ROMA – La Commissione europea saluta con favore le Ong che hanno firmato il Codice di condotta italiano e sollecita “il più ampio numero” a sottoscriverlo, ricordando che Bruxelles ha sostenuto il Paese nella preparazione del codice. Chi non firmerà il documento non si vedrà riconoscere la garanzia di portare i migranti salvati nei porti italiani, se l’area in cui sono stati soccorsi non è quella di competenza italiana. Ma resta valida la legge internazionale che prevede che i migranti siano sbarcati in un porto sicuro, ma non necessariamente il più vicino.
“Non abbiamo accettato il codice perché non tutela il nostro lavoro e poi c’è già la legge internazionale che regolamenta il tutto. Noi continueremo comunque a lavorare nel Mediterraneo, ma al momento non ho capito cosa comporterà questa mancata firma”: così Gabriele Eminente, direttore generale di Medici senza Frontiere, alla trasmissione Agorà Estate su Rai3, sulla mancata firma al codice di condotta sui salvataggi in mare.
Due giorni fa la sigla del codice da parte delle Organizzazioni non governative con Medici senza frontiere che ha scelto di non ha firmare il codice nell’ultima riunione convocata dal Viminale.
MINNITI: CHI NON FIRMA E’ FUORI DA SALVATAGGI
“L’aver rifiutato l’accettazione e la firma del Codice di condotta pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse”, spiega il Viminale al termine della riunione con le ong sul Codice, firmato da Moas e Save the children, mentre Proactiva Open Arms, spiega, “ha fatto pervenire una comunicazione con la quale ha annunciato la volontà di sottoscrivere l’accordo”.
Sono 13 gli impegni chiesti dal Viminale alle Organizzazioni non governative col Codice di condotta sottoscritto oggi solo da alcune ong nell’ultima riunione al ministero. La mancata sottoscrizione del documento o l’inosservanza degli impegni previsti “può comportare – si legge nel documento – l’adozione di misure da parte delle autorità italiane nei confronti delle relative navi, nel rispetto della vigente legislazione internazionale e nazionale, nell’interesse pubblico di salvare vite umane, garantendo nel contempo un’accoglienza condivisa e sostenibile dei flussi migratori”.
Questi i 13 impegni per le Ong
1) Non entrare nelle acque libiche, “salvo in situazioni di grave ed imminente pericolo” e non ostacolare l’attività della Guardia costiera libica.
2) Non spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione.
3) Non fare comunicazioni per agevolare la partenza delle barche che trasportano migranti.
4) Attestare l’idoneità tecnica per le attività di soccorso. In particolare, viene chiesto alle Ong anche di avere a bordo “capacità di conservazione di eventuali cadaveri”.
5) Informare il proprio Stato di bandiera quando un soccorso avviene al di fuori di una zona di ricerca ufficialmente istituita.
6) Tenere aggiornato il competente Centro di coordinamento marittimo sull’andamento dei soccorsi.
7) Non trasferire le persone soccorse su altre navi, “eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo (Mrcc) e sotto il suo coordinamento anche sulla base delle informazioni fornite dal comandante della nave”.
8) Informare costantemente lo Stato di bandiera dell’attività intrapresa dalla nave.
9) Cooperare col competente Centro di coordinamento marittimo eseguendo le sue istruzioni.
10) Ricevere a bordo, su richiesta delle autorità nazionali competenti, “eventualmente e per il tempo strettamente necessario”, funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico di esseri umani.
11) Dichiarare le fonti di finanziamento alle autorità dello Stato in cui l’Ong è registrata.
12) Cooperazione leale con l’autorità di pubblica sicurezza del previsto luogo di sbarco dei migranti.
13) Recuperare, “una volta soccorsi i migranti e nei limiti del possibile”, le imbarcazioni improvvisate e i motori fuoribordo usati dai trafficanti di uomini.