16 Settembre 2024

Omicidio Sharon Verzeni, confessa l’uomo in bici. “Ho avuto un raptus”

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Svolta nelle indagini per l’omicidio di Sharon Verzeni, la ragazza uccisa a coltellate a fine luglio nel bergamasco. I carabinieri hanno rintracciato un uomo di 31 anni, Moussa Sangare, lo stesso che camminava in bici in quei frangenti ma che i sistemi di videosorveglianza hanno mostrato a tratti. L’uomo, un africano con nazionalità italiana, è stato messo sotto torchio dagli inquirenti, e ha confessato l’orrendo crimine. “Si, sono io quello che cercate. Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”, ha riferito da Moussa Sangare, il 31enne fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni.

“Stanotte al termine di serratissime indagini siamo pervenuti a identificare il signore in bicicletta che ha reso prima spontanee dichiarazioni poi, in sede di interrogatorio, ha reso una piena confessione” ha spiegato Maria Cristina Rota, procuratrice aggiunta a Bergamo, nel corso della conferenza stampa.

Ci sono “gravi indizi di colpevolezza” nei confronti del fermato. I carabinieri in una nota spiegano che il pm ha deciso il fermo per il rischio di reiterazione del reato e di occultamento delle prove oltre che per il pericolo di fuga. L’uomo, infatti, come affermato da Rota: “È uscito di casa con 4 coltelli e quindi gli è stata contestata la premeditazione: l’obiettivo era evidente, voleva colpire qualcuno”.

“Non c’è nessun movente religioso, né terroristico, non appartiene ad alcun movimento religioso, poteva essere la signora Verzeni o uno di noi che passavamo di lì”, ha aggiunto. “Non c’è stato alcun movente, non si conoscevano e non hanno mai avuto contatti”. La procuratrice ha spiegato che il presunto killer è “un uomo trentenne, cittadino italiano originario di un altro paese” a cui gli investigatori sono arrivati “grazie all’aiuto di due persone che erano presenti e hanno raccontato quanto avevano visto”.

Moussa Sangare, quella notte tra il 29 e il 30 luglio scorso, aveva già “incrociato” in bici Sharon Verzeni, che camminava, e ha deciso “di fare inversione di rotta”, girando attorno alla piazza di Terno d’Isola, “di seguire la vittima” e di colpirla in via Castegnate, perché il suo “obiettivo dichiarato era di andare a colpire qualcuno, sentiva l’impulso di andare ad accoltellare qualcuno”. E’ la ricostruzione dell’omicidio, come riferito anche nel corso della conferenza stampa dalla procuratrice facente funzione di Bergamo Maria Cristina Rota e dai carabinieri.

Stando alle indagini e all’interrogatorio del 31enne – rintracciato ieri mattina dagli investigatori e che all’inizio ha tentato di negare, fino alla confessione e al fermo delle 4,30 del mattino di oggi – Sharon sarebbe stata aggredita alle spalle dall’uomo, che “da tergo”, ha spiegato Rota, l’ha prima colpita “al torace” e poi le ha sferrato altre tre coltellate alla schiena. L’uomo, dopo la confessione, ha indicato ai carabinieri dove ritrovare i “quattro coltelli” che aveva con sé quella notte: quello che sarebbe stato utilizzato per uccidere era “seppellito” vicino all’argine del fiume Adda, nella zona di Medolago. Mentre le scarpe e gli abiti che Sangare indossava sono stati ritrovati stamani dai sommozzatori nel fiume nella stessa zona. Erano dentro ad un sacchetto, assieme agli altri tre coltelli, “che facevano parte di un ceppo di sei coltelli” presente nella casa di Suisio dove abitava. “Una casa da lui occupata”, ha chiarito la procuratrice.

Rota ha precisato, inoltre, che le indagini andranno avanti anche per trovare riscontri e “sostenere” che il 31enne nella sua azione ha dimostrato “una certa lucidità”. Dopo l’omicidio, tra l’altro, è fuggito “pedalando molto forte” verso Chignolo d’Isola. Là gli investigatori hanno trovato in una delle telecamere di sorveglianza l’immagine di lui più nitida per arrivare all’identificazione.

“All’identificazione del fermato hanno collaborato due cittadini stranieri che si trovavano su luogo” spiega la procuratrice aggiunta a Bergamo Maria Cristina Rota aggiungendo che il presunto omicida di Sharon Verzeni aveva “delle denunce per maltrattamenti ai danni della madre e della sorella ed era andato a vivere da solo”.

Le due persone che hanno collaborato alle indagini sono “cittadini stranieri di origine marocchine inseriti nel territorio, incensurati, due lavoratori, due onesti cittadini che si trovavano sul luogo del delitto e che in realtà inizialmente si sono presentati per segnalare un’altra presenza strana – ha proseguito – ma la prima segnalata non era strana e poi è stata segnalata la presenza del ciclista su cui si è lavorato”.

“Approfitto per lanciare un invito a due ragazzini di 15-16 anni nei cui confronti il presunto autore del fatto di sangue, come da lui dichiarato, prima di scegliere e individuare a caso come vittima la signora Verzeni avrebbe puntato il coltello minacciandoli. Erano presenti sulla scena del crimine e a oggi non si sono ancora presentati. Li invito a presentarsi in una caserma affinché forniscano un riscontro a quanto acquisito” ha aggiunto la procuratrice. “Ha desistito con i due ragazzini per poi incontrare Sharon Verzeni che si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato”.

“Sarebbe anche un dovere” per i due ragazzi minacciati presentarsi alle forze dell’ordine, ha aggiunto la procuratrice Rota. “Se vengo minacciato per strada, posso anche ritenere di non andare a denunciare – ha spiegato – ma dopo un omicidio di questo genere riteniamo sia un dovere se erano in quell’arco temporale e nello spazio dello stesso paese”, “visto che potevano dare informazioni utili per ricostruire l’identikit” dell’omicida.

“Né durante le dichiarazioni spontanee né durante l’interrogatorio Moussa Sangare ha mai dimostrato di essere sotto l’effetto di sostanze alcoliche o di droghe” ha detto Rota. L’uomo ha detto di essere “dispiaciuto per quello che ha fatto” e a un certo punto dell’interrogatorio, iniziato ieri e concluso con il fermo alle 4 di questa mattina, “si è liberato del peso del gesto che ha compiuto”, ha aggiunto.

“È molto verosimile che ci sia una problematica psichiatrica, anche se è un discorso prematuro e sarà un tema da approfondire con consulenze ed un’eventuale richiesta di perizia, ma è comunque un aspetto questo rilevantissimo”. Lo ha spiegato l’avvocato Giacomo Maj, legale di Moussa Sangare, fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni.

Il difensore ha chiarito che il 31enne, nel corso dell’interrogatorio di confessione, ha continuato a ribadire che è stato “un gesto che nemmeno lui si spiega, una cosa senza senso, senza spiegazioni né motivazioni”.

Il legale ha precisato che al momento non sa riferire se nel passato di Sangare ci siano stati o meno dei ricoveri o delle valutazioni psicologiche o psichiatriche.

“Non ne ho contezza, non posso dirlo, perché non ho ancora avuto accesso agli atti”. Non sa dire, allo stato degli atti, nemmeno se per quanto riguarda i presunti maltrattamenti ai danni di madre e sorella “ci fosse ancora solo la denuncia e in che fase fosse il procedimento”.

Il difensore ha anche spiegato che il 31enne, interrogato, non avrebbe fatto cenni all’assunzione di alcol o droghe. “Il suo gesto non dovrebbe essere dovuto a queste cose – ha aggiunto il legale – è stata una cosa senza senso, di cui anche lui non sa la motivazione”.

“A un mese dalla morte di nostra figlia, la notizia di oggi ci solleva perché spazza via anche tutte le speculazioni che sono state fatte sulla vita di Sharon e di Sergio. Ringraziamo i carabinieri e la Procura per la competenza e la tenacia che hanno dimostrato”, ha detto il padre di Sharon Verzeni, Bruno, leggendo un breve comunicato, assieme alla moglie e ai due figli.

“Grazie a coloro che hanno testimoniato e hanno permesso di arrivare ai risultati di oggi. Vogliamo che l’assurda e violenta morte di Sharon non sia vana e provochi in tutti maggiore sensibilità al tema della sicurezza del nostro vivere. Ci affidiamo a Dio per aiutare noi e Sergio a convivere con il nostro dolore e con il pensiero di quello che nostra figlia ha subito” ha continuato.

“Ringraziamo innanzitutto la Procura della Repubblica di Bergamo per la competenza e la tenacia che ha dimostrato – ha concluso – Inoltre un grazie ai nostri avvocati per i preziosi consigli e per la loro vicinanza”.


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