14 Ottobre 2024

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Arrestato camorrista a Crotone. Era sotto copertura su una nave

Arrestato camorrista Longino Donadio a Crotone. Era sotto copertura su una nave
Carabinieri di Crotone durante i controlli. Nel riquadro Longino Donadio arrestato su ordine della Dda di Napoli

CROTONE – I carabinieri della compagnia di Crotone, guidati dal comandante Claudio Martino, hanno arrestato Longino Donadio, di 39 anni, ritenuto presunto affiliato al clan camorristico Ascione-Papale attivo tra Ercolano e Torre del Greco (Napoli).

L’arresto risale al 21 gennaio scorso, quando i militari hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla Direzione Investigativa Antimafia di Napoli. Donadio Longino si trovava a bordo, in qualità di operario, in una nave ancorata al porto di Crotone; probabilmente un lavoro sotto copertura. I carabinieri si sono avvalsi della collaborazione degli uomini della Capitaneria di Porto per catturarlo. Longino è stato rintracciato, sottoposto a perquisizione durante la quale l’arrestato è stato trovato in possesso di due grammi di cocaina. Espletate le formalità di rito, Longino è stato ristretto presso la casa circondariale di Catanzaro con l’accusa di associazione mafiosa e spaccio di stupefacenti.

L’arresto di Longino Donadio è il più eclatante effettuato dai militari crotonesi. Negli ultimi giorni la compagnia ha incrementato sensibilmente la presenza sul territorio mediante il dispiegamento di servizi a largo raggio che si sono sviluppati nel capoluogo, ad Isola Capo Rizzuto, Cutro e Belvedere Spinello.

Durante una delle numerose perquisizioni domiciliari, volte alla ricerca di armi e munizioni i militari hanno poi denunciato in stato di libertà M.F. 26enne del quartiere Tufolo per detenzione illegale di munizionamento.

Sempre nel capoluogo pitagorico i militari hanno denunciato F.S, classe ‘94, sorvegliato speciale poiché inosservante alle prescrizioni del giudice.
A Cutro i militari della Stazione hanno denunciato n stato di libertà G.M. classe ’56, per omessa custodia di armi: nello specifico, durante un controllo sul corretto possesso delle armi legittimamente detenute, il soggetto è stato infatti trovato sprovvisto di una pistola regolarmente denunciata.

Gli stessi militari hanno poi tratto arrestato G.O. classe ‘56 per furto di energia elettrica; medesima operazione di polizia giudiziaria è stata svolta a Belvedere dalla locale Stazione che ha tratto in arresto G.B. classe ‘85, noto macellaio del paese, per aver effettuato un bypass del proprio contatore direttamente sul circuito elettrico pubblico.

Ad Isola Capo Rizzuto i militari della Tenenza hanno denunciato in stato di libertà F.P., classe ’57, per ricettazione e appropriazione illecita di beni archeologici, poiché a seguito di perquisizione domiciliare è stato trovato in possesso di alcune anfore sospette e due metal detector, – il tutto posto sotto sequestro- il che fa ritenere ipotizzabile immaginare che dietro vi sia un’attività di ”tombarolo”.

Ancona, spaccio di droga in bocca. Arrestati 9 "sputapalline"

Ancona, spaccio di droga in bocca. Arrestati 9 "sputapalline"ANCONA – Da stamane cinquanta militari dell’Arma con l’ausilio di unità cinofile, stanno  operando  nelle  province di Ancona, Imperia, Perugia, Milano, Bologna  e Caserta, dando  esecuzione a 9 provvedimenti restrittivi emessi dal gip di Ancona, su richiesta della locale procura, nei confronti  di altrettanti stranieri ritenuti responsabili in concorso di detenzione e spaccio di sostanze  stupefacenti  – eroina – principalmente  nelle città di Ancona e Sanremo.

Le consegne venivano effettuate a piedi, in bicicletta  o direttamente a bordo  delle autovetture di vari consumatori nascondendo la droga in bocca in modo  da essere eventualmente ingoiata in caso di controllo (metodo conosciuto come “sputapalline”, ndr). La droga veniva ceduta al costo di euro 25 per ogni “pallina”.

I dettagli  dell’operazione verranno resi noti alle ore 10.30, nel corso di conferenza stampa, presso  il  comando provinciale  carabinieri di Ancona.

Da sorvegliati a ladri in casa. 3 arresti a Rossano. VIDEO

Da sorvegliati a ladri in casa. 3 arresti a Rossano. VIDEO
Un frame della videosorveglianza diffuso dai carabinieri

ROSSANO (COSENZA) – Svaligiavano case pur essendo colpiti da provvedimenti giudiziari come obbligo di dimora e sorveglianza speciale. E così stamane, tre persone sono state arrestate dai carabinieri di Rossano per furto aggravato.

Si tratta di Francesco Saverio Scigliano, di Cariati, classe 1990; Marcello Albertani, di Rossano, dell’88 e Antonio La Rocca, di Rossano, classe ‘74.

I tre, questa volta avrebbero scelto una coppia di anziani, studiato i loro orari ed i loro movimenti. Lo scorso 21 gennaio, spiegano gli investigatori, li hanno aspettati che uscissero di casa per sottrargli astutamente il mazzo di chiavi. Tornati sul luogo hanno effettuato il colpo asportando la somma contante di 650 euro e vari monili in oro. L’immediato intervento dei carabinieri della compagnia di Rossano ha consentito di identificare il gruppo criminale anche grazie alle telecamere di videosorveglianza installate nel condominio e nell’appartamento.

VIDEO DEL FURTO AGGRAVATO

Alle prime luci dell’alba di oggi i carabinieri della città ionica hanno fatto irruzione nelle abitazioni dei tre malviventi per dare esecuzione ad altrettanti provvedimenti di custodia cautelare in carcere per il reato di furto aggravato, emessi dal giudice per le indagini preliminari Annamaria Grimaldi, su richiesta del pubblico ministero, Angela Continisio della Procura della Repubblica di Castrovillari (Cosenza), che ha concordato pienamente gli elementi di colpevolezza raccolti dai carabinieri.

Uno degli arrestati stava già scontando la misura cautelare dell’obbligo di dimora per una rapina ai danni di una anziana donna, in un’altra abitazione, nel 2014. Mentre gli altri due erano sorvegliati speciali per i loro numerosi precedenti specifici di polizia.

Il Cairo, Giulio Regeni torturato e ucciso. Polizia sotto accusa

Cairo (Egitto), Giulio Regeni è stato rapito, torturato e ucciso
La mappa del Cairo. Nel riquadro Giulio Regeni

Giulio Regeni è stato brutalmente torturato e poi ucciso. Il cadavere dello studente friulano di 28 anni, rapito al Cairo, in Egitto, è stato rinvenuto in un “fosso” con evidenti “segni di tortura” e diffuse “ferite e bruciature sul corpo”. Pare che gli abbiano “mozzato un orecchio”. Torture inflitte probabilmente con fili elettrici, pinze e coltelli.

Lo riferiscono alcuni media egiziani. Il cadavere era “seminudo” e “senza documenti”. Regeni è stato rapito, torturato, ucciso e gettato sul ciglio di una strada desertica nella zona Hazem Hassan della Città del 6 Ottobre, grosso e disagiato quartiere periferico dove non si esclude che possano esserci fanatici dell’Isis.
Non si esclude una rapina andata male, come ipotizza l’agenzia Ansa. Il dato finora certo è che Regeni non è morto per cause naturali o, come vorrebbe far credere la Polizia che parla di “un incidente stradale”. 

LEGGI L’IPOTESI CHE POTREBBE ESSERE STATA LA POLIZIA A UCCIDERLO

“Dopo aver esaminato il cadavere è emerso che questo corpo appartiene a un giovane uomo di 30 anni che era totalmente nudo nella parte inferiore con tracce di torture e di ferite su tutto il corpo“, riferisce il giornale online “Al Watan”. Il corpo era “gettato accanto all’istituto Hazem Hassan sulla strada desertica del Cairo-Alessandria”. E’ stato chiamato il medico legale per esaminare il corpo” conclude il sito.

VIDEO

Il Governo italiano ha appreso del tragico epilogo della vicenda del nostro connazionale Giulio Regeni al Cairo. Il Ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni esprime il profondo cordoglio personale e del Governo ai familiari che si trovano al Cairo e che sono stati informati di questa notizia, riferisce la Farnesina.

Giulio Regeni, originario di Fiumicello, in provincia di Udine, era scomparso intorno alle ore 20 dello scorso 25 gennaio mentre stava andando dalla stazione di Behoos a Midan Babellouk. Il giovane si trovava da qualche giorno in Egitto per un dottorato (Regeni era studente alla Cambridge University, nel Regno Unito). Da subito mobilitati, la Farnesina e l’ambasciata italiana al Cairo, si erano dati da fare, d’intesa con il governo egiziano, per ritrovare il giovane. Vi sono stati colloqui tra Gentiloni e il suo omologo egiziano in cui l’Italia ha esortato le autorità egiziane ad avviare un’indagine formale sulla scomparsa.

Secondo quanto era trapelato in serata, il giovane sarebbe stato prima rapito, ucciso e gettato in un canale alla periferia della città. Subito esclusa l’ipotesi del suicidio, soprattutto perché non c’era un valido motivo. A detta di colleghi e amici Giulio era un ragazzo e studente modello che amava la vita.

Non è dato sapere se siano pervenute richieste di riscatto alle autorità italiane, né finora le cause ufficiali del decesso in quanto si dovrà attendere l’esame medico legale. La famiglia di Giulio Regeni era partita mercoledì scorso alla volta della capitale egiziana nella speranza di ritrovarlo vivo. La strana coincidenza: la scomparsa avviene il 25 gennaio, ossia nel quinto anniversario della primavera araba che si è svolto con manifestazioni (e scontri tra Polizia e manifestanti) in molte città del Medio Oriente, incluso Il Cairo.

Affitti casa, è Catanzaro il capoluogo di regione meno caro

Affitti, è Catanzaro il capoluogo di regione meno caro
Corso Mazzini a Catanzaro

Catanzaro è fra i capoluoghi di regione più a buon mercato per le locazioni: E’ uno dei dati emersi dal Rapporto sulle locazioni 2015 di “Solo Affitti”, franchising immobiliare specializzato nella locazione con 340 agenzie (40 in Spagna), elaborato con il supporto scientifico di Nomisma.

Nel capoluogo calabrese – secondo lo studio – risultano convenienti sia gli immobili arredati (444 euro al mese contro i 558 in Italia) che quelli dotati di garage (437 euro contro 572). Fra le città più convenienti per gli affitti Catanzaro è preceduto solo da Potenza (379 euro al mese), Campobasso (381) e Perugia (396). Milano si conferma anche nel 2015 la città più cara (canone medio di 916 euro) superando Roma (809) di oltre un centinaio di euro. Seguono Firenze (645 euro), Bologna (568 euro), Venezia (566 euro), Napoli (546 euro).

Quello calabrese, inoltre, è fra i capoluoghi di regione dove i canoni di locazione sono aumentati di più (+5,2%) nel 2015, con aumenti registrate sia per quadri (+9,8%) che per trilocali (+8,7%) ma non per mono e bilocali (-0,6% ciascuno). A livello nazionale i canoni d’affitto sono tornati a crescere dopo 5 anni di contrazione (+1,7% nel 2015), trainati soprattutto dai grossi incrementi registrati a Bologna (+11,6%), Bari (+8,5%), Perugia (+9%), Napoli (+6,3%) e Genova (+5,5%).

In alcune piazze, tuttavia, persiste il segno meno. A Palermo la contrazione più consistente degli affitti: -7,7%. Seguono Potenza e Campobasso (-5% ciascuno), Roma (-2,2%), Trieste (-1,9%) e Trento (-1,2%). Una generale stabilità si rileva ad Aosta (+0,8%), Ancona (+0,1%) e Cagliari (-0,4%). Catanzaro – secondo quanto emerge – è la città dove ci sono più studenti fori sede: 40% del totale, circa il doppio di Genova, Firenze, Milano, Bari, Bologna. Lo studio di Solo Affitti rileva un significativo cambio dei costumi da parte degli italiani rispetto all’affitto, complice la crisi economica di questi anni.

Rispetto all’ultimo anno le famiglie che prendono in affitto un appartamento come abitazione principale sono aumentate di quasi 10 punti percentuali, dal 50,3% del 2014 al 59,8% del 2015. Questo trend, che tocca valori massimi a Palermo e Trento (80% ciascuno), non è confermato a Catanzaro dove il dato è appena del 20%. Nel capoluogo calabrese non mancano i lavoratori in trasferta (25% contro il 22,6% del dato nazionale) così come i turisti in affitto (10%, superiore alla media nazionale dello 0,8%).

Secondo il Rapporto sulle locazioni 2015 di Solo Affitti a Catanzaro gli inquilini cambiano casa meno spesso che altrove in Italia: resistono 30 mesi nello stesso appartamento (contro una media nazionale di 27,4 mesi) preceduti solo da trentini e palermitani (48 mesi ciascuno), napoletani e baresi (36 mesi ciascuno). Anconetani (18 mesi nello stesso immobile), aostani (21), torinesi e veneziani (22 ciascuno) e bolognesi (22,7) sono i locatari più “insofferenti”. Sempre più catanzaresi – secondo lo studio – ricorrono alla cedolare secca (80% dei casi) nella stipula dei contratti di locazione, preferendola alla tassazione IRPEF che nel capoluogo siciliano, così come in Italia, viene utilizzata sempre meno.

Secondo Solo Affitti la nuova tassazione è impiegata mediamente l’87% delle volte a livello nazionale, con punte del 97% a Perugia, del 95% a Napoli, del 93% ciascuno a Roma, Venezia e Firenze. A Catanzaro i contratti d’affitto più utilizzati sono quelli con canone concordato (40%), seguiti dai transitori (35%9 e dai liberi 4+4 (20%). Anche a livello nazionale i contratti a canone concordato sono i più utilizzati (dal 37,1% del 2014 al 43,1% del 2015) e nell’ultimo anno hanno superato per la prima volta quelli liberi 4+4 (dal 39,8% del 2014 al 42,1% del 2015). In calo l’impiego di contratti transitori, passati dal 20,9% del 2014 a 14,3% del 2015.

A Catanzaro – si evidenzia – la tipologia di abitazione in affitto più richiesta è il trilocale (31,8% dei casi) soprattutto in centro e semicentro. Non mancano le domande di bilo (28,3%) e quadrilocali (26,8%) mentre i monolocali (13,3%) hanno meno mercato. Molto sviluppato in città è il fenomeno della condivisione: 2 o più persone che condividono un appartamento e che rappresentano il 35% del totale degli inquilini (percentuale più alta in Italia). A vivere in affitto sono anche coppie senza figli (25%), coppie con figli e single che si ritagliano il 20% ciascuno. A Catanzaro – si legge infine – occorre meno tempo che altrove in Italia per trovare casa in affitto: 1,8 mesi contro i 2,3 necessari mediamente in Italia. Le città dove la ricerca è più lenta sono Napoli (3,8), Bari (3,5) e Aosta (3,3), quelle dove risulta più veloce sono Perugia (1,5 mesi), Milano e Firenze (1,7 ciascuno).

Incidente stradale sull'A3, tra Pizzo e Lamezia. Un ferito grave

Incidente stradale sull'A3, tra Pizzo e Lamezia. Un ferito grave
(Archivio)

VIBO VALENTIA – Incidente stradale sull’A3 Salerno-Reggio Calabria fra gli svincoli di Pizzo Calabro e Lamezia Terme. Per cause ancora in fase di accertamento, un furgone Daily ed un Suv Audi si sono scontrati andando a schiantarsi poi sul guard-rail.

Nell’incidente sono rimaste ferite alcune persone, di cui uno in gravi condizioni. Sul posto si è recato l’elisoccorso per il trasferimento di uno dei feriti all’ospedale di Lamezia Terme. I vigili del fuoco sono stati invece impegnati ad estrarre altri feriti dalle lamiere dei due mezzi coinvolti nell’incidente. Sulla dinamica dell’incidente stradale ha avviato indagini la polizia stradale. Il traffico in direzione nord ha subito rallentamenti.

Enna, la "Testa di Ade" trafugata negli anni '70 torna a Morgantina

Enna, la "Testa di Ade" trafugata negli anni '70 torna a Morgantina
La Testa di Ade

Sarà presentato domani 4 febbraio, presso l’Auditorium “Falcone e Borsellino” della Procura della Repubblica di Enna, lo straordinario reperto la “Testa di Ade”, capolavoro artistico di età ellenica (IV-III secolo a.C.) trafugato negli anni Settanta dalla Sicilia e acquistata nel 1985 dal J.P. Getty Museum di Los Angeles, che ha deciso di restituirla all’Italia dopo una lunga attività d’indagine svolta da parte dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale e coordinata dalla Procura della Repubblica di Enna.

Grazie ad una stretta cooperazione tra il Dipartimento dei Beni culturali siciliano, il museo californiano e i militari dell’Arma, la“Testa di Ade” tornerà a far bella mostra nell’area archeologica di Morgantina (Enna). Un reperto archelogico di rara bellezza e dal valore inestimabile.

La Testa di Ade, raffigurante il dio degli Inferi, secondo la mitologia greca, era stata trafugata alla fine degli anni Settanta dall’area archeologica di Morgantina, nel territorio di Aidone (Enna). Dopo il furto, i carabinieri non hanno mai smesso di indagare per risalire all’opera e, nel tempo, hanno rinvenuto alcuni reperti in frantumi abbandonati dai tombaroli a seguito di scavi clandestini in quell’area archeologica. Reperti che si riveleranno cruciali per rintracciare la Testa di Ade.

Tra questi reperti, vi erano  4 “riccioli” (recuperati tra il 1978 e il 1988) che a distanza di diversi anni, nell’ambito di una collaborazione – avviata dal 2011 – tra il Dipartimento dei Beni Culturali della Regione Siciliana ed il museo californiano sono stati comparati, con esito positivo, con la “testa” custodita presso il “Getty”.

Il Nucleo dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Palermo, che ha operato in sinergia con il Dipartimento dei Beni Culturali e su coordinamento della Procura di Enna, ha acquisito i riscontri documentali utili per formalizzare la richiesta di rogatoria internazionale, poi indirizzata alle Autorità statunitensi.

La piena collaborazione con il Dipartimento di Giustizia U.S.A. e il “J.P. Getty Museum” ha permesso, dopo l’espletamento delle procedure giudiziarie, l’organizzazione della missione di recupero. Il 24 gennaio 2016, militari del TPC di Palermo, unitamente al magistrato Francesco Rio, che ha coordinato le indagini, sono partiti alla volta di Los Angeles, facendo rientro il 29 gennaio scorso all’aeroporto “Falcone e Borsellino” di Palermo, con la “Testa di Ade”.

Il reperto proviene dall’area archeologica di Morgantina, importante città siculo-greca nel territorio di Aidone che, tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80, è stata oggetto di numerosissimi scavi clandestini con conseguente trafugamento di inestimabili capolavori dell’arte greca (la coppia di acroliti arcaici, la colossale statua tardo-classica della dea, il tesoro di argenti ellenistici), illecitamente esportati e restituiti all’Italia negli ultimi anni, tutti attualmente custoditi nel Museo Archeologico di Aidone.

La Camera approva le "quote rosa" nei consigli regionali

La Camera approva le "quote rosa" nei consigli regionali - Wanda Ferro
La vice coordinatrice di Forza Italia Calabria, Wanda Ferro

Dalle prossime elezioni regionali, almeno il 40 per cento dei consiglieri dovranno essere donne. Lo prevede la legge sulle “quote rosa” nei consigli regionali definitivamente approvata dall’Aula della Camera con 334 sì, 91 no e 21 astenuti. Contro hanno votati Lega, M5S e Ala; Fdi e Conservatori e riformisti si sono astenuti. Oggi le percentuali “rosa” sono molto più basse, con il caso clamoroso della Basilicata che non ha nemmeno una donna consigliere.

Sulle quote rosa, il deputato del Pd Federico Ginato commenta con soddisfazione l’approvazione alla Camera alle norme sull’equilibrio della rappresentanza tra donne e uomini nei Consiglio regionali: “Un passaggio importante che porterà effetti diretti e importanti sulle composizioni dei Consigli regionali – sottolinea Ginato -. Per quanto riguarda il Veneto potremmo dire che dove non è arrivata la Regione, arriva il Parlamento, visto che solo un anno fa, nella riforma della legge elettorale, la maggioranza di centrodestra aveva chiuso la porta alla proposta della doppia preferenza di genere”.

Tante altre sono le esultanze per la norma sulle quote rosa. Su tutte, quella di Wanda Ferro, di Forza Italia, candidata alla presidenza alle scorse elezioni regionali in Calabria, che pur arrivando seconda non è entrata in Consiglio per una legge capestro varata nel 2014 da un consiglio in prorogatio per via delle dimissioni dell’allora presidente della Giunta, Giuseppe Scopelliti.

“La legge definitivamente approvata dal Parlamento – è il commento di Wanda Ferro, vicesegretario di Forza Italia Calabria – che prevede l’elezione di almeno il 40 per cento di donne nei Consigli regionali rappresenta una conquista di portata storica per le donne impegnate in politica, e segna purtroppo un’altra occasione persa dalla politica calabrese di dimostrarsi davvero all’avanguardia sul tema della democrazia paritaria”.

“L’introduzione della doppia preferenza di genere, rimasta ferma fin dalla passata legislatura nei corridoi di palazzo Campanella senza arrivare all’approvazione dell’aula – prosegue – diventa legge dello Stato alla quale la Regione Calabria dovrà adeguarsi al più presto, con buona pace di quanti in questi anni, per insensibilità, miopia, o per mero interesse personale, si sono frapposti all’approvazione del provvedimento”.

“Una norma – sottolinea Ferro – che rappresenta una reale opportunità offerta alle donne per confrontarsi in un ambito meritocratico, garantendo anche all’interno degli stessi partiti una migliore selezione dei candidati, uomini e donne, e quindi un generale miglioramento della qualità della rappresentanza. Grazie alle modifiche che dovranno essere apportate alla legge elettorale, in futuro anche l’assemblea regionale calabrese potrà contare sull’apporto di un numero congruo di consigliere donne, mentre oggi siamo maglia nera in Italia dopo la Basilicata (nessuna donna, ndr), con la rappresentanza femminile affidata all’unica eletta Flora Sculco. Spero che questo insolito segnale di maturità e di civiltà arrivato da Roma sia recepito dalla politica calabrese, che dovrà avere il coraggio di favorire e valorizzare il contributo delle donne nelle istituzioni elettive, a tutti i livelli”, conclude Wanda Ferro.

Falso olio, sequestrate 2.000 t. in Puglia, Umbria e Calabria

Falso olio d'oliva, sequestrate 2.000 t. in Puglia, Umbia e Calabria - Inchiesta di Trani - BariBARI – Da stamattina è in corso un’operazione condotta dall’Ispettorato repressione frodi (ICQRF) del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, coordinata dalla Procura della Repubblica di Trani, in collaborazione con la Guardia di finanza, che ha portato al blocco di un vasto e collaudato sistema di frode, radicato in Puglia e Calabria, nel settore oleario.

Sequestri – complessivamente 16 – sono in corso in queste due regioni e anche in Umbria presso aziende olearie, i cui proprietari risultano essere ignari acquirenti delle partite di falso olio italiano. L’operazione, (in codice “Mamma mia”), ha consentito di bloccare la commercializzazione di oltre 2.000 tonnellate di olio extravergine di oliva falsamente fatturato italiano, per un valore di oltre 13 milioni di euro.

Sono otto gli indagati, accusati di frode agroalimentare e di reati fiscali, connessi a un giro di fatture false per oltre 13 milioni di euro, attestanti il commercio di 2mila tonnellate di olio italiano fittizio.

Sequestri in Puglia, Calabria e Umbria presso aziende olearie, i cui proprietari risultano essere ignari acquirenti delle partite di falso olio italiano. A seguito di una complessa attività di analisi e a un minuzioso lavoro di ricostruzione documentale, gli investigatori dell’ICQRF hanno accertato che – negli anni 2014 e 2015 – oltre 2mila tonnellate di olio extravergine di oliva proveniente da Spagna e Grecia sono state commercializzate come olio 100% Italiano.

Il complesso e presunto sistema di frode prevedeva il ruolo di imprese “cartiere” pugliesi e calabresi che emettevano falsa documentazione attestante l’origine nazionale di olio extravergine di oliva, in realtà spagnolo e/o greco, che – mediante artifizi e triangolazioni documentali – arrivava presso ignari soggetti imbottigliatori già designato come Made in Italy, pronto per il confezionamento e la distribuzione sul mercato. Le persone coinvolte provvedevano poi a smaltire l’olio non italiano attraverso vendite fittizie a operatori compiacenti, anche esteri, al fine di farne perdere le tracce.

 

Lamezia Terme, intimidazione contro Vitale Sud Spa

Lamezia Terme, intimidazione contro Vitale Sud Spa
La sede di Vitale Sud

LAMEZIA TERME  – Un ordigno a basso potenziale è stato fatto esplodere, a scopo intimidatorio, davanti al cancello di un’azienda, la “Vitale Sud”, azienda leader in Calabria nel settore della distribuzione di materiale elettrico con sede centrale a Lamezia Terme.

La deflagrazione dell’ordigno, una caffettiera piena di polvere pirica, è stata avvertita ma ha provocato solo lievi danni al cancello dell’edificio che ospita la struttura in Vitale Sud Spa in viale Progresso, una delle arterie di ingresso della città.

Sull’episodio, ultimo di una serie di atti intimidatori contro persone e altre attività commerciali della città – qualche ora prima era stata dato alle fiamme un mezzo pubblicitario – indaga la Polizia di Stato. Negli ultimi giorni, inoltre, sono stati registrati altri episodi di intimidazione nei confronti di esercizi commerciali di Lamezia Terme.

Diede fuoco a una donna, (ri)fermato algerino Bach Sais Rachid

Diede fuoco a una donna, fermato un algerino irregolare Bach Sais Rachid
Bach Sais Rachid

CASERTA – Avrebbe dato alle fiamme una donna lo scorso 8 dicembre. Arrestato insieme a un suo connazionale in flagranza di reato dai carabinieri di Maddaloni, fu scarcerato dal tribunale del Riesame, ma dopo ulteriori e approfondite indagini da parte dei militari dell’Arma, coordinate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, è stato di nuovo fermato con l’accusa di tentato omicidio.

Si tratta di un uomo di nazionalità algerina, Bach Sais Rachid, classe 1968, senza fissa dimora e irregolare in Italia, perché ritenuto gravemente indiziato dell’efferato gesto ai danni di una donna kazaka del 1977. “Futili motivi”, sarebbe stata la scintilla che ha trasformato la donna in una torcia umana.

Il presunto autore, nella tarda serata dell’8 dicembre 2015, ricostruiscono gli inquirenti, all’interno di una casa diroccata ubicata nel comune di San Felice a Cancello (Caserta), tentò di ardere viva la donna cospargendola con dell’alcool etilico per uso domestico e dandole fuoco con un accendino.

La notizia balzò alle cronache nazionali per la crudeltà del tentato omicidio. Insieme a Bach Sais Rachid, oggi fermato, c’era Fakir Ali Cherif, anche lui algerino. I carabiieri, dopo essere stati allertati da un vicino di casa, hanno sfondato la porta trovando i due seduti che osservavano sorridendo la donna mentre ardeva viva. I militari fecero fatica a spegnere le fiamme perché gli uomini si sarebbero opposti. In mano di uno dei due i militari trovarono ancora la bottiglia di liquido infiammabile e l’accendino.

Dopo una breve colluttazione, i carabinieri sono riusciti a bloccare i due e, con l’ausilio di un lenzuolo, riuscirono a spegnere le fiamme che divampavano sul corpo della malcapitata, garantendo a quest’ultima gli immediati soccorsi da parte del personale del 118 giunto sul posto. LEGGI LA NOTIZIA DELL’ARRESTO A DICEMBRE

La donna è stata trasportata immediatamente presso il reparto Centro grandi ustioni dell’ospedale Cardarelli di Napoli, dove veniva giudicata affetta da lesioni per il 60% del corpo e considerata in pericolo di vita. Tuttora è ancora ricoverata presso il nosocomio partenopeo e le sue condizioni sono in miglioramento.

Bach Sais Rachid, espletate formalità di rito, è stato associato presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere in attesa della convalida del fermo.

Crotone, picchiava e minacciava la moglie. In cella marito violento

Crotone, picchiava e minacciava la moglie. In carcere marito violentoAncora uomini violenti dietro le mura domestiche. Un uomo di 45 anni di Scandale (Crotone), avrebbe perseguito, picchiato e minacciato la moglie, ma l’ennesima violenza gli è costata cara perché è stato arrestato e spedito dietro le sbarre dagli agenti della Polizia di Stato di Crotone con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, minaccia aggravata e lesioni personali.

Il provvedimento di custodia custodia cautelare in carcere è stato eseguito su richiesta avanzata dal sostituto procuratore della Repubblica di Crotone,   Ivan Barlafante, in attuazione dell’ordinanza, emessa dal Tribunale di Crotone, nei confronti di M.P. che avrebbe ripetutamente commesso violenze nei confronti della moglie, D.K.D.

A seguito dei diversi interventi effettuati dai poliziotti, su segnalazioni arrivate al 113, nonché a seguito delle querele sporte dalla moglie presso gli uffici della Questura, nelle quali venivano denunciati i reiterati comportamenti violenti posti in essere dal coniuge, gli agenti della Squadra Volanti, presa cognizione dei fatti, effettuavano una serie di accertamenti e di controlli incrociati d’intesa con il magistrato Ivan Barlafante.

Le indagini hanno permesso di raccogliere sufficienti indizi di colpevolezza che hanno consentito l’emissione, da parte del gip presso il Tribunale di Crotone, della misura custodiale personale come conseguenza di una pervicacia nella condotta violenta del marito, già in precedenza sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla donna.

Il marito violento, dopo gli accertamenti di rito, è stato associato alla casa circondariale di Crotone a disposizione della competente autorità giudiziaria.

Truffa all'Inps. Sequestro per oltre un milione a 4 ditte edìli

Truffa all'Inps. Sequestro per oltre un milone a 4 ditte edìli
Truffa all’Inps. Sequestro per oltre un milione per false assunzioni

Alcune ditte edìli operanti in Lazio e Campania avrebbero commesso una truffa ai danni dell’Inps effettuando false assunzioni e conseguenti licenziamenti per richiedere poi all’ente previdenziale indennità di disoccupazione per lavoratori inesistenti. Per questa ragione, la procura della Repubblica di Napoli nord ha disposto un sequestro preventivo pari a 1 milione e 111 mila euro a carico di 4 persone indagate, a vario titolo, di  truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Il provvedimento, eseguito mercoledì mattina dai carabinieri di Casal di Principe, è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli Nord su richiesta della locale Procura della Repubblica che ha coordinato le indagini.

Il dispositivo di sequestro scaturisce da un’indagine condotta dalla Stazione dei carabinieri di Villa Literno da settembre 2013 a gennaio 2015, che ha coinvolto circa 300 persone e ha consentito di raccogliere utili elementi indiziari circa la realizzazione di un complesso e presunto sistema fraudolento, finalizzato alla commissione di truffe in danno dell’Inps.

La truffa sarebbe stata realizzata dai rappresentanti legali di varie ditte operanti nell’edilizia, con sede nel Lazio ed in Campania, costituite al sol fine di porre in essere degli illeciti,  risultavano aver presentato, per gli anni 2013 e 2014, in via telematica denunce aziendali, direttamente  all’Inps di Caserta o tramite Caf, con le quali attestavano falsamente la sussistenza di rapporti di lavoro, consentendo ai falsi dipendenti, una volta comunicatone il licenziamento, di richiedere la corrispondente indennità di disoccupazione, denominata Aspi o Miniaspi; con tale metodo inducevano in errore i preposti dall’ente previdenziale in questione, che erogava tali indennità agli apparenti dipendenti delle ditte per la complessiva somma di 1.111.254,8 euro.

E’ stato accertato che le somme corrisposte venivano accreditate su carte prepagate intestate agli apparenti dipendenti, il cui PIN veniva comunicato alle sedi delle ditte: ciò rendeva possibile prelevare le somme erogate dall’ente previdenziale.

Il provvedimento di sequestro preventivo, a carico dei rappresentanti legali delle aziende è finalizzato alla confisca delle somme rinvenute sui conti correnti e delle somme di denaro nelle loro disponibilità o, comunque, al sequestro per equivalente di beni mobili, immobili e mobili registrati nelle disponibilità degli indagati fino alla concorrenza delle somme da ciascuno percepite come provento dell’attività fraudolenta.

Blitz antimafia a Messina. 13 arresti per 17 omicidi

Blitz antimafia a Messina. 13 arresti per 17 omicidiBlitz antimafia dei carabinieri del Ros e di quelli del comando provinciale di Messina all’alba hanno eseguito 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere in relazione a 17 omicidi compiuti tra il 1993 e il 2012 nel Messinese. Il personaggio centrale dell’operazione è il boss Giuseppe Gullotti, già condannato per l’uccisione del giornalista Beppe Alfano. L’accusa per i 13 arrestati, è di omicidio aggravato dalla modalità mafiose.

Gullotti sta scontando attualmente una condanna definitiva a trent’anni di reclusione come mandante dell’omicidio Alfano. Il nuovo ordine di custodia cautelare gli è stato notificato in carcere. Il boss è stato accusato da alcuni collaboratori di giustizia di avere avuto un ruolo in altri episodi di sangue avvenuti a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina.

Le indagini su Giuseppe Gullotti, ritenuto l’uomo che consegnò a Giovanni Brusca il telecomando utilizzato per la strage di Capaci, hanno consentito in passato di scoprire nel Messinese anche la loggia segreta Corda Fratres della quale facevano parte massoni, mafiosi e politici.

Il movente dei numerosi fatti di sangue in provincia di Messina, “alcuni dei quali particolarmente crudeli – spiegano gli investigatori – è riconducibile alla necessità del sodalizio mafioso di mantenere ad ogni costo il controllo del territorio”.

Violenza sulle donne in aumento, nonostante le leggi

Violenza sulle donne in aumento, nonostante le leggi
Violenza sulle donne. E’ ora di dire basta!

Tre femminicidi nel giro di poche ore, ultimi in ordine Pozzuoli, Catania e Brescia. Le vittime sono sempre loro: le donne. Uno sterminio silenzioso che si consuma dietro le mura domestiche, al riparo dalla strada e dai luoghi affollati e, spesso, alla presenza dei figli minori. Uomini che prevalgono con l’uso della forza per le ragioni più disparate. Motivi che il più delle volte vengono contrassegnate come futili: liti per gelosia, l’affidamento dei figli, il disamore di rapporti nati male e finiti peggio con omicidi, tentati omicidi o lesioni che lasciano il segno permanente, piuttosto che epiloghi come gli omicidi-suicidi.

La lista è lunga. E non bastano le denunce (poche), sebbene le leggi a tutela della donna oggi sono più evolute di 30 anni fa. Basti citare quella sullo stalking e sul femminicidio. Norme che purtroppo non frenano l’ondata di violenza e maltrattamenti in famiglia. Un “male” oscuro che si cela in ambienti casalinghi e nella mente di “psicolabili” definiti fino al giorno prima “persone normali”. Ed è la “normalità” a preoccupare.

Lo dicono i numeri dell’Istat disponibili. Il rapporto 2014 sulla violenza sulle donne parla di un fenomeno “ampio e dissuso”. Sono 6 milioni 788 mila le donne che subiscono violenza fisica, psicologica o sessuale.
Di questi, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri, dice il rapporto.

Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), mentre quella sessuale più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7% contro 5,1%). Le donne moldave (37,3%), rumene (33,9%) e ucraine (33,2%) subiscono più violenze.

I partner attuali o ex commettono violenza sulle donne più gravi. Il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Gli sconosciuti sono nella maggior parte dei casi autori di molestie sessuali (76,8%).

Il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Considerando il totale delle violenze subìte da donne con figli, aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3% del dato del 2006 al 65,2% rilevato nel 2014)

Le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4% contro 31,5%). Critica anche la situazione delle donne con problemi di salute o disabilità: ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10% contro il 4,7% delle donne senza problemi).

Emergono importanti segnali di miglioramento rispetto all’indagine precedente: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all’11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006. Ciò è frutto di una maggiore informazione, del lavoro sul campo ma soprattutto di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno e di un clima sociale di maggiore condanna della violenza.

E’ in calo sia la violenza fisica sia la sessuale, dai partner e ex partner (dal 5,1% al 4% la fisica, dal 2,8% al 2% la sessuale) come dai non partner (dal 9% al 7,7%). Il calo è particolarmente accentuato per le studentesse, che passano dal 17,1% all’11,9% nel caso di ex partner, dal 5,3% al 2,4% da partner attuale e dal 26,5% al 22% da non partner.

In forte calo anche la violenza psicologica dal partner attuale (dal 42,3% al 26,4%), soprattutto se non affiancata da violenza fisica e sessuale.

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Alla maggiore capacità delle donne di uscire dalle relazioni violente o di prevenirle si affianca anche una maggiore consapevolezza. Più spesso considerano la violenza subìta un reato (dal 14,3% al 29,6% per la violenza da partner) e la denunciano di più alle forze dell’ordine (dal 6,7% all’11,8%). Più spesso ne parlano con qualcuno (dal 67,8% al 75,9%) e cercano aiuto presso i servizi specializzati, centri antiviolenza, sportelli (dal 2,4% al 4,9%). La stessa situazione si riscontra per le violenze da parte dei non partner.

Rispetto al 2006, le vittime sono più soddisfatte del lavoro delle forze dell’ordine. Per le violenze da partner o ex, le donne molto soddisfatte passano dal 9,9% al 28,5%.

Si segnalano però anche elementi negativi. Non si intacca lo zoccolo duro della violenza, gli stupri e i tentati stupri (1,2% sia per il 2006 sia per il 2014). Le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8% del 2006 al 34,5% del 2014). Anche le violenze da parte dei non partner sono più gravi.

3 milioni 466 mila donne hanno subìto stalking nel corso della vita, il 16,1% delle donne. Di queste, 1 milione 524 mila l’ha subìto dall’ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall’ex partner.

Intanto, contro la violenza sulle donne, nasce la Nazionale di calcio delle parlamentari della Repubblica (guarda il video sopra). Una iniziativa, dicono, volta a sensibilizzare tutti sul tema della violenza, in tutte le sue forme, contro le donne. Un approccio che deve essere culturale

Spaccio di droga, sette arresti e due denunce nel Cosentino

Droga, sette arresti e due denunce nel Cosentino - Cosenza - Corigliano Calabro, Spezzano Albanese e Amantea, CaroleiCosenza – E’ di sette arresti e due denunce il bilancio di un serrato controllo del territorio da parte dei carabinieri in provincia di Cosenza.

La sera del 1 febbraio a Corigliano Calabro, i militari della locale compagnia hanno arrestato per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti un 43enne coriglianese e 3 cittadini della provincia di Napoli di 39, 42 e 25 anni. I carabinieri, nel corso di una perquisizione sull’autovettura dell’uomo di Corigliano, a Cantinella, hanno rinvenuto all’interno di borse e zaini 20 panetti confezionati di hashish, per un peso complessivo di 2 chili. La droga è stata sottoposta a sequestro e gli indagati sono stati associati presso casa circondariale di Castrovillari.

Altri tre arresti in flagranza sono stati effettuati dai carabinieri della stazione di di Spezzano Albanese. Nei guai tre giovani incensurati, originari della zona, accusati di detenzione ai fini di spaccio di droga.
In particolare, i militari dell’Arma, nel corso di un servizio perlustrativo, hanno notato un’autovettura in sosta nella contrada Serralto, in prossimità della zona industriale, con a bordo tre ragazzi che hanno manifestato un atteggiamento sospetto. L’immediato controllo, anche attraverso una perquisizione personale e veicolare, ha consentito di rinvenire circa sette grammi di marijuana, unitamente ad un bilancino di precisione e materiale idoneo al confezionamento. I tre (V.M., M.A. e B.S., queste le loro iniziali, rispettivamente di 26, 21 e 20 anni), al termine delle formalità di rito inerenti il loro arresto, sono stati comunque rimessi in libertà in attesa della celebrazione dell’udienza di convalida davanti ai magistrati del Tribunale di Castrovillari.

A Carolei, i carabinieri della compagnia di Cosenza durante un normale controllo della circolazione stradale hanno denunciato a piede libero S.R., 50enne pregiudicato e V.A., 40enne pregiudicato, entrambi di Amantea, per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.
In particolare, i militari hanno notato una Golf Volkswagen, che alla vista dei militari, ha rallentato l’andatura. I carabinieri decidevano quindi di procedere ad un normale controllo dei documenti ma, notata l’agitazione dei due, si sono insospettiti e hanno perquisito auto e uomini rinvenendo, celati sotto al sedile dell’autista, ben 150 grammi di hashish all’interno di una sacchetto in cellophane. I due sono stati quindi condotti presso la Caserma per l’identificazione e la denuncia a piede libero, mentre la droga veniva posta sotto sequestro.

Fiaccolata per Carla Caiazzo. Ecco la fuga di Paolo Pietropaolo

Paolo Pietropaolo nel riquadro . tentato omicidio pluriaggravato premeditato di Carla Caiazzo
La residenza dove è avvenuta la tragedia a Pozzuoli. Carla Caiazzo data alle fiamme dal compagno Paolo Pietropaolo (riquadro)

Oltre cinquecento persone hanno partecipato in serata a Pozzuoli (Napoli) alla fiaccolata in segno di solidarietà verso Carla Caiazzo, la donna di 38 anni, incinta, che ieri il suo compagno, Paolo Pietropaolo, 40 anni, ha tentato di uccidere dandole fuoco.

Con la candela accesa un corteo silenzioso ha percorso le strade del centro storico di Pozzuoli da piazza a mare a piazza della Repubblica, dove sono stati liberate decine e decine di palloncini bianchi accompagnati da un lungo applauso. Al corteo hanno partecipato i rappresentanti di mumerose associazioni sociali e antiviolenza, e i sindaci di Pozzuoli, Vincenzo Figliolia, di Quarto, Rosa Capuozzo, di Monte di Procida, Giovanni Pugliese, e di Bacoli, Josi Gerardo Della Ragione. “Faccio il tifo per Carla!”, ha detto il sindaco Figliolia che oggi ha fatto visita in ospedale a Carla ed ai suoi familiari. La situazione – ha aggiunto – è davvero delicata e questa sera abbiamo dato una testimonianza di solidarietà davvero forte. E’ stato importante e la città ha risposto con sensibilità! Grazie anche ai sindaci flegrei che hanno voluto esserci vicini!”. “Questi episodi scatenano tanta rabbia in una donna – ha detto Rosa Capuozzo – E’ una strage continua contro le donne. Spesso rimangono sole e per le poche istituzioni che le sostengono non riescono a volte a capire in tempo quando si scatena la violenza contro di loro!”.

Nel frattempo trapela che Paolo Pietropaolo, l’aggressore di Carla Caiazzo, rischia l’incriminazione per tentato omicidio pluriaggravato e premeditato. E’ quanto gli contesta la Procura della Repubblica di Cassino (Frosinone) che è competente per l’arresto dell’uomo avvenuto a Formia, sebbene il gravissimo fatto di cronaca si è verificato a Pozzuoli, in provincia di Napoli.

Pietropaolo, 40 anni, è stato sottoposto a fermo per il reato di tentativo di omicidio pluriaggravato e fra le aggravanti c’è anche la premeditazione. Lo scrive l’Ansa citando fonti vicine all’inchiesta.
Pietropaolo, assistito dal suo difensore, avvocato Gennaro Razzino, è stato interrogato ieri sera nella caserma dei Carabinieri di Formia e per domani è prevista l’udienza davanti al gip per la convalida del fermo.

Nell’interrogatorio di ieri sera, Paolo Pietropaolo ha ammesso le proprie responsabilità sostenendo, tuttavia di non avere avuto l’intenzione di uccidere e sostenendo che il suo è stato un gesto d’impeto commesso al culmine di una lite probabilmente per gelosia.

VIDEO DELLA FUGA DI PAOLO PIETROPAOLO

Intanto, restano gravi le condizioni della donna, Carla Caiazzo 38 anni, ricoverata all’ospedale Cardarelli di Napoli con il 40 percento di ustioni sul corpo. Per capire se la vittima dell’aggressione è fuori pericolo di vita bisognerà aspettare altre 48 ore, riferiscono fonti dell’ospedale. Sta invece bene la piccola Giulia Pia, la bimba fatta nascere alla 37esima settimana con un parto cesareo. La neonata sta bene e respira da sola, assicurano dal Cardarelli.

La tragedia si è consumata lunedì in un’abitazione di Pozzuoli. Paolo Pietropaolo, per motivi che saranno appurati, ha cosparso di liquido infiammabile la compagna Francesca Caiazzo per poi far scoccare la scintilla che l’ha resa una torcia umana. Le fiamme, che hanno divorato il 40% del corpo della donna, sono state spente da un vicino di casa, accorso dopo le urla. Commesso il folle gesto, Paolo Pietropaolo è fuggito in direzione nord, quando un guardrail ha bloccato la sua corsa a Formia (Latina). Intervenute le forze dell’ordine, l’uomo è stato condotto in caserma dov’è stato prima interrogato per poi essere dichiarato in stato di fermo per tentato omicidio premeditato di Carla Caiazzo

Giallo su aereo "caduto" su monti a Scalea. "Un falso allarme"

Giallo su un aereo "caduto" su monti a Scalea. "Un falso allarme"SCALEA (COSENZA) – Un velivolo di piccole dimensioni, ma potrebbe trattarsi di un jet militare, sarebbe stato visto precipitare su un costone di montagna tra Scalea e San Nicola Arcella, zona impervia dell’appennino a nord della Calabria. Forze dell’ordine, 118 e vigili del fuoco sono stati impegnati, per diverse ore, nel rintracciare i possibili resti dell’aereo ma senza esito positivo. Al momento, sembra si tratti di un falso allarme.

Più di qualcuno a Scalea avrebbe udito il forte boato di un aereo “supersonico” (caratteristica di aerei militari) e, visto alzarsi sui monti una colonna di fumo, che si ritiene non sia riconducibile a nessun crash, bensì all’incendio di alcune sterpaglie. Scattato immediatamente l’allarme, sono iniziate le ricerche che non hanno dato esito. L’Enav (Ente nazionale per l’aviazione civile), dal canto suo, ha escluso che ci fossero aerei di qualunque tipo in transito sulla zona. L’ente tuttavia non monitora gli aerei militari. Potrebbe trattarsi di un “bang” provocato da caccia supersonici che sorvolano spesso la regione.

Il ricordo di molti, appresa la notizia di Scalea, è subito andato, per la similitudine, al mistero di Ustica e al Mig libico caduto a Castelsilano il 27 giugno 1980 e “ufficialmente” ritrovato il 18 luglio dello stesso anno. Anche 35 anni fa, venne visto un caccia militare volare basso per poi intravedere una colonna di fumo sollevarsi sulle montagne silane, ma ogni segnalazione venne rubricata come “inesistente”. Anche allora vennero fatti dei sopralluoghi “senza esito”.

Successivamente l’area fu circondata e resa inaccessibile dai servizi segreti “deviati”. In realtà il Mig era stato abbattuto la stessa sera della strage di del Dc9 di Ustica dove morirono 81 persone. L’inchiesta del giudice Rosario Priore, sebbene non portò alla verità per via dei despistaggi, accertò che ci fu un duello aereo nel Tirreno. Coloro che abbatterono il mig (l’ex presidente Cossiga rivelò in punto di morte che furono i francesi), ritennero che sul jet viaggiasse il dittatore Gheddafi, nemico giurato dell’Eliseo. Il velivolo era nell’ombra del Dc9, loro spararono un missile ma colpi l’aereo dell’Itavia che cadde nelle acque di Ustica con il suo carico umano. L’aereo libico già crivellato di colpi, precipitò in Sila. Nel giorno del 34esimo anniversario, nel 2014, la Francia diede la sua “disponibilità” a levare il segreto di Stato su Ustica.

Locri, Federico allo Stato: "Aiutateci, la solidarietà non basta"

Locri, Federico allo Stato: "Aiutateci, la solidarietà non basta"
Un’immagine eloquente che campeggia sul sito ufficiale di Federico Spa

LOCRI (REGGIO CALABRIA) – L’incendio doloso che ha distrutto 14 autobus della linea Federico a Locri ha suscitato un’ondata di sdegno in tutta la Calabria con attestati di solidarietà verso la società che già in passato è stata nel mirino del racket delle estorsioni. In una lunga lettera, l’amministratore unico Gesualdo Federico invoca l’aiuto dello Stato.

“Cominciamo ad avvertire, unitamente alla stanchezza di dover lottare contro un nemico spietato – spiega in una nota – un terribile sentimento di insicurezza e estrema vulnerabilità tale da fare temere per la stessa incolumità dei nostri lavoratori, degli amministratori e persino dei passeggeri. Pertanto avvertiamo il diritto, oltre che il dovere nei confronti dei nostri dipendenti, delle loro famiglie e dei nostri stessi utenti, di chiedere ad alta voce la vicinanza dello Stato e delle istituzioni locali, consapevoli che da soli non abbiamo più le energie per andare avanti. Aiutateci”.

“Senza andare troppo a ritroso – prosegue Gesualdo Federico – si ritiene più che significativo ricordare che solo negli ultimi 30 mesi ci sono stati incendiati 25 pullman. Forse un record, ahinoi, negativo, di cui avremmo fatto volentieri a meno. Adesso la misura è veramente colma. L’inqualificabile evento doloso ci impone una riflessione sul modo stesso in cui debba essere interpretato l’impegno imprenditoriale, prendendo le mosse da quella che è la storia della nostra azienda. Con attività concrete, riteniamo di avere dimostrato che è possibile fare impresa onestamente anche nel profondo sud, terra asfissiata dalla nefasta presenza della criminalità organizzata, ispirando il nostro agire ai principi della legalità e della serietà ed onorando sempre, in maniera rigorosa e puntuale, tutti gli impegni contrattuali nei confronti dei nostri dipendenti e delle nostre decine di fornitori. Confidiamo, naturalmente, nel lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura e ringraziamo quanti, e sono davvero tanti tra rappresentanti istituzionali e cittadini, ci hanno manifestato solidarietà e vicinanza con attestati di stima e inviti a non mollare”.

“Purtroppo però la solidarietà non è più sufficiente. E non è una questione economica, o almeno non solo economica. I danni materiali subiti – sostiene ancora l’amministratore unico della Federico – sono ingenti e richiederanno uno sforzo ed un impegno finanziario straordinario. Ma i segni indelebili di quanto accaduto sono soprattutto morali ed esistenziali. Un’amarezza profonda, mischiata a rabbia ed incredulità, che mette in discussione l’impegno di una vita intera vissuta all’insegna del lavoro onesto, di sforzi e sacrifici”. “Autolinee Federico, nata nel 1929 su iniziativa ed intuizione della nostra famiglia – prosegue l’amministratore unico della società – è riuscita grazie ad una dedizione assoluta al lavoro, a raggiungere livelli di leadership nel settore strategico del trasporto di persone. Attualmente la società, strutturatasi negli anni in spa a seguito dell’acquisizione di altre piccole realtà (ultima la Mediterraneabus), conta circa 250 dipendenti al servizio di un’utenza giornaliera di migliaia di persone tra studenti, anziani, pendolari, famiglie, concentrata, in modo premimente, nella fascia ionica reggina e catanzarese”. “I fatti di Locri rappresentano, peraltro – conclude Federico – soltanto l’ultimo di una lunga serie di attentati ed atti intimidatori che l’azienda ha subito nel corso del tempo”.

Intanto, il prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino terrà venerdì prossimo una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per un aggiornamento della situazione della legalità nel territorio della Locride, anche a seguito dei recenti episodi. All’incontro parteciperanno il Procuratore della Repubblica, titolare della Direzione distrettuale antimafia, il Procuratore della Repubblica di Locri, il Questore e i Comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Nell’occasione è stato convocato l’Amministratore della ditta Autolinee Federico S.p.a. per essere ascoltato in merito ai fatti dell’altra notte.

Rimborsi in Liguria: a processo Edoardo Rixi, vice di Salvini

Rimborsi in Liguria: a processo Edoardo Rixi, vice di Salvini
Da sinistra Matteo Rosso (Fdi) e Edoardo Rixi (Lega)

Il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Genova, Roberta Bossi, ha rinviato a giudizio 23 politici tra ex ed attuali consiglieri regionali indagati nell’inchiesta sui rimborsi e sulle spese pazze sostenute con i soldi dei gruppi regionali dal 2010 al 2012.

Tra le persone rinviate a giudizio c’è anche Edoardo Rixi, vice del leader leghista Matteo Salvini e assessore regionale allo Sviluppo Economico, Francesco Bruzzone, anche lui leghista e attuale presidente del Consiglio regionale, e Matteo Rosso capogruppo di Fratelli d’Italia.

Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Francesco Pinto, i consiglieri regionali si sarebbero fatti rimborsare spese private con soldi pubblici spacciandole per attività istituzionali. Le accuse, a vario titolo, sono di peculato e falso. Prosciolto, perché il fatto non sussiste, Mario Amelotti, ex contabile del Pd, mentre Maurizio Torterolo (Lega) ha patteggiato due anni. Il processo inizierà il prossimo 8 giugno 2016.

Il suo nome nell’inchiesta sui presunti falsi rimborsi fa rumore perché nel 2014, Matteo Salvini lo ha nominato vice segretario federale della Lega Nord. Un ruolo che condivide con Riccardo Molinari, altro fedelissimo di Salvini. Giovane e brillante, alle regionali del 2015 in Liguria venne investito della candidatura alla presidenza. Poi giunse un accordo tra Lega e Forza Italia e venne candidato Giovanni Toti che è stato eletto governatore coi voti determinanti del Carroccio. Rixi divenne assessore della giunta Toti.

EDOARDO RIXI “NON ABBIAMO FATTO NULLA” – “Non sono sorpreso, non mi aspettavo nulla di diverso, in questo paese le cose vanno in questo modo. Non abbiamo fatto assolutamente nulla”, è il commento di Edoardo Rixi. “Non mi volevo neppure candidare e mi sono trovato candidato presidente e tre giorni dopo l’annuncio stranamente è partita l’inchiesta”, è il sospetto dell’esponente politico.

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