“Mi candiderò a sindaco di Roma: un dovere e una grande avventura”. Così Carlo Calenda ospite di “Che tempo che fa” su Rai 3. “Non posso parlare per il Pd, partecipo a un tavolo. Auspico un appoggio largo”.
“Il Pd dovrebbe appoggiare la mia candidatura se pensano sia la persona adatta a governare Roma. Il Pd diceva mai con i Cinque Stelle e hanno cambiato idea, io sono ancora là. Ma con Raggi è peggiorato tutto”, aggiunge.
“Fare le primarie oggi sarebbe complicato – osserva Calenda -, farle più avanti significherebbe parlarci addosso per mesi. Io ho fatto anche lo scrutatore alle primarie del Pd, ma credo che dobbiamo cercare di allargare il campo il più possibile”.
“E poi c’è un piccolo dettaglio, c’è un’emergenza sanitaria”, evidenzia l’ex ministro: “Come pensiamo che la gente esca di casa. Dalle primarie uscirono sconfitti Sassoli e Gentiloni, che ora il Pd vorrebbe candidati”. Io di destra o sinistra? Sono un socialdemocratico liberale”.
“La politica – spiega – è diventato un grande scontro ideologico, una lotta tra tribù. Ma così cade tutto, cade l’attualità dell’azione amministrativa, della fiducia dello Stato. Poi arriva un’epidemia e ci si accorge dell’importanza dello Stato, che decide la vita delle persone. La politica è l’arte di governo, sennò è solo rumore di sotto fondo”.