Aveva messo le mani sul business dei rifiuti il potente clan De Stefano di Reggio Calabria. Così sono scattati 5 fermi eseguiti stamane dalla Squadra mobile reggina su richiesta della locale Dda a carico di altrettante persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa e varie estorsioni aggravate dalla circostanza di aver agevolato la ‘ndrina reggina.
In cella finiscono Orazio Maria Carmelo De Stefano, classe 1959; Paolo Rosario De Stefano, già Caponera, classe 1976; Paolo Caponera, nato il 1979; Giuseppe Praticò, del 1965 e Andrea Saraceno, classe 1951.
L’indagine, denominata Trash, ha permesso di svelare i poliedrici interessi economici e le modalità di infiltrazione nel lucroso settore imprenditoriale dello smaltimento dei rifiuti da parte della potente cosca di ‘ndrangheta dei De Stefano, egemone nella città di Reggio Calabria, sia in seno alla società a partecipazione pubblica Fata Morgana – creata dal Comune per la raccolta dei rifiuti nel comprensorio dell’Ato (Ambito territoriale ottimale) n. 5 e dichiarata fallita in data 10.07.2012 – sia nel settore delle società private dell’indotto ad essa collegato.
I cinque sono accusati di aver fatto parte di un’associazione mafiosa (cosca De Stefano) che poneva in essere articolate attività finalizzate a generare e garantire il sostanziale controllo – anche attraverso il mantenimento di stretti rapporti (dapprima accettati, poi imposti con modalità intimidatorie) con Salvatore Aiello della società a capitale misto Fata Morgana S.p.a. e con manager di quelle a capitale privato operanti nell’ambito economico, divenendo per tale via determinatori e garanti di più ampie dinamiche delittuose caratterizzate da molteplici attività consistenti nell’imporre il pagamento di ingenti somme di denaro a titolo di tangente, la scelta di fornitori compiacenti e l’assunzione di personale gradito.
Orazio Maria Carmelo De Stefano è accusato di essere dirigente della cosca De Stefano, vertice della linea gerarchica, interna alla stessa, a cui era stata delegata l’infiltrazione del settore della raccolta dei rifiuti e la stipula di patti spartitori con le altre cosche coinvolte nel medesimo settore; nonché di aver impartito le direttive strategiche, incaricando il nipote Paolo Rosario De Stefano del coordinamento e direzione dei soggetti deputati a dare esecuzione alle citate strategie e patti spartitori.
In posizione subordinata rispetto a Orazio De Stefano, si colloca il nipote Paolo Rosario De Stefano, già Caponera, coordinatore della cosca, con il compito di gestire i profili esecutivi dell’infiltrazione da parte dell’organizzazione nel settore della raccolta rifiuti, incontrando direttamente le parti offese, tra cui Salvatore Aiello, al quale formulava minacce e richieste estorsive, riscuotendo le somme oggetto di estorsione, dando disposizioni agli altri concorrenti nel reato e successivamente delegando in sua vece il cugino Paolo Caponera nelle attività connesse alla consumazione delle attività estorsive.
Video degli arresti
Paolo Caponera, Giuseppe Praticò e Andrea Saraceno, sono accusati di essere partecipi della articolazione territoriale dell’associazione mafiosa – ma Paolo Caponera anche quale coordinatore ed organizzatore delle attività operative dei secondi e degli altri sodali coinvolti, su mandato di Orazio De Stefano e Paolo Rosario De Stefano e nel tempo della loro detenzione – e di avere svolto nell’ambito della predetta cosca De Stefano compiti di esecuzione delle attività delittuose dirette ed organizzate da Orazio e Paolo Rosario De Stefano, tra le quali quelle di rilievo strategico, prima richiamate, consumate ai danni della società a capitale misto Fata Morgana S.p.a. e di quelle a capitale privato facenti parte dell’indotto.
Gli stessi ponevano in essere articolate condotte finalizzate a dare esecuzione al pianificato controllo delle predette realtà societarie operanti nell’ambito della raccolta differenziata dei rifiuti e nella realizzazione di attrezzature ad essa funzionali, consumando molteplici attività delittuose consistenti nell’imporre il pagamento di ingenti somme di denaro a titolo di tangente, la scelta di fornitori compiacenti e l’assunzione di personale gradito, tra cui lo stesso Paolo Caponera, Giuseppe Praticò ed altri sodali.
I soggetti fermati sono, altresì, accusati di estorsione aggravata e continuata in concorso, per avere, mediante violenza e minaccia, costretto Salvatore Aiello a consegnare, a partire dall’anno 2002, una somma pari a 1.000-2.000 euro circa per ciascuna commessa e, a partire dall’anno 2005, una somma pari ad € 15.000,00 mensili agli esponenti della cosca De Stefano referenti per la gestione della specifica attività estorsiva o comunque delegati alla materiale riscossione; a concludere contratti con fornitori di beni e servizi indicate dai correi; ad assumere almeno sei soggetti, tra i Giuseppe Praticò, fermato nella notte unitamente agli altri 4 indagati.
Su tale sfondo, le dichiarazioni rese da Salvatore Aiello (già direttore tecnico della Fata Morgana S.p.a., ma di fatto suo amministratore), confermate dalle risultanze di pregresse investigazioni svolte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria (tra cui le attività d’intercettazione nei confronti degli esponenti della cosca De Stefano), hanno consentito di individuare le dinamiche criminali dello spolpamento della Fata Morgana S.p.a. da parte della ‘ndrangheta, e più in generale delle infiltrazioni nel lucroso settore economico dei rifiuti che si regge su lauti finanziamenti pubblici, anche attraverso la creazione e gestione di società a partecipazione pubblica.
Le indagini hanno pertanto consentito di disvelare come il potente casato mafioso dei De Stefano di Archi di Reggio Calabria, nella sua articolazione capeggiata da Orazio Maria Carmelo, sia riuscito ad intercettare ingenti risorse pubbliche destinate al servizio della raccolta dei rifiuti.
Dalle investigazioni svolte dalla Polizia di Stato, con il coordinamento della Dda di Reggio Calabria, è anche emerso che qualsiasi difficoltà “ambientale” sorta nell’ambito del territorio in cui operava la società Fata Morgana (18 comuni della provincia reggina), veniva affrontata e risolta grazie all’autorevolezza della cosca De Stefano che poteva far leva sul proprio prestigio mafioso riconosciuto dalle altre famiglie di ‘ndrangheta.
Non meno invasivo è stato il comportamento dei De Stefano nel settore dell’indotto, costituito principalmente da ditte specializzate nella fabbricazione e manutenzione dei mezzi della raccolta dei rifiuti.
Le attività criminali poste in essere dalla cosca De Stefano hanno finito per determinare l’inesorabile declino finanziario e la capitolazione della società mista Fata Morgana Spa e delle aziende private dell’indotto.
Quanto al profilo delinquenziale dei soggetti sottoposti a fermo di indiziato di delitto, gli inquirenti spiegano che Orazio De Stefano, sarebbe occulto regista dell’intera operazione riguardante l’infiltrazione nel comparto rifiuti, è il fratello del capo storico detto don Paolo classe 1943, ucciso in agguato mafioso ad Archi di Reggio Calabria il 13.10.1985. È stato latitante dal 08.03.1988 al 22.02.2004, allorché venne individuato e catturato, al termine di incessanti indagini svolte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, in un appartamento della città.
Paolo Rosario De Stefano, già Caponera, nipote di Orazio De Stefano, è stato anch’egli latitante dal 18.11.2005 al 18.08.2009. Nell’anno 2002, acquisiva il cognome De Stefano, essendo stato riconosciuto come figlio legittimo del defunto boss Giorgio Carmelo De Stefano. Nel tempo, ha affermato la sua leadership criminale gestendo la latitanza dello zio Orazio De Stefano fino all’anno 2004, divenendone la sua “longa manus”.
Paolo Caponera, primo cugino di Paolo Rosario De Stefano, ha favorito la latitanza di quest’ultimo e di Orazio De Stefano.
Andrea Saraceno, storicamente organico alla cosca De Stefano, ha svolto l’incarico di responsabile dell’autoparco dei mezzi del Comune di Reggio Calabria ai tempi in cui ancora la raccolta dei rifiuti solidi urbani veniva effettuata ad opera dell’Ente Locale.
Giuseppe Praticò, zio di Paolo Caponera, è emerso durante le indagini per la cattura di Paolo Rosario De Stefano. Alcuni suoi cognati, ritenuti vicini alla famiglia De Stefano, vennero uccisi durante la seconda guerra di ‘ndrangheta. Sfruttando la posizione di dipendente delle società di raccolta dei rifiuti solidi urbani in città ed in provincia, ha svolto il ruolo di portavoce “privilegiato” degli interessi della cosca De Stefano.
L’odierna operazione di polizia – che fa luce un’ampia serie di condotte illecite poste in essere all’interno della più ampia dinamica criminale della cosca De Stefano – disarticola una delle linee gerarchiche di potere che compongono la struttura della suddetta consorteria della ‘ndrangheta reggina, ponendosi nell’alveo delle più recenti operazioni antimafia della Dda di Reggio Calabria, denominate Sistema Reggio, Mammasantissima e il Principe, come ulteriore momento dell’azione di contrasto alla cosca De Stefano.