Elezioni regionali Veneto. Il match Zaia-Tosi tra banche e poteri

Carlomagno

Flavio Tosi Luca Zaia eterni duellantiMarco Cremonesi per il Corriere della Sera

«Chiedo di votare all’unanimità per Luca». La storia può cominciare con queste parole. Le pronuncia Flavio Tosi, pochi giorni prima del Natale 2009. E con quelle rinuncia, di fronte al Consiglio «nazionale» leghista, alla candidatura a governatore del Veneto. Luca, ovviamente, è Zaia, che l’anno successivo diventerà presidente della Regione. Tosi sarà poi eletto segretario della Liga veneta.

Tra i due, quella data segna l’inizio di una lunga, cordiale inimicizia che riempirà le cronache non soltanto in Veneto. Per la Lega, sarà una spina costante, capace di dividere la Regione «vetrina» in tifoserie infiammate prima, epurate poi.

Passano gli anni, le cose non cambiano: anche oggi, l’eterna contesa con il sindaco-segretario è il principale inciampo sulla strada di Zaia verso la riconferma alle prossime Regionali.

I duellanti hanno più o meno la stessa età – classe 1968 Zaia, Tosi un anno di meno – ed entrambi, in quel dicembre 2009, hanno già dato prove brillanti. Nel 1998, a trent’anni, l’oggi governatore è stato il più giovane presidente di Provincia d’Italia: la marca trevigiana sui giornali viene ribattezzata Zaiastan e assurge a simbolo stesso della buona amministrazione leghista.

Nel 2008, Zaia diventa anche ministro, all’Agricoltura. Tosi è capace di stregare gli elettori: ogni volta che si presenta nella sua Verona fa il pieno di voti e nel 2007 è eletto sindaco. La passione dei concittadini non finisce con le elezioni: per anni è il sindaco più amato d’Italia. I due non potrebbero essere più diversi: cauto e amante del basso profilo il governatore, diretto e spregiudicato il sindaco.

Al punto da andare spesso, unico nella Lega di allora, diritto contro Bossi. Il quale gli darà anche, pubblicamente, dello «stronzo». L’accusa? Aver portato nella Lega «un sacco di fascisti». Normale che, nella lotta all’ultimo sangue tra i bossiani e Bobo Maroni, Tosi sia – come Salvini – un pupillo dell’oggi governatore lombardo.

Che nel 2012 a Verona verrà accolto da uno striscione memorabile: «Semo Tosi con i Maroni». Una squadra, insomma. Ma in quel 20 dicembre 2009, Tosi è costretto a lasciare spazio al concorrente proprio per la scelta di Bossi: entrato Papa nel conclave, il sindaco di Verona resta cardinale. Le tensioni con Zaia non tardano.

Spesso, quasi sempre, sono giocate più sulle dichiarazioni dei rispettivi ultras che non su quelle degli interessati. Però, sottotraccia il confronto è duro. Se il governatore dice una cosa, il sindaco fa il contrario.

Persino sui cervi: Zaia non vorrebbe «la mattanza» di quelli in soprannumero nel Cansiglio? Tosi scrive in Regione nella veste inattesa di presidente di Federcaccia. E le banche? Nel 2010, il fondo sovrano di Abu Dhabi, Aabar international, vuole acquisire quote di Unicredit, di cui è storica azionista Cariverona.

Tosi non gradisce e lo dice: «Gli altri governi, quando qualcuno cerca di mettere i piedi in casa, difendono il patrimonio della nazione». Zaia, olimpico, spiega che «la nostra preoccupazione non è di chi siano le azioni, ma che i territori siano protagonisti».

Nel 2012, Tosi viene eletto segretario della Liga. E il confronto si fa più serrato. Tra l’altro, Tosi espelle i dissidenti a decine alla volta. Non è per la guerra tra Bossi e Maroni. Nel 2013, alle amministrative come alle politiche è il disastro, per la Lega è l’ora più nera. Anche Treviso, la roccaforte, cade e passa al centrosinistra.

Alle elezioni, la Lega arriva male. Poco prima, per esempio, Tosi invia 13 lettere ad altrettanti militanti colpevoli di dichiarazioni alla stampa. La prima a chi è indirizzata? Nientemeno che al governatore del Veneto. Sulle liste elettorali, il sindaco impugna il limite dei due mandati a livello nazionale per falcidiare quasi tutti i parlamentari uscenti. E pazienza se oggi contesta lo stesso limite per le regionali.

Commenta a suo tempo Zaia: «Siamo a una guerra fra bande e allo scambio di prigionieri». Poi, dopo il responso delle urne, il misurato governatore sbotta: «Tosi ha fallito. Ha fatto di una ferita una cancrena». Quanto al movimento presentato dal sindaco veronese tre giorni prima delle elezioni, il governatore è sprezzante: si potrebbe riunire in una «cabina telefonica».

Ora, in vista delle Regionali, la tensione è tornata ai massimi. Tosi protesta anche per un accordo tradito con Maroni e Salvini: quest’ultimo avrebbe dovuto diventare segretario mentre lui avrebbe dovuto essere il candidato della Lega alle primarie del centrodestra: «Non parlerei di duello ma di patti disattesi e di parole e non mantenute». Il fatto è che l’esplosione politico mediatica di Salvini ha occupato la scena.

E Tosi continua a non smentire l’intenzione di presentare proprie liste. Anche l’altra notte, nonostante si trovi negli Usa, avrebbe avuto una telefonata di fuoco sull’argomento con il segretario leghista. Zaia, per ora, tira diritto e non si lascia scappare sillaba. Ma l’eterno duello, di certo, non è finito.