Angelo Agrippa per il Corriere del Mezzogiorno
Sistemato Dudù, al quale la nuova fidanzata Dudina aveva trasmesso gli acari, tanto che il cagnolino più famoso d’Italia è stato costretto a indossare una t-shirt protettiva firmata Ralph Lauren, ecco che l’attenzione di Francesca Pascale si rivolge al futuro del partito, alla manifestazione di oggi pomeriggio a Napoli e a quello che vorrebbe diventasse il nuovo cavallo di battaglia di Forza Italia. «Ho letto che il sindaco di Napoli — esordisce — riprendendo l’iniziativa del primo cittadino di Roma, Marino, vorrebbe ratificare le nozze di coppie omosessuali contratte all’estero».
Sbaglia?
«Lui lo dice soltanto. Credo si tratti di un volgare calcolo elettorale. Specula sulle aspettative di tante coppie che si amano. Tutt’altra cosa è credere nella libertà a prescindere dagli orientamenti sessuali. Lo dico da cristiana, da cattolica, da donna che vive nella condizione di coppia di fatto: sì alle unioni civili, sì al rispetto per la libertà individuale».
Beh, lei si dichiara cattolica, ma la Chiesa non è d’accordo.
«Cristo ha detto: ama il prossimo tuo come te stesso. Non ha insegnato a fare differenza tra gay ed etero. Ecco, mi piacerebbe se il centrodestra aprisse i suoi orizzonti e affermasse: siamo liberali fino in fondo e non soltanto quando ci interessa o quando ci fa comodo. Va bene rispettare ciò che dice la Chiesa, ma la Chiesa deve rispettare anche la libertà di uno stato laico e non confessionale, altrimenti si sconfina nella discriminazione di chi non è cattolico».
Ha deciso di dichiarare guerra all’area cattolica?
«No, al bigottismo ipocrita. Forza Italia è formata da tante anime: anche quella liberale, rappresentata dallo stesso presidente Berlusconi. E per la paura di spaventare la Chiesa si fa finta di non vedere e non sentire. Si parla tanto di Europa per i problemi economici. È giusto e capisco, data la situazione di crisi. Ma sui diritti sociali, quando pensiamo di avvicinarci al resto delle nazioni europee? La libertà, per il nostro partito, è il valore principale. Ma questo principio deve essere rispettato fino in fondo».
A questo punto è facile insinuare: ecco, la Pascale vuole il riconoscimento della sua coppia di fatto.
«Io parlo della mia condizione, ma non soffro se lo Stato non vuole riconoscermela. Anche perché non ne sento il bisogno. Ho scelto io, liberamente, di convivere con un uomo divorziato e mi sta bene così. Certo, mi spiace quando, trovandomi in chiesa, il prete mi guarda dall’alto in basso e punta contro di me il suo indice accusatore per farmi capire che rappresento in quel caso il peccato. Non è quello che cerco dalla Chiesa, non intravedo, in questo atteggiamento, la Parola di Dio. Siccome non c’è soltanto la mia condizione, ma anche quella, per esempio, di tante coppie omosessuali che vogliono vivere in pace, è giusto che il centrodestra faccia la sua parte, difendendo la libertà. Da credente, ho rispetto per il matrimonio, soprattutto per quello cristiano: credo nella famiglia tradizionale, ma, da liberale, sono convinta che lo Stato debba rispettare le scelte e gli stili di vita di ciascuno. Questo significa che se due persone, per scelta o per necessità, non possono o non vogliono formare una famiglia, non per questo lo Stato può negare loro il diritto di vedersi riconosciuto il loro legame. Anzi, alla destra vorrei dire—e non appaia come una esortazione cinica — approfittiamone ora che c’è un Papa liberale, che ha mostrato significative aperture verso divorziati e omosessuali».
Non teme che questa sua riflessione susciterà polemiche?
«Sì, già mi aspetto le telefonate: la colpa sarà come al solito del ‘‘cerchio magico’’ che ancora non ho capito cosa sia».
Ogni tanto lei torna a Napoli. Ci sarà anche oggi per la manifestazione di Forza Italia alla Mostra d’Oltremare. Come la trova?
«Lo dico con dolore, perché Napoli non soltanto è la mia città, la città che amo, ma è uno dei luoghi più belli del mondo, grazie solo ai doni del buon Dio: il bilancio è profondamente negativo. Non lo penso solo io, lo pensano i tanti che hanno creduto in de Magistris, nelle sue promesse, e vedono sprofondare nel degrado una città che meriterebbe ben altro rispetto dalla classe dirigente che l’ha governata da decenni a questa parte. Da napoletana, mi dispiace moltissimo. Non uno dei problemi di Napoli, che sono tanti e antichi, è stato, non dico risolto, ma neppure affrontato. Basti pensare alla criminalità e alla micro criminalità sempre in aumento, alla raccolta differenziata che è ferma, o alla manutenzione stradale in stato di abbandono. Su Bagnoli e sulla bonifica, poi, c’è il fallimento dei fallimenti. Napoli e i napoletani sono abbandonati a loro stessi e all’arte dell’arrangiarsi. Quanto alla politica, vige l’anarchia per incapacità amministrativa. De Magistris è rifiutato da tutti, anche dai suoi vecchi amici, e ora s’offre a Renzi: è una mortificazione per la città, come se si trattasse solamente di un mercato di poltrone e quindi di potere. Nascere a Napoli dovrebbe essere un privilegio, oggi invece per un giovane rischia di esser e una condanna».
Su quale candidato punterebbe per sfidare de Magistris e la sinistra alle prossime elezioni amministrative?
«Non è questo il momento per fare dei nomi, ma ritengo che Forza Italia abbia le persone giuste per vincere la sfida. Da Martusciello a Lettieri a Mara Carfagna».
Carfagna non è scivolata nel cono d’ombra per aver stretto un patto con Fitto?
«Non penso che Mara sostenga Fitto. Penso che lei e Fitto sostengano Silvio Berlusconi».
La serie tv Gomorra, andata in onda su Sky, ha ottenuto un significativo successo di pubblico. Lei l’ha vista?
«Sì, l’ho vista con curiosità e con un occhio vicino alla mia città, dato che quella realtà l’abbiamo conosciuta tutti. La serie tv mi è piaciuta, ma lo dico con amarezza. Giacché so bene che Napoli non è soltanto quella lì che è stata raccontata. Anzi, quella realtà drammatica esiste perché le istituzioni non hanno mai provveduto a fornire opportunità di riscatto per tante gente».
E Caldoro sarà ricandidato alla presidenza della Regione?
«È una decisione che spetta al presidente Berlusconi e agli organi di Forza Italia, non a me. Per quanto riguarda la mia opinione personale, mi pare naturale ricandidare chi ha governato bene, con impegno, con onestà cristallina, ottenendo importanti risultati nelle condizioni più difficili, proprio come ha fatto il presidente Caldoro. Dopo i disastri del predecessore ha saputo rimediare senza demagogia e senza protagonismi alle situazioni di emergenza. La sua reputazione è brillante, è un eccellente amministratore, un instancabile lavoratore. Basti pensare al miracolo del pareggio di bilancio in sanità: per la prima volta nella storia, dopo che nel 2009 aveva un deficit di 850 milioni, la Regione oggi si trova a non avere più debiti». Torniamo a Forza Italia. Come sarà il nuovo partito: quello che nascerà, probabilmente, dal sacrificio di buona parte della vecchia classe dirigente, compresi i signori del consenso, e dall’ascesa dei cosiddetti volti nuovi? «Anzitutto, spero che il partito non dimentichi le proprie origini: di essere più vicino alla gente che alle poltrone. Mi auguro che non sia un partito litigioso, ma unito così come è stato fondato da Silvio Berlusconi: un partito che riconosca la leadership, senza se e senza ma, del nostro presidente. Non si può dire: Berlusconi non si tocca. E nello stesso tempo lavorare per togliergli tutto il potere decisionale».
Perché le primarie non possono essere lo strumento giusto per rinvigorire la democrazia interna a Forza Italia?
«Perché il nostro partito ha una identità diversa: non possiamo scimmiottare gli altri per sentirci democratici. La guida di Silvio Berlusconi ci ha portati a vincere per tanti anni. Ora dovremmo celebrare le primarie, ma per fare cosa: per nominare il responsabile del tesseramento? Viceversa, le primarie di coalizione possono essere uno strumento utile per scegliere i candidati comuni. Occorre ricostruire l’organizzazione dai territori, dopo i tradimenti di Fini e di Alfano. E poi tanti che oggi inneggiano alle primarie sono stati nominati ministri e parlamentari, ma loro le primarie non le hanno mai fatte».
Con chi ce l’ha?
«No, con nessuno. Ma un conto è aprire un dibattito vero, un altro è imporre con prepotenza la propria linea».
Come pensa di recuperare la fascia di dissenso rappresentata da Fitto e da Forza Campania?
«Con il buon senso. Il collante sarà, ancora una volta, Silvio Berlusconi. Forza Campania non so perché è nata: una volta leggo che è contro Caldoro, un’altra che è contro il ‘‘cerchio magico’’, un’altra ancora che è pro-Cosentino. Non so. Veda, noi siamo viziati dalla personalità di Berlusconi. Adattarsi a un nuovo leader, anche se ora non c’è ancora, sarà comunque difficile, poiché il confronto con il leader fondatore sarà sempre pesante. È come avere il numero 10 del Napoli dopo Maradona».
È riuscita a convincere Berlusconi a tifare Napoli?
«Silvio, quando non gioca il Milan, tifa per il Napoli. Io sono stata pesantemente criticata, una volta, per aver esultato ad un gol del Milan a San Siro. Voglio chiarire subito: esultavo per il gesto sportivo, ma non tradisco la mia squadra».
Quali ferite lasciano in Forza Italia le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto prima Cosentino, poi Scajola e ora Galan?
«Forza Italia non è il partito dei corrotti. È il movimento il cui capo e fondatore è un perseguitato dalla giustizia. E la nostra battaglia contro l’uso politico della giustizia continuerà. Quanto ai corrotti, anzi ai presunti corrotti, guai a chi crede di confondere la sua posizione con quella di Berlusconi. Siamo garantisti, ma non giustificazionisti. Per riconquistare la fiducia della gente la politica e i politici non possono permettersi nessuna ombra, nessuna zona grigia, servono comportamenti specchiati, non solo legalmente, ma anche moralmente e che siano di esempio. Non colpevolizzo nessuno, però Berlusconi non si è mai arricchito con la politica. Nessuno gli ha regalato mai nulla, anzi».
A Napoli corre voce che in tanti si recano da suo padre per chiedere aiuto, perché attraverso lei possano risolvere qualche problema occupazionale. È vero?
«Non solo è vero, ma sono tante anche le lettere con richieste di aiuto che mi giungono sia ad Arcore che a Palazzo Grazioli. È il segno della disperazione di tante persone. Mi rattrista tantissimo. Il 99 per cento sono richieste di lavoro. E questo la dice lunga sulla condizione dei miei concittadini».