“Questa operazione dimostra la presenza delle cosche ma anche la presenza dello Stato e la capacità della Procura distrettuale di Catanzaro e della polizia a contrastare questo strapotere”. Così il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa sull’operazione “Olimpo” che ha disarticolato alcune cosche di ‘ndrangheta del Vibonese.
“L’indagine di oggi – ha spiegato Gratteri – è importantissima non solo per il numero degli arrestati ma soprattutto per il livello probatorio, un livello altissimo perché noi attraverso le intercettazioni di vario tipo siamo riusciti ad acquisire prove dirette, dalla voce degli attori protagonisti, di richieste in chiaro di estorsioni, e stiamo parlando di estorsioni di 20mila euro al mese”.
“Parliamo di una organizzazione mafiosa e di una ‘ndrangheta di serie A che controllava tutta l’attività turistica di Tropea e centri limitrofi e l’indotto di queste attività, con connessioni che portano fino alla Germania, attraverso anche la compiacenza di enti pubblici. Infatti – ha rilevato il procuratore di Catanzaro – qualcuno degli indagati che aveva delle connessioni con la pubblica amministrazione e con la Regione Calabria, anche se ora in pensione, che ha consentito e facilitato questo business per far ottenere contributi regionali che provenivano dalla Comunità europea. Quindi un’operazione molto seria”.
Gratteri si è soffermato anche sul tema delle poche denunce, osservando che “non è semplice denunciare, ancora dobbiamo fare passi avanti e passi importanti, ma io sono fiducioso”, ha rilevato il procuratore, che parlato di “una rivoluzione soprattutto nel distretto di Vibo come di Crotone ma anche a Cosenza e nella stessa Catanzaro, isola felice dove si diceva non accadeva nulla, abbiamo fatto cose importanti. Ce la stiamo mettendo tutta, e tutto questo miracolo è stato possibile perché siamo stati credibili, perché i vertici delle forze dell’ordine ci hanno dato credito e ci hanno mandato gli uomini migliori”, ha sottolineato.
L’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro, e che ha portato all’arresto di 56 persone, ha evidenziato, secondo gli inquirenti, la “piena operatività delle articolazioni di ‘ndrangheta egemoni sulla “Costa degli Dei” (da quì il nome in codice dell’operazione, Olimpo), in provincia di Vibo Valentia, e federate alla cosca Mancuso, delineando strategie, aderenze ed “entrature” a vari livelli per acquisire posizioni nel settore turistico.
In particolare emerge l’operatività della ‘ndrina La Rosa, attiva prevalentemente nell’hinterland di Tropea con un “pervasivo controllo del territorio” e una “consolidata prassi estorsiva” a danno di strutture ricettive e di cantieri di edilizia pubblica e privata, con la consegna di “pizzini” e di denaro contante.
Documentata anche la piena sinergia di azione con la cosca Mancuso e con esponenti di vertice della ‘ndrina Accorinti di Zungri nella fase di subentro di un tour operator estero nella gestione di un villaggio turistico di Pizzo.
Il tutto attraverso l’opera di infiltrazione negli asset imprenditoriali attraverso una clausola contrattuale ideata per dissimulare il versamento di tangenti e il progressivo subentro nella fornitura di beni e servizi.
In questo contesto è emerso il ruolo di una serie di intermediari preposti a garantire l’accreditamento dell’investimento estero e l’attuazione del progetto grazie ad una serie di aderenze con soggetti vicini al management del Dipartimento Turismo della Regione Calabria, allo scopo di favorire l’aggiudicazione di fondi pubblici.
Documentata, infine, anche l’esistenza di un sodalizio dedito al traffico internazionale di mezzi d’opera asportati in Italia e destinati all’estero (in particolare Malta e Romania).