Blitz antidroga a Reggio Calabria e Messina, 7 arresti

Carlomagno

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Blitz antidroga dei carabinieri di Reggio Calabria, che stamane nella città metropolitana e a Messina hanno arrestato 7 persone (4 in carcere e tre ai domiciliari) accusate in concorso tra loro, di detenzione, vendita, acquisto e cessione di sostanze stupefacenti.

Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Palmi su richiesta della locale Procura della Repubblica. In carcere sono finiti Pietro Gerace, di Varapodio, 39enne; Giuseppe Ranieri, 59enne di Varapodio; Francesco Mangano, 31enne di Oppido Mamertina; Giovanni Maiorana, 48enne di Messina; Ai domiciliari Rosaria Ranieri, 22enne di Varapodio; Pietro Mazza, 26enne di Messina e Antonio Spizzica, 43enne di Gioia Tauro.

L’operazione giunge all’esito di una attività investigativa condotta dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova, sotto il costante coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, pm Giorgio Panucci, tra il gennaio e il luglio 2019 e supportata da attività di intercettazione telefonica e ambientale, nonché metodologie d’indagine tradizionali.

La genesi dell’attività è rappresentata da una serie di danneggiamenti con arma da fuoco che hanno interessato il Comune di Varapodio negli ultimi mesi del 2018 e che hanno catalizzato l’attenzione degli investigatori nel territorio. Gli sviluppi delle attività investigative hanno permesso, in breve tempo, di far luce sull’esistenza di un gruppo, essenzialmente di Varapodio, dedito in modo sistematico e professionale alla compravendita di sostanze stupefacenti del tipo hashish, marijuana e cocaina, ceduta anche al dettaglio proprio nella “piazza” del piccolo paese della Piana di Gioia Tauro.

Diversi gli acquirenti identificati, anche appena maggiorenni, che si rivolgevano ad alcuni degli indagati per comprare la singola dose di marijuana o cocaina da consumare. Giuseppe Ranieri, in particolare, è stato individuato come il principale protagonista di tali vendite, avvalendosi spesso per le cessioni di Pietro Gerace, ma anche, soprattutto per i traffici verso il messinese, dell’intermediazione della figlia Rosaria Ranieri, del genero Francesco Mangano, nonché di Antonio Spizzica.

Proprio Messina era infatti un’altra importante “piazza” di spaccio per il gruppo, grazie a Giovanni Maiorana, il quale, avvalendosi dell’aiuto e intermediazione del genero Pietro Mazza, ha acquistato frequentemente cospicui quantità di marijuana e hashish di varia qualità di Ranieri, nell’ordine di diversi kg per cessione, per poi procedere alla vendita al dettaglio nella provincia siciliana.

Secondo l’accusa, gli indagati hanno adoperato particolari modalità organizzative per la vendita e il trasporto della sostanza, al fine di eludere eventuali controlli. In particolare, nel corso delle conversazioni intercettate, non facevano mai riferimenti alla compravendita di sostanza, ma le quantità e i relativi prezzi venivano individuati attraverso parole in codice, come “i minuti” o riferimento ad “animali” o altra merce da vendere, proprio per distogliere l’attenzione degli eventuali inquirenti. Massiccio è stato poi l’uso di servizi di messaggistica on-line, al fine di evitare chiamate tradizionali.

Nelle compravendite più cospicue verso il messinese, inoltre, frequente era l’abitudine di inviare prima dei campioni di sostanza, anche di pochi grammi, al fine di far testare la qualità della droga, che aveva diversi prezzi, per poi procedere alla vendita del quantitativo richiesto.

Spesso la sostanza stupefacente veniva nascosta in intercapedini della carrozzeria o nelle plastiche di allestimento interno delle vetture in uso per i trasporti, in modo da rendere molto più difficoltoso il ritrovamento della droga, in caso di controlli da parte delle forze dell’ordine.

Nonostante i numerosi accorgimenti e strategie adoperate, gli investigatori sono riusciti a ricostruire un grave e solido quadro indiziario a loro carico, che ha permesso al Tribunale di Palmi di emettere l’ordinanza di applicazione di misura cautelare per tutti i soggetti a vario titolo coinvolti.

Tra l’altro, alcuni degli indagati sono legati tra di loro da strettissimi legami di parentela a conferma dell’esistenza di una struttura fondata su forti ed impermeabili vincoli di sangue e di una gestione delle singole attività illecite a vocazione principalmente familiare.

L’indagine ha quindi colpito in particolare il fenomeno dello spaccio al dettaglio che interessa anche il territorio della Piana di Gioia Tauro, parallelamente alla grande produzione e distribuzione di sostanza stupefacente, altrettanto duramente colpita con importanti operazioni che frequentemente consentono la distruzione di grandi piantagioni e l’arresto di numerose persone.