L’ex procuratore di Palermo, Reggio Calabria, Roma e attualmente giudice in Vaticano, Giuseppe Pignatone è indagato per favoreggiamento alla mafia dalla procura di Caltanissetta nell’ambito dell’indagine sul presunto insabbiamento dell’inchiesta mafia-appalti a cui lavorava nel 1992 il giudice Paolo Borsellino.
In particolare i magistrati coordinati dal procuratore nisseno Salvatore De Luca, hanno convocato, per oggi, Pignatone in Procura per sentirlo sul filone dei presunti rapporti fra i mafiosi palermitani e il gruppo Ferruzzi.
Nel 1992 Pignatone era sostituito procuratore a Palermo e per i magistrati nisseni avrebbe avuto un ruolo nell’insabbiamento in concorso con il collega Gioacchino Natoli, con l’allora procuratore capo Pietro Giammanco (morto 6 anni fa) e con l’ufficiale della Guardia di finanza Stefano Screpanti.
Questi ultimi sono già stati interrogati: Screpanti, oggi generale delle Fiamme gialle, ha respinto tutte le accuse, mentre Natoli, convocato nella procura nissena, il 5 luglio scorso, si era avvalso della facoltà di non rispondere, riservandosi di chiedere alla Procura un successivo interrogatorio in cui fornire “ogni utile chiarimento”. Si è presentato qualche ora dopo anche Pignatone che non avrebbe risposto ai pm, lasciando dire ai legali lui “è innocente”.
L’inchiesta riguardava i presunti rapporti fra i mafiosi palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura e il gruppo guidato da Raul Gardini, l’imprenditore morto “suicida” negli anni ’90. Un’indagine su mafia e appalti su cui si era concentrata l’attenzione di Paolo Borsellino prima che venisse ucciso in via d’Amelio nel 1992.
Giuseppe Pignatone, magistrato di altissimo profilo, per anni aggiunto a Palermo, poi procuratore a Reggio Calabria e a Roma, ora giudice del tribunale Vaticano è accusato di favoreggiamento aggravato dall’avere aiutato Cosa nostra.
Pignatone – ricostruisce l’Ansa – è stato sentito dagli ex colleghi nisseni che, nell’ambito dell’inchiesta sulle stragi del ’92, indagano sul presunto insabbiamento del cosiddetto dossier mafia-appalti, una indagine parzialmente archiviata negli anni ’90 che, secondo alcuni, potrebbe essere il reale contesto in cui è maturato l’attentato al giudice Paolo Borsellino. Il magistrato, sostengono in particolare i suoi familiari, auditi anche dalla commissione Antimafia, sarebbe stato eliminato proprio per impedirgli di indagare sulle infiltrazioni mafiose nei grandi appalti.
“Ho dichiarato la mia innocenza in ordine al reato di favoreggiamento aggravato ipotizzato. Mi riprometto di contribuire, nei limiti delle mie possibilità, allo sforzo investigativo della Procura di Caltanissetta”, ha detto all’agenzia l’ex capo dei pm romani che, secondo quanto si apprende, si sarebbe limitato a respingere le accuse, non entrando nel merito della questione.
Prima di lui, Natoli si era avvalso della facoltà di non rispondere ribadendo la sua piena fiducia nella giustizia. “Darò senz’altro il mio contributo nell’accertamento della verità”, aveva replicato l’ex pm. In sintesi – ma la questione è molto complessa – secondo gli inquirenti, Natoli e Pignatone, dietro la regia dell’ex procuratore Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, per aiutare imprenditori mafiosi come Francesco Bonura e Antonio Buscemi avrebbero cercato di insabbiare un filone dell’indagine mafia-appalti.
A Natoli, in particolare, i pm hanno contestato di aver finto di indagare su una tranche del dossier che riguardava infiltrazioni mafiose nelle cave di Massa Carrara, con la complicità dell’allora capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, pure lui indagato.
Natoli avrebbe disposto intercettazioni lampo e “solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione”, hanno scritto i pm, evitando così che fossero trascritte invece conversazioni “particolarmente rilevanti dalle quali sarebbe emerso, ad esempio, il legame tra l’ex politico Ernesto Di Fresco e Francesco Bonura”. Come se non bastasse, per Caltanissetta, “per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”.
Una ipotesi, quest’ultima, che striderebbe con la realtà perché le bobine non sono mai state distrutte e sono state trovate negli archivi della Procura di Palermo. Pignatone, già anni fa, venne indagato per una vicenda che ruotava attorno ad alcuni immobili che il padre aveva acquistato da Buscemi, ma l’indagine venne archiviata. Tutta la vicenda, infine, deve fare i conti con l’insormontabile ostacolo della prescrizione ormai maturata da tempo, visto che i fatti contestati risalgono a oltre 30 anni fa.