Bonaventura Ferri non è morto di Covid ma per infezioni contratte nell’ospedale di Cosenza

Secondo i periti il sindacalista dei Vigili del fuoco avrebbe contratto due infezioni all'interno del nosocomio bruzio dove il sindacalista era stato a lungo ricoverato prima del trasferimento a Catanzaro. A rendere noti i risultati della perizia medico legale è stato l'avvocato Massimiliano Coppa, legale dei familiari di Ferri. Il penalista annuncia una denuncia penale e l'avvio di una causa civile.

Carlomagno

Il Vigile del fuoco Bonaventura Ferri, deceduto nell’aprile del 2020, non è morto di Covid, ma per altre infezioni contratte durante il suo ricovero all’ospedale di Cosenza. E’ quanto è emerso dalle consulenze di parte svolte su incarico della famiglia. Ferri, sindacalista Uil, “aveva con criterio di elevata probabilità di sopravvivere alla polmonite da Covid sia per l’età (52 anni) che per l’assenza di fattori di rischio se non fossero emerse due infezioni ospedaliere che hanno drasticamente modificato la evoluzione positiva del quadro patologico virale, oltre ad ulteriori condotte omissive e commissive nei diversi momenti assistenziali di affidamento e cura del paziente da porre in rapporto di causalità con la morte”, scrivono i periti.

La voluminosa consulenza tecnica medico legale specialistica è stata chiesta dalla famiglia di Ferri e rappresentata dall’avvocato Massimiliano Coppa, esperto in colpa medica, a cui si è affidata al fine di accertare le reali cause del decesso, stigmatizzando l’esistenza di numerosissime condotte professionali negligenti, imprudenti ed imperite e la loro indiscutibile rilevanza causale rispetto alla morte.

Disapprovazione per la condotta di un rilevante numero di medici

I Consulenti della famiglia non solo esprimono senza riserve la loro disapprovazione sulla condotta di un rilevante numero di medici dell’ospedale di Cosenza che ebbe in cura il sindacalista, esprimendosi con accenti di convinzione, risolutezza e severità sul rischio e sul controllo delle infezioni correlate all’assistenza (Ica), quanto pure evidenziano l’assenza di strategie idonee a promuovere la prevenzione e gestione del rischio infettivo in ambiente sanitario ed in particolare ospedaliero.

In particolare, le violazioni rilevate dai Consulenti, rappresentano oggi un punto di riferimento anche per la individuazione della responsabilità sanitaria per quanto riguarda indicazioni e raccomandazioni relative alla relazione tra igiene dell’ambiente e rischio di infezioni correlate all’assistenza lasciando poco spazio a dubbi sulla circostanza che la morte di Ferri sia dovuta a condotta medica scorretta e non ad infezione da Covid.

In particolare le falle del sistema sanitario hanno fatto sì che il sindacalista è deceduto per conclamate responsabilità concorrenti generate da condotte difettuali attentamente scrutinate dai consulenti della famiglia Ferri.

I familiari chiedono giustizia

I familiari del sindacalista, per questi motivi, chiedono di conoscere in capo a chi dovranno essere poste le specifiche responsabilità per quanto accaduto, pur nella consapevolezza che ciò non potrà mai alleviare il dolore persistente e non esclude una azione penale che dovrà fare luce su un caso così grave.

L’avvocato Coppa ha cosi commentato le conclusioni a cui sono pervenuti i consulenti tecnici. “La Famiglia Ferri ha sperato fino all’ultimo che la conclusione della esistenza del signor Angelo Bonaventura Ferri non fosse legata ad altre gravi responsabilità emerse non solo a livello centrale ma soprattutto periferico del percorso assistenziale sanitario del quale lo stesso è stato fruitore e vittima, che in verità – però – i Consulenti hanno direttamente individuato in specifici deficit organizzativi che da anni affliggono la sanità calabrese e che, anche questa volta, si sono ingiustamente proiettate sulle aspettative finali del paziente”.

Ferri, oltre che sindacalista Uil dei Vigili del fuoco era referente dei rapporti con la stampa. Un ruolo che ha ricoperto con estrema serietà e responsabilità, sempre puntuale nel dare notizie ai giornalisti cosentini.