15 Ottobre 2024

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Zimbabwe, uccisi Claudio e Max Chiarelli. E’ mistero fitto

Massimiliano (al centro) e Claudio Chiarelli a sinistra uccisi in Zimbabwe
Massimiliano (al centro) e Claudio Chiarelli a sinistra uccisi in Zimbabwe uccisi (Facebook)

E’ mistero fitto sull’uccisione dei due padovani, Claudio e Massimiliano Chiarelli, padre e figlio, di 50 e 19 anni, avvenuta nello Zimbabwe per mano della guardie di una riserva di caccia privata. Al momento nessuno sa dare una spiegazione sull’accaduto. Le autorità di Harare sembrano nicchiare parlando di un errore.

Il fatto è avvenuto nel pomeriggio di domenica nel parco “Mana Pools” nella città di Harare. L’ipotesi prevalente è che i due siano stati scambiati per bracconieri all’interno della tenuta. Ma, soprattutto Claudio Chiarelli, era un cacciatore molto conosciuto in zona. Per cui, la pista “dell’intruso” in una riserva di caccia lascia molto perplessi. Molte cose non tornano. E l’Italia si ritrova in un caso per certi versi simile al caso Regeni in Egitto, senza poter incidere sulle indagini.

La Farnesina ha confermato la notizia sottolineando che l’episodio è avvenuto “in circostanze ancora da chiarire”. Claudio Chiarelli era da tempo nel Paese africano dove è nato il figlio Massimiliano, ma per tutti Max.

I due padovani sarebbero stati uccisi a colpi di fucile dal personale di vigilanza della riserva. L’ambasciata italiana di Harare è in contatto con la famiglia delle due vittime per fornire tutta l’assistenza necessaria.

A Padova – riferisce il “Mattino di Padova” –  la notizia è rimbalzata attraverso canali privati, ma in modo molto frammentario, tanto che finora l’unica conferma è quella data nella tarda serata di ieri dalla Farnesina. Un duplice omicidio molto misterioso. Più ombre che luci.

Blitz anti droga a San Felice a Cancello (Caserta). 10 arresti. FOTO

Blitz anti droga a San Felice a Cancello (Caserta). 10 arresti
Arrestati San Felice a Cancello nell’operazione anti droga

CASERTA – Dieci persone sono state arrestate all’alba di oggi a San Felice a Cancello (Caserta) con l’accusa di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e spaccio in concorso.

L’operazione anti droga, coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, è stata emessa dal gip di Napoli e condotta dai Carabinieri della Stazione di Arienzo, coadiuvati dalla Stazione di San Felice a Cancello

8 persone finiscono in carcere, mentre 2 agli arresti domiciliari (uno risulterebbe irreperibile) Si tratta di Antonio Tramontano, Enzo Tramontano, Luigi De Lucia, Paolo Houssari, Youssef Houssari, Antonio Palladino, Raffaele Piccirillo, Francesco Russo, Sergio Tardi.

L’attività d’indagine, svolta da marzo a luglio del 2014, ha permesso agli inquirenti di accertare l’esistenza di un’associazione per delinquere, finalizzata alla detenzione e vendita di droga di tipo “cocaina” e “hashish”, con base logistica nel comune di San Felice a Cancello all’interno della Piazza Giovanni XXIII, zona centrale e nevralgica della città.

Le indagini, basate su riprese video realizzate con l’utilizzo di una telecamera nascosta, hanno consentito di effettuare numerosi sequestri di dosi di sostanza stupefacente e alcuni arresti in flagranza. Le investigazioni hanno, inoltre, permesso di riscontrare oltre seicento episodi di cessione al dettaglio nei confronti di acquirenti provenienti dalla provincia di Caserta e da quelle limitrofe di Napoli, Benevento e Avellino.

FOTO ARRESTATI 

Gli accertamenti svolti – spiega la Dda di Napoli – hanno reso possibile tracciare le dinamiche criminali che regolavano le condotte illecite del sodalizio, con particolare riferimento alla metodica organizzazione della “Piazza”, all’amministrazione della “cassa comune”, alle procedure di cessione degli stupefacenti, alle modalità di vendita al dettaglio, nonché alla dislocazione di una fitta rete di vedette funzionale a garantire l’impunità dei pusher.

Gli arrestati, espletate le formalità di rito, sono stati associati presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta).

ExoMars, pronti per la missione Esa su Marte. Italia capofila

La fase iniziale della preparazione del razzo Proton M sulla rampa di lancio, nella base russa di Baikonur ExoMars Marte
La fase iniziale della preparazione del razzo Proton M sulla rampa di lancio, nella base russa di Baikonur (fonte: ESA – B. Bethge)

Il conto alla rovescia procede regolarmente in vista del lancio della missione ExoMars, che porterà l’Europa su Marte in cerca di tracce di vita. Alle 10:31 italiane nella base russa di Baikonur, nel Kazakhstan, è prevista l’accensione dei motori del razzo Proton, sull’ultimo stadio del quale si trovano la sonda che per sette anni resterà nell’orbita marziana e il modulo di discesa dedicato all’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli. Quando la sonda lo rilascerà, in ottobre, il modulo comincerà una spettacolare discesa attraverso l’atmosfera marziana, imbattendosi in una tempesta di sabbia, e sarà il primo veicolo italiano a posarsi su Marte.

In occasione del lancio sono previsti eventi con trasmissione in diretta e ospiti sia a Torino, presso l’Altec, sia a Roma, presso l’installazione dedicata alla missione in Piazza del Popolo. Nata dalla collaborazione fra l’Agenzia spaziale europea (Esa) e quella russa Roscosmos, la missione ExoMars è organizzata in due fasi: la prima partirà questa mattina con la sonda e il modulo Schiaparelli per raccogliere dati su eventuali spie della presenza di vita presente o passata, come il metano, e per dimostrare la capacità dell’Europa di atterrare su Marte.

La sonda consentirà le comunicazioni con la Terra sia in questa prima fase, sia nella seconda fase, prevista nel 2018 con un rover che si sposterà su Marte e ne perforerà il suolo fino alla profondità di due metri con un trapano italiano.

E’ una missione nella quale l’Italia gioca un ruolo di primo piano. L’Associazione spaziale italiana (Asi) è infatti il primo contributore della missione, alla quale partecipa con 350 milioni di euro, pari al 32% del valore complessivo di 1,3 miliardi per entrambe le fasi. Riconosciuta anche la competenza dell’industria italiana, con Finmeccanica e Thales Alenia Space Italia (Thales-Finmeccanica), alla quale l’Esa ha affidato la leadership di entrambe le missioni e la responsabilità complessiva di tutti gli elementi. Importante anche il contributo scientifico dell’Italia, con Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), Università di Padova e Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).

DIRETTA STREAMING DELL’ASI
exomars missione Marte

“Siamo soli nell’universo? Come si è sviluppata la vita? Sono queste le domande alle quali vuole rispondere la missione ExoMars”, ha detto all’Ansa il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), Jan Woerner.

In questa caccia alla vita sul pianeta rosso l’Italia è in prima fila: l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) è il primo contributore della missione con 350 milioni di euro, pari al 32% del valore complessivo della missione, di 1,3 miliardi. L’industria italiana, con la Thales Alenia Space (Thales-Finmeccanica) ha integrato entrambi i veicoli nei suoi stabilimenti di Torino ed è capofila delle aziende che hanno contribuito alla missione.

Bertolaso candidato a Roma. Ma è polemica con Giorgia Meloni

Bertolaso candidato a Roma. Ma è ancora polemica con Meloni
Guido Bertolaso e Giorgia Meloni

E’ Guido Bertolaso il candidato a sindaco di Roma per il Centrodestra (o parte di esso). E’ questo il responso delle cosidette “gazebarie” svoltsesi sabato e domenica nella capitale.

Secondo quanto detto dal comitato organizzativo, e ribadito da Bertolaso sarebbero oltre 50mila i votanti nei gazebo romani. Un giornalista del Fatto, ha svelato che sarebbe riuscito a votare addirittura sei volte.

L’esito delle “primariette” nel centrodestra non placano comunque le polemiche. Domenica sera alla domanda del duo Labate-Parenzo su La7, se Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e asprirante candidata a sindaco appoggiata da Matteo Salvini, avesse fatto o meno il vicesindaco della sua giunta, Guido Bertolaso ha risposto che Giorgia Meloni “deve fare la mamma”.

“La Meloni deve fare la mamma, – ha detto – mi pare sia la cosa più bella che possa capitare ad una donna. Deve gestire questa pagina della sua vita. Non vedo perché qualcuno dovrebbe costringerla a fare una campagna elettorale feroce e, mentre allatta, ad occuparsi di buche, sporcizia e altro”. Un frase che ha fatto andare su tutte le furie i possibili alleati nel centrodestra, anche perché, si apprende, le “decisioni politiche” su giunta e incarichi sono scelte che spettano all’intera coalizione, sebbene la norma attribuisce al sindaco questa facoltà.

Arriva la replica di Giorgia Meloni: “Io non voglio polemizzare. Dico solamente con garbo e orgoglio a Guido Bertolaso che sarò mamma comunque e spero di essere un’ottima mamma, come lo sono tutte quelle donne che tra mille difficoltà e spesso in condizioni molto più difficili della mia riescono a conciliare impegni professionali e maternità. Lo dico soprattutto per rispetto loro”.

“Se Giorgia Meloni si candida in nome e per conto di tutto il centrodestra, io tirerò le conclusioni di questa sua decisione”. Lo ha detto in diretta su Rai Radio2, alla trasmissione Un Giorno da Pecora. Guido Bertolaso, attualmente candidato di Forza Italia a sindaco di Roma.

Conclusioni che potrebbero essere anche interpretate come un ritiro della candidatura. Il centrodestra sembra ancora spaccato a meno di tre mesi dalle elezioni. Da quanto trapela, la Meloni potrebbe effettivamente fare delle liste alternative a Forza Italia. Il centrodestra, secondo alcuni ambienti romani, sconta anche un “altro errore politico”: il mancato coinvolgimento di Francesco Storace, (potrebbe fare un’altra lista) già presidente della regione Lazio, ex ministro della Sanità ed ex consigliere comunale.

Attacco nel cuore di Ankara. 34 morti. “Matrice curda”

Auto e bus distrutti dopo l'attacco kamikaze ad Ankara, Turchia
Auto e bus distrutti dopo l’attacco kamikaze ad Ankara, Turchia (Ansa/Ap)

È di 34 morti, tra cui almeno 2 kamikaze, il bilancio dell’attacco con un’autobomba compiuto stasera nel centro della capitale turca Ankara. Lo ha detto il ministro della Salute di Ankara, Mehmet Muezzinoglu, aggiungendo che i feriti sono 125, di cui 19 gravi. – Trenta delle vittime sono morte sul luogo dell’esplosione e 4 in ospedale. Il ministro della Salute ha fatto una dichiarazione insieme a quello dell’Interno, Efkan Ala, che ha parlato di “attacco terroristico”, confermando che si è trattato di un’autobomba. Ala ha aggiunto che le indagini sono in corso e alcune prove su presunte responsabilità sono già emerse, ma non verranno rese note prima di domani. I ministri hanno parlato al termine del vertice sulla sicurezza presieduto dal premier Ahmet Davutoglu a seguito dell’attacco.

L’esplosione, secondo le tv locali, è avvenuta quando un’autobomba si è fatta esplodere contro un bus, nei pressi di una fermata molto trafficata dove erano parcheggiati diversi altri mezzi, che hanno preso fuoco o sono stati danneggiati. L’attacco è avvenuto in una zona centralissima della capitale turca, tra il parco Guven e la piazza di Kizilay, a poca distanza anche da due fermate della metro.

Secondo i primi risultati delle indagini sull’autobomba che stasera ha ucciso almeno 34 persone nel centro di Ankara, le autorità turche sospettano che dietro l’attacco ci sia il terrorismo di matrice curda. Lo riportano media locali, citando fonti di sicurezza. L’autobomba del mese scorso sempre ad Ankara era stata attribuita dal governo al Pkk e ai curdi siriani del Pyd ma rivendicata dagli estremisti curdi del Tak. Le stesse fonti indicano che tra i due kamikaze che hanno compiuto l’attacco ci sarebbe una donna.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha espresso con un comunicato la sua condanna per l’attacco compiuto stasera ad Ankara. “A seguito dell’instabilità nella regione, negli ultimi anni la Turchia è stata oggetto di attacchi terroristici”, scrive Erdogan, senza indicare alcuna organizzazione specifica. Di fronte ad azioni che “minacciano l’integrità del nostro Paese”, continua la nota, “proseguiremo la lotta al terrorismo con ancor più determinazione”.

La potente esplosione è stata avvertita nel quartiere di Kizilay ad Ankara, capitale della Turchia. L’esplosione è avvenuta alle 18:35 (le 17.35 in Italia), nel parco Guven di Kizilay. Molte auto della polizia e ambulanze sono sul posto per soccorrere i feriti. Non si ha contezza sul numero di vittime. La zona per sicurezza è stata evacuata.

L’emittente turca Ntv ha riferito che l’esplosione, molto potente, è stata causata da un’autobomba, ma questo dato non è stato confermato.

Testimoni raccontano che la deflagrazione è avvenuta nei pressi della stazione principale degli autobus di Ataturk Boulevard, zona che comprende numerosi ministeri. Alcuni veicoli erano in fiamme, è stato detto.

Il mese scorso, un attacco bomba su un convoglio militare di Ankara ha ucciso 28 persone, mentre alcuni kamikaze, mesi fa fecero una carneficina nel corteo per la pace pro curdo.

L’attacco del mese scorso è stato rivendicato da un gruppo militante curdo, il (TAK) Hawks (Kurdistan Libero). Sul sito del movimento estremista i terroristi curdi avevano scritto che l’azione era in rappresaglia per le politiche del presidente Recep Tayyip Erdogan. La Turchia, tuttavia, ha accusato un cittadino siriano che era un membro di un altro gruppo curdo.

Terrore al-Qaeda in tre resort della Costa d’Avorio. 16 morti

Terrore Isis Costa d'Avorio. Morti e feriti
Feriti in Costa d’Avorio

Gli attacchi terroristici a tre alberghi di Grand-Bassam in Costa d’Avorio hanno causato la morte di 14 civili e due soldati. Lo ha detto il presidente ivoriano Alassane Ouattara, che si è recato sui luoghi della strage, ripreso dai media internazionali. Sei terroristi sono stati uccisi, aveva detto in precedenza un ministro.

“Site”, il portale di monitoraggio del mondo jihadista riferische che Al Qaida per il Maghreb islamico ha rivendicato l’attacco ai resort dei turisti occidentali a Grand-Bassam.

L’attacco simultaneo si è verificato in una località a 40 chilometri da Abidjan. Secondo media locali gli hotel colpiti dall’attacco terroristico sono due: il Koral Beach e Etoile du sud, dove il bilancio, secondo la polizia, sarebbe di almeno 12 morti, di cui 4 europei.

Secondo la tv francese Tf1, i terroristi hanno colpito avventori di bar e spiagge con kalashnikov e poi si sarebbero dati alla fuga. La zona è stata isolata da militari francesi ed ivoriani, riferisce l’emittente.

secondo testimoni gli assalitori che hanno aperto il fuoco con armi automatiche in un resort della costa d’Avorio gridavano “Allahu Akbar” (Dio è grande) ed avevano il volto coperto.

La Farnesina sta verificando l’eventuale coinvolgimento di italiani dopo l’attacco terroristico presso i due resort turistici.

Secondo i media locali, i terroristi, probabilmente legati a Daesh, sono arrivati dal mare, in barca. Gli uomini hanno dato l’assalto uccidendo numerose persone a colpi di fucili mitragliatori kalashnikov. Anche in Tunisia i jihadisti dello Stato islamico che il 26 giugno dello scorso anno massacrarono 39 persone sulla spiaggia di Sousse arrivarono dal mare, a bordo di un motoscafo e una moto d’acqua.

Napoli, uomo trovato sgozzato in auto. Fermato ragazzo

Napoli, uomo trovato sgozzato in auto. Fermato un ragazzoNAPOLI – Un uomo di 63 anni, Salvatore Piscopo, è stato trovato ucciso la notte scorsa dalla polizia in un’autovettura a Napoli. Il 63enne presentava un profondo taglio alla gola. Il fatto di sangue è avvenuto a Fuorigrotta, in Viale Giochi del Mediterraneo nella periferia occidentale della città.

Salvatore Piscopo era già morto con il corpo riverso sui sedili di una Fiat 500. Il ritrovamento poco prima delle 3 di stamane su segnalazione di passanti. Sul posto sono intervenuti gli agenti della Polizia di Stato per i primi rilievi e il magistrato di turno.

I sospetti degli inquirenti sono subito ricaduti su un giovane che è stato rintracciato e condotto in questura dove si trova sotto interrogatorio. Sul ragazzo pesano forti indizi di colpevolezza. Sul movente, da quanto si apprende, non si esclude la sfera privata a sfondo sessuale. La zona dove è stato rinvenuto il cadavere di Salvatore Poscopo, è molto frequentata da trans e prostitute.

 

L’omicidio Varani e il “veleno” di Manuel Foffo verso il padre

Da sinistra Manuel Foffo e Marco Prato, ritenuti gli assassini di Luca Varani
Da sinistra Manuel Foffo e Marco Prato, ritenuti gli assassini di Luca Varani (foto di Foffo da corriere.it)

Sembra il copione di un thriller degno dei migliori scrittori del genere quello che sta emergendo dall’omicidio di Luca Varani, i cui protagonisti s’intrecciano in storie da brividi senza esclusioni di agghiaccianti colpi di scena.

Di nuovo c’è che Manuel Foffo, il padrone di casa in cui sono avvenute le sevizie con l’uccisione del 23enne ha ammesso di voler uccidere il padre. “Volevo uccidere mio padre e forse ho combinato tutto questo per vendicarmi di lui”, ha detto Foffo al pm Francesco Scavo nel corso del secondo interrogatorio svolto venerdì scorso nel carcere di Regina Coeli. Dichiarazioni che a leggerle procurano un brivido lungo la schiena non solo al padre del presunto assassino di Luca Varani, bensì della platea di appassionati di thriller.

“Il momento in cui ho perso il controllo di me stesso – ha spiegato – credo sia quando tra me e Marco è uscito l’argomento di mio padre. Io e Marco Prato abbiamo iniziato a parlare a lungo di mio padre e questa cosa mi ha fatto “venire il veleno”, avevo una forte rabbia interiore – continua Manuel Foffo – Questo è durato fino alle 2.30. Durante i nostri discorsi ricordo che era come se Marco sembrava darmi ragione, i nostri discorsi erano davvero sinceri, lui mi guardava con uno sguardo criminale”.

Sguardi “d’intesa” per commettere il macabro crimine al solo scopo di “vederne l’effetto”; di scaricare con violenza contro Luca Varani la rabbia e il “veleno” accumulati dentro per il rancore verso il padre dello studente universitario. Una notte drammatica, quella tra il 4 e 5 marzo scorso, dove la vittima predestinata è stata attirata a sua insaputa in una trappola mortale e, smarrito tra finzione e crudele realtà, la vittima non è mai arrivata per tempo a immaginare gli istinti omicidi delle due menti criminali.

Seviziato e torturato per ore, finito a coltellate, almeno una trentina, e a martellate. Trucidato tra i fumi dell’alcool e l’euforia della cocaina. Attorno ai carnefici, l’odore di sangue e puzza di morte con le pareti dipinte di rosso che giravano e rigiravano come un labirinto di specchi zozzi. Scaricato il “veleno” e arrivata un po’ di lucidità, uno dei due simula un suicidio, l’altro va dal padre a raccontare che quel “veleno”, che in fondo aveva riservato a lui, lo ha scaricato come un Cobra su un giovane di appena 23 anni. Poi una sequela di rimpalli di responsabilità tra Manuel Foffo e Marco Prato. “E’ stato Marco a dargli il colpo di grazia”. La giustizia farà il suo corso, si dice in Italia. Negli Stati Uniti, in Cina e altrove usano fare diversamente… Ciò che resta è quella giovane vita spezzata dal “gioco” crudele e macabro di criminali paranoici che forse dalla vita hanno avuto di tutto e di più. Evidentemente, gli mancava solo il gusto di uccidere “per vederne l’effetto”.

Vatileaks, nuovo arresto per monsignor Lucio Vallejo Balda

Vatileaks, nuovo arresto per monsignor Lucio Vallejo Balda
Lucio Vallejo Balda e Francesca Chaouqui

CITTA’ DEL VATICANO – Il principale imputato del processo Vatileaks, monsignor Angel Lucio Vallejo Balda, è stato nuovamente rinchiuso in cella in Vaticano, nella caserma della Gendarmeria. E’ quanto scrive l’agenzia Ansa. Il provvedimento è stato deciso nei giorni scorsi dalla magistratura d’Oltretevere dopo che Lucio Vallejo Balda, che da dicembre era agli arresti domiciliari nel Collegio dei Penitenzieri dopo la precedente detenzione in cella durata due mesi, si sarebbe reso responsabile di tentativi di inquinamento delle prove, violando il divieto di comunicare con l’esterno.

Francesca Immacolata Chaouqui, ex consulente vaticana, oggi nel tribunale vaticano in veste di imputata per prendere parte all’udienza tecnica sulle perizie informatiche in vista della ripresa del processo sulla sottrazione e diffusione di documenti vaticani, ha scritto una lettera a Papa Francesco in cui chiede di essere svincolata dal “segreto pontificio” per poter esercitare in pieno il suo diritto alla difesa.

Sempre secondo quanto scrive l’agenzia di stampa, nel corso dell’udienza a porte chiuse di questa mattina, è stato il suo avvocato, Laura Sgrò a chiedere di dare lettura della lettera. La richiesta è stata comunque respinta dalla corte con a capo il presidente del tribunale, Giuseppe Dalla Torre, rimandando la lettura del documento all’udienza di lunedì dal momento che quella di oggi aveva il solo compito di decidere sull’acquisizione del materiale scrutinato dalle perizie informatiche relativo alle conversazioni whatsapp e sms tra i due imputati Chaouqui e il prelato spagnolo mons.

Lucio Angel Vallejo Balda. Chaouqui è entrata e uscita dal Vaticano senza rilasciare dichiarazioni. Per sicurezza, visto il suo stato di gravidanza, fuori del tribunale, nel corso dell’udienza, ha sostato un’autoambulanza dei servizi sanitari vaticani. Già in una delle precedenti udienze, nelle fasi preliminari del processo, Chaouqui aveva chiesto di prendere la parola in aula ma anche allora il tribunale aveva detto no rimandando l’eventuale intervento alle successive fasi dibattimentali.

Valanga in Val Pusteria. 6 Morti e un ferito. Nessun disperso

Valanga in Val Pusteria. Mori e feriti
Il punto sulle Alpi dove si è staccata la valanga in Val Pusteria

E’ di 6 morti e alcuni scialpinisti feriti il bilancio della valanga sul Monte Neve, in Valle Aurina, in Alto Adige che ha travolto una comitiva di sciatori.

I morti sono 5 altoatesini della Val Pusteria ed un austriaco. Tra loro c’è una donna. Nel bilancio c’è un ferito. Nessun disperso, da quanto riferisce il soccorso Alpino. Altri otto alpinisti sono stati recuperati illesi.

Sul posto hanno operato cento uomini delle varie organizzazioni di soccorso in montagna, coadiuvati da quattro elicotteri. Sulla dinamica del distacco della valanga non c’è ancora chiarezza. Secondo i soccorritori, il pericolo di caduta valanghe segnalato nell’area era soltanto di due su una scala di cinque. Sembra che si sia creato il fenomeno del sovraccarico nevoso, vale a dire uno strato di neve fresca che scivola su uno strato, più duro di neve più vecchia.

Una decina gli sciatori sono rimasti sepolti sotto l’enorme valanga che si è staccata alle ore 11.15 a oltre 3.000 metri di quota. Il Monte Nevoso (3.358 metri), per altezza, è la seconda cima nel gruppo delle Vedrette di Ries, lungo la linea di confine tra l’Italia e l’Austria e si trova in Valle Aurina, in Val Pusteria.

La comitiva si stava dirigendo verso la vetta ad oltre 3.000 metri. Per poter raggiungere il luogo ad oltre 3.000 metri di quota gli elicotteri devono esser leggerissimi e perciò volano con poco carburante.

Altra valanga, ma senza vittime e feriti, a Bormio (Sondrio). La massa di neve era di medie dimensioni. La slavina è arrivata a margine di una pista della ski area a quota 2.000 metri. Le verifiche delle squadre del soccorso alpino e della Gdf hanno escluso che qualcuno sia rimasto coinvolto.
L’allarme è scattato in tarda mattina e inizialmente si temeva che sotto la slavina fosse rimasto sepolto uno o più sciatori che in quel momento si trovavano ai margini della pista regolarmente battuta e praticabile.

Firenze, amico spara a coetaneo. In fin di vita Francesco Collini

Firenze, amico spara a coetaneo. In fin di vita Francesco ColliniDramma nel circolo ricreativo “Il Racchio” di San Piero a Ponti, nel Fiorentino, dove ieri sera, prima di mezzanotte un giovane di 23 anni, Francesco Collini, è stato raggiunto da un ragazzo che gli ha scaricato cinque colpi di pistola alla testa e alle spalle. Il killer è stato oggi arrestato dai carabinieri perché sospettato (al momento) del solo tentato omicidio.

La vittima, fiorentino, è stato trasportato in gravissime condizioni all’ospedale di Careggi dove lotta tra la vita e la morte. In ospedale i medici hanno tentato un disperato tentativo di estrarre i proiettili dal cranio. Un interevnto delicatissimo. Francesco Collini è in fin di vita.

Secondo prime informazioni raccolte dall’Arma, i due si conoscevano ed erano stati amici in passato, ma i rapporti si erano interrotti a causa di dissidi su cui gli investigatori stanno raccogliendo elementi. Sconosciuti al momento i motivi del gesto, ma non si esclusono vecchi rancori sfociati nella follia omicida del coetaneo.

Dopo l’incursione al circolo, lo sparatore è riuscito a fuggire. Subito riconosciuto anche attraverso testimonianze, il giovane si era rifugiato a casa dei genitori, con i quali vive a Campi Bisenzio (Firenze), e qui i militari lo hanno rintracciato e ammanettato. Recuperata anche la pistola con cui ha sparato.

L’aggressore avrebbe sparato cinque colpi, tre dei quali hanno raggiunto Francesco Collini alla testa e alla schiena. Accasciato a terra, sono stati poi gli avventori del circolo a chiamare soccorsi e 112.

L’episodio è avvenuto alle 23.45 circa di venerdì sera all’interno del circolo di San Piero a Ponti, nel comune di Campi Bisenzio. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Signa e del reparto operativo di Firenze.

Villareggia (Torino), aggressione con machete. Un arresto

Villareggia (Torino), aggressione con machete. Un arresto
Villareggia, comune in provincia di Torino

VILLAREGGIA (TORINO) – I carabinieri della stazione di Caluso hanno arrestato Stefano Barani, 50 anni, abitante a Villareggia, ritenuto responsabile di lesioni personali gravi. L’uomo ieri pomeriggio è andato a casa del padre, adiacente alla sua, armato di un machete e, al culmine di una lite per futili motivi, ha colpito brutalmente il badante del genitore fino a sfiorare quasi la tragedia.

La vittima, un marocchino di 42 anni, è riuscita fortunatamente a scappare e, prima di svenire, ha chiesto ai vicini di chiamare i carabinieri. Il 42enne è stata trasportata al pronto soccorso dell’ospedale di Chivasso (Torino) per ferite multiple e profonde a entrambe le mani, al polso destro, al labbro inferiore e per una frattura scomposta dello scafoide, con una prognosi 90 giorni.

L’uomo è stato trasferito all’ospedale Maria Vittorio di Torino, dove si trova ricoverato. I militari hanno fermato Stefano Barani in casa del padre. “Vi stavo aspettando”, ha detto l’uomo ai carabinieri che lo hanno arrestato per lesioni personali gravi.

Iniziate “gazebarie” centrodestra a Roma. Si o no per Bertolaso

Iniziate "gazebarie" centrodestra a Roma. Si o no per Bertolaso
Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi (Ansa/Percossi)

Dalle “primarie” dem, alle “comunarie” grilline alle “gazebarie” azzurre. Dopo le resistenze del leader del Carroccio, Matteo Salvini, alla candidatura dell’ex capo della protezione civile a sindaco di Roma, Forza Italia ha deciso infatti di indire le “gazebarie”.

Si tratta di una sorta di referendum libero con modalità differenti dalle primarie del centrosinistra o delle consultazioni in “rete” del M5S. Niente soldi da versare e nessun atto programmatico da sottoscrivere.

Gli elettori del centrodestra potranno votare nei gazebo installati per la capitale dalle 10 alle 18 di sabato 12 marzo alle 18 e domenica dalle 9.30 alle 13.30. I votanti dovranno dire “Sì” o “No” a Guido Bertolaso e potranno indicare sulla scheda anche alcune priorità per il futuro sindaco di Roma.

Domani pomeriggio lo spoglio della consultazione. Bertolaso – che oggi avrà al suo fianco Silvio Berlusconi – ha annunciato che se sarà bocciata la sua candidatura o l’affluenza sarà inferiore a 10 mila persone si ritirerà dalla corsa per il Campidoglio.

A decidere la candidatura di Guido Bertolaso erano stati (ufficialmente) i vertici di Forza Italia, Lega nord e Fratelli d’Italia – An. Ma dall’opposizione di Salvini era emerso che l’investitura dell’ex capo della Protezione civile (ufficiosamente) sarebbe stata decisa dal solo Silvio Berlusconi in forza della loro grande amicizia ai tempi dei governi del cavaliere. Giorni a polemizzare sulla figura di Bertolaso fino alla decisione di indire le “gazebarie” di oggi e domani.

Una infografica di Forza Italia con i luoghi dei gazebo nei municipi
Una infografica di Forza Italia con i luoghi dei gazebo nei municipi

Chi vincerà nel centrodestra dovrà vedersela con Roberto Giachetti, il candidato dem uscito vincitore (tra mille polemiche sulle presunte schede gonfiate) dalle primarie del centrosinistra di domenica scorsa.

Gli stand saranno presenti in tutti e 15 i municipi. Il voto, come si diceva sarà semplice. Non ci sarà nessuna registrazione. Saranno controllati solo i documenti per verificare la residenza a Roma, l’età maggiorenne dei votanti, oppure che compirà 18 anni il 5 giugno prossimo.

Sequestrata azienda agricola Montebello Jonico. 4 denunce

Sequestrata azienda agricola Montebello Jonico. 4 denunceMONTEBELLO JONICO (REGGIO CALABRIA) – Un’azienda zootecnica e casearea di Montebello Jonico è stata sequestrata per scarsa igiene e i quattro proprietari denunciati in stato di libertà.

I sigilli sono stati apposti dai Carabinieri della Stazione di Rosario Valanidi, supportati dall’intervento dei colleghi del Nucleo Anti Sofisticazione (Nas), Nucleo Operativo Ecologico e Nucleo Ispettorato del Lavoro di Reggio Calabria, nonché da personale del servizio veterinario della locale Asp.

L’azienda agricola, specializzata nella coltivazione, pascolo, lavorazione, trasformazione e conservazione prodotti agricoli e zootecnici, nonchè lavorazione latte e produzione latticini a seguito dei controlli è stata trovata in assenza dei requisiti minimi di igiene per poter operare. Per cui sono scattati i sigilli.

Nello specifico, nel corso dell’attività ispettiva congiunta sono emerse numerose irregolarità in materia di normativa ambientale e igienico-sanitaria, violazioni che hanno portato al sequestro preventivo dell’intera attività di produzione casearia, in quanto è stato accertato l’illecito smaltimento dei reflui industriali liquidi derivanti dal processo di lavorazione; il rinvenimento di 97 chili di latticini, detenuti in evidente cattivo stato di conservazione, ossia invasi da muffe e sporcizie varie nonché detenuti per l’essicazione, in area non idonea (locali delle caldaie) privi di qualsiasi minimo requisito igenico-sanitario.

Contestualmente, sono stati sottoposti a controllo 121 capi di bestiame, dei quali 49 risultavano irregolari rispetto alla normativa veterinaria e 6 lavoratori dipendenti dell’azienda.

Inoltre, nei terreni limitrofi all’azienda, sono state rinvenute numerose carcasse di animali da allevamento in avanzato stato di decomposizione, del cui decesso era stata omessa la comunicazione, così impedendone l’accertamento delle cause.

Ulteriori accertamenti sono in corso, al termine dei quali verranno quantificate le sanzioni amministrative connesse alle violazioni riscontrate.

L’operazione di stamane è in prosecuzione della verifica effettuata martedì scorso con personale dell’”Enel Servizi” presso la medesima azienda, che aveva portato all’arresto di uno dei soci per furto di energia elettrica per un ammontare complessivo stimato in 185.000 euro, arresto convalidato il giorno seguente dal gip del Tribunale di Reggio Calabria.

Armi, droga e maltrattamenti. Arresti e denunce nel Reggino

Armi, droga e maltrattamenti. Arresti e denunce nel Reggino e a Reggio CalabriaE’ di 4 arresti e due denunce il bilancio di un controllo dei Carabinieri nel Reggino. A Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione dei controlli straordinari denominata “Focus ‘ndrangheta” hanno arrestato il pregiudicato Vito Morelli, di 29 anni, di Reggio Calabria per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.

Morelli, a seguito di una perquisizione domiciliare, è stato sorpreso nell’atto di lanciare dalla finestra della propria abitazione un involucro di plastica contenente nr. 32 dosi di sostanza stupefacente del tipo “cocaina”.

La droga è stata recuperata dai militari. Nell’ambito della stessa attività di contrasto, è stata deferita in stato di libertà R.M., di anni 46 di Reggio Calabria, già nota, per il reato di furto di energia elettrica, poiché, a seguito di controllo della sua attività commerciale, unitamente al personale dell’Azienda Enel veniva accertata l’esistenza di un allaccio abusivo alla rete elettrica, che, seppur non utilizzato all’atto dell’accertamento, era in grado di prelevare indebitamente energia elettrica.

A Montebello Jonico (Reggio Calabria), finisce in manette Vincenzo Santo Tripodi, di 34 anni, di Montebello Jonico, con precedenti, con l’accusa di ricettazione, in esecuzione all’ordine di espiazione pena detentiva in regime domiciliare, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, poiché condannato alla pena di anni 2 di reclusione ed 600 euro di multa, per fatti commessi in Reggio di Calabria nel giugno 2007.

A Villa San Giovanni i militari hanno tratto arrestato Sajmen Kaja, di anni 24 di nazionalità albanese, di fatto domiciliato in Villa San Giovanni, già noto alle forze dell’ordine in esecuzione all’ordinanza di aggravamento della misura coercitiva del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa con la misura degli arresti domiciliari, emessa dal Tribunale di Reggio. Il provvedimento è stato adottato dall’autorità giudiziaria, che ha condiviso le risultanze investigative prodotte dalla Benemerita, conseguenti alla denuncia-querela sporta dalla ex compagna dell’indagato ed a seguito di numerose violazioni delle prescrizioni imposte dal divieto di avvicinamento alla donna da parte dell’ arrestato.

Sempre nel Reggino, a Campo Calabro, Giovanni Scaramuzzino, di 57 anni del luogo, già noto, è stato arrestato per il reato detenzione illegale di armi comuni da sparo poiché, a seguito di perquisizione, i militari operanti rinvenivano 4 fucili di diversa marca e calibro, già regolarmente denunciati ma illegalmente detenuti, poiché l’indagato era stato destinatario di decreto di revoca del porto di fucile per uso caccia. Contestualmente, venivano deferito in stato di libertà M.L., di anni 59 da Milano, per il reato di cessione illegale di armi comuni da sparo poiché, nelle medesima perquisizione, venivano rinvenuti 3 fucili di varia marca e calibro, denunciati presso il domicilio di M.L, ma nell’esclusiva disponibilità di Scaramuzzino.

Furto aggravato in concorso, 4 arresti dai carabinieri di Palmi

Rubano rame in albergo, 4 arresti dai carabinieri di PalmiI Carabinieri della Compagnia di Palmi hanno arrestato 4 persone a Sant’Eufemia D’Aspromonte ritenute responsabili di furto aggravato in concorso.

Si tratta di Domenico Amato, 46 anni; Vincenzo Amato, 39 anni; Armando Bevilacqua, 37 anni; Francesco Bevilacqua, 55 anni.

Gli indagati, tutti di Gioia Tauro, nullafacenti e con precedenti, sono stati sorpresi dai militari di Palmi all’interno di una struttura alberghiera in disuso sita in Sant’Eufemia d’Aspromonte mentre asportavano cavi elettrici di rame per un peso complessivo di circa 200 kg.

Subito bloccati e ammanettati, al termine delle formalità di rito, i quattro presunti ladri, su disposizione della competente autorità giudiziaria, sono stati posti agli arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni, in attesa del giudizio direttissimo. Il rame, interamente recuperato, è stata restituito al legittimo proprietario.

Terrorismo, blitz anti Isis. “Facciamo saltare in aria infedeli”. AUDIO/VIDEO

Roma, operazione anti terrorismo. Smantellata cellula ISIS
Pronti a missione suicida

ROMA – Operazione anti terrorismo questa notte a Roma. I carabinieri del ROS, insieme ai colleghi del comando capitolino nell’ambito di un’indagine diretta dalla Procura della Repubblica della Capitale, hanno portato a termine un blitz antiterrorismo nei confronti di militanti jihadisti affiliati all’isis che erano pronti ad arruolarsi ai miliziani in Iraq.

In particolare, all’esito delle indagini dei Carabinieri, accogliendo la richiesta formulata dalla Procura della Repubblica di Roma, il Gip dello stesso Tribunale ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un cittadino macedone quarantunenne, Vulnet Maqelara alias Carlito Brigande e di un cittadino tunisino ventinovenne, Firas Barhoumi, ai quali viene contestata l’appartenenza ad un’associazione con finalità di terrorismo, con l’aggravante della transnazionalità del reato.

L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI ROMA
All’origine dell’odierna operazione, denominata “AKHI” vi è un’intuizione investigativa dei Carabinieri della Compagnia Roma Centro, in occasione dell’arresto, lo scorso novembre, di Carlito Brigande, soggetto “bloccato” nell’ambito di un ordinario servizio di controllo del territorio. Questi era ricercato in forza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria macedone, per reati contro la persona ed il patrimonio commessi in quel Paese.

I Carabinieri, in quella circostanza, oltre ad arrestare il latitante, riuscirono ad individuare e perquisire l’abitazione in cui trovava rifugio. Nel corso della perquisizione, l’attenzione dei carabinieri fu richiamata da alcune lettere manoscritte contenenti frasi in arabo e da fotografie con indizi di una adesione di Carlito Brigande al radicalismo islamista. Per tali motivi, è intervenuto il ROS, organo specializzato per l’Arma dei Carabinieri nelle indagini antiterrorismo.

VIDEO INTERCETTAZIONI DEI TERRORISTI 

“Se tu vuoi venire qua…posso sistemare tutto per te. Basta che tu fai un programma, così, anche con documenti falsi…cosi tu puoi venire inshallah…”. E’ un un primo passaggio delle intercettazioni in cui parlano i due presunti jiadhisti Carlito Brigande a Firas Barhoumi.

“Per me io ho segnato uno… per una operazione suicida… vuol dire prendo una macchina con l’esplosivo dentro per fare un’operazione contro i kuffar (gli infedeli).. inshallah (fratello, ndr)”. E’ questa una delle intercettazioni chiave dell’inchiesta riferita all’appoggio dato da Carlito Brigande a Firas Barhoumi che si era offerto volontario per compiere un attentato in Iraq con un’autobomba allo scopo di far saltare in aria i miscredenti.

Gli accertamenti del ROS consistiti in analisi di materiale documentale ed informatico, di tabulati telefonici e telematici, pedinamenti ed intercettazioni, hanno fornito chiari elementi da cui è emerso che nei giorni antecedenti al suo arresto, Carlito Brigande era in contatto attraverso vari sistemi di chat, con Firas Barhoumi, che già in quel periodo si trovava in Iraq, quale “foreign fighter”, a combattere in seno alle milizie terroristiche di “Daesh”.

AUDIO

Inoltre, i due indagati si erano conosciuti tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, durante un periodo di comune detenzione in carcere, dove Barhoumi aveva intrapreso l’opera di proselitismo jihadista nei confronti di Carlito Brigante. Carlito Brigande, avendo aderito alle sollecitazioni di Firas Barhoumi, era in procinto di partire per l’Iraq, ove si sarebbe unito alle milizie jihadiste dell’ISIS.
Firas Barhoumi si era offerto quale volontario per il compimento, in Iraq, di una missione suicida contro “gli infedeli” mediante l’uso di un’autobomba.

Una terza persona è stata arrestata dai Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale, la scorsa notte, in Roma, nell’ambito della stessa operazione. Si tratta di Abdula Kurtishi, ventiseienne macedone, ricercato in campo internazionale perché evaso da un carcere macedone ove stava scontando una condanna ad anni 8 di reclusione per rapina.

Kurtishi è inizialmente emerso nell’ambito delle indagini, per i suoi stretti legami con Carlito Brigande. Gli approfondimenti investigativi sul suo conto hanno poi consentito di scoprire che egli, dopo essere transitato in diversi Paesi europei, aveva fatto ingresso in Italia nel mese di ottobre scorso, e nel nostro Paese si avvaleva di documenti falsi e identità fittizie.
Kurtishi è stato quindi tratto in arresto sia per l’evasione da lui compiuta nel suo Paese, che in flagranza di reato, perchè trovato in possesso di documenti falsi.
Su ordine della Procura di Roma, i Carabinieri hanno infine eseguito ulteriori perquisizioni, nei confronti di altre persone risultate in contatto con i soggetti destinatari dei provvedimenti restrittivi italiani e macedoni.

6 arresti per Camorra. Minacce: Uccidiamo bimbi nelle culle

Camorra, minacce a funzionario: uccidiamo bimbi nelle culle
Un arresto del Gico

NAPOLI – “Apparteniamo all’Alleanza di Secondigliano e uccidiamo i bambini nelle culle”: è la frase che alcune delle sei persone arrestate oggi dal Gico della Guardia di Finanza hanno usato per costringere un liquidatore del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada di Napoli a firmare una quietanza di pagamento da 12 mila euro per un sinistro stradale.

Soldi usati per favorire la latitanza di Giovanni Vitale. Il funzionario – pesantemente minacciato dagli indagati che fecero specifici riferimenti alla moglie e ai figli – fu costretto a firmare il documento.

I sei sono accusati di avere dato assistenza a Giovanni Vitale, detto Gianluca, quando era latitante. L’uomo – ritenuto un elemento di spicco del clan Abete-Abbinante-Notturno di Secondigliano – venne arrestato dal Gico il 21 dicembre del 2012, qualche mese dopo l’omicidio di Pasquale Romano, scambiato per Domenico Gargiulo, appartenente al clan di via Vanella Grassi. Organizzò l’omicidio insieme a altre sei persone.

Ospedale Vibo Valentia, per protesta si dimettono 15 primari

Ospedale Vibo Valentia, per protesta si dimettono 15 primari VIBO VALENTIA – Quindici primari dell’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia si sono dimessi in segno di protesta contro il decreto con il quale il commissario per il Piano di rientro della sanità calabrese, Massimo Scura, ha disposto la riorganizzazione della rete ospedaliera.

I primari dimissionari hanno comunicato la loro decisione, con una lettera, al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, al prefetto di Vibo, Carmelo Casabona, ed all’Azienda sanitaria provinciale.

“Il decreto del Commissario Scura – affermano i primari dimissionari – conferma un trend di penalizzazione e vessazione nei confronti del presidio ospedaliero di Vibo, gradualmente spogliato dal 2007 ad oggi, di varie strutture complesse”.

“Quello dei primari dello “Jazzolino” di Vibo Valentia è un gesto forte che va apprezzato e che rappresenta un segnale importante nei confronti del ministro Lorenzin e del commissario Scura”. Lo afferma, in una dichiarazione, il consigliere regionale vibonese del Pd Michele Mirabello.

“Credo – ha detto Mirabello – che questa presa di posizione che si assume a Vibo, e che segue le altre forti proteste che si levano dalle altre province costituisca, unitamente al fermo rigetto proveniente dal Presidente della Giunta Mario Oliverio e dalla totalità dei consiglieri regionali della Calabria, un punto definitivo di rottura del quale Scura dovrà necessariamente prendere atto. Del resto, è stata altresì depositata in Parlamento un’interrogazione a firma di 17 parlamentari del Pd”.

“Il decreto sul riordino della rete ospedaliera calabrese, ormai a detta di tutti – conclude Mirabello – è considerato un atto contro la Calabria, contro i territori e contro gli utenti che non sta più in piedi e che va rapidamente revocato e ripensato”.

Orrore Sudan, governo paga militari in natura: “Stuprate donne”

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Il governo del Sud Sudan per retribuire i propri soldati li autorizza a stuprare le donne. E’ quanto sostiene rapporto dell’Onu sulla situazione dei diritti umani nello stato africano.

Secondo il rapporto, quello autorizzato dal governo sudanese, sono stupri di gruppo come forma di compenso per i militari mentre molti oppositori, persino bambini, vengono bruciati vivi. L’Alto commissario per i diritti umani, Zeid Raad al Hussein, sostiene che ci sono prove che il principio con cui vengono retribuite le milizie filo-governative che affiancano l’esecito di liberazione del popolo del Sudan (SPLA) si basa sul “fai e prendi ciò che puoi”.

Nessuna paga, solo pagamenti in “natura” e ogni crimine contro l’umanità. “La portata ed i tipi di violenza sessuale – in primo luogo da parte del governo delle forze SPLA e le milizie affiliate – sono descritti con dettagli devastanti e spaventosi, così come l’atteggiamento quasi disinvolto, ma calcolato, di coloro che hanno massacrato civili, distrutto beni e mezzi di sussistenza”, ha detto l’Alto commissario Onu, Zeid Ra’ad. Nel rapporto che copre il periodo da ottobre 2015 a gennaio 2016, si precisa che “gran parte dei giovani miliziani rubano bestiame e proprietà private, rapiscono e stuprano donne e ragazze come forma di retribuzione”.

Inoltre, molti civili sospettati di sostenere l’opposizione, e tra loro anche bambini, sono stati bruciati vivi, impiccati agli alberi e tagliati a pezzi. Sia il governo che i ribelli sono stati accusati di perpretrare pulizia etnica, reclutare e uccidere bambini, torture, uso sistamatico degli stupri per terrorizzare i civili.

Secondo il rapporto, nel 2015 sono stati uccisi fino a novembre 10.533 civili, per lo più in modo deliberato. Sono stati inoltre documentati più di 1.300 casi di stupro tra aprile e settembre sono nel governatorato dell’Unità. Gli stupri non risparmiano i bambini: dall’inizio della guerra i casi su minori di 9 anni sono stati almeno 702.

Nel Sudan, diventato indipendente con un referendum nel 2011 dopo 30 anni di guerra con Khartum, si commbatte dal 2013 una guerra civile, tra le forze del presidente Salva Kiir e i ribelli del suo ex vice, Riek Machar.

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