Illeciti nella depurazione, 10 misure cautelari. Coinvolto un sindaco

Carlomagno

impianto di depurazione

Dieci misure cautelari, tra interdittive e arresti domiciliari, sono state emesse dal Gip di Paola, Rosa Maria Misiti ed eseguite dai carabinieri in alcuni comuni dell’alto Tirreno cosentino, tra cui San Nicola Arcella, Buonvicino e Diamante.

Fra gli indagati, un sindaco, tre responsabili degli Uffici tecnici di comuni, vari imprenditori e un tecnico dell’Arpacal.

L’indagine riguarda una serie di illeciti riguardanti procedure ad evidenza pubblica nel settore della depurazione. In particolare, sono state ricostruite condotte collusive e fraudolente finalizzate ad avvantaggiare uno o più operatori economici con riguardo ad appalti.

E’ il sindaco di San Nicola Arcella, Barbara Mele, il primo cittadino coinvolto nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Paola sui presunti illeciti nel settore della depurazione. Nei suoi confronti il Gip, Rosa Maria Misiti, ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Nell’ambito dell’inchiesta, coordinata dal Procuratore della Repubblica Pierpaolo Bruni, sono state emesse quattro ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari e cinque interdittive. Coinvolti tre responsabili degli Uffici tecnici di comuni dell’Alto tirreno cosentino ed alcuni imprenditori.

Indagato anche un tecnico dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (Arpacal), Francesco Fullone, di 43 anni, sospeso dai pubblici uffici per un anno, il quale violando il segreto d’ufficio, “concordava direttamente con i gestori degli impianti di depurazione le modalità di esecuzione dei controlli, oltre che la scelta del serbatoio da verificare, determinando così un’alterazione della genuinità delle analisi effettuate”.

Nel registro degli indagati sono finite 17 persone, tra cui Vincenzo Cristoforo, assessore all’Urbanistica al Comune di Belvedere Marittimo, già indagato nell’inchiesta denominata “Appalti e massoneria”, al quale è stato imposto il divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale per un anno.

Gli investigatori riferiscono di una “gestione approssimativa e scellerata” della depurazione e attestazioni di circostanze non corrispondenti al vero rispetto all’affidamento di lavori pubblici. L’indagine, che si è avvalsa di intercettazioni, pedinamenti e acquisizione di documenti, è partita nel mese di ottobre del 2019 a seguito di una denuncia presentata nei riguardi di un imprenditore affidatario di un appalto.

Imprenditore, secondo quanto riferito dagli inquirenti, che poi si è scoperto detenere un vero e proprio monopolio grazie alla complicità dei tecnici comunali e al sistema degli “appalti spezzatino”.