13 Ottobre 2024

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Rinascita-scott, arrestato a Genova il latitante Pasquale Bonavota

Pasquale Bonavota

E’ stato arrestato a Genova dai carabinieri del Ros Pasquale Bonavota, classe ‘74, ricercato inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del “programma speciale di ricerca” del ministero dell’interno.

Le indagini che hanno consentito la cattura in Liguria di Bonavota sono state condotte dal Reparto operativo speciale dell’Arma e dai comandi provinciali di Vibo Valentia e Genova, sotto il coordinamento della Dda di Catanzaro.

Bonavota, era ricercato in quanto destinatario di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, nell’ambito dell’indagine Rinascita – Scott del Ros, dal tribunale di Catanzaro, poiché ritenuto responsabile di partecipazione ad associazione mafiosa con il ruolo di promotore della cosca Bonavota rientrante nella locale di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio (Vibo Valentia).

Bonavota era l’unico soggetto rimasto in stato di latitanza a seguito dell’esecuzione dell’operazione Rinascita – Scott che, il 19 dicembre 2019, ha portato all’arresto di 334 persone ritenute appartenenti alle strutture di ‘ndrangheta della provincia vibonese.

Pasquale Bonavota – è scritto in un passaggio dell’ordinanza – “aveva il ruolo di capo “Società”, e prendeva insieme agli altri esponenti apicali dell’organizzazione le decisioni più importanti, curando gli interessi del sodalizio nella zona di Roma e nei settori del gioco d’azzardo e del traffico di droga”.

Viveva in un appartamento nella zona nord di Genova, Pasquale Bonavota, il latitante arrestato stamani dai carabinieri del Ros e dei comandi provinciali di Vibo Valentia e Genova. La cosca Bonavota, radicata a Sant’Onofrio, nel vibonese, ha strutture ben radicate in Liguria, Piemonte e Lazio. I carabinieri sono così giunti a Genova dove hanno rintracciato un circuito di utenze telefoniche riservate.

Tra queste hanno seguito quella che pensavano dovesse condurre al boss in fuga. L’utenza copriva un’area circoscritta che comprendeva anche la Cattedrale di San Lorenzo. La chiesa è divenuta, dunque, uno degli obbiettivi sorvegliati dai militari. Questa mattina i carabinieri, proprio in questa area, hanno individuato Bonavota, lo hanno seguito per un tratto di strada e lo hanno raggiunto nella cattedrale.

Bonavota è stato trovato, da solo, mentre stava pregando. I carabinieri si sono avvicinati e gli hanno chiesto di seguirlo. Lui ha ammesso di essere Bonavota e li ha seguiti. Una volta fuori, l’uomo è stato consegnato ad una pattuglia radiomobile e portato in caserma. L’uomo era in possesso di un documento appartenente a un altro soggetto del Vibonese. I carabinieri stanno ora eseguendo una serie di perquisizioni nell’appartamento genovese ma anche in altre zone d’Italia per scovare la rete di fiancheggiatori che hanno favorito la latitanza di Bonavota.

“Un risultato importante, frutto di anni di collaudata sinergia tra il Ros e la Dda. Questa indagine conferma l’indispensabilità delle intercettazioni, senza le quali non saremmo arrivati alla cattura del boss Pasquale Bonavota”. Lo ha detto il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri commentando la cattura del latitante Pasquale Bonavota. “L’arresto – ha detto Massimiliano D’Angelantonio, comandante del II reparto investigativo del Ros – è il frutto della costante collaborazione tra la Dda di Catanzaro e l’Arma dei Carabinieri in tutte le sue componenti, Ros, Territoriale e Cacciatori. Giunge a seguito di una complessa strategia di contrasto decisa dai vertici del Raggruppamento nei confronti della ‘ndrangheta e che oltre all’operazione Rinascita-Scott ha riguardato anche le operazioni Stige e Petrolmafie sempre coordinate da Dda di Catanzaro”. Dopo la cattura di Matteo Messina Denaro e Rocco Morabito, il
Reparto operativo speciale dei carabinieri ha messo a segno dunque un altro importante risultato. Un risultato dietro al quale si trova la regia del generale del Ros Pasquale Angelosanto che ha coordinato tutte le operazioni.

La Cassazione demolisce la “Trattativa Stato-Mafia”, tutti assolti

Demolito dalla Cassazione l’impianto accusatorio dell’indagine sulla presunta trattativa Stato-Mafia.

I giudici della sesta sezione hanno confermato l’assoluzione per gli ex investigatori del Ros, per l’ex parlamentare Marcello Dell’Utri e riconosciuto la prescrizione per il boss di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella e per il medico Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina.

Al termine della camera di consiglio i giudici hanno annullato la sentenza di appello senza rinvio, con la formula per non avere commesso il fatto, per quanto riguarda il generale dell’Arma, Mario Mori e per gli ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni e Giuseppe De Donno.

I supremi giudici sono quindi andati oltre quanto già deciso dai giudici di secondo grado di Palermo perché nel fare cadere le accuse hanno utilizzato una formula più ampia.

Per le posizioni di Bagarella e Cinà, condannati in secondo grado rispettivamente a 27 anni e 12 anni, i giudici del Palazzaccio hanno riqualificato i reati di violenza e minaccia ad un corpo politico dello Stato nella forma del tentativo: con la riqualificazione la fattispecie è andata, quindi, in prescrizione.

In aula, al momento della lettura del dispositivo, era presente Mori che lasciando la Cassazione ha affermato di sentirsi “parzialmente soddisfatto” della decisione “considerando che per 20 anni mi hanno tenuto sotto processo. Ero convinto di non avere fatto nulla, il mio mestiere lo conosco, so che se avessi sbagliato me ne sarei accorto”. I magistrati non hanno quindi accolto le richieste del pg che aveva sollecitato un nuovo processo di appello per i tre ex Ros e per Bagarella e Cinà.

Nelle conclusioni della sua requisitoria, nell’udienza del 14 aprile scorso, il rappresentate dell’accusa aveva sollecitato “l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla minaccia nei confronti dei governi Amato e Ciampi”.

Per il pg, la sentenza di secondo grado ha descritto “la trattativa negli anni ma non fa una precisa ricostruzione della minaccia e di come sia stata rivolta al governo” e lo fa solo in modo “congetturale”. Con la decisione di oggi i giudici sostanzialmente affermano che le minacce furono soltanto dei meri tentativi da parte di alcuni esponenti di Cosa Nostra.

I supremi giudici erano chiamati a decidere sul ricorso presentato dalla Procura generale del capoluogo siciliano dopo la sentenza del 23 settembre 2021 che ribaltò il verdetto assolvendo la gran parte degli imputati condannati in primo grado.

In primo grado Mori e Subranni furono condannati a 12 anni mentre Giuseppe De Donno ad 8 anni. Nelle migliaia di pagine delle motivazioni della sentenza di secondo grado i giudici siciliani, spiegando le ragioni dell’assoluzione dal reato di minaccia a Corpo politico dello Stato e parlando del ruolo svolto dai militari dell’Arma, hanno scritto che “una volta assodato che la finalità perseguita, o comunque prioritaria, non fosse quella di salvare la vita all’ex ministro Mannino o ad altre figure di politici che rischiavano di fare la fine di Lima, nulla osta a riconoscere che i carabinieri abbiano agito avendo effettivamente come obbiettivo quello di porre un argine all’escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva più che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati, con il conseguente corredo di danni in termini di distruzioni, sovvertimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e soprattutto vite umane”

Ucraina, prove di dialogo tra Cina e Ucraina. Telefonata tra Xi e Zelensky

Ci sono prove di dialogo per la pace in Ucraina tra il leader cinese Xi Jinping e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. I due hanno avuto una conversazione telefonica per cercare una soluzione diplomatica al conflitto. Il colloquio avviene dopo qualche settimana dalla storica visita a Mosca di Xi a Putin. La Cina nei mesi scorsi aveva proposto un piano di pace in dodici punti.

Secondo l’emittente cinese China Central Television, le parti hanno discusso delle relazioni bilaterali e si sono scambiate opinioni sulla situazione di crisi in Ucraina.

L’ultima volta che i due leader hanno comunicato è stato all’inizio di gennaio 2022. Poi, si sono scambiati telegrammi di congratulazioni in occasione del 30° anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi.

Il presidente cinese Xi Jinping ha detto mercoledì al suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky durante i colloqui telefonici che la Cina spingerà per il cessate il fuoco anticipato in Ucraina, ha riferito mercoledì la China Central Television .

“La Cina è determinata a facilitare il processo di pace e un cessate il fuoco il prima possibile”, ha detto il canale citando il leader cinese.

Secondo China Central Television, Xi Jinping ha sottolineato che la Cina spera che tutte le parti interessate “meditino criticamente sul conflitto ucraino” e attraverso il dialogo “aprano la strada a una pace a lungo termine in Europa”.

Le autorità cinesi non hanno intenzione di osservare in silenzio l’escalation della crisi ucraina, ma allo stesso tempo non alimenteranno la fiamma, ha detto mercoledì il leader cinese Xi Jinping durante una telefonata con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

“La Cina è un membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e un potere responsabile”, ha detto Xi Jinping, secondo CCTV. “Non osserveremo silenziosamente il fuoco in corso e non alimenteremo le fiamme”.

Il leader cinese ha sottolineato che Pechino “non ha alcuna intenzione di trarre vantaggio” dalla crisi ucraina in alcun modo.

Uccide i genitori a coltellate, fermato il figlio 55enne

Una coppia di coniugi è stata trovata senza vita in un appartamento a Verona, nel quartiere Borgo Roma. Dalle prime indagini delle forze dell’ordine marito e moglie sarebbero stati uccisi.

Le vittime sono Giampaolo Turazza e Vilma Vezzaro, rispettivamente di 75 e 73 anni. Dopo un lungo interrogatorio il figlio 55enne della coppia è stato posto in stato di fermo con l’accusa di duplice omicidio. La dinamica del delitto è tuttora in fase di ricostruzione da parte della Polizia.

I due genitori sarebbero stati accoltellarti alla gola: il padre mentre era a letto, la madre è stata trovata nel corridoio del loro appartamento. Al momento non si conosce il movente del crimine.

Muore ad Aversa un giovane Cosentino. La procura dispone l’autopsia

pronto soccorso ambulanza
archivio

Un giovane di 29 anni, Gabriele Greco, originario di Cosenza, è morto in un’ambulanza del 118 che lo stava trasportando all’ospedale di Aversa (Napoli) dopo avere accusato un malore improvviso.

L’uomo si era recato in Campania per festeggiare insieme ad alcuni amici la ricorrenza del 25 aprile, quando nel pomeriggio avrebbe avvertito un malore. Dalle prime informazioni pare che Greco avrebbe accusato un fortissimo mal di testa. A nulla, purtroppo, sono valse le cure dei sanitari in ambulanza.

Per accertare le cause del decesso ora la procura di Napoli Nord, competente per il comune campano, ha deciso di effettuare l’autopsia sulla salma di Gabriele Greco.

Il giovane di professione faceva lo psicologo e operava presso un’associazione che si occupa di Alzheimer, “Il mioblu”, che in un post su fb scrive: “Siamo profondamente addolorati e sconvolti per la prematura scomparsa del nostro psicologo Gabriele Greco di soli 29 anni la punta di diamante del nostro centro caffè Alzheimer di Cosenza professionista eccellente un principe educato,onesto. Con Gabriele abbiamo costruito un percorso per i nostri ospiti che ha dato i suoi frutti immediatamente. Sono veramente distrutto dal dolore e vi chiedo una preghiera per Gabriele e soprattutto per i suoi genitori, ai quali va tutta la mia vicinanza e il mio affetto per una così grave tragedia. Ciao Gabri non potrò scordarti mai e ti porterò per sempre nel mio cuore con la consapevolezza che un giorno potrò riabbracciarti”.

Naufragio, l’Austria concede l’estradizione di uno scafista

E’ stata concessa dall’Austria l’estradizione di Gun Ufuk, il turco di 28 anni accusato di essere uno degli scafisti del caicco naufragato a Cutro il 26 febbraio con la morte accertata di 94 persone.

La notizia è emersa stamani in apertura dell’incidente probatorio nei confronti dei 4 presunti scafisti indagati dalla Procura di Crotone per omicidio colposo, disastro colposo e favoreggiamento all’immigrazione clandestina.

Il pubblico ministero di Graz, in videocollegamento con il Tribunale di Crotone ha informato dell’approvazione avvenuta nell’udienza del 24 aprile. Entro dieci giorni la procedura dovrà essere perfezionata e l’imputato potrebbe assistere in aula già alle prossime udienze fissate per il 12 e 4 maggio.

Stamani in aula c’erano due indagati: Sami Fuat, turco di 50 anni, e Khalid Arslan pakistano di 25 anni. Non c’era invece il quarto indagato che in un primo momento era stato considerato minorenne e nei confronti del quale l’incidente probatorio si è svolto al Tribunale competente di Catanzaro.

Oggi sono stati sentiti tre superstiti pakistani. Attraverso le domande del pm Pasquale Festa, è stato ricostruito il viaggio dalla permanenza in Turchia e alla partenza da Izmir. Khan Azif, di 37 anni, cuoco, ha confermato che sull’imbarcazione Khalid Arslan aveva girato dei video promozionali nei quali i migranti inneggiavano agli organizzatori del viaggio: “Ci dicevano che dovevamo dire di essere i migranti di Ali Hassan, che eravamo sulla barca di Alì Hassan e che eravamo arrivati in Italia”.

Il teste ha riconosciuto Ufuk come colui che conduceva la barca, l’atro turco era invece nella cabina di pilotaggio ma non ha mai guidato l’imbarcazione mentre i due pakistani avevano il compito di tradurre gli ordini dati dai turchi e di tenere i rapporti con i migranti dando loro informazioni sul viaggio.

Khan Azif, che soffrendo d’asma era spesso in coperta, ha raccontato di aver saputo dai due connazionali indagati che i turchi volevano riportare la barca ad Izmir ed ha spiegato di aver visto che al momento del naufragio la barca era condotta da un quinto scafista la cui immagine non era presente nell’album fotografico (potrebbe essere il siriano deceduto o quello irreperibile). (Ansa)

I carabinieri trovano mezzo kg di droga in un magazzino, indagini

I carabinieri di Cassano allo Ionio hanno trovato e sequestrato mezzo chilo di marijuana. Il ritrovamento delle sostanza stupefacente, all’interno di un magazzino abbandonato, è avvenuto durante un servizio perlustrativo attuato dai militari nel centro abitato della cittadina dell’Alto Ionio Cosentino, a pochi metri di distanza dal Palazzo municipale.

La droga era contenuta il alcuni sacchetti di plastica. Le indagini dei carabinieri proseguono per individuare il responsabile del deposito illegale della droga.

Sbarco di migranti a Crotone, individuati tre presunti scafisti

Militari della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Crotone, congiuntamente al personale della locale Squadra Mobile, a seguito di una operazione di soccorso effettuata da mezzi navali della Capitaneria di Porto e dell’Agenzia Frontex, eseguivano specifiche attività investigative finalizzate all’individuazione degli scafisti che avevano condotto un motoryacht con a bordo 161 migranti trasbordati, in alto mare, sulle predette unità navali e sbarcati nel porto di Crotone.

All’esito delle immediate attività d’indagine, sotto la direzione e lo stretto coordinamento della Procura della Repubblica di Crotone, svolte senza soluzione di continuità sin dal momento dell’arrivo in porto dei migranti, venivano individuati e sottoposti a fermo tre presunti trafficanti di persone di nazionalità egiziana che, a vario titolo, avevano reso possibile il trasporto dei migranti dalla Turchia fino al punto in cui l’unità si era fermata in vicinanza di una nave mercantile.

Sono in corso ulteriori approfondimenti investigativi sulla base degli elementi raccolti dagli investigatori.

Scoperti 13 falsi giovani imprenditori agricoli, fondi Ue revocati

I Finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno concluso un’articolata operazione finalizzata al riscontro del corretto utilizzo dei fondi cofinanziati dall’Unione Europea, nell’ambito della Politica Agricola Comune, per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile nella Regione. Tale attività si colloca in un contesto ancor più rilevante in considerazione delle cospicue risorse erogate, o in procinto di esserlo, per la realizzazione di progettualità afferenti il PNRR e, conseguentemente, della necessità di monitorare le connesse iniziative al fine di intercettare tempestivamente illeciti utilizzi degli stessi.

All’esito dell’operazione “Gioventù rurale”, condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria, è emerso che due terzi dei percettori dei fondi non sono risultati in regola con i requisiti previsti dalla normativa di settore e che, di conseguenza, oltre 1 milione di euro dovrà essere restituito all’Erario.

In particolare, i fondi, concessi nell’ambito del “Programma di Sviluppo Rurale Calabria” con la denominazione “Pacchetto Giovani”, avrebbero dovuto agevolare l’inserimento dei giovani nel settore agricolo e migliorare la qualità delle aziende agricole calabresi, contribuendo al loro ammodernamento. Per accedere al beneficio era necessario possedere taluni requisiti come, ad esempio, aver conseguito la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale (IAP) o quella di Coltivatore Diretto (CD) presso l’Ente regionale o territoriale competente al rilascio.

Era necessario, inoltre, rispettare alcune condizioni, tra le quali la conduzione dell’azienda per almeno cinque anni successivi al ricevimento del finanziamento. Le attività svolte – attraverso l’acquisizione della documentazione d’interesse, l’incrocio con le risultanze delle Banche dati, il compimento di mirati sopralluoghi – ha tuttavia consentito di scoprire numerose irregolarità.

Difatti, il controllo si è focalizzato sui contributi erogati a vantaggio dei beneficiari che si erano avvalsi della possibilità di conseguire le qualifiche di imprenditore agricolo e/o di coltivatore diretto “sotto condizione”, ovvero impegnandosi ad acquisire definitivamente tali requisiti entro due anni dalla richiesta all’ente competente. I Finanzieri hanno così scoperto che molte delle certificazioni di Imprenditore Agricolo Professionale presentate in via provvisoria non sono mai divenute “definitive”, cosi come alcuni dei percettori hanno cessato la partita IVA prima dei 5 anni previsti dalla liquidazione del finanziamento pubblico.

Complessivamente, su 20 soggetti ispezionati nella provincia di Reggio Calabria 13 sono risultati non in regola e i relativi contributi segnalati all’Ente regionale per il recupero di competenza ammontano a un totale di 1.063.000 euro, su un importo complessivamente controllato di circa 1.568.500 euro.

Auto finisce contro un muro, muore un 26enne

ansa

Un 26enne, Simone Furci, è deceduto stamani in un incidente stradale a Joppolo, piccolo borgo costiero della provincia di Vibo Valentia.

La vittima, si trovava a bordo della sua autovettura, una Fiat Punto, quando, per cause in corso di accertamento, ha perso il controllo del mezzo andando a sbattere violentemente contro il muro di recinzione di un campeggio in via San Bruno Melia, lungo la strada comunale che porta dalla frazione Oliveto al capoluogo.

Inutili si sono rivelati i tentativi di soccorso del personale del 118 allertato dal titolare della struttura ricettiva svegliato, alle 5.45, dal rumore dello scontro. Sul posto sono intervenuti i carabinieri per accertare la dinamica e i vigili del fuoco.

Furci da qualche tempo era rientrato a Joppolo dopo aver vissuto con i genitori, originari del paese del Vibonese, in provincia di Varese, e dove svolgeva l’attività di panettiere in località Monteporo.

Controlli antidroga dei Carabinieri nel cosentino, tre denunce

Proseguono, senza sosta, i servizi di prevenzione predisposti dalla Compagnia Carabinieri di Rende finalizzati al controllo del territorio e alla repressione dei fenomeni criminosi. L’attività di controllo è stata intensificata nel fine settimana e ha visto l’impiego di diverse pattuglie dell’Arma concentrate, in particolare, nel Comune di Acri.

Battute diverse piazze tra cui Piazza Purgatorio ed altri luoghi di ritrovo di giovani adolescenti con l’obiettivo primario di garantire la sicurezza di tutti i cittadini e di imprimere un freno all’attività di vendita di stupefacente.

I controlli a tappeto hanno consentito di deferire in stato di libertà per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti tre giovani ragazzi, di cui due di nazionalità Afgana rispettivamente di 21, 27 e 31 anni i quali, a seguito di perquisizione domiciliare, sono stati trovati in possesso, i primi due di 105 grammi di hashish; mentre il terzo di 25 gr di marijuana e un grammo di hashish.

Sequestrato anche l’occorrente per il confezionamento delle dosi da immettere sul mercato, come bilancini di precisione per pesare lo stupefacente.

Altre sei persone tutte d’età compresa tra 19 e 45 anni, sono state segnalate alla Prefettura di Cosenza, quali assuntori di sostanze stupefacenti poiché, a seguito di perquisizione personale, sono state sorprese in possesso di modiche quantità di droga per uso personale.

Proseguirà nei prossimi giorni, fa sapere l’Arma, la campagna di intensificazione dei controlli disposta dalla Compagnia Carabinieri di Rende per un deciso richiamo alla responsabilità e al rispetto delle regole adottate a tutela dell’incolumità e della salute pubblica e volti ad assicurare e prevenire ogni fenomeno di illegalità.

Morte bimbo in ospedale a Vibo, la Procura apre una inchiesta

ospedale vibo valentia

La Procura della Repubblica di Vibo Valentia ha aperto un fascicolo d’inchiesta contro ignoti a seguito della morte di un bambino di 4 anni, avvenuta venerdì scorso nell’ospedale di Vibo Valentia.

Le indagini, sotto la supervisione del procuratore Camillo Falvo, sono coordinate dal sostituto Corrado Caputo e mirano a stabilire la presenza o meno di responsabilità nel decesso del piccolo, originario di Dasà, comune dell’Alto Mesima vibonese.

Il magistrato, che ha disposto il sequestro della cartella clinica, procederà all’escussione dei familiari del piccolo nonché dei medici che hanno avuto in cura il minore tra l’arrivo al pronto soccorso a causa di una forte febbre e fino alla sua morte, avvenuta poco dopo. Al riguardo è stata per ora esclusa l’autopsia ma saranno comunque eseguiti degli esami diagnostici.

Nel frattempo, anche l’Azienda sanitaria provinciale ha avviato una indagine interna per chiarire gli aspetti della tragica vicenda che porterà all’escussione dei medici e dei capi reparto in cui il piccolo è transitato.

Abusi su bambina, arrestati il padre e l’amico di famiglia

Avrebbero abusato sessualmente, negli anni, della bambina di soli 7 anni, affetta da disabilità intellettiva media: è questa l’accusa contestata dalla Procura di Crotone al padre e all’amico di famiglia, entrambi arrestati dai Carabinieri e tradotti nel carcere di Crotone.

Nel pomeriggio odierno, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Crotone, in collaborazione con i militari della Stazione Carabinieri di Scandale, hanno dato esecuzione all’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal Tribunale pitagorico, nei confronti di 2 persone, D.V e V.V, ultracinquantenni di Scandale (Crotone), in ordine ai quali venivano raccolti gravi indizi di colpevolezza del reato di “maltrattamenti in famiglia e abusi sessuali su minore”.

Gli abusi sarebbero stati commessi a Scandale, piccola comunità della provincia crotonese, in un contesto familiare di gravissimo degrado socio-culturale. La madre della piccola, anch’ella vittima di maltrattamenti fisici e verbali, avrebbe tentato più volte di fermare il marito nel corso del tempo, assistendo in più occasioni agli abusi sessuali che la piccola subiva – sin da quando aveva pochi anni di vita (circa 3 anni) – anche dall’amico di famiglia, con la complicità del padre.

Le indagini dei Carabinieri sono state avviate dopo la segnalazione degli assistenti sociali del comune crotonese: a far scattare l’allarme sono stati i comportamenti inusuali della bambina sia nel contesto sociale, che in quello scolastico: da qui, le immediate investigazioni condotte dai militari della Sezione Operativa e della Stazione Carabinieri di Scandale, sotto l’attenta direzione della Procura della Repubblica di Crotone, hanno disvelato una realtà a dir poco “raccapricciante” nella quale viveva, da anni, la povera bambina.

I racconti puntuali forniti dalle vittime, le intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché le testimonianze raccolte dagli inquirenti in un contesto caratterizzato da palesi reticenze ed omissioni volte a screditare la realtà dei fatti, evidentemente nota ai più stretti familiari, sono confluite nell’inchiesta che, nonostante le difficoltà, ha permesso ai Carabinieri di arrestare i due indagati e salvare la madre e la bambina, entrambe collocate in idonee strutture protette.

Violenza in centro di accoglienza, migrante si difende: “Mai toccato quella bimba”

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“Non ho mai toccato quella bambina, ho solo avvisato la mamma che andava nelle case di uomini nel Cara, ma io non ho mai fatto nulla e quando l’ho incontrata c’era anche mia moglie”.

Si è difeso così il camerunense di 38 anni che si trova nel carcere di Crotone con l’accusa di violenza sessuale su una bambina di 9 anni ospite nel Cara di Isola Capo Rizzuto.

Nel corso dell’interrogatorio per l’udienza di convalida dell’arresto svolto dal gip del Tribunale di Crotone Romina Rizzo, il 38enne ha negato tutto raccontando che la mamma della bambina usciva dal Cara lasciandola da sola. Al giudice ha riferito di aver avvisato la madre della piccola – che conosceva perché erano arrivati insieme a gennaio al Cara di Isola Capo Rizzuto dalla Sicilia e perché stavano in alloggi vicini – che molti uomini le giravano intorno.

Da quello che emergerebbe dagli atti di indagine, la denuncia della madre nasce dal fatto di aver saputo da altri connazionali che la bambina andava in alloggi di uomini e che uno avesse detto che voleva sposarla. La donna, a quel punto, si è fatta raccontare quanto accaduto dalla figlia e ha sporto denuncia contro il suo connazionale che, a seguito delle indagini coordinate dal sostituto procuratore Andrea Corvino, è stato arrestato sabato scorso.

Il difensore dell’uomo, l’avvocato Francesca Parise, ha chiesto di non convalidare l’arresto e la revoca della misura. Il gip si è riservato la decisione.

In casa con 2 kg di cocaina e una pistola, arrestati madre e figli

La Squadra Mobile della Questura di Crotone ha arrestato tre crotonesi, una donna e due suoi figli, per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione abusiva di armi.

Gli agenti, nel corso di mirati servizi predisposti nel quartiere Acquabona, dopo aver notato alcuni movimenti di soggetti sospetti nei pressi di un’abitazione, hanno deciso di approfondire il controllo all’interno dell’immobile.

Nel corso della perquisizione dell’abitazione, effettuata alla presenza di una donna di 54 anni, e dei suoi figli, una 19enne e un ragazzo minorenne, sono stati rinvenuti circa 2 chilogrammi di cocaina, suddivisa in panetti, una pistola calibro 9 perfettamente funzionante, circa 700 euro in contanti, oltre a materiale da confezionamento ed un bilancino di precisione.

Il materiale rinvenuto è stato sequestrato, i tre occupanti l’abitazione sono stati tratti in arresto, e posti a disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone, e della Procura presso il Tribunale per i Minorenni di Catanzaro.

Bimbo di 4 anni ha la febbre, lo portano in ospedale e muore

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L’ospedale di Vibo Valentia

Un bambino di 4 anni, di nome Giuseppe, è morto nella serata di ieri nell’ospedale di Vibo Valentia dove era stato appena portato dai genitori. La corsa in ospedale si era resa necessaria per un forte stato febbrile in cui il bambino versava.

Il piccolo, da quello che si è potuto sapere, non soffriva di altre patologie. Oggi a Dasà, centro delle Preserre vibonesi, dove il bimbo viveva, le campane sono suonate a lutto. Il sindaco Raffaele Scaturchio, a nome di tutta la cittadinanza, ha espresso vicinanza alla famiglia “per la perdita di una creatura che troppo presto il Signore ha deciso di portare con sé. Accettare la prematura dipartita è impossibile, consolare la famiglia infattibile. Auguriamo solo a te piccolo Giuseppe – le conclusioni del sindaco – di riposare in pace, e speriamo tu con il tempo possa fare conforto ai familiari e a tutti noi che, stai certo, non ti dimenticheremo mai”.

Terremoto tra Turchia e Siria, ministro turco: Finora oltre 50mila morti

Più di 50.000 persone risultano morte a causa dei terremoti che hanno colpito la Turchia lo scorso 6 febbraio. Lo ha dichiarato sabato il ministro dell’Interno turco, Suleyman Soylu.

“Il bilancio delle vittime dei terremoti con epicentro a Kahramanmaras è arrivato a 50.783”, ha detto al canale televisivo CNN Turchia.

I terremoti di magnitudo 7,9 e 7,6 si sono verificati il ​​6 febbraio con intervalli di nove ore nella provincia di Kahramanmaras, nel sud-est della Turchia. Tremori, seguiti da centinaia di scosse di assestamento, sono stati avvertiti nei paesi vicini, di cui la Siria è stata la più colpita. Dallo scorso 6 Febbraio le operazioni di scavi sotto le macerie non sono mai cessate.

Si teme che il bilancio finale complessivo possa essere molto più pesante, tra Turchia e Siria. In Siria, paese che sta subendo le pesanti sanzioni unilaterali Usa ed europee, non arrivano notizie sul bilancio dei morti, né aiuti umanitari, eccetto da alcuni paesi “amici” come la Russia. Ma anche nel nord siriano le vittime ammonterebbero a migliaia.

Spari nel reggino contro negozio di serramenti, indagini della Polizia

Alcuni colpi d’arma da fuoco sono stati sparati stamani, a Siderno, nel reggino, contro le vetrate di un esercizio commerciale di serramenti. Chi ha sparato, secondo quanto emerso dalle prime indagini, avrebbe portato a compimento il danneggiamento esplodendo i colpi da un’auto in movimento.

Dopo che è scattato l’allarme, sul luogo sono giunti gli investigatori della Polizia di Stato del commissariato di Siderno che hanno avviato le indagini. L’esercizio commerciale preso di mira dagli sconosciuti si trova lungo la via Circonvallazione nord, arteria, che attraversa a monte la cittadina della Locride.

Violenza sessuale su bambina di 9 anni, arrestato un extracomunitario

La Squadra Mobile ha arrestato un extracomunitario di 38 anni, originario del Camerun, ospite presso il ‘Cara’ di Isola di Capo Rizzuto in quanto richiedente protezione internazionale, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Crotone. L’uomo è accusato di violenza sessuale aggravata, secondo le indagini, consumata ai danni di una connazionale, una minore di anni 9, anche lei ospite del Centro insieme alla propria famiglia.

Le indagini sono state avviate a seguito della denuncia della madre della vittima, alla quale la bambina aveva riferito che un loro connazionale aveva abusato di lei, approfittando di un
momento in cui l’uomo era rimasto soltanto in compagnia della minorenne nel suo alloggio.

Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di riscontrare il racconto della bambina, per cui la Procura della Repubblica di Crotone, dopo aver valutato l’esito delle attività d’indagine, ha richiesto al Giudice l’emissione della misura cautelare, che è stata eseguita.

Il trentottenne è stato associato dalla Polizia presso la locale casa circondariale, a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Pestaggio Ferrerio, la madre di Davide dopo condanna autore: “Fatta un po’ di giustizia”

Giusy Orlando col figlio Davide Ferrerio

“Lo Stato ha risposto, non ci ha lasciato da soli”. Così la madre di Davide Ferrerio, Giusy Orlando, dopo la sentenza del gup di Crotone che ha condannato a 20 anni e 4 mesi Nicolò Passalacqua per il tentato omicidio del figlio.

“Un po’ di giustizia è stata fatta – ha aggiunto -. Il dolore è talmente lancinante, disumano, assurdo che non riesco a pensare ad altro perché non c’è niente”.

“C’è semplicemente un ragazzo, un principe perché era il nostro principino, a cui è stata tolta la vita inutilmente. Adesso – ha concluso – ci sarà il processo alla mandante ed al suo compagno. Spero che anche loro vengano condannati a una pena esemplare”.

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