14 Ottobre 2024

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Lech Walesa, in codice “Bolek”, informatore dei comunisti in Polonia

Lech Walesa
Lech Walesa

L’ex presidente polacco e storico leader di Solidarnosc, Lech Walesa sarebbe stato un informatore durante il regime comunista in Polonia. Lo riferiscono alcuni media citando non specificate “fonti ufficiali”.

Stando ad alcuni documenti recuperati dall’Istituto nazionale della memoria, Walesa fu un informatore dei servizi segreti comunisti dal 1970 al 1976. L’ex presidente aveva ammesso in passato di aver accettato formalmente di fare l’informatore ma di non essere mai stato effettivamente operativo.

Tanto che nel 2000 fu assolto da un tribunale speciale. I documenti sono stati trovati in case dell’ultimo ministro degli Interni comunista, il generale Czeslaw Kiszczak. Sulle carte c’è la firma di Walesa e anche il suo nome in codice, “Bolek”.

Reggio Calabria, 7 arresti in 24 ore nella frazione Gallina

Reggio Calabria, 7 arresti in 24 ore nella frazione GallinaArmi, droga, furto ed evasione. 7 arresti in 24 ore a Reggio Calabria. Dopo l’escalation criminale di Reggio Calabria, ultimo fatto più grave, l’omicidio di Giovanni Vilasi nella frazione Gallina di Reggio Calabria, si intensificano i controlli delle forze dell’ordine nel quartiere reggino e in tutta la città.

A seguito delle decisioni assunte nel corso dell’ultimo Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica per l’intensificazione dei servizi di prevenzione e controllo in particolare nel capoluogo, i militari del Comando provinciale di Reggio Calabria, supportati da un elicottero e due unità cinofile del Gruppo operativo Calabria di Vibo Valentia nonché dagli specialisti dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno svolto un vasto servizio straordinario di controllo del territorio nella frazione Gallina di Reggio Calabria.

Antonino Alampi, reggino 50enne, già noto alle forze dell’ordine; il figlio Nicola Carmelo Alampi, reggino 22enne, il nipote Diego Alampi, reggino 30enne e il fratello di quest’ultimo e Paolo Domenico Alampi, reggino 27enne.
Nella rete dei militari anche Vasile Ilinca , rumeno 44enne, operaio poiché trovati in possesso di una pistola marca “Astra” calibro 7.65 con matricola punzonata ed oltre 200 cartucce medesimo calibro, il tutto illegalmente detenuto e occultato sotto un lavello ubicato all’interno di un fabbricato insistente su un terreno sito in località Armo di Gallina di proprietà della famiglia Alampi, utilizzato per la produzione di legna da ardere e carbone, ove i predetti stavano lavorando all’atto della perquisizione da parte dei militari.

Alla luce di quanto riscontrato, i quattro venivano associati presso la locale Casa Circondariale, a disposizione dell’Autorità giudiziaria reggina, davanti la quale dovranno rispondere del reato di detenzione illegale di arma clandestina e ricettazione.

Paolo Domenico Alampi è stato invece arrestato poiché, ad esito di una perquisizione domiciliare effettuata in località Ravagnese, è stato trovato in possesso di oltre 200 grammi di sostanza stupefacente del tipo “marijuana” – di cui lo stesso tentava di disfarsi lanciandola dal balcone, ma prontamente recuperata dai militari – nonché di 7 piantine di “cannabis indica” e di un bilancino di precisione. Alla luce di quanto riscontrato, l’Alampi venivano sottoposto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria reggina, davanti alla quale dovrà rispondere del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.

In ordine alla pistola trovata agli Alampi, sono in corso ulteriori accertamenti finalizzati a verificare se la stessa possa essere stata utilizzata in recenti episodi di fuoco nella zona, mentre la droga è stata trasmessa presso il laboratorio analisi sostanze stupefacenti del Comando provinciale di Reggio Calabria per le analisi quantitativa e qualitative del caso.

Complessivamente, nel corso del servizio, sono state identificate 252 persone e sottoposti a controllo 153 mezzi, con l’effettuazione di 17 perquisizioni domiciliari e veicolari.

Nella mattinata del 17 febbraio, sempre nell’ambito di “Focus ‘ndrangheta” i militari della Compagnia di Reggio Calabria hanno arrestato Domenico Ielo, 62enne reggino, già noto alle forze dell’ordine, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari con autorizzazione ad uscire dalla propria abitazione in determinai orari, poiché sorpreso fuori, senza aver adempiuto all’obbligo di comunicazione imposto dal citato provvedimento giudiziario e pertanto sprovvisto di qualsivoglia autorizzazione ed Emanuele Francesco Bevilacqua, 19enne, già noto alle forze dell’ordine, poiché sorpreso, unitamente ad altro soggetto riuscito a darsi alla fuga, nell’atto di asportare una Fiat Panda, previa forzatura sportello anteriore lato guida.

Camorra, pizzo e droga a domicilio. 6 arresti della Dda Napoli

3 degli arrestati di giovedi da Dda di Napoli. Da sinistra Maurizio Cappa, Rosa Zampella e Maria Piccirillo
Tre degli arrestati di giovedi. Da sinistra Maurizio Cappa, Rosa Zampella e Maria Piccirillo

Nelle prime ore della mattinata odierna, nell’ambito di un’articolata indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Caserta hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’Ufficio GIP presso il Tribunale di Napoli, nei confronti di 6 indagati, gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso ed associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.

In carcere vanno Alberto Francesco Spaziante, classe 1975; Maurizio Cappa, classe 1977; Iucchitto Fabrizio, classe 1981, Alberto Cecere, classe 1973; Rosa Zampella, classe 1992. Arresti domiciliari per Maria Piccirillo, classe 1967.

L’attività investigativa, avviata nel marzo del 2012, ha permesso di ricostruire una serie di episodi criminosi commessi da gruppi di soggetti diversi nell’ambito di un contesto temporale che va dal 2012 ed il 2013.
In particolare, l’indagine ha consentito di appurare l’esistenza e l’operatività di un gruppo criminale di stampo mafioso riconducibile a Giovanni Capone , classe 65, referente del clan Belforte sul comune di Caserta, ai suoi familiari ed al suo factotum, i quali si sono resi responsabili di una serie di richieste estorsive ai danni di commercianti del capoluogo. Le richieste di “pizzo” formulate a titolari di esercizi commerciali, che hanno denunciato gli episodi di cui erano stati vittime, venivano formulate in cambio di una ipotetica protezione concessa loro.

Nel medesimo arco temporale e spaziale, gli inquirenti hanno individuato l’esistenza su Caserta di due organizzazioni dedite allo smercio di sostanze stupefacenti.

I due gruppi criminali, organizzati per la distribuzione della droga nell’ambito di altrettanti rioni (Parco dei Fiori e Rione Vanvitelli), si rifornivano in Caivano (Napoli) ed erano capaci anche di provvedere alla trasformazione della sostanza acquistata. Essi utilizzavano un linguaggio convenzionale diretto a dissimulare l’oggetto delle conversazioni (“caffè”, “cioccolata”, “torta” e altri termini).

Uno dei gruppi aveva creato anche una rete di solidarietà interna all’organizzazione per i momenti di difficoltà economica, con contatti periodici per sollecitare le ripresa dei “consumi” nei periodi di allontanamento. Altra peculiarità propria di questo gruppo era l’effettuazione di “servizi” aggiuntivi, come la consegna dello stupefacente a domicilio.

Nel corso dell’attività investigativa la polizia giudiziaria ha proceduto all’arresto di n. 7 persone e a sequestrare, complessivamente, 900 grammi circa di droga di vario genere (cocaina, hashish e marijuana), nonché a documentare numerosissimi episodi di cessione di sostanza stupefacente.
Tra i destinatari del provvedimento, 2 (Iucchitto e Cecere) sono già reclusi in carcere mentre uno (Spaziante) è già sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa.

Le indagini sono state coordinate dai Magistrati della Dda di Napoli, procuratore capo Giovanni Colangelo; dal procuratore aggiunto, Giuseppe Borrelli; dal gip Mario Morra e dal sostituto procuratore, Vincenzo Ranieri.

‘Ndrangheta, scacco alla cupola di Mariano Comense

I Carabinieri del Comando Provinciale di Milano hanno smantellato la cupola di ‘ndrangheta di Mariano Comense (Como). Il blitz è stato fatto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Milano, Andrea Ghinetti, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia – Alessandra Dolci e Marcello Tatangelo – nei confronti di 28 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale degli stupefacenti, usura, estorsione e rapina.

In particolare, l’indagine ha acquisito nei confronti di 11 fra gli arrestati, incontrovertibili elementi probatori in ordine alla loro affiliazione alla ‘ndrangheta. L’attività investigativa, inoltre, ha permesso di ricostruire le dinamiche criminali proprie della “locale” di Mariano Comense (Como) che, dedita al traffico internazionale degli stupefacenti destinati ai mercati lombardi, calabresi e pugliesi, realizzava ulteriori profitti sottoponendo ad estorsione i commercianti del territorio non tralasciando l’usura e le rapine.

L’indagine viene avviata nel 2013 dal Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Monza e rappresenta la prosecuzione dell’indagine “Infinito” svolta dal medesimo reparto. Con questi provvedimenti di cattura i Carabinieri hanno smantellato la cosca di Mariano Comense, il cui anziano capo della “Locale”, l’81enne Salvatore Muscatello, attualmente detenuto nel carcere di Opera (Milano), è indicato da un collaboratore di giustizia quale capo “Crimine” de “La Lombardia”, la struttura sovraordinata di raccordo delle almeno 16 “Locali” presenti nella Regione. Sono stati inoltre disvelati i flussi di approvvigionamento di sostanze stupefacenti che, unitamente alle estorsioni e all’usura, finanziavano la cosca.

Oltre alle consuete attività delittuose poste in essere dai consociati, nel corso delle indagini è emerso, il disaccordo tra la figura del capo e quella di un affiliato alla che rivendicava per sé un ruolo di maggiore preminenza all’interno della cosca di ‘ndrangheta. La questione è stata oggetto di numerose “discussioni” ed è stata portata all’attenzione dei vertici criminali in Calabria.

Gli arrestati sono in tutto 27 italiani e un albanese, catturati in Brianza, nelle province confinanti nonché in quelle di Crotone, Reggio Calabria e Bari.

“Passati 5 anni e mezzo dall’operazione “Infinito” e siamo ancora qua, con la ‘ndrangheta in territorio lombardo. Ma se quel luglio 2010 c’era solo una ipotesi investigativa, oggi c’è la certezza di essere di fronte ad un fenomeno di netto radicamento della ‘ndrangheta in Lombardia. Stavolta in particolare nel comasco ma è una operazione che si propone come proseguimento delle precedenti note, senza soluzione di continuità”. Così Alessandra Dolci ha contestualizzato l’operazione dei carabinieri effettuata le scorse ore cha ha portato all’arresto di 28 persone in 5 province lombarde, Milano, Monza e Brianza, Varese, Pavia e Como) oltre che, appunto, in Calabria e Puglia.

Le indagini sono iniziate a seguito di due episodi di intimidazione avvenuti a Sesto San Giovanni il 18 e il 21 dicembre 2012. Erano stati esplosi alcuni colpi di arma da fuoco ad alcune vetture in un contesto di contesa di territorio per lo spaccio. Il traffico di stupefacenti legato all’operazione è di dimensione internazionale, sono stati sequestrati oltre 200 chili di droga tra cocaina e marijuana. Quest’ultima arrivava dall’Albania, la cocaina dall’Olanda e l’hashish, in misura minore, dalla Spagna. La Lombardia, il comasco, era territorio di stoccaggio, poi gli stupefacenti andavano a nutrire i circuiti di distribuzione ai consumatori di tutta la Regione ma anche di Puglia e Calabria.

I 28 arresti di oggi, a cui se ne è aggiunto uno in flagranza di reato per spaccio, riguardano tutti alla locale di ‘ndrangheta di Mariano Comense che al traffico di stupefacenti affiancava anche attività di usura e rapine. In particolare stamani nel presentare l’operazione, Dolci assieme a Marcello Tatangelo e ai rappresentanti dell’arma dei carabinieri locali e provinciali, ha ricordato due rapine entrambe ai danni di uffici postali il cui direttore è tra gli arrestati. Nell’elenco, emerge anche il soggetto “numero 19” di quelli partecipati al celebre summit dell’ottobre 2009 presso il circolo Falcone Borsellino, “finalmente identificato. Ora ne mancano 3 o 4 non identificati, contiamo sulle future operazioni” ha commentato Dolci spiegando che in manette sono finiti anche altre persone già condannati per la notte dei fiori di San Vito, altre condannate e poi scarcerate, “oltre a soggetti nuovi”.

Come “da tradizione” in Lombardia anche in questo caso la ‘ndrangheta si presenta come una struttura da “solving problem”, è stato detto in conferenza stampa, attirando soprattutto piccoli imprenditori che la preferiscono alle vie istituzionali e legali. Uno di questi ha collaborato alle indagini e spontaneamente ha parlato della propria condizione di vittima di estorsione. Oltre alle indagini tecniche e a questa testimonianza, gli inquirenti hanno potuto contare anche sulle dichiarazioni di Pasquale Nocera, già condannato per omicidio, relative al traffico di droga.

Rebibbia, finisce la latitanza dei due rumeni evasi

da sinistra Catalin Ciobanu e Mihai Florin Diaconescu, i due detenuti evasi da Rebibbia
da sinistra Catalin Ciobanu e Mihai Florin Diaconescu, i due detenuti evasi da Rebibbia

E’ durata solo due giorni la latitanza dei due detenuti rumeni evasi da Rebibbia. Si è infatti costituito, presentandosi ai carabinieri di Tivoli, Catalin Ciobanu. L’altro, Mihai Florin Diaconescu, è stato individuato e arrestato dopo una breve fuga a piedi.

I due detenuti, erano scappati dal penitenziario segando le sbarre all’interno di un laboratorio in cui vi lavoravano. Si erano poi calati già senza problemi, eludendo la sorveglianza. Scattata la caccia all’uomo, non erano mancate le polemiche sulla sicurezza della casa circondariale di Rebibbia.

I legali dei due si erano appellati affinché si costituissero e, dopo poco più di 48 ore, braccati e col fiato sul collo delle forze di sicurezza italiane, sono stati presi.

“Il mio assistito – ha detto l’avvocato Andrea Palmiero, difensore di Catalin Ciobanu – ha deciso di consegnarsi ai carabinieri perché si è reso conto di aver fatto una sciocchezza ed era mortificato per quanto avvenuto”. In base a quanto apprende l’Ansa, l’uomo avrebbe deciso di recarsi dalle forze dell’ordine anche perché si sentiva braccato dai continui controlli che hanno riguardato anche un campo nomadi dove Ciobanu avrebbe trascorso la sua latitanza.

Loris, Panarello accusa Andrea Stival. Legale: “Ora c’è movente”

Andrea Stival, nonno di Loris e suocero di Veronica Panarello che lo accusa: "L'ha ucciso lui. Eravamo amanti"
Andrea Stival, nonno di Loris e suocero di Veronica Panarello che lo accusa: “L’ha ucciso lui. Eravamo amanti”

“Le dichiarazioni di Veronica Panarello sono forti perché forniscono movente, complice e dinamica del fatto, e fornisce anche l’arma del delitto”. Lo ha affermato il legale della donna, l’avvocato Francesco Villardita, prima di entrare nel carcere di Catania dove il pm di Ragusa Marco Rota la interrogherà sulle sue ultime rivelazioni che accusano il suocero Andrea Stival di essere il responsabile del delitto. “Per la prima volta – ha aggiunto il Villardita – si parla di omicidio e non di incidente e c’è una chiamata in correità. Io ho visto la signora Panarello due giorni fa e l’ho trovata decisa a riconfermare la sua versione dei fatti e ci auguriamo che stamattina faccia luce e chiarezza su questa misteriosissima vicenda”.

La Procura di Ragusa, ha indagato per omicidio e occultamento di cadavere Andrea Stival, il suocero di Veronica Panarello, nell’ambito dell’inchiesta sulla morte del nipote dell’uomo, Loris. L’iscrizione, si sottolinea in ambienti attivi nelle indagini, è un atto dovuto dopo le dichiarazioni della donna che lo ha chiamato in correità, sostenendo che erano amanti. “Ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione, né formale né informale. La stampa lo sa e noi no…”, commenta con l’Ansa l’avvocato Francesco Biazzo, legale di Andrea Stival. “Il mio assistito – aggiunge il penalista – è estraneo alle accuse mosse dalla nuora, che quereleremo per calunnia appena avremo gli atti delle sue dichiarazioni. Non ha ucciso lui Loris e non era l’amante di Veronica Panarello”.

“Certo a prima vista le dichiarazioni appaiono poco credibili, ma noi attendiamo con fiducia il lavoro della magistratura, certi che si arriverà al nostro unico obiettivo: raggiungere la verità”, afferma l’avvocato Daniele Scrofani, legale di Davide Stival.

“La notizia di stampa non ci sorprende, non avevamo dubbi: nel nostro ordinamento è obbligatorio esercitare l’azione penale in presenza di una notizia di reato”, osserva l’avvocato Francesco Villardita, legale di Veronica Panarello.

L’iscrizione nel registro degli indagati, come atto dovuto, nasce dalle dichiarazioni rese lo scorso gennaio nel carcere di Catania da Veronica Panarello a una psicologa: “Loris lo ha ucciso mio suocero Andrea Stival – ha detto – e ho ricordato tutto quando sono andato a trovarlo al cimitero, ma non l’ho detto prima perche’ avevo paura che uccidesse anche il bimbo più piccolo. Lo ha fatto perché eravamo amanti”.

Loris Stival, 8 anni, è stato assassinato il 29 novembre 2014 nella sua casa a Santa Croce Camerina. Per il suo omicidio la madre è a processo, col rito abbreviato, per omicidio premeditato e occultamento di cadavere davanti al Gup di Ragusa. Per la Procura lo avrebbe strangolato usando delle fascette di plastica e poi gettato il corpo nel canalone di contrada Mulino Vecchio. La donna ha più volte cambiato versione sulla ricostruzione dei fatti: da innocente a testimone di un incidente, con Loris che si sarebbe strangolato mentre giocava, all’accusa al suocero, l’avrebbe ucciso lui per eliminare un testimone della loro relazione.

Spinelli 2.0 in classe con l'e-cig. Arresti e denunce a Torino

Spinelli scuola sigaretta elettronica Arresti denunce Torino
Il “moderno” sistema di spaccio e consumo ideato da studenti a Torino

Per portare la droga in classe e poterla consumare senza rischi, alcuni studenti hanno avuto l’idea di trasformare i vaporizzatori portatili in spinelli 2.0. Sembrava un pennarello ma una volta smontato i carabinieri hanno trovato all’interno la sostanza da fumare (marijuana o hashish). Bastava scaldare la cannabis e il pennarello/vaporizzatore diventava uno spinello 2.0., del tutto simile ad un a sigaretta elettronica.

I carabinieri della Compagnia di Torino San Carlo, in collaborazione con i colleghi della polizia giudiziaria della Procura dei Minori, hanno eseguito 7 ordinanze di applicazione di misura cautelare (di cui 1 al regime degli arresti domiciliari, 2 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, 2 obblighi di dimora, 2 collocamenti in comunità di minori), mentre 10 persone (tra cui anche alcuni minori) sono indagate in stato di libertà, perché responsabili, a vario titolo, del reato di spaccio di sostanze stupefacenti continuato e aggravato dall’aver offerto la sostanza stupefacente a persone di minore età.

L’attività di indagine, coordinata dalle Procure della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni e presso il Tribunale di Torino e attivata da una segnalazione del dirigente scolastico, ha permesso di ricostruire dettagliatamente una continua attività di spaccio di droghe leggere (hashish e marijuana) in cui sono coinvolti soggetti di minore età e giovani maggiorenni, sia all’interno dell’Istituto scolastico, sia nella citta di Torino e di altri comuni limitrofi.

I numerosi controlli, ispezioni, perquisizioni domiciliari, personali e all’interno dell’Istituto scolastico, anche con l’ausilio di unità cinofile – che non hanno avuto alcun effetto dissuasivo nelle condotte di gran parte degli indagati -, hanno consentito di sequestrare numerose dosi personali di sostanza stupefacenti, semi di marijuana, piante, strumentazione di pesatura/coltivazione artigianale/confezionamento e preparazione della sostanza. Una indagata è tutt’ora irreperibile.

I particolari delle indagini verranno resi noti nel corso di una conferenza stampa, alle ore 10 negli uffici del Comando provinciale dei carabinieri di Torino.

Inchiesta nella sanità lombarda, terremoto nella Lega

Inchiesta nella sanità lombarda, terremoto nella Lega
Da sinistra Fabio Rizzi e Roberto Maroni

L’inchiesta della procura di Monza ha messo in fibrillazione lo stato maggiore della Lega Nord, costretta a difendersi dagli attacchi politici dell’opposizione in consiglio regionale e dagli strali della maggioranza nel Paese. Per il governatore della Lombardia Roberto Maroni è la seconda volta che deve affrontare situazioni imbarazzanti di questo tipo. Lo scorso mese di ottobre le Fiamme gialle gli arrestarono il vicepresidente della Giunta regionale lombarda ed ex assessore alla Sanità, l’azzurro Mario Mantovani, sempre con accuse pesanti di presunte tangenti nella sanità lombarda.

Oggi è stato il turno del suo braccio destro, Fabio Rizzi, presidente della commissione Sanità al Pirellone. Accuse simili e nello stesso ambito, la sanità. Il settore “virtuoso” della Lega e modello di “efficienza”, tanto da diventare sotto la gestione Maroni il biglietto da visita del Carroccio. Rizzi è fra l’altro l’artefice della riforma sanitaria in Lombardia.

Il più incredulo è proprio lui, l’ex ministro dell’Interno che fa sapere di essere “deluso”, per l’inchiesta “Smile”. “Sono molto incazzato per quello che è successo, fermo restando la presunzione di innocenza e la fiducia nella magistratura”. commenta a caldo Maroni. “Il mio primo sentimento è di stupore e di grande delusione se le accuse fossero confermate nei confronti di Fabio Rizzi”.

Matteo Salvini, segretario federale del Carroccio su Facebook si dice, dopo “cinque riflessioni”, “Orgoglioso di essere il segretario della Lega”. Per Salvini “Chi sbaglia davvero, non merita la Lega. Spero che le accuse si rivelino una bufala. Spero che alcuni magistrati non siano in campagna elettorale, è accaduto già troppe volte.
Sono sicuro che l’eventuale errore di pochi non danneggi il lavoro delle migliaia di persone che ogni giorno mandano avanti benissimo gli ospedali in Lombardia”.

Esco ora dal Parlamento Europeo e leggo degli arresti in Lombardia.Prima riflessione: chi sbaglia davvero, non merita…

Pubblicato da Matteo Salvini su Martedì 16 febbraio 2016

Il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Raffaele Cattaneo (Ncd), ha commentato sconfortato: “E’ un altro colpo alla credibilità del Consiglio regionale”, ha detto Cattaneo.

Contro, il M5S che con Stefano Buffagni, capogruppo pentastellato in Lombardia, solleva un “problema politico” e chiede senza mezzi termini le dimissioni. “Aspettiamo Maroni in aula – afferma Buffagni -, perché chiarisca la situazione. Non deve venire a difendere la sua poltrona o a ribadire il garantismo costituzionalmente sancito, il problema politico è enorme: venga ad annunciare che si dimette per il bene dei lombardi. Dopo l’arresto dell’ex Assessore alla Sanità Mantovani durante la giornata della legalità e quello del Presidente della Commissione Sanità Rizzi e autore della riforma durante il giorno della memoria è un colpo durissimo per la Lombardia. Le scope di Maroni non funzionano, serve una Lombardia a guida 5 stelle”.

Il blitz del comando provinciale dei carabinieri è stato fatto proprio nel giorno in cui in consiglio era in corso la commemorazione delle vittime delle forze dell’Ordine. I militari milanesi hanno effettuato delle perquisizioni al pirellone e nell’ufficio istituzionale di Fabio Rizzi, arrestato all’alba di stamane.

Tentano furto di un furgone, 3 arresti a Cosenza

Tentano furto di un furgone, 3 arresti a CosenzaCOSENZA – La Polizia di Stato ha arrestato tre persone per tentato furto aggravato in concorso. Si tratta di Gabriele Pati, classe 1970; con precedenti di polizia per rapina, furto e reati inerente gli stupefacenti, in atto sorvegliato speciale; Salvatore Pati classe ‘91 con precedenti di polizia per furto e Francesco Lo Polito, nato il 1992, con precedenti di polizia per furto e ricettazione.

Nel pomeriggio di lunedì, intorno alle ore 15, un poliziotto libero dal servizio ha notato due persone che stavano tentando un furto di un furgone in sosta nei pressi di via Panebianco. Allertata la sala operativa di Cosenza, sul posto sono giunte le volanti del Questore Luigi Liguori e del Reparto prevenzione crimine Calabria che hanno provveduto a bloccare i due che stavano cercando di darsi alla fuga raggiungendo una Mercedes “classe A” dove a bordo vi era Gabriele Pati.

Dalla successiva ricostruzione dei fatti è emerso che Salvatore  Pati e Francesco Lo Polito, accompagnati sul luogo del furto da Gabriele Pati a bordo della Mercedes Classe A, si erano avvicinati al furgone e con un cacciavite, del quale durante la tentata fuga si erano disfatti buttandolo a terra e con il quale avevano rotto il cilindretto della portiere lato guida e posteriori.

Dopo essere stati avvertiti dal “palo”, che sostava con la macchina a poche decine di metri dal luogo del tentato furto, i due arrestati  si davano a precipitosa fuga ma venivano immediatamente bloccati dal personale dell’U.P.G.S.P. e del Reparto Prevenzione Crimine Calabria Settentrionale. Nelle successive operazioni di perquisizione e controllo, a bordo dell’autovettura condotta dal Gabriele Pati venivano rinvenuti e sequestrati attrezzi atti allo scasso e la stessa autovettura priva di copertura assicurativa veniva sottoposto a sequestro amministrativo. Le perquisizioni venivano estese alle abitazioni degli arrestati dove venivano rinvenuti e sequestrati circa 20 grammi di hashish, due bilancini di precisione, un foglio manoscritto con la contabilità afferente ad una attività di spaccio di stupefacenti, nonchè documenti di circolazione inerenti un motoveicolo di provenienza furtiva.

Alla luce degli elementi raccolti a loro carico, i tre venivano arrestati per concorso in tentato furto aggravato e dopo le formalità di rito venivano tradotti presso le rispettive abitazioni agli arresti domiciliari come disposto dall’Autorità giudiziaria competente, in attesa del rito direttissimo. I due Pati, con precedenti specifici per reati inerenti gli stupefacenti, verranno inoltre denunciati per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo hashish.  

Monza, violentava aspiranti modelle. Arrestato finto manager

Polizia di Stato Monza
Nel riquadro il presunto violentatore, L.C., arrestato dalla Polizia di Monza

Monza Brianza – Gli agenti del Commissariato di Monza hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un italiano, L.C. di 43 anni, per violenza sessuale.

Le indagini sono state avviate lo scorso mese di novembre e coordinate dalla Procura della Repubblica di Monza dopo che una donna ha denunciato di aver patito una violenza sessuale nel comune di Sesto San Giovanni.

I successivi accertamenti hanno consentito di riscontrare delle importanti analogie che hanno indotto gli agenti a ritenere che l’autore della violenza potesse essere il presunto responsabile di un altro episodio commesso nel 2014, sempre nello stesso comune dell’hinterland milanese, e per il quale il Commissariato di Monza aveva svolto un’attività d’indagine, identificandone l’autore risultato poi irreperibile.

Nei due casi, il presunto responsabile delle violenze ha adottato lo stesso modus operandi: millantava di essere il titolare di un’agenzia di modelle, offrendo alle vittime un’opportunità di lavoro rivelatesi, poi, subordinate a delle prestazioni sessuali; inoltre adescava delle donne dalla personalità debole e scarsa capacità reattiva.
Una volta carpita la fiducia, invece di condurle nel sedicente studio dell’agenzia, portava le vittime in luoghi abbandonati per consumare le violenze.

Bufera in Regione Lombardia, arrestato Fabio Rizzi. "Corruzione"

Bufera in Regione Lombardia, arrestato Fabio Rizzi. "Corruzione"
Il consigliere regionale della Lega Nord in Lombardia, Fabio Rizzi

Milano – All’alba di martedì, i Carabinieri del Comando Provinciale di Milano hanno arrestato 21 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, corruzione, turbata libertà degli incanti e riciclaggio. L’inchiesta verte su presunti appalti pilotati nella sanità lombarda, in particolare nei servizi odontoiatrici. Tra gli arrestati spicca il nome di Fabio Rizzi, medico anestesista, consigliere della Lega Nord alla Regione Lombardia dove ricopre il ruolo di presidente della Commissione “Sanità e Politiche Sociali”.

Il provvedimento restrittivo, eseguito nelle province di Milano, Monza e Brianza, Como, Varese, Bergamo, Brescia e Palermo, è stato emesso dal Gip presso il Tribunale di Monza, Emanuela Corbetta, su richiesta della procura brianzola.

SVILUPPI DELL’INCHIESTA
L’indagine, denominata “Smile”, svolta dal Nucleo Investigativo di Milano ed avviate nell’autunno del 2013, ha riguardato dinamiche interne al mondo della sanità regionale che, dal 2004, ha conosciuto il proliferare di numerosi appalti pubblici d’ingente valore attraverso cui numerose Aziende ospedaliere hanno esternalizzato il servizio di gestione di ambulatori odontoiatrici.

Gli inquirenti hanno potuto ricostruire come negli anni, al moltiplicarsi delle gare, sia corrisposta la nascita ed il consolidamento di una posizione di sostanziale monopolio di un gruppo imprenditoriale con sede ad Arcore (Odontoquality), vincitore della pressoché totalità degli appalti.

Gli accertamenti hanno permesso di ricostruire come questa situazione sia stata la conseguenza dell’esistenza, in Lombardia, di un presunto circuito criminale orientato ad influenzare (mediante la turbativa delle gare d’appalto bandite) le dinamiche di tale peculiare ambito, interferendo sul piano amministrativo, imprenditoriale e politico.

Secondo l’accusa, sul fronte amministrativo vi sono funzionari pubblici di diverse Aziende Ospedaliere che, corrotti dalle imprese fornitrici dei servizi sanitari, hanno reso loro favori illeciti nella gestione delle pratiche di loro competenza;

Su quello imprenditoriale, vi sarebbero corruttori che hanno beneficiato dell’aggiudicazione di importanti appalti pubblici truccati o di altre prestazioni illecite, accaparrandosi i proventi di un giro d’affari complessivo stimato in circa 400 milioni di euro dal 2004 ad oggi.

Sul fronte politico, il consigliere della Regione Lombardia Fabio Rizzi ed un componente del suo staff che avrebbero garantito, con il loro appoggio strategico, le condizioni per far perdurare l’esistenza del “sistema” clientelare. La ricerca della necessaria “copertura politica” da parte dell’imprenditrice al vertice del gruppo si è tradotta in un interessato connubio tra i livelli imprenditoriale e politico, dando vita ad una presunta associazione per delinquere responsabile della commissione di molteplici reati contro la Pubblica amministrazione la cui figura centrale risulta essere Maria Paola Canegrati, amministratrice del complesso sistema societario che – secondo gli investigatori – ha potuto procurarsi negli anni, “attraverso turbative d’asta, la corruzione degli associati Longo e Rizzi e la corruzione dei funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria affidati in service ai privati dalle singole aziende ospedaliere e alle forniture per i medesimi servizi, la stipulazione di vantaggiosi contratti per le predette società, nonché, sempre attraverso la corruzione degli associati Longo e Rizzi, la stipulazione di vantaggiosi contratti con strutture sanitarie private e private convenzionate”.

Nello specifico Fabio Rizzi e Mario Longo, si legge nell’ordinanza, “nelle rispettive qualità, il primo di consigliere Regionale della Regione Lombardia e presidente della Commissione “Sanità e Politiche Sociali” del Consiglio Regionale, il secondo di appartenente allo staff del primo con incarichi pubblici nell’ambito dell’odontoiatria, abusando dei propri ruoli e poteri, inducevano i funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria e alle forniture odontoiatriche dell’aziende Ospedaliere della Regione, nonché gli amministratori delle strutture private e private convenzionate della Regione, a favorire nell’indizione delle gare d’appalto o nella scelta del contraente privato le società riconducibili alla Canegrati”.

Rizzi e Longo, in ragione del loro ruolo, secondo l’accusa, avrebbero favorito l’imprenditrice nello svolgimento di due gare d’appalto bandite dalle Aziende ospedaliere “Istituti Clinici di Perfezionamento” (del 2015, da 45 milioni di euro) e “Ospedale di Circolo di Busto Arsizio“ (del 2014, da 10 milioni di euro). Inoltre, nei rapporti economici intrattenuti con importanti strutture sanitarie private (Clinica San Pio X, Istituto Stomatologico Italiano e San Raffaele) accreditate con il Sistema sanitario regionale, al fine di ottenere nuove commesse o di scongiurare la rescissione di contratti già in essere con le aziende della donna.

Infine, nei progetti d’espansione della stessa anche in altre regioni d’Italia, in particolare intercedendo sulle decisioni di un ulteriore gruppo imprenditoriale gestore di servizi presso alcune strutture sanitarie toscane a sua volta favorito, dagli stessi Longo e Rizzi, in un progetto di collaborazione Lombardia-Brasile che prevedeva la costruzione di un ospedale pediatrico nella regione del Goias. Un progetto, che sarebbe stato gestito in prima persona da Rizzi e da Longo, e comportava la costruzione, in Sud America, di un ospedale per bambini “gemello” del milanese Buzzi.

Per fare ciò Fabio Rizzi e Mario Longo sarebbero stati remunerati attraverso il finanziamento della campagna elettorale di Rizzi per le elezioni regionali del febbraio 2013, con dazioni in denaro, tra cui una presunta tangente di 50.000 euro (pagata in contanti grazie all’intermediazione di un soggetto accusato di riciclaggio) ed una serie di finte consulenze – per 5.000 euro al mese – fatturate dalla moglie di Longo.

Altra formula accertata dagli inquirenti, è stata la creazione di una società utilizzata per istituire alcuni ambulatori odontoiatrici in strutture sanitarie private, le cui quote sono state intestate alla Canegrati e, per interposta persona, al Longo ed al Rizzi. Nonché la promessa di ulteriori future nuove dazioni in denaro o di incarichi di natura privata.

Le indagini, oltre al contesto associativo illecito generato dalle aderenze tra la sfera politica e quella imprenditoriale hanno permesso anche di dimostrare la commissione di una serie di reati coincisi con le turbative di ulteriori gare d’appalto ottenute attraverso la corruzione dei singoli funzionari pubblici e la loro “induzione ambientale”. I pubblici amministratori, cioè, da una parte si sono visti remunerare gli appoggi garantiti all’imprenditrice, dall’altra, operando in seno ad Aziende Ospedaliere i cui vertici sono di nomina politica, hanno scelto di non ostacolare Maria Paola Canegrati in forza degli appoggi strategici a lei garantiti da Longo e Rizzi.
I magistrati contestano la corruzione di tre funzionari dell’Azienda ospedaliera di Desio e Vimercate, in relazione alla turbativa d’asta di una gara d’appalto del 2010 dell’Ao di Desio e Vimercate del valore di 90 milioni di euro circa e all’omessa contestazione di gravi carenze nella qualità del servizio reso dalle aziende dell’imprenditrice in seno all’AO di Desio e Vimercate in forza del predetto appalto; la corruzione di un funzionario amministrativo degli Istituti Clinici di Perfezionamento (ora ASST Nord Milano) in relazione alla turbativa della già citata gara d’appalto del 2014 dell’Ao “Istituti Clinici di Perfezionamento” di Milano del valore di 45 milioni di euro circa; la corruzione di un odontoiatra dell’Ao “Policlinico di Milano”, in relazione alle illecite condotte poste in essere per favorire le aziende dell’imprenditrice nell’esecuzione di un appalto in essere presso detta struttura. La corruzione di due ex funzionari dell’Ao di Melegnano (ora ASST Melegnano e della Martesana), in relazione all’illecita estensione di un contratto d’appalto già in essere presso l’AO di Melegnano. La turbativa di una gara d’appalto del 2015 dell’Ao di Desio e Vimercate del valore di 105 milioni di euro circa (rinnovo del precedente appalto), contestata, oltre all’imprenditrice, ai vertici dell’Ao al momento dell’indizione del bando (ora mutati); la corruzione, da parte di un imprenditore, di Rizzi, Longo e di un ulteriore soggetto dell’entourage del primo, per favorire l’assegnazione di un finanziamento concesso da Finlombarda (finanziaria di Regione Lombardia).

Le indagini hanno fatto, infine, emergere gli “effetti deleteri del continuo asservimento degli infedeli pubblici ufficiali e incaricati di pubblici servizi agli interessi di privati”, dimostrando come “non solo sono stati violati i principi cardine di trasparenza, imparzialità, legalità, indispensabili per una buona amministrazione pubblica, ma si è determinata l’erogazione di servizi scadenti con ricadute, di natura economica e non, sia sugli enti pubblici che sui pazienti”.

Il provvedimento cautelare ha disposto, inoltre, il sequestro della somma di 50.000 euro a carico – in solido – del Longo e del Rizzi e di 38.000 euro a carico del solo Longo, quale profitto della corruzione ai fini della confisca per equivalente.

Raid in Siria. È strage. Sale tensione tra Mosca, Usa e Ankara

Raid in Siria. È strage. Sale tensione tra Mosca, Usa e Ankara
L’ospedale di Medici senza frontiere distrutto dai bombardamenti in Siria

Dopo la telefonata di “disgelo” tra Barack Obama e Vladimir Putin, appunto per la questione siriana, sale di nuovo la tensione tra le due superpotenze e tra la Russia e la Turchia. Lunedì “più raid russi”, che sarebbero stati condotti “insieme all’aviazione filogovernativa di Assad”, hanno causato gravissimi “danni collaterali” con decine di morti, tra cui molti bambini, e centinaia di feriti. Lo riferiscono media arabi, tra cui l’edizione online di Aljazeera. Il governo di Damasco accusa invece gli Usa di aver colpito un ospedale.Oba

I raid sono tutti concentrati a nord della Siria, nella provincia di Aleppo. Finora sono stati colpiti una scuola e tre ospedali, tra cui uno gestito da Médecins Sans Frontières (Msf).

Medici senza frontiere conferma la distruzione totale dell’ospedale di Maarrat Numan, a Idlib, senza fornire un bilancio preciso delle vittime, mentre Aljazeera parla di 21 morti e le Nazioni Unite di 50.

“Sembra essere stato un attacco deliberato contro una struttura sanitaria, e lo condanniamo nel modo più fermo possibile”, ha detto Massimiliano Rebaudengo, capo delle operazioni di Msf per la Siria.

L’ospedale è stato colpito da quattro missili a distanza di minuti uno dall’altro. Msf ha detto che otto membri del personale sono dispersi. La struttura sanitaria aveva 30 posti letto e 54 operatori medici e paramedici. La clinica offriva assistenza a una popolazione di 40.000 persone.

Mosca, continueremo raid Aleppo anche con tregua – La Russia continuerà a bombardare la zona circostante Aleppo anche se si dovesse arrivare ad un accordo sul cessate il fuoco in Siria. Lo dice il ministero degli Esteri russo, citato da Interfax.

Mosca, con bombe Turchia sostiene terrorismo – Il bombardamento del territorio siriano da parte di Ankara equivale a “un manifesto sostegno al terrorismo internazionale e alla violazione delle risoluzioni del consiglio di sicurezza dell’Onu”. Lo sostiene il ministero degli Esteri russo. “La Turchia – aggiunge – continua a favorire la penetrazione illegale di forze fresche jihadiste e mercenari armati in Siria”, riporta Interfax.

Medvedev, con truppe di terra conflitto ‘infinito’ – Un eventuale invio di truppe di terra rischia di far diventare “infinito” il conflitto in Siria: lo ha detto il premier russo Dmitri Medvedev in un’intervista al settimanale Time ripresa dal sito internet del governo russo. “La Russia – ha precisato Medvedev – non intende restare in Siria per sempre. Noi – ha proseguito – siamo li’ per compiere una missione limitata e specifica che e’ legata alla protezione dei nostri interessi nazionali”.

Mosca, su raid ospedali in Siria “solo propaganda” – “Si tratta di un nuovo capitolo dell’esercizio di propaganda in corso”, dice all’Ansa la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova commentando le accuse rivolte dal premier turco a proposito dei bombardamenti in Siria. Più in generale, la portavoce ha sottolineato che nelle notizie diffuse dai media “non ci sono informazioni specifiche che possono essere presentate come prove” ma solo “accuse”.

Siria: Damasco accusa, clinica Msf colpita da jet Usa – L’ambasciatore siriano in Russia, Riyad Haddad, sostiene che siano stati dei jet Usa a colpire una clinica di Medici senza Frontiere (Msf) nella provincia siriana di Idlib, e non “le forze aeree russe” che “non hanno nulla a che fare con questo”. Lo riportano Interfax e Tass.

Siria: Usa, nostri raid odierni non vicino a ospedali – I raid odierni americani in Siria sono stati condotti su Raqqah e Hasakah, non nell’area degli ospedali colpiti. Lo afferma il portavoce delle operazioni americane contro l’Isis, il colonnello Steve Warren.

Siria: inviato Onu De Mistura a sorpresa a Damasco – L’inviato speciale dell’Onu per la Siria Staffan De Mistura è arrivato oggi a Damasco in una visita a sorpresa. Lo riferisce con una scritta in sovrimpressione la tv panaraba al Arabiya che cita fonti governative siriane

Siria: Onu, missili su ospedali e scuole, 50 i morti – E’ di quasi 50 civili uccisi il bilancio dei raid missilistici nel nord della Siria su ospedali e scuole. Lo annunciano le Nazioni Unite

Siria: Onu, 5 ospedali bombardati e 2 scuole – Sono 5 gli ospedali e le cliniche colpite in Siria e due le scuole: lo annuncia il portavoce dell’Onu, Farhan Haq

Amnesty stima siano 336 i centri medici attaccati in Siria dall’inizio del conflitto, nel 2011. L’ong, citando di dati dell’organizzazione Physicians for Human Rights, stima siano stati uccisi 697 tra medici e volontari. Amnesty punta l’indice contro Damasco e i suoi alleati, “sospettati di essere responsabili della maggior parte di questi attacchi”.

Arrestato Florin Lacatus, latitante rumeno pluripregiudicato

Arrestato Florin Lacatus, latitante rumeno pluripregiudicato
Nel riquadro il latitante rumeno arrestato a Cosenza, Florin Lacatus

Era ricercato dalla procura di Reggio Calabria dal dicembre 2014, dopo un’evasione dai domiciliari dove era agli arresti dall’agosto dello stesso anno. Il suo status di latitante è finito lunedì pomeriggio in una casa “rifugio” nel centro storico di Cosenza, “blindata” dai suoi parenti. Si tratta di Florin Lacatus, 26enne, un pluripregiudicato rumeno.

Ad assicurarlo nuovamente alla giustizia, i carabinieri della Stazione di Cosenza Principale che sono giunti a Lacatus – accusato di furto aggravato plurimo, resistenza a pubblico ufficiale e evasione – al termine di una capillare attività informativa, nel corso della quale hanno acquisito numerosi indizi che li han portati a ritenere che il latitante rumeno si trovasse in una abitazione di via Giuseppe Serra, nel centro storico.

Un volta individuato dove si nascondeva il latitante, i carabinieri hanno deciso di procedere con un blitz a sorpresa all’interno dell’appartamento ma gli occupanti, tutti prossimi congiunti di Lacatus, allarmati dalla situazione, hanno tentato di sviare l’attività di ricerca dei militari fino a quando, alla richiesta di poter accedere in una camera, i parenti si sono opposti ponendosi tra la porta ed i carabinieri. A quel punto i militari hanno fatto comunque irruzione trovando Florin Lacatus nascosto sotto al letto.

Il 26enne, è stato quindi ammanettato e condotto presso la locale caserma al fine di procedere all’arresto e alla successiva traduzione in carcere in ottemperanza dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Reggio Calabria.

Orrore a Vallefiorita, agricoltore ucciso e bruciato

Orrore a Vallefiorita, agricoltore ucciso e bruciatoVallefiorita (Catanzaro) – Orrore nel Catanzarese dove il proprietario di un terreno agricolo a Vallefiorita è stato ucciso e dato alle fiamme. Il cadavere carbonizzato dell’uomo, è stato trovato dai carabinieri in un terreno agricolo nelle campagne del piccolo centro.

I resti bruciati della persona erano all’interno di un’auto totalmente distrutta dalle fiamme. Sul posto sono intervenuti i militari della Compagnia di Girifalco – guidati dal capitano Silvio Maria Ponzio – che hanno avviato le indagini. Al momento non viene esclusa alcuna ipotesi, ma la pista più accreditata sembra essere quella dell’omicidio.

I militari dell’Arma, sono risaliti all’identità (non rivelata) del proprietario attraverso una prima ispezione sull’auto. Si tratterebbe di un uomo di 58 anni, di Vallefiorita, proprietario dello stesso terreno agricolo e di un casolare che sorge nelle vicinanze del luogo del ritrovamento del cadavere.

Bisogna attendere i rilievi dei carabinieri per capirne di più. L’esame autoptico accertare se l’uomo sia stato prima ucciso e quale sia l’arma utilizzata per l’omicidio.

Altro agguato a Reggio. Ucciso imprenditore Giovanni Vilasi

Altro agguato a Reggio. Ucciso imprenditore Giovanni VilasiUn imprenditore edile di 51 anni, Giovanni Vilasi, è stato ucciso in un agguato a Reggio Calabria, nella frazione “Gallina”. L’omicidio è avvenuto nel primo pomeriggio di lunedì.

Secondo una prima ricostruzione fornita dalla Polizia, Vilasi è stato raggiunto da alcuni colpi di pistola mentre usciva da una pasticceria. A sparare é stata una persona che è fuggita a bordo di un’automobile condotta da un complice.

La Squadra Mobile, che conduce le indagini, sta ascoltando alcune persone per accertare le dinamica dell’agguato e ricostruire gli ultimi istanti di vita dell’imprenditore.

Giovanni Vilasi, che aveva precedenti di polizia, è l’ennesima vittima dell’escalation criminale in città e provincia. La scorsa settimana a Reggio Calabria il ministro dell’Interno, Angelino Alfano aveva presieduto il comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza proprio per l’innalzarsi dello scontro armato in riva allo stretto nonché per la sfilza di intimidazioni in tutta la Calabria.

Matteo Salvini contro i giudici. La procura di Torino indaga

Matteo Salvini contro i giudici. La procura di Torino indaga
Matteo Salvini al congresso della Lega Nord a Torino

Il Procuratore della Repubblica di Torino, Armando Spataro, ha avviato degli accertamenti sulle espressioni contro la magistratura pronunciate dal segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini in occasione del congresso piemontese del Carroccio. Il magistrato, che ha affidato l’incarico alla Digos di Milano, vuole verificare la sussistenza del reato di vilipendio dell’ordine giudiziario.

Domenica, Matteo Salvini, intervenendo dal palco del congresso piemontese del Carroccio, aveva detto: “Se so che qualcuno, nella Lega, sbaglia sono il primo a prenderlo a calci nel culo e a sbatterlo fuori. Ma Rixi è un fratello e lo difenderò fino all’ultimo da quella schifezza che è la magistratura italiana. Si preoccupi piuttosto della mafia e della camorra, che sono arrivate fino al Nord”. Il riferimento era a Edoardo Rixi, vice del leader leghista e assessore regionale allo Sviluppo Economico della regione Liguria, rinviato a giudizio per la rimborsopoli ligure.

MATTEO SALVINI: “MAGISTRATURA FACCIA PULIZIA AL SUO INTERNO” – “Come ovvio, e per fortuna, – commenta Matteo Salvini l’iniziativa della Procura di Torino – ci sono tanti giudici che fanno benissimo il loro lavoro: penso a chi è in prima linea contro mafia, camorra e ‘ndrangheta. Purtroppo è anche vero che ci sono giudici che lavorano molto di meno, che fanno politica, che indagano a senso unico e che rilasciano in 24 ore pericolosi delinquenti. Finché la magistratura italiana non farà pulizia e chiarezza al suo interno, l’Italia non sarà mai un paese normale”.

Svolta nell'omicidio di Pierpaolo Pomatto. Fermato Mario Perri

Da sinistra, la vittima Pierpaolo Pomatto e il presunto killer Mario Perri
Da sinistra, la vittima Pierpaolo Pomatto e il presunto killer Mario Perri

TORINO – Svolta nelle indagini sull’omicidio di Pierpaolo Pomatto, il 66enne pregiudicato, trovato giustiziato con un colpo di pistola alla testa lo scorso 19 gennaio a Vesignano di Rivarolo.

I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torino e di Ivrea, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Ivrea, hanno fermato un 55enne, Mario Perri, pregiudicato di Rivarolo canavese, nei cui confronti sono stati acquisiti gravi e convergenti elementi di responsabilità per il coinvolgimento nell’omicidio.

Gli inquirenti sono risaliti a Mario Perri – soggetto legato ad ambienti della droga – attraverso l’esame di computer e telefono di Pierpaolo Pomatto, che prima di essere ucciso sarebbe stato “sequestrato” dall’indagato mentre viaggiava a bordo della sua auto.

Pierpaolo Pomatto sarebbe stato prima bloccato e poi costretto a salire su un’altra macchina, forse sotto la minaccia di una pistola. Portato nella frazione Vesignano, è stato giustiziato con un colpo alla nuca. L’assassino ha firmato l’omicidio lasciando sul cadavere oltre 200 biglietti da 50 euro, con la scritta “facsimile”. Il movente sarebbe riconducibile ad un presunto debito che la vittima aveva con l’assassino.

Martin Kobler: Varata la lista dei ministri per nuova Libia

Libia, Martin Kobler: "Varata la lista dei ministri"
L’inviato Onu per la Libia Martin Kobler

E’ stata varata la lista dei ministri del governo di unità nazionale libico da sottoporre alla fiducia del parlamento di Tobruk: lo annuncia l’inviato dell’Onu per la Libia, Martin Kobler, e vari media libici i quali precisano che l’esecutivo è formato da 18 elementi (13 “ministri” e cinque “ministri di Stato”).

“Auguri al Consiglio presidenziale per la nomina del governo di unità nazionale. Il viaggio verso la pace e l’unità del popolo libico è finalmente partito”, ha scritto in un tweet il Rappresentante speciale per la Libia del Segretario generale delle Nazioni unite Kobler aggiungendo: “E’ ora cruciale che la Camera dei rappresentanti avalli il governo”: “è un’opportunità unita di pace che non deve essere sprecata”.

Il nuovo esecutivo è stato deciso dopo che le Nazioni unite hanno trovato l’accordo su Fayez al-Sarraj quale primo ministro incaricato di guidare il nuovo governo di unità nazionale. Governo che dovrebbe portare alla normalizzazione del paese.

Mogherini, una buona notizia – La lista dei ministri del governo libico comunicata la notte scorsa é “una buona notizia” ed “ora spero che la Libia possa avere molto presto un governo pienamente operativo”. Lo ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini, arrivando al Consiglio Esteri. (Ansa)

Decimomannu, botte a disabili dell'Aias. Sospesi 14 operatori

Decimomannu, botte a disabili dell'Aias. Sospesi 14 operatori
L’Aias di Decimomannu

DECIMOMANNU (CAGLIARI) – Maltrattamenti, percosse, lesioni personali, omissione di referto nei confronti degli ospiti affetti da gravi e croniche forme di disabilità psicofisica.

Sono queste le accuse contestate a 14 operatori dell’Aias di Decimomannu (Cagliari), ai quali i carabinieri del Comando provinciale di Cagliari e gli specialisti del Nas hanno notificato lunedì mattina le misure cautelari di sospensione dal pubblico servizio per sei mesi. A far partire le indagini, coordinate dal pm Liliana Ledda, sarebbe stato l’esposto di un dipendente dell’Aias.

Secondo quanto emerso dalle indagini dei militari, iniziate nel 2014, i 14 operatori avrebbero maltrattato alcuni ospiti, tutti adulti, della struttura sanitaria dove si trovano a causa delle loro condizioni psicofisiche.

Lamezia Terme. Falsi braccianti imposti da 'ndrangheta, 4 avvisi

Braccianti agricoli nei campi a 1 euro all'ora. Denunciati caporali a Sibari | Falsi braccianti Lamezia Terme

Lamezia Terme (Cz) – Quatto avvisi di garanzia sono stati notificati dalla Guardia di finanza di Lamezia Terme ad esponenti delle cosche della ‘ndrangheta per i reati di truffa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di imprenditori agricoli.

Nel corso delle indagini, dirette dalla Dda di Catanzaro, è emerso che i quattro indagati imponevano agli imprenditori agricoli la loro assunzione e quella dei loro familiari per ottenere dall’Inps le indennità di disoccupazione, malattia e maternità.

Uno degli indagati ha imposto ad un imprenditore agricolo del lametino la sua assunzione e quella della moglie e della cognata. Un caso analogo è avvenuto con un secondo esponente della ‘ndrangheta lametina. La truffa ai danni dell’Inps ammonta ad oltre 100.000 euro.

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