrangheta sia in Italia che all’estero. Indagini che portarono all’operazione “Crimine”, conclusa con oltre 300 arresti.

La rilettura e l’analisi di quelle e di altre conversazioni, rimaste fuori dal procedimento principale, ha consentito di individuare il ruolo dei Commisso nel narcotraffico internazionale e ha portato all’operazione di oggi. In sostanza, l’inchiesta rappresenta l’epilogo delle indagini che hanno coinvolto la cosca dal 2009 a oggi e ha dimostrato, secondo gli investigatori, come l’organizzazione fosse operativa in Belgio, Costa d’Avorio e Venezuela.

I dettagli dell’operazione sono stati resi noti in una conferenza stampa in procura a Reggio Calabria alla presenza del procuratore antimafia e antiterrorismo Franco Roberti, del procuratore di Reggio Federico Cafiero de Raho, del procuratore aggiunto Nicola Gratteri, del questore di Reggio Raffaele Grassi, del capo della prima sezione dello Sco Andrea Grassi e del capo della Squadra mobile Francesco Rattà.

Crolla mezzo palazzo a Roma. Tutti salvi ma è strage sfiorata

Ecco come si presenta il palazzo a Roma. Crollati gli ultimi tre piani. Causa forse per lavori in appartamento.  (Ansa/Massimo Percossi)
Ecco come si presenta il palazzo a Roma. Crollati gli ultimi tre piani. Causa forse per lavori in appartamento. (Ansa/Massimo Percossi)

Strage sfiorata nella notte a Roma, quando per cause ancora da accertare sono crollati 3 piani di uno stabile di Lungotevere Flaminio, nel cuore dell Capitale. Fortunatamente non si contano vittime e feriti, ma lo spavento è stato tantissimo. L’intervento provvidenziale che ha salvato decine di persone, è stato di una inquilina che nella notte sentendo degli scricchiolii e rumori insoliti in casa sua, ha allertato la polizia municipale e i vigili del fuoco.

Intervenuti subito sul posto, i pompieri hanno prima fatto un sopralluogo, e poi fatto in tempo ad evacuare le circa dieci famiglie che dormivano nelle abitazioni. Dopo qualche minuto il cedimento degli ultimi tre piani avvenuto proprio davanti agli occhi degli inquilini che si sono salvati per un soffio. Molta gente in lacrime e incredula per il pericolo scampato, ma anche sconvolta per aver perso ogni cosa, oltre la casa. Il crollo ha provocato un fortissimo boato e sollevato una grande nube di polvere, oltre la distruzione di alcune auto in sosta.

Il collasso strutturale ha interessato il settimo, il sesto e il quinto piano di un edificio al civico 70, di Lungotevere, vicino al teatro Olimpico. Ancora non è stato acclarato, ma i lavori in un appartamento dell’edificio potrebbero aver causato il crollo.

Il comandante dei vigili urbani di Roma, Raffaele Clemente, ha affermato che “C’è un’ indagine di polizia giudiziaria, pare ci fossero dei lavori e dobbiamo capire che tipo di interazione ci sia stata tra i lavori e il collasso. Si saprà di più nel primo pomeriggio”.

Lo stabile crollato è del 1928, finito nel 1939, ed è costruito con determinati criteri strutturali. Tutto il resto dell’edificio infatti ha retto, qualcosa sarà successo al quinto piano, e il solaio sottostante regge da solo il peso delle macerie.

“Io – racconta l’ingegner Andrea Ciacchella – abito al secondo piano del palazzo. A mezzanotte e venti l’inquilina del 7 piano ha sentito degli scricchiolii. Avendo contatti diretti con le forze dell’ordine, ha chiamato e sono accorsi i vigili del fuoco. Li ho fatti entrare anche a casa mia – ha affermato – ma da me non c’erano problemi. Allora siamo saliti al settimo piano, e c’erano delle aperture sul solaio, lungo la muratura. Per cui con i vigili del fuoco abbiamo ipotizzato un cedimento e concordato l’evacuazione. Al momento del crollo – prosegue l’ingegnere – non ho visto nulla, c’era una grande nube, sembrava come le Torri Gemelle. Saranno state le 2 di notte, ma avevo perso la cognizione del tempo. I vigili del fuoco stavano per rientrare per un secondo sopralluogo – ha aggiunto – per fortuna non sono rientrati”.

Crotone. Armi, droga, rapina ed evasione. Cinque arresti

Crotone. Armi, droga, rapina ed evasione. Cinque arrestiCrotone – I militari della compagnia di Crotone hanno posto in essere un articolato dispositivo di controllo straordinario del territorio nella giornata di giovedì 21 gennaio. Il bilancio è di 5 persone arrestate e la segnalazione di due consumatori di sostanze stupefacenti.

Il primo arresto è stato effettuato a Isola Capo Rizzuto dalla locale tenenza. A seguito di una serie di perquisizioni. Giuseppe Pietro Mungo, classe 55,  è andato in cella poiché trovato in possesso di una pistola “Glock” calibro 9×21 munita di caricatore con proiettili; nella sua abitazione nel centro di Isola, gli uomini dell’Arma, hanno rinvenuto l’arma lanciata da Mungo dietro al divano all’arrivo dei militari, motivo per cui anche in relazione ai precedenti penali gravanti sulla persona, Mungo è stato tradotto, su disposizione del sostituto procuratore di turno, presso il carcere di Crotone.

Gli stessi militari in serata, hanno poi tratto in arresto un cittadino pakistano ospite del locale C.A.R.A. (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asil) per rapina impropria in un supermercato del centro. L’uomo, dopo aver provato a consumare degli alcolici dentro il negozio ha provato ad uscire fuori con altre bottiglie spintonando l’addetto alle vendite. Immediato l’intervento della carabinieri  che ammanettato il soggetto e lo hanno posto agli arresti domiciliari all’interno del C.A.R.A.

I militari del nucleo operativo della compagnia di Crotone, sempre a seguito di una serie di perquisizioni domiciliari nel centro storico del capoluogo, hanno arrestato una coppia di trentenni ( l’uomo aveva precedenti specifici poiché arrestato a novembre 2015 con un etto e mezzo di eroina) per detenzione ai fini di spaccio di una decina di grammi di eroina: durante la perquisizione sono stati sequestrati materiale per il confezionamento, ben 3 bilancini di precisione e 450 euro ritenuti provento di spaccio.

Infine la stazione di Crotone ha tratto in arresto un soggetto crotonese per evasione:  l’uomo, agli arresti domiciliari per vicende di droga, è stato trovato fuori dalla propria abitazione senza specifica autorizzazione dell’autorità giudiziaria.

GB: "Aleksandr Litvinenko forse ucciso per ordine di Putin". Ira di Mosca

GB: Aleksandr Litvinenko ucciso per ordine di Putin"
Alexander Litvinenko e Vladimir Putin

Il mandante della morte di Aleksandr Litvinenko, l’ex agente del Kgb avvelenato il 23 novembre del 2006 a Londra, potrebbe essere Vladimir Putin. Sono queste le conclusioni dell’inchiesta pubblica britannica sulla morte della spia russa.

L’operazione è stata “probabilmente autorizzata” dal presidente russo, è scritto nel rapporto, poiché “dissidente” con le autorità di Mosca. I due killer che lo hanno ucciso, sarebbero stati agli ordini del servizio segreto russo Fsb, che dipende dal capo del Cremlino.

Nel rapporto di 300 pagine, curato dal giudice Sir Robert Owen, si afferma che i due cittadini russi Andrei Lugovoi e Dmitri Kovtun, accusati di aver avvelenato l’ex agente del Kgb e oppositore di Putin col polonio radioattivo al Millennium Hotel di Mayfair nel cuore di Londra, agirono probabilmente sotto la direzione della Fsb, l’intelligence di Mosca, e del suo capo, Nikolai Patrushev. Tracce del veleno vennero trovate negli alberghi, ristoranti e altri luoghi pubblici da loro visitati. I due, considerati come i principali indiziati dell’assassinio, hanno sempre negato le accuse. Mosca si è sempre rifiutata di estradarli nonostante le richieste della giustizia britannica e dopo i fatti del 2006 Lugovoi e Kovtun hanno fatto una qualche carriera politica in Russia.

Il primo ministro britannico David Cameron “sta considerando” ulteriori possibili misure dopo le conclusioni dell’inchiesta pubblica. Lo ha detto una portavoce di Downing Street alla Bbc senza precisare di quali provvedimenti potrebbe trattarsi. Anche Scotland Yard “sta valutando attentamente” il rapporto.

Il Cremlino, da parte sua, non considera “un verdetto” nessuna parte dell’indagine sulla morte di Alexander Litvinenko pubblicata oggi. Lo ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov. “Queste pseudo-indagini non possono che danneggiare ancora di più i rapporti bilaterali tra Russia e Gran Bretagna”, ha aggiunto.

E ancora: “La Russia ha detto diverse volte di volere un’indagine obiettiva e imparziale non soltanto sulla morte di Alexander Litvinenko ma di tutti i cittadini russi, e sono numerosi, che in diverse circostanze, anche molto strane, sono morti e continuano a morire in Gran Bretagna”. Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo.

Sanzioni e divieto d’ingresso in Gran Bretagna per alti dirigenti russi, incluso lo stesso presidente “Vladimir Putin e Nikolai Patrushev”, ex capo dei servizi segreti (Fsb) e attuale consigliere per la sicurezza nazionale. E’ quanto chiede al premier David Cameron la vedova di Aleksandr Litvinenko, Marina, dopo le conclusioni dell’inchiesta.

In una dichiarazione a caldo da Londra, Marina Litvinenko ha detto il governo britannico a questo punto dovrebbe “agire”, anche rendendo pubblici a suo parere i nomi di tutti i funzionari ritenuti agenti dell’Fsb o di altre agenzie d’intelligence di Mosca in servizio nelle sedi diplomatiche russe nel Regno Unito.

Il ministro dell’Interno britannico Theresa May ha annunciato in parlamento la convocazione dell’ambasciatore russo a Londra, alla luce del rapporto sull’uccisione di Aleksandr Litvinenko, per protestare contro quella che viene definita la mancata collaborazione di Mosca contro i 2 sospetti esecutori Dmitri Kovtun e Aleksandr Lugovoi e per chiedere che si indaghi sul ruolo dell’Fsb. La chiusura del caso Litvinenko avviene in modo illegittimo e incivile e avrà conseguenze sulle relazioni tra la Russia e il Regno Unito”. Così il ministero degli Esteri russo in una nota, citata da Interfax. “Il caso è stato politicizzato”.

Giro di vite in Senato. Verdini "entra nella maggioranza"

Verdini e Renzi in Parlamento
Denis Verdini e Matteo Renzi in aula al Senato (repertorio)

ROMA – Rinnovo dei vertici delle commissioni in Senato con Ala, la componente che fa capo a Denis Verdini, che incassa tre vicepresidenze. Non senza destare polemiche da parte di Forza Italia che, anche dopo che ieri le riforme costituzionali sono passate grazie al voto di 17 senatori verdiniani sottolineano con Paolo Romani: “Ala entra in maggioranza“.

Ma anche la minoranza Pd va all’attacco: “Ieri il voto di Verdini & company al Senato, decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza assoluta. Oggi la elezione di tre vice presidenti delle commissioni al Senato appartenenti al gruppo Ala. Forse è il caso che Renzi ci dica se esiste una nuova maggioranza politica che sostiene il governo e che comprende anche Verdini. Se è così si deve aprire un dibattito pubblico e in Parlamento”. Lo dice Roberto Speranza, deputato che guida la minoranza Pd.

La replica di Zanda – “Paolo Romani sa bene che in Parlamento chi vota la fiducia al governo è in maggioranza, chi non la vota è all’opposizione”. Così il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda. “Romani sa anche bene che le vicepresidenze delle commissioni, per prassi, vanno in parti uguali a parlamentari di maggioranza e di opposizione. Non capisco quindi cosa Romani vada dicendo su fantomatiche nuove maggioranze in Senato”, aggiunge Zanda.

Nel giro degli incarichi, tra l’altro, tra le varie conferme, arriva unasegreteria di commissione per l’azzurro Antonio Razzi.

Ecco, nel dettaglio, le scelte dei senatori:

– Anna Finocchiaro (Pd) è stata confermata presidente della commissione Affari costituzionali del Senato. La senatrice ha avuto 18 voti, mentre sei sono andati a Luigi Zanda, capogruppo del Pd a Palazzo Madama. Quattro le schede bianche.

– I senatori del Pd Mauro Maria Marino e Giorgio Tonini sono stati confermati presidenti, rispettivamente, delle Commissioni Finanze e Bilancio del Senato. La conferma a quanto si apprende è giunta con 18 voti favorevoli in ciascuna Commissione.

– Antonio Razzi (Fi) è stato eletto segretario della Commissione Esteri del Senato, assieme al collega Francesco Amoruso (Ala). Pier Ferdinando Casini è stato rieletto presidente della Commissione Esteri del Senato. Per lui 21 preferenze, a cui si aggiungono 3 schede bianche. Come vicepresidenti sono stati confermati Paolo Corsini (Pd) e Peppe De Cristofaro (Sel).

–  Nicola Latorre è stato rieletto presidente della commissione Difesa del Senato. Per lui 20 preferenze, alle quali si sono aggiunte tre schede bianche. Vicepresidenti della commissione sono stati eletti Giuseppe Compagnone (Ala) con 15 voti e Vincenzo Santangelo (M5S) con sette voti. Il senatore del Pd Felice Casson e il senatore del M5s Maurizio Buccarella sono stati eletti vicepresidenti della Commissione Giustizia del Senato rispettivamente in quota maggioranza e in quota opposizione. Casson è stato eletto con 11 voti mentre al pentastellato Buccarella sono andati 13 voti della Commissione.

– Il senatore di Ncd Nico D’Ascola è stato eletto con 14 voti presidente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama. Il risultato è arrivato alla seconda votazione. Nella prima, infatti, il parlamentare era arrivato a quota 13. Ma, come assicura il capogruppo Renato Schifani, “D’Ascola alla prima votazione non si era votato”. 5 voti sono andati a Felice Casson (Pd).

– Andrea Marcucci è stato rieletto presidente della Commissione Cultura del Senato, con 19 preferenze, a cui si aggiungono due schede bianche. Vicepresidenti sono stati eletti Marco Marini (Fi) e Franco Conte (Ap).

–  A sorpresa Altero Matteoli (Fi) è stato confermato presidente della commissione Trasporti del Senato, battendo il candidato della maggioranza Vittorio Fravezzi. Per il primo 12 voti, tra cui quelli di Sel, per il secondo nove.

– Il senatore di Area popolare Ncd-Udc, Roberto Formigoni è stato confermato con 18 voti presidente della Commissione Agricoltura del Senato, a cui si sono aggiunte 4 schede bianche. Come vicepresidenti sono stati eletti la senatrice del Pd Leana Pignedoli con 13 voti, e la senatrice di M5S Elena Fattori con 5 voti. Segretari sono risultati eletti Franco Panizza delle Autonomie con 13 voti e la senatrice di Gal Monica Casaletto con 5 voti.

Emilia De Biasi (Pd), è stata rieletta presidente della Commissione Sanità del Senato, con 23 voti su 24. Vicepresidenti sono stati eletti Maurizio Romani (Idv) e Maria Rizzotti (Fi). Segretari Manuela Granaiola (Pd) e Paola Taverna (M5s).

– Giuseppe Marinello, senatore di Ap, è stato confermato presidente della Commissione Ambiente del Senato, con 19 voti. Vicepresidenti sono stati eletti Massimo Caleo (Pd) e il “Cor”, Vittorio Ziza . (Ansa)

15enne salvata da Polfer a Lambrate. Dormiva in auto satura di gas

Milano Lambrate, 15enne salvata da Polizia. Dormiva in auto satura di gasMilano – La scorsa notte una pattuglia del Posto Polfer di Milano Lambrate, durante uno dei tanti giri di controllo tra le stazioni di competenza, percorrendo in macchina via Gatto, all’angolo con via Cavriana gli agenti hanno notato una Renault parcheggiata in evidente stato di degrado, con i vetri insudiciati e del muschio sulla carrozzeria.

Insospettiti, si sono avvicinati all’autovettura, percependo odore di gas. Da fuori hanno intravisto una bombola di Gpl, di circa 30 kg, collegata a un classico fornello da campo con fiamma spenta e, accanto, una donna apparentemente addormentata.

Così, temendo per la vita della donna, hanno forzato le portiere del veicolo e immediatamente sono stati investiti da un forte odore di gas che aveva ormai saturato l’abitacolo. Solo dopo vari tentativi e molti minuti di tensione, gli agenti sono riusciti a risvegliare la ragazza, che subito si è rivelata poco cosciente e con la testa dolorante.

I poliziotti hanno chiamato il soccorso sanitario e la giovane è stata portata all’ospedale Niguarda di Milano per le cure del caso. Si tratta di una quindicenne rumena senza casa, senza famiglia, che aveva scelto quell’automobile abbandonata per trascorrere la notte al calore di un fornello da campo. In questo caso però qualcosa è andato storto: la fiamma si è spenta e il gas ha invaso la vettura, rischiando di mettere in pericolo la vita della giovane donna. Una volta dimessa, la ragazzina è stata affidata in comunità su disposizione del Pm di turno.

Milano, 14 arresti in flagranza di reato in 24 ore

Milano, arrestato un rapinatore e fermati due ricettatoriMILANO – I carabinieri del comando provinciale di Milano, nelle ultime ventiquattro ore hanno arrestato, in flagranza di reato, quattordici persone.

Si tratta di persone di sesso maschile ad eccezione di una 38enne nomade, di origini bosniache, pregiudicata, che è stata sorpresa all’interno di un appartamento, momentaneamente incustodito, mentre si appropriava di denaro e gioielli per circa 20mila euro.

L’intervento è stato eseguito a Melzo, grazie alla pronta risposta dei Carabinieri del luogo, attivati dalle telefonate d’allarme dei vicini che hanno segnalato rumori sospetti. Tra gli arrestati vi sono 5 ricercati, su cui pendevano provvedimenti definitivi di pena per delitti contro il patrimonio e lo spaccio delle sostanze stupefacenti. A questi si aggiungono ulteriori 3 ladri e 5 spacciatori. L’età degli arrestati, 11 gli stranieri e 3 italiani, è compresa tra i 26 ed i 50 anni.

L’attività dei militari di Milano è frutto di un’attenta pianificazione dei servizi di controllo straordinario del territorio che ha determinato l’impiego sinergico delle pattuglie delle stazioni e del nucleo radiomobile con le squadre della compagnia d’intervento operativo tratte dal 3° Reggimento Carabinieri Lombardia, unità destinate al controllo d’area. I controlli sono stati disposti sia sul territorio di Milano, che nelle aree periferiche dell’hinterland a maggiore densità criminale.

Incidente mortale a Cirò Marina, muore Nicola Dati, 29 anni

Nicola Dati
La vittima, Nicola Dati

CIRO’ MARINA (CROTONE) – Un giovane di 29 anni, Nicola Dati, di Torre Melissa, è morto in un incidente stradale sulla statale jonica 106, nel tratto tra Torre Melissa e Cirò Marina, mentre altre due persone sono rimaste ferite.

Nicola Dati era alla guida di un Suv Volkswagen Tuareg che, per cause in corso di accertamento, si è scontrata con un furgone Iveco Daily sul quale viaggiavano due persone di 33 e 22 anni, entrambi di Isola Capo Rizzuto, ed entrambi rimasti feriti. Violentissimo l’impatto tra i due mezzi, avvenuto giovedi tarda mattinata. Il furgone si è ribaltato, tanto è stato forte o scontro.

Sul luogo sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Cirò Marina e personale del 118. Per Nicola Dati, ferito molto gravemente, è stato trasportato in ospedale dove purtroppo è deceduto subito dopo. Il traffico lungo la statale 106 ha subito dei rallentamenti.

Nicola Dati, era il titolare della trattoria pizzeria “El Fuego”, di Torre Melissa. Era un giovane molto apprezzato tra i suoi amici e clienti, che ora lo piangono come i familiari. La statale 106 jonica è di nuovo sotto accusa per essere un’arteria pericolosa e insicura. Quello di giovedì è il terzo incidente mortale avvenuto in poco meno di un mese. E’ stata battezzata come la “strada della morte” da Roseto Capo Spulico a Reggio Calabria.

Torino, arrestate 10 persone e denunciati 19 minori

Torino, arrestate 10 persone e denunciati 19 minoriTORINO – Sette latitanti localizzati e tre pusher arrestati nelle ultime 72 ore a Torino. L’operazione è stata svolta dai carabinieri della Compagnia Oltre Dora, all’interno del mercato di Porta Palazzo e nei quartieri Borgo Aurora, Regio Parco e Le Vallette.

Tra gli arrestati c’è un albanese, Mirjan Luzi, 26 anni, abitante ad Altamura (Bari), latitante dal giugno scorso, al quale i militari hanno notificato un‘ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli per associazione a delinquere tipo mafioso, riduzione in schiavitù, tratta e commercio di schiavi, prostituzione e favoreggiamento ingresso clandestino sul territorio nazionale.

Luzi e altre 14 persone sono accusate – come si legge nell’ordinanza – “di aver reclutato donne in Albania, in Grecia e in altri paesi dell’Est europeo, in seguito introdotte clandestinamente in Italia con la promessa di svolgere stabilmente attività lavorative, salvo poi essere costrette, mediante violenza e minaccia e sottrazione dei passaporti e di altri documenti identificativi, a prostituirsi per strada”.

Dal mese di giugno 2015, i carabinieri hanno eseguito decine di servizi analoghi e il bilancio, fino ad oggi, è di 59 arresti e 20 denunce per spaccio di droga e altri reati, 285 persone identificate, 77 auto e 55 esercizi commerciali controllati. Sequestrati oltre 9 chili di droga, tra eroina, cocaina e hashish.

Altra operazione, questa volta da parte dei carabinieri della stazione di Cesana Torinese, i quali hanno denunciato in massa venti ragazzi, di cui 19 minorenni, che nel periodo natalizio si sono dati alla pazza e goliardica idea di danneggiare le cose altrui.

I fatti risalgono alle sere del 30 dicembre e del 2 gennaio scorso. Un gruppo di giovanissimi, residenti in provincia di Torino e Milano, hanno danneggiato l’albero di Natale di viale Senatore Bouvier; preso una poltrona dal dehor del ristorante “La Ginestra” per lanciarla nel torrente Ripa, staccato dal dehor della scuola di sci “Monti della Luna” una bandiera pubblicitaria con il logo della medesima scuola e distrutto la rete di recinzione e un tappetto elastico di proprietà della scuola di sci “San Sicario Action”.

Si tratta, hanno accertato i militari, di due gruppi di ragazzi in vacanza durante le festività natalizie. I carabinieri sono riusciti a identificare i responsabili dei danneggiamenti attraverso i filmati delle telecamere di videosorveglianza installate in vari punti di Cesana. Da quì è scattata la denuncia per danneggiamento.

Firenze, arrestato ricercato calabrese per 'ndrangheta

Firenze, arrestato ricercato calabrese per 'ndrangheta
La Polstrada di Firenze arresta ricercato di ‘ndrangheta calabrese

FIRENZE – Un ricercato calabrese di 24 anni, del quale sono state rese note le sole iniziali del nome, M. V., è stato arrestato questa mattina attorno alle 3 di notte dalla Polizia stradale che lo ha bloccato mentre era alla guida di un tir sull’autostrada A/1 nei pressi del casello di Calenzano (Prato).

Il giovane, un autotrasportatore, quando è stato fermato era alla guida di un camion carico di casse di arance destinate ai mercati di Milano. All’altezza del casello di Calenzano il tir è stato circondato e fermato da tre pattuglie della stradale di Firenze.

L’arrestato, originario di Cinquefrondi e residente a Melicucco (Reggio Calabria), è accusato di essere presunto affiliato alla ‘Ndrangheta. M.V. è finito in manette a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal gip di Reggio Calabria, Domenico Santoro.

Per gli inquirenti farebbe parte di un gruppo criminale specializzato in reati inerenti armi, droga, esplosivi, acquisizione di attività economiche e favoreggiamento dei latitanti.

Il blitz della cattura è scattato poco prima, intorno alle 2,30, quando il centro operativo della polizia stradale di Firenze è stato contattato dai carabinieri del comando di Taurianova (Reggio Calabria), che hanno segnalato la presenza del ricercato sull’autostrada A/1 in direzione Nord nella zona di Montevarchi (Arezzo).

Subito sono scattate le ricerche, effettuate da tre pattuglie della sottosezione di Firenze Nord. Nell’attività è stato impiegato anche personale libero dal servizio, che si trovava negli alloggi di una caserma della Polstrada vicina all’autostrada. Dopo essere stato arrestato il giovane, originario di Cinquefrondi e residente a Melicucco (Reggio Calabria) è stato trasferito nel carcere di Prato dove rimane a disposizione dell’autorità giudiziaria di Reggio Calabria.

Mario Draghi lascia tassi invariati. Le Borse respirano

Il presidente della Bce Mario Draghi
Il presidente della Bce Mario Draghi

“I tassi sono rimasti fermi e resteranno così per un lungo periodo di tempo. Pronti a fare tutto il possibile per l’inflazione”. Lo ha detto il presidente della Bce Mario Draghi. “Con l’inizio dell’anno i rischi al ribasso sono aumentati di nuovo, c’è volatilità ed in questo ambiente l’inflazione resta debole”, ha detto ancora Draghi citando i paesi emergenti e i rischi geopolitici. Le dichiarazioni di Mario Draghi di lasciare invariati i tassi danno ossigeno alle Borse che guadagnano terreno dopo il “mercoledì nero”. Milano chiude col +4%

“Alla luce degli sviluppi di inizio anno – ha aggiunto Draghi – la Bce rivedrà la propria politica monetaria a marzo”. “Il piano di acquisto titoli procede bene, con effetti positivi sul costo del credito a famiglie e imprese”, ha aggiunto il presidente della Bce, ribadendo che le misure messe in campo dalla Banca Centrale dalla metà del 2014 “stanno funzionando”. Inoltre, ha spiegato che le decisioni prese a dicembre di allungare “almeno fino a marzo 2017” il “Quantitative Easing” e di reinvestire i proventi dei bond maturati “fino a quando sarà necessario”, sono state “del tutto appropriata”.

Mps chiude in Borsa con un balzo del 43,15% portandosi a 0,73 euro. L’istituto ha riagguantato la soglia dei 2 miliardi di capitalizzazione: a Piazza Affari vale ora 2,14 miliardi.

Wall Street accentua il rialzo, sulla scia del rimbalzo del prezzo del petrolio. Il Dow Jones guadagna ora l’1% e il Nasdaq lo 0,71%. Bene anche l’indice S&P500 che sale dello 0,84%.

Le aspettative per l’inflazione nel corso dell’anno si sono indebolite rispetto a dicembre, ha detto poi Draghi, spiegando che i tassi possono scivolare in territorio negativo nei prossimi mesi e risalire nella seconda parte dell’anno.

La ripresa nell’eurozona deve essere sostenuta da riforme strutturali, che devono accompagnare la politica accomodante della Bce, ha ribadito il presidente Draghi, aggiungendo che tutti i paesi devono adottare una politica fiscale più pro-business.

La Bce “è pronta ad agire” e a “mettere in campo tutti gli strumenti a sua disposizione entro il suo mandato” per raggiungere l’obiettivo di un tasso d’inflazione vicino ma sotto al 2%: ha ribadito il Draghi.

“Stiamo adattando i nostri strumenti a condizioni che cambiano e stiamo facendo tutto ciò che è necessario per portare a termine il nostro mandato e non ci arrendiamo davanti a questi nuovi fattori”: così Draghi sottolineando che il consiglio direttivo è unanime nel rivedere la politica monetaria a marzo.

Al momento “non vediamo nessun segnale circa una potenziale instabilità finanziaria come visto prima della crisi”. Draghi ha sottolineato di essere “consapevoli” e ribadendo che “non ci sono limiti” all’azione della Bce entro il suo mandato.

“In Italia le banche hanno un livello di patrimonializzazione nella media dell’eurozona ed un alto livello di garanzie e collaterale”, ha detto il presidente della Bce. “Nessun nuovo e inatteso accantonamento o nuove richieste di maggior capitale per le banche” europee sarà avanzato dalla vigilanza.

“Non è una iniziativa che vuole spingere le banche a risolvere urgentemente il tema dei crediti, sappiamo che ci vuole molto tempo”. Così il presidente della Bce Mario Draghi è tornato sul questionario inviato dalla vigilanza a diverse banche nell’area euro (fra cui le italiane) che ha provocato forti tensioni in Borsa. Il senso del questionario, ha detto, rientra nelle buone pratiche sulla gestione dei crediti deteriorati ed “è stato inviato a molte banche in diversi paesi”.

La Banca Centrale Europea ha lasciato il tasso principale di rifinanziamento al minimo storico dello 0,05%. Il tasso sui depositi bancari resta fermo a -0,30% e quello sui prestiti marginali allo 0,30%.

Schaeuble, banche a picco? Bail-in si è deciso insieme – I governi europei hanno deciso “insieme” che non sarebbero più stati i contribuenti a dover sopportare il peso dei salvataggi bancari, optando per il coinvolgimento dei creditori privati. Lo ha ricordato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble commentando i crolli bancari in borsa. “Ora il bail-in sta creando molta instabilità perché i Paesi membri non erano preparati. Ma se vogliamo fare l’Europa più forte, il segreto è mettere in pratica quanto deciso e io amo dire ‘è l’implementazione, stupido'”.

Quarto, il sindaco Rosa Capuozzo si dimette: "Vince la camorra"

Quarto, il sindaco Rosa Capuozzo si dimette: "Vince la camorra"
Il sindaco di Quarto Rosa Capuozzo (Ansa/Percossi)

QUARTO (NAPOLI) – Il sindaco di Quarto, Rosa Capuozzo, da settimane al centro delle cronache politiche e giudiziarie su presunti intrecci con la camorra e ricatti, si è dimessa.

L’annuncio è stato dato oggi: Le dimissioni, che per legge sono efficaci dopo il 20esimo giorno, “saranno irrevocabili”, ha fatto sapere la donna. A invocare le dimissioni 15 giorni fa, era stato il movimento Cinquestelle, da cui proviene, a seguito delle polemiche sul caso Quarto, ma la sindaca era rimasta al suo posto sostenuta dal sostegno di quasi tutti i consiglieri comunali. Poi il direttorio del M5S ha deciso di espellerla. Azione che fu estesa a qualche consigliere comunale grillino.

“Mi dimetto dalla carica di sindaco”, ha detto in conferenza stampa. “Questa – ha aggiunto – è una sconfitta politica ma anche una vittoria della camorra”, ha detto Rosa Capuozzo, sottolineando che il gesto delle dimissioni “non è una resa ma un gesto di responsabilità per Quarto. Ho fatto giuramento e ho rispettato fin che ho potuto gli altri, quelli che si sono dimessi forse credevano di fare una gita fuori porta”.

“Vado via – ha sostenuto la Capuozzo – perchè mancano i numeri necessari per governare, siamo una forza politica che non si muove con le larghe intese”.

“Non mi ricandido e non penso neanche ad una lista civica”. “Cosa non rifarei? Non mi ricandiderei”, ha aggiunto amara.

“Mi sono sentita abbandonata da M5S – ha ammesso – ma si sono sentiti abbandonati tutti i cittadini di Quarto. Non è semplice quello che stiamo affrontando in questo territorio, con il movimento accanto sarebbe stato più facile”.

Intanto gli atti dell’audizione della Capuozzo in commissione Antimafia sono stati trasmessi ai pm per approfondimenti. La presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, ha disposto la trasmissione alla Procura di Napoli degli atti dell’audizione.

Dalla ricostruzione complessiva dei fatti fornita dal sindaco e alla luce della documentazione giudiziaria acquisita dalla Commissione è emersa la necessità di segnalare alla Procura alcuni aspetti da approfondire, sui quali anche la Commissione si riserva di svolgere ulteriori analisi.

Governo riordina autorità portuali. Gioia Tauro sede dello Stretto

Governo riordina autorità portuali. Gioia Tauro sede dello Stretto
Il Porto di Gioia Tauro. L’autorità portuale assorbirà le altre in Calabria

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, nell’ultimo Cdm ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo recante norme in materia di riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84.

Nello specifico il decreto (“Legge Madia”,ndr) provvede alla riorganizzazione amministrativa del sistema portuale. In luogo delle attuale 24 Autorità portuali, si istituiscono 15 Autorità di sistema portuale, che avranno sede nei porti definiti core secondo la normativa europea. Sono inoltre introdotte significative norme di semplificazione fra cui lo sportello unico doganale, lo sportello unico amministrativo e lo sportello unico di controllo. Si dispone altresì un efficientamento degli organi di governo per le Autorità di sistema portuale.

Per quanto concerne la Calabria, Gioia Tauro sarà sede dell’Autorità di sistema portuale dello Stretto. Il provvedimento si inserisce nelle politiche e nelle azioni per il rilancio della portualità e della logistica intraprese dal Ministro Graziano Delrio.

L’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto Gioia Tauro avrà competenza su Crotone (porto vecchio e nuovo), Corigliano Calabro, Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Messina, Milazzo e Tremestieri.

“I porti italiani – ha detto il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio – ora faranno sistema. Si compiono scelte strategiche, si semplificano i processi. La sfida è quella del confronto con le grandi potenze portuali del mondo, il Nord Europa, il Nord Africa, il Pireo e il Far East. La “risorsa mare” – ha concluso – torna centrale in Italia”.

Roma, arrestata banda di usurai. Affari per 300mila euro al mese

Roma, arrestata banda di usurai. Affari per 300mila euro al meseI carabinieri di Roma hanno inchiodato una banda di usurai che pretendeva dalle proprie vittime interessi fno al 200% mensili. Se non si riusciva a pagare, giù botte e minacce di morte. Scoperto anche un libro mastro in cui i presunti usurai annotavano nomi e somme da riscuotere. I militari hanno stimato un giro d’affari pari a trecentomila euro al mese, oltre 3,5 milioni l’anno.

Il blitz è scattato all’alba di giovedì. I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della custodia cautelare agli arresti domiciliari e all’obbligo di dimora nei confronti di 4 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di usura aggravata in concorso, tentata estorsione, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti in concorso, minaccia aggravata.

Il provvedimento è scaturito da un’indagine dei carabinieri del nucleo investigativo avviata a seguito della denuncia presentata da un commerciante romano che, a causa dell’attuale crisi economica e dell’impossibilità di rivolgersi a una banca, era entrato in contatto con uno “strozzino” per ottenere un prestito di poche migliaia di euro.

L’usuraio, ottenuto l’incasso del capitale prestato, avrebbe preteso la restituzione di somme molto più alte – con un tasso di interesse intorno al 200% – con minacce di morte e lesioni fisiche in caso di mancata riscossione.

Il commerciante, ormai esasperato per le botte (calci e pugni), minacce e le vessazioni, si era rivolto ad una associazione antiracket romana che ha convinto l’uomo a sporgere denuncia. Gli incontri avvenivano al mercato rionale di Torrespaccata ed è anche lì che i militari di Roma hanno effettuato pedinamenti e intercettazioni, documentando le azioni della banda.

Finito in carcere lo scorso anno – proprio dopo essere stato sorpreso a picchiare la vittima durante una consegna di denaro – l’aguzzino aveva dato preciso mandato a tre sui complici – uno di questi soprannominato “Tyson”, ritenuto  personaggio di spicco della criminalità romana operante nel quartiere Tor Tre Teste – di curare il “giro d’affari”.

Durante le perquisizioni è stato trovato il “libro mastro” della banda, su cui erano state annotate entrate e uscite di denaro: la mole di nomi e di prestiti emersa dall’analisi del documento ha fatto stimare i proventi mensili degli usurai intorno ai 300mila euro.

“Nel giro di pochi giorni – ha detto il Comandante rovinciale dei Carabinieri di Roma, generale Salvatore Luongo – è la seconda operazione anti usura portata a termine dai Carabinieri del Comando provinciale di Roma, a dimostrazione di quanto  sia purtroppo diffuso il fenomeno, che nella sua patologia ha come unico rimedio il ricorso alla denuncia dei fatti, delle violenze e delle prevaricazioni subite, alla più vicina caserma dell’Arma dei Carabinieri”.

Camorra, dai quartieri spagnoli alla Spagna. Arrestato latitante

Camorra, dai quartieri spagnoli alla Spagna. Arrestato latitante Antonio Castaldo
L’aereporto di Barcellona dove è stato arrestato il latitante Antonio Castaldo

Mercoledì mattina, presso l’aeroporto internazionale “El Prat” di Barcellona, grazie alla collaborazione tra carabinieri del nucleo investigativo di Napoli, servizio di cooperazione internazionale di polizia e polizia spagnola, è stato arrestato un latitante 41enne di Brusciano (Napoli), Antonio Castaldo, ritenuto affiliato al clan attivo nei quartieri spagnoli del capoluogo partenopeo.

Antonio Castaldo era ricercato da settembre scorso, quando si era sottratto alla cattura perché colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Napoli su richiesta della locale D.d.a., per associazione di tipo mafioso, detenzione illecita di sostanze stupefacenti, detenzione e porto abusivi di armi comuni e da guerra e ricettazione.

Il 18 settembre 2015 la stessa ordinanza eseguita dai carabinieri del nucleo investigativo di Napoli, aveva portato all’arresto di 43 persone tra Napoli, Caserta e Milano.

I militari della sezione catturandi di Napoli sono arrivati sulle tracce di Antonio Castaldo proseguendo sullo stesso filone investigativo che il 16 dicembre scorso aveva portato alla cattura di un altro latitante, ritenuto contiguo al clan “De luca-Bossa”, rintracciato e arrestato anche lui a Valencia, in Spagna .

I militari, durante le indagini hanno ricostruito gli spostamenti del Antonio Castaldo, riscontrando che nei mesi di latitanza si era concesso numerosi viaggi europei tra Amsterdam, Londra e la Spagna. Ora è trattenuto in un istituto penitenziario spagnolo in attesa di estradizione.

Torino, furti seriali ai Bancomat, presi 2 "maghi" del cash trapping

Torino, furti seriali ai Bancomat, presi 2 "maghi" del cash trapping
Il sistema “Cash Trapping”, uno dei metodi più comuni per truffare gli utenti ai Bancomat

TORINO –  Sono stati presi a Torino i “maghi del cash trapping”, la tecnica utilizzata dai l@dri2.0 per truffare le persone attraverso la manomissione dei Bancomat.

Nei giorni scorsi i carabinieri della stazione Torino San Secondo hanno fermato due romeni, di 25 e 39 anni, abitanti a Desio (Monza Brianza) e Torino, quest’ultimo sottoposto l’obbligo di firma. I due sono specializzati nel manomettere bancomat e postamat. I ladri sono stati bloccati in Via Vernazza, vicino a un postamat, subito dopo aver recuperato la striscia di plastica che ostruiva l’erogatore di banconote e aver “prelevato” 70 euro dallo sportello bloccato. La vittima ha presentato denuncia ai carabinieri.

I militari si sono appostati vicino all’Ufficio postale, dopo che sono state presentate diverse denunce in caserma. La coppia è sospettata di aver messo a segno decine di colpi e di far parte di un’organizzazione criminale con ramificazioni su tutto il territorio nazionale. Il “cash trapping”, è la nuova frontiera del furto2.0 mediante la manomissione degli sportelli bancomat, postamat e colonnine self service. Si tratta, infatti, dell’inserimento di una striscia di plastica o di una forcina metallica nella fessura da dove escono le banconote o le tessere, trattenendole all’interno. Una microtelecamera nascosta cattura il codice del bancomat. A quel punto, non appena il titolare della carta si allontana, i ladri sono pronti a forzare lo sportellino e a recuperare la forcella estraendola con tutte le banconote o la tessera bancomat trattenuta.

SISTEMI E TRUCCHI UTILIZZATI DALL’ESERCITO DELLA TRUFF@2.0.

Il “cash trapping” è solo uno dei molteplici sistemi ideati dai malviventi e forse la più facile da utilizzare.  Si realizza bloccando l’erogatore in modo da far credere al cliente che non abbia erogato le banconote per poi passare a “ritirarle”. I soldi non escono, il cittadino attende invano di entrare in possesso del suo denaro e, quando si allontana pensando poi di rivolgersi alla banca, i contanti finiscono in mano ai malviventi.

Con il “lebanese loop”, viene usato un pezzo di pellicola simile delle lastre per bloccare la carta all’interno: ha i bordi tagliati, è nero come la fessura della macchina e impedisce a fine transazione al malcapitato di riavere la tessera. A quel punto questo e preso dal panico e si lascia avvicinare spesso dal bandito che, fingendo di prestare soccorso, invita il cliente a digitare il pin memorizzandolo. Quando lo sventurato si allontana per chiedere assistenza il criminale recupera la tessera e conosce il pin.

Il “trucco della banconota a terra” è una tecnica semplice ma molto efficace. “Scusi, questi soldi a terra sono i suoi?”. E rubano gli anziani delle tessere bancomat, prelevando fino all’esaurimento del credito giornaliero. Il truffatore o ladro si mette accanto agli ignari correntisti e con gli occhi carpisce il codice segreto che i clienti digitano sulla tastiera per prelevare il soldi. Lo trascrive su un taccuino e poi con un cenno degli occhi da il segnale ai suoi complici. A un tratto scatta la seconda fase del piano. Velocemente il complice alle spalle dell’anziana piazza una banconota a terra, poi a un certo punto attira l’attenzione della vittima toccandole un braccio e chiedendole: “Scusi signora, sono suoi questi soldi a terra?”. Lei si volta, guarda il denaro sul pavimento, istintivamente fruga nella borsa e quindi si piega per raccogliere i soldi, un po’ sorpresa e un po’ confusa. A quel punto entra in scena la terza complice. Mentre la signora era di spalle, prendeva il bancomat uscito dalla bocchetta dello sportello, infila un’altra tessera rubata in precedenza, senza un euro, e fila via. L’anziana si rialza e quando si volta per riprendere card ed euro sparisce pure la donna che l’ha tratta in inganno col trucco della banconota a terra.

Infine c’è il sistema noto come “skimming”, una frode complessa che si realizza installando un dispositivo elettronico, una telecamerina e un decodificatore di bande magnetiche che servono per poter arrivare a clonare il bancomat. I cittadini, spiegano i militari, devono ricordare che i criminali entrano in azione soprattutto nel week end, quando le banche sono chiuse. Per questo davanti a ogni situazione strana devono chiamare il numero verde dell’istituto di credito e i carabinieri, senza fidarsi di chi si offre di prestare assistenza. Infine bisogna sempre coprire la tastiera con una mano prima di digitare il pin.

I CONSIGLI DEI CARABINIERI 
Le indagini dei Carabinieri su questa nuova tipologia di fenomeno proseguono, fermo restando che gli istituti di credito, a tutela dei propri clienti, si stanno dotando di sportelli bancomat di nuova generazione o, laddove possibile, stanno sostituendo gli sportellini erogatori delle banconote con altri progettati e disegnati in modo tale da non consentire né questo nuovo tipo di manomissione, né quelle più “comuni”, come l’applicazione di “skimmer” e di telecamere atte a carpire la digitazione dei codici pin. Scegliere sportelli bancomat di ultima generazione per prelevare e toccare sempre l’erogatore delle banconote per verificare che non ci sia qualcosa di sporgente. Nel caso in cui, dopo un’operazione di richiesta di contante ad uno sportello Bancomat, non dovessero uscire le banconote – i Carabinieri consigliano di non allontanarsi dallo sportello, e chiamare il “112”. I militari provvederanno a constatare l’eventuale presenza del marchingegno e a interessare i gestori del servizio per ripristinarne il regolare funzionamento. In ogni caso non allontanarsi dallo sportello bloccato o manomesso e bloccare immediatamente la carta attraverso il numero verde a disposizione dei clienti.

'Ndrangheta, scacco alla "Locale di Cinquefrondi". 19 arresti. NOMI E FOTO

Arrestati Operazione Saggio Compagno 2 Cinquefrondi Anoia
Arrestati Operazione “Saggio Compagno 2” Cinquefrondi – Anoia, da parte della Dda di Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA – Blitz contro la ‘ndrangheta nelle province di Reggio Calabria, Verbania, Firenze, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia e Chieti. 19 arresti sono stati eseguiti in una vasta operazione dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria su ordine del gip del tribunale di Reggio Calabria che ha condiviso la richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.

All’operazione – che si inserisce nell’ambito di “Saggio Compagno”, che già il 15 dicembre e l’8 gennaio scorsi aveva portato all’esecuzione di un decreto di fermo e di altra ordinanza di custodia cautelare in carcere rispettivamente nei confronti di 36 e 29 persone, oltre al sequestro preventivo di beni mobili, immobili e conti correnti del valore complessivo di circa 400.000 euro -, hanno preso parte i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, collaborati da personale dello squadrone eliportato Cacciatori, dell’8° nucleo elicotteri carabinieri di Vibo Valentia e da militari delle province interessate.

Diciannove i destinatari dell’ordinanza (18 destinate in carcere ed 1 destinata agli arresti domiciliari), ritenute responsabili a vario titolo dei presunti reati: associazione di tipo mafioso (capo d’imputazione contestato a 14 indagati), estorsione, detenzione abusiva di armi, ricettazione, favoreggiamento personale, danneggiamento seguito da incendio, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, violazione di disposizioni per il controllo delle armi ed in materia di armi clandestine, detenzione di stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso.

Si tratta di Angelo Napoli, classe ’78;  Salvatore Bono, classe ’72;  Raffaele Ierace, classe ’91;  Domenico Papalia, classe ’70; Maurizio Monteleone, classe ’74; Antonio Raco, classe ’86; Leonardo Tigani, classe ’83; Fortunato Foriglio, classe ’58; Antonio Zangari, classe ’48; Giuseppe Bruzzese, classe ’92; Salvatore Romeo, classe ’69; Antonio Valerioti, classe ’64; Serafino Bruzzese, classe ’88; Michele Vomera, classe ’91; Raffaele Giovinazzo, classe ’84;  Francesco Ierace, classe ’91; Giuseppe Ladini, classe ’78; Antonella Bruzzese, classe ’82;

L’odierno provvedimento, spiegano gli organi inquirenti, si inserisce nell’ambito dell’operazione “Saggio Compagno”, che già il 15 dicembre e l’8 gennaio scorsi aveva portato all’esecuzione di un Decreto di Fermo e di altra Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere rispettivamente nei confronti di 36 e 29 persone, oltre al sequestro preventivo di beni mobili, immobili e conti correnti del valore complessivo di circa 400.000 euro.

L’operazione “Saggio Compagno” era stata così denominata, in quanto trae origine dall’appellativo con cui il principale indagato, Giuseppe Ladini, si rivolgeva al suo più fidato sodale, Leonardo Tigani.

Le indagini erano state avviate dai Carabinieri della Compagnia di Taurianova nel novembre 2013, sviluppando ulteriormente alcune acquisizioni investigative  dell’operazione “Vittorio Veneto”, che all’epoca aveva consentito di trarre in arresto 8 persone per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi, nonché aveva successivamente determinato la collaborazione dell’esponente di vertice di quel sodalizio, Rocco Francesco Ieranò (tuttora detenuto).

Quest’ultimo, dopo essersi dichiarato fin dall’inizio ‘ndranghetista ed appartenente alla ”Locale di Cinquefrondi”, aveva riferito preziose informazioni in merito all’assetto della struttura criminale di cui faceva parte, con particolare riferimento al ruolo rivestito da Giuseppe Ladini, indicato come ‘ndranghetista appartenente alla stessa locale, con un ruolo apicale associato alla carica del “Vangelo”.

Il complesso delle articolate attività tecniche (intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché riprese video) e di riscontro, incrociato ed analizzato con le risultanze investigative derivanti anche dalla collaborazione di Ieranò, ha permesso di individuare i soggetti appartenenti all’organizzazione mafiosa identificata in “Locale di Cinquefrondi”, che peraltro frequentavano l’abitazione di Giuseppe Ladini o comunque gravitavano a vario titolo attorno alla sua figura; cogliere in maniera inequivocabile le varie condotte compiute anche da ciascuno degli odierni arrestati, dimostrando la loro attiva collaborazione alle varie attività illecite di Ladini e della “Locale di Cinquefrondi” di cui facevano parte.

VIDEO DELL’OPERAZIONE SAGGIO COMPAGNO 2

Riscontri delle prime risultanze investigative, erano infatti già stati anche l’arresto in flagranza eseguito il 1 marzo 2014 nei confronti di Ettore Crea (tuttora detenuto), rampollo dell’omonima famiglia mafiosa di Rizziconi (Reggio Calabria), trovato in possesso di un fucile mitragliatore di provenienza illecita, la cui compravendita era stata trattata poco prima con Ladini presso la sua abitazione; il fermo di indiziato di delitto eseguito il 25 marzo 2014 nei confronti di Giuseppe Ladini, il quale aveva manifestato l’intenzione di disperdere tutto il materiale illecito di cui disponeva, nonché di darsi precauzionalmente alla fuga; nella circostanza erano state recuperate anche numerose armi e parti di armi, nonché un chilogrammo di cocaina, il tutto oggetto delle trattative condotte da Ladini con gli altri indagati; il fermo di indiziato di delitto eseguito il 7 aprile 2014 nei confronti di Antonella Bruzzese, Lorenzo Bruzzese, Emanuele Papaluca, Leonardo Tigani, Antonio Raco e Antonio Valerioti, sul conto dei quali erano già stati riscontrati evidenti elementi di responsabilità in particolare in ordine al traffico di armi condotto unitamente al Ladini.

Le dichiarazioni del collaboratore Ieranò avevano poi trovato genuina rispondenza innanzitutto nelle attività tecniche eseguite presso l’abitazione di Ladini, dove peraltro lo stesso continuava a delinquere senza alcuna remora nonostante fosse sottoposto a detenzione domiciliare.

L’indagine aveva poi permesso di accertare inoltre che Ladini, con la stretta collaborazione morale e materiale innanzitutto della moglie e del suo nucleo familiare: aveva manifestato la chiara volontà di costituire a Cinquefrondi una nuova articolazione criminale sotto la sua guida; a tal fine, intratteneva con evidente disinvoltura e padronanza tutta una serie di rapporti con numerosi pregiudicati, facenti capo non solo al contesto delinquenziale cinquefrondese, ma anche ad altre aree della Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, dando quindi prova della sua caratura criminale e dell’importanza della locale di cui faceva parte.

FOTO DEGLI ARRESTATI

L’odierna misura cautelare, originata dal medesimo contesto investigativo di cui ai provvedimenti eseguiti il 15 dicembre e l’8 gennaio scorsi, è stata quindi emessa nei confronti di ulteriori soggetti ritenuti dagli investigatori ugualmente appartenenti e contigui alla “Locale di Cinquefrondi”, a carico dei quali però non erano stati precedentemente ravvisati i presupposti per l’emissione del provvedimento di Fermo eseguito il 15 dicembre 2015.

Tra i vari fatti contestati, nell’ambito del progetto di Ladini di costituire una propria ‘ndrina, era emerso anche il suo intento di acquistare il ristorante “Il Fungo” di proprietà del “Capo Locale” Costantino Tripodi (già arrestato in occasione dell’operazione del 15 dicembre 2015): quel luogo non costituiva infatti un mero oggetto di investimento, ma esprimeva un’elevata valenza simbolica, in quanto era di proprietà del vecchio “Capo Locale” di Cinquefrondi, ma soprattutto era il luogo attorno al quale anche nel recente passato avevano gravitato i personaggi di maggiore spessore della “Locale”, tra cui Rocco Francesco Ieranò, che in occasione della sua cattura nell’estate del 2013 fuggì proprio da quel luogo.

Inoltre, spiegano gli inquirenti, lo spessore criminale della figura di Giuseppe Ladini e di tutti i personaggi che lo circondavano è emerso anche quando aveva aspramente rimproverato Angelo Petullà e Raffaele Petullà (già arrestati in occasione dell’operazione del 15 dicembre 2015), per aver aggredito verbalmente e fisicamente un operaio boschivo della zona, ritenuto colpevole di aver tagliato degli alberi in una zona che risultava invece di interesse proprio della famiglia Petullà.

La disapprovazione di Ladini, palesata nella sua abitazione ed alla presenza dei predetti Petullà, si riferiva al fatto che una simile aggressione compiuta nei confronti di un soggetto che si stava recando proprio a casa sua, avrebbe rischiato di incrinare la sua autorevolezza ed il suo prestigio criminale agli occhi esterni.

Altra conferma dell’influenza e controllo del territorio esercitato da Ladini è anche l’episodio in cui un abitante del luogo si era appositamente recato presso l’abitazione di Ladini per lamentare il comportamento del suo fidato sodale, Leonardo Tigani, il quale, pur avendo ricevuto nel tempo numerosi favori, aveva comunque appiccato un incendio ad una casetta rurale di sua proprietà, quale ritorsione per una controversia di vicinato scaturita dall’eccessiva sporgenza di un albero.

Infatti, spiega ancora la procura, sono stati diversi gli ammonimenti che Ladini aveva conseguentemente rivolto a Tigani, per essersi mal posto nei confronti di una persona che si era sempre manifestata “disponibile”, innanzitutto per non aver denunciato il danneggiamento.

Lo spessore di Ladini e dall’organizzazione nel suo complesso, sono stati riscontrati anche con la reiterata presenza dei pluripregiudicati gemelli Francesco e Raffaele Ierace, giovanissimi e noti rampolli della criminalità cinquefrondese, i quali, pur essendo già detenuti da tempo, utilizzavano i permessi premio di cui beneficiavano anche per fare visita a Giuseppe Ladini presso la sua abitazione: nel corso di tali incontri hanno infatti più volte discusso di numerosi aneddoti – presenti e passati – relativi alla vita ed alle attività illecite della “Locale di Cinquefrondi”, manifestando quindi tutta la loro consapevole partecipazione ed il loro chiaro sostegno al sodalizio.

Oltre alle movimentazioni di armi di cui si è già fatto cenno, numerose sono state anche le contrattazioni per la compravendita di soldi falsi e partite di cocaina. Nell’ambito del focolare domestico, non era infatti così raro che Ladini, con l’ausilio dei suoi sodali, prelevasse o trasferisse nel rudere di cui disponeva svariati involucri contenenti stupefacente, che poi confezionava e predisponeva in casa per le sue trattative successive.

Anche nell’ambito di tale attività illecita, oltre che per la movimentazione di armi, emerge come i primi e più stretti fiancheggiatori degli affari di Ladini e del suo ruolo di predominio fossero proprio i suoi più stretti familiari, ad ulteriore conferma del ruolo tipicamente esercitato dalla famiglia anche in questo contesto ‘ndranghetistico.

Con riferimento al provvedimento restrittivo eseguito nel corso dell’operazione di giovedì 21 gennaio 2016, i destinatari sono i seguenti:

Soggetti indagati per la violazione dell’art. 416 bis del codice penale, in quanto ritenuti presunti appartenenti alla struttura criminale ricostruita (che si aggiungono a quelli già arrestati a seguito delle pregresse risultanze investigative): 

BRUZZESE Antonella, moglie di Giuseppe Ladini, in atto già agli arresti domiciliari, individuata quale componente dell’organizzazione, con il compito di coadiuvare il coniuge nella custodia e nella compravendita delle armi, nonché nella gestione dei rapporti con gli altri affiliati. Antonella Bruzzese, dopo essere stata sottoposta a fermo d’indiziato di delitto nell’aprile 2014 e quindi destinataria di custodia cautelare agli arresti domiciliari, per i predetti reati in materia di armi era già stata condannata nel giugno scorso alla pena di anni 10 e mesi 10 di reclusione ed euro 48.800 di multa. Infatti, era già emersa nella prima fase delle indagini come persona a totale disposizione della consorteria per qualsiasi esigenza, palesando inoltre una spregiudicatezza senza pari nella riscossione dei crediti vantati nei confronti di terzi, nell’occultamento delle armi e nella movimentazione delle stesse;

BRUZZESE Giuseppe, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso di una dote in corso di accertamento, la cui affiliazione era stata promossa da Ieranò Rocco Francesco;

BRUZZESE Serafino, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso di una dote in corso di accertamento, la cui affiliazione era stata promossa da Rocco Francesco Ieranò;

FORIGLIO Fortunato, individuato quale componente dell’organizzazione nell’ambito dell’omonima cosca, con competenza specifica e quasi esclusiva nel settore delle estorsioni. Ritenuto storico appartenente alla ‘ndrangheta, Fortunato Foriglio aveva assunto in più circostanze gravi comportamenti intimidatori, sintomatici della sua capacità di imporre atteggiamenti omertosi, palesando una spregiudicata reiterazione anche delle condotte che già in passato ne avevano determinato la condanna sia per estorsione, che per associazione mafiosa;

GIOVINAZZO Raffaele, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso di una dote in corso di accertamento, la cui affiliazione era stata promossa da Rocco Francesco Ieranò, del quale era il fidato braccio destro e con il quale si era sottratto alla cattura nel luglio 2013, nel corso dell’operazione “Vittorio Veneto”;

IERACE Francesco, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca Ladini, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini;

IERACE Raffaele, in atto già detenuto, fratello gemello del predetto Francesco Ierace, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca Ladini, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini. I gemelli Francesco e Raffaele Ierace, discendenti dell’omonima famiglia di storiche tradizioni ‘ndranghetiste, sono – al pari di Giuseppe Ladini – fra i personaggi di maggior rilievo del sodalizio mafioso, in quanto, pur essendo detenuti, utilizzavano spesso i permessi premio di cui beneficiavano per frequentare l’abitazione di Giuseppe Ladini e sostenerlo nel suo progetto di costituire di una propria ‘ndrina autonoma nell’ambito della ”Locale di Cinquefrondi”; Taurianova

LADINI Giuseppe, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso della dote del “Vangelo”, capo dell’omonima cosca operante nella Contrada Petricciana di Cinquefrondi;

MONTELEONE Maurizio, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso della dote di ”Picciotto”, il quale, ancorché incensurato e residente da tempo a Domodossola (Verbania), nei periodi in cui faceva ritorno in Calabria partecipava alle riunioni di ‘ndrangheta, manifestando la propria disponibilità in favore dei sodali, e quindi fattivo sostegno al sodalizio;

NAPOLI Angelo, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso della dote di ”Sgarrista”, il quale, ancorché incensurato, prendeva regolarmente parte alla riunioni di ‘ndrangheta, dimostrandosi quindi pienamente a disposizione degli altri sodali;

RACO Antonio, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca Ladini, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini nell’attuazione del programma criminoso della sua ‘ndrina;

TIGANI Leonardo, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca LADINI, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini nell’attuazione del programma criminoso della sua ‘ndrina;

VALERIOTI Antonio, in atto già detenuto, individuato quale componente dell’organizzazione, facente parte della cosca Ladini, con il ruolo di coadiuvare il capo Giuseppe Ladini nell’attuazione del programma criminoso della sua ‘ndrina;

ZANGARI Antonio, individuato quale componente dell’organizzazione in possesso almeno della dote del “Vangelo”, insignito anche della carica di “Capo Società” e “Contabile”, deputato a rappresentare la “Locale” nei rapporti esterni alla consorteria. Antonio Zangari era anche colui che interloquiva con il “Capo Crimine” Mico Oppedisano e deliberava, unitamente agli altri, le linee guida di condotta degli affiliati e le competenze nel settore delle estorsioni.

Soggetti indagati per altri episodi delittuosi, principalmente riferiti a presunte violazioni in materia di armi e stupefacenti (che si aggiungono a quelli già arrestati a seguito delle pregresse risultanze investigative):

BONO Salvatore, nipote del capo locale Costantino Tripodi, per aver acquistato da Fabio Porcaro, anch’egli appartenente alla ”Locale di Cinquefrondi”, una pistola cal. 22;

PAPALIA Domenico, per aver tenuto condotte finalizzate ad approvvigionarsi di stupefacente del tipo cocaina da Giuseppe Ladini;

ROMEO Salvatore, per aver detenuto illecitamente due pistole e per aver trattato, unitamente a Giuseppe Ladini, la compravendita di altre armi dello stesso tipo;

VOMERA Michele, per aver detenuto e portato illecitamente più volte in luogo pubblico varie armi, oltre che per aver trattato la compravendita di altre con Giuseppe Ladini.

Il mistero del Pianeta Nove. Dai calcoli c’è, ma mai visto

Il mistero del "Pianeta Nove". Dai calcoli c'è, ma mai visto
Rappresentazione del misterioso “Pianeta Nove”. Secondo gli scienziati orbita nel Sistema Solare ma non è stato mai visto

Ai confini del Sistema Solare, avvolto nell’oscurità e troppo lontano per riflettere la luce del sole, si nasconderebbe il “Pianeta Nove”: lo indicano i calcoli pubblicati sull’Astronomical Journal da due “cacciatori di pianeti”, Michael Brown e Konstantin Batygin, entrambi dell’Istituto Californiano di Tecnologia (Caltech).

Al momento ci sono soltanto i calcoli a indicare la presenza di un pianeta delle dimensioni di , giudicati comunque solidi dalla comunità scientifica, ma il pianeta non è stato visto.

I due ricercatori avevano iniziato le loro ricerche con un obiettivo chiaro: demolire le ipotesi sulla teorizzata esistenza di un nono pianeta del Sistema Solare, avanzata in studi precedenti sulla base dell’osservazione di singolari concentrazioni di piccoli oggetti celesti.

Tuttavia i calcoli li hanno portati a ricredersi, al punto da formulare l’ipotesi della presenza del “Pianeta Nove”. A suggerirne l’esistenza non è stata l’osservazione diretta, ma sono state le loro orbite, che secondo i calcoli appaiono influenzate dalla forza di gravità di un “massiccio pianeta nascosto”, situato ben oltre Plutone.

Se confermata, la scoperta farebbe riscrivere i libri di astronomia e soprattutto costringerebbe a rivedere i modelli del Sistema Solare. Secondo i calcoli di Brown e Batigyn il pianeta avrebbe un diametro da due a quattro volte superiore a quello della Terra: cosa che lo renderebbe il quinto pianeta per dimensioni dopo Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

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