Alla scuola “Diaz” di Genova le forze dell’ordine non diedero vita a “normali perquisizioni” ma a qualcosa che “deve essere qualificato come tortura”. Per questa ragione la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia sulla base del ricorso presentato a Strasburgo da Arnaldo Cestaro, una delle vittime della perquisizione alla scuola Diaz avvenuta il 21 luglio 2001, alla conclusione del G8 di Genova. Nella sentenza, l’Italia è stata condannata anche per la mancanza di legislazione corretta in materia.
Nel ricorso, l’uomo, che all’epoca dei fatti aveva 62 anni, afferma che quella notte fu brutalmente picchiato dalle forze dell’ordine tanto da dover essere operato, e da subire ancora oggi ripercussioni per alcune delle percosse subite.
Cestaro, rappresentato dall’avvocato Nicolò Paoletti, sostiene che le persone colpevoli di quanto ha subito sarebbero dovute essere punite adeguatamente ma che questo non è mai accaduto perché le leggi italiane non prevedono il reato di tortura o reati altrettanto gravi. Oggi i giudici della Corte europea dei diritti umani gli hanno dato pienamente ragione.
I FATTI – Nel luglio 2001 i più grandi paesi industrializzati tennero nel capoluogo ligure un vertice di due giorni, dal 20 al 22 luglio. A protestare contro i potenti del pianeta, migliaia tra no global, aderenti a movimenti pacifisti e antagonisti dei centri sociali che vennero allo scontro fisico con le forze dell’ordine schierato in modo militare a difesa della cosiddetta “zona rossa”. Negli scontri mori Carlo Giuliani, un giovane no global caduto sotto i colpi di un carabiniere.
La notte del 21 la polizia decise di fare una irruzione nella scuola Diaz, in via Cesare Battisti, dove alloggiavano parte dei manifestanti e giornalisti per cercare i responsabili degli scontri, dissero le forze dell’ordine. Lì c’erano il press center di Indymedia e gli studi di Radio Gap (l’emittente ufficiale del contro G8). L’azione della polizia fu violenta e sanguinosa. Lunghe scie di sangue rimasero su pavimenti e pareti, vetri rotti, computer divelti e indumenti strappati. Il bilancio fu di 82 persone ferite, alcune anche in modo grave che finirono in prognosi riservata.
Gli arresti furono 93. Per quell’azione la Cassazione ha condannato 17 funzionari di polizia per le accuse di falso aggravato e calunnia: i giudici hanno ritenuto che i verbali sull’irruzione vennero redatti in modo falso. Decaddero per prescrizione le condanne legate al reato di lesioni.