Investigatori della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia di Stato – con il supporto degli equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine “Calabria” e delle Squadre Mobili delle Questure di Catania, Vibo Valentia e Cosenza, al termine di articolate indagini coordinate dalla Dda della Procura della Repubblica di Reggio Calabria – hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare, entrambe emesse il 24 aprile scorso dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 20 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, favoreggiamento personale nei confronti del boss latitante Marcello Pesce alias “Il ballerino” – arrestato dalla Polizia di Stato l’1 dicembre 2016 e condannato recentemente per fatti di mafia alla pena definitiva di 16 anni e 2 mesi di reclusione – nonché di traffico e cessione di sostanze stupefecenti, aggravati dalla circostanza di aver agevolato la cosca Pesce di Rosarno.
I due provvedimenti del gip di Reggio rinnovano le misure cautelari già emesse dal giudice per le indagini preliminari competente per territorio sulla convalida del Fermo di indiziato di delitto eseguito il 4 aprile scorso, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, a carico di 12 soggetti nell’ambito dell’Operazione “Recherche 1”, e contestualmente dispongono, su nuova domanda cautelare avanzata dalla Dda, altre misure restrittive nei confronti di 8 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei delitti di associazione mafiosa (cosca Pesce), traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale ed intestazione fittizia di beni aggravati per aver agevolato la cosca Pesce.
Delle 20 misure cautelari, 12 sono state emesse nei confronti dei seguenti soggetti, già fermati (ad eccezione di Antonino Pesce, classe 1992, che si era reso irreperibile) nell’ambito dell’Operazione “Recherche 1”:
Rocco Pesce, nato a Polistena, il 17 marzo 1988;
Filippo Scordino, nato a Rosarno, il 23 agosto 1975;
Giosafatte Giuseppe Elia, nato a Rosarno, il 19 maggio 1974;
Antonio Cimato, nato a Cinquefrondi, il 26 luglio 1984;
Consolato Salvatore Coppola, nato a Paternò (CT) il 19 maggio 1968;
Carmelo Garruzzo, nato a Rosarno, il 1 gennaio 1971;
Antonino Pesce, nato a Cinquefrondi, il 14 aprile 1992;
Savino Pesce, nato a Cinquefrondi, il 27 luglio 1989;
Michelangelo Raso, nato a Gioia Tauro, il 19 dicembre 1981;
Bruno Stilo, nato a Melito di Porto Salvo, il 21 aprile 1966;
Michelino Mangiaruga, nato a Taurianova, il 26 aprile 1979.
Quelli sopra tutti in carcere. Rosario Armeli, nato a Cinquefrondi il 12 maggio 1983, – arresti domiciliari,
Altre 8 misure cautelari sono state emesse, come detto, sulla base di una nuova richiesta avanzata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti dei seguenti soggetti:
Marcello Pesce, nato a Rosarno, il 12 marzo 1964;
Pasquale Francavilla, nato a Cosenza il 7 Giugno 1975;
Rocco Rachele, nato a Rosarno il 17 marzo 1968;
Alfio Ciatto, nato a Paternò (CT) il 29 aprile 1968;
Gregorio Niglia “u Lollo”, nato a Tropea (VV) l’8 aprile 1983;
Roccaldo Messina, nato a Rosarno il 9 novembre 1969;
Andrea Villari, nato a Cinquefrondi il 16 novembre 1992;
Vincenzo Cannatà , nato a Gioia Tauro il 22 ottobre 1984.
Nei confronti di Marcello Pesce, Pasquale Francavilla e Rocco Rachele è stata disposta l’applicazione della custodia cautelare in carcere, mentre per Alfio Ciatto, Gregorio Niglia, Andrea Villari e Vincenzo Cannatà quella degli arresti domiciliari.
Inoltre, a Roccaldo Messina è stata applicata la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in tutti i giorni della settimana, per il delitto di favoreggiamento personale, per aver fornito a Marcello Pesce la temporanea ospitalità presso un’abitazione nella sua disponibilità, dopo una delicata fase di spostamento del boss, in quel momento ricercato, che era avvenuta il 9 settembre 2016, con grande dispiegamento di uomini e mezzi, dal covo di via Mazzini a quello di via Conca d’Oro di Rosarno, così come documentato dalle telecamere di videosorveglianza degli investigatori della Polizia di Stato.
L’INCHIESTA – A Marcello Pesce viene attribuito il ruolo di reggente dell’omonima potente cosca della ‘ndrangheta operante a Rosarno e altrove, con funzioni di capo, promotore ed organizzatore forte del status di latitante, con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere, degli obiettivi da perseguire, delle attività economiche da avviare attraverso cui riciclare il denaro e le altre utilità provento delle azioni delittuose.
Le indagini, con le quali veniva individuato il protocollo di protezione posto attorno al carismatico boss ricercato, hanno permesso di dimostrare altresì che egli, nel periodo di latitanza, impartiva ordini e direttive alla cosca, facendo leva sull’efficiente filiera comunicativa facente capo alla cerchia di fedelissimi ed aventi come destinatari finali il figlio Rocco Pesce e Filippo Scordino, uomo di punta della cosca, affiancato al figlio nella gestione degli affari di famiglia e suo luogotenente.
Lo stesso, in quanto terminale ultimo della cosca Pesce, curava l’approvvigionamento delle risorse finanziarie, amministrandole e distribuendole ai membri della cosca detenuti ed ai loro familiari; gestiva, in regime di sostanziale monopolio, l’attività di trasporto merci su gomma per conto terzi; curava i rapporti con le altre cosche, intervenendo, a più riprese, per risolvere svariate controversie sorte all’interno della propria compagine criminale o con altre consorterie.
Marcello Pesce è stato raggiunto da misura cautelare anche per i delitti di intestazione fittizia – aggravati dalla circostanza di aver agevolato la cosca Pesce – delle ditte Getral, Le Tre Stagioni, Azienda Agricola Rocco Pesce, sottoposte a sequestro preventivo nell’ambito dell’operazione del 4 aprile scorso.
Nel corpo dei provvedimenti di custodia cautelare, vengono in rilievo anche le condotte relative al traffico di sostanze stupefacenti poste in essere da esponenti della cosca Pesce con altri soggetti.
Fra questi figura il cosentino Pasquale Francavilla – componente del gruppo dei fornitori dello stupefacente in contatto con Giosafatte Giuseppe Elia (affiliato ai Pesce) – il quale procurava stabilmente la sostanza stupefacente ad un gruppo di catanesi condotti a Cosenza dallo stesso Elia e da suoi uomini; in particolare, al Francavilla vengono contestate, oltre che la partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di droga, aggravata dalla circostanza di aver agevolato la cosca Pesce, anche due cessioni di sostanza stupefacente: la prima di 38 Kg di marijuana, al prezzo di 1800 euro al kg, in favore dei catanesi Consolato Coppola e Orazio Giordano, con la mediazione di Giosafatte Giuseppe Elia; la seconda, pari a 67 kg, di marijuana sempre a beneficio di Consolato Coppola e Alfio Ciatto, con la mediazione di Elia e Antonio Cimato.
Per tale ultimo fatto (detenzione per fini di spaccio di 67 kg di marijuana), è stata emessa ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti del menzionato Alfio Ciatto.
Sempre per vicende relative al narcotraffico è stato raggiunto da misura cautelare il vibonese Gregorio Niglia con precedenti di polizia per violazione delle legge sulle armi e gioco d’azzardo, perché, in concorso con Rocco Pesce, deteneva, ai fini della cessione a terzi, sostanza stupefacente del tipo marijuana, superiore a quattro chilogrammi.
Durante le indagini, Rocco Pesce e Gregorio Niglia sono stati ripresi dalle telecamere installate in uno dei luoghi di interesse strategico della cosca PESCE, ovvero l’azienda agrumicola le Tre Stagioni (sottoposta a sequestro preventivo nell’ambito dell’operazione “Recherche 1”), mentre, in uno spiazzo dell’azienda, occultavano, in un’autovettura abbandonata, un quantitativo di 4 kg di marijuana che successivamente venivano sequestrati dagli investigatori della Polizia di Stato.
A Rocco Rachele – già condannato per associazione mafiosa nel processo PORTO FRANCO – viene contestata l’intestazione fittizia di beni, aggravata dalla circostanza di aver agevolato la cosca Pesce. Invero, il Rachele gestiva, nell’interesse della cosca, assieme a Filippo Scordino e Rocco Pesce, la società Getral Società Cooperativa (riconducibile all’ex latitante Marcello Pesce), organizzando il trasporto di merci per conto terzi, ricevendo somme di denaro, dirimendo contrasti sorti fra alcune aziende del settore e la Getral formalmente intestata ai prestanomi Andrea Villari e Vincenzo Cannatà, anch’essi colpiti dalla misura cautelare degli arresti domiciliari eseguita questa mattina.