15 Ottobre 2024

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Torino, minore dava pizzo a 2 coetanei per protezione. 2 arresti

Torino, minore vittima bullismo dava pizzo a 2 coetanei per protezione. 2 arresti a Rivara ChivassoTORINO – I carabinieri di Rivara e Chivasso hanno arrestato in flagranza due minorenni di 15 anni residenti in provincia di Torino con l’accusa di estorsione. I due, in cambio di cospicue somme di denaro, avrebbero “protetto” un coetaneo probabilmente vittima di bullismo, fin quando liberatosi da un verso dai bulli, la vittima è rimasta incastrata dai suoi “protettori” con continue richieste dei quattrini.

Da circa tre mesi, i due ragazzi avrebbero costretto un loro coetaneo a versare loro, con cadenza settimanale, una sorta di rata assicurativa per non essere picchiato per un totale di 2.500 euro. I periodo riferito è di dicembre 2015 – febbraio 2016.

La quota è progressivamente lievitata. La vittima, che ad un certo punto non era più in grado di pagare, è stata minacciata e “invitata” dai suoi persecutori a spacciare hashish per loro in maniera tale da poter saldare le successive rate. Secondo quanto accertato l’ordine di uno dei piccoli capi sarebbe stato: “Se non puoi pagare la rata spaccia hashish per noi”.

Le consegne del denaro sono sempre avvenute vicino alla scuola superiore frequentata dai ragazzi. Le indagini dei militari sono iniziate dopo la denuncia presentata dalla vittima.

L’arresto dei due presunti estorsori è avvenuto in flagranza dopo la consegna dell’ultima rata. I due ragazzi sono stati collocati ai domiciliari e gli atti trasmessi alla procura competente per i minorenni.

Aveva 2 chili di droga leggera nell’armadio. Arrestato

sequestro di droga reggio calabria  Arrestato Sebastiano Repaci
La droga e le cartucce sequestrate a Sebastiano Repaci

Un uomo, Sebastiano Repaci, di 30 anni, è stato arrestato e posto ai domiciliari dai carabinieri a Reggio Calabria per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

I carabinieri hanno compiuto una perquisizione nell’abitazione di Repaci dove hanno trovato 2,4 chilogrammi di marijuana tre bilancini di precisione e 45 cartucce calibro 20. La droga, conservata in 7 involucri di plastica sottovuoto per evitare che l’odore potesse attirare l’attenzione, era nascosta dietro un armadio della camera da letto.

La rilevante entità della sostanza rinvenuta, per qualità e quantità, in relazione altresì alla metodologia del confezionamento ed al possesso di strumentazione idonea alla pesatura di precisione, mette in evidenza lo spessore dell’ attività di spaccio posta in essere dal Repaci.

Al termine delle formalità di rito, Sebastiano Repaci è stato sottoposto al regime degli arresti domiciliari, misura cautelare confermata a seguito della convalida dell’arresto da parte del Giudice delle Indagini Preliminari del locale Tribunale.

Polizia penitenziaria di Crotone protesta per carenza organico

La polizia penitenziaria di Crotone protesta per l'organico
La polizia penitenziaria di Crotone protesta per l’organico (foto repertorio)

CROTONE, 5 MAR – Il personale della polizia penitenziaria in servizio a Crotone ha protestato nei giorni scorsi rifiutando il pasto servito nella mensa di servizio, a causa delle gravi difficoltà operative, derivanti dalla carenza di organico.

Alla protesta ha aderito tutto il personale compreso quello non appartenente alla polizia penitenziaria. A rendere nota la notizia è Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe).

“La segreteria generale del Sappe – è scritto in una nota esprime la massima solidarietà e condivisione verso l’iniziativa del personale di Crotone; iniziativa che giunge dopo tante segnalazioni fatte all’amministrazione centrale e soprattutto regionale, il cui immobilismo ci preoccupa per il futuro del buon andamento della struttura di Crotone e di tuttI gli istituti calabresi”.

Messina, 8 arresti per sequestro di persona a scopo estorsione

Messina, 8 arresti per sequestro di persona a scopo estorsioneOtto persone di Catania, già noti alle Forze dell’Ordine, sono state arrestate nella notte dai Carabinieri del Comando Provinciale di Messina con l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione in corcorso.

Gli indagati avevano messo in atto un sequestro di persona ai danni di un pasticciere 63enne di origini siciliane e residente a Pomezia (Roma). L’uomo, nel primo pomeriggio del 3 marzo 2016, mentre si trovava nei pressi della sua abitazione in località Torvajanica, è stato avvicinato con una scusa da due soggetti che, dopo averlo prelevato contro la sua volontà dall’abitazione, con violenza erano riusciti a caricarlo a bordo di una vettura e, seguiti da complici a bordo di altra autovettura, si erano allontanati velocemente.

A dare l’allarme alcuni cittadini che segnalavano al 112 che si stava verificando una colluttazione, tanto che i Carabinieri intervenivano tempestivamente sui luoghi segnalati, ricostruendo immediatamente la reale natura del fatto.

Le immagini delle telecamere presenti nella zona hanno subito permesso ai militari della Compagnia di Pomezia di individuare con precisione i mezzi impiegati per il reato, ovvero due autovetture Mercedes classe “B”, nonché la direzione di marcia, considerato che dalla consultazione dei transiti autostradali erano risultate in movimento da nord a sud lungo l’autostrada.

E’ iniziata così una vasta attività di controllo del territorio condotta dai Carabinieri, la quale ha consentito di individuare i mezzi mentre percorrevano il tratto calabro dell’autostrada A3 Salerno – Reggio Calabria.

Le autovetture sono state intercettate nel piazzale antistante la stazione ferroviaria di Villa San Giovanni, dove alle due Mercedes si aggiungeva una Fiat Punto con a bordo altri complici. I militari dell’Arma, a questo punto, notavano che la vittima veniva trasferita, sempre con violenza, sulla Fiat Punto e che le tre autovetture si imbarcavano su una nave della società Caronte dirette in Sicilia.

Così, quando le tre vetture sono sbarcate, i Carabinieri, decidevano di intervenire bloccandole lungo il percorso di uscita dell’area portuale, immobilizzandone gli occupanti e liberando l’ostaggio, visibilmente scioccato e con delle contusioni.

Secondo la ricostruzione dei Carabinieri il movente dell’azione delittuosa andrebbe ricondotto al tentativo dei malviventi di ottenere la restituzione di un debito di oltre 100.000 euro contratto, per motivi in corso di accertamento, dalla famiglia dell’ostaggio, il cui rapimento, dunque, era finalizzato a ottenere il recupero della predetta somma.

Al termine delle formalità, tutti gli arrestati sono stati condotti presso il carcere di Messina-Gazzi con l’accusa di sequestro di persona a scopo di estorsione in concorso.

Centro sportivo Sant’Agata, convalidato il sequestro

centro sportivo sant'agata REGGIO CALABRIA – Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio Calabria ha convalidato il sequestro di alcune strutture e di un campo sportivo del centro sportivo Sant’Agata di proprietà della Reggina Calcio Spa.

Il sequestro delle strutture è stato eseguito nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia Provinciale di Reggio Calabria su disposizione del Procuratore della Repubblica, Federico Cafiero de Raho e del procuratore aggiunto, Gerardo Dominijanni, nell’ambito di una inchiesta. Nell’inchiesta sono indagate due persone per la realizzazione dell’intera struttura sportiva in assenza dei permessi di costruire.

Durante le indagini sono state ricostruite le vicende amministrative legate alla realizzazione dell’impianto sportivo della Reggina Calcio. E’ stato accertato che la struttura è abusiva in quanto costruita in violazione delle norme urbanistica, edilizia ed ambientale.

Napoli, catturato il latitante Luigi Cimmino

Napoli, catturato il latitante Luigi Cimmino
Luigi Cimmino

NAPOLI – Il boss della zona collinare di Napoli, Luigi Cimmino, 55 anni, irreperibile da luglio scorso, è stato rintracciato e arrestato a Chioggia dai carabinieri che hanno anche arrestato quasi contemporaneamente a Napoli il genero, Pasquale Palma, 35 anni. Entrambi erano ricercati per associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione. La misura cautelare era stata eseguita a luglio scorso, ma Cimmino e il genero erano stati scagionati dal Riesame.

A febbraio scorso la Cassazione aveva confermato il provvedimento restrittivo, ma il capoclan aveva già fatto perdere le sue tracce subito dopo la scarcerazione. Il 55enne è stato rintracciato in una abitazione anonima di un condominio a Chioggia, il borsone pronto e 7 mila euro in contanti. Ora è nel carcere di Venezia e una persona di 57 anni veneta, P.L., è stata denunciata per favoreggiamento. A Napoli, Palma era nascosto in un appartamento di via Imbriani, dove è stato arrestato anche un 33enne per favoreggiamento. Luigi Cimmino da tempo nei quartieri di Vomero e Arenella impone con metodi violenti il ‘pizzò a commercianti e imprenditori in modo capillare. In ambienti investigativi non si esclude che Chioggia fosse solo un rifugio temporaneo nella latitanza del boss, pronto a lasciare l’Italia se i suoi avvocati non fossero riusciti a evitargli ancora una volta una lunga detenzione.

Cimmino era stato scarcerato anche nel 2011 dopo aver scontato una condanna, e aveva subito ripreso le redini del clan, intensificando le estorsioni perchè, dicono i pentiti, voleva “tutti in ginocchio” tra i commercianti del Vomero e Arenella. Era stato arrestato così il 20 luglio 2015 insieme a Palma e altri tre affiliati, tra i “bravo” e gli applausi di incoraggiamento e ossequio dei parenti, e scarcerato 11 giorni dopo, come Palma, per insufficienza di indizi nonostante i verbali dei collaboratori di giustizia, i colloqui in carcere intercettati tra componenti della cosca e gli sms analizzati dagli inquirenti.
Molto lucido e determinato, ma pronto anche a fingersi pazzo per evitare il carcere, una fissazione per le microspie che teme, luogotenente del ras Caiazzo prima di diventare capoclan, era lui l’obiettivo dei sicari che in un agguato il 17 giugno 1997 uccisero in via Salita Arenella una giovane madre, Silvia Ruotolo, sotto gli occhi dei figli. (Agi)

Sequestrate 11 slot machine irregolari. Sanzioni

carabinieri di Cosenza sequestrano slot machineI carabinieri della Compagnia di Cosenza, nel corso di un servizio di controllo condotto insieme a personale dei Monopoli di Stato, hanno sequestrato sabato mattina 11 slot-machine che erano state collocate in un bar e in un circolo ricreativo del centro città.

Le apparecchiature sequestrate, video-lottery e video-slot, sono della tipologia “Totem”. Il sequestro è stato motivato dal fatto che le slot non erano collegate al normale circuito dei Monopoli ed il loro utilizzo, di conseguenza, é assimilabile al gioco d’azzardo.

Carabinieri e personale dei Monopoli hanno elevato, inoltre, ventimila euro di sanzioni ai proprietari per ogni slot irregolare ed una sanzione analoga agli esercenti dei locali in cui erano state installate le apparecchiature, per un totale di 220 mila euro.

Avrebbero favorito il clan Piromalli, arrestati padre e figlio

Clemente e Giovanni Cedro avrebbero favorito clan Piromalli a Gioia Tauro
Da sinistra Clemente e Giovanni Cedro

Da vittime di usura a presunti fiancheggiatori dei clan di ‘ndrangheta Piromalli di Gioia Tauro. Padre e figlio, commercianti con un passato da imprenditori nel settore dei video-poker, sono stati arrestati dai Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, con l’accusa di false informazioni al pubblico ministero aggravato dalle finalità mafiose, poiché, secondo l’accusa la testimonianza sarebbe stata resa con l’intento di agevolare e scagionare membri legati alla consorteria mafiosa dei “Piromalli”, attiva ed egemone nella Piana di Gioia Tauro.

Il provvedimento cautelare è stato emesso il 29 febbraio 2016 dal gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura Distrettuale a carico di Clemente e Giovanni Cedro, che sono stati posti ai domiciliari. Nel corso dell’attività investigativa “Atlantide”, che ha beneficiato anche del contributo dichiarativo di alcuni collaboratori di giustizia, i Cedro, individuati quali vittime del reato di usura da parte di appartenenti alla cosca “Piromalli”, in sede di deposizione dinnanzi la competente autorità giudiziaria avrebbero negato convintamente le contestazioni mossegli, esponendo delle versioni di comodo di cui padre e figlio successivamente si vantavano e che suscitava in loro piena ilarità.

Infatti, spiegano gli inquirenti, nel corso di contestuali attività di monitoraggio, è emerso che i due avevano fornito ai pm versioni di comodo nella cosciente consapevolezza che le loro dichiarazioni avrebbero potuto far scarcerare alcuni o tutti gli affiliati tratti in arresto lo scorso 22 dicembre, ritenuti presunti esponenti di spicco della citata consorteria criminale (in particolare Biagio Guerrisi e Gennaro Paolillo).

Secondo il quadro d’indagini, ulteriore dato, emerso dalla captazione delle conversazioni tra i due Cedro, e che ineludibilmente fa capire che i due avessero scientemente voluto fornire versioni false su accadimenti che li hanno riguardati sia direttamente che indirettamente, è rilevabile dalla circostanza di avere pianificato la loro remunerazione, per le false dichiarazioni rese, nei confronti degli arrestati nel procedimento “Atlantide”.

Gli investigatori hanno inoltre documentato che Clemente Cedro ha portato a conoscenza Francesco Cosoleto, di anni 37, che risulta indagato nell’ambito del medesimo procedimento per gli stessi reati, dei motivi della sua convocazione e del congiunto presso la Procura Distrettuale e del contenuto delle dichiarazioni rese.
I due, al termine delle formalità di rito, sono stati posti agli arresti domiciliari presso le loro residenze, in attesa degli interrogatori di garanzia.

Libia, liberi gli ostaggi Gino Pollicardo e Filippo Calcagno

Liberati gli ostaggi Libia liberi Gino Pollicardo e Filippo Calcagno
Da destra Gino Pollicardo con Filippo Calcagno ritratti con barba e capelli lunghi mentre parlano al telefono. La foto è stata pubblicata sul profilo Facebook del Sabratha Media Center. In basso il messaggio e ripreso dal Corsera.

I due tecnici della Bonatti rapiti con Fausto Piano e Salvatore Failla uccisi ieri a Sabrata, in Libia, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, sono liberi. Secondo notizie riportate dall’agenzia Ansa, i due tecnici sarebbero in mano alla polizia locale e presto saranno trasferiti “zona sicura” e presi in consegna da agenti italiani che li riporteranno in patria.

I due, sono stati fotografati con capelli e barba lunga. Pollicaro e Calcagno hanno scritto a mano un messaggio. “Io sono Gino Pollicardo e con il mio collega Filippo Calcagno oggi 5 marzo 2016 siamo liberi e stiamo discretamente fisicamente, ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia”. Il breve messaggio scritto in stampatello su un foglietto di quaderno, è stato pubblicato sul Corriere.it insieme ad una foto di Pollicardo e Calcagno, con barba e capelli lunghi, mentre parlano al telefono dopo la liberazione.

La gioia dei familiari – “E’ finita, è finita”, ha detto il figlio di Gino Pollicardo, Gino jr. mentre stava entrando in casa. La moglie Emma Orellana, in lacrime, ha detto: “L’ho sentito al telefono”.

La liberazione è uno sviluppo dei tragici fatti dell’altro ieri che hanno portato all’uccisione degli altri due sequestrati. Ad annunciare che i nostri connazionali erano probabilmente ancora vivi era stato ieri davanti al Copasir il sottosegretario con delega all’intelligence Marco Minniti. Oggi la buona notizia della loro liberazione. I 4 tecnici della Bonatti Spa erano stati rapiti lo scorso luglio da una delle tante milizie (probabilmente cani sciolti appartenenti a gruppi tribali).

E’ improbabile che i 4 siano stati presi in ostaggio dall’Isis. In genere, questi tipi di rapimenti sono fatti per far cassa coi riscatti (non è dato sapere se in questo caso sia stato pagato). Lo Stato islamico, avendo grandi risorse economiche con molta probabilità li avrebbe uccisi subito a scopo propagandistico per dimostrare la loro potenza contro l’Occidente.

San Damiano al Colle (Pavia), uccide il figlio e si costituisce

Pavia, uccide il figlio e si costituiscePAVIA – Un uomo di 76 anni ha ucciso in casa il figlio di 44 anni a Boffalora, frazione di San Damiano al Colle, un comune che si trova nella fascia collinare dell’Oltrepò Pavese. L’omicidio è avvenuto giovedì sera poco dopo le 23. Ad avvisare i carabinieri è stato lo stesso genitore.

Secondo i primi accertamenti condotti dagli investigatori, l’uomo avrebbe ucciso il figlio sparandogli contro diversi colpi di pistola al culmine di una violenta lite. Quando sono giunti sul posto i medici del 118 lo hanno trovato già morto. I carabinieri di Stradella (Pavia) sono rimasti per l’intera notte nell’abitazione teatro del fatto di sangue, raccogliendo anche diverse testimonianze di vicini di casa.

Secondo quanto si apprende, le liti tra i due erano frequenti, scontri familiari legati probabilmente a motivi economici. L’ultima ieri sera, quando l’anziano padre ha deciso di mettere fine alla vita del figlio.

San Giorgio delle Pertiche (Padova), trovata coppia uccisa in auto

San giorgio delle Pertiche Padova, trovata coppia uccisa in auto
La Golf Volkswagen con all’interno i cadaveri della coppia. (Foto da ilgazzettino.it)

SAN GIORGIO DELLE PERTICHE (PADOVA) – I corpi di un uomo e di una donna sono stati trovati all’interno di un’auto parcheggiata in una piazzola di sosta nella frazione Cavino di San Giorgio delle Pertiche (Padova). La scoperta è stata fatta al mattino intorno alle 8 di venerdì da alcuni passanti che hanno dato l’allarme. Le generalità delle vittime non sono ancora state rese note.

Secondo i primi rilievi medico legali, i due sono morti a seguito di colpi d’arma da fuoco. Da quanto riferisce il Gazzettino.it i due avrebbero un foro alla testa. Tra le ipotesi, ancora tutte aperte, anche quella di un omicidio-suicidio. Sul posto sono giunti il magistrato di turno e la Carabinieri della Scientifica. Indagano i militari di Camposampiero e di Cittadella.

All’interno dell’auto, una Golf Volkswagen amaranto, è stata trovata una pistola e un borsone da palestra con all’interno alcune birre. E’ probabile che il crimine, se di crimine si tratta, sia avvenuto nella notte. Non è ancora chiaro se uomo e donna fossero marito e moglie o solo amici.

Lamezia Terme, sequestrata villa a Domenico Giampà

Lamezia Terme, Sequestrata villa a Domenico Giampà
La villa sequestrata a Domenico Giampà
LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Il gruppo di Lamezia Terme della Guardia di finanza ha sequestrato una villa a tre piani del valore di trecentomila euro risultata nella disponibilità di Domenico Giampà, di 35 anni, killer della ‘ndrangheta ritenuto affiliato all’omonima cosca.

Il sequestro è stato fatto in esecuzione di un provvedimento emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Dda. Le indagini che hanno portato al sequestro sono state condotte dal Procuratore della Repubblica facente funzioni, Giovanni Bombardieri, e dal pm Elio Romano.

Giampà, detto “buccacciello” (piccolo boccaccio) a causa del suo fisico minuto, è attualmente detenuto perché condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione per uno dei quattro omicidi che avrebbe commesso per conto della cosca. Secondo quanto è emerso dalle indagini dei finanzieri, la villa, formalmente intestata ad un familiare di Giampà, era stata realizzata dal killer con i proventi della sua attività illecita.

WhatsApp smaschera ladro seriale di anziani. 3 arresti a Torino

WhatsApp smaschera ladro seriale di anziani. 3 arresti a Torino
Il presunto ladro smascherato a WhatsApp a Torino

TORINO – Rispondeva agli annunci delle case in vendita, ma era un ladro seriale specializzato in furti durante i sopralluoghi per l’acquisto degli immobili. L’uomo ha utilizzato un nome falso, associato a una scheda telefonica con un profilo WhatsApp, per fissare gli appuntamenti con le vittime.

Secondo quanto accertato dagli inquirenti, l’uomo sceglieva sempre persone ultrasettantenni e con la scusa di visionare gli appartamenti – approfittando della cortesia dei proprietari che lo lasciavano da solo – avrebbe rubato collier, braccialetti in oro, brillantini, orologi, computer, chiavi di altre case – che poi andava a svaligiare – e soldi.

All’esito delle indagini, i carabinieri della Compagnia di Torino Mirafiori hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Torino su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di Sergio Praticò, 45 anni, senza fissa dimora, di Abdellah Amzil, 35 anni, abitante a Torino, e di Samir Elais, 36 anni, abitante a Torino, ritenuti responsabili, a vario titolo, di furto in abitazione aggravato e ricettazione.

Praticò è ritenuto responsabile di 5 furti in abitazione, commessi a Torino nel mese di settembre dell’anno scorso, dove s’introduceva fingendosi quale possibile acquirente, e di un furto in un negozio di infissi. L’uomo ha utilizzato un nome falso, associato a un numero di cellulare con un profilo WhatsApp, per fissare gli appuntamenti con le vittime.

Dopo la denuncia di una delle persone derubate, i carabinieri sono riusciti a identificare il presunto ladro grazie anche alla foto del suo profilo WhatsApp. Il nome era falso ma la sua foto era autentica. Le vittime l’hanno riconosciuto e poi le indagini successive hanno permesso di individuarlo e di identificare anche i due ricettatori ai quali Praticò avrebbe consegnato la refurtiva. Sequestrati computer, tv, radio, iPad, biciclette, per un valore di oltre 250mila euro.

La merce sequestrata può essere visionata alla caserma Mirafiori di via Plava a Torino. L’iniziativa è stata organizzata per dare modo di visionare la refurtiva e cercare di risalire ai legittimi proprietari. Chiamare il numero 011-6886100.

Omicidio Vela e Bontà. Gip convalida fermo per Carlo Gregoli e Adele Velardo

Omicidio Vela e Bontà. Fermati Carlo Gregoli e Adele Velardo
Da sinistra Carlo Gregoli e Adele Velardo

PALERMO – Il gip di Palermo Lorenzo Iannelli, accogliendo la richiesta della Procura, ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere per Carlo Gregoli e Adele Velardo, i coniugi palermitani accusati dell’omicidio di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, assassinati giovedì in via Falsomiele a colpi di calibro 9.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dal pm Claudio Camilleri, ha accertato, grazie alle immagini di una fotocamera e alle rivelazioni di un testimone oculare, che a fare fuoco sulle due vittime sono stati i due coniugi.

La coppia, insospettabile, con una passione per le armi, è stata fermata la notte di venerdì. I pm hanno chiesto al gip la convalida del fermo che non è stata concessa, mentre per il giudice sussistono a carico dei due i gravi indizi di colpevolezza e quindi la necessità del carcere.

E’ ancora oscuro il movente dell’omicidio. Durante l’udienza di convalida entrambi gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

La coppia sospettata di aver commesso il duplice omicidio a Falsomiele era stata fermata e condotta in carcere giovedi notte. La pista mafiosa non c’entra nulla. Secondo quanto emerso, Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela sarebbero stati uccisi per una questione legata a confini di terreni. Quindi questioni prettamente private. Della dinamica non si è appreso ancora nulla perché non è stata resa alcuna confessione ma gli indizi a loro carico sarebbero “tanti”.

Scartata l’ipotesi mafiosa, i sospetti degli inquirenti sono da subito caduti su Carlo Gregoli, 52 anni, geometra del Comune addetto ai servizi cimiteriali, e la moglie Adele Velardo, 45 anni, casalinga. I due fino a tarda sera sono stati interrogati. Poi nella notte il fermo. Secondo gli inquirenti della Squadra mobile, diretta da Rodolfo Ruperti, i due avrebbero ucciso Bontà e Vela per questioni di “sconfinamento” su un terreno di proprietà della coppia che abitava a Falsomiele, vicino a Vincenzo Bontà.

“Non siamo stati noi, state facendo un errore”, hanno ripetuto per tutto l’interrogatorio. Ma secondo gli inquirenti, vi sarebbero “prove schiaccianti” contro marito e moglie. A inchiodare la coppia sarebbero stati la testimonianza di un automobilista di passaggio e una telecamera di sorveglianza che ha ripreso il Suv Toyota di Gregoli e Velardo.

Giovedì mattina, appena sparsa la notizia dell’agguato si era subito pensato ad un duplice omicidio di stampo mafioso, per via del legame di parentela di Vincenzo Bontà con i boss Bontate. Bontà, che era incensurato, aveva sposato Daniela Bontate, figlia di Giovanni, ucciso con la moglie nell’88. Il suocero della vittima era fratello di Stefano Bontate, altro pezzo da novanta di Cosa nostra negli anni della guerra di mafia a Palermo.

In realtà, Vincenzo Bontà di criminalità e mafia non ne ha mai voluto sapere nulla, nonostante quella parentela “border line” che a caldo aveva fatto sospettare gli inquirenti della pista di mafia. Del resto, anche gli amici raccontano di una persona perbene, appassionato di caccia e amante degli animali. Giuseppe Vela era un giardiniere che in quel momento si trovava con Bontà. Erano entrambi lavoratori e incensurati.

Dopo la firma del provvedimento di fermo della Procura, la coppia è stata trasferita in carcere alle prime luci dell’alba. L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai pubblici ministeri Claudio Camilleri e Sergio Demontis, i quali hanno interrogato i due fino alle tre del mattino. Adesso si attende la convalida in base alle risultanze investigative.

Napoli, blitz anti camorra contro clan Esposito. 6 arresti

Napoli, blitz anti camorra contro clan Esposito. arrestiNAPOLI – Nelle prime ore di venerdì 4 marzo, nelle province di Caserta, L’Aquila, Oristano e Avellino, i Carabinieri della Compagnia di Sessa Aurunca, coordinati dai Magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 indagati (3 dei quali già detenuti per altra causa), ritenuti presunti responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso.

L’indagine, ha consentito, tra l’altro, di accertare la sussistenza di un’associazione a delinquere operante nella provincia di Caserta ed in particolare nei territori dei comuni di Sessa Aurunca, Carinola, Cellole, nonché nel basso Lazio, riconducibile al clan Esposito conosciuto come “Muzzoni”.

Il provvedimento, spiega la Dda, recepisce gli esiti di un’articolata attività d’indagine, condotta tra il mese di novembre 2011 ed aprile 2014, in merito alle attività criminose poste in essere da soggetti appartenenti al clan camorristico degli Esposito cd. “Muzzoni”, storicamente operante sui territori di Sessa Aurunca, Cellole e Baia Domizia e la cui esistenza è attestata dalla sentenza di condanna emessa il26.05.1998 della Corte di Appello di Napoli che riconosce il ruolo di capo clan a Mario Esposito che costituì un’organizzazione di tipo familiare in quanto composta dai parenti più stretti e dagli amici più fidati dell’Esposito.

Nella circostanza, a seguito dell’atto intimidatorio commesso da-alcuni sodali con l’utilizzo di armi da sparo nei confronti di un commerciante della zona, le indagini dei Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Sessa Aurunca, sotto la direzione dei Magistrati della Dda di Napoli, consentirono di individuare gli esecutori materiali dell’attentato a seguito del quale uno dei responsabili decideva, di li a poco, di collaborare con la giustizia. Nel corso delle successive indagini vennero rinvenute e sequestrate le armi utilizzate dal gruppo anche per la commissione di altri atti intimidatori.

Gli spunti offerti dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e le ulteriori attività investigative, consistite in attività tecniche di intercettazione, servizi di osservazione e pedinamento nonché riscontri, hanno consentito di confermare l’ipotesi accusatoria circa l’operatività sino ai giorni nostri della consorteria criminale degli Esposito dedita principalmente alla commissione di attività estorsive.

Come riportato dal gip nel provvedimento cautelare, le indagini hanno permesso di appurare l’esistenza di una presunta associazione armata di tipo mafioso riconducibile al clan camorristico degli Esposito, cosiddetto “Muzzoni”. Il gruppo sarebbe autore di 13 estorsioni, perpetrate con il metodo mafioso nei confronti di imprenditori e commercianti della zona, finalizzate alla “riscossione delle tangenti” o “regali per il clan” e al controllo delle attività commerciali.

Secondo i magistrati sarebbe emerso anche il favoreggiamento della latitanza di due esponenti di vertice del clan ricercati per omicidio, per associazione di tipo mafioso ed estorsione; la commissione di una serie di atti intimidatori realizzati attraverso l’utilizzo di armi da sparo e mediante atti incendiari nei confronti di attività commerciali ed abitazioni private.

Nelle dinamiche criminali ricostruite dagli inquirenti è emersa la struttura organizzativa del presunto clan che, come detto, è di tipo familistico essendo quasi tutti gli esponenti legati da stretti vincoli. di sangue. All’interno. del sodalizio erano ben definiti i ruoli e i compiti assegnati ai presunti affiliati, come ad esempio la custodia degli elenchi dei soggetti taglieggiati e l’affidamento della gestione della cassa per il sostentamento alle famiglie dei membri reclusi.

Arrestate due persone a Crotone per estorsione

Antonio Foschini e Salvatore Zurlo
Da sinistra Antonio Foschini e Salvatore Zurlo arrestati a Crotone per estorsione

Due persone sono state arrestate dalla Squadra Mobile di Crotone per estorsione. Si tratta di Antonio Foschini, di 32 anni e Salvatore Zurlo, di 26; entrambi sono crotonesi. I presunti autori sono stati sorpresi in flagranza di reato mentre prendevano il pizzo a un commerciante. La Polizia, a seguito della denuncia dell’esercente, ha video documentato tutto fino al blitz scattato quando avevano il denaro in mano.

Secondo quanto accertato dagli inquirenti, i due avrebbero avanzato pressanti e reiterate richieste estorsive, unite alle continue minacce, esasperando un giovane commerciante di Crotone, il quale da tempo orami versava in condizioni di paura ed ansia.

Dalle indagini, svolte dalla Mobile e coordinate dalla Procura del capoluogo, è stato possibile accertare come, dallo scorso mese di dicembre, la vittima fosse oggetto di richieste estorsive di denaro per mantenere la “famiglia”. Richieste che sarebbero state avanzate dagli indagati che, incuranti delle difficoltà economiche dell’uomo, lo hanno più volte minacciato di danni fisici e ritorsioni all’attività commerciale.

Dallo scorso mese di dicembre, infatti, gli indagati avrebbero chiesto la corresponsione di 400 euro al mese, intimando alla vittima di consegnare entro, oggi, giovedi, la somma complessiva di 1.600 euro, quale corrispettivo dovuto per il periodo di riferimento (dicembre 2015 – febbraio 2016); in caso contrario sarebbero passati alle vie di fatto. L’ultimo avviso era stato fatto al commerciante proprio lo scorso 1 marzo.

Le indagini degli agenti hanno così consentito di accertare come, all’apertura dell’esercizio di oggi, si è presentato prima Foschini a chiedere il pizzo e, subito dopo, Zurlo, per prelevare una somma di denaro di minore entità racimolata dalla vittima.

Nel momento della consegna dei quattrini, è scattato il blitz degli investigatori della Squadra Mobile della Questura, i quali hanno bloccato Zurlo in possesso delle banconote che dichiarava, nell’immediato, essere di sua proprietà, mentre, nelle vicinanze del negozio, è stato bloccato Foschini, il quale si era riservato di ripassare.

Le attività tecniche di video – intercettazione sono state di fondamentale importanza allo scopo di raccogliere elementi di reità da porre in capo agli indagati, i quali, dopo le incombenze di rito, sono stati ristretti presso la casa circondariale di Crotone, a disposizione del pm, Alessandro Riello, che coordina le indagini.

“La Polizia di Stato con le donne”. Il 5 marzo incontro a Cosenza

giornata internazionale della donnaGiornata internazionale della Donna domani in tutta Italia. L’iniziativa, indetta dal Viminale, avrà inizio domani 4 marzo a Roma, con un convegno che si svolgerà presso la Camera dei Deputati e che vedrà la partecipazione dei massimi vertici istituzionali, di esponenti della magistratura e del mondo giornalistico.

La Questura di Cosenza nell’ambito di tale iniziativa, sabato 5 marzo, a partire dalle ore 11,00 e sino alle ore 19,00 allestirà due stand in Piazza XI Settembre con personale della Polizia di Stato che si occupa delle tematiche relative alla violenza di genere e dei progetti di educazione alla legalità: ovvero della Squadra Mobile, dell’Ufficio Minori, della Polizia Scientifica, della Polizia Postale e delle Comunicazioni e della Polizia Stradale.

La manifestazione è stata ideata per richiamare l’attenzione sull’ impegno della Polizia di Stato da sempre dedicata, anche con personale altamente specializzato, alla lotta al fenomeno della violenza fisica e psicologica ai danni delle donne.

Per l’occasione si è ritenuto coinvolgere anche gli Enti e le Associazioni che con la Polizia di Stato operano in un’ottica di sicurezza partecipata ed integrata. L’ASP di Cosenza, l’UNICEF, la Fondazione “Roberta Lanzino-Telefono Rosa” e l’ Associazione “A.N.I.MED” hanno aderito all’iniziativa per la Donna offrendo proprie risorse umane che saranno al fianco degli specialisti in divisa per chi volesse approfondire le tematiche oggetto della manifestazione.

All’interno degli stand verrà distribuito materiale informativo e divulgativo consistente in opuscoli e brochure realizzati per la circostanza, contenenti la normativa di riferimento relativa ai reati di violenza di genere, bullismo ed altro, nonché i numeri utili dei competenti Uffici di Polizia e degli Enti.
Verrà inoltre distribuita una cartolina celebrativa, creata con tempera artistica e raffigurante sia l’uniforme storica del Corpo di Polizia Femminile che quella attualmente in uso.

Su un monitor verranno inoltre proiettati dei video a tema, realizzati per l’occasione dal Gabinetto della Polizia Scientifica. Alle ore 11,30 il Questore di Cosenza, Luigi Liguori, incontrerà la stampa, le Autorità locali ed esponenti di associazioni di volontariato in Piazza XI Settembre.

Aeroporti Reggio e Crotone, incontro Enac – Regione Calabria

Aeroporti Reggio e Crotone, incontro Enac - Regione CalabriaROMA – Si è svolto nel pomeriggio di oggi, 3 marzo 2016, un incontro tra l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile e le Istituzioni della Regione Calabria per una disamina della situazione degli aeroporti di Reggio Calabria e di Crotone.

Per l’ENAC hanno partecipato all’incontro il Presidente Vito Riggio, il Direttore Generale Alessio Quaranta e il Direttore Centrale Sviluppo Economico Fabio Marchiandi.

All’incontro erano presenti Dorina Bianchi, sottosegretario al ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Mario Oliverio, Presidente della Regione Calabria, Giuseppe Raffa Presidente della Provincia di Reggio Calabria, Peppino Vallone, Presidente della Provincia di Crotone, Giuseppe Falcomatà Sindaco di Reggio Calabria, Francesco Russo Assessore ai Trasporti Regione Calabria, Gianluca Bruno Sindaco di Isola Capo Rizzuto, l’assessore Giancarlo Devona e il Presidente del Consiglio di Crotone Arturo Crugliano Pantisano, Domenico Berti Vice Presidente della società di gestione Sogas, gli onorevoli Demetrio Battaglia, Nico Stumpo e Nicodemo Oliverio, Paolo Praticò responsabile del Dipartimento Programmazione Nazionale e Comunitaria della Regione Calabria e Nino Foti.

Ad inizio riunione è stata analizzata la situazione della società Sogas S.p.A., affidataria della gestione dell’Aeroporto di Reggio Calabria, che non avendo fornito all’ENAC le evidenze concrete richieste in termini di rispetto dei requisiti economico-finanziari necessari al rilascio della gestione totale dello scalo, è stata destinataria di un provvedimento di decadenza della concessione parziale e precaria ex art. 17 del decreto legge 25 marzo 1997, numero 66, convertito con modifiche con la legge del 23 maggio 1997, n. 135.

Il Presidente Riggio ha confermato la validità del provvedimento ENAC di decadenza dell’affidamento, a partire dal 15 marzo 2016, spiegando ai presenti, nel dettaglio, le ragioni e il percorso che hanno portato a tale decisione.

Le Istituzioni presenti, e in particolare il Presidente della Regione, nel prendere atto di quanto rappresentato dall’ENAC, hanno assunto l’impegno formale di presentare, in breve tempo, un Piano Economico Finanziario che soddisfi le criticità poste alla base del provvedimento di decadenza.

All’esito dell’incontro, pertanto, l’ENAC ha preso atto della volontà delle Istituzioni relativa alla presentazione di un Piano Economico Finanziario adeguato alle richieste dei Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Economia e delle Finanze. Il Presidente della Regione Calabria ha assicurato il proprio impegno e ha richiesto un ulteriore incontro a breve termine.

In merito all’Aeroporto di Crotone, invece, è stato ribadito il percorso della gara per la nuova concessione aeroportuale. Gli Enti locali e la Regione Calabria hanno precisato di avere adempiuto alle formalità relative alla costituzione della nuova società aeroportuale (Sagas S.p.A) e l’ENAC ha confermato l’impegno a velocizzare il relativo bando di gara che verrà pubblicato entro la prima decade di aprile.

Palermo, Vela e Vincenzo Bontà uccisi forse per un litigio

Omicidio a Falsomiele  Palermo  ucciso Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela
Vincenzo Bontà

PALERMO – Agguato a Palermo. Due uomini sono stati uccisi a colpi di pistola in via Falsomiele a Palermo. Una delle due vittime è Vincenzo Bontà, 45 anni, genero di Giovanni Bontade, ucciso anche lui in un agguato il 28 settembre del 1988 insieme alla moglie Francesca Citarda. L’altra vittima è Giuseppe Vela, 53 anni. Entrambi incensurati. Il duplice delitto è avvenuto stamani.

Le indagini sono condotte dalla polizia e coordinate dalla Dda di Palermo. Per gli inquirenti dietro il duplice omicidio ci sarebbe la mano dei clan: una valutazione che si deduce, oltre che dal legame di parentela con il boss, anche dalle modalità dell’omicidio. Secondo quando riferiscono alcuni media, sarebbero state bloccate due persone che sarebbero sospettate. Si tratta di una coppia di coniugi che sarebbero sotto interrogatorio.

A marito e moglie sarebbe stato fatto il guanto di paraffina per capire se siano stati loro a sparare. Una circostanza che potrebbe dirottare gli inquirenti a battere non la pista mafiosa, ma quella della sfera privata. Magari un litigio o uno sgarbo fatto pagare col sangue.

Il duplice omicidio è avvenuto in una stradina stretta vicino alla centrale dell’Enel. Secondo i primi accertamenti i due, che erano a bordo di un’auto, avrebbero cercato di fuggire ma sarebbero stati raggiunti dagli assassini. Vincenzo Bontà era sposato, con figli, con Daniela Bontate, figlia di Giovanni, fratello del boss mafioso Stefano Bontate. Ma c’è che è pronto a giurare che Vincenzo Bontà non centrasse nulla col crimine e con la mafia.

Bontà, che da quanto appreso non aveva precedenti, si occupava della gestione di agrumeti e appezzamenti agricoli – da chiarire se fossero suoi o della moglie che fa la maestra – era un appassionato cacciatore ed allevava uccellini in gabbia: era esperto di canarini spagnoli. Un amante degli animali, insomma. Chi lo conosceva rimane stupito dalla notizia, rimbalzata in tutti i quartieri di Palermo considerate le modalità del duplice omicidio, in quanto Vincenzo Bontà, dalla faccia pulita, viene descritto come una persona gentile, affabile e appunto, lontana dall’ambiente criminale.

Da quanto riferisce palermotoday.it gli inquirenti starebbero, per capire la dinamica starebbero concentrandosi sulla 500L bianca intestata alla moglie di Bontà. Utilitaria che è stata trovata chiusa e col freno a mano inserito. Segni che fanno pensare che probabilmente i due avessero un appuntamento con qualcuno. Ad ucciderli quindi potrebbero essere state due persone che conoscevano, oppure due killer mandati da qualcuno sicuro che Bontà e Vela si trovassero lì in quel momento.

Renzi: “Il Ponte sullo Stretto si farà”. Mal di pancia a sinistra

Ponte sullo Stretto Renzi: Si farà
Il progetto del Ponte sullo Stretto

“Sicuramente il Ponte sullo Stretto verrà fatto prima o poi. L’importante è che prima portiamo a casa i risultati di opere incompiute perché qui ci son solo quelli che pensano di arrivare e portare a casa progetti faraonici”.

Lo ha detto il premier Matteo Renzi a Isoradio spiegando che dovrà essere “anche per i treni ad alta velocità”, ma “bisognerà capire costi e tempi”. Per il presidente del Consiglio “prima devono finire i lavori sulle strade in Sicilia e Calabria” perché alcuni tratti sono “indecenti”.

“Del Ponte sullo Stretto si è giocato un derby ideologico tra fautori e detrattori totalmente privo di aderenza alla realtà perché se ci mettiamo un pizzico di buonsenso, prima mettiamo a posto le strade in Sicilia, perché per un periodo è crollato un viadotto al mese, dopo che negli anni ’60 e ’70 sono stati fatti lavori coi piedi”, continua Renzi dice il premier.

“Primum vivere, deinde philosophari” (“Prima vivere, poi filosofare”), sottolinea Matteo Renzi citando un vecchio adagio latino che in sostanza è diretta a chi in Italia, negli ultimi anni teorizza soltanto. “In Sicilia vanno rimesse a posto strade e ferrovie. Se non uniamo Palermo, Catania e Messina di che parliamo?”.

Poi rimarca: “In alcuni momenti è stata impercorribile al suo interno ed è indecente per una regione così bella”. “In prospettiva, personalmente non ho niente contro il Ponte, anzi lo ritengo utile, l’importante è capire tempistica, costi, collegamento e quando ci sarà dovrà essere anche per i treni. Dovrà essere un pezzo della struttura di Alta velocità del Paese. Perché abbiamo la struttura ad alta velocità migliore al mondo”, aggiunge Renzi. “Ora bisogna andare da Napoli a Bari e da Napoli a Reggio Calabria e in prospettiva anche a Palermo”, ha concluso.

Le dichiarazioni di Renzi sul Ponte sullo Stretto seguono l’annuncio della fine dei lavori sull’A3 Salerno Reggio Calabria (“La inaugureremo il 22 dicembre 2016”), ed è un messaggio di scontro verso chi, prevalentemente a sinistra e nel suo partito, sono stati i detrattori più accaniti della realizzazione dell’opera, progetto portato avanti sin dalla sua scesa in campo dal leader del centrodestra, Silvio Berlusconi. Per ambientalisti e altri l’opera non doveva farsi perché, fra le tante cose, avrebbe disturbato la “rotta millenaria dei delfini” e favorito i clan di ‘ndrangheta. Uscito di scena il cavaliere, ecco che Renzi riprende un filo interrotto nel novembre 2011, anno della caduta dell’ex premier e l’inizio dell’avvento di tecnici e dei banchieri.

Il premier sa bene che questa uscita, vista molto bene a destra e nella stragrande maggioranza dei suoi elettori, è qualcosa di irrealizzabile nel breve periodo. Il che fa presumere che nel 2018 si ricandiderà per completare ciò che non era riuscito a Berlusconi. Vorrà essere l’ex sindaco di Firenze a posare la prima pietra dell’opera faraonica più contestata di sempre.

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