10 Ottobre 2024

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Terrore a Scuola, Maestre ai Bimbi: “Sigillate le mascherine con lo scotch sennò entra il Virus”

La riapertura delle scuole in Italia è stata un disastro, e siamo solo agli inizi. Dopo i bambini in ginocchio in un istituto ligure perché il preside non avendo i nuovi banchi ha “evitato” (parole sue), di mettere quelli vecchi, la maestra di una scuola del nord Italia è andata ben oltre dicendo ai bambini di una classe elementare, che affinché il virus non entri, anche avendo la mascherina, devono sigillare con lo scotch i bordi laterali.

La testimonianza choc arriva da un video postato su Facebook dove uno di questi bimbi racconta questa allucinante esperienza. Fortunatamente lui insieme ai suoi compagnetti hanno disubbidito, però dà la dimensione dei metodi folli praticati e vissuti dai nostri figli per effetto del terrorismo mediatico e di Stato sulla presunta nuova emergenza Covid.

“Per respirare sono andato a nascondermi dietro ad un albero”, racconta il bambino nel video accompagnato da una persona che si presenta come il nonno. Anche per l’attività all’aperto le cose si mettono malissimo per i bambini. Secondo il racconto, gli alunni, al terzo giorno di scuola, devono stare rigidamente a un metro di distanza, senza poter correre, altrimenti se sudano possono contrarre il coronavirus.

Il ragazzino racconta, oltre al disagio, anche il fatto che la maestra gli ha chiesto di aiutare un suo compagno in difficoltà, a patto però di stare a un metro di distanza. Come faceva ad aiutarlo? Solo questa geniale prof potrebbe spiegarlo.

Una cosa davvero allucinante. Ed è lo stesso nonno del bambino a spronare tutti genitori a ribellarsi contro questi metodi “terroristici”. “I genitori invece di pensare alle loro cose, si occupino dei loro figli”.

Nei commenti si legge di tutto: “Ci stanno distruggendo i bambini, poi, avranno danni irreparabili”, scrive una utente, mentre altri parlano di delirio. C’è però chi addossa responsabilità anche ai genitori che accordano con il loro silenzio-assenso questi trattamenti disumani: “Dove sono i genitori, specialmente le mamme??? Perché mandate i figli a scuola, cosa vi aspettate dalla scuola? Guardate che la rovina dei figli è più nelle nostre mani che in quelle della scuola…vogliamo comprendere i valori dei figli e la loro salute o vogliamo scaricare la responsabilità sugli altri? Il bimbo parla chiaro, forse siamo noi che non sentiamo bene!”.

Il Video schermato: fonte fb 


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SE QUESTO E’ UN BAMBINO (di Sara Cunial)

Il prefetto di Cosenza Paola Galeone indagata per corruzione

Il prefetto di Cosenza Paola Galeone

Il prefetto di Cosenza, Paola Galeone, di 58 anni, è indagata per corruzione. Lo scrive la “Gazzetta del sud” in un articolo a firma di Arcangelo Badolati. L’ipotesi accusatoria a carico del prefetto è di avere intascato da un’imprenditrice, che ha denunciato i fatti alla polizia, una “mazzetta” di 700 euro.

Sarebbe stata videoripresa dal personale della Squadra mobile di Cosenza la consegna da parte di un’imprenditrice al prefetto dei 700 euro. La consegna della busta contenente il denaro, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbe avvenuta in un bar di Cosenza. Le banconote sarebbero state segnate.

La notizia che travolge in pieno la Prefettura di Cosenza, su cui vige il massimo riserbo, è stata confermata da fonti della Polizia interpellate da Secondo Piano News.

Il prefetto Galeone avrebbe proposto all’imprenditrice di emettere una fattura fittizia di 1.220 euro allo scopo di intascare la parte di fondo di rappresentanza accordata ai prefetti che era rimasta disponibile alla fine dell’anno. Sempre secondo l’accusa, 700 euro della somma concordata sarebbero andati al prefetto Galeone e 500 all’imprenditrice.

Galeone è prefetto di Cosenza dal 23 luglio del 2018. In precedenza aveva svolto le stesse funzioni a Benevento. Galeone è stata assunta nell’amministrazione civile dell’Interno nel dicembre del 1987 ed assegnata, come prima sede, alla Prefettura di Taranto, dove ha svolto vari ruoli.

Roma, confiscato il patrimonio di un soggetto appartenente a cosca calabrese

Gli agenti della Polizia di Stato della Divisione Anticrimine – Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali – della Questura di Roma ha eseguito un provvedimento di confisca, divenuto definitivo all’esito della pronuncia della Corte d’Appello di Roma, di unità immobiliari, disponibilità finanziarie giacenti su un conto corrente e di due zanne di avorio elefantino.

L’odierna attività costituisce il parziale epilogo dell’operazione “Ragnatela” nel cui ambito, gli specialisti della Divisione Anticrimine – Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali, da circa tre anni, hanno avviato le indagini, ricostruendo la “carriera criminale” e analizzando la posizione economico-patrimoniale di 2 persone (unitamente a quella dei componenti i rispettivi nuclei familiari).

Si tratta di un calabrese, insediatosi nella zona dei Castelli Romani, inserito – secondo l’accusa – in pericolosissimi contesti di criminalità organizzata di matrice ‘ndranghetista, operante nel mandamento tirrenico, facenti capo ad una famiglia di Gioia Tauro, che aveva investito i proventi dei reati di bancarotta fraudolenta e delle seriali intestazioni fittizie di beni con finalità elusive o agevolative, in complessi immobiliari, e di un romano, dedito fin dagli anni ’70 del secolo scorso a strutturate attività usurarie e di riciclaggio di capitali illeciti per conto della ‘Ndrangheta, della Camorra e di Cosa Nostra nonché nell’interesse della famigerata “Banda della Magliana”.

Il locale Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione – a seguito della proposta del Questore di Roma avanzata ai sensi della normativa antimafia, a marzo 2021 disponeva il sequestro e, successivamente, a maggio 2023, ordinava la confisca di un compendio patrimoniale del valore di oltre 3 milioni di euro, riconducibile ai predetti.

Avverso tale pronuncia i due proponevano ricorso alla Corte d’Appello – 4 Sezione Penale – la quale, con provvedimento del 09.05.2024, depositato il 07.08.2024, confermava in toto l’impugnato decreto che, pertanto, è divenuto definitivo in data 24.09.2024 per il solo soggetto calabrese, posto che l’altro ricorreva in Cassazione.

La misura di confisca, ora definitiva, certifica la rilevante sproporzione tra fonti di reddito lecite, attività economica esercitata e disponibilità di beni posseduti direttamente o indirettamente dal proposto calabrese, esponente di una nota cosca di Castellace di Oppido Mamertina nonché consuocero del boss Rocco Molè, assassinato l’1.02.2008, e cognato di un elemento di spicco della cosca calabrese, quest’ultima direttamente collegata alla famiglia di Gioia Tauro, come giudiziariamente confermato anche dagli ultimi procedimenti penali, convenzionalmente denominati “Provvidenza” e “Provvidenza Bis”. Inoltre, nel corso della più recente operazione “Propaggine”, è emersa l’esistenza di consolidati rapporti fiduciari d’affari tra l’appartenente alla famiglia calabrese ed un altro nucleo familiare di Sinopoli.

I beni irrevocabilmente confiscati che entreranno a far parte del patrimonio dello Stato sono tre unità immobiliari site nel Comune di Gioia Tauro, disponibilità finanziarie giacenti su un rapporto creditizio e due zanne di avorio elefantino, per un valore complessivo di oltre 160.000 euro.

L’odierna confisca definitiva – spiega una nota della Questura di Roma – costituisce, altresì, un importante risultato anche sotto il profilo simbolico, poiché restituisce alla collettività beni da sempre saldamente attestati nella sfera patrimoniale illecitamente accumulata dalle cosche egemoni nella fascia tirrenica calabrese.

Inizia il processo Glicine, oltre cento gli imputati

Tribunale e Procura Palazzo di giustizia Crotone

L’ex presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, l’ex assessore regionale Nicola Adamo e, in qualità di imprenditrice, l’ex vicepresidente facente funzioni della Regione, Antonella Stasi: sono tre dei 101 imputati del processo “Glicine”, iniziato davanti al Tribunale di Crotone (presidente Giuseppe Collazzo) e scaturito dall’omonima operazione eseguita dai carabinieri nel giugno del 2023 con il coordinamento della Dda di Catanzaro.

L’inchiesta ha fatto luce su un presunto comitato politico affaristico, legato per alcuni aspetti a cosche di ‘ndrangheta, che sarebbe stato in grado di condizionare amministrazioni pubbliche, orientare il voto e decidere nomine e appalti.

Nel processo sono imputati anche gli ex assessori del Comune di Crotone Sabrina Gentile e Leo Pedace, quest’ultimo coinvolto per vicende legate alla gestione dell’Azienda sanitaria provinciale, e Vincenzo Sculco, leader del movimento ‘I demokratici’ ed ex segretario generale della Cisl Calabria, tuttora agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso.

Imputata pure la figlia di Sculco, Flora, ex consigliere regionale, accusata di voto di scambio semplice.

L’operazione “Glicine” ha portato al rinvio a giudizio, complessivamente, di 126 persone, 25 delle quali hanno scelto il rito abbreviato, che é iniziato il 26 settembre scorso a Catanzaro.

La prossima udienza del processo con rito ordinario è stata fissata per il 19 novembre.

Spara a un uomo per dissidi personali, fermato dai carabinieri

Avrebbe tentato di uccidere a colpi di arma da fuoco una persona di 39 anni con cui aveva avuto problemi pare di natura personale. Il tentato omicidio è avvenuto lo scorso mese a San Gregorio d’Ippona, centro del vibonese.

Così dopo indagini serrate i Carabinieri della Compagnia di Vibo Valentia sono riusciti a risalire al presunto autore e la procura Vibonese ha emesso per l’uomo un fermo con l’accusa di tentato omicidio. Si tratta di A.P., di 59 anni, già noto alle forze dell’ordine.

Il fatto di sangue è successo nel pomeriggio del 28 settembre nella centrale villa comunale di San Gregorio d’Ippona, quando il fermato – secondo l’accusa -, avrebbe affrontato G.M., di 39 anni, bersagliandolo con diversi colpi di pistola uno dei quali ha raggiunto la gamba della vittima.

Le indagini dei militari sono state senza soste, condotte soprattutto con l’ausilio delle riprese dei sistemi di videosorveglianza presenti in zona, che hanno permesso di risalire al 59enne e al movente del gesto, riconducibile a precedenti dissidi tra i due.

Ricostruita nel dettaglio anche la dinamica dell’accaduto e, in particolare, il momento in cui il presunto autore stava per dare l’ultimo e decisivo colpo di grazia alla sua vittima quando ha avuto evidentemente un ripensamento ed è tornato sui suoi passi, svignandosela.

L’uomo è stato rintracciato e tradotto dai militari presso la casa circondariale di Vibo Valentia a disposizione della Procura della Repubblica di Vibo Valentia, guidata dal procuratore Camillo Falvo.

Sabotaggi al Nord Stream, Mosca: “Abbiamo prove su coinvolgimento Usa e GB”

“La Russia ha prove del coinvolgimento degli Stati Uniti e della Gran Bretagna nei sabotaggi ai gasdotti Nord Stream e pubblicherà questi materiali in base al principio di opportunità”. Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova citata da Interfax.

“Questa prova esiste. Per quanto riguarda se renderla pubblica – e quindi la risposta, che tipo di prova è – procederemo in base all’opportunità e a come si svilupperà la situazione attorno all’indagine”, ha detto Zakharova in un briefing mercoledì.

Secondo il diplomatico, “abbiamo ripetutamente invitato tutti a interagire, lo abbiamo fatto non solo pubblicamente, ma anche attraverso canali legali stabiliti tra le forze dell’ordine, abbiamo fatto appello ripetutamente e abbiamo sostenuto le richieste legali politicamente e pubblicamente”. “Abbiamo ricevuto zero in risposta”, ha osservato Zakharova.

In precedenza, il direttore del Foreign Intelligence Service (SVR) della Federazione Russa, Sergei Naryshkin, aveva affermato che l’agenzia ha prove del coinvolgimento degli Stati Uniti e della Gran Bretagna nell’esplosione del gasdotto Nord Stream.

“Il Foreign Intelligence Service dispone di informazioni attendibili sul coinvolgimento diretto degli Stati Uniti e della Gran Bretagna in questo grave attacco terroristico. Secondo i dati disponibili, nella sua organizzazione, preparazione ed esecuzione sono stati coinvolti sabotatori professionisti dei servizi speciali anglosassoni”, ha detto Naryshkin in una riunione dei capi delle agenzie di sicurezza e dei servizi speciali degli stati della CSI. Il testo del suo discorso è stato pubblicato sul sito della SVR.

Secondo Naryshkin, “l’amministrazione americana ha ritenuto giustificato intraprendere un simile sabotaggio per garantire la separazione dell’Europa e, soprattutto, della Germania dalla Russia”. Ha ricordato che “la Russia ha ripetutamente chiesto agli europei dati sulle esplosioni, ma non li ha mai ricevuti”.

“I media occidentali stanno cercando di attribuire la responsabilità a un gruppo di sommergibilisti dilettanti ucraini che presumibilmente hanno agito in modo indipendente. Tuttavia, questa versione è pensata per una persona ingenua”, ha detto Naryshkin.

Agguato a Reggio, ferito gravemente un 35enne

Ansa

Un uomo di 35 anni, Paolo Azzarà, è stato ferito con un colpo di arma da fuoco nella notte a Melito Porto Salvo, nel reggino.

L’episodio sarebbe avvenuto al termine di una lite sulla quale, adesso, indagano i carabinieri che hanno già interrogato un amico di Azzarà, la persona che lo ha accompagnato in ospedale a Melito Porto Salvo dopo aver sentito lo sparo.

Successivamente Azzarà, colpito al collo, è stato trasferito al Gom di Reggio Calabria dove si trova ricoverato in gravi condizioni nel reparto di terapia intensiva.

Avvertito il pm di turno, in attesa di poter interrogare anche la vittima, i carabinieri stanno cercando di ricostruire la dinamica del tentato omicidio cercando riscontri rispetto alle dichiarazioni dell’amico che lo ha soccorso. Per quanto riguarda il contesto in cui è maturato il fatto di sangue, ancora è troppo presto per avere un’idea precisa. A causa delle frequentazioni del soggetto ferito, però, gli inquirenti non è escludono che dietro il ferimento possa esserci una questione di droga.

Il nome di Paolo Azzarà, infatti, alcuni anni fa è comparso nell’inchiesta “Random” della Direzione distrettuale antimafia su un traffico di sostanze stupefacenti gestito da un’organizzazione criminale che operava a Reggio Calabria e in provincia. In particolare, i pm avevano registrato alcune telefonate tra Azzarà, che non era indagato nell’inchiesta, e un soggetto accusato di essere uno spacciatore e condannato in appello a 8 di carcere.

Scoperti e sequestrati 280 kg di cocaina al Porto di Gioia Tauro

Archivio

Duecento ottanta chilogrammi di cocaina purissima sono stati sequestrati nel porto di Gioia Tauro dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria che hanno agito in stretta collaborazione con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Adm).

In particolare, nel corso di un’attività di analisi operativa e di monitoraggio delle spedizioni commerciali in transito nell’area portuale, sono stati individuati alcuni container sospetti all’interno dei quali è stato scoperto il notevole quantitativo di sostanza stupefacente.

Il sequestro, ottenuto a seguito dell’azione operativa congiunta realizzata dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia Dogane e dei Monopoli, è stato reso possibile anche grazie alle apparecchiature scanner in dotazione ad Adm e all’ausilio delle unità cinofile in forza al Gruppo della Guardia di Finanza di Gioia Tauro.

L’attività ha impedito che la considerevole partita di droga potesse essere immessa sul mercato garantendo alle organizzazioni criminali destinatarie un introito pari a oltre 40 milioni di euro.

Omicidio a Crotone, indagato il poliziotto

Ansa

E’ indagato per omicidio Giuseppe Sortino, il viceispettore della Polizia di Stato che ieri pomeriggio, a Crotone, ha ucciso un 44enne, Francesco Chimirri, dopo avere assistito ad un incidente stradale provocato dalla vittima poi fuggita. Lo ha reso noto il Procuratore della Repubblica di Crotone, Giuseppe Capoccia.

Secondo quanto viene riportato in una nota a firma del procuratore Capoccia, il figlio di Chimirri, che aveva assistito all’omicidio del padre insieme ad altri familiari, ha raccolto la pistola che era caduta di mano al poliziotto, che era per terra, ed ha tentato di sparare all’agente, senza però riuscire nel suo intento.

La Procura riferisce anche che insieme a Chimirri, sulla vettura coinvolta nell’incidente all’origine della vicenda, c’era un’altra persona. I due, quanto sono stati raggiunti da Sortino, che era in borghese ma che si è immediatamente qualificato, lo hanno “aggredito brutalmente”.

Ne è scaturita una “violenta colluttazione” al culmine della quale il poliziotto ha sparato tre colpi contro Chimirri, uno soltanto dei quali ha raggiunto il 44enne provocandone la morte istantanea. Gli accertamenti avviati dalla Procura di Crotone, secondo quanto viene riportato nella nota, riguardano tutte le persone coinvolte nella vicenda. (Ansa)

Ricettazione di reperti, chiesti 2 anni per vicepresidente Calabria

La Procura di Crotone ha chiesto la condanna a due anni per il vicepresidente della Giunta regionale della Calabria Filippo Maria Pietropaolo, esponente di Fratelli d’Italia. Lo scrive il “Quotidiano del Sud”.

Pietropaolo – che all’epoca dei fatti non era né consigliere regionale né assessore – è imputato insieme ad altre persone nel processo di primo grado scaturito dall’inchiesta “Tempio di Hera”, risalente al 2017, relativa ad una presunta associazione a delinquere dedita al saccheggio di reperti nell’area archeologica di Capocolonna e in altri siti tra Crotone e Isola Capo Rizzuto.

“In particolare – riporta il giornale – il vice del governatore Roberto Occhiuto è accusato di concorso in ricettazione di una moneta dei Bretti ritenuta di particolare pregio. A consegnare il reperto sarebbe stato il capo della presunta organizzazione, un docente in pensione esperto di numismatica e, in passato, consulente della Procura di Crotone, poi deceduto. L’episodio contestato a Pietropaolo risale a dieci anni addietro quando il professore, dopo avere concordato un incontro, avrebbe ceduto all’allora consigliere delegato della società “Seta srl” l’importante reperto quale compenso per l’assunzione di un suo figlio”.

Pietropaolo, già assessore nella giunta Occhiuto, ha assunto la carica di vicepresidente dell’esecutivo regionale da pochi mesi subentrando a Giusi Princi eletta al Parlamento Europeo.

La decisione del Tribunale di Crotone in merito alle richieste avanzate dal pm Matteo Staccini potrebbe arrivare tra un mese.

Legale Pietropaolo: “Proveremo sua estraneità”

“La vicenda che coinvolge il dottor Filippo Pietropaolo, per il quale la Procura di Crotone ha formulato una richiesta di rinvio a giudizio nell’ambito del procedimento scaturito dall’inchiesta “Tempio di Hera”, potrà essere agevolmente chiarita nella prossima udienza del 23 ottobre, quando avrò la possibilità di provare al Tribunale l’assoluta estraneità del mio assistito a qualsivoglia ipotesi di concorso in ricettazione, ribadendo la richiesta del suo pieno proscioglimento”.

E’ quanto afferma, in una nota, l’avvocato Francesco Laratta, difensore del vice presidente della Regione Calabria Filippo Pietropaolo.

“Anche al fine di evitare il sollevarsi di inutili polveroni – aggiunge il legale – è il caso di chiarire i fatti che hanno portato al coinvolgimento del dottor Pietropaolo, e che emergono nella loro semplicità dagli atti processuali.

Dieci anni addietro, nel 2014, quando ancora non rivestiva alcun incarico politico, l’imprenditore Pietropaolo ha infatti ricevuto in dono una moneta dal prof. Attianese, in segno di riconoscenza per alcune cortesie di natura personale. Il prof. Attianese, ora deceduto, è sempre stato considerato una persona perbene, universalmente stimata e rispettata, tanto da essere nominato consulente della stessa Procura di Crotone, e il suo coinvolgimento nell’inchiesta emerge tre anni più tardi da quell’episodio”.

“E’ importante ribadire – sottolinea l’avvocato Laratta – che abbiamo prodotto al Tribunale i documenti che attestano la regolarità della provenienza di quella moneta, acquistata nel corso di un’asta, e del suo pagamento. Documenti presenti in atti che fanno venir meno il presupposto stesso del reato di ricettazione”.

Mosca: La NATO lavora per un’azione militare contro la Russia

La NATO si sta preparando per uno scontro con la Russia, ma la pianificazione militare russa tiene conto di qualsiasi scenario, ha detto il vice ministro degli Esteri Alexander Grushko in un’intervista a RIA Novosti.

“Ora i membri della NATO hanno smesso di nascondere che si stanno preparando per un potenziale scontro armato con la Russia, sono stati approvati i piani di difesa regionale, sono stati formulati compiti specifici per tutti i comandi militari del blocco e si studiano costantemente le possibili opzioni per le operazioni militari contro la Russia fuori”, ha detto.

Il viceministro ha osservato che l’Alleanza del Nord Atlantico sta testando rotte logistiche per il trasporto di truppe attraverso l’Atlantico, posizionando depositi di armi sul fianco orientale e dispiegando contingenti. Dal 22 gennaio al 31 maggio si sono svolte le più grandi manovre di Steadfast Defender dalla fine della Guerra Fredda e, per la prima volta nel loro scenario, non è apparso uno stato fittizio, ma la Russia come un nemico, ha sottolineato Grushko.

“I bilanci militari vengono aumentati, l’economia viene militarizzata, oltre alla retorica conflittuale, la NATO aumenta continuamente il grado di tensione nei confronti della Russia”, ha affermato.

“Una pianificazione responsabile della difesa deve tenere conto di tutte le opzioni e mirare a dimostrare l’inutilità di parlare con Mosca nel linguaggio della forza, ha affermato.

“Vorrei sottolineare ancora una volta: non è la Russia, ma l’Alleanza del Nord Atlantico che ha intrapreso la strada dello scontro. È stata la NATO ad abbandonare il dialogo con noi e la ricerca congiunta di modi per rispondere alle minacce reali e non immaginarie e le sfide alla sicurezza regionale e globale. È stata la politica mirata dell’alleanza che ha portato ad una crisi su vasta scala della sicurezza europea, alla distruzione degli strumenti che la garantiscono”, ha concluso il viceministro.

Mosca ha più volte sottolineato che l’Alleanza Nord Atlantica mira allo scontro, ma la sua ulteriore espansione non porterà maggiore sicurezza all’Europa . Allo stesso tempo, il Cremlino ha sottolineato che la Russia non rappresenta una minaccia per nessuno dei paesi della NATO, ma non ignorerà le azioni potenzialmente pericolose per i suoi interessi. Tuttavia, resta aperto al dialogo, ma su base paritaria, e l’Occidente deve abbandonare la sua corsa verso la militarizzazione del continente”.

Leggi il testo completo dell’intervista ad Alexander Grushko >>

Il Sudafrica presenterà nuove prove del genocidio israeliano a Gaza

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha annunciato oggi l’intenzione del suo Paese di presentare nuove prove nel caso di genocidio intentato contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia. Lo riporta l’agenzia Wafa.

In una dichiarazione rilasciata in occasione del primo anniversario del genocidio israeliano a Gaza, il presidente sudafricano ha affermato che il suo Paese presenterà nuove prove alla Corte internazionale di giustizia (ICJ) nel corso del mese di ottobre.

Ha sottolineato che il memorandum che il suo Paese presenterà alla corte contiene “prove dettagliate” che dimostrano che Israele ha commesso un genocidio contro i palestinesi a Gaza.

Ramaphosa ha invitato Israele ad attuare le decisioni sulle misure provvisorie emesse dalla Corte internazionale di giustizia a gennaio, marzo e maggio 2024, nello stesso caso.

Il 26 gennaio 2024, la Corte ha ordinato l’adozione di misure provvisorie nel caso intentato dal Sudafrica contro Israele per violazione della Convenzione internazionale per la prevenzione del genocidio.

Alla fine di dicembre 2023, il Sudafrica ha intentato una causa contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia, sostenendo che avrebbe violato la Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 per la prevenzione del genocidio.

Raid notturno a Gaza, decine di morti e feriti

Almeno 21 persone, tra cui cinque bambini e due donne, sono morte durante un raid israeliano notturno nel centro di Gaza. Lo riferisce – come riporta il Guardian – l’ospedale dei martiri di Al Aqsa, dove sono stati portati i corpi.

Due i bombardamenti che hanno colpito le case nel campo profughi di Bureij. Ci sono anche circa una dozzina di feriti, tra cui diversi bambini, e i soccorritori temono che ci siano altre persone sotto le macerie.

Lunedì sera, riferisce l’agenzia Wafa, diversi civili sono stati uccisi e altri sono rimasti feriti dopo che l’artiglieria dell’occupazione ha bombardato un gruppo di cittadini nel campo di Jabalia, a nord della Striscia di Gaza.

I paramedici della Mezzaluna Rossa palestinese hanno riferito che i corpi di otto palestinesi salini sono stati recuperati dopo che l’artiglieria dell’occupazione ha bombardato un gruppo di cittadini vicino alla stazione di Abu Qamar nel campo di Jabalia, a nord della Striscia di Gaza.

Le forze di occupazione continuano la loro aggressione nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023, che ha provocato l’uccisione di 41.909 cittadini e il ferimento di altri 97.303, la maggior parte dei quali bambini e donne.

Unicef, in un anno 14 mila bambini uccisi a Gaza e Cisgiordania

Da ottobre del 2023 “14.000 bambini a Gaza e in Cisgiordania, secondo le notizie in nostro possesso, sono stati uccisi, altri migliaia sono stati feriti e tutti vivono nella paura e in condizioni terribili. I bambini non sono un obiettivo. Hanno bisogno di un cessate il fuoco adesso”. Lo scrive l’Unicef sul suo profilo X.

‘Ndrangheta stragista, a dicembre udienza in Cassazione per Graviano e Filippone

Il processo “‘Ndrangheta stragista” arriverà in Cassazione il prossimo 16 dicembre. Davanti alla Sesta sezione della Suprema corte, infatti, è stata fissata l’udienza in cui si discuterà del riscorso presentato dai difensori del boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano e di Rocco Santo Filippone, ritenuto esponente della cosca Piromalli di Gioia Tauro, condannati entrambi all’ergastolo.

Graviano e Filippone sono accusati del duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, vittime di un agguato il 18 gennaio del 1994 lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, all’altezza dello svincolo di Scilla.

Nelle motivazioni della sentenza della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, condividendo l’impianto accusatorio sostenuto dai pubblici ministeri Giuseppe Lombardo e Walter Ignazitto, sono stati sottolineati “gli accertati intrecci che negli anni si sono dipanati tra organizzazioni criminali e ambienti massonici e politici, in un’evidente convergenza e commistione di interessi che mirava al comune intento di destabilizzare lo Stato e sostituire la vecchia classe dirigente che, agli occhi dei predetti, non aveva soddisfatto i loro ‘desiderata’”.

Gli avvocati Giuseppe Aloisio e Federico Vianelli, difensori di Graviano, chiedono che la Cassazione annulli la sentenza della Corte d’assise d’appello e, nel loro ricorso, oltre a sostenere che la motivazione della pronuncia è “contraddittoria e illogica”, contestano le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Gaspare Spatuzza, Antonino Lo Giudice e Consolato Villani.

Dichiarazioni in riferimento alle quali, secondo i legali di Graviano, “la Corte ha omesso di vagliare l’attendibilità dei collaboratori, nonché la costanza e la convergenza delle loro propalazioni”.

In occasione della stessa udienza del 16 dicembre sarà discusso anche il ricorso presentato degli avvocati Guido Contestabile e Salvatore Staiano, difensori di Rocco Santo Filippone.

MO, Israele minaccia un possibile attacco agli impianti nucleari iraniani

Israele ha annunciato un possibile attacco agli impianti nucleari iraniani. Come ha sottolineato il capo del Ministero della Difesa Yoav Gallant, sono in discussione tutte le opzioni per rispondere all’attacco missilistico di Teheran del 1° ottobre. Lo riporta un’articolo apparso sulla testata RT.

Secondo Gallant, Israele ha la capacità di colpire obiettivi a distanza ravvicinata e lunga. Nel frattempo, come scrivono i media occidentali, senza l’assistenza degli Stati Uniti, le forze israeliane non sarebbero in grado di causare danni critici all’infrastruttura nucleare iraniana. Allo stesso tempo, la Casa Bianca aveva precedentemente sottolineato di non sostenere tali piani dello Stato ebraico. Dal punto di vista degli analisti, un possibile attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani potrebbe portare l’escalation a un nuovo livello, il che avvantaggerebbe il governo Netanyahu per una serie di ragioni di politica interna.

In sostanza Israele non esclude la possibilità di colpire gli impianti nucleari iraniani in risposta all’attacco missilistico del 1° ottobre, ha dichiarato il capo del Ministero della Difesa, Yoav Gallant, in un’intervista alla CNN.

“Tutte le opzioni vengono prese in considerazione. Israele ha la capacità di colpire obiettivi sia a corto che a lungo raggio: lo abbiamo dimostrato. Daremo una risposta adeguata all’attacco iraniano”, ha detto.

Il ministro ha sottolineato che le autorità israeliane non intendono restare con le mani in mano e si aspettano lo stesso dalla comunità internazionale. Egli ha inoltre sottolineato il successo dell’attuale operazione contro Hezbollah in Libano , sottolineando che essa è ancora limitata. Allo stesso tempo, la CNN ha osservato che negli ultimi giorni la portata delle ostilità si è ampliata. Gallant ha affermato che gli attacchi contro Hezbollah “hanno aperto un varco che ora consente di aprire la porta al cambiamento non solo in Libano, ma in tutto il Medio Oriente”.

In precedenza, il primo ministro dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu si è espresso in modo simile. In una conversazione telefonica con il presidente francese Emmanuel Macron il 6 ottobre, ha affermato che le azioni israeliane contro Hezbollah creano presumibilmente un’opportunità per cambiare la situazione in Libano “nell’interesse della pace”.

“Il primo ministro Netanyahu ha sottolineato che le azioni di Israele contro Hezbollah offrono l’opportunità di cambiare la situazione in Libano a favore della stabilità, della sicurezza e della pace in tutta la regione”, ha affermato l’ufficio del politico in una nota.

“La situazione è al limite”
La garanzia di una garanzia sulle stelle di Israele è stata lasciata in sospeso dall’obiettivo della CNN iraniana. “Speriamo e contiamo sulla manifestazione di buon senso e forza, ma, come sapete, non ci sono garanzie”, ha detto l’interlocutore del canale il 4 ottobre”.

Il ministro della Difesa israeliano ha inoltre sottolineato che gli Stati Uniti avrebbero lavorato quasi un anno per evitare che il conflitto degenerasse in una guerra su vasta scala. “Al momento,” la situazione è sull’orlo del baratro”, ha aggiunto una fonte anonima citata dall’emittente.

Il tema di un potenziale attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani è stato recentemente discusso attivamente nei media occidentali. Tuttavia, la maggior parte delle pubblicazioni sottolinea che un simile passo non porterà grandi successi. Pertanto, la rivista The New Yorker ha osservato il 3 ottobre che l’aeronautica israeliana non sarà in grado di distruggere l’infrastruttura nucleare iraniana senza l’aiuto degli Stati Uniti.

“Pochi funzionari americani e israeliani credono che Israele, agendo da solo, potrebbe distruggere le infrastrutture nucleari dell’Iran, in particolare l’impianto sotterraneo di arricchimento dell’uranio a Fordo, a sud di Teheran. Di tutte le forze aeree, solo quelle americane sono in grado di distruggere questo reattore”, si legge nella pubblicazione.

Allo stesso tempo, il New Yorker ha ammesso che Israele potrebbe ancora effettuare un simile attacco. “E se gli obiettivi dell’attacco fossero raggiunti solo parzialmente, ciò potrebbe esercitare una forte pressione sugli Stati Uniti, spingendoli a completare il lavoro”, sostengono i giornalisti americani.

Anche il Financial Times dubita del successo dell’operazione israeliana contro gli impianti nucleari iraniani. Dal punto di vista del giornale, un attacco aereo israeliano indipendente “sarebbe molto rischioso e al massimo rallenterebbe, ma non distruggerebbe il programma”. Inoltre, ci sono una serie di fattori, inclusa la distanza, che riducono le possibilità di Israele di un’operazione di successo, ha sottolineato il FT. Per raggiungere le basi nucleari dell’Iran, l’aeronautica israeliana dovrebbe attraversare lo spazio aereo sovrano di Arabia Saudita, Giordania, Iraq, Siria e forse Turchia. Inoltre, gli aerei avrebbero dovuto fare rifornimento in volo.

Inoltre, non bisogna sottovalutare la difesa aerea iraniana, che protegge gli impianti nucleari. Pertanto, per causare gravi danni ai siti nucleari iraniani, Israele “avrebbe bisogno del sostegno su larga scala degli Stati Uniti, se non della loro partecipazione diretta”, secondo gli analisti intervistati dal FT. “Ma questo non garantisce la completa distruzione”, dicono gli interlocutori del giornale.

Anche gli ambienti politici israeliani non sono ottimisti riguardo all’ipotetico bombardamento degli impianti nucleari iraniani. Così, l’ex primo ministro dello Stato ebraico Ehud Barak, in un’intervista al Guardian il 4 ottobre, ha osservato che un eventuale attacco sarebbe simbolico, poiché non causerebbe danni significativi all’industria nucleare iraniana, che, secondo lui, ha molto avanzato nello sviluppo del suo programma nucleare e presumibilmente vicino a possedere armi nucleari. Allo stesso tempo Barak ha ammesso che le autorità israeliane potrebbero decidere di attaccare anche solo per dimostrare la loro attività.

Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato in un briefing il 2 ottobre che la Casa Bianca non sosterrà Israele nei suoi tentativi di attaccare gli impianti nucleari iraniani. Allo stesso tempo, ha sottolineato il diritto di Israele a rispondere in modo proporzionato all’attacco iraniano del 1° ottobre.

“L’escalation aiuta a mantenere il potere”
Secondo l’esperto di Medio Oriente Alexander Vavilov, professore all’Università statale di Mosca, le dichiarazioni israeliane su possibili attacchi all’atomo iraniano difficilmente andranno oltre la retorica.

Oltretutto, un simile attacco, anche se non avesse raggiunto gli obiettivi prefissati, avrebbe portato ad un’escalation ancora maggiore del conflitto o ad una guerra regionale, Vavilov ne è sicuro. Allo stesso tempo, dal suo punto di vista, Israele continuerà le operazioni militari in Libano e Gaza nel prossimo futuro, nonostante le proteste di altri paesi.

“Israele ha molti problemi interni che spingono il governo guidato da Benjamin Netanyahu ad agire in modo piuttosto duro. Hanno inferto un duro colpo a Hamas e Hezbollah. Questo è ampiamente utilizzato per campagne interne e lotte di potere. Sono molte le denunce contro Netanyahu. Inoltre Hamas detiene ancora ostaggi israeliani e i loro parenti non hanno smesso di manifestare. In queste condizioni, è vitale che il primo ministro israeliano mantenga faccia e autorità nel Paese, quindi non risponderà ancora ai commenti provenienti dall’esterno”, ha spiegato l’analista.

La stessa opinione è condivisa dal vicedirettore dell’Istituto di studi strategici e previsioni dell’Università RUDN Victoria Fedosova. Secondo lei, i funzionari israeliani stanno ora usando la retorica della deterrenza nucleare per sostenere le operazioni militari in Libano e nella Striscia di Gaza.

Sparatoria a Crotone, poliziotto spara e uccide un uomo

Il luogo della sparatoria (foto da Wesud)

Sparatoria a Crotone con un bilancio di un morto e un ferito. Al momento non è chiara la dinamica della sparatoria, avvenuta lunedì pomeriggio nel quartiere pitagorico “Lampanaro”. Secondo molti media a sparare sarebbe stato un poliziotto. Non si sa se l’uomo fosse in servizio.

La vittima è Francesco Chimirri, 44 anni, residente a Crotone, padre di 4 figli. Non si conosce ancora se il poliziotto abbia sparato con la pistola d’ordinanza durante un’operazione di polizia.

Nel corso della sparatoria pare che l’agente sia rimasto ferito in modo grave. Sul posto i sanitari del 118 e i carabinieri, coordinati dalla Procura, che hanno avviato indagini per accertare quanto accaduto.

Ansa

La prima ricostruzione

Secondo una prima ricostruzione riportata dall’Ansa, il poliziotto avrebbe reagito ad un’aggressione al termine di un inseguimento. L’inseguimento sarebbe iniziato, per motivi in corso di accertamento, ad Isola Capo Rizzuto, centro poco distante da Crotone: la vittima, un pizzaiolo molto conosciuto, era bordo di un’auto con il padre e il poliziotto li avrebbe affiancati con la sua vettura.

La vittima Francesco Chimirri (TikTok)

Poi ci sarebbe stata un’aggressione da parte dei due e una successiva colluttazione nel corso della quale l’agente, Giuseppe Sortino, di 37 anni, avrebbe sparato con la sua arma di ordinanza uccidendo l’uomo.

Il poliziotto ha rischiato anche il linciaggio da parte di alcune persone che lo hanno colpito con calci e pugni e con un bastone, provocandogli gravi ferite per le quali è stato ricoverato nell’ospedale di Crotone.

Cosa sappiamo al momento

Francesco Chimirri, noto anche perché molto attivo su Tik Tok, dove aveva quasi 158 mila follower. Il poliziotto che lo ha ucciso è in servizio nella Questura di Crotone. L’agente è stato ricoverato nell’ospedale di Catanzaro, dove sarà sottoposto nelle prossime ore ad un intervento chirurgico per le numerose lesioni che ha riportato soprattutto al volto. L’agente, comunque, non sarebbe in pericolo di vita.

Secondo fonti informate e citate dall’agenzia, si tratta di un ispettore di grande esperienza, in servizio alla Squadra mobile, che si stava recando in ufficio e che ha fatto fuoco dopo aver subito una pesante aggressione. La vicenda ha avuto inizio ad Isola Capo Rizzuto, un centro a pochi chilometri da Crotone.

La possibile dinamica

Secondo quanto ricostruito, Giuseppe Sortino, in borghese ma armato, avrebbe notato Chimirri mentre investiva con la sua auto alcuni veicoli parcheggiati, e anche la sua, pare sarebbe stato rotto uno specchietto. Notata la scena, l’agente si sarebbe posto all’inseguimento di Chimirri, affiancando la sua auto e raggiungendolo soltanto nel centro abitato di Crotone, nel quartiere “Lampanaro”.

Quando le due auto si sono fermate, Chimirri avrebbe tentato di aggredire il poliziotto, che nel frattempo era sceso dalla sua vettura. A quel punto c’è stata la reazione di Sortino, che ha impugnato la sua pistola d’ordinanza ed avrebbe sparato tre colpi contro il quarantaquattrenne, uno solo dei quali lo ha raggiunto, provocandone la morte istantanea. E’ stato in quel momento che alcuni familiari e conoscenti di Chimirri si sono scagliati contro il poliziotto, colpendolo con calci e pugni.

Secondo fonti informate, l’auto inseguita ad un certo punto si è fermata, il poliziotto è sceso dalla sua vettura e anche gli occupanti dell’altra auto sono scesi. C’è stata quindi una pesante aggressione all’ispettore a cui avrebbero partecipano anche altre persone che erano sul posto. A questo punto c’è stato lo sparo che ha ucciso Chimirri. Solo l’intervento dei carabinieri, giunti nel frattempo sul posto, ha consentito di riportare la situazione, sia pure con grande difficoltà, alla calma, sottraendo il poliziotto da una situazione che si era fatta per lui molto critica.

I carabinieri, per ricostruire in ogni dettaglio la dinamica di quanto è accaduto, hanno acquisito le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza installate nella zona. I militari stanno anche sentendo, nella qualità di testimoni, le persone che hanno assistito alla scena. Obiettivo delle indagini, in particolare, è di ricostruire l’intera dinamica dei fatti culminati con la morte di Francesco Chimirri e di identificare le persone che hanno aggredito il poliziotto.

Un compito difficile anche perché la scena dell’aggressione sarebbe avvenuta fuori dal campo visivo delle telecamere. La vicenda ha suscitato scalpore sia a Crotone che ad Isola Capo Rizzuto. L’agente è in servizio da alcuni anni ed è considerato un poliziotto esperto e di grande professionalità. Stima circondava anche Francesco Chimirri, conosciuto da molti per la sua professione di pizzaiolo e per il suo attivismo sui social. Le indagini dei carabinieri, coordinati dalla Procura, dovrebbero consentire a breve di chiarire tutti i contorni della vicenda.

Lavrov: “La pace in Ucraina non fa parte del piano dell’Occidente e di Kiev”

I paesi occidentali non stanno discutendo di ripristinare la pace con l’Ucraina, ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov a Newsweek in un’intervista citata dalla Tass.

“Al momento, per quanto ne sappiamo, ripristinare la pace non fa parte del piano del nostro avversario. Il presidente ucraino Zelensky non ha revocato il suo decreto che vieta i negoziati con Mosca”, ha detto Lavrov. “Washington e i suoi alleati della NATO forniscono supporto politico, militare e finanziario a Kiev in modo che il conflitto possa continuare”, ha aggiunto il massimo diplomatico russo.

“Quello che voglio dire è che stiamo cercando di estinguere questa crisi da più di un decennio, eppure ogni volta che mettiamo su carta accordi che vanno bene a tutti, Kiev e i suoi padroni fanno marcia indietro”, ha continuato Lavrov. “Questo è successo esattamente all’accordo raggiunto nel febbraio 2014: è stato calpestato dall’opposizione che ha commesso un colpo di stato con il sostegno degli Stati Uniti. Un anno dopo, sono stati conclusi gli accordi di Minsk approvati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; anche questi sono stati sabotati per sette anni e i leader di Ucraina, Germania e Francia, che avevano firmato il documento, si sono vantati in seguito di non aver mai avuto intenzione di rispettarlo. Il documento siglato a Istanbul a fine marzo 2022 non è mai stato firmato da Zelensky su insistenza dei suoi supervisori occidentali, in particolare, l’allora primo ministro britannico”, ha detto.

Il massimo diplomatico russo ha sottolineato che “la Russia continuerà a combattere fino a quando non saranno eliminate le minacce provenienti dall’Ucraina. “Non abbiamo altra scelta che continuare la nostra operazione militare speciale fino a quando le minacce poste dall’Ucraina non saranno rimosse”, ha dichiarato Lavrov.

Lavrov mette in guardia l’Occidente: “Non può consentire a Kiev di colpire in profondità la Russia”

Discutere di consentire all’Ucraina di usare armi fornite dall’Occidente per attacchi in profondità nella Russia è come giocare col fuoco, il che potrebbe avere conseguenze pericolose, ha proseguito il ministro degli Esteri russo Lavrov nell’intervista a Newsweek.

“Stanno discutendo di autorizzare l’AFU [Forze armate dell’Ucraina] a usare missili occidentali a lungo raggio per colpire in profondità nel territorio russo. ‘Giocare col fuoco’ in questo modo potrebbe portare a conseguenze pericolose”, ha detto il massimo diplomatico russo. “Come affermato dal presidente russo Vladimir Putin, prenderemo decisioni adeguate in base alla nostra comprensione delle minacce poste dall’Occidente. Sta a voi trarre conclusioni”, ha sottolineato Lavrov.

In un incontro a Kiev l’11 settembre, il Segretario di Stato americano Antony Blinken e il leader ucraino Volodymyr Zelensky non hanno preso alcuna decisione in merito all’autorizzazione all’Ucraina di colpire obiettivi all’interno della Russia con armi fornite dagli Stati Uniti. Una fonte ha detto ad ABC News che durante un lungo incontro Zelensky ha presentato a Blinken “un piano dettagliato” su come Kiev potrebbe usare missili a lungo raggio per attacchi in territorio russo e gli ha dato un elenco di possibili obiettivi.

Il 12 settembre, Lavrov ha affermato che la decisione di consentire all’Ucraina di usare armi a lungo raggio per attacchi all’interno della Russia è stata presa molto tempo fa, e ora l’Occidente sta lavorando alla sua magia di pubbliche relazioni per presentarla al pubblico. All’inizio del mese scorso, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha affermato che se l’Occidente decidesse di inviare armi a lungo raggio a Kiev, una potenziale zona cuscinetto potrebbe raggiungere la Polonia.

Hezbollah lancia un massiccio attacco missilistico a nord di Haifa (Israele)

I combattenti di Hezbollah hanno lanciato un massiccio attacco missilistico sulla parte settentrionale della città israeliana di Haifa. Lo afferma un comunicato pubblicato lunedì 7 ottobre dal servizio stampa del movimento sciita libanese.

“I combattenti della resistenza islamica hanno lanciato oggi alle 12:40 un massiccio attacco missilistico sul nord della città di Haifa”, viene affermato nella nota.

In precedenza è stato riferito che due persone, tra cui un bambino, sono rimaste ferite in seguito a un attacco missilistico su Haifa.

Ambasciatore Iran: “Israele capisce solo linguaggio forza, Netanyahu va fermato”

“Israele capisce solo il linguaggio della forza e questo regime deve essere fermato”, ha detto alla Tass l’ambasciatore iraniano a Mosca Kazem Jalali.

“Naturalmente, l’Iran non può lasciare che il comportamento distruttivo del regime israeliano resti senza risposta. Il regime di Netanyahu deve essere fermato prima o poi”, ha detto il diplomatico iraniano. “Abbiamo capito che Israele capisce solo l’uso della forza e non ha riguardo per nessuna regola”, ha aggiunto.

Secondo Jalali, il regime sionista (Israele) ha creato una situazione pericolosa per gli attori regionali, tra cui la Repubblica islamica dell’Iran che, a suo dire, “non ha altra scelta che fare affidamento sulle proprie forze”.

Mosca denuncia: “A Kursk usate armi chimiche sotto le mentite spoglie di fumogeni”

L’esercito ucraino ha utilizzato armi chimiche occidentali sotto le mentite spoglie di proiettili fumogeni a Sudzha, nell’area di confine di Kursk, nell’agosto di quest’anno. Lo ha affermato lunedì il capo delle truppe russe di protezione dalle radiazioni, chimica e biologica, tenente generale Igor Kirillov, citato dalla Tass.

“Nell’agosto 2024, sono stati rivelati i fatti secondo cui il regime di Kiev ha utilizzato segretamente armi chimiche sotto le mentite spoglie di proiettili fumogeni. In particolare, le bande armate ucraine hanno utilizzato munizioni a grappolo DM105 da 155 mm nella città di Sudzha nella regione di Kursk l’11 agosto, a seguito delle quali hanno sofferto più di 20 persone”, ha affermato il funzionario della difesa.

“L’analisi dei campioni selezionati conservati presso il laboratorio del 27° Centro scientifico del Ministero della Difesa russo accreditato dall’OPCW ha dimostrato che il personale era stato colpito da una grande quantità di aerosol di cloro inalato e agenti soffocanti. Nel frattempo, la miscela di cloruro di metallo era solo un mezzo di travestimento”, ha affermato.

Queste munizioni, pari a 3.800 proiettili, sono state fornite all’Ucraina nel settembre 2023 nell’ambito di un pacchetto di assistenza militare, ha sottolineato Kirillov.

Lo studio sulla tossicità della miscela di cloruro di metallo contenuta in munizioni di questo tipo, condotto presso il laboratorio militare statunitense di Fort Detrick, ha rivelato che i prodotti della combustione hanno un forte effetto irritante sulle vie respiratorie superiori e possono causare gravi avvelenamenti, ha affermato un funzionario della difesa.

“Ciò ha costituito la base per vietare la produzione e l’uso di tali proiettili negli Stati Uniti”, ha affermato Kirillov.

Corte dei Conti condanna sindaco di Castrovillari: “Ha agevolato il dissesto”

La sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Calabria ha condannato il sindaco di Castrovillari Domenico Lo Polito, l’attuale assessore all’Ambiente, Pasquale Pace, e due ex assessori, l’attuale capogruppo del Pd in seno al consiglio comunale, Pino Russo, e Aldo Visciglia perché ritenuti responsabili, di “aver agevolato” il dissesto dichiarato dal Consiglio comunale della città calabrese il 24 giugno del 2019.

Il sindaco e gli altri amministratori sono stati condannati alle sanzioni pecuniarie e a quelle previste dall’articolo 248, comma 5, del Testo unico sugli enti locali (Tuel), che prevedono anche l’incandidabilità e/o l’incompatibilità, a vario titolo, per i prossimi 10 anni. Il decreto è stato emesso lo scorso 18 luglio e le motivazioni sono state depositate a metà agosto.

Il procedimento era stato promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti, non solo nei confronti dei quattro amministratori condannati, ma anche nei confronti dell’ex vicesindaca ed attuale consigliera comunale, Francesca Dorato, e dell’ex assessora Maria Silella che sono state assolte. Le sanzioni pecuniarie irrogate ammontano a circa 28 mila euro per il sindaco, Lo Polito, e a circa 3 mila per gli altri amministratori. Lo Polito, Pace, Russo e Visciglia, tramite i loro legali hanno fatto sapere di avere già fatto opposizione al decreto.

“Abbiamo sempre fiducia nella giustizia – afferma il sindaco Lo Polito in un post su Facebook – perché sappiamo come abbiamo lavorato risparmiando anche sui centesimi; riducendoci indennità; senza dare alcun incarico di collaborazione esterna; gestendo direttamente tutti i servizi comunali; eliminando fitti passivi; non prendendo mai un centesimo di rimborso per missioni. Credo che un consiglio comunale per informare la città sia doveroso”.

Il genocidio israeliano a Gaza continua senza soste: ancora raid e molte vittime

Sabato 5 Ottobre 2024 una serie di intensi attacchi aerei israeliani nel nord di Gaza hanno provocato numerose vittime: secondo quanto riferito da Wafa, almeno dieci palestinesi sono stati uccisi e molti altri sono rimasti feriti.

Secondo fonti locali, i soccorritori hanno trasportato dieci cadaveri e diverse persone ferite all’ospedale Kamal Adwan di Jabalia, nel nord di Gaza, in seguito a un attacco aereo israeliano che ha preso di mira un’abitazione di proprietà della famiglia Shaban nella zona di Jabalia al-Balad.

Inoltre, due palestinesi sono stati segnalati uccisi e altri feriti dopo che gli aerei da guerra israeliani hanno colpito un appartamento residenziale nell’edificio Khadoura vicino alla clinica UNRWA a Jabalia. Le vittime di questo incidente sono state anche trasportate al Kamal Adwan Hospital.

In un altro attacco, tre persone sono state uccise e molte altre sono rimaste ferite in seguito a un attacco aereo israeliano su una casa di proprietà della famiglia Arabeed nel quartiere di Bir al-Najja, a ovest del campo profughi di Jabalia, e le vittime sono state trasportate all’ospedale di Al-Awda.

Nel frattempo, ulteriori segnalazioni hanno segnalato vittime in seguito a un attacco israeliano su un camion per la distribuzione dell’acqua nei pressi del Jabalia Services Club.

A causa delle fasce di fuoco israeliane nella regione, molte famiglie hanno iniziato a fuggire dalle loro case, in particolare dalle zone orientali di Jabalia, dal quartiere di Karama nella parte nord-occidentale di Gaza e dalle zone di Sultan e Atatra a ovest di Beit Lahiya.

Nel campo profughi di Nuseirat, nella parte centrale di Gaza, un giovane è rimasto ferito quando le forze israeliane hanno preso di mira una casa a ovest della rotonda di Abu Sarar. Contemporaneamente, l’artiglieria israeliana ha continuato a bombardare vari luoghi di Gaza City, in concomitanza con gli spari degli elicotteri Apache.

Nuovo massacro israeliano su una moschea piena di sfollati, 18 vittime

Un tragico attacco aereo delle forze di occupazione israeliane nelle prime ore di domenica ha provocato l’uccisione di almeno 18 palestinesi e decine di feriti, in un altro orribile massacro contro le famiglie sfollate a Dier al-Balah, nella Striscia di Gaza centrale. Lo riferisce l’agenzia Wafa.

Fonti mediche hanno detto che gli aerei da guerra israeliani hanno preso di mira una moschea che ospitava famiglie sfollate vicino all’ospedale dei martiri di al-Aqsa. L’attacco ha causato almeno 18 vittime e numerosi feriti tra la popolazione sfollata, con alcuni corpi di bambini giunti all’ospedale con gravi mutilazioni e altri addirittura decapitati.

Gli operatori sanitari si trovano ad affrontare sfide enormi, mentre cercano di dare priorità alle cure dei feriti gravi e allo stesso tempo devono fare i conti con una grave carenza di forniture mediche e farmaci necessari per le cure.

In precedenza, nella notte, altri due civili, tra cui una bambina, sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano su Beit Lahiya, nel nord di Gaza. Funzionari medici hanno confermato che l’attacco ha colpito una casa di proprietà della famiglia Masri, causando ferite multiple tra undici persone.

Contemporaneamente, gli aerei da guerra israeliani continuavano a sferrare decine di attacchi nel nord di Gaza, provocando un crescente numero di vittime, molte delle quali erano bambini.

Il bilancio di un anno di guerra

L’aggressione israeliana in corso a Gaza dal 7 ottobre 2023 ha causato finora 41.825 vittime palestinesi documentate, a cui si aggiungono 96.910 feriti, la maggior parte dei quali sono donne e bambini.

Si teme inoltre che migliaia di persone siano morte sotto le macerie delle strutture distrutte nell’enclave devastata dalla guerra, con le squadre di protezione civile e i servizi di emergenza impossibilitati a raggiungere diverse aree a causa di problemi di sicurezza dovuti agli attacchi indiscriminati israeliani.

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