15 Ottobre 2024

Home Blog Pagina 1116

Carmagnola, arrestata Monica Scaglia per l’omicidio Collura

Carmagnola, arrestata Monica Scaglia per l'omicidio ColluraTORINO – Monica Scaglia, 49 anni, è stata arrestata dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Torino che hanno eseguito l’ordine della procura generale di Torino dopo la condanna definitiva in Cassazione a sei anni e otto mesi per il delitto del Forno di Carmagnola del 2003. La donna è stata individuata a Torino, in via Pianezza, angolo via Maria Adelaide Aglietta dove è stata bloccata e condotta in carcere.

Il brutale omicidio risale al 2003. Alessandro Collura, un ragazzo di 20 anni, fu ucciso a colpi di pistola per una vicenda legata al traffico di droga.

Il suo cadavere fu poi bruciato, fatto a pezzi e abbandonato nel forno di una cascina, a Carmagnola, in provincia di Torino. L’esecutore materiale, il piastrellista Loris Cometto, sta scontando una condanna definitiva a 30 anni di carcere.

Sua moglie, Monica Scaglia, è stata invece condannata per concorso anomalo in omicidio ed è stata arrestata per l’espiazione della pena comminata dal collegio di giudici della suprema Corte.

Chirurgia Diabete, se ne discute a Cosenza con Urso e Rubino

Chirurgia Diabete, se ne discute a Cosenza con Francesco Rubino e Ninni Urso
Da sinistra Francesco Rubino e Ninni Urso

Il Centro multidisciplinare di diagnosi e cura dell’Obesità dell’Azienda ospedaliera di Cosenza presenterà domani, 25 marzo in un Congresso organizzato dall’Ordine dei Medici di Cosenza presso la Sala Convegni dell’Ordine, il suo percorso e la propria esperienza in merito alle nuove tecniche “rivoluzionarie” per curare il Diabete, in particolare di tipo 2. Il Convegno si terrà presso Sala Convegni dell’Ordine dalle 8 in poi in Via Suor Elena Aiello, 23, Cosenza. Leggi il programma.

“E’  un grande orgoglio per me e per tutto il team – dichiara il Dottor Ninni Urso, responsabile del Centro – poter presentare ai colleghi ed alla cittadinanza l’avvenuta realizzazione del  progetto ad appena un anno dalla sua presentazione in una affollata conferenza stampa”.

Il Centro ha infatti trattato già trenta pazienti affetti da Obesità Patologica, che rappresenta ormai, come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, un’ epidemia globale. Altri cinquanta sono in lista d’attesa.

Il Centro dell’Azienda ospedaliera di Cosenza è diventato infatti punto di riferimento per i pazienti di tutta la Regione ed, in qualche caso, anche extraregionali, che qui hanno a disposizione tutti gli specialisti dedicati (Endocrinologi, Psicologi, Nutrizionisti, Internisti, Radiologi, Anestesisti, Chirurghi, Gastroenterologi) che garantiscono il corretto approccio multidisciplinare alla patologia, per come recitano i moderni protocolli e linee guida.

“Abbiamo costruito una grande squadra – continua Ninni Urso – spinta da  forte motivazione ed entusiasmo che, analizzando i dati preliminari, sta conseguendo ottimi risultati. Per questo ci sentiamo di ringraziare il management aziendale che ha creduto sin dall’inizio in questa sfida”.

Interverrà al congresso quale ospite d’onore il professor Francesco Rubino che già tenne a battesimo la nascita del Progetto lo scorso anno in città.

Rubino, cosentino,  è Direttore della prima Cattedra al mondo di Chirurgia Metabolica e Bariatrica al King’s College di Londra, ed è Autorità riconosciuta universalmente in questo campo e pioniere degli studi circa le relazioni tra Diabete e Chirurgia.

“Sarà un privilegio per tutti noi e per la Città di Cosenza che avrà l’occasione di riabbracciare un figlio illustre – conclude Ninni Urso – ascoltare la lettura magistrale del Professore Franceso Rubino che ci esporrà le sue ultime scoperte sul trattamento chirurgico del Diabete. E’ un appuntamento unico e imperdibile”.

Grazie alla chirurgia bariatrica per la cura del diabete di tipo 2 e alle recenti tecniche sviluppate dal professore italiano Francesco Rubino, centinaia di migliaia di diabetici non obesi in Gran Bretagna potranno avere accesso al Sistema sanitario nazionale inglese. A questa tecnica sono interessati anche moltissimi altri paesi.

Colpi in banca travestiti da finanzieri. 4 arresti a Savona

Colpi in banca travestiti da finanzieri. 4 arresti a SavonaSAVONA – Una banda di quattro rapinatori metteva a segno colpi in istituti di credito con un escamotage che li rendeva credibili agli occhi degli addetti alle porte di sicurezza: uno di loro si travestiva da finanziere, con tanto di divisa, mostrine, berretto e scarpe lucide. Una volta entrato, faceva entrare i complici che armi in pugno svaligivano le banche.

Così quattro “veterani” delle rapine sono stati catturati dai Carabinieri di Savona dopo aver consumato un colpo ad Ortonovo (La Spezia).

Per aggirare i sistemi di allarme uno di loro si fingeva finanziere indossando un’uniforme della Guardia di Finanza convincendo così gli impiegati ad aprire le porte per far accedere i complici. Una volta dentro minacciavano tutti con coltelli o con pistole vere e portavano via il bottino.

Uno degli arrestati è sospettato di aver preso parte ad una rapina avvenuta nel savonese nell’estate del 2015. Non si esclude che i presunti rapinatori abbiano svaligiato altri istituti. Si indaga al proposito.

I dettagli degli arresti saranno forniti nel corso della conferenza stampa che si terrà questa mattina alle ore 11.00 presso la caserma del Comando Provinciale Carabinieri di Savona di Via Mentana, 3.

Bruxelles, Patricia Rizzo risulta ancora scomparsa. Si spera

Bruxelles, Patricia Rizzo risulta ancora scomparsa. Si spera
Patricia Rizzo

Nessua traccia ancora di Patricia Rizzo, tra le persone che risultano scomparse dal 22 marzo dopo l’attentato alla metropolitana di Bruxelles.

Si spera di rtrovarla viva, ma come per Valeria Solesin, l’italiana ritrovata morta dopo l’assalto al Bataclan di Parigi, più passano le ore e più si teme il peggio. I familiari sono in queste ore assistiti dall’ambasciata italiana nella capitale belga per effettuare le operazioni di riconoscimento, rese complicate dalle condizioni in cui si trovano i corpi delle vittime degli attentati. La donna è impiegata presso un’agenzia della Commissione Ue, vicino la metropolitana di Maelbeek.

“Siamo qui da stamattina e non sappiamo ancora niente. I genitori di Patricia Rizzo, sono stati fatti salire al primo piano dalla polizia per riempire un formulario. Cercano segni particolari” per poterla identificare. A parlare all’agenzia Ansa dall’ospedale militare Konigin Astrid (dove si trova un centro grandi ustionati) è Massimo Leonora, cugino di Patricia Rizzo, la funzionaria europea che da ieri mattina, dopo l’esplosione alla metropolitana di Maelbeek, non ha più dato notizie di sé.

“E’ da ieri che la cerchiamo e speriamo davvero di trovarla viva”, spiega Leonora. “Anch’io stavo per prendere la metro, ma all’ultimo minuto ho cambiato idea e ho preso l’auto, altrimenti probabilmente sarei stato coinvolto anch’io nell’esplosione”. “I nonni di Patricia, come i miei, sono venuti in Belgio per lavorare nelle miniere e siamo rimasti tutti qui, siamo originari della provincia di Enna, i miei di Calascibetta.

Ma abbiamo tutti la nazionalità italiana, perché l’Italia resta il nostro Paese”, spiega. “I genitori di Patricia abitano fuori Bruxelles”, aggiunge. Io lavoro all’ Eacea, l’agenzia della Commissione Ue che si occupa di audiovisivi e fino ad un paio di mesi fa anche Patricia lavorava lì, prima di trasferirsi all’Ercea”. Leonora è in attesa nel sottosuolo dell’ospedale militare Konigin Astrid (Nider) dov’è stata allestita una stanza per le famiglie delle persone che risultano ancora disperse.

Sicurezza, chiesto l’esercito all’aeroporto di Lamezia Terme

Sicurezza, chiesto esercito a aeroporto di Lamezia TermeCATANZARO – E’ stato chiesto l’utilizzo dell’Esercito per il controllo dell’aeroporto internazionale di Lamezia Terme nell’ambito di un rafforzamento delle misure di sicurezza riguardanti lo scalo dopo i fatti di Bruxelles.

La decisione è stata presa nel corso di una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, presieduta dal prefetto di Catanzaro, Luisa Latella.

Il potenziamento delle misure di sicurezza, secondo quanto è stato spiegato, si giustifica per il fatto che quello di Lamezia Terme, con i suoi due milioni di passeggeri l’anno, è l’aeroporto più importante della Calabria, con voli in partenza ed in arrivo da tutto il mondo.

Processo Aemilia, pentito Giuseppe Giglio parla: “Patto con politico”

Processo Aemilia, pentito Giuseppe Giglio parla: "Patto con politico" BOLOGNA – La ‘Ndrangheta tentò un patto con la politica a Reggio Emilia. L’ipotesi della Dda di Bologna che ha individuato nel consigliere comunale di Fi Giuseppe Pagliani, coinvolto nell’inchiesta “Aemilia”, un referente dei calabresi, trova riscontri nelle parole di Giuseppe Giglio, imprenditore imputato e collaboratore di giustizia da poco più di un mese.

Giuseppe Giglio, ritenuto uno degli organizzatori dell’associazione ‘ndranghetistica emiliana, in uno dei primi colloqui da pentito racconta delle riunioni del 2012, di cui fu informato da Alfonso Diletto, per i Pm uno dei capi. Diletto gli disse: “Guarda – ricosruisce Giglio, in un verbale a disposizione delle parti che l’Ansa ha potuto visionare – non è solo per l’interdittiva che ci hanno dato, ma abbiamo la possibilità perché abbiamo fatto un patto con il politico Pagliani che ci darà del lavoro. In cambio noi gli dobbiamo trovare dei voti” e finanziamenti. “Questo – spiega Giuseppe Giglio – era tutto, l’accordo e il patto politico, diciamo, che c’è stato”.

Il processo Aemilia è cominciato stamattina a Reggio Emilia. Sul banco degli imputati 147 persone. Il blitz che decapitò le ‘ndrine al nord Italia scattò il 28 gennaio 2015. A coordinare l’inchiesta, denominata “Aemilia”, è stata la procura distrettuale antimafia di Bologna, che ha ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 117 persone (più altri 46 arresti dalle procure di Catanzaro e Brescia, per un totale di oltre 163 provvedimenti) ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed altro.

Attentati Bruxelles, procuratore: “Sono 4 i terroristi. Uno in fuga”

Attentati Bruxelles, procuratore: "Sono 4 i terroristi. Uno in fuga" Ibrahim Bakraoui e Khalid Bakraoui
I terroristi riconosciuti dall’intelligence belga. A destra col cappello sarebbe in fuga

Sono quattro i terroristi coinvolti negli attentati di ieri a Bruxelles: tre sono morti da kamikaze, il quarto – l’uomo con il cappello nella foto diffusa dalla polizia – è in fuga. Il procuratore federale belga Frederic Van Leuw oggi ha aggiunto altri tasselli per ricostruire gli attentati che hanno colpito Bruxelles.

Dei tre kamikaze, solo due sono stati identificati. Si tratta dei fratelli Ibrahim Bakraoui, che si è fatto esplodere all’aeroporto Zaventem, e Khalid Bakraoui, che invece si è ucciso nella metropolitana a Maelbeek.

Né il secondo kamikaze dell’aeroporto (quello a sinistra nella foto), né l’uomo in fuga sono stati identificati. Khalid, nato a Bruxelles e di nazionalità belga, si è fatto esplodere nel secondo vagone di un treno che proveniva dalla stazione di Schuman (che serve le sedi della Commissione e del Consiglio europei, nonché di altre grandi istituzioni e media) in direzione della stazione di Arts-Loi.

Il fratello Ibrahim, nel suo “testamento” – contenuto in un computer ritrovato in un cestino – ha scritto di doversi “muovere in fretta, non saper che fare, non sentirsi più sicuro” e di non voler rischiare di “ritrovarsi in una cella vicina alla sua”, probabilmente Salah Abdeslam, uno dei responsabili degli attentati di Parigi. I fratelli Bakraoui avevano pesanti precedenti penali, non legati però al terrorismo.

Secondo il quotidiano belga Dernière Heure, Khalid aveva affittato sotto falso nome l’appartamento di rue de Dries a Forest, teatro della sparatoria con la polizia della settimana scorsa. In mattinata, lo stesso quotidiano aveva diffuso la notizia in esclusiva dell’arresto di Najin Laachroui, l’artificiere degli attentati di Parigi, identificandolo con il terzo uomo in fuga. Salvo poi smentire che fosse lui la persona arrestata.

Il procuratore ha confermato l’arresto di una persona ancora sotto interrogatorio. Il covo dei terroristi è stato ritrovato nella zona di Schaerbeek, grazie al tassista che ha portato i tre all’aeroporto di Zaventem. L’uomo era rimasto sorpreso che non gli avessero lasciato toccare le loro valigie. Nell’appartamento perquisito è stato trovato un arsenale per confezionare ordigni esplosivi, soprattutto 15 kg di esplosivo di tipo Tatp, confezionato con prodotti chimici di facile reperibilità, che è lo stesso utilizzato negli attentati di Parigi.

Il procuratore ha infine smentito che nelle perquisizioni nell’aeroporto di Zaventem siano state trovate armi da guerra, notizia che era circolata il 22 marzo, giorno degli attentati.

Confiscati dalla Dia beni per 1,2 mln a Francesco Suriano

Confiscati 45 milioni di beni ad Armando Raso | confiscati beni a Francesco SurianoCATANZARO – Beni per un valore di 1 milione e 200 mila euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro a Francesco Suriano, di 37 anni, nipote di Tommaso Gentile, attualmente detenuto, ritenuto il capo dell’omonimo clan mafioso operante nell’hinterland di Amantea (Cosenza). Il provvedimento è stato emesso dalla Corte d’appello di Catanzaro su proposta della Procura generale.

Suriano è stato condannato in via definitiva per estorsione aggravata dal metodo mafioso al fine di agevolare la cosca Lanzino-Di Puppo.

Dalle indagini fatte dalla Dia è emerso che l’uomo e la moglie, nel periodo 2001-2013, hanno dichiarato redditi nulli o irrisori risultando quindi sproporzionato il valore dei beni.

La confisca ha riguardato un negozio di articoli di abbigliamento, calzature, borse e accessori, quote di una società che gestisce campi di calcetto, di una società di pulizia e rimozione neve e di una società che vende auto, oltre a 4 immobili, rapporti finanziari e polizze assicurative. (Ansa)

“Patto” mafia-politica a Rende. Arrestato Sandro Principe (Pd)

Sandro Principe rende
Sandro Principe, ex capogruppo Pd in consiglio regionale della Calabria.

RENDE (COSENZA) – Terremoto politico-giudiziario in Calabria dove la Dda di Catanzaro ha fatto arrestare 10 persone con l’accusa di presunte commistioni tra mafia e politica a Rende, secondo gli inquirenti consumate in occasione delle elezioni degli anni scorsi per le elezioni comunali, provinciali e regionali del 2010. Ai domiciliari Sandro Principe, ex dominus politico della città di Rende dove è stato sindaco per diverse legislature ed è il principale punto di riferimento del Pd rendese.

L’operazione è stata eseguita nella mattinata del 23 marzo dai Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari nei confronti di dieci persone. Tra questi vi sono quattro esponenti di vertice della cosca di ‘ndrangheta “Lanzino-Ruà”, egemone in provincia di Cosenza, per cui è stata disposta al custodia in carcere, nonché per 5 esponenti del mondo politico, posti agli arresti domiciliari.

Gli ex amministratori che vanno ai domiciliari sono Sandro Principe, ex Sindaco di Rende, già sottosegretario al Lavoro, ex assessore regionale alla Cultura della Calabria durante l’amministrazione Loiero ed ex capogruppo Pd a palazzo Campanella nella passata legislatura. Umberto Bernaudo, ex sindaco di Rende ed ex consigliere Provinciale (Pd); Pietro Paolo Ruffolo, ex consigliere provinciale di Cosenza ed ex assessore comunale di Rende (Pd); Rosario Mirabelli, ex consigliere regionale della Calabria e consigliere Comunale di Rende (Ncd), e l’ex consigliere e assessore comunale di Rende, Giuseppe Gagliardi (Pd). 

Fra i destinatari delle misure cautelari in carcere quattro elementi di spicco della cosca Lanzino-Ruà: Adolfo D’Ambrosio, di 49 anni, Michele Di Puppo di 52, Francesco Patitucci di 56 anni e Umberto Di Puppo di 47 annni e Marco Paolo Lento, di 41 anni.

Proprio su Rende, dopo i primi arresti del 15 novembre 2012 di Bernaudo e Ruffolo, già coinvolti per analoghe accuse, era stata disposta la commissione di accesso antimafia presso il comune di Rende ai tempi del sindaco Vittorio Cavalcanti. Dopo la relazione dei commissari, il ministero dell’Interno ritenne che non c’erano i presupposti per lo scioglimento anticipato per infiltrazioni mafiose.

Rosario Mirabelli
Rosario Mirabelli

LE ACCUSE – I reati contestati, a vario titolo, sono concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio, corruzione. Le indagini, condotte dalla Dda di Catanzaro e, nello specifico, dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e dal sostituto Pierpaolo Bruni – coordinate dal procuratore della Repubblica di Catanzaro facente funzioni Giovanni Bombardieri – sono state svolte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Cosenza ed avrebbero delineato un “intreccio politico-mafioso” che ha consentito a candidati alle varie tornate elettorali per il rinnovo del Consiglio Comunale di Rende, tenutesi a partire dal 1999 e fino al 2011, nonchè per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Cosenza del 2009 e del Consiglio Regionale della Calabria del 2010, di ottenere l’appoggio elettorale da parte di personaggi di rilievo della cosca di ‘ndrangheta “Lanzino-Ruà” di Cosenza, già tutti definitivamente condannati per “associazione mafiosa”, in cambio di condotte procedimentali amministrative di favore contrarie ai doveri d’ufficio.

d sinistra l'ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo e l'ex assessore dello stesso comune Pietro Paolo Ruffolo
Da sinistra l’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo e l’ex assessore dello stesso comune Pietro Paolo Ruffolo

IL SISTEMA – Secondo la Dda, tra le attività illecite riscontrate, che di fatto hanno disvelato l’esistenza di un collaudato “sistema” ultradecennale che ha visto quale maggiore centro d’interessi l’amministrazione comunale di Rende – quelle connesse all’affidamento in gestione di locali pubblici comunali a beneficio di personaggi appartenenti al citato sodalizio di ‘ndrangheta, all’assunzione presso la società “municipalizzata” preposta alla gestione dei servizi comunali, di soggetti organici o contigui al gruppo criminale, al mancato licenziamento di alcuni di questi a seguito di intervenute condanne nonché alla promessa dell’erogazione di fondi pubblici per finanziare una cooperativa creata ad hoc, da un personaggio di vertice della cosca, per la gestione dell’area mercatale di Rende.
Le assunzioni presso la “municipalizzata”, in particolare, hanno riguardato vari esponenti della cosca, tra cui il capo del sodalizio di ‘ndrangheta, Ettore Lanzino, arrestato in un blitz del Ros dei carabinieri a Rende nel novembre del 2012.

“PATTI ELETTORALI” -Tali condotte di favore sono risultate il frutto di patti elettorali opportunamente stipulati in occasione delle varie competizioni politiche e che vedevano costantemente coinvolta la cosca “Lanzino Ruà”, essendo peraltro emerso come i relativi esponenti non si adoperavano nelle attività di procacciamento di voti in ragione di particolare fidelizzazione politica, ma per un ovvio e scontato perseguimento di interessi della cosca medesima, che talora poteva essere perseguito anche attraverso l’appoggio di candidati diversi o di differenti fazioni.

IL SOSTEGNO ELETTORALE DAL CARCERE – L’attività d’indagine, inoltre, avrebbe fatto emergere come, anche in occasione della campagna elettorale dell’anno 2014 per il rinnovo del consiglio comunale di Rende (dove Sandro Principe non si candidò direttamente, ma appoggiò la candidatura di Verre poi sconfitto dall’attuale sindaco Marcello Manna, ndr), sia stato “interessato”, benché detenuto, uno dei quattro sodali raggiunti da misura cautelare, oggi al 41 bis, al fine di ottenere il suo assenso e le indicazioni alla cosca per fornire l’appoggio elettorale, secondo prassi già riscontrate in passato.

L’INTERCETTAZIONE – Lo stesso, però, intercettato durante un colloquio in carcere con i congiunti, poneva come condizione insuperabile il pagamento di una cospicua somma di denaro, lamentando gli scarsi benefici ottenuti dalla cosca nel recente passato, allorquando si era persino occupato di monitorare l’attività politica dai principali candidati.

Reggello, è morta la bimba ritrovata con la nonna

Reggello, è morta la bimba ritrovata con la nonnaREGGELLO (FIRENZE) – Non c’è l’ha fatta la bimba di 18 mesi che era stata ritrovata domenica scorsa, in gravissime condizioni (ipotermia), insieme alla nonna di 63 anni. E’ morta in serata dopo due giorni di rianimazione. La nonna si era persa nei boschi di Reggello, in provincia di Firenze, dopo essere uscita per una passeggiata portando con sè con la nipotina in carrozzina ed erano stati al freddo per tutta la notte per poi essere ritrovate il giorno dopo.

Per la piccola nel primo pomeriggio era stato avviato l’accertamento di morte cerebrale, che si è concluso stasera. E’ quanto si apprende dall’ospedale pediatrico Meyer dove la bambina era ricoverata. I genitori della piccola, sempre secondo quanto spiegato dall’ospedale, hanno dato il loro assenso a un’eventuale donazione di organi.

La bambina era ricoverata in terapia intensiva in condizioni disperate: una notte al freddo, in fondo a un canalone, dove era finita insieme alla nonna, le aveva provocato un’ipotermia importante che aveva scatenato complicanze notevoli. Ieri era stata anche sottoposta a un delicato intervento chirurgico. Ma in serata purtroppo è spirata.

‘Ndrangheta: via al processo Aemilia per 147 imputati

'ndrangheta processo aemilia REGGIO EMILIA – Comincerà domani mattina alle 9.30, ma le procedure di identificazione inizieranno già dalle 8.15, il dibattimento del processo di ‘Ndrangheta “Aemilia”, che si terrà al tribunale di Reggio Emilia.

Ieri gli operai hanno lavorato fino a tardi per riuscire a ultimare l’aula speciale dove si svolgerà il dibattimento. Sono 147 gli imputati che hanno scelto di essere processati con rito ordinario, 34 accusati di associazione mafiosa.

Intanto in mattinata si è tenuta una riunione in prefettura per fare il punto sulle misure di sicurezza necessarie. Il tribunale è stato dichiarato dal ministero sito sensibile e sarà sorvegliato 24 ore su 24 dall’Esercito.

All’interno saranno presenti trenta carabinieri, altrettanti poliziotti presidieranno l’esterno. Per ingresso e identificazione verranno impiegati anche tre uomini della Forestale e due della Polizia provinciale, oltre a dieci guardie giurate ai metal detector. Domani è previsto l’appello delle parti e la calendarizzazione delle prossime udienze.

Il blitz che decapitò le ‘ndrine al nord Italia scattò il 28 gennaio 2015. A coordinare l’inchiesta, denominata “Aemilia”, è stata la procura distrettuale antimafia di Bologna, che ha ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 117 persone (più altri 46 arresti dalle procure di Catanzaro e Brescia, per un totale di oltre 163 provvedimenti) ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed altro.

Delegazione di Reggio Calabria barricata in Hotel a Bruxelles

Delegazione di Reggio Calabria a Bruxelles. Demetrio Delfino "Siamo barricati"
L’esercito a Bruxelles. Nel riquadro il presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria Demetrio Delfino

REGGIO CALABRIA – “Siamo barricati in albergo, il clima è teso”. Così il presidente del Consiglio comunale di Reggio Calabria, Demetrio Delfino ha commentato al telefono, la situazione che si vive in queste ore a Bruxelles, città sotto assedio dell’esercito dopo gli attentati terroristici di stamani.

Delfino, insieme ai consiglieri Giovanni Latella, Antonino Castorina e all’assessore Nino Zimbalatti, guida una delegazione di 60 amministratori locali composta da sindaci, assessori e consiglieri dei piccoli comuni della provincia di Reggio Calabria in visita a Bruxelles per incontri istituzionali riguardanti i fondi europei.

Tutti stanno bene. “E’ stato un orrore – ha aggiunto Delfino – e non fa altro che aumentare la nostra preoccupazione. Per fortuna nessun problema per noi. Oggi ci saremmo dovuti recare nei pressi della sede del Parlamento per un incontro con i “comitati di regione” sui fondi comunitari. Per fortuna non eravamo ancora usciti. Durante la colazione abbiamo saputo di quello che era successo. Se ci fossimo mossi da qui, ci saremmo trovati sicuramente in mezzo al caos”.

Clan Crea, estorsioni mafiose e usura. Tre arresti a Torino

Clan Crea, estorsioni mafiose e usura. Tre arresti a Torino
Nel riquadro Aldo Cosimo Crea, presunto reggente dell’omonimo clan a Torino

TORINO – I carabinieri del Nucleo Investigativo di Torino hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip di Torino, su richiesta della Dda, nei confronti di presunti affiliati al clan calabrese di ‘ndrangheta “Crea” trapiantati in Piemonte.

Si tratta di Giuseppe Semeraro, 33 anni, abitante a Torino, imprenditore, Benedetto Fiorito, 56 anni, abitante a Torino, e Luigi Oppedisano, 65 anni, pregiudicato, già detenuto ad Ancona.

I tre soggetti sono ritenuti presunti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e all’usura.

L’attività è strettamente connessa con le indagini che, il 14 gennaio 2016 a Torino e provincia, ha portato all’arresto di 22 persone per associazione per delinquere di tipo mafioso (operazione “Big Bang”, che ha disarticolato un gruppo facente riferimento alla famiglia calabrese Crea), e il 29 febbraio scorso ha permesso di arrestare 14 persone, 12 delle quali per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e 2 per tentata estorsione in concorso con l’aggravante del metodo mafioso.

IL MODUS OPERANDI
Secondo gli inquirenti, Benedetto Fiorito si occupava di avvicinare persone anziane in difficoltà economiche, perché dediti al gioco d’azzardo nelle sale scommesse di via Tolmino e di via Di Nanni, e fargli avere dei prestiti a tassi di usura, all’incirca del 15% mensile, da parte di Aldo Cosimo Crea. Alcune vittime hanno collaborato ma nessuna di loro si è presentata spontaneamente.

Giuseppe Semeraro, dice l’accusa, individuava le società da “abbattere” economicamente (tre sono state individuate) e dopo aver ottenuto la fiducia degli imprenditori investiva cifre importanti nelle loro attività (fino a 150.000 euro) per operazioni finanziarie e commerciali.

Questa mossa era il cavallo di Troia per impadronirsi della società o mandarla sul lastrico. A distanza di poco tempo, Semeraro richiedeva indietro la sua quota, aumentata del doppio o del triplo, fino a 500.000 euro a fronte di un investimento di 150.000 euro. Luigi Oppedisano, secondo la procura, era colui il quale subentrava, in questa fase dell’operazione criminale, a Semeraro.

“Era lui l’uomo di fiducia dei Crea, quello cattivo e senza scrupoli, che minacciava gli imprenditori a non deludere i padroni della città e li “invitava” a una rateizzazione del loro debito”, concludono gli investigatori.

Studentessa scomparsa a Cosenza riappare a Belvedere. E’ mistero

Ragazza scompare a Cosenza e riappare a Belvedere. E' misteroEra scomparsa ieri a Cosenza in modo inspiegabile. Dopo una notte di apprensione è stata ritrovata sana e salva a Belvedere la studentessa universitaria, L.E.D., di 24 anni svanita nel nulla nella giornata di ieri in città. E’ mistero.

Dopo la denuncia dei genitori in Questura a Cosenza, i quali avrebbero riferito che la figlia doveva laurearsi tra due giorni, la Squadra Mobile del questore Luigi Liguori haattivato immediatamente le ricerche senza risparmiare energie.

Gli agenti hanno appurato un elemento molto curioso che dice molto sull’episodio: recandosi presso l’Università degli Studi della Calabria, i poliziotti hanno constatato l’infondatezza della notizia dell’imminente laurea. Un primo segnale che evidentemente ha restituito alla polizia un possibile tratto della personalità della ragazza.

Le ricerche, informa una nota della Questura, sono state svolte anche con la localizzazione del cellulare e sofisticate verifiche informatiche, che hanno permesso di accertare la presenza della giovane sulla costa tirrenica cosentina.

La studentessa, in evidente stato confusionale, è stata notata questa mattina da un passante sulla spiaggia del lungomare di Belvedere Marittimo (Cosenza) il quale ha allertato la Polizia Municipale.

Personale della Squadra Mobile della Questura di Cosenza intervenuto immediatamente sul posto, dopo aver dato ai genitori la lieta notizia del ritrovamento della propria figlia, ha accompagnato la studentessa presso il locale Ospedale per le dovute cure.

Al momento si cerca di capire il motivo della scomparsa. Non è chiaro come abbia raggiunto Belvedere, che dista dal capoluogo 65 chilometri. Se in auto, in treno oppure in autostop. E’ probabile che la ragazza sia fuggita per timore (e sensi di colpa) che i genitori scoprissero del presunto “raggiro” sulla laurea “tra due giorni”, tradendo in questo modo le aspettative di mamma e papà. Non si esclude nemmeno una fuga passionale. Il mistero resta e sarà la studentessa a doverlo spiegare ai genitori.

Voleva fare sesso con la dottoressa. Arrestato stalker

Pianezza Torino. Voleva fare sesso con la dottoressa. Arrestato stalkerPIANEZZA (TORINO) – Andava dalla dottoressa non per essere visitato ma perché intendeva molestarla e avere rapporti sessuali. Così un medico si è vista costretta a sporgere denuncia e a fare arrestare il suo stalker.

I carabinieri della stazione di Pianezza, lo hanno prelevato a casa sua, quando a seguito della denuncia del medico, durante le indagini per stalking, i militari hanno acquisito gravi e convergenti elementi di responsabilità nei confronti di A.B.S., 58 anni, abitante a Torino, pensionato, con precedenti di polizia.

L’uomo è ritenuto responsabile di aver molestato e intimidito il suo ex medico di base di Pianezza. L’uomo si è presentato in più circostanze nel suo studio medico e tempestandola di chiamate e messaggi finalizzati ad avere una relazione amorosa con lei.

In numerose occasioni il 58enne si recava presso il suo ambulatorio, quasi sempre in condizioni di ubriachezza, con il pretesto di essere visitato pur non essendo iscritto nella lista dci suoi pazienti, tentando approcci fisici e mostrandosi intenzionato ad avere a tutti i costi una relazione con lei.

Secondo quanto scritto nell’ordinanza, l’uomo sarebbe arrivato anche a minacciare la donna con una pistola. Quando il 4 marzo scorso il presunto stalker è passato sotto la finestra dell’ambulatorio della dottoressa e ha detto di avere una pistola in tasca. Una situazione che ha procurato un perdurante e grave stato di ansia e di paura, ingenerandole un fondato timore per la propria incolumitità e costringenlola ad alterare le proprie abitudini di vita, tipo a non trattenersi da sola in studio in assenza della segretaria, a non uscire da sola la sera e costretta a non prendere pubblici per timore di fare incontri del “terzo tipo” con il presunto autore degli atti persecutori.

L’Arma rimpatria dalla Svizzera reperti archeologici trafugati. FOTO/VIDEO

L'Arma rimpatria dalla Svizzera reperti archeologici trafugati dal sud Italia
I militari TPC al lavoro sui reperti rimpatriati

ROMA – I Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, al termine di una complessa attività investigativa in ambito internazionale, coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, hanno restituito al patrimonio culturale eccezionali reperti archeologici, di epoca compresa tra VII sec. a.C. e II sec.d.C., provenienti da scavi perpetrati in Etruria Meridionale, Sicilia, Puglia, Campania e Calabria.

Il tesoro archeologico rimpatriato è stato presentato in una conferenza stampa alla presenza del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. erano tra gli altri presenti il Comandante del Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Generale B. Mariano Mossa e del Procuratore aggiunto della Repubblica di Roma, Giancarlo Capaldo,

Tra i reperti, rimpatriati da Ginevra (Svizzera), spiccano moltissimi oggetti di assoluta bellezza e interesse storico-scientifico: tre lastre affrescate costituenti una tomba, una coppia di sarcofagi etruschi dipinti e riproducenti figure umane, un sarcofago romano, statue in marmo raffiguranti animali, crateri, oinochoe, elementi architettonici, teste in marmo, pavimenti e pareti di un tempio, per un valore complessivo che si aggira sui 9 milioni di euro.

Le indagini, in seguito all’esame degli elementi emersi per il contrasto al traffico internazionale di beni archeologici saccheggiati dai siti italiani, consentivano alla Procura della Repubblica di Roma di proporre una rogatoria internazionale presso l’autorità giudiziaria elvetica.

Nel solco investigativo tracciato per la ricerca di straordinari reperti archeologici esportati illecitamente, – spiegano i militari del Tpc – si contestualizzavano numerosi indizi convergenti sulla possibilità che, all’interno dei caveau del Porto Franco di Ginevra, potessero trovare rifugio i beni ricercati.

In questo contesto, puntando all’individuazione certa dei magazzini in cui potessero essere custoditi i predetti reperti, anche attraverso l’esame di documentazione sequestrata ad un trafficante italiano, le indagini venivano indirizzate su una delle rotte dell’illecito traffico di beni archeologici.

In particolare, le tracce, partite dal Sud, arrivavano a Ginevra.
L’approfondimento investigativo condotto unitamente alla Polizia svizzera, faceva emergere il nome di una società che, per conto di due trafficanti sospettati, aveva la disponibilità di alcuni magazzini all’interno del Porto Franco di Ginevra.

Attraverso l’attività rogatoriale, sintesi dell’articolata azione investigativa condotta mediante l’analisi e l’incrocio delle risultanze informative e dei riscontri patrimoniali venivano individuati i magazzini in cui erano custodite le opere trafugate.

Le perquisizioni, coordinate dall’Autorità Giudiziaria di Ginevra e alla presenza dei Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Tpc, consentivano il rinvenimento di 45 casse contenenti reperti archeologici sprovvisti di documentazione giustificativa, lasciati in deposito da un mercante d’arte inglese.

Il tesoro, posto sotto sequestro, veniva messo a disposizione dell’autorità giudiziaria italiana.
Il prosieguo delle indagini, accertata l’inequivocabile provenienza italiana dei reperti, evidenziavano l’attività di ricettazione, attraverso la Svizzera, di centinaia di beni archeologici che prevedeva il procacciamento degli stessi dai tombaroli e da ricettatori locali; l’esportazione illecita; lo stoccaggio presso un sicuro porto franco ed il conseguente restauro nonché la vendita, dopo la ricostruzione di una falsa provenienza lecita, verso Inghilterra, Giappone e soprattutto gli Usa.

Gli elementi raccolti e i riscontri consentivano all’Autorità giudiziaria Italiana di emettere il provvedimento di confisca dei beni sequestrati presso il Porto Franco di Ginevra. La Magistratura di Ginevra, accogliendo il provvedimento dei magistrati, determinava la restituzione dei beni.

Tale collaborazione rappresenta un esempio della sinergia tra Italia e Svizzera, quale efficace deterrente contro la criminalità di settore, evidenziando che non esiste per i trafficanti d’arte un luogo sicuro in cui nascondere i beni sottratti illecitamente al patrimonio culturale.

Omicidio a Zagarise, arrestato pensionato 75enne

Omicidio Michele Mustara a Zagarise, arrestato pensionato SELLIA MARINA (CATANZARO) – Un pensionato di 75 anni, Antonio Verrino, è stato arrestato dai carabinieri della Compagnia di Sellia Marina e da quelli di Zagarise per l’omicidio di Michele Mustara, l’operaio forestale ucciso il 18 luglio 2012 lungo la strada provinciale tra Zagarise a Magisano.

Contro Mustara furono sparati 6 colpi di pistola 5 dei quali andati a segno. L’uomo morì dopo 2 giorni nell’ospedale di Catanzaro. Al pensionato i carabinieri sono giunti dopo un’analisi del luogo in cui venne trovato Michele Mustara e grazie a testimonianze e alle immagini di alcune telecamere.

Ad Antonio Verrino è stata trovata una pistola “Velodog” calibro 5,75 di cui i tecnici del Ris di Messina hanno riscontrato “identità balistica” con quella usata per l’omicidio. Verrino, secondo quanto è stato riferito, avrebbe detto di avere ucciso Mustara ritenendolo l’autore di furti di bestiame e per un debito di 5.000 euro non onorato.
L’uomo è stato arrestato per un’ordinanza del gip Giuseppe Perri, su richiesta del pm di Catanzaro Domenico Assumma.

Attacco Isis a Bruxelles. Massima allerta in Italia. Aeroporti blindati

 

Terrore a Bruxelles
Un ferito a terra dopo l’attacco all’aeroporto di Bruxelles

ROMA – Rafforzate le misure di sicurezza nei principali aeroporti in Italia, fra cui Fiumicino e Malpensa. Si innalza il livello di allerta anche in Italia dopo l’attacco a Bruxelles. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha convocato il comitato nazionale di ordine e sicurezza. L’organismo si è riunito alle 15 di martedì pomeriggio ed è ancora in corso.

L’obiettivo del titolare del Viminale è valutare “ulteriori misure di contrasto e prevenzione alla minaccia terroristica”. Rafforzate intanto le misure a Piazza San Pietro. Analoghe misure nei principali snodi ferroviari.

Alfano, in stretto contatto con i vertici delle forze di polizia e dei servizi di intelligence, ha espresso il cordoglio per l’attentato: “il mio pensiero va ai familiari delle vittime e alle persone coinvolte in questo efferato attacco terroristico che ha colpito il cuore dell’Europa”.

IL TERRORE ISIS A BRUXELLES

Italiani a Bruxelles evitino spostamenti – L’Unità di Crisi della Farnesina raccomanda in un tweet “ai connazionali presenti a Bruxelles di evitare spostamenti al momento”. L’Unità di Crisi é “attiva”, conclude il tweet.

LEGGI I DETTAGLI E GUARDA LE FOTO DELL’INFAMIA DI DAESH CONTRO L’OCCIDENTE

Gentiloni, seguo con il fiato sospeso – “Seguo con il fiato sospeso l’evolversi della situazione a Bruxelles e mi stringo al popolo e al governo belga colpito da un nuovo attacco terroristico”: così il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. “Tutte le strutture della nostra diplomazia sono attivate per prestare massima assistenza ai nostri connazionali”, ha concluso Gentiloni.

In tutti gli stati europei si è innalzato il livello d’allerta. In particolare Francia e Germania dove le intelligence sono al lavoro per carpire possibili attacchi jihadisti.

Terrore Isis a Bruxelles. 34 morti e 150 feriti. Europa blindata. Salta Shenghen

Feriti negli attentati a Bruxelles
Feriti negli attentati a Bruxelles

BRUXELLES – Sale vertiginosamente il bilancio dei morti negli attacchi terroristici a Bruxelles. Si parla di 34 vittime e oltre 150 feriti. Rivendica l’Isis, che con un messaggio ha messo il sigillo sugli attentati terroristici.

Tra i feriti, riferisce la Farnesina, anche alcuni italiani. Due esplosioni all’aeroporto nell’area delle partenze verso gli Stati Uniti hanno ucciso 14 persone. Una terza bomba, inesplosa è stata fatta brillare. Chiuso lo scalo di Zavantem, voli deviati su Charleroi. Almeno 20 morti e 106 feriti negli attacchi alla metropolitana di Maalbeek dove un vettore è stato completamente sventrato dall’esplosione.

Il terrore nella capitale belga è iniziato stamane alle 8 con due attacchi distanziati da una mezzora l’uno dall’altro. il primo appunto all’aeroporto di Zaventem; il secondo nella metropolitana di Maalbeek. La città è totalmente blindata, esercito e forze speciali in strada, traffico completamente paralizzato per permettere il passaggio delle ambulanze. Le autorità invitano gli abitanti a non uscire di casa.

Il Belgio ha chiuso le frontiere. Anche la Francia ha sospeso Schengen. Eserciti in strada contro un nemico invisibile. I jihadisti dimostrano di colpire quando e come vogliono, in un giorno qualunque, come oggi, 22 marzo 2016. L’Europa è in allerta. L’attacco è stato compiuto a due passi dalla sede degli uffici della Commissione europea. Una attacco al cuore del sistema occidentale.

L’intelligence: “Potrebbe essere una vendetta per l’arresto di Salah Abdeslam”.
Anche se è ancora presto per esserne certi, fonti dell’intelligence belgi citati dal giornale online demorgen.be ci sarebbe un legame tra gli attacchi e il recente arresto di Salah Abdeslam e dei suoi complici l’altro giorno a Molembeek.

“Le probabilità ci sono. L’attacco potrebbe essere stato già pianificato da tempo e l’arresto di Abdeslam potrebbe aver dato un’accelerazione”, sostengono fonti dell’intelligence citate da alcuni media. In questo caso, sarebbe un attacco per vendetta.

Non è ancora chiaro se la cellula terroristica che ha effettuato gli attacchi di oggi, è direttamente legata a quella di Abdeslam. Secondo gli 007 potrebbe trattarsi anche di cellule diverse che sono presenti e operano in Europa.

Le esplosioni hanno colpito l’area dei check in delle partenze verso gli Stati Uniti. Lo rende noto il sito de Le Soir. Subito dopo le esplosioni nell’ aeroporto di Bruxelles, lo scalo è stato chiuso e secondo i media locali per il traffico aereo si sta predisponendo un piano di emergenza per deviare i voli su Charleroi.

Interrotti anche i collegamenti ferroviari da e per l’aeroporto. Le autorità belghe hanno lanciato il piano catastrofi per fare fronte alle conseguenze delle due esplosioni che hanno devastato l’area partenze dell’aeroporto Zaventem di Bruxelles. Alcuni media già parlano di attacco terroristi.

IL TERRORE ISIS A BRUXELLES

Un’altra esplosione, stavolta nlla stazione metro di Maalbeek, a due passi dalla Commissione Ue. Su twitter immagini di fumo sulla strada.

Massima allerta in tutti i paesi Ue. A Roma, il ministro dell’Interno ha convocato il Comitato per l’ordine e la sicurezza. Analoghe iniziative in Francia e Germania, i paesi in questo momento più esposti alla minaccia terroristica. La scorsa settimana proprio Parigi aveva innalzato il massimo livello d’allerta per “attentati imminenti”.

 

Spaccio di droga nel locale. Arrestata famiglia e sequestrato bar

Reggio Calabria Spaccio di droga nel locale. Arrestata famiglia e sequestrato bar Reggio Campi di Claudio Ferrigno REGGIO CALABRIA – E’ di tre arresti e il sequestro di un’attività commerciale il bilancio di operazione antidroga dei carabinieri a Reggio Calabria. Nella rete dei militari è finito un intero nucleo familiare composto dai genitori, Claudio Ferrigno, di 57 anni, già noto alle forze dell’ordine, R.C., di  55 anni e il figlio F.S., di 36 anni.

In particolare, personale dell’Aliquota Radiomobile della Compagnia cittadina, congiuntamente a militari della C.i.o del 12° battaglione Sicilia, nel corso di una perquisizione effettuata presso i locali del bar “Reggio Campi”, di proprietà della famiglia Ferrigno, hanno rinvenuto 100 grammi di marijuana, già suddivisa per il successivo smercio in 13 dosi e altri 100 grammi contenuti in una busta di plastica, mentre, all’interno dell’abitazione degli interessati, venivano rinvenuti ulteriori 20 grammi già suddivisa per la vendita in 5 dosi, un bilancino elettronico di precisione, 650 euro in contanti, ritenuti provento dell’attività di spaccio, nonché materiale vario utilizzato per il confezionamento della sostanza stupefacente.

L’entità della sostanza rinvenuta, per qualità e quantità, in relazione alla metodologia di confezionamento ed al possesso di strumentazione idonea alla pesatura di precisione, denota i tratti di una rilevante attività di spaccio che vedeva i locali dell’attività commerciale in questione come vera e propria base logistica preposta a tale malaffare, motivo per il quale i locali sono stati sottoposti a sequestro preventivo.

Al termine delle formalità di rito, i tre sono stati sottoposti alla misura degli arresti domiciliari presso la loro abitazione.

NOTIZIE DALLA CALABRIA

ITALIA E MONDO