Catanzaro, ecco gli sciacalli: istruivano i bambini al crimine L’INCHIESTA

Carlomagno

operazione polizia JackalIstruivano i bambini a rubare e a dare loro input su come evitare le videocamere di sorveglianza degli esercizi commerciali. Era armata e pericolosa la banda sgominata stamane dalla Squadra mobile di Catanzaro, che ha eseguito sei misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti già noti alla giustizia, con l’accusa a vario titolo, di furto aggravato, porto e detenzione di armi, ricettazione, riciclaggio ed estorsione.

L’operazione in codice “The Jackal”, coordinata dalla procura catanzarese nelle persone del procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e dal Pm Vito Valerio, con la supervisione del procuratore capo Nicola Gratteri, ha svelato un sistema rodato che molto somiglia alla trama del film remake dello Sciacallo in cui chi commetteva i crimini era abile a non lasciare tracce.

Secondo l’accusa erano loro – Alessandro Bevilacqua, classe ‘85; Stefano Bevilacqua, classe ‘87; Elio Pirroncello, classe ‘92; Francesco Martino, classe ‘70; Antonio Passalacqua, classe ‘73; Annunziata Passalacqua, classe ‘66 – i componenti del “cast” cinecriminale che piegava il capoluogo alle loro spavalda volontà.

Complesse le indagini della Mobile catanzarese, che le ha avviate dopo un misterioso furto nel 2014 in casa di un signore che custodiva armi legalmente detenute in una cassaforte. Un furto scaltro, alla The Jackal, appunto, perché mentre il proprietario dell’abitazione era dal barbiere loro avrebbero scassinato la sua auto rubando un mazzo di chiavi, tra cui c’era quella della cassaforte. Un gioco da ragazzi poi “prelevare” pistole, fucili e munizioni.

Poi c’è il capitolo auto. La banda, secondo quanto emerso dalle indagini, era dedita al furto di veicoli e arrivava a chiedere anche 500 euro a chi voleva indietro la sua macchina. Lo chiamano il “cavallo di ritorno”, che in gergo giuridico si traduce ricettazione.

L’INCHIESTA – I reati predatori commessi dagli odierni indagati, – scivono gli inquirenti – sono stati realizzati valendosi di vari e diversi complici, impadronendosi di ogni tipo di merce con un valore commerciale che potesse garantire un immediato guadagno, spiccando tra i delitti i furti di armi (detenzione, trasporto e rivendita illegale o la detenzione con lo scopo di utilizzarle in altre attività delittuose) e di autovetture.

Gli uni e gli altri sono stati messi a frutto tramite la successiva messa in commercio con la conseguente compravendita illegale delle armi e con la realizzazione, per le auto, della pretesa estorsiva verso i derubati, del pagamento del prezzo del riscatto, pena la mancata restituzione del bene sottratto.

L’indagine prendeva le mosse da un evento delittuoso di indubbia gravità risalente al dicembre del 2014, allorquando un gruppo di malviventi si introduceva in un’abitazione sita in Catanzaro e vi sottraeva 6 fucili, 3 pistole e 10 cartucce, in perfetto stato d’uso, legittimamente detenuti e debitamente custoditi dal proprietario in una cassaforte. Nel corso delle indagini emergeva che i malviventi avevano commesso il delitto scassinando l’auto del derubato mentre questi si trovava dal barbiere ed appropriandosi così di un mazzo di chiavi, tra le quali quelle della abitazione della

vittima del furto e quelle dell’armadietto blindato dove lo stesso teneva le armi. L’attività di indagine veniva prontamente avviata, nel tentativo di risalire ai malviventi, escutendo persone informate sui fatti ed acquisendo i filmati registrati di alcune telecamere poste nei pressi del luogo in cui si era consumato il furto.

Le indagini consentivano agli investigatori di ricostruire l’accaduto, sfruttando in particolare le immagini registrate delle telecamere installate da alcune attività commerciali presenti lungo il percorso seguito dai malfattori che restituivano un quadro chiaro in ordine alle diverse fasi del furto delle armi e relativamente alle responsabilità degli odierni destinatari di misura cautelare.

Accertata la responsabilità in ordine al furto in questione gli investigatori della Squadra Mobile effettuavano ulteriori indagini, dalle quali si giungeva ad accertare che l’azione furtiva era stata messa a segno da un gruppo criminale avvezzo alla commissione di delitti predatori di ogni tipologia e munito illegalmente di armi da sparo.

L’abitudine degli indagati a circolare armati è poi stata dimostrata da ulteriori indagini che consentivano di registrare, attraverso intercettazioni di vario tipo, conversazioni dalle quali emerge chiaramente il possesso da parte di Alessandro Bevilacqua, di una pistola calibro 38 che l’uomo esibisce al fratello Stefano dicendogli: “guarda che bella la 38”.

In altra circostanza è stato chiaramente accertato che Alessandro Bevilacqua cedeva ad un terzo un’arma da sparo, del cui cattivo funzionamento, peraltro, l’acquirente si lamentava, sostenendo che si era inceppata ed ottenendo la disponibilità del Bevilacqua a sostituire il pezzo difettoso.

E’ emerso inoltre che gli indagati spesso costringevano i proprietari delle autovetture rubate a sborsare un “riscatto” per tornare in possesso del veicolo di cui erano stati spogliati, il c.d. “cavallo di ritorno”, e che gestivano un fiorente commercio di quanto rubato che via via provvedevano a “piazzare” presso incauti o poco scrupolosi acquirenti.

In effetti, in numerose conversazioni telefoniche intercettate si evince, dalla viva voce dell’indagato Elio Pirroncello , il suo coinvolgimento nelle operazioni di recupero di autovetture rubate dietro l’indebito pagamento di somme di denaro in media quantificabili in 500 Euro circa.

In buona sostanza, ci si è trovati di fronte alla elevazione del delitto predatorio da parte degli indagati a vero e proprio sistema di vita con la quotidiana intercettazione di una pluralità di conversazioni tutte attinenti la programmazione e la esecuzione di reati, o la messa a frutto dei proventi dei medesimi con l’aggravante del coinvolgimento in svariate occasioni delittuose di minorenni, divenuti abilissimi e scaltri complici dei loro più navigati correi, o addirittura di giovanissimi, come nel caso di due bambini esortati e istruiti a rubare, presso un esercizio commerciale, beni di scarsissimo valore commerciale, con una serie di raccomandazioni operative, quali quella di fare attenzione alle telecamere di videosorveglianza.