Martedì 20 ottobre la Corte Costituzionale esamina una delle norme più discusse degli ultimi tempi: la legge Severino e in particolare la sospensione degli amministratori locali colpiti da condanne, anche in primo grado, per determinati reati: dalla corruzione all’associazione mafiosa, dal traffico di droga all’abuso d’ufficio.
Alla Consulta la legge approda veicolata dal caso de Magistris, il sindaco di Napoli che ha avuto una prima condanna per abuso d’ufficio in relazione all’inchiesta Why Not. Anche l’attuale governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ai tempi della guida del comune di Salerno era stato colpito dalla legge Severino a gennaio per una condanna per abuso d’ufficio in merito alla costruzione di un termovalorizzatore. Sospeso, il sindaco “sceriffo” fece ricorso al Tar e fu reintegrato nelle sue funzioni.
Il caso De Luca fece andare in fibrillazione il Pd in quanto l’ex sindaco si presentò candidato governatore della Campania e vinse, nonostante pendesse su di lui la scure della Severino. I suoi legali fecero però ricorso che venne accolto dalla prima sezione civile del tribunale di Napoli. Ottenne la sospensiva. Provvedimento confermato qualche settimana dopo da un altro collegio di giudici.
In Calabria, l’ex governatore Giuseppe Scopelliti, ad aprile 2014 venne sospeso dalla Severino per una condanna in primo grado per abuso d’ufficio in relazione al caso Fallara. L’allora presidente non fece ricorso al Tar, ma anzi si dimise contestualmente alla consegna del provvedimento del governo.
Le dimissioni di Scopelliti provocarono lo scioglimento anticipato del Consiglio regionale della Calabria, regione che andò ad elezioni anticipate nel novembre dello stesso anno dove uscì vittorioso Mario Oliverio, del Pd, colpito recentemente non dalla legge Severino ma da un’altra norma molto controversa: il decreto legislativo 39/2013.
L’attuale presidente della Regione è stato sospeso per tre mesi dal conferire incarichi dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), presieduta da Raffaele Cantone perché l’articolo 8 comma 1 della legge prevede che non poteva nominare un manager all’Asp di Reggio Calabria, Santo Gioffrè, reo di essersi candidato in un piccolo comune senza essere eletto. Oliverio non avrebbe “verificato” tale incompatibilità.
Il presidente, che avrebbe ritenuto la legge confusa e contraddittoria, ha fatto ricorso al Tar del Lazio che proprio nella giornata di oggi ha accolto le tesi del ricorrente e ha sospeso l’interdittiva di Cantone. Il presidente calabrese potrà fare nomine, fino al 4 novembre, quando il collegio entrerà nel merito della vicenda. Non è escluso che il Tribunale amministrativo rimandi tutto alla Consulta.
A fine settembre 2015 toccò la stessa sorte al governatore del Lazio Nicola Zingaretti, sospeso dal fare nomine per tre mesi dopo la nomina di Giovanni Agresti a commissario straordinario dell’Ipab Ss. Annunziata di Gaeta, firmata da Zingaretti “senza verificare eventuali incompatibilità”. Incompatibilità che nel caso, è stato detto da alcuni giuristi, “c’erano tutte” in quanto Agresti sarebbe anche amministratore di una società, la Gest-Var, che gestisce due cliniche private, quindi in “palese conflitto”.
Bisognerà tuttavia attendere l’esito del ricorso al Tar del Lazio di Oliverio, che entrerà nel merito il 4 novembre prossimo per sapere se i giudici rimandino la norma anticorruzione utilizzata da Cantone alla Corte costituzionale.