Il quadro che emerge dalle elezioni di domenica 4 marzo fornisce due elementi dirompenti: il Movimento 5 stelle è il primo partito con oltre il 32 percento, mentre nella coalizione di centrodestra la Lega di Matteo Salvini, al 18%, opera uno storico sorpasso su Forza Italia, ferma al 14. Mancano però i numeri per una maggioranza di governo; nessuna forza o coalizione ha infatti superato il 40% e questo rende tutto più complicato per effetto della legge elettorale.
Il capo politico del M5s Luigi Di Maio esulta: “E’ un’emozione indescrivibile”, mentre il leader leghista annuncia che resterà alla “guida” del centrodestra. Con Fi e Pd fortemente ridimensionati, sembra tramontare anche l’ipotesi di “inciucio” tra Renzi e Berlusconi, per un governo di larghe intese. La coalizione di centrodestra si afferma con oltre il 37 percento e pare non vi siano dubbi sul fatto che Salvini, ormai promosso leader al posto del Cav., voglia puntare a palazzo Chigi.
I pentastellati, forti del 32 e passa percento, rivendicano anche loro il diritto a governare il paese: “Da oggi nasce la terza Repubblica”, scandisce il leader Di Maio aggiungendo che il movimento è pronto per il governo, ma la legge elettorale premia chi in coalizione riesce a racimolare più seggi. Occorrerà quindi attendere i risultati definitivi, con gli scranni complessivi assegnati per tracciare un quadro più nitido.
Nessuno, si diceva, ha superato la soglia prevista dal Rosatellum, quindi teoricamente non c’è una maggioranza per governare, a meno di alleanze tra gruppi parlamentari non coalizzate tra loro.
Si possono fare solo ipotesi. La più probabile è che il capo dello Stato Sergio Mattarella, sulla scorta del risultato, affidi l’incarico a Matteo Salvini, appoggiato da Berlusconi, Meloni e Fitto, più “extra” che vanno ancora ricercati tra i nuovi gruppi parlamentari per avere la fiducia in entrambe le Camere.
La meno probabile potrebbe essere un governo Lega-M5S, qualora Berlusconi non voglia riconoscere la leadership del centrodestra a Salvini e manifesti l’intenzione di una Grossa coalizione con il partito di Renzi, ipotesi – che piacerebbe all’Ue – ampiamente circolata alla vigilia delle elezioni ma al tempo stesso smentita dal leader di Forza Italia. Pentastellati e leghisti, fra l’altro, hanno molti punti programmatici in comune e insieme supererebbero la maggioranza assoluta del 50%.
Vedremo cosa succede, anche alla luce del risultato delle elezioni in regione Lombardia, dove il candidato presidente, il leghista Attilio Fontana, si avvia a diventare il successore di Maroni sostenuto da FI, FdI e altri. I futuri calcoli potrebbero essere determinati anche da questa importante tornata, seppure regionale che è da considerare “locale”.
La parola spetta comunque al capo dello Stato che ha il compito di esplorare maggioranze possibili. Non si può escludere che il Pd, o parte di esso, pesantemente sconfitto dagli elettori, sia chiamata al ruolo di “responsabilità” nel sostegno a un governo di transizione che porti il Parlamento a varare una nuova legge elettorale (capace di dare una maggioranza) e poi si torni al voto.