A quindici giorni dalle elezioni regionali, in cui si va al voto per il rinnovo dei Consigli e la contestuale elezione diretta dei governatori, c’è fermento per capire, almeno nei sondaggi, come sarà l’esito della consultazione. L’election day, dove si voterà anche per 1089 comuni di cui 18 capoluoghi di provincia, sarà un test politico nazionale molto importante per la politica e soprattutto per il governo. Gli italiani chiamati alle urne saranno circa 23 milioni. Domenica scorsa si è votato in alcuni comuni di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige dove è stata registrata un’avanzata della Lega Nord, una buona tenuta del Pd e una marcata flessione di Forza Italia che non è riuscita ad andare oltre il 4%, il minimo storico per una forza che contava cinque anni fa, oltre il 20%.
Sondaggisti al lavoro per “fiutare” le intenzioni di voto alle prosssime elezioni regionali. Nando Pagnongelli, dell’istituto Ipsos Italia per il Corriere della Sera ha sondato gli umori di due regioni importanti: Liguria e Campania, dove nella prima emergerebbe un testa a testa fra Raffaella Paita (Pd-Centrosinistra) e Giovanni Toti (Forza Italia-Centrodestra). Nella seconda il candidato di Vincenzo De Luca (Pd-Centrosinistra) sarebbe avanti rispetto al governato uscente Stefano Caldoro (Forza Italia-Centrodestra).
Ma i sondaggi restano sempre sondaggi, possono essere confermati o, come è più volte accaduto, possono essere smentiti per il mutare degli umori dei cittadini elettori. Poi c’è l’incognita astensione. Quanto peserà? Se le percentuali dovessero avvicinarsi a quelle delle scorse europee il quadro potrebbe riservare molte sorprese.
Certo vi sono delle anomalie in Campania, dove Vincenzo De Luca, favorito in alcuni doxa rischia di essere eletto ma di non poter governare a causa della legge Severino. Il Pd di Renzi era incerto sul nome di De Luca, ma poi le primarie hanno sancito l’ex sindaco di Salerno candidato governatore, con tutto ciò che ne consegue in termini “giudiziari”. Tanti applausi, ma i timori tra i dem serpeggiano, eccome. Soprattutto dopo il varo delle liste dei cosiddetti impresentabili di cui lo stesso premier – segretario del Pd Renzi ha detto “che non voterei mai”. Anche De Luca ha invitato a non votarli, probabilmente consapevole che i voti di una sua eventuale vittoria arrivano da altri candidati, più presentabili e magari più puliti.
In Liguria lo spaccato è un po’ diverso. Ma non molto dissimile da altri contesti. Le divisioni nel Pd dopo l’abbandono di Sergio Cofferati si sentono. L’ex segretario Pd “ha convinto” a scendere in campo in funzione anti-Paita, Luca Pastorino, di stretta fede civatiana. Si vedrà come andrà a finire.
“I sondaggi – afferma Pagnongelli – indicano tendenze, non sono oracoli. La recente débâcle in Inghilterra, dove pure la storia dei sondaggi elettorali è molto più lunga e solida della nostra e dove il comportamento elettorale è almeno in parte meno complesso, devono suggerirci una decisa cautela. Oggi molti elementi rendono difficili le stime, in particolare per le Regionali alle porte. La partecipazione, che in questi casi è più contenuta. L’incertezza, che è diffusa e porta non pochi elettori a decidere il proprio voto a ridosso della domenica elettorale quando non nello stesso giorno. L’elevata mobilità elettorale che ha contraddistinto e continua a contraddistinguere i nostri connazionali a partire dalle Politiche 2013. Cercheremo allora di cogliere le tendenze principali che i numeri ci indicano”.
Secondo il sondaggista, la partita in Liguria sembra aperta. Nulla è appare scontato, come evidenziano le “forbici” dell’Ipsos. “La candidata del Pd, Raffaella Paita, è stimata tra il 28% e il 31% dei voti validi, insidiata da vicino da Giovanni Toti che oggi è stimato tra il 26% e il 29% e quindi può competere per la vittoria. Le difficoltà di Paita derivano innanzitutto dalla buona performance che fa registrare la candidatura di Luca Pastorino, sostenuto dalla sinistra, con un consenso potenziale tra il 10% e il 13%. I fenomeni che si individuano sono almeno due: da un lato una crescita dell’appeal elettorale del candidato di Forza Italia che sembra essere riuscito a compattare il proprio schieramento superando le iniziali resistenze di una parte degli elettori leghisti che non aveva apprezzato la rinuncia del proprio candidato a favore di un berlusconiano doc come Giovanni Toti. Dall’altro l’affanno della candidata Pd che sta faticando a tenere unito il proprio fronte e quindi a contenere le uscite verso sinistra”, dove si è creata una situazione simile al Veneto (a destra), con Flavio Tosi che fuoriuscito dal Carroggio insidia più il leghista Luca Zaiache che la Pd Alessandra Moretti.
“I risultati di Enrico Musso, poi, accreditato dal 4% al 7%, sottraggono consensi a Toti, specularmente a quanto avviene per Pastorino con Paita. Accenniamo infine al voto di lista. Con tutte le cautele, – scrive Pagnongelli – vediamo comunque che il voto di lista per i due candidati principali è un po’ superiore rispetto al voto per il candidato. Per Paita questo rappresenta un rischio: significa che una parte degli elettori del Pd si esprime contestualmente per Pastorino e potrebbe erodere ulteriormente i suoi consensi, con il voto disgiunto. Per Toti questo rappresenta invece un segnale di ricompattamento del fronte. Nel centrodestra il sorpasso della Lega sembra nei fatti, ma non è una vera e propria “asfaltatura” di Forza Italia che potrebbe mantenere i consensi, certo già bassi, delle Europee”.
Nota l’Ipsos, che la anche in Campania la partita è aperta, ma Vincenzo De Luca “si posiziona in testa, pur se con un margine che non dà ancora sicurezza del risultato. Sembra quindi che le pur pesanti critiche che hanno investito il candidato del Pd, per la tagliola della legge Severino e per la composizione delle liste (che ha portato Saviano a dire che “Gomorra è nelle liste di De Luca”), non abbiano avuto un forte impatto tra gli elettori.
Anche se un certo disagio sembra esprimersi a favore del candidato del M5S Valeria Ciarambino, che ottiene un discreto risultato e almeno in parte recupera voti anche da ex elettori pd che non ritengono di votare per De Luca. Il governatore uscente (Caldoro) si colloca a ridosso del candidato Pd, ma il suo risultato non è tranquillizzante. Da un lato perché la valutazione del suo quinquennio di governo non è confortante (oltre il 60% dà un giudizio negativo del presidente della Regione, percentuale che supera il 70% quando si tratta di valutare l’amministrazione).
Dall’altro la presenza di esponenti dell’area di centrodestra nelle liste di De Luca ha probabilmente contribuito a spostare voti da quell’area. In Campania è assai elevato il fenomeno del voto di preferenza: nel 2010, secondo uno studio di Roberto D’Alimonte per il Cise, il tasso di preferenze in Campania fu del 90,6% contro il 26,6% della Lombardia. Questo significa che conteranno molto le ultime settimane di campagna elettorale che vedranno muoversi massicciamente i candidati, ciò che potrebbe modificare anche in maniera sostanziale gli orientamenti di voto. Nel caso della Campania poi l’area «grigia» (elettori indecisi o astensionisti) è estremamente elevata”.
Per quel che riguarda le liste il Pd, dice Pagnongelli al Corriere, ha un risultato inferiore alle Europee ma superiore a Politiche e Regionali, mentre un buon consenso ottengono le liste collegate a De Luca e in particolare quelle che usano il suo nome. In netta difficoltà invece Forza Italia, che fa registrare un calo di circa 10 punti rispetto al voto europeo che era già il punto più basso recentemente raggiunto. Anche se le liste collegate a Stefano Caldoro ottengono risultati intorno al 10%, non riescono a colmare il gap rispetto alle liste che sostengono l’avversario. Il M5S infine, pur in contrazione, sembra ottenere risultati tutto sommato non disprezzabili. Una situazione quindi decisamente fluida in queste due regioni, che possono veder anche cambiamenti importanti negli ultimi giorni di campagna elettorale”. Previsoni che restano tali, al netto appunto della forte astensione che sembra ormai un dato acclarato.