14 Ottobre 2024

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Dall’Aja mandato di arresto per Putin. Mosca: “Atto nullo. E’ carta igienica”

La Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato di arresto per il presidente russo Vladimir Putin e per il commissario russo per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova, ha affermato la corte venerdì in una dichiarazione.

Nella dichiarazione, citata dalla Tass, si afferma che Putin e Belova potrebbero essere responsabili “del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa”.

I mandati di arresto della corte sono generalmente segreti per proteggere vittime e testimoni e anche per salvaguardare le indagini. Tuttavia, il tribunale ha affermato di aver autorizzato la divulgazione al pubblico dell’esistenza dei mandati, dei nomi degli “indagati” e dei reati per i quali i mandati sono stati emessi, perché “la condotta affrontata nella presente situazione sarebbe in corso e che il pubblico la conoscenza dei mandati può contribuire alla prevenzione dell’ulteriore commissione di reati”.

Tuttavia la Corte penale, con sede in Olanda, non è mai stata riconosciuta dalla Russia, che anzi rilancia per l’istituzione di un tribunale per i crimini commessi dal regime nazista di Kiev, in particolare per il genocidio commesso ai danni dei russofili del Donbass massacrati dal 2014 prima da Poroshenko e poi da Zelensky sino alla vigilia dell’operazione militare speciale scattata il 24 Febbraio 2022.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha commentato la decisione del tribunale affermando che la Russia non riconosce la giurisdizione del tribunale dell’Aia.

La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, commentando le notizie dell’Aia, ha affermato che le decisioni del tribunale non hanno alcuna conseguenza in Russia e che eventuali mandati di arresto sono nulli.

“Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, nemmeno dal punto divista legale”, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova dopo la notizia del mandato d’arresto contro il presidente Vladimir Putin.

“La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto contro Vladimir Putin. Non c’è bisogno di spiegare DOVE dovrebbe essere usato questo documento”, scrive su Twitter il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, aggiungendo un emoji della carta igienica.

“Continuiamo a lavorare”, ha dichiarato Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino, commentando il mandato d’arresto della Corte penale internazionale nei suoi confronti con l’accusa di trasferimento forzato di bambini ucraini. Lo riporta la Tass.

Mosca ribatte: “Istituire tribunale per i crimini commessi dai neonazisti del regime di Kiev”

Il tema dell’istituzione di un tribunale internazionale per le indagini sui crimini del regime neonazista in Ucraina sta diventando piuttosto urgente, ha affermato venerdì il capo del Comitato del Consiglio della Federazione Russa per la legislazione costituzionale e la costruzione dello Stato Andrey Klishas, citato da Tass.

“Oggi, durante la riunione del consiglio del ministero della Giustizia, [capo del comitato investigativo russo] Alexander Bastrykin ha parlato della necessità di istituire un tribunale internazionale per le indagini sui crimini del regime neonazista in Ucraina e Novorossiya, per definire le base per l’istituzione del tribunale, così come altre questioni organizzative. Devo ammettere che questo problema sta diventando molto rilevante”, ha detto il senatore sul suo canale Telegram.

Oggi Bastrykin ha affermato che la Russia deve istituire un organo giudiziario internazionale in risposta agli stati occidentali che preparano strutture simili per la persecuzione dei funzionari russi.

L’esponente russo ha osservato che durante l’operazione militare speciale sorgono questioni di giustizia marziale internazionale. Secondo Bastrykin, è necessario comprendere lo status dei tribunali che potrebbero essere istituiti per portare alla responsabilità i criminali di guerra ucraini e capire quali paesi possono prendervi parte.

La Corte penale internazionale è stata istituita dallo Statuto di Roma nel 1998. Non fa parte delle Nazioni Unite ed è responsabile nei confronti dei paesi che hanno ratificato lo statuto.

I paesi che non riconoscono lo statuto includono la Russia (firmata ma non ratificata), gli Stati Uniti (firmata, poi revocata) e la Cina (non firmata). Putin ha firmato un ordine esecutivo nel 2016 che affermava che la Russia non sarebbe stata un membro della Corte penale internazionale.

Secondo una dichiarazione del ministero degli Esteri russo, il tribunale non è stato all’altezza delle aspettative e non è riuscito a diventare un’organizzazione veramente indipendente per la giustizia internazionale.

Gli Stati Uniti avevano espresso forte disappunto nei confronti della Corte nel 2020, dopo che i pubblici ministeri del tribunale volevano indagare sui crimini dei militari statunitensi in Afghanistan. La corte è stata poi messa a tacere da Washington e i giudici misero la coda tra le gambe.

Noto influencer su Twitter: “Corte emette mandato di arresto per Putin, ma dimentica crimini Usa dopo Seconda guerra mondiale”.
“La Corte penale internazionale, che non riconosciamo, ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Putin per aver evacuato dei bambini da una zona di guerra bombardata dalle nostre armi, e noi stessi abbiamo ucciso più di 20 milioni di persone in 37 Paesi dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Lo scrive Kim Dotcom sul social di Elon Musk.

“Lasciati sbalordire”, ha poi scritto Kim in un altro twitt: “Il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan, che ha accusato Putin di crimini di guerra per aver evacuato bambini da una zona di guerra (in Ucraina), un mese fa ha fatto rilasciare suo fratello pedofilo Imran Khan da una prigione del Regno Unito con una pena ridotta”.

Zakharova conferma: «Il fratello del procuratore che ha ordinato l’arresto di Putin è un pedofilo»

L’attacco arriva dal suo canale Telegram e prende di mira il procuratore della Corte penale dell’Aia (che ha ordinato l’arresto di Putin), tirando in ballo il fratello e una vicenda che lo coinvolgerebbe per un reato di pedofilia. «È un pedofilo rilasciato in anticipo il fratello di Karim Khan», scrive il portale svizzero di informazione del Ticino.

Sulla vicenda del fratello del Procuratore della Corte Penale dell’Aja, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova scrive che l’ex deputato conservatore Imran Ahmad Khan, fratello del Procuratore della Corte penale, «dimessosi in seguito all’episodio di pedofilia di cui è stato accusato, è stato rilasciato il 23 febbraio da una prigione in Gran Bretagna dopo avere scontato soltanto la metà di una condanna a 18 mesi di reclusione per avere molestato un ragazzo minorenne».

L’ordine di arresto dopo tre settimane dal rilascio del fratello – «Il 17 marzo – aggiunge – tre settimane dopo il rilascio del fratello pedofilo, Karim Khan emette un ordine d’arresto non solo per Putin, ma anche per Maria Llova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini in Russia, cioè una persona che protegge i bambini da gente come il fratello del procuratore. Non si vergognano più di niente».

«Uno scandalo il mandato contro Putin» – La portavoce fa capire di ritenere che vi sia un legame tra il rilascio anticipato del fratello di Karim Khan e il mandato d’arresto contro Putin, affermando che «è uno scandalo». «Dopo tutto – aggiunge – non esistono simili coincidenze. Il ‘sistema giudiziario’ britannico ha già premiato un procuratore britannico della Cpi rilasciando in anticipo suo fratello pedofilo. Naturalmente, ora è chiaro il perché. I giudici della Cpi hanno fatto un salto fuori dalle loro toghe per prendere una decisione così evidentemente idiota e illegale».

«Mosca aperta alla pace ma niente ultimatum» – La portavoce era anche tornata qualche ora prima a parlare nuovamente del conflitto ucraino e delle possibilità di pace: «Mosca è aperta a proposte serie per risolvere la crisi ucraina, ma non accetterà ultimatum» aveva detto, subito rilanciata dall’agenzia Tass.

«Abbiamo ripetutamente dichiarato di essere aperti a proposte veramente serie da parte dell’Occidente e dell’Ucraina per trovare una soluzione politica e diplomatica alla crisi, ma non accetteremo il linguaggio degli ultimatum», ha affermato Zakharova commentando le dichiarazioni del ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba sull’importanza della ‘formula di pace’ proposta dal presidente Volodymyr Zelensky.

La cancellazione delle sanzioni e delle cause legali – Un eventuale accordo per l’Ucraina deve comprendere «la cancellazione delle sanzioni e di tutte le cause legali contro la Russia nelle Corti internazionali», ha aggiunto Zakharova, citata dall’agenzia Ria Novosti.

«Cessare i rifornimenti di armi all’Ucraina» – Per arrivare alla pace, ha aggiunto la portavoce in una dichiarazione postata sul sito del ministero degli Esteri, è inoltre necessario che «cessino i rifornimenti di armi e mercenari all’Ucraina» e il ritorno dell’Ucraina a uno status neutrale, oltre al «riconoscimento internazionale delle nuove realtà territoriali».

Il giro di pedofilia in Ucraina è spaventoso. Si può dire che Putin ha salvato quei bambini non solo dai bombardamenti ma soprattutto dalle grinfie di pedofili incalliti alla Jeffrey Epstein e dalle organizzazioni criminali che rapiscono bambini per poi venderli ai fini di ottenerne gli organi.

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Arrestate tre persone a Isola Capo Rizzuto in seguito a condanne

I carabinieri della Tenenza di Isola Capo Rizzuto, hanno rintracciato e arrestato tre persone in tre diverse esecuzioni di mandati d’arresto emanati a seguito di condanne.

Il primo arresto è stato operato a carico di un trentaduenne italiano, M.P., imputato nell’inchiesta Jonny il quale è stato condannato alla pena di 4 anni per estorsione aggravata dal metodo mafioso, provvedimento emesso dalla Corte d’Appello di Catanzaro, confermato dalla pronuncia della Corte di Cassazione della scorsa settimana.

I fatti attribuiti all’uomo risalgono al 2016, quando l’odierno arrestato ha danneggiato, estorto denaro e minacciato in particolare un’impresa del territorio. Per i reati appena descritti è stata riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso, poiché il soggetto è risultato essere associato alla cosca “Arena” di Isola di Capo Rizzuto e aver attuato i comportamenti descritti avvalendosi dell’appartenenza all’associazione mafiosa e dell’intimidazione che questa provoca.

Il soggetto, rintracciato ad Isola di Capo Rizzuto, dopo le formalità di rito è stato accompagnato al carcere di Catanzaro.

Dietro le sbarre a Catanzaro è finito anche un trentottenne di Isola, M.A.G., condannato dalla Corte d’Appello del capoluogo di regione, a un anno e 9 mesi di reclusione per vari reati, quali resistenza a pubblico ufficiale, oltraggio, e furti; per alcuni reati è stata riconosciuta l’aggravante di aver agito al fine di agevolare un’associazione mafiosa. I fatti attribuiti al soggetto dall’imputazione, risalgono al 2012 e al 2013.

Un 43enne di origine rumena residente ad Isola è invece finito in cella a Crotone per scontare una pena di 5 anni e 8 mesi di reclusione, rimediata dal tribunale pitagorico per maltrattamenti in famiglia, attuati anche con lesioni ai danni della vittima, commessi nel 2016 e un episodio di ricettazione commesso nel 2017.

Perdono 11mila euro alle scommesse e non saldano il debito, presi

carabinieri villa san giovanni

A Palmi, i Carabinieri hanno denunciato 4 persone di origine siciliana per insolvenza fraudolenta di una somma scommessa di oltre 11.000 euro presso una ricevitoria del centro.

A dare subito la notizia un’impiegata della sala scommessa che nel constatare il loro dileguarsi dall’esercizio commerciale senza saldare l’ingente debito, ha allertato nell’immediatezza i carabinieri.

Nel dettaglio, la dinamica di quanto sarebbe accaduto. I quattro, dopo aver accumulato un debito complessivo di circa 11.600 euro, a seguito di vari giochi e scommesse, hanno cercato di distrarre la dipendente, nell’intento premeditato di non pagare, riuscendo uno per volta a dileguarsi furtivamente.

Quando anche l’ultimo dei giocatori è salito in macchina, senza aver saldato il debito, la donna addetta alle vendite scommesse ha subito chiamato il 112 e avvertito la Centrale Operativa della Compagnia Carabinieri di Palmi, fornendo tutti i dettagli utili per l’identificazione degli avventori tra i quali, determinanti sono stati l’indicazione del modello dell’autovettura a loro in uso nonché il loro marcato accento siciliano.

Avviate, nell’immediatezza le ricerche dai militari della Compagnia di Palmi e di Villa San Giovanni, in previsione di un possibile rientro in Sicilia da parte dei sospettati, gli stessi infine sono stati individuati e fermati proprio presso l’imbarco dei traghetti.

I successivi accertamenti investigativi, hanno permesso di ricondurre tutti i soggetti identificati agli stessi presenti presso il centro scommesse in questione, grazie al riconoscimento dei medesimi da parte della dipendente e all’acquisizione delle immagini presso il sistema di videosorveglianza del locale.

Dalla successiva perquisizione veicolare, invece, i militari hanno rinvenuto 4.300 euro, somma accertata quale provento di alcune vincite da parte dei debitori, sottoposta a sequestro.

Dagli ulteriori riscontri, è emerso che i soggetti non fossero nuovi alla commissione di reati analoghi, condotti con le medesime modalità, in diverse provincie della Calabria e della Sicilia.

‘Ndrangheta, arrestate sei persone affiliate alla “locale” di Petilia Policastro

Nella giornata di oggi i Carabinieri della Compagnia di Petilia Policastro, supportati dai colleghi dello Squadrone Carabinieri Eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno dato esecuzione all’ordinanza di misure cautelari, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, a carico di sei persone di Petilia Policastro e Cotronei.

A carico degli indagati – dei quali tre in carcere ed altri tre agli arresti domiciliari – nell’ordinanza cautelare viene riconosciuta la gravità indiziaria in ordine ai reati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, nonché di estorsione, incendio ed usura aggravati dal metodo mafioso.

La complessa attività investigativa, effettuata dai Carabinieri di Petilia, ha riguardato un ampio arco temporale, e si è sviluppata attraverso attività di tipo tradizionale nonché attività tecnica captativa.

Gli esiti investigativi hanno permesso di delineare la gravità indiziaria circa l’attuale operatività della locale di ‘ndrangheta di Petilia Policastro e di rilevare i suoi interessi criminali in seno alla realtà imprenditoriale del territorio.

Fisco, dal governo disco verde alla Riforma fiscale. Le novità

Palazzo Chigi
Palazzo Chigi

Via libera del Consiglio dei ministri alla riforma fiscale 2023. “Con la riforma dell’Irpef si garantisce l’equità orizzontale, attraverso la riduzione della pressione fiscale, passando da 4 a 3 aliquote e con l’obiettivo della flat tax per tutti”, ha comunicato il Mef, in una nota, dopo l’ok del governo. Con il provvedimento sarà anche “garantita la razionalizzazione e semplificazione dell’intero sistema Irpef (redditi agrari, fabbricati, finanziari, da lavoro dipendente, autonomo, d’impresa e diversi). La delega prevede inoltre la revisione delle tax expenditures, che oggi comprende più di 600 voci”.

E’ una “svolta necessaria per il Paese”, ha detto il premier Giorgia Meloni ai ministri. “La delega fiscale approvata dal Cdm riscrive completamente l’attuale sistema tributario varato negli anni 70”. Le nuove regole saranno operative “entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge delega”, ha comunicato ancora il Mef. Le misure che saranno introdotte, si legge, “vanno nella direzione di semplificare e ridurre la pressione fiscale, favorire investimenti e assunzioni e instaurare un rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria nella logica di un dialogo mirato tra le parti secondo le esigenze di cittadini e imprese”.

“La Riforma contiene una visione complessiva e programmatica che premia la lealtà e la responsabilità del contribuente, gettando le basi per un nuovo rapporto di fiducia con il Fisco. Grazie alla Riforma del sistema fiscale abbassiamo le tasse, aumentiamo la crescita e l’equità, favoriamo occupazione e investimenti”, ha affermato ancora Meloni aggiungendo: “Una vera e propria svolta per l’Italia”. “È una riforma epocale, strutturale e organica: una rivoluzione attesa da 50 anni con importanti novità a favore di cittadini, famiglie e imprese. Con il nuovo Fisco delineiamo una nuova idea di Italia, vicino alle esigenze dei contribuenti e attrattivo per le aziende”, ha concluso.

Di “riforma molto ambiziosa”, ha parlato viceministro dell’Economia Maurizio Leo con la quale “ridisegnamo il sistema fiscale”. “Abbiamo tutta una serie di misure indirizzate a ridurre il carico fiscale e dare certezza nei rapporti con il contribuente” ha affermato esprimendo fiducia sul fatto che “anche i sindacati possono leggere con serenità tutto quello che” è stato fatto “perché ci sono tante misure a favore lavoro dipendente”. Le tre aliquote Irpef saranno operative “dal prossimo anno”. “Sui numeri sarei cauto perché la legge delega non detta i numeri puntuali, saranno poi i decreti attuativi a individuarli così come le risorse senza fare uno sforamento di bilancio”, ha spiegato. “Da gennaio 2024 entrerà in vigore un modulo di riforma, troveremo le risorse e le coperture necessarie, noi abbiamo indicato le priorità e a quelle faremo fede”, sottolinea.

Le novità

IRPEF – Si prevede una revisione dell’intero meccanismo di tassazione del reddito delle persone fisiche, in modo da attuare gradualmente l’obiettivo della “equità orizzontale”, attraverso l’individuazione di un’unica fascia di esenzione fiscale e di un medesimo onere impositivo a prescindere dalle diverse categorie di reddito prodotto, privilegiando, in particolare, l’equiparazione tra i redditi di lavoro dipendente e i redditi di pensione; il riconoscimento della deducibilità, anche in misura forfettizzata, delle spese sostenute per la produzione del reddito di lavoro dipendente e assimilato; la possibilità per tutti i contribuenti di dedurre i contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito di categoria e, in caso di incapienza, di dedurre l’eccedenza dal reddito complessivo; l’applicazione, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e relative addizionali con aliquota agevolata su una base imponibile commisurata all’incremento del reddito del periodo d’imposta rispetto al reddito di periodo più elevato tra quelli relativi ai tre periodi d’imposta precedenti, con possibilità di prevedere limiti al reddito agevolabile e un regime particolare per i redditi di lavoro dipendente che agevoli l’incremento reddituale del periodo d’imposta rispetto a quello del precedente periodo d’imposta; la conseguente complessiva revisione delle tax expenditures (attualmente 600 voci e 125 miliardi di spesa).

IRES – La revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti sarà basata sulla riduzione dell’aliquota Ires qualora vengano rispettate, entro i due periodi d’imposta successivi a quello nel quale è stato prodotto il reddito, entrambe le seguenti condizioni: una somma corrispondente, in tutto o in parte, al detto reddito sia impiegata in investimenti, con particolare riferimento a quelli qualificati, e in nuove assunzioni; gli utili non siano distribuiti o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’attività d’impresa.La condizione, collegata all’effettuazione degli investimenti, ha l’evidente scopo di favorire la crescita economica e l’incremento della base occupazionale, con particolare riferimento ai soggetti che necessitano di maggiore tutela, ivi incluse le persone con disabilità, e senza interferire con i vigenti regimi di decontribuzione. In questo caso, a differenza di quanto avviene ordinariamente per la fruizione degli incentivi fiscali, la riduzione dell’aliquota precede l’effettuazione degli investimenti. Questi ultimi devono essere operati entro i due periodi d’imposta successivi a quello nel quale è stato prodotto il reddito assoggettato a imposizione con l’aliquota ridotta.

IVA – Per la revisione dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) i criteri specifici prevedono la revisione della definizione dei presupposti dell’imposta al fine di renderli più aderenti alla normativa dell’Unione europea e delle norme di esenzione; la razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote; la revisione della disciplina della detrazione; la razionalizzazione della disciplina del gruppo Iva al fine di semplificare le misure previste per l’accesso e l’applicazione dell’istituto.

IRAP – Si dispone una revisione organica dell’Irap volta all’abrogazione del tributo e alla contestuale istituzione di una sovraimposta Ires tale da assicurare un equivalente gettito fiscale, per garantire il finanziamento del fabbisogno sanitario, nonché il finanziamento delle Regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario ovvero che sono sottoposte a piani di rientro.

STATUTO DEL CONTRIBUENTE – Si rivede lo Statuto del Contribuente, con un consolidamento dei principi del legittimo affidamento del contribuente e della certezza del diritto, prevedendo il rafforzamento da parte dell’ente impositore dell’obbligo di motivazione, specificando le prove su cui si fonda la pretesa, e del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario, funzionale al corretto dispiegarsi del diritto al contraddittorio.
(Adnkronos)

Dal Consiglio dei ministri via libera al Ponte sullo Stretto. Salvini: “Giornata storica”

Disco verde del Consiglio dei Ministri alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. Rinasce così, rende noto il ministero delle Infrastrutture, la “Società Stretto di Messina” che avrà una nuova e più moderna governance. È prevista una solida partecipazione del Mef e del Mit, a conferma dell’importanza che il governo attribuisce al collegamento stabile tra Calabria e Sicilia.

In concreto, spiega il dicastero, guidato da Matteo Salvini, si riparte dal progetto definitivo del 2011 che verrà adeguato alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali. Il nuovo iter autorizzativo dovrà bollinare il ponte strallato più lungo al mondo (3,2 chilometri), che rappresenterà il fiore all’occhiello dell’arte ingegneristica italiana.

Come ha tenuto a sottolineare il vicepremier e ministro Matteo Salvini, si tratta di un’opera fortemente green: consentirà di ridurre l’inquinamento da anidride carbonica, oltre a permettere un consistente risparmio di tempo e denaro a tutti coloro che devono attraversare lo stretto. Infine, sarà motivo di grande attrazione turistica.

Salvini ne ha parlato questa mattina anche con i governatori di Calabria e Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani. Il Ponte sarà un volano di crescita infrastrutturale per entrambe le regioni, che infatti avranno un proprio amministratore nel Cda della società. Il consiglio dei ministri ha dato il semaforo verde salvo intese, il testo sarà disponibile a breve perché sono necessari gli ultimi approfondimenti tecnici.

SALVINI – “E’ una giornata storica non solo per la Sicilia e la Calabria ma per tutta l’Italia”, dice il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini in un videomessaggio al termine del Consiglio dei ministri. “Dopo 50 anni di chiacchiere questo Consiglio dei ministri approva il Ponte che unisce la Sicilia al resto dell’Italia e all’Europa” sottolinea. Il Ponte sullo Stretto di Messina sarà “l’opera più green del mondo che darà lavoro vero a decine di migliaia di persone per tanti anni. Un’opera sicura che verrà certificata dai più grandi ingegneri e dalle migliori università italiane e internazionali. Soprattutto un modello per l’Italia che ci crede, che lavora. Stiamo sbloccando cantieri ovunque: avremo l’alta velocità in Sicilia, in Calabria. Il ponte a campata unica più bello, più green e più sicuro del mondo”.

BERLUSCONI – “Il Ponte sullo stretto di Messina riparte: è un progetto concreto, che rappresenta l’idea di futuro che abbiamo sempre avuto” scrive sui social Silvio Berlusconi, subito dopo l’approvazione in Cdm del decreto per il ponte sullo Stretto di Messina. “Già 20 anni fa con il mio governo avevamo pronto il progetto, un’opera strategica che si sarebbe realizzata se la sinistra non fosse intervenuta con la politica dei no. Questa volta non ci fermeranno. Sarà un Ponte che collegherà la Sicilia non solo alla Calabria, ma anche all’Italia e all’Europa intera: con il nuovo collegamento si metterà in moto un volano per l’economia siciliana che garantirà occupazione a più di centomila persone e la Sicilia potrà così diventare una base per la logistica dei trasporti internazionali in arrivo dal Mediterraneo. È un’altra promessa agli italiani che siamo finalmente in grado di mantenere”.

Cattura Messina Denaro, arrestati altri due fiancheggiatori

I Carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, a carico di Emanuele Bonafede, classe ‘73 e Lorena Ninfa Lanceri, classe ‘75, indagati in concorso per favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, reati aggravati per avere agevolato Cosa Nostra.

L’operazione costituisce prosecuzione dell’indagine che lo scorso 16 gennaio ha consentito al Ros di arrestare a Palermo il latitante Matteo Messina Denaro e di trarre in arresto il suo accompagnatore Giovanni Salvatore Luppino per procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati dalle modalità mafiose; Andrea Bonafede classe ‘63 per partecipazione ad associazione mafiosa il medico Alfonso Tumbarello per concorso esterno in associazione mafiosa ed altri reati pure aggravati dalle modalità mafiose; Andrea Bonafede cl. ‘69 (cugino di Emanuele, l’uomo arrestato oggi con la moglie, ndr) per procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati dalle modalità mafiose; Rosalia Messina Denaro, sorella di Matteo Messina Denaro, per partecipazione ad associazione mafiosa. Sono in corso varie perquisizioni nella provincia di Trapani. Lo ha reso noto una nota diramata dall’Arma.

Secondo l’accusa, la coppia avrebbe ospitato per diversi giorni presso la propria abitazione a Campobello di Mazara Matteo Messina Denaro, nella cui casa il capobastone “consumava abitualmente i pasti principali”, riuscendo ad accedere e ad allontanarsi liberamente eludendo il dispositivo di vigilanza e osservazione predisposto, fanno sapere gli inquirenti, per la sua cattura. I coniugi avrebbero così favorito la latitanza del boss latitante.

Ci sono foto di Matteo Messina Denaro che incastrerebbero i fiancheggiatori. Una con il boss che fuma un sigaro e tiene in mano un bicchiere da Cognac scattata a casa di Emanuele Bonafede e della moglie Lorena Lanceri. Uno scatto risalente a qualche anno fa e mostra solo il corpo dell’allora latitante al quale è stato appositamente tagliato il volto e sarebbe stata scattata nel salotto della abitazione della coppia. Oltre a questa, altre foto che ritraggono il boss. Una in un market mentre parla con tale Laura Bonafede, figlia del boss Leonardo, l’altra che immortala Messina Denaro sotto l’abitazione della coppia arrestata stamane.

Le indagini. La Lanceri che si faceva chiamare Diletta
Ma come hanno fatto i carabinieri a capire che Diletta era Lorena Lanceri? Tutto parte dalla testimonianza di una delle pazienti con cui Messina Denaro, malato di tumore, faceva la chemioterapia alla clinica La Maddalena di Palermo e che era diventata amica del boss. Sentita il 18 gennaio dai carabinieri, la testimone raccontava che Messina Denaro, da lei conosciuto come Andrea Bonafede, le aveva detto di avere una storia con una ragazza di nome Diletta. Il finto Bonafede aveva anche messo in contatto le due donne tramite chat audio. La paziente le ha conservate e le consegna ai militari del Ros. “Ah c’è Diletta che ha il covid gliel’ho passato io si sta curando stiamo qua a casa assieme e Diletta ti saluta anzi ora te la passo per messaggio”, si sente in una delle chat vocali che Messina Denaro manda all’amica e che i carabinieri ascoltano.

Segue l’audio di Diletta inviato sempre alla paziente: “Io qua con la creatura (fa riferimento al boss) quello che mi sta facendo passare, non solo mi ha trasmesso il covid però alla fine per lo meno mi fa ridere perché è simpatico”. Durante la registrazione dei vocali (inviati tutti dal telefono di Messina Denaro), però il cellulare di Diletta riceve una chiamata. Nella registrazione delle conversazioni, poi ascoltata dagli investigatori, si sente lo squillo e la donna rispondere. L’analisi delle celle telefoniche svela ai militari l’identità di Diletta.

Nell’istante in cui le chat vocali vengono registrate e il cellulare della donna che è col boss riceve la chiamata i telefonini di Messina Denaro e della Lanceri agganciano le stesse celle. I due, evidentemente, sarebbero insieme. E dunque Diletta è la Lanceri. Infine in alcuni messaggi che il capomafia manda alla sorella Rosalia, si comprende chiaramente quanto Diletta conti per lui. Raccontando le ore successive all’intervento chirurgico subito a maggio del 2021 il boss scrive: “Ero tutto bagnato dal sudore, Diletta che lavò i miei indumenti li torceva ed uscivano gocce di acqua, era senza parole”. “Nessun dubbio può quindi residuare sulla centralità del ruolo della donna – scrive il gip – per assicurare al latitante il più ampio conforto emotivo e relazionale – oltre a quello logistico e assistenziale”.

Il legame tra il boss e “Diletta”
“Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare facendomi un regalo in grande stile. Quel regalo sei tu”. Queste le parole scritte nel 2019 in un biglietto diretto a Matteo Messina Denaro da una donna che si firmava Diletta. Il biglietto, trovato a casa della sorella del boss Rosalia, si concludeva con “Sei un grande anche se non fossi MMD. Tua Diletta”.

Secondo gli investigatori il vero mittente della lettera sarebbe Lorena Lanceri. La donna nelle sue comunicazioni col boss avrebbe usato il nome in codice per celare la sua vera identità.

“Penso che qualsiasi donna nell’averti accanto si senta speciale ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini”. “Con te mi sento protetta, mi fai stare bene, mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza. Certo hai anche tanti difetti, la tua ostinata precisione…ma chi ti ama, ama anche il tuo essere così. Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un po’ di serenità e io farò di tutto per aiutarti”.

La rete di Messina Denaro
Salgono a sei i favoreggiatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro arrestati dai carabinieri del Ros dopo l’arresto del capobastone il 16 gennaio scorso a Palermo. Questi sono i sei finiti nelle maglie giudiziarie dopo tanti altri arrestati negli anni passati. Dopo l’arresto del boss sono finiti in cella Giovanni Luppino, l’autista che lo accompagnava alla clinica La Maddalena per la chemioterapia nel giorno del blitz; Andrea Bonafede, il geometra che gli ha prestato l’identità, il cugino omonimo, che avrebbe fatto avere a Messina Denaro le prescrizioni mediche necessarie per le sue cure, suo fratello Emanuele arrestato oggi con la moglie Lorena Lanceri e Alfonso Tumbarello, il medico che avrebbe prescritto farmaci e analisi al boss trapanese. Sono accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, associazione mafiosa, favoreggiamento e procurata inosservanza di pena. Dalle indagini emerge chiaramente che Messina Denaro è stato costantemente supportato da più persone durante la latitanza.

Persone che, secondo i pm, “gli hanno consentito di spostarsi in relativa sicurezza sul territorio, anche avvalendosi di più autovetture, di accedere sotto mentite spoglie alle indispensabili cure del Servizio sanitario nazionale, anche grazie a diagnosi e ricette effettuate a nome di Andrea Bonafede, e di acquistare sotto falso nome (ancora una volta quello di Andrea Bonafede) una casa da adibire a covo e una macchina”.

Naufragio, la Meloni incontra a Roma superstiti e familiari delle vittime

Ansa

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato a Roma una delegazione di superstiti e familiari delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro. L’incontro è durato circa un’ora e mezza ed erano presenti anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

Le oltre trenta persone della delegazione hanno lasciato la sede del governo dall’ingresso posteriore, tornando a bordo del pullman della Polizia con i vetri oscurati su cui sono stati accompagnati all’appuntamento. Superstiti e familiari delle vittime hanno ringraziato la premier, nel corso della visita a palazzo Chigi, per gli aiuti da parte del governo.

La delegazione ha definito l’incontro “molto positivo”. Da parte dei superstiti e dei familiari la richiesta alla premier di ulteriori aiuti e sostegno anche per i trasferimenti dall’Italia verso altri paesi. La premier “ha garantito che proseguirà la ricerca delle salme, incluse quelle presumibilmente imprigionate nel barcone, ancora incagliato sul fondale”, riferisce Palazzo Chigi.

Meloni “ha assicurato l’impegno diplomatico dell’Italia in sede Ue per dare seguito alle richieste di accoglienza e di ricongiungimento in altri Paesi europei, in particolare in Germania.

“L’incontro si è svolto in un clima emozionato e commosso, riferisce Palazzo Chigi citato dall’Ansa. Familiari e superstiti si sono rivolti facendo “appello al suo cuore di madre’ alla presidente Meloni, che ha chiesto loro quanto fossero consapevoli dei rischi legati alle traversate del Mediterraneo e ribadito la linea del Governo nella lotta contro i trafficanti di esseri umani, al fine di evitare altre tragedie come quelle avvenute di recente”. “Grazie per la vostra presenza e per la chiarezza con la quale avete esposto i vostri drammi e le vostre richieste”, ha detto Meloni.

Incidente in autostrada nel Cosentino, un morto e un ferito grave

Una persona è morta è un’altra è rimasta gravemente ferita in un incidente stradale avvenuto nel primo pomeriggio sull’A2 Autostrada del Mediterraneo in direzione nord tra gli svincoli di Altilia Grimaldi e Rogliano, nel Cosentino.

Coinvolti un furgoncino, una Citroën ed un trattore stradale. Ad avere la peggio il conducente dell’auto, che da quanto trapela sembra sia stata violentemente tamponata dal furgone. La passeggera ferita gravemente è stata estratta dall’abitacolo ed affidata al personale sanitario del Suem118 per le cure del caso e successivo trasporto in ospedale.

Oltre all’ambulanza, sul posto sono intervenuti i Vigili del fuoco di Cosenza che con il supporto di un’autogru hanno provveduto a rimuovere i mezzi incidentati, personale Anas per ripristinare l’arteria e le forze dell’ordine per accertare la dinamica del sinistro.

Omicidio Prisco, i carabinieri arrestano tre persone

I carabinieri di Scalea hanno arrestato tre persone accusate dell’omicidio in concorso di Francesco Prisco, di 32 anni, gravemente ferito in un agguato avvenuto a Tortora, centro dell’Alto Tirreno cosentino, la notte dello scorso 17 febbraio e poi deceduto una decina di giorni dopo all’ospedale di Cosenza.

Si tratta di Angelo Lentini, di 43 anni, di Praia a Mare, ritenuto l’esecutore materiale; Michele Tufano (39), originario di Ottaviano (Napoli) e Jonathan Russo (39) di Praia a Mare. I provvedimenti di arresto sono stati emessi dal giudice di Paola su richiesta della locale Procura.

Prisco, nella notte dell’agguato, era stato raggiunto da alcuni colpi sparati da un fucile calibro 12 mentre rientrava a casa a Tortora. A fare fuoco sarebbe stato, a seguito di una litigio avuto con la vittima, Angelo Lentini che a bordo di un’auto condotta da Tufano aveva raggiunto con Russo l’abitazione di Prisco.

Il trentaduenne era stato colpito in diverse parti del corpo ed era successivamente stato soccorso e trasportato all’Annunziata di Cosenza dove poi a distanza di alcuni giorni è deceduto.

Amministrazione giudiziaria per Eurospin Sicilia: “Infiltrata dalla ‘ndrangheta”

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La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda reggina ha disposto, per un anno, l’amministrazione giudiziaria della Eurospin Sicilia Spa, con sede a Catania, una delle cinque società operative con le quali opera il noto marchio della distribuzione alimentare.

Secondo quanto emerge dal provvedimento “la ‘ndrangheta sarebbe stata agevolata ad infiltrarsi nell’attività di espansione commerciale di Eurospin”.

Il provvedimento è stato notificato dalla Dia e dalla Guardia di finanza all’amministratore unico e legale rappresentante dell’azienda Matteo Mion.

Stando a quanto si è appreso, il decreto di amministrazione giudiziaria è collegato alle risultanze dell’inchiesta Planning, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dai sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto.

Secondo i pm, sono emersi “sufficienti elementi” per il provvedimento emesso poi dal Tribunale in quanto ci sarebbe stato “uno stabile rapporto di oggettiva agevolazione tra l’esercizio delle attività economiche riferibili alla struttura imprenditoriale della ‘Eurospin Sicilia Spa’ ed esponenti della ‘ndrangheta o soggetti collusi con questa”.

Al centro dell’indagine che ha portato all’amministrazione giudiziaria, c’è l’esecuzione di opere edili volte all’apertura di nuovi punti vendita come quello realizzato a Gallico, nella periferia nord di Reggio Calabria, e quello che dovrebbe nascere a Siderno, nella Locride. Lavori che sono stati affidati dall’Eurospin alla società Leg Srl che, nell’ambito dell’inchiesta Planning è emerso essere gestita da Giampiero Gangemi, ritenuto dalla Dda imprenditore di riferimento della ‘ndrangheta.

Sorpresi con chili di eroina, due arresti nel cosentino

I finanzieri del Comando Provinciale Cosenza, nel corso dei controlli su strada attuati nell’ambito del dispositivo di contrasto ai traffici illeciti finalizzati alla repressione della criminalità diffusa, hanno sequestrato circa 3 kg di eroina e arrestato due soggetti di nazionalità albanese con l’accusa di traffico di stupefacenti.

Nel comune di Roseto Capo Spulico (Cosenza), lungo la statale 106, le fiamme gialle della Tenenza di Montegiordano hanno intimato l’alt ad un’autovettura, con a bordo due soggetti dimoranti, rispettivamente, a Policoro (Matera) e a Bari, che percorreva la statale in direzione nord.

Sulla scorta delle motivazioni poco plausibili fornite dai fermati circa la loro provenienza e destinazione, unitamente all’eccessivo nervosismo manifestato dai due, i finanzieri hanno eseguito un’accurata ispezione del mezzo di trasporto che ha consentito un primo rinvenimento di 1,350 kg di eroina.

I successivi approfondimenti delle banche dati sul conto dei fermati, uno dei quali, in particolare, già gravato da numerosi precedenti specifici, hanno indotto i militari a proseguire, immediatamente, le attività di servizio anche fuori regione, mediante l’esecuzione di una perquisizione domiciliare presso l’abitazione di quest’ultimo, sita nel comune di Policoro.

Giunta sul posto, la pattuglia delle Fiamme Gialle ha rinvenuto, abilmente occultati, ulteriori quantitativi di sostanze stupefacenti, nello specifico, 1,550 kg di eroina, 15 grammi di hashish e 2,400 kg di sostanza da taglio per l’eroina.

Tutta la sostanza stupefacente rinvenuta, del valore commerciale al dettaglio di oltre 200.000 euro, unitamente all’autovettura utilizzata per il trasporto, è stata sottoposta a sequestro.

I due soggetti sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, ed associati presso la casa circondariale di Castrovillari a disposizione della locale Procura della Repubblica.

Armi e droga, arrestato un diciottenne a Cosenza

A Cosenza, i Carabinieri della locale Compagnia, con il supporto di un’unità cinofila del Nucleo Carabinieri di Vibo Valentia, durante un servizio di controllo straordinario del territorio, in particolare in Via Popilia, hanno tratto in arresto, in flagranza di reato, un 18enne del posto per detenzione illegale di un’arma comune da sparo clandestina.

Il giovane è stato trovato in possesso, a seguito perquisizione personale e domiciliare, di una pistola cal. 6.35, con matricola abrasa. Su disposizione del magistrato di turno della Procura della Repubblica di Cosenza, l’arrestato è stato sottoposto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione in attesa del giudizio direttissimo.

Nel medesimo contesto operativo, veniva rinvenuto e sequestrato, nei confronti di ignoti, complessivamente circa 1 kg. di hashish suddiviso in 10 panetti e due pistole revolver prive di contrassegni matricolari. Le armi e lo stupefacente saranno sottoposti ad accertamenti tecnici, per quanto riguarda le armi anche per verificare se siano state utilizzate per recenti fatti delittuosi.

‘Ndrangheta, c’è un nuovo pentito a Reggio. Sta già “cantando” con la Dda

C’è un nuovo pentito di ‘ndrangheta a Reggio Calabria. Si tratta di Carmine Pablo Minerva, di 50 anni, arrestato l’anno scorso per tentata estorsione ai danni di due ditte edili che stavano ristrutturando un fabbricato nella zona di San Giorgio Extra, un quartiere a ridosso del centro cittadino e controllato dalla cosca Caridi federata alla famiglia mafiosa dei Libri.

Nel marzo 2022 Minerva era stato arrestato assieme a Giovanni Zindato coinvolto in passato nell’inchiesta “Alta Tensione” perché ritenuto uomo di fiducia del boss Nino Caridi.

Da diverse settimane Minerva è diventato collaboratore di giustizia e sta parlando con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria guidati dal procuratore Giovanni Bombardieri. Oggi il pubblico ministero Walter Ignazitto ha depositato i primi due verbali di Minerva nel processo “Pedigree” contro la cosca Serraino. (Ansa)

Le bugie sul Covid e i Vaccini, documenti Aifa: “Nascondiamo verità su inefficacia”

Sul Covid e sui Vaccini hanno nascosto tutta la verità sin dall’inizio, le autorità di governo e sanitarie, con la complicità di virostar e media che si sono sempre girati dall’altra parte anziché fare serie inchieste giornalistiche. Li chiamavano i professionisti dell’informazione…

Dopo tre anni la Procura di Bergamo ha chiuso l’inchiesta indagando tra gli altri gli ex Conte e Speranza. Vengono fuori le imbarazzanti chat in cui il presidente dell’Istituto superiore di sanità Brusaferro cerca di ‘compiacere’ l’ex ministro della Salute. Ma non solo. Da quelle carte sta emergendo tutta la montagna di menzogne che ci hanno raccontato in questi anni, bollando chiunque dubitava della narrazione unica come “complottista”, “negazionista” e “no vax”.


In privato si dicevano che dovevano “terrorizzare i cittadini per fargli accettare le restrizioni”, in pubblico hanno messo in pratica quelle teorie terroristiche senza uno straccio di base scientifica, come il lockdown, con le sue indiscriminate limitazioni alle libertà personali e di circolazione, l’assurdo coprifuoco, il male fatto ai bambini con la chiusura delle scuole, la Dad, le mascherine anche all’aperto, fino al “salvifico” dio vaccino, strombazzato in tutte le salse da tutti coloro citati in premessa, come l’unico modo per uscire dall’incubo del “nemico” invisibile, che poi capimmo da subito che si trattava dell’influenza stagionale chiamata in un modo diverso, coi numeri delle vittime gonfiati oltre i limiti dell’indecenza (bastavano i tamponi inattendibili), dei bollettini farlocchi che vengono diffusi ancora oggi per tenere a freno i sentimenti di rabbia della popolazione ingannata per tre anni, come a convincerli che la presunta minaccia del presunto virus “letale” ancora è dietro l’angolo.

E ricordiamo gli allucinanti obblighi di sottoporsi al siero, con milioni di cittadini costretti a fare la prima, seconda, terza dose, il booster, pena la perdita del lavoro e dello stipendio accompagnati dal marchio “no-vax” e altri epiteti dispregiativi. Infine il green pass, l’infame certificato verde stile Terzo reich, che discriminava chiunque avesse liberamente scelto di non inocularsi. Una norma raccapricciante che discriminava milioni di persone, compresi i minori, a non poter accedere alla vita sociale, allo sport, nei locali, sugli autobus. Non possiamo dimenticare.


E sui vaccini e sulla sua inefficacia, “Fuori dal Coro“, il programma di Rete4 condotto da Mario Giordano, ha mostrato in esclusiva l’incredibile ‘carteggio’ interno all’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Uno scoop che dovrebbe muovere d’ufficio le procure di tutta Italia, per i suoi contenuti che dimostrano in sostanza come milioni di italiani ignari siano stati ingannati, raggirati e tenuti in ostaggio da una cloaca ben organizzata a promuovere campagne vaccinali, escludendo in modo criminale tutte le cure domiciliari e alternative al siero sperimentale a mRna.

Ricordiamo la proteina Spike? Il “pinguino” dei primi vaccini a 80 gradi sotto zero… Quante menzogne. La parola d’ordine era: “Mettere paura, terrorizzare” per arrivare al siero. Su questo sito lo abbiamo scritto sin da subito che era tutta una farsa. Ma tant’è! Una vergognosa psyop a reti unificate volta a truffare le persone che hanno la sola “responsabilità” di avere in casa una tv e un telecomando.

Nel servizio di Marianna Canè, andato in onda nella puntata del 14 marzo, altri inquietanti aspetti della vicenda vengono messi in luce, grazie alla pubblicazione di documenti esclusivi di Aifa. Il servizio sul tema è stato aperto con una clip del settembre 2021 in cui l’ex sottosegretario Salute Pierpaolo Sileri, in Parlamento, diceva che “non è vero” che i vaccinati beccavano il virus e lo trasmettevano. “E’ una falsità, una bugia. Il vaccino salva la vita, punto”. Una menzogna colossale acclarata da evidenze scientifiche e dal carteggio interno dell’Aifa. Video


Lo ricordiamo tutti il mantra del “Chi si vaccina non si contagia”. Era la bugiarda premessa per introdurre certificato razziale vaccinale. Ancora oggi, ricordiamo bene l’allora premier Draghi quando spocchioso affermava: “Non ti vaccini, ti ammali, muori”. Poi però i cosiddetti “untori” erano in larga parte inoculati che non sviluppavano anticorpi per combattere il cosiddetto virus. E lo sapevano anche loro, gli scienziati con la “H”. Ma soprattutto lo sapeva la principale autorità sanitaria del nostro Paese, l’Aifa che ha fatto di tutto per occultare la verità.

Da quì sono partite diverse segnalazioni all’ente regolatorio che mise però tutto a tacere, pur di perseguire lo scopo e compiacere i suoi “superiori”; scopo che era proprio dei circoli èlitari che dominano il mondo i quali hanno ordito la più grande e grave truffa della Storia, come ha sempre sostenuto pure Monsignor Carlo Maria Viganò, ex Nunzio apostolico negli Stati Uniti.

Veniamo all’email principale dello scoop: protagonista una funzionaria interna dell’Agenzia del farmaco che scrivendo una email ai suoi superiori dice: “Io all’università ho studiato che lo scopo della vaccinazione è stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi. Se il vaccino non ha prodotto anticorpi che effetto ha avuto? Nullo, ovvero mancanza di efficacia e quindi fallimento vaccinale”. Apriti cielo! Con l’ente che reguardisce la collaboratrice dicendole in sostanza di non interferire: “Bisogna togliere ogni riferimento al fallimento vaccinale”, altrimenti i cittadini potrebbero non vaccinarsi più.


In trasmissione viene intervistato anche un altro medico, che conferma quanto dichiarato in programma: “Se il vaccino non produce anticorpi è un fallimento vaccinale”. Conferma anche la Gismondo che cita come metafora un’aspirina: Se la prendo e non mi passa il mal di testa è un fallimento.

Marianna Canè a questo punto del servizio per “Fuori dal Coro” mostra proprio due documenti interni dell’Aifa. Il 19 gennaio 2021 c’è una segnalazione della Regione Umbria all’Aifa che denuncia che ci sono vaccinati che non sviluppano anticorpi e che quindi possono contagiarsi, eccome. La risposta? “Non essendo disponibili criteri di definizione di caso del fallimento non va indicato ‘mancanza di efficacia’”. Quindi quando il vaccino non è efficace non va detto. Semplice no? E via con il racconto di altre bugie, scrive anche il Paragone.

Come dimostra “Fuori dal coro”, le segnalazioni infatti continuano. E a marzo 2021 arriva all’Aifa anche quella della Regione Liguria. L’oggetto della mail? “Casi di mancanza di efficacia del vaccino Comirnaty (Pfizer, ndr)”. Qui si segnalano addirittura casi di reinfezioni tra chi ha già 2 dosi. Ma ancora si nasconde il problema. Il tentativo di mettere tutto a tacere – spiega Canè – è talmente spudorato che sono gli stessi funzionari dell’Aifa a sollevare dei dubbi, come dimostra appunto il documento citato sopra riferito al fallimento vaccinale.


È chiaro, sono le basi. Un vaccino per dire che funzioni deve produrre anticorpi. Ma qual è la risposta dell’Aifa alla sua funzionaria che solleva il dubbio? “Se facciamo passare come fallimento vaccinale l’assenza degli anticorpi, siamo fuori dalle indicazioni EMA. Pensavamo di farle modificare togliendo ‘fallimento’”. Così, pur di non parlare di ‘fallimento vaccinale’, l’Aifa pensa di modificare le definizioni. E questa sarebbe la scienza? Qualche mese fa la stessa segnalazione arriva dal nosocomio di Brescia. “Abbiamo notato che da parte degli Spedali Civili di Brescia è stato registrato un elevato numero di segnalazioni di inefficacia dei vaccini Covid-19”. Anche qui, però, passa tutto in cavalleria. Emerge dunque che l’Aifa fa di tutto per non dichiarare il vaccino un fallimento.


Aifa: “Se vogliamo sopravvivere, imparare a non rispondere”

Infine, quando vengono richieste informazioni sui progetti di vigilanza attiva, chiamati VigiCovid e che l’Aifa doveva far partire per sorvegliare i danneggiati da vaccino (un capitolo, quello sulle morti improvvise, anch’esso taciuto, ndr), ecco cosa scrive l’Agenzia del Farmaco: “Il progetto VigiCovid non deve essere considerato. Se vogliamo sopravvivere, occorre imparare a non rispondere“. E questa sarebbe la trasparenza? Che per altro è anche un obbligo per gli Enti pubblici… “Anche perché senza trasparenza si può mentire, anche in Parlamento”, conclude amara Marianna Canè il suo servizio per “Fuori dal coro”.

Approda in Consiglio dei ministri il decreto Ponte sullo Stretto

Il progetto grafico del Ponte sullo Stretto

Sarà trattato giovedì in Consiglio dei ministri il decreto che darà il via all’iter per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. L’ordine del giorno della riunione del pre-Consiglio in programma mercoledì pomeriggio, secondo quanto riporta l’Ansa, è stato infatti integrato, con un decreto legge “per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e il continente”, presentato dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero per le infrastrutture e i trasporti.

Ritorna così la società ‘Stretto di Messina Spa’ alla quale – si legge nel testo della bozza in discussione – “partecipano Rete ferroviaria italiana (Rfi), Anas, le Regioni Sicilia e Calabria, nonché, in misura non inferiore al 51%, il Ministero dell’economia, che esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministero delle infrastrutture, al quale ultimo sono attribuite funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa”.

La data indicata è che “il cronoprogramma di realizzazione dell’opera, con la previsione che il progetto esecutivo, è approvato entro il 31 luglio 2024”.

Frontale tra un’auto e un camion militare, muore una donna

Una donna di 56 anni è morta in uno scontro tra un’auto e un mezzo pesante della Marina Militare avvenuto sulla carreggiata nord dell’A2 Autostrada del Mediterraneo in prossimità dello svincolo di Rosarno, nel reggino.

La donna era alla guida della vettura che, per cause in corso di accertamento, si è scontrata con il camion militare. Nell’impatto, oltre alla vittima, due persone sono rimaste ferite. Soccorsa dal personale del 118, la signora è deceduta prima che l’ambulanza raggiungesse l’ospedale di Polistena.

Sul luogo dell’incidente è intervenuta, per i rilievi, la Polizia stradale. Il traffico ha subìto dei rallentamenti. Sul posto anche personale dell’Anas impegnato nella gestione e nel ripristino della viabilità.

Drone Usa, Mosca: “Provocazione ai nostri confini. Aveva transponder spenti”

“L’avvicinamento di un drone americano MQ-9 ai confini del nostro Stato, in Crimea, con i suoi transponder spenti, che è una violazione del regime temporaneo per lo spazio aereo, è un’altra provocazione. Sono sicura che qualsiasi tentativo di violare i confini della Russia dovrebbero essere duramente puniti”. Lo ha detto Olga Kovitidi, membro del Consiglio della Federazione dalla Crimea, citata dalla Tass.

Il ministero della Difesa russo ha riferito che la mattina del 14 marzo le capacità di controllo dello spazio aereo delle Forze aerospaziali hanno individuato un drone MQ-9 statunitense nei pressi della penisola di Crimea. Come specificato dal ministero, il drone americano ha volato con i transponder spenti “violando i confini dell’area coperta dal regime temporaneo per l’uso dello spazio aereo istituito ai fini dell’operazione militare speciale”.

Secondo i militari, i caccia russi non hanno impiegato i loro armamenti a bordo, il drone è andato in volo incontrollato a seguito di una brusca manovra, ha perso quota e si è schiantato in acqua.

L’MQ-9 Reaper è un drone modulare da ricognizione e attacco progettato da General Atomics Aeronautical Systems. Il drone è dotato di un motore turboelica che gli consente di accelerare fino a oltre 400 km/h. Presenta una durata di volo di 24 ore.

Ieri il Comando Usa in Europa aveva fornito la sua versione chiedendo lumi a Mosca per il presunto attacco di un caccia russo al drone Usa. Nella nota diramata, tuttavia ci sono contraddizioni. Si parla che il mezzo aereo, dopo essere stato compromesso, “è stato fatto precipitare in acque internazionali” nel Mar Nero; elemento che fa pensare che il drone stava nei pressi nello spazio aereo russo come sostiene il Cremlino, mentre un generale dell’Us Air Force ha dichiarato che il velivolo volava già sopra “lo spazio aereo internazionale” per svolgere “operazioni di routine”. Se ci si trovava già, perché dire di essere stati costretti a farlo precipitare in acque internazionali?, è la domanda che molti si pongono.

Segue e diffonde materiale hard a ex moglie e sue amiche, denunciato

Stalking atti persecutori

I Carabinieri, nella Piana di Gioia Tauro, al termine di attività d’indagine condotta con il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, hanno denunciato un 48enne, per atti persecutori e diffusione di immagini e video a contenuto sessualmente esplicito, anche detto “Revenge Porn”.

Nello specifico, dalla ricostruzione della vicenda emersa dagli esiti investigativi, l’uomo successivamente alla separazione dalla ex moglie, si sarebbe reso autore di alcuni messaggi, anche a contenuto sessuale, inviati in più circostanze perfino alle amiche e al datore di lavoro della donna e si sarebbe avvalso, inoltre, dei dati della vittima per creare profili on-line in siti d’incontri a scopo sessuale.

L’attività d’indagine, in particolare, è stata avviata a seguito di una delle diverse denunce presentate dalla donna che in più occasioni si era rivolta a Stazioni Carabinieri del comprensorio Gioiese, per chiedere aiuto.

Dalla successiva attività delegata dalla Procura della Repubblica di Palmi, i carabinieri hanno potuto sequestrare diverso materiale informatico rinvenuto presso l’abitazione del denunciato, nel corso della perquisizione domiciliare, che verrà esaminato al fine di verificare la presenza di eventuali ulteriori elementi di riscontro.

Sull’autovettura in uso alla donna, invece, è stato trovato perfino un localizzatore GPS che, sulla base delle ipotesi investigative, sarebbe stato utilizzato dall’uomo per monitorare gli spostamenti della ex moglie.

Quasi 600 migranti al porto di Reggio da Lampedusa

E’ arrivata verso le 8.30 nel porto di Reggio Calabria la nave Diciotti della Guardia costiera con a bordo 589 migranti provenienti da Lampedusa, il cui hotspot si trova al collasso.

A bordo si trovano, secondo le indicazioni riportate dall’Ansa, donne singole e numerosi nuclei familiari con bambini.

La nave Diciotti è attraccata al molo di ponente. Le operazioni di sbarco sono coordinate dalla Prefettura. Sul molo anche personale di Frontex, oltre a personale della Croce rossa, sanitari e forze dell’ordine.

Dopo lo sbarco i migranti verranno poi trasferiti secondo il piano di riparto predisposto dal Ministero dell’Interno. Sono migliaia i migranti sbarcati tra Calabria e Sicilia negli ultimi giorni.

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