15 Ottobre 2024

Home Blog Pagina 1117

Blitz antidroga a Ancona. Arrestato sottocapo capitaneria Pesaro

Droga, smantellata ad Ancona banda siciliana. 10 arresti
La rete smantellata ad Ancona

ANCONA – 140 militari dell’Arma con l’ausilio di diverse unità cinofile, stanno operando dalle 5 di stamane nelle province di Ancona, Pesaro Urbino, Ascoli Piceno e Foggia dando esecuzione a 10 provvedimenti restrittivi emessi dal Gip di Ancona, su richiesta della locale Procura – Dda, nei confronti di uno straniero e nove italiani, principalmente originari del sud Italia e trapiantati da tempo nelle Marche, ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di cocaina, hashish e marijuana e spaccio continuato di sostanze stupefacenti.

Inoltre sono in corso 35 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati per spaccio di stupefacenti. La droga acquistata sia in italia che all’estero veniva immessa nelle province di Ancona e Pesaro Urbino attraverso una fitta rete di spacciatori al dettaglio gestita da personaggi di notevole spessore criminale di origine siciliana.

L’organizzazione, che aveva anche la disponibilità di armi, utilizzava spesso metodi violenti per il recupero di denaro di precedenti forniture di stupefacenti ricorrendo anche all’incendio delle autovetture dei debitori come metodo intimidatorio. altra particolarità del gruppo, simile all’organizzazioni mafiose, era il sostegno economico e legale fornito agli associati ed agli altri piccoli spacciatori nell’eventualità di un loro arresto.

L’INCHIESTA
Nell’inchiesta della procura di Ancona figura anche un sottocapo della Capitaneria di porto di Pesaro, C.F., 38 anni, siciliano, arrestato in flagranza di reato per detenzione di una pistola di fabbricazione serba calibro 6,35 con matricola abrasa. Il sott’ufficiale è tra i 45 indagati nell’operazione “Damasco” con cui i carabinieri di Ancona e Fano, coordinati dalla Dda di Ancona, hanno sgominato un’associazione per delinquere che spacciava cocaina, hascisc e marijuana nelle Marche.

Dieci le persone arrestate: dieci su ordine di custodia cautelare in carcere. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati dal comandante provinciale dell’Arma di Ancona, colonnello Stefano Caporossi, dal comandante del Reparto operativo Americo Di Pirro e dal comandante della Compagnia Carabinieri di Fano Alfonso Falcucci.

Con il blitz dei carabinieri, coordinati dai pm Mariangela Farneti (Ancona) e Valeria Cigliola (Pesaro), è stata disarticolata una pericolosa organizzazione che avrebbe fatto capo a Salvatore Fontana, 46 anni, originario di Villabate (Palermo) ma da oltre vent’anni residente a Cupramontana (Ancona), con precedenti per droga e rapina.

La banda importava droga dall’Olanda o la faceva arrivare da Napoli tramite un referente campano, figlio di un detenuto rinchiuso nel carcere di Fossombrone in odore di legami con il clan Gionta. Per gestire lo spaccio, Fontana si sarebbe servito per la zona di Ancona del fratello e del nipote (43 e 22 anni) e di un collaboratore di giustizia legato alla mafia catanese, S.S., 31 anni, residente a Fano, per il Pesarese.

Proprio dalla sorveglianza di quest’ultimo hanno preso avvio le indagini, nel cominciate a settembre del 2014. In tutto sono 11 (dieci italiani, tra cui una donna, e un albanese) le persone accusate di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga: l’organizzazione non si faceva scrupolo di commettere altri reati per recuperare crediti per partite di droga non pagate con metodi paramafiosi.

Come l’incendio di un’auto a Maiolati Spontini avvenuto il 17 settembre 2015, e due aggressioni ad altrettanti commercianti di Ancona (acquirenti ‘morosi’ di stupefacente) fatti oggetto di minacce e violenze, ai quali era stato prospettato anche l’intervento di soggetti con legami mafiosi per ottenere il saldo dei pagamenti. Tra i reati contestati al presunto capo della gang anche l’intestazione fittizia di beni a familiari e a terzi. Tra le persone (di cui sette arrestate) su cui pesa l’accusa associativa figura una donna campana di 39 anni, residente a Jesi, denunciata a piede libero: avrebbe prestato denaro a debitori per droga in difficoltà, pretendendo poi la restituzione con tassi fino al 121%.

Nei mesi scorsi i carabinieri avevano arrestato altre sei persone (quattro a Pesaro e due ad Ancona) e sequestrato 316 grammi di cocaina, 333 grammi di hascisc e 142 grammi di marijuana. Contestualmente ai fermi di oggi invece, i 140 militari entrati in azione con il supporto di unità cinofile, hanno recuperato quasi tre kg di hascisc.

Romeno sfonda il cranio a una ragazza 22enne per 15 euro

Cassano d'Adda, romeno sfonda il cranio a una ragazza 22enne per 15 euro
Una immagine col sangue della ragazza. Nel riquadro il martelletto frangivetro usato dall’aggressore sul treno a Cassano d’Adda

Brutalmente aggredita per 15 euro. E’ la brutta storia in cui è rimasta vittima una ragazza di 22 anni, di Bergamo, che sul treno Treviglio-Milano si è trovato davanti un romeno che con un mertelletto frangivetro le ha fracassato il cranio allo scopo di asportarle la borsa contenente un cellulare e pochi euro.

I carabinieri di Cassano d’Adda (Milano) dopo poco tempo hanno fermato il romeno. Si tratta di un pregiudicato di 32 anni. L’uomo è accusato di tentato omicidio, lesioni e rapina nei confronti della ragazza che si trova ricoverata al San Raffaele di Milano con la teca cranica sfondata.

La giovane è stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico al nosocomio dove i sanitari hanno tentato di ridurre la frattura al cranio. La vittima della brutale aggressione non ha mai perso conoscenza e ha fornito dettagli importanti per riconoscere il suo aggressore.

L’episodio è avvenuto attorno alle 21 di sabato sul treno partito da Treviglio per Milano. All’altezza della fermata di Cassano D’Adda la ragazza è stata aggredita alle spalle, mentre era seduta in un vagone da sola. L’uomo senza pietà l’ha colpita diverse volte con il martello frangivetro preso sul vettore e che ha abbandonato all’interno. Subito dopo è scappato scendendo a Cassano portando via la borsa della 22enne contenente il cellulare e i 15 euro che aveva nel portafogli.

La vittima dell’aggressione, sempre cosciente, è riuscita ad avvertire il capotreno il quale ha chiamato i carabinieri. I militari hanno subito cercato l’uomo in una palazzina abbandonata per lavori in corso all’interno dell’area della stazione e si sono diretti là, alla ricerca di un soggetto con un pantalone con le toppe e un cappellino giallo. Lo hanno trovato poco dopo nell’edificio dismesso: anche il cappello era a qualche metro di distanza impigliato tra rovi.

Il presunto aggressore è stato sottoposto a fermo giudiziario in attesa dell’udienza di convalida al tribunale di Milano. Il romeno ha precedenti per reati violenti e, nel 2015, era già stato accompagnato alla frontiera in esecuzione di un ordine di espulsione dall’Italia.

Bus Catalogna, le nostre ragazze morte perché l’autista dormiva

Le sette ragazze italiane morte in Catalogna
Le sette ragazze italiane morte in Catalogna

E’ lutto in Italia per la drammatica morte delle sette studentesse nell’incidente del bus in Catalogna. Si chiamavano Francesca Bonello, Elisa Valent, Valentina Gallo, Elena Maestrini, Lucrezia Borghi, Serena Saracino, Elisa Scarascia Mugnozza.

Sette ragazze, poco più che venti primavere, affamate di vita e di futuro. La speranza si è fermata ieri mattina nello schianto dell’autobus Erasmus a Tarragona, in Spagna, sulla strada del ritorno da una gita a Valencia per la Notte dei Fuochi della Fiesta de Las Fallas.

I loro corpi sono stati composti nel piccolo obitorio della cittadina di Tortosa, a 20 km dal luogo del disastro, dove si è recato il nuovo ambasciatore italiano in Spagna, Stefano Sannino. I familiari sono in un albergo di Tarragona.

Sono ore di strazio e di angoscia. Un dolore immenso e incolmabile per i parenti, gli amici e i colleghi di studio.

ECCO CHI ERANO LE RAGAZZE 

Serena Saracino
Serena Saracino

Serena Saracino, di Torino, “è morta sul colpo”. “Era un angelo dai capelli lunghi, molto studiosa e ubbidente come oggi è difficile trovare”, la ricorda il padre, Alessandro, “Amava molto Barcellona , che però le è costata la vita e ha ucciso anche il suo papà e la sua mamma”. Alessandro Saracino chiede che i viaggi diventino sicuri: ‘”Non è colpa di nessuno – dice – ma non è possibile che giovani che vanno in un Paese amico come la Spagna per studiare, perdano la vita in un modo così assurdo. Gli spostamenti dei giovani, che sono la nostra speranza e il nostro futuro, devono avvenire in sicurezza, con mezzi in buone condizioni, non alle 4 del mattino con autisti forse stanchi”.

Francesca Bonello
Francesca Bonello

Francesca Bonello, 24 anni, di Genova, studiava medicina a Barcellona. La notizia della sua morte è arrivata alla famiglia nella notte. Una veglia in suo ricordo si svolgerà nel pomeriggio in una chiesa nel centro città. La ricorda così un’amica di famiglia: “Francesca era una ragazza generosa che viveva la religione con una fede vera, concreta. Era andata in Romania e in Africa come volontaria. Ha lavorato tanto con i poveri. Era una persona piena di amici, solare, bella. La sua è stata una vita breve ma vissuta per gli altri”.

Elisa Valent
Elisa Valent

Elisa Valent, 25 anni, di Venzone, in provincia di Udine, studentessa di filologia all’Università di Padova. Era a Barcellona solo da una ventina di giorni . Laureata il 6 marzo 2014, Elisa sarebbe dovuta restare a nella città catalana fino a giugno. Il sindaco, Fabio Di Bernardo. ”La nostra è una piccola comunità, ci conosciamo tutti e il dramma vissuto da questa famiglia è il dramma di tutto il paese”

 

Elisa Scarascia Mugnozza
Elisa Scarascia Mugnozza

Elisa Scarascia Mugnozza, 22 anni di Roma. “La famiglia ha saputo oggi che Elisa è tra le ragazze morte nell’incidente, sono disperati”. Ha detto al telefono un’amica. “Per me Elisa era come una sorella maggiore, la conoscevo da sempre. Qui siamo tutti disperati”. Elisa era l’ultima erede di una famiglia di accademici. Il padre è Giuseppe, docente di Ecologia forestale all’Università della Tuscia, mentre il nonno, Gian Tommaso, è stato il fondatore e primo rettore dello stesso ateneoo.

Lucrezia Borghi
Lucrezia Borghi

Lucrezia Borghi, 22 anni, di Greve in Chianti (Firenze). E’ toccato ai genitori riconoscere la salma della figlia morta nell’incidente stradale di ieri. Con loro c’èra anche il fidanzato. Sabato scorso, di primo mattino, Lucrezia, Elena Maestrini e Valentina Gallo hanno scritto alla segreteria della facoltà di Economia di Firenze per chiedere il prolungamento del programma del periodo Erasmus di un mese.

 

Elena Maestrini
Elena Maestrini

Elena Maestrini, 21 anni, di Gavorrano, (Grosseto), è deceduta nella notte all’ospedale di Tarragona per le gravi ferite riportate nell’incidente.

 

 

 

Valentina Gallo
Valentina Gallo

Valentina Gallo studiava alla facoltà di Economia di Firenze. Dalla fine di gennaio era in Spagna con un programma Erasmus. E’ stata la stessa università a confermare che la studentessa è morta.

 

 

 

Il cordoglio di Matteo Renzi. “Oggi – scrive il premier su Facebook – è un giorno difficile da mandare giù. È il 21 Marzo, è primavera. Sarebbe primavera. Perché come fai a parlare di primavera con le foto di sette ragazze che ti sorridono dalle immagini dei giornali online, ma che in realtà hanno chiuso gli occhi per sempre…”.

Studenti sardi in altro bus, hanno visto la tragedia
Erano nella stessa comitiva degli studenti Erasmus coinvolti nel terribile incidente. Ma hanno scelto il pullman che, alla partenza da Valencia, stava dietro quello che ha terminato la sua corsa lungo l’autostrada per Barcellona. Si è salvato così un gruppo di studenti sardi, iscritti all’Università di Cagliari, in viaggio di studio in Spagna. Qualcuno di loro era seduto nei posti davanti e avrebbe anche visto il terribile incidente

Studente sassarese scampato per caso
Aveva viaggiato da Barcellona a Valencia sullo stesso pullman che all’alba di ieri si è schiantato sulla via del ritorno, all’altezza di Tarragona. Ma dopo aver partecipato alla “Cremà de las fallas de Valencia”, uno studente sassarese di Economia, 26 anni, ha deciso di trattenersi nella città in festa, ospite di alcuni amici.

L’AUTISTA: “MI SPIACE, MI SONO ADDORMENTATO”

“Lo siento, me he dormido”, “Mi dispiace, mi sono addormentato”, avrebbe detto ai servizi di emergenza arrivati subito dopo l’incidente l’autista del bus a bordo del quale viaggiavano le 13 ragazze vittime dell’incidente in Catalogna secondo quanto riferisce il quotidiano spagnolo La Razon.

L’autista dell’autobus della strage in Catalogna è indagato per “omicidi plurimi” per “imprudenza”, secondo il codice spagnolo, riferisce il quotidiano catalano La Vanguardia. L’uomo, 63 anni, è stato ricoverato in terapia intensiva per una contusione polmonare e non potrà quindi presentarsi oggi davanti al giudice come era previsto.

Voleva uccidere l’amante della moglie. Preso in tempo

Rende, Domenico Gaccione voleva uccidere amante moglie. Preso a LuzziRENDE – Avrebbe voluto uccidere a fucilate quello che riteneva l’amante della moglie. Ma è stato fermato in tempo dai carabinieri della compagnia di Rende dopo frenetiche ricerche tra Luzzi e Acri.

I militari sono riusciti ad acciuffare in una contrada luzzese Domenico Gaccione, 40enne di Acri. A bordo dell’Audi A4 dell’uomo i carabinieri hanno trovato una mazza da baseball e un fucile da caccia, calibro 12, marca Poli-Gardone, intestata al padre.

Intorno all’ora di pranzo, la stazione dei carabinieri di Acri ha ricevuto l’allarme dai familiari di Domenico Gaccione, i quali temevano per la sorte del congiunto e per la vita del presunto amante della consorte.

I familiari hanno riferito che l’uomo era uscito infuriato da casa con la propria auto e armato di fucile, manifestando l’idea di recarsi a Rende “per andare ad ammazzare”, per motivi passionali, un uomo rendese che Gaccione riteneva “l’amante della moglie”. Scattato subito l’allarme tra centrali operative, l’uomo è stato bloccato a Luzzi dopo meno di mezzora dall’allerta tra centrali operative.

Domenico Gaccione è stato trattenuto presso la camera di sicurezza della compagnia di Rende, in attesa del rito direttissimo fissato davanti al magistrato per domani mattina 22 marzo 2016. Il Padre del presunto mancato omicida è stato denunciato in stato di libertà per omessa custodia del fucile.

Caserta, prostituzione e droga: arrestati 4 albanesi

Caserta, prostituzione e droga: arrestati 4 albanesiSANTA MARIA CAPUA VETERE (CASERTA) – E’ di 4 albanesi arrestati il bilancio di operazione anti prostituzione e droga condotta dai carabinieri di Aversa e coordinata dalla procura di Santa Maria Capua Vetere.

Le attività di polizia giudiziaria, concluse la scorsa settimana, si sono svolte nelle province di Casetta, Modena e Bari, ad opera dei militari della Sezione Operativa del Nucleo Operativo e Radiomobile del Reparto Territoriale di Aversa, i quali hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di quattro cittadini albanesi, gravemente indiziati, a vario titolo, in concorso fra di loro, di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nonché di detenzione e cessione di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti.

Il provvedimento, spiega la procura, è stato emesso all’esito di una complessa attività di indagine, condotta da aprile 2013 a giugno 2014, dai Carabinieri del reparto territoriale di Aversa, coordinati dalla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, articolatasi con metodologie tradizionali ed attività tecniche, che ha permesso di raccogliere un solido quadro indiziario a carico degli indagati, consentendo di accertare le condotte di sfruttamento e favoreggiamento dell’attività di prostituzione di cinque donne provenienti dall’Est Europa e consentendo altresì il sequestro di circa diciannove chili di sostanza stupefacente.

È stata data, dunque, esecuzione all’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di Gazmir Difaj, nato in Albania il 1975; Altin Koleci, nato in Albania il 1977; Bledjan Curri, nato in Albania il 1986.

La procura di Santa Maria Capua Vetere, nella persona del procuratore aggiunto Antonio D’Amato, ha disposto la misura cautelare della custodia agli arresti domiciliari nei confronti di Arnis Difaj, nato in Albania il 1994.

Corsi di formazione fantasma. 59 denunce a Trento

Corsi di formazione fantasma. 59 denunce a Trento
I militari della Guardia di Finanza di Trento

TRENTO – 59 persone sono state denunciate dalla Guardia di Finanza di Trento perché ritenute responsabili di far parte di una organizzazione che avrebbe svolto corsi “fantasma” di formazione professionale mai effettuati per un danno di oltre un milione di euro alle casse pubbliche.

Con l’operazione “Ghost”, i finanzieri hanno posto fine ad un complesso sistema di frode, con cui venivano indebitamente incassate somme del Fondo Sociale Europeo e della Provincia Autonoma di Trento, asseritamente destinate ad interventi “anticrisi” di formazione ed aggiornamento del personale delle imprese private.

Molti mesi di indagini del Nucleo di Polizia Tributaria di Trento, in coordinamento con la Procura della Repubblica nell’ambito di sette procedimenti penali, hanno portato all’esecuzione dei provvedimenti.

In particolare: 16 rappresentanti legali e 12 dipendenti di società private, 29 professionisti e docenti e 2 revisori si sono resi presunti responsabili dei reati di falsità ideologica e materiale in atti, truffa aggravata nei confronti dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche, turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture. Sono state inoltre segnalate 6 società organizzatrici ed utilizzatrici dei corsi alla Procura della Repubblica, per responsabilità amministrativa dipendente da reato.

La complessa attività di indagine scaturisce da un’azione di monitoraggio ed analisi che le Fiamme Gialle Trentine conducono costantemente nel settore della spesa pubblica ed in particolare sui progetti formativi presentati da numerose imprese private che hanno tutte affidato la gestione dei corsi ad una sola società, specializzata nel settore della formazione.

In verità, spiegano gli inquirenti, dietro tali progetti, si nascondeva un articolato meccanismo truffaldino, consistente nella richiesta di ingenti contributi pubblici per l’aggiornamento del proprio personale che però, di fatto, non veniva effettuato, perché i corsi, in realtà, erano in tutto od in parte simulati.

Ciò veniva occultato mediante il sistematico ricorso a raffinati artifici documentali, quale, ad esempio, la falsificazione dei registri di corso e delle firme delle persone da formare, per simulare il numero minimo di partecipanti e lo svolgimento di ore obbligatorie di lezione o di tutoraggio, in verità mai svolte. Tra l’altro, facendo figurare che i dipendenti erano presenti alle lezioni, mentre invece erano impegnati nelle loro normali attività lavorative, le aziende ottenevano anche l’indebito rimborso del costo legato al cosiddetto “reddito allievi in formazione”.

Le docenze, in realtà, mascheravano delle vere e proprie consulenze, rese da professionisti per la creazione di packaging per l’etichettatura di prodotti, la realizzazione di siti internet aziendali, la partecipazione a fiere e convegni, l’organizzazione di incontri, la stesura di rinnovi contrattuali o, ancora, la realizzazione di brochure e materiale pubblicitario, ovvero l’acquisto e l’aggiornamento di software.

Le violazioni sono state segnalate all’Agenzia del Lavoro della Provincia di Trento, per le procedure di recupero dei contributi indebitamente percepiti, che sono già stati tutti revocati attraverso ingiunzioni di pagamento, comprensive di sanzioni ed interessi legali, e di cui la metà è già stata restituita.

La Guardia di Finanza di Trento ha anche esaminato le modalità di rendicontazione finanziaria degli interventi formativi.

Le investigazioni sulle procedure di affidamento e sull’attività svolta dalla società di audit, che avrebbe dovuto procedere a tali controlli, hanno messo in luce alcune gare d’appalto vinte grazie alla presentazione di offerte contenenti falsi curricula dei propri revisori, in modo da ottenere un punteggio migliore dei concorrenti, mentre l’attività di revisione veniva poi assicurata da prestazioni eseguite da terzi, attraverso subappalti non autorizzati, provocando l’indebita aggiudicazione e l’irregolare esecuzione di due appalti, per un ammontare complessivo di circa 300.000 euro.

L’esito delle indagini ha comportato anche la denuncia di 50 persone alla Procura Regionale della Corte dei Conti, per un danno erariale di circa 800.000 euro, costituito sia dai finanziamenti indebitamente percepiti sia dal cosiddetto “danno alla concorrenza” relativo agli appalti illegittimamente aggiudicati, a cui garanzia è stato eseguito il sequestro conservativo di un immobile.

L’operazione “Ghost” costituisce un importante tassello della complessiva attività svolta dalla Guardia di Finanza in Trentino nel delicato settore del controllo sul corretto impiego delle risorse pubbliche, a garanzia che tali risorse, derivanti anche dalla continua azione di contrasto all’evasione fiscale, vengano realmente destinate ad iniziative utili per la crescita produttiva ed occupazionale delle imprese ed a tutela dei soggetti più deboli o in crisi.

‘Ndrangheta, sequestro di mezzo miliardo. Anche i Due Mari

'Ndrangheta, sequestro di mezzo miliardo. Anche i "Due Mari" lamezia terme
Sequestrato anche il centro commerciale Due Mari di Maida

CATANZARO – Beni per un valore di 500 milioni di euro, riconducibili a presunti affiliati alla cosca di ‘Ndragnheta Iannazzo di Lamezia Terme, sono stati sequestrati dal nucleo di polizia tributaria di Catanzaro della Guardia di Finanza.

Tra i beni sequestrati c’è il centro commerciale “Due Mari”, ubicato a Maida, tra Catanzaro e Lamezia Terme, di proprietà dell’imprenditore Franco Perri. Il sequestro di beni è stato disposto dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Dda del capoluogo.

I beni oggetto del provvedimento sono ubicati in varie zone della Calabria e consistono in una lunga serie di beni mobili ed immobili, società e titoli bancari.

Villa Literno (Caserta), vede i ladri e spara. Un morto

Villa Literno (Caserta), vede i ladri e spara. Un mortoNAPOLI – Spara a tre ladri e ne ferisce a morte uno: è successo la scorsa notte a Villa Literno (Caserta). I ladri, fuggiti a bordo di una Bmw bianca, hanno poi lasciato il corpo senza vita del complice ferito davanti l’ospedale civile di Aversa (Caserta).

I tre ladri stavano mettendo a segno un furto in abitazione quando il proprietario si è accorto della loro presenza e ha sparato. L’episodio è avvenuto intorno alle 3,30 della notte tra domenica e lunedì, in via Vecchia Aversa a Villa Literno.

Il proprietario ha sparato quando i tre erano in procinto di rubare l’autovettura del proprietario di casa. A questo punto è scattata la fuga: i tre malviventi, a bordo della Bmw, sono fuggiti in direzione Casal di Principe.

Poco dopo la Bmw bianca è stata vista arrivare davanti l’ospedale civile di Aversa dove due persone hanno lasciato a terra il corpo senza vita di un uomo colpito da proiettili. La Bmw, completamente bruciata, è stata trovata dai carabinieri nelle campagne di Gricignano di Aversa.

500 chili di cocaina in barca a vela dal Brasile. Arresti. NOMI/FOTO

Cocaina in barca a vela dal Brasile a Capo Verde. 6 arresti
I Carabinieri sequestrano 500 chili di cocaina sulla barca a vela

BOLOGNA – I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Bologna hanno eseguito un provvedimento di fermo, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, nei confronti di sei appartenenti ad un sodalizio criminale dedito al traffico internazionale di stupefacenti destinato a rifornire il mercato bolognese ed emiliano-romagnolo.

La misura è l’epilogo di un’indagine condotta dal 2014 dagli investigatori dell’Arma di Bologna, coordinati dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, con la collaborazione di DCSA (Direzione Centrale Servizi Antidroga), UDYCO (Unidad de Drogas y Crimen Organizado) e MAOC-N (Maritime Analysis and Operations Centre – Narcotics), che ha consentito di intercettare nei pressi di Capo Verde una barca a vela, in viaggio tra Brasile e Spagna, con a bordo oltre mezza tonnellata di cocaina.

L’operazione, denominata “Mi Vida”, ha permesso di assicurare alla giustizia quattro italiani, uno spagnolo e un brasiliano, ritenuti trafficanti internazionali di droga, nello specifico cocaina.

Si tratta di Andrea Semilia, bolognese 40enne; Maurizio Rossi, 48enne bolognese, residente a Riccione; Maurizio Radoni, forlivese 44enne; ed organizzato con la supervisione del pregiudicato Francesco Cardone, milanese 48enne e lo skipper Gonzalo Calvo Asturgo, spagnolo, 49enne, residente a Barcellona e Paolo Fernando Roziz Gonide.

Nella conferenza stampa – cui hanno partecipato il Comandante della Legione Carabinieri Emilia Romagna, Generale di Divisione Adolfo Fischione, il Vice Procuratore Nazionale Antimafia, Cesare Sirignano, il Procuratore Aggiunto della D.D.A. di Bologna, Massimiliano Serpi, il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Bologna, Colonnello Valerio Giardina, il Sostituto Procuratore della Dda di Bologna titolare dell’indagine, Francesco Caleca, nonché i rappresentanti degli Enti che hanno affiancato gli investigatori dell’Arma nella cooperazione internazionale: DCSA (Direzione Centrale Servizi Antidroga), UDYCO (Unidad de Drogas y Crimen Organizado) e MAOC-N (Maritime Analysis and Operations Centre – Narcotics) – è stato spiegato nei dettagli l’operazione “Mi Vida”.

Oltre agli arresti, sono stati sequestrati complessivamente 506 chili di cocaina, intercettati su una barca a vela in viaggio tra Brasile e Spagna. Due componenti della banda erano già stati fermati al largo di Capo Verde e a Barcellona dalle autorità spagnole, nel corso delle attività congiunte.

L’INCHIESTA
Si tratta della conclusione di una complessa attività d’indagine, convenzionalmente denominata “Mi Vida”, in corso dalla fine del 2014, che ha permesso di individuare un’organizzazione, ramificata in Italia, Spagna, Brasile, Olanda e Martinica, specializzata nel trasporto, sulla tratta atlantica Brasile/Canarie, su imbarcazioni gestite dal sodalizio criminale, e nell’importazione in Italia, in particolare nell’area emiliano-romagnola, di ingenti quantitativi di cocaina. Grazie a consolidati rapporti con i cartelli della droga brasiliani, elementi di spicco del citato sodalizio, riuscivano ad importare in Europa lo stupefacente, destinato al mercato emiliano­ romagnolo, dove veniva affidato ad una rete di smercio al dettaglio.

Le indagini sono state avviate a seguito di un approfondimento investigativo di un’operazione dello stesso Nucleo Investigativo, coordinata sempre dalla Dda felsinea, emblematicamente denominata “Bancomat”, che, nel novembre 2014, aveva consentito di smantellare una banda specializzata proprio nei furti agli sportelli bancomat. I conseguenti ulteriori accertamenti investigativi svolti hanno consentito di individuare i canali di reimpiego delle somme provento dei colpi compiuti dagli otto malviventi fermati all’epoca, rappresentanti di una “scuola” criminale, quella dei cosiddetti “bancomattari”, attiva fin dagli anni Novanta.

Dalle investigazioni, nel corso del 2015, sono emersi collegamenti dei citati criminali bolognesi con altri soggetti, italiani e stranieri, attivi nel traffico internazionale di stupefacenti e, via via, si è delineata una rete che consentiva l’alimentazione regolare del mercato nella romagna con un flusso di sostanze stupefacenti Proveniente dal Sudamerica, sovvenzionato, attraverso consistenti somme derivanti dalle altre attività illecite da Andrea Semilia, Maurizio Rossi, e Maurizio Radoni ed organizzato con la supervisione del pregiudicato Francesco Cardone, broker in continuo viaggio tra Spagna, Italia e Martinica, che vanta contatti con il fornitore – narcotrafficante brasiliano e lo skipper Gonzalo Calvo Asturgo.

L’attività svolta dagli indagati, spiega la procura bolognese, nel settore del traffico degli stupefacenti veniva confermata quando il 23 agosto 2015, venne intercettato un carico di 74 chili di hashish abilmente occultati all’interno di computer desktop, custodito all’interno di un magazzino intestato alla Società “Easy Box” in via Portaluppi 9, a Milano, gestito personalmente dal Francesco Cardone .

Tale parallela attività di traffico di hashish proveniente da Valencia svolta da Cardone, più semplice ed immediata rispetto all’importazione di cocaina dal Sud America, serviva sia come mezzo di sostentamento sia come procacciamento del denaro da investirsi nel più costoso e redditizio “affare” con la cocaina. Dello stupefacente, in considerazione della necessità di proseguire le indagini sul traffico di cocaina, veniva effettuato un “sequestro ritardato”, per impedire il disvelamento delle investigazioni.

Gli elementi raccolti, permettevano di constatare che il gruppo intratteneva rapporti regolari con il brasiliano, già emerso in altre indagini per traffico internazionale di stupefacenti, e di individuare la tratta di navigazione tra Las Palmas (nelle isole Canarie) e la costa del Brasile, come quella utilizzata dal sodalizio per effettuare i trasporti via mare dello stupefacente. Dalle investigazioni risultava che nel periodo tra giugno e settembre il gruppo emiliano romagnolo aveva partecipato con il Cardone al finanziamento di una partita di cocaina che doveva arrivare a Las Palmas intorno ai primi di settembre, portato dallo skipper Gonzalo e da Radoni.

Cocaina in barca a vela dal Brasile a Capo Verde. 6 arrestiTuttavia, a causa di disaccordi tra le componenti dei gruppi criminali interessati al carico, il sodalizio emiliano romagnolo aveva perso la propria quota parte e conseguentemente, in autonomia, ha dovuto organizzarsi per un nuova partita di sostanze stupefacenti, oggetto del sequestro avvenuto lo scorso 6 marzo.

Lo spessore del sodalizio emiliano romagnolo, proseguono gli inquirenti, assume maggior rilievo dall’ottobre 2015 grazie alla capacità organizzativa di Rossi, Semilia e Radoni, che, senza intermediari, si relaziona direttamente con i cartelli brasiliani per l’acquisto, il trasporto e il successivo stoccaggio di ingenti quantità di cocaina. In quest’ottica di assoluto rilievo investigativo, assume importanza la venuta in Italia nel mese di luglio 2015, a Bologna e Rimini in particolare, del Brasiliano mentre nel mese di ottobre 2015, Rossi è stato alcuni giorni in Brasile per pianificare il viaggio.

Le attività tecniche sviluppate nei confronti dei componenti il sodalizio, permettevano nel novembre 2015 di documentare che lo skipper Gonzalo Calvo Asturgo, a bordo dell’imbarcazione spagnola “La Musa”, era partito da Barcellona per Lanzarote (Canarie), da dove, raggiunto da Maurizio Rossi, dal 16 novembre 2015, effettuava una traversata atlantica alla volta del Brasile, con una sosta tecnica di qualche settimana a Capo Verde. Il natante veniva ormeggiato per circa un mese e mezzo nel porto della città di Salvador dello Stato brasiliano di Bahia, monitorato con la collaborazione del collaterale che, a seguito di rogatoria internazionale, ha avviato l’indagine “Bond” su un parallelo gruppo criminale spagnolo.

Il 4 febbraio 2016 la barca era poi ripartita dal Brasile, facendo scalo il successivo 8 febbraio a Ilhabela, San Paolo. Poi, il 13 febbraio, il veliero ripartiva, perconendo la medesima rotta a ritroso verso le Canarie, con il carico di stupefacente con a bordo il solo Calvo Asturgo, mentre Rossi si tratteneva ancora qualche settimana in Brasile per rientrare a Barcellona il 5 marzo successivo.

Il 29 febbraio 2016, un natante dell’Agenzia delle dogane spagnole, con a bordo personale della UDYCO, salpava da Las Palmas (Canarie) per intercettare la barca. Al largo delle isole di Capo Verde, in acque internazionali, alle 7 .30 del 6 marzo 2016, il gruppo d’intervento spagnolo abbordava “La Musa”. A bordo del veliero si trovavano un marinaio brasiliano, Paolo Roziz Gonide, brasiliano, 50enne e Calvo Asturgo, che al momento dell’intervento dava fuoco all’imbarcazione nel vano tentativo di affondarla, rimanendo a sua volta ustionato sul 30% del corpo. Domate le fiamme, a un primo controllo, si rilevava la presenza di oltre mezza tonnellata (506 chilogrammi) di sostanza stupefacente che al narcotest risultava cocaina. I due venivano tratti in arresto e l’imbarcazione trainata verso il porto di Las Palmas, Gran Canarie.

Al momento dell’abbordaggio del natante, Maurizio Rossi si trovava a Barcellona dove incontrava Andrea Semilia, per scandire i tempi di arrivo al porto di Las Palmas del veliero “La Musa” e, di conseguenza, predisporre il necessario per ricevere e stoccare il carico di cocaina in quella località. Rientrato Semilia a Bologna il giorno successivo, 8 marzo, il Rossi veniva tratto in arresto dalla UDYCO per concorso con Gonzalo Calvo Asturgo e Paolo Fernando Roziz Gonide nell’importazione dello stupefacente in Spagna.

Il 16 e il 17 marzo 2016 veniva data esecuzione ai fermi emessi dalla Dda di Bologna, nei confronti Francesco Cardone, Andrea Semilia e Maurizio Radoni. Contestualmente ai provvedimenti restrittivi, venivano eseguite sei perquisizioni domiciliari, tra cui ad un’abitazione sita a Riccione, ritenuta verosimilmente la base logistica del gruppo emiliano romagnolo, nonché dei garage in provincia di Milano in uso a Cardone, dove presumibilmente lo stupefacente veniva steccato e tagliato.

Veniva altresì dato esecuzione all’arresto ritardato nei confronti di Francesco Cardone in relazione al citato rinvenimento del carico di hashish eseguito a Milano nell’agosto 2015. In accordo con le autorità giudiziaria italiana e spagnola, in regime di rogatoria internazionale, all’arrivo del natante a Las Palmas il 19 marzo scorso, personale del Nucleo Investigativo di Bologna, con gli investigatori della UDYCO, hanno eseguito le operazioni di perquisizione del natante e l’interrogatorio di garanzia dell’equipaggio.

Cosenza, scontri Casapound – centri sociali. Denunce

Cosenza, scontri casapound centri socialiCOSENZA – La polizia ha denunciato alcune persone a Cosenza in seguito agli incidenti accaduti domenica mattina in centro città tra esponenti di Casapound provenienti da Lamezia Terme, ed un gruppo di antagonisti dei centri sociali.

Secondo la versione fornita dalla Questura, gli antagonisti, circa trenta persone aderenti di Centri sociali, si sono recati in piazza Scura dove una quindicina di persone di Casapound per una attività politica “non comunicata alla Questura”, aveva allestito un gazebo per conto dell’associazione politica “Sovranità – Prima gli Italiani”, quando si sono ritrovati davanti i centri sociali, che sapevano dell’iniziativa, e si sono fronteggiati.

Ne è scaturita una rissa al culmine della quale uno degli antagonisti è rimasto ferito. “L’intervento immediato del personale della Polizia di Stato – è detto in un comunicato della Questura – ha evitato conseguenze peggiori in quanto i manifestanti, benché continuassero nelle aggressioni reciproche, hanno cominciato a disperdersi”.

Le attività d’indagine su quanto è accaduto, dirette dal questore di Cosenza, Luigi Liguori, proseguono e non è escluso che possano scaturirne altre denunce.

Strage di studentesse in Catalogna. 13 morti. 7 italiani fra vittime

catalogna le salme vengono portate via_2PN
Strage di studentesse in Catalogna. Nella foto le salme vengono portate via (Ansa/Epa)

E’ pesantissimo il bilancio delle vittime dell’incidente del Bus sbandato in Catalogna. 7 dei 13 morti in Spagna sono italiani. 34 sono i feriti ricoverati, fra cui 5 italiani. Nel bus c’era tutte studentesse.

L’autista dell’autobus è indagato per 13 omicidi per “imprudenza”, secondo il codice spagnolo. L’uomo, 63 anni, è stato rimesso in libertà la notte scorsa dopo essere stato interrogato a lungo dalla polizia regionale catalana.

Le vittime – Le autorità spagnole hanno confermato che le vittime italiane dello schianto del bus in Catalogna sono sette. E’ stato il ministro dell’interno catalano Jordi Jané, secondo quanto riferisce el Pais, a fornire le nazionalità di tutte le ragazze morte. Ci sono anche due tedesche, una romena, una uzbeka, una francese e una austriaca.

Cordoglio di Renzi e del ministro Giannini. La Farnesina sta seguendo l’identificazione delle salme, non ancora completata. In Catalogna due giorni di lutto, oggi e domani.

Il drammatico incidente del bus che trasportava studenti Erasmus, si è verificato su una delle principali autostrade nel nord est della Catalogna, che collega la Spagna alla Francia. Il bilancio è di 13 morti, fra cui appunto i nostri sette connazionali.

La Farnesina aveva confermato che c’erano vittime italiane nell’incidente del bus in Catalogna, ma non aveva precisato il numero, che in serata è stato comunicato in “7 italiani morti” Il ministero degli Esteri invita le famiglie dei connazionali che avessero familiari in zona a contattare l’Unità di Crisi al numero 06.36225.

L’autobus riportava a casa un gruppo di studentesse che aveva assistito al festival di fuochi d’artificio a Valencia. Non sono chiare le cause dell’incidente. Secondo quanto trapelato, l’autobus sarebbe sbandato ed è finito in una scarpata dopo aver violentemente sfondato il guardrail. Al momento non risultano collisioni con altri mezzi.

Secondo quanto dichiarato dal ministro degli Interni del governo catalano Jordi Janè, potrebbe essere stato “un errore” dell’autista. “Saranno le indagini a stabilire le responsabilità, ma è probabile che si tratti di un errore umane”, ha spiegato. Il conducente dell’autobus, ferito in modo lieve, è stato portato al commissariato per essere interrogato.

Gli studenti sul bus sbandato in Catalogna erano 57, di 27 nazionalità diverse. Le autorità spagnole, subito dopo l’incidente si sono messi in contatto con i consolati a Barcellona di “Ungheria, Germania, Svezia, Norvegia, Svizzera, Repubblica Ceca, Nuova Zelanda, Gran Bretagna, Italia, Perù, Bulgaria, Polonia, Irlanda, Palestina, Giappone e Ucraina” per avvertire le famiglie e dare informazioni dettagliate sull’incidente. La Farnesina ha messo a disposizione dei familiari il numero 06.36225.

Barcellona per il drammatico incidente, ha decretato due giorni di lutto. Il presidente catalano ha annullato la sua visita in Francia che aveva nei prossimi giorni. La polizia catalana intanto indaga sulle possibile cause. Le generalità delle vittime italiane non sono state ancora rese note dal ministero.

E’ preoccupazione tra le tantissime famiglie italiane che hanno i loro figli e i parenti impegnati in Spagna nel programma europeo di Erasmus.

Andrea Niglia decade da sindaco Briatico e da presidente provincia

 

Andrea Niglia
Andrea Niglia

VIBO VALENTIA – Andrea Niglia, sindaco di Briatico e presidente della Provincia di Vibo Valentia è stato dichiarato decaduto da entrambi le funzioni di governo. Per la Suprema Corte di Cassazione, l’esponente politico “era incandidabile” alle elezioni amministrative che lo hanno prima incoronato sindaco di Briatico e, dopo la riforma Delrio, presidente della Provincia di Vibo Valentia.

La Corte si è pronunciata accogliendo il ricorso presentato dal Governo contro il verdetto con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro aveva dichiarato improcedibile la dichiarazione d’incandidabilità di Andrea Niglia a sindaco di Briatico dopo lo scioglimento, nel 2011, degli organi di gestione del Comune vibonese per infiltrazioni mafiose.

“Sono assolutamente tranquillo – ha detto Andrea Niglia – perché c’è una contraddizione in termini nella sentenza della Cassazione, che comunque rispetto. L’11 marzo scorso, tramite i miei legali Coppi, Fuscà e Tripodi – aggiunge Niglia – abbiamo presentato ricorso per chiedere la sospensiva e la revoca della sentenza per un errore clamoroso nelle motivazioni e nel dispositivo della stessa”.

Amedeo Matacena: “Io vittima della giustizia come Berlusconi”

Amedeo Matacena
Amedeo Matacena

ROMA – “La mia condizione è simile a quella di Berlusconi: a lui a livello nazionale, a me a livello calabrese, ci hanno voluto fare fuori, siamo finiti nel tritacarne, vittime della giustizia italiana”.

Lo ha detto sabato all’Ansa Amedeo Matacena, da Dubai, dove è latitante dall’estate del 2013, dopo una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex parlamentare di Forza Italia e imprenditore spiega che “davo fastidio dal punto di vista economico e politico: economico perché non doveva esserci concorrenza nello stretto di Messina per il passaggio delle imbarcazioni; politico perché nel 1996 avevo sconfitto Marco Minniti (Pd) nel collegio reggino”.

Nel settembre 2015 l’Italia ha siglato con gli Emirati Arabi il trattato di mutua assistenza giudiziaria in materia penale e il trattato di estradizione. Questi trattati devono passare al vaglio del Consiglio dei ministri e del Parlamento per entrare in vigore. Ma in Cdm il 3 marzo i due trattati sono stati rimandati ad un esame successivo. Intanto, il M5S annuncia una interrogazione.

Genova, uccide la moglie per gelosia. “Mi voleva lasciare”

Genova Ciro Vitiello uccide moglie Rosa Landi
Da sinistra l’omicida Ciro Vitiello e la vittima, Rosa Landi

GENOVA – Era al telefono con il figlio Andrea, di 37 anni, che ha sentito i rumori degli spari, Rosa Landi, 59 anni, uccisa dal marito Ciro Vitiello ieri sera in casa a Genova. Il movente, da quanto trapela, pare essere per gelosia.

La donna, originaria di Palmi (Reggio Calabria), è stata raggiunta da diversi colpi sparati dal marito, Ciro Vitiello, che ha poi chiamato la polizia ed è stato arrestato. “Mi voleva lasciare” ha detto alla polizia. L’uomo deteneva regolarmente 5 pistole e non aveva nessun precedente penale. Gli agenti dopo avere perquisito l’assassino hanno perlustrato l’abitazione: il cadavere della donna era nella sala, prono, con il viso a terra.

Sulla schiena un rivolo di sangue. Sul posto sono giunti i medici del 118 che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso di Rosa Landi. É stato il medico legale, con il magistrato di turno Paola Calleri e gli investigatori della sezione omicidi della squadra mobile a effettuare la prima ispezione sul cadavere. Ciro Vitiello è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario.

Trovate bimba e nonna scomparse a Reggello. Morte cerebrale per la piccola

Reggello, trovate bimba e nonna scomparse. Piccola gravissima
La frazione Cascia a Reggello (Firenze) dove sono state trovate nonna e bimba

Morte cerebrale per la bimba che era scomparsa con la nonna da Reggello. La piccola, nonostante i tentativi di rianimazione dei medici, è entrata in coma il 22 marzo. Ha solo 18 mesi.

Nonna e bimba erano scomparse nella serata di sabato 19 marzo a Reggello, in provincia di Firenze. La bimba è stata trovata in condizioni disperate: era in ipotermia a causa delle temperature rigide della notte. I sanitari vista la criticità l’hanno trasferita in elicottero all’ospedale pediatrico fiorentino Meyer. La nonna è cosciente ma sotto choc. Ha riportato un trauma cranico.

La piccola e la donna sono state rinvenute dai vigile del fuoco in un canalone vicino alla frazione di Cascia di Reggello.

La donna, e la piccola erano scomparse dal pomeriggio di ieri. La nonna era uscita di casa nella frazione di Borgo a Cascia nel comune di Reggello per portare fuori la bimba col passeggino, e non ha più fatto ritorno. Le ricerche sono andate avanti per tutta la notte fino a che la nonna e la bimba sono state individuate in un canalone.

Il luogo dove la nonna e la bambina state trovate è una zona molto impervia. La nonna, secondo quanto si è appreso, con un elicottero dei vigili del fuoco è stata portata a Reggello, al campo sportivo nella frazione di Cascia, dove è stata presa in carico da un ambulanza del 118. Un elicottero dell’elisoccorso Pegaso invece si è occupato della bambina.

F1: Gran Premio Australia, trionfa Rosberg. Paura Alonso. VIDEO

F1: Gran Premio Australia, trionfa Rosberg. Paura Alonso
Fernando Alonso esce illeso dalla sua Mclaren

Sono stati attimi di paura per Fernando Alonso che al 18esimo giro del Gran Premio d’Australia di Formula 1, con la sua McLaren ha speronato la Haas di Gutierrez, èd è finito fuori strada, cappottando e andando in pezzi prima di schiantarsi contro la barriera protettiva. Il pilota spagnolo ne è uscito fortunatamente illeso. Subito bandiera rossa e Gp interrotto con la Ferrari di Vettel che era al comando della gara. Il GP è ripartito dopo circa venti minuti.

“Sono fortunato a essere ancora quì – ha detto Alonso – E’ stato un impatto forte, è difficile dire chi ha sbagliato, forse ho frenato tardi, è stata una combinazione di cose”, ha spiegato il campione.

“La cosa più importante è che stiamo tutti e due bene e stiamo qui a parlare con voi. Ho avuto molta paura, vedi solo il cielo e la terra. Sapevo che mia madre vedeva la tv e sono uscito subito dall’abitacolo. Sono qui grazie alla McLaren che ha fatto una macchina molto robusta e alle regole della Fia sulla sicurezza. Qualche anno fa questo sarebbe stato un incidente con conseguenze molto più serie. Ho cercato di fare il massimo – conclude il pilota spagnolo della McLaren parlando della dinamica dell’incidente – forse ho frenato tardi”.

Nel nel Gran Premio d’Australia, ha trionfato la Mercedes di Nico Rosberg che ha vinto la prima gara della stagione di Formula 1 2016 all’Albert Park di Melbourne precedendo il compagno e campione del mondo Lewis Hamilton. Terza posizione per la Ferrari di Sebastian Vettel.

GUARDA IL VIDEO DELL’INCIDENTE 

 

Quarta posizione nel Gran Premio d’Australia per l’idolo di casa Daniel Ricciardo su Red Bull che ha preceduto la Williams di Massa e la Haas di Grosjean. Settima la Force India di Hulkenberg davanti all’altra Williams di Bottas e alla Toro Rosso di Sainz Junior. Chiude la top ten l’altra Toro Rosso di Verstappen che ha preceduto la Renault di Palmer.

Dopo 23 giri si è invece ritirato Kimi Raikkonen per probabili problemi al motore della sua Ferrari. Mentre tornava ai box con una nuvola di fumo dal posteriore, la Rossa del finlandese ha preso anche fuoco. I meccanici Ferrari, però, sono stati lesti a spegnere sul nascere il piccolo incendio sulla Sf16-h.

Dramma a Novara. L’avvocato Calderini uccide la moglie e si suicida

Novara Maurizio Calderini uccide moglie e si suicida
Baluardo Lamarmora a Novara

Tragedia familiare a Novara, dove uno degli avvocati civilisti più noti della città, Maurizio Calderini, 69 anni, ha ucciso nella notte la moglie Laura di 67 anni e poi con lo stesso fucile si è tolto la vita.

L’uomo era anche membro del collegio sindacale del Banco Popolare di Novara. Sembra che all’origine del gesto ci sia la morte del figlio trentenne per leucemia, nel 2013, un dramma che aveva mutato profondamente la vita della coppia. Il fatto di sangue è avvenuto in un palazzo di baluardo Lamarmora, in centro a Novara.

Una tragedia familiare che ha sconvolto tutta la città. Non si esclude l’ipotesi che Maurizio Calderini e la moglie abbiano deciso insieme di porre fine alle loro vite, ormai “senza senso” dopo la morte prematura del loro ragazzo.

L’allarme alla polizia è stato dato ieri sera da una parente, che non riusciva a mettersi in contatto con loro Sul posto le forze dell’ordine e i soccorritori. Per Laura e Maurizio Calderini non c’era più nulla da fare.

Assalti ai caveau. 23 arresti in Sardegna. “Vicesindaco il capo”

Arrestati operazione La Sfida, contro presunti autori rapine caveau in Sardegna
Arrestati operazione La Sfida, presunti autori rapine nei caveau in Sardegna e nel Paese

CAGLIARI – Un’organizzazione paramilitare specializzata negli assalti ai furgoni portavalori e caveau che aveva base in Sardegna ed operava in tutta Italia, è stata sgominata da Polizia e Guardia di finanza, che dalle ore prime ore del mattino hanno eseguito 23 fermi disposti dalla Dda di Cagliari nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti appartenenti alla banda. Tra i fermati c’è anche Giovanni Olianas, vicesindaco di Villagrande Strisaili, ritenuto la presunta mente della banda.

Gli indagati sono prevalentemente pregiudicati di origine sarda, e sono accusati per i reati di associazione per delinquere, rapina, porto illegale di armi da guerra, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e favoreggiamento.

Impegnati nel blitz circa 300 tra uomini e donne della Polizia e della Gdf; coinvolti anche i reparti speciali, le unità cinofile, gli elicotteri e le pattuglie della Polizia stradale. Incredibile il video dell’assalto al caveau di Nuoro dove i banditi hanno immobilizzato i vigilantes portando via il bottino.

ASSALTO IN UN CAVEAU DI NUORO. ARMATI FINO A DENTI

Le indagini hanno consentito di ricostruire il modus operandi dell’organizzazione, attiva da quasi 10 anni e con solide basi in Sardegna. Il gruppo, secondo gli inquirenti, ha progettato e realizzato assalti a furgoni portavalori e a caveau di istituti di vigilanza sia nell’isola che nel resto del paese.

Ma non solo: gli appartenenti all’associazione, secondo le indagini, operavano anche nel traffico di droga e nel riciclaggio di denaro.

I NOMI DEGLI ARRESTATI

Luca Arzu, nato a Talana il 17.06.1972;
Sergio Arzu, nato a Talana l’11.09.1980;
Giovanni Francesco Bussu, nato il 19.07.1955 a Sassari, residente a Thiesi;
Michele Cherchi, nato a Ozieri il 17.10.1981 residente a Benetutti
Fabrizio Francesco Crisponi, nato a Nuoro il 4.10.1980, residente a Mores (SS)
Vittorio Fogu, nato a Nuoro il 18.02.1972, residente a Orune
Angelo Lostia, nato a Olzai il 7.04.1973,
Pietro Paolo Lotto, nato a Villagrande Strisaili il 28.06.1968, residente a Villanova Strisaili.
Fabrizio Manca, nato a Nardò (LE) il 26.11.1981, residente a Villanova Strisaili
Pietro Mereu, nato a Nuoro il 7.12.1971, residente a Mores (SS)
Francesco Monni, nato a Orune il 25.05.1963 residente a Olbia
Carlo Olianas, nato a Lanusei il 3.08.1973, residente a Villanova Strisaili
Gianluigi Olianas, nato a Villagrande Strisaili il 4.06.1962, residente a Vollanova
Giovanni Olianas, nato a Villagrande Strisaili il 15.05.1965 residente a Villanova Strisaili
Gavino Pira, nato a Gavoi il 20.04.1970,ivi residente
Mario Pirari, nato a Nuoro il 08.09.1966, ivi residente
Giovanni Salvatore Pirisi, nato a Sarule il 07.08.1967, ivi residente
Salvatore Sanna, nato a Orune l’8.03.1978, ivi residente in Corso Repubblica 121
Pasquale Scanu, nato a Bitti il 17.05.1976,
Carmelo Soru, nato a Sorgono il 24.05.1972, residente a Ovodda.

“Il blitz – si legge in una nota – è andato a colpire quelli che venivano considerati i “sancta sanctorum” del crimine sardo”. Nel decreto che ha portato ai fermi, il sostituto procuratore della Dda di Cagliari, Danilo Tronci, assegna un ruolo preminente a Giovanni Olianas, insospettabile vicesindaco di Villagrande Strisaili (in Ogliastra): “E’ probabilmente il cervello della banda”, scrive Tronci.

Ha dato prova di esperienza criminale fuori dal comune, costantemente impegnato nell’ideazione di nuovi colpi, spesso procrastina i suoi impegni di vicesindaco per partecipare a rapine e sopralluoghi”. In casa del vicesindaco, durante le perquisizioni odierne, sono stati trovati 30 mila euro in contanti. “La sua abitazione – afferma il magistrato – costituisce il covo principale della banda, dove gli indagati si ritrovano per progettare le varie azioni criminali”. Con lui sono accusati anche i fratelli Carlo e Gianluigi. Gli Olianas sono ritenuti il fulcro della banda insieme con Luca e Sergio Arzu, cugini tra loro.

Giovanni Olianas, secondo alcune delle intercettazioni, avrebbe tra l’altro affermato di avere a disposizione due kalashnikov. Luca Arzu (fratello dell’ex latitante Raffaele Arzu), secondo quanto accertato dalle indagini, per giustificare il suo alto tenore di vita avrebbe concordato con un suo amico commercialista un’assunzione fittizia. Lo stesso commercialista si sarebbe occupato di investire il denaro di Arzu, frutto delle rapine, in una serie di attività imprenditoriali in Lettonia. Altra parte del bottino, nella ricostruzione dell’accusa, veniva investito nell’acquisto di droga.

‘Ndrangheta, due confische per 1,5 milioni a cosca

'Ndrangheta, due confische per 1,5 milioni a cosca MaioDue confische ed un sequestro di beni, per un valore complessivo di circa 1 milione e mezzo di euro, sono state eseguite dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria. I provvedimenti sono stati emessi dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria che ha accolto la richiesta della Dda.

Beni per 700 mila euro sono stati confiscati a Michele Maio, 62 anni, di Taurianova, condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi per associazione mafiosa nell’inchiesta “Tutto in Famiglia” contro le cosche della ‘ndrangheta. Sono stati confiscati una impresa, una abitazione e numerosi conti correnti. Altro provvedimento di confisca ha riguardato Pasquale Hanoman, 51 anni, di Taurianova, condannato a 18 anni per associazione mafiosa. Confiscati una impresa, 10 immobili.

Sono stati sequestrati ad Antonio Strangio, 63 anni, di San Luca, beni per 90 mila euro. L’uomo deve scontare una condanna a 30 anni di reclusione per associazione mafiosa, armi, tentato omicidio.

IL PROVVEDIMENTO
L’attività, spiega la Dda, costituisce la prosecuzione dell’operazione convenzionalmente denominata “Tutto in famiglia”, nell’ambito della quale Michele Maio viene indagato e successivamente condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi di reclusione in ordine al reato di associazione di tipo mafioso.

L’operazione “Tutto in famiglia”, prosegue la Dda, ha consentito di delineare gli aspetti strutturali e quelli operativi della cosca operante in San Martino di Taurianova, dimostrando che in quel territorio esiste una Locale di ‘ndrangheta, costituita in Società, attesa la documentata esistenza di una “Società Maggiore” e di una “Società Minore”, qualificando il ruolo del Michele Maio appunto in “Capo Società”.

Il quadro emerso dalla complessa attività investigativa ha evidenziato come la cosca Maio sia un’organizzazione criminale che, avvalendosi della forza di intimidazione e della conseguente condizione di assoggettamento, si dedichi principalmente all’attività di usura e alla commissione di reati (estorsioni, danneggiamenti, atti intimidatori in genere) per conseguire illeciti profitti.

L’attività di indagine ha consentito infatti di accertare che la cosca di San Martino di Taurianova traesse i suoi illeciti guadagni, oltre che dall’attività di usura, anche dalle estorsioni, conseguendo denaro ed altre utilità economiche con minaccia e violenza, imponendo versamento di somme o la consegna di parte del materiale prodotto a commercianti, imprenditori e proprietari terrieri.
Numerose sono infatti le conversazioni intercettate in cui si parla di “percentuali” sulle attività economiche svolte dai privati ed esplicitamente di riscossione di somme non dovute, con l’utilizzo di termini quali “busta”.

Le emergenze investigative hanno permesso di disvelare un vero e proprio sistema estorsivo legato ad un forte clima di intimidazione gravante sui cittadini dimoranti o che si trovino, per qualunque motivo, ad operare nel territorio di San Martino di Taurianova, consentendo di documentare lo svolgimento da parte della cosca dell’attività estorsiva nei confronti di imprese aggiudicatarie di lavori pubblici, per un importo pari al 2 – 3 % del valore complessivo dell’appalto, produttori di arance e proprietari di terreni agricoli.

L’odierno provvedimento, scaturito dalle risultanze investigative patrimoniali del Reparto Operativo dei Carabinieri reggini, che hanno consentito di accertare illecite accumulazioni patrimoniali, riguarda beni consistenti in: 1 impresa individuale operante nel commercio al dettaglio di carni ; 1 abitazione ubicata in Taurianova; svariati rapporti bancari, titoli obbligazionari, polizze assicurative riconducibili ai destinatari del provvedimento.

Analogo provvedimento di confisca preventiva di beni mobili ed immobili, anche in questo caso per un valore di circa € 700.000, è stato eseguito nei confronti di Pasquale Hanoman, 51enne da Taurianova (RC), e del suo nucleo familiare.

Anche Hanoman è ritenuto appartenente alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata “cosca Maio” operante nella frazione San Martino del comune di Taurianova, a seguito della citata operazione convenzionalmente denominata “Tutto in famiglia” condannato in primo grado a 18 anni di reclusione per il reato di associazione di tipo mafioso.

Il provvedimento di sequestro scaturito dalle risultanze investigative patrimoniali del Reparto Operativo di Reggio Calabria riguarda beni consistenti in: 1 impresa individuale operante nella somministrazioni di alimenti e bevande; 10 tra fabbricati e terreni ubicati in Taurianova e Varapodio; svariati rapporti bancari, titoli obbligazionari, polizze assicurative riconducibili ai destinatari del provvedimento.

In particolare, i Carabinieri hanno apposto i sigilli al Bar “Vecchio Lume” di Taurianova, ove le attività investigative avevano consentito di accertare lo svolgimento di due riunioni di ‘ndrangheta, nel maggio ed aprile del 2011.

Contestualmente, in Sant’Ilario dello Jonio (Reggio Calabria), è stata data esecuzione ad ordinanza di sequestro e confisca nei confronti di Antonio Strangio, 63enne di San Luca, detenuto, le cui consistenze patrimoniali hanno costituito oggetto d’indagine da parte dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria a seguito di condanna definitiva emessa dalla citata Corte il 28 ottobre 2004 e di successiva emissione, il 22 giugno 2009, di Ordine di esecuzione di pene concorrenti rideterminate in anni 30 (trenta) di reclusione per i reati di associazione di tipo mafioso, armi, tentato omicidio ed altri.

Lo Strangio è appartenente alla famiglia degli Strangio alias “Jancu” di San Luca e ritenuto soggetto di elevato profilo criminale nell’ambito del predetto contesto familiare dedito, negli anni Ottanta, ai sequestri di persona.
Il provvedimento di sequestro eseguito dai Carabinieri riguarda un fabbricato, sito nel comune di Sant’Ilario dello Jonio (RC), del valore stimato in € 90.000 circa.

Si schianta in Russia il Jet FZ981 Dubai Rostov sul Don. 62 morti

Si schianta in Russia il Jet FZ981 Dubai Rostov sul Don. 62 morti
La rotta del Jet FZ981 da Dubai a Rostov sul Don

Un aereo passeggeri partito da Dubai si è schiantato in fase d’atterraggio a Rostov sul Don, nel sudovest della Russia: morte tutte le 62 persone a bordo.

Sul volo FZ981 della lowcost emiratina Flydubai viaggiavano 55 passeggeri e 7 membri d’equipaggio. L’incidente è avvenuto alle 3.50 ora locale (circa 1.30 in Italia) di sabato.

Secondo quanto riferito, lo schianto sarebbe avvenuto durante un secondo tentativo di atterraggio, in condizioni di scarsa visibilità, circa 50-100 metri a sinistra della pista.

Lo schianto ha provocato una esplosione e una palla di fuoco vista da qualche chilometro. Il jet è precipitato anche a causa del forte vento, riferiscono i media locali. Ha toccato suolo a 250 metri prima della della pista. Il jet aveva percorso tutti gli 2.800 chilometri della rotta.


“La maggior parte dei passeggeri a bordo di volo FZ981 erano russi”, ha detto il presidente della Regione citato dalla Bbc. Secondo la Reuters un altro funzionario ha riferito che tre stranieri erano sulla lista dei passeggeri.

Sei membri dell’equipaggio non erano russi, ha invece riferito in un comunicato, il ministero sulla sicurezza russo. Mosca ha attivato l’intelligence per accertare se le cause dell’incidente aereo siano dovute al maltempo o altro.

Intanto, è stata recuperata una delle due scatole nere del Boeing 737-800 della FlyDubai FZ981 che si è schiantato all’aeroporto di Rostov sul Don, in Russia meridionale: lo riferisce una fonte all’agenzia Ria Novosti. I soccorritori stanno cercando la seconda scatola nera e stanno recuperando i resti delle vittime.

Un errore del pilota in condizioni meteorologiche avverse o un guasto tecnico, sono queste le due possibili cause della sciagura aerea che gli investigatori russi stanno valutando: lo fa sapere la portavoce dell’ufficio meridionale del Comitato investigativo russo, Oksana Kovrizhnaia, citata da Sputnik.

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO