Diciotto imputati nel processo scaturito dall’operazione “Propaggine” contro la cosca Alvaro di Sinopoli e Cosoleto sono stati rinviati a giudizio e compariranno davanti al Tribunale di Palmi il 28 giugno.
Per chi ha scelto il rito ordinario si è conclusa così l’udienza davanti al gup Irene Giani che ha prosciolto, invece, cinque imputati.
Tra i rinviati a giudizio c’è Carmelo Alvaro, detto “Bin Laden”, il capo locale di Cosoleto, Francesco Alvaro detto “Ciccio Testazza” e suo padre Antonio Alvaro conosciuto con il soprannome di “Massaru ‘Ntoni” e ritenuto il consigliori del figlio. Ma anche Domenico Alvaro alias “Micu u merru” e Giuseppe Alvaro detto “Stelio”.
Il processo è nato da un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria da cui è emerso che la cosca, oltre ad essere operativa nel territorio di Sinopoli, dominava anche il centro di Cosoleto ove insiste un locale di ‘ndrangheta autonomo ma funzionalmente dipendente da quello di Sinopoli. Tra gli altri, sono stati mandati a processo anche il boss Antonio Carzo, detto “‘Ntoni Scarpacotta”, e l’ex sindaco di Cosoleto Antonino Gioffré, accusati di scambio politico elettorale. Dalle indagini è emerso un interesse della ‘ndrangheta per le elezioni a Cosoleto del 2018 quando, stando all’ordinanza di arresto eseguita nel 2022, “le elezioni amministrative sono state pesantemente condizionate dalla cosca Alvaro in accordo con il sindaco uscente Antonino Gioffré, poi nuovamente candidato ed eletto”.
Sono stati prosciolti invece Salvatore Alessi, accusato di favoreggiamento, e altri quattro imputati, Domenico Licastro, Giovanni Rechichi e i fratelli Francesco e Giuseppe Versace che erano accusati di associazione mafiosa. Difesi dagli avvocati Davide Vigna, Maria Teresa Caccamo, Antonino Lupini, Gaetano Muscari, Carmelo Pirrone e Angelo Fortunato Schiava, i cinque sono usciti dal processo per non aver commesso il fatto.
“Si tratta – scrive l’avvocato Vigna – di una delle prime applicazioni del nuovo parametro decisorio in udienza preliminare introdotto dalla articolata riforma Cartabia che vede il gup pronunciare sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”. (Ansa)