Operazione Maestrale-Carthago, fatta luce sull’omicidio di Maria Chindamo

Carlomagno

Svolta nelle indagini per l’omicidio di Maria Chindamo, l’imprenditrice uccisa a Limbadi il 6 maggio 2016 quando aveva 44 anni. Nell’ambito dell’operazione antimafia “Maestrale-Carthago” condotta stamane dai carabinieri di Vibo Valentia, sotto il coordinamento della Dda di Catanzaro, è stata fatta luce sull’efferato delitto della donna.

I militari hanno nuovamente arrestato Salvatore Ascone, 57 anni, già finito in manette nel 2019 con la stessa accusa di avere, in concorso con altri, agevolato l’omicidio. L’uomo poi venne scarcerato dal Riesame. Il suo nome, ritenuto dagli inquirenti vicino alla cosca Mancuso, era già venuto fuori dal racconto di alcuni pentiti, su tutti Antonio Cossidente ed Emanuele Mancuso.

Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia è emerso che Maria Chindamo venne uccisa per una vendetta tutta familiare. Ad Ascone la Dda contesta una serie di presunti reati tra i quali la partecipazione all’associazione mafiosa riconducibile alla cosca Mancuso, reati in materia di armi e stupefacenti, diverse estorsioni per l’accaparramento di fondi agricoli, nonché l’omicidio, – spiega la Dda – in concorso con altri due soggetti (di cui uno deceduto e uno all’epoca dei fatti minorenne) di Maria Chindamo, commesso a seguito del suicidio di Vincenzo Puntoriero – marito della donna -, avvenuto l’anno precedente, in data 8 maggio 2015, e per punire la donna per la recente relazione sentimentale istaurata con un altro uomo, venuta alla luce con la prima uscita pubblica della coppia appena due giorni prima dell’omicidio, oltre che per l’interesse all’accaparramento del terreno su cui sorge l’azienda agricola divenuta nel frattempo di proprietà esclusiva della Chindamo e dei figli minori.

Maria Chindamo uccisa e data in pasto ai maiali

In particolare, l’indagato già tratto in arresto nel mese di maggio per il reato di associazione di stampo mafioso, è stato colpito dall’ordinanza eseguita in data odierna per avere dato un contributo causale significativo alla consumazione del fatto omicidiario, attraverso la manomissione del sistema di videosorveglianza della propria abitazione di campagna limitrofa al luogo del delitto, di fatto agevolando gli autori materiali del sequestro e dell’omicidio della donna, nonché per avere distrutto il cadavere della donna, il cui corpo, sulla scorta della ricostruzione fornita dai collaboratori di giustizia, veniva dato in pasto ai maiali e i cui resti ossei venivano triturati con la fresa di un trattore.